I GEMITI DI BASQUIAT
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I GEMITI DI BASQUIAT
ARTE e SPETTACOLO di Mario Dal Bello Aperta a Roma una rassegna sul celebre pittore nordamericano. Un messaggio fra l’arcaico e l’onirico di forte tensione all’universalità. i sono persone (e artisti) che si trovano bene dappertutto e da nessuna parte. Perché, come i bambini, succhiano l’attimo e il giorno così totalmente da renderlo quasi eterno: per poi volar via. Di qui la passione per la vita in ogni suo frammento, la velocità nel coglierla: il gusto di divorare la storia: la loro, personale, quella passata e quella che li circonda. Bruciano, e sono bruciati. Così è accaduto a Jean- C I GEMITI DI BASQUIAT Michel Basquiat, nato a Brooklyn e morto per overdose a ventott’anni nel 1988. La sua opera ci può apparire, di primo acchito, confusa, irrespirabile. Eppure ci attira irresistibilmente. E se ci si domanda il perché, forse la risposta – ma solo dopo aver visto e meditato i suoi lavori – sta nel fatto che anch’egli, come noi tutti, è un inguaribiCittà nuova - N.3 - 2002 Basquiat, l’ex pittore di graffiti nell’underground metropolitano, sa essere anche irriverente, caustico, estemo: nella vita e nell’arte. Allucinato, in alcuni momenti. Ma ha qualcosa, molto, da dire. le ricercatore di immortalità. Basquiat non lascia che l’eterno gli appaia: lo cerca “per accumulazione”: di scritte, segni, oggetti, tinte. Schiavo della moda artistica newyorkese anni Ottanta del XX secolo? Può darsi; certo alcuni lavori trasudano autoaffermazione eccessiva, sperimentazione fine a sé stessa, narcisismo. Libero da tutto – dipinge su muri, cartoni, tele, scatole e così via –, pregno come una divinità antica di 62 substrati di civiltà afroamericana, con una “sua” cultura (da Kerouac alla musica rap al Rinascimento toscano) è un comunicatore frenetico tout-court. Il SelfPortrait dell’82, in cui la vita è concentrata negli enormi occhi spalancati, è l’apparizione di un feticcio arcaico che guarda e grida. Lo spasimo dell’esistere si condensa nei volti. Basquiat MOSTRE abbozza le figure intere, ma dilata soprattutto gli occhi. Mescola con tratti volutamente infantili esplosioni acute di colore ad anagrammi, citazioni, ricordi, banalità: assorbe ogni mezzo di comunicazione nel tentativo di ricomporre un’unità perduta di tutto ciò che esiste. In un mondo in cui avverte che l’essere s’è frammentato, tenta inconsciamente di ricomporlo in una nuova totalità. Parola segno colore tutto viene coagulato: A fronte: Jean-Michel Basquiat nel suo studio a New York nel 1985. A des.: “Welcoming Jeers”, 1984. Cuneo, Galleria d’Arte. Sotto: “Mona Lisa”, 1983, l’opera più popolare dell’artista. Collezione Johnson Chang. “Untitled”, 1982. Collezione Enrico Navarra. una sintesi a prima vista sommaria, sconcertante: in realtà ricca di contatti e di contrasti, complessa. Ma pure velocissima. New York New York dell’81 è una tela dove la vita sfreccia in un dinamismo folle, con il colore compresso in strisce e chiazze biancorosso-nere: l’immancabile maschera (la vita, la morte, l’attesa?) al centro: una vita impazzita, cui sembra impossibile sottrarsi. È questo il nostro mondo, questo ciò che l’uomo costruisce? Basquiat non evade liricamente dal flusso metropolitano, non può e non vuole (forse). La sua vita, esaltante e struggente, egli la dice con la frenetica chiarezza di un videoclip. Intuisce che un demone di morte sta in agguato nella nostra superciviltà: esso getta sangue e succhia sangue dalle anime, come nell’incompiuto Devil dell’81, fra colate di rossi e I GEMITI DI BASQUIAT UNA VITA “ESTREMA” 1960: nasce a Brooklyn (New York) da madre portoricana e padre haitiano. Cresce nell’ambiente agiato della media borghesia, frequenta una scuola cattolica privata. I suoi, la madre, in particolare, sostengono la precoce vocazione al disegno. 1976: dopo una fuga, ritorna a New York, conosce il graffitista Al Diaz e con lui dipinghe “a spray” a Manhattan. Nuova fuga e droga. 1978: lascia per sempre la famiglia e vive da solo. Conosce musicisti e artisti, vive di notte, forma un gruppo musicale. Nell’80 partecipa ad una esposizione di gruppo, conosce Andy Warhol. 