Quando si gioca a SimCity con la realtà
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Quando si gioca a SimCity con la realtà
sito diretto da fabrizio bottini -1/14 - http://mall.lampnet.org Jon Gertner Quando si gioca a SimCity con la realtà The New York Times, 18 marzo 2007; Titolo originale: Playing SimCity for real – Scelto e tradotto da Fabrizio Bottini [Le “città ideali” della California] Per gran parte del secolo scorso, valli e colline attorno a Los Angeles sono state una specie di paradiso dell’edilizia, un mosaico di vastissimi ranch, molti che risalivano a metà ‘800, e che offrivano ai costruttori una riserva apparentemente infinita di superfici. Col boom edilizio della regione, lottizzazioni residenziali e complessi per uffici si diffusero in modo costante su queste terre dei ranch, fino a quando la Los Angeles County arrivò a coprire non solo Los Angeles ma anche un centinaio di altri centri minori. Quanto possa ancora crescere quest’area, può essere un problema di geografia. A ovest e a sud c’è l’Oceano Pacifico. A est il deserto. La Angeles National Forest e le San Gabriel Mountains segnano il confine nord-orientale. Può darsi che il sogno della California meridionale non finisca qui. Ma è un sogno a cui sta finendo lo spazio. Però circa 90 chilometri a nord della città, oltre le montagne di San Gabriel, si trova ancora del territorio aperto, non ancora toccato dalle pale delle ruspe dei grandi costruttori. É questo il luogo della futura città di Centennial, popolazione 70.000 abitanti, poco lontano dalla Interstate 5, oggi ancora campi di ondeggiante prateria brucata dalle mandrie per oltre cento anni. Visto da lontano, lo spazio di Centennial appare come una pezza di stoffa verde e dorata, ripiegata qui e là in piccole gobbe e avvallamenti, distesa su un’area lunga otto chilometri e larga quattro. Più oltre, si alzano le Tehachapi Mountains, e se si guarda meglio si nota un luccicare d’argento attraverso il paesaggio: l’acqua del California Aqueduct che scorre verso sud. Un’immagine aperta, bella, remota: ma, come mi ha confidato un costruttore, non tanto bella e remota da renderla off-limits. I 4.700 ettari su cui si stenderà Centennial fanno parte del Tejon Ranch, une delle ultime grandi proprietà della California. Il ranch copre complessivamente oltre 100.000 ettari, circa un terzo edlla superficie dello stato di Rhode Island. É tanto grande che molte cose dalla California settentrionale a quella meridionale – gas naturale, acqua potabile, elettricità, cavi di fibra ottica, le automobili sulla I-5 – devono passarci attraverso. Ci stanno circa 14.000 capi di bestiame, e i campi coltivati producono mandorle, pistacchi e uva. “Tutte le altre grandi proprietà del XIX secolo sono state smembrate da parecchio tempo” racconta Jan de Leeuw, direttore del dipartimento di statistica alla U.C.L.A., che abita vicino al ranch e si oppone al progetto di Centennial. “Tejon invece è rimasto integro. Esiste, come un dinosauro”. sito diretto da fabrizio bottini -1/14 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -2/14 - http://mall.lampnet.org La Los Angeles County ospita già oltre 10 milioni di abitanti, il che la rende di gran lunga la più popolosa degli Stati Uniti. Ma questa popolazione cresce ancora, soprattutto per via del flusso costante di immigrazione. Come trovar posto a questa crescita, è un problema molto difficile. Una delle soluzioni più discusse, è di costruire all’interno della sito diretto da fabrizio bottini -2/14 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -3/14 - http://mall.lampnet.org città. Robert Lang, direttore del Metropolitan Institute al Virginia Tech, spiega che “la grande sfida del XXI secolo sarà quella di ricostruire il paesaggio del secondo dopoguerra”: in altre parole, trasformare i parcheggi e i centri commerciali abbandonati dell’insediamento urbano diffuso in complessi residenziali e commerciali “infill”. “Los Angeles rappresenta il principale progetto di infill del paese” mi ha detto Lang, sottolineando come sia in gran parte finite l’epoca dei grandi nuovi insediamenti della California meridionale, con l’eccezione di Centennial, il cui progetto ha appena cominciato il suo percorso attraverso le procedure di valutazione ambientale della Los Angeles County. Nevada e Arizona possono anche continuare a realizzare una città nuova dopo l’altra. Los Angeles si addenserà, più di quanto non si amplierà. Secondo Greg Hise, professore di storia e urbanistica alla University of Southern California e autore di parecchi libri sullo sviluppo della regione, la decisione se promuovere l’infill o crescere in orizzontale potrebbe non essere “un problema di o questo o quello”. L’area potrebbe aver bisogno di entrambi. I promotori di Centennial sono di questo parere. “Soltanto densificare non basterà a tutto il bisogno di abitazioni dello stato della California” mi dice Robert Stine, C.E.O. del Tejon Ranch, durante il nostro incontro di gennaio. L’infill non basterebbe neppure, giudica, ad allentare la pressione alla forte crescita dei prezzi delle abitazioni nella regione. Parlando con Stine e i suoi soci del progetto Centennial emerge l’immagine non di un intervento ultimo nel suo genere, ma della prima nuova città Americana del XXI secolo, che contiene le idee più sofisticate in termini di ambiente, salute, sostenibilità. Probabilemente non sarà possibile costruire una seconda Centennial nella Los Angeles County, ma l’esperimento potrebbe essere replicato altrove. “Per noi del gruppo di lavoro” spiega Randall Lewis, dirigente del Lewis Group of Companies, una delle tre imprese associate nel Tejon Ranch, “non si tratta solo del più grosso intervento che abbiamo mai realizzato; è anche il più ricco di significato. Centennial sarà un laboratorio da studiare per i prossimi cent’anni. Si vedrà quante cose abbiamo indovinato. E anche quelle che si possono migliorare”. Costruire una città di queste dimensioni richiederà almeno vent’anni, concordano i soci, forse trenta. Molte delle persone che ci lavorano, e anche alcuni degli oppositori, mi hanno precisato che probabilmente loro non ci saranno più, all’epoca in cui sarà terminata. Il Tejon Ranch è stato creato a metà ‘800 da Edward Fitzgerald Beale, sovrintendente per gli Affari Indiani del Nevada e California, che pagò 90.000 dollari per comprare quattro ranchos messicani. Il figlio di Beale più tardi cedette il ranch a un consorzio di ricchi angelenos, che nel 1936 convertirono il Tejon in società per azioni. Un grosso pacchetto della compagnia era controllato sin dall’inizio dalla famiglia Chandler, proprietaria anche del The Los Angeles Times e della Times Mirror Company. sito diretto da fabrizio bottini -3/14 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -4/14 - http://mall.lampnet.org Paragonata alle moderne public corporations, quella del Tejon si può considerare abbastanza povera in termini di redditi. Nel 2005, la metà delle entrate di 26 milioni è stata dalle attività agricole (principalmente frutta e mandorle). Altri redditi sono quelli dai contratti con gli allevatori, che fanno pascolare il bestiame, dalle concessioni alle compagnie estraggono minerali, mescolano cemento o affittano spazi nel Tejon; poi da quanto paga lo stato della California, che fa passare linee elettriche e tubature del gas attraverso il territorio del ranch. Qualche dollaro arriva anche da caccia e pesca: costa 20.000 dollari, per esempio, prendere un alce. Soprattutto, però, il Tejon è stato una land bank nel vero senso della parola, col proprio immenso valore (una capitalizzazione sul mercato di circa 850 milioni di dollari) a riflettere il potenziale come area edificabile. Harry Chandler, editore del Los Angeles Times e magnate immobiliare la cui famiglia ha controllato il ranch per buona parte del primo secolo, l’aveva capito molto tempo fa: “Non lasciate mai che il consiglio di amministrazione del Tejon venda nessun terreno nel Grapevine Canyon”, disse a un collega più o meno nel 1916, riferendosi a una specifica zona che ora sta a ridosso della Interstate 5. “Un giorno diventerà di grande valore”. Verso la fine degli anni ‘90, con Robert Stine a gestire il Tejon, il consiglio si faceva sempre più ansioso di procedere con l’urbanizzazione. In parte la cosa era dovuta alla crescita di Los Angeles e alla straordinaria sito diretto da fabrizio bottini -4/14 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -5/14 - http://mall.lampnet.org domanda di abitazioni di quegli anni. Quello che un tempo sarebbe stato