1982: annno di gloria: prima mostra personale in Usa, poi a Zurigo, Rotterdam, successo con i collezionisti privati; primo artista “nero” di fama mondiale. 1987: mostra a Parigi, viaggio in Europa, morte dell’amico Warhol. Successi e contrasti. 1988: il 12 agosto, viene trovato morto per overdose di eroina. m.d.b. Città nuova - N.3 - 2002 Sopra: “Untitled”, 1981. Collezione A. Grassi, Milano. Accanto: “All Coloured Cast”, 1982. Collezione Leo Malca. di neri. Parrebbe quasi che l’artista, programmando o prevedendo la sua fulminea dipartita dalla scena del mondo, l’abbia insieme voluta esorcizzare ed attendere. Ma di sé stesso ha comunicato tutto. Magari per eccesso. Ne è una prova la fa- TELEVISIONE mosa Mona Lisa dell’83. Irresistibilmente attratto da Leonardo (esiste una sua versione della Madonna col bambino) forse perché in lui ritrovava la medesima ansia di scoprire e dire Tutto, quest’infaticabile disegnatore «bruttifica la bellezza ideale». Del celebrato sorriso restano trame di fili sottili, macchie rosse e marroni. Divertissement o voglia sacrilega per un’icona della civiltà occidentale? Non sembra. Gli occhi immensi, cerchiati di sangue, vivono di una tristezza enorme. Come se dovesse nascere qualcosa che fatica a venire alla luce. Un gemito. È una umanità diversa che geme nella ricerca di nuove icone, di nuove sintesi: in definitiva, di un’altra manifestazione della bellezza dell’essere. Perciò, oltre l’apparente oltraggio e al di là degli eccessi, il discorso di Basquiat è terribilmente serio: e tutti i suoi lavori appaiono gemiti di uno spirito diviso che cerca e ancora non trova pace. Intitolando Icarus Esso un lavoro dell’86 – a due anni dalla morte – il pittore si identifica nel mitico cercatore di luce. Nel miscuglio dissonante e visionario di dubbi, accostamenti e dissacrazioni, egli vuole volare in alto. Verso un sole. Nel volo, gli si son bruciate le ali. Drammaticamente. Ma il sole, forse, l’ha intravisto. Mario Dal Bello Jean-Michel Basquiat. Dipinti. Roma, Chiostro del Bramante. Fino al 17.3 (Catalogo Electa). FILM “CON TV ONORE ” E cco un buon motivo per pagare il canone. In extremis, a pochi giorni dalla scadenza dei termini per l’abbonamento tv, la Rai ha dato un senso a quella tassa, tra le più odiate dagli italiani. Sono andati infatti in onda due film per il piccolo schermo, promossi a furor di pubblico, apprezzati in Una scena da “Resurrezione” di Tolstoj riletta dai fratelli Taviani. Sotto: Luca Zingaretti ne “Perlasca”, la fiction con 12 milioni di audience. genere dalla critica, e che, ne siamo certi, non saranno dispiaciuti anche alla signora del Quirinale, Franca Ciampi. Il primo aveva un titolo che per la Rai più che una certezza è una speranza: Resurrezione. Tratto dal romanzo di Tolstoj, diretto da due maestri del nostro cinema come i fratelli Taviani, interpretato con bravura da Stefania Rocca, il film ha scatenato dibattiti. Alcuni hanno criticato la lettura in verità un po’ forzata, i tagli operati sul testo di partenza, in particolare nella conclusione. Ma resta vero che bastava cambiare canale per capire quanto questo lavoro si sollevasse di un palmo sulla qualità media degli altri programmi tv. Stesso discorso per Perlasca, un eroe italiano, miniserie firmata da Alberto Negrin con un sorprendente Luca Zingaretti nel ruolo dell’italiano che, spacciandosi per console spagnolo, riuscì a salvare 65 oltre 5 mila ebrei. Dodici milioni di telespettatori a serata si sono commossi guardando questo film intenso ed emozionante, e così facendo hanno onorato nel modo migliore “il giorno della memoria”: si è ricordato l’orrore dell’olocausto, ma guardando a quella immane tragedia con gli occhi di un uomo che, anche in quella situazione estrema, ha cercato il positivo e ha provato a cambiare la storia, cambiando sé stesso. Come per Resurrezione, si può dire che per una volta non è il cinema ad abbassarsi al rango della televisione, ma è il piccolo schermo a sollevarsi ai livelli della settima arte, quella migliore, che lascia un segno. Speriamo di poter ripetere il discorso tra breve anche per altri due film per la tv in arrivo su Canale 5: il san Francesco con Raul Bova e il Giovanni XXIII con Bob Hoskins. Gianni Bianco Città nuova - N.3 - 2002
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