inconcepibile – abitare e lavorare a un’ora di distanza in macchina, ai margini rurali della Los Angeles County – era diventato perfettamente accettabile. Al tempo stesso, gli azionisti del Tejon controllavano una compagnia con enormi potenzialità nei suoi terreni, e molta poca visibilità. Il gruppo di investimento di New York, Third Avenue Management, acquistò un pachetto di 3,2 milioni dalla Times Mirror alla fine dei ‘90. Quando ho parlato con Michael Winer, responsabile del portfolio per il Third Avenue Real Estate Value Fund e membro del consiglio del Tejon, mi ha spiegato che l’unica altra proprietà paragonabile a quella del Tejon Ranch forse è quella che sta in Florida, della St. Joe Company, ex attività cartiera recentemente trasformata in operatore immobiliare. “Vorrei, che ci fossero più occasioni del genere, ma temo che St. Joe e Tejon Ranch siano le uniche due”, mi ha detto Winer. “Si rende conto, più di 100.000 ettari a poco più di 100 km dal centro di Los Angeles? Non credo esista niente del genere vicino a un’area metropolitana, con un potenziale simile”. Il fatto che ci vogliano decenni per realizzare Centennial non preoccupa Winer. “Guardi, abbiamo queste azioni già da dieci anni” mi spiega, sottolineando come la Third Avenue possieda un totale di 4,4 milioni di quote Tejon, il 26% della compagnia. “Siamo investitori con molta pazienza”. Nessuno ha mai creduto di poter costruire su tutto il territorio del Tejon. A causa delle dimensioni e del terreno impervio sarebbe praticamente impossibile, oltre che ambientalmente sconsiderato. Ma quando il consiglio ha chiesto a Stine di individuare alcuni siti adatti, si sono studiati gli archivi del ranch per vedere quali erano stati presi in considerazione in precedenza. “Più o meno ogni dieci anni, negli ultimi quaranta-cinquanta, se si guardano gli archivi del Tejon, c’è stato qualche tipo di progetto di massima” mi racconta Stine. “Se se ne fa una sintesi – a dire il vero noi li abbiamo sovrapposti tutti con una tecnologia G.P.S. – si vede che esistono alcune zone del ranch più adatte all’edificazione, e altre grandi aree a restare riserve naturali”. Alla fine, Stine e il consiglio si sono concentrate su tre zone considerate valide per l’intervento edilizio. Una è quella di Centennial, nuova città pianificata con 23.000 abitazioni, metà delle quali case isolate (il resto condomini e appartamenti). Un’altra è una zona più piccola vicino alla Interstate – vicino al Grapevine Canyon – che potrebbe diventare un grosso parco industriale. La terza è una vasta pittoresca striscia a nord di Centennial che pare adatta per case vacanza. A differenza di Centennial, che dovrebbe essere un insieme di case a prezzi abbastanza accessibili e altre attività economiche, il Tejon Mountain Village, così si chiama, è una zona di relax per ricchi. Copre circa 12.000 ettari, con centri benessere, alberghi, oltre a 3.500 abitazioni, su lotti che vanno da una superficie di 1.000 mq, fino a 10 ettari. Tutti questi progetti lasciano liberi oltre 80.000 ettari del ranch. sito diretto da fabrizio bottini -5/14 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -6/14 - http://mall.lampnet.org Recentemente la Tejon ha dichiarato di voler trasferirne circa 40.000 ad aree di conservazione, impedendone così in modo definitivo l’edificabilità. L’offerta sta a significare che Tejon non vuole trasformare un’area naturale in una distesa di McMansions. É anche una mossa tattica, la prima di quella che probabilmente sarà una trattativa. Una riserva naturale di 40.000 ettari non è cosa da poco; lo Zion National Park in Utah, per esempio, copre circa 60.000 ettari. Come reazione a questa mossa della Tejon, però, una serie di gruppi ambientalisti ha iniziato a chiedere un maggior impegno per la conservazione. La proposta, è di tutelare 100.000 ettari. Un giorno di gennaio mi sono incontrato al Tejon Ranch, in un baso edificio che ospita gli uffici della proprietà, con l’urbanista Randy Jackson, il cui studio Planning Center ha redatto il progetto preliminare di massima per Centennial, di cui mi ha mostrato alcune diapositive con la città che sarà. Quando gli ho chiesto a quale città potrebbe assomigliare di più Centennial, Jackson mi ha risposto che spesso a questa domanda risponde in modo indiretto. “Dico, beh, è un po’ un pezzo di una cosa, un po’ di un’altra”. Irvine, California, ha influenzato le forme del verde e dei giardini, ad esempio. Come altro riferimento, Jackson cita Stapleton, progetto infill in corso in un aeroporto dismesso a Denver, a cui si è ispirato per i percorsi pedonali e le scuole. E poi, aggiunge, Centennial ha l’unicità del luogo e delle occasioni. “É una tela bianca” spiega. “Cosa si sito diretto da fabrizio bottini -6/14 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -7/14 - http://mall.lampnet.org può fare partendo dal nulla? Lì non c’è niente, salvo cinque o sei alberi e quel terreno piatto”. A differenza delle altre grandi città del paese, nate per la vicinanza al fiume o alle vie di scambio che le rendeva luoghi ideali per insediarsi e fare attività, molti dei centri ambiziosamente pianificati – ad esempio Irvine, o Columbia, Maryland – sono nati da idee sociali, soluzioni molto meditate al pasticcio suburbano del dopoguerra. “Città espressamente progettate come alternative allo sprawl” spiega Ann Forsyth, professore di progettazione urbana all’Università del Minnesota, che ha molto scritto sulla storia e l’evoluzione delle città nuove. La Forsyth indica come sia Irvine (iniziata nel 1960, ora ha una superficie di 12.000 ettari) che Columbia (1962, 6.000 ettari) siano più grandi di Centennial, ma come quest’ultima con 4.700 ettari probabilmente sia grande a sufficienza per contenere gli elementi di una new-town: spazio per abitazioni e attività, così che ci si possa vivere, lavorare, fare acquisti. Naturalmente, non è detto che il progetto di città autosufficiente si trasformi poi in realtà. A Irvine ha funzionato: in effetti, lì le attività vanno tanto bene che ci sono più pendolari in ingresso che in uscita. Ma il problema se (o quando) Centennial possa diventare autonoma è uno dei temi più dibattuti attorno al progetto. Gli oppositori intravedono lo spettro di una città dormitorio, con gli abitanti a intasare le superstrade all’ora di punta, in una folle corsa avanti e indietro da Los Angeles. Gli urbanisti di Centennial escludono questa possibilità: esistono nel piano della città molte decine di migliaia di metri quadrati di superfici industriali e commerciali, e si sono instaurati rapporti con imprese locali che vorrebbero insediarsi nello office park. I quattro associati del progetto Centennial - Tejon Ranch, Lewis Group, Pardee Homes e Standard Pacific Homes – si sono impegnati per 35 milioni di dollari per il piano, e la sua gestione attraverso l’iter di approvazione della Los Angeles County. Rappresentanti dei quattro associati, hanno anche passato parecchio tempo attorno al tavolo di quercia al Tejon, immaginando l’aspetto di Centennial, calcolando quanto sarebbe costata, chi ci avrebbe abitato; poi è stato compito di Randy Jackson unificare armonicamente le visioni. Jackson ha iniziato a progettare sei anni fa, partendo da un perimetro. Dato che Centennial ha alle spalle le montagne, strade su due lati e un acquedotto sull’altro, ha una forma geografica quasi definita. Il problema a questo punto è come organizzare strade e quartieri. “La grossa differenza tra come si progettava una volta e come si progetta ora, e l’attenzione ai caratteri naturali” mi spiega Jackson. Nel passato, lo spazio veniva spianato, e poi si realizzavano fasce verdi e fossi per l’acqua. Ora la filosofia, per usare le sue parole, è di lasciare che siano il paesaggio e il sistema di drenaggio naturale a decidere dove costruire. “Leggiamo il suolo” dice “e il progetto nasce da lì”. sito diretto da fabrizio bottini -7/14 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -8/14 - http://mall.lampnet.org Jackson riconosce che non c’è nessuno in grado di pensare una città perfetta. E questa convinzione che l’urbanistica sia una disciplina che si evolve continuamente è uno dei motivi per cui i soci di Centennial sono tanto propensi a prendere a prestito quelle che considerano le migliori idee dalle città di tutto il paese. Quando chiedo a Jackson come ci si sia accordati sulle dimensioni della nuova città, mi spiega che il primo obiettivo era una popolazione sufficiente a raggiungere la massa critica necessaria ad un insediamento autonomo. Gli urbanisti utilizzano una serie di sofisticati programmi informatici, con dati demografici e da ricerche di mercato, che consentono di calcolare popolazione e densità necessarie a dar vita ai nuovi quartieri. Programmi che aiutano anche a stabilire quante scuole o posti di polizia sino necessari. Non è molto diverso dall’immaginarli al lavoro con una versione a grandezza naturale di SimCity. “Per un grocery store ci vogliono da 5.000 a 7.000 abitazioni” spiega Jackson. I 23.000 alloggi previsti a Centennial – una quantità probabilmente destinata a diminuire nel corso dell’iter amministrativo – corrispondono alla necessità di abitanti a sufficienza per avere centri commerciali, ristoranti, cinema e attività economiche, senza troppa congestione. Una città di 50.000 abitanti potrebbe bastare per ospitare una sede universitaria. Nelle ultime versioni, il piano di Jackson prevede Centennial con otto grossi quartieri, ciascuno con un village center e vari nuclei di circa 50 abitazioni ciascuno. Complessivamente, le aree industriali e commerciali coprono circa 400 ettari. Ci sarà una rete di percorsi e greenways ad incoraggiare gli spostamenti in bicicletta e a piedi, e una varietà di tecniche per risparmiare acqua ed energia. Il 50% della superficie della città è a spazi aperti. sito diretto da fabrizio bottini -8/14 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -9/14 - http://mall.lampnet.org Poi arriva la parte più difficile: progettare una società equilibrata, principalmente attraverso lo strumento dei prezzi degli immobili. La differenza principale di Centennial rispetto ad altri grandi interventi è che gran parte delle abitazioni, promettono i costruttori, saranno accessibili al ceto medio e ai lavoratori della California. Se poi la cosa andrà avanti nel tempo, è argomento più controverso; se sia Irvine che Columbia si sono parecchio allontanate dalla spinta utopica originaria, lo si deve al fatto che la ricchezza è venuta dall’aumento di popolazione e vitalità. “Se guardiamo ai valori dei suoli, Irvine è un grande successo”, giudica Michael H. Ebner, storico dell’urbanistica al Lake Forest College in Illinois, che sta scrivendo un libro sull’America dei suburbi. Ma Irvine, crescendo, non è riuscita a conservare l’alto livello di accessibilità economica delle abitazioni sperato in prima istanza dai progettisti, precisa Ebner. In realtà, lì il reddito medio per famiglia – 83.000 dollari – è ben superiore a quello medio della California, di 54.000. Jackson e i suoi colleghi hanno costruito un modello per quella che dovrebbe essere la composizione di popolazione ideale per Centennial. Si voleva diversificazione: anziani, giovani famiglie, persone sole; gente ricca ma anche ceti operai. Gli associati nel progetto Centennial hanno ipotizzato una comunità che comprenda offerta di appartamenti in affitto, e prezzi delle abitazioni a partire da circa 250.000 dollari. Si tratta in gran parte di un problema di fattibilità. Si deve consentire che possano risiedere qui, vicino a dove lavorano, alcuni pilastri fondamentali della società, quali agenti di polizia, insegnanti, ecc., in particolare visto che si tratta di una città isolata; è anche possibile che ci sia bisogno di incentivi finanziari perché i nuovi abitanti facciano un po’ da pionieri, in un luogo sito diretto da fabrizio bottini -9/14 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -10/14 - http://mall.lampnet.org dove si è appena asciugato il cemento. Inoltre, nella regione di Los Angeles, dove una casa da tre stanze spesso parte da 500.000 dollari, dei prezzi più bassi possono essere un forte elemento di attrazione (i progettisti calcolano che le abitazioni a prezzo più basso di Centennial siano economicamente accessibili a oltre il 70% dei nuclei familiari della California). Quindi le fasi iniziali della realizzazione si dovrebbero concentrare sulle offerte più economiche di case in proprietà e su quelle in affitto, perché è di questo tipo di acquirenti e inquilini che Centennial ha bisogno per cominciare a vivere. Nel giro di alcuni anni, dopo che sarà iniziato l’effetto “valanga” come lo chiama Jackson, chi è arrivato per primo troverà occasione di salire la scala. In altre parole, quando i proprietari iniziali e inquilini avranno innalzato il proprio reddito, a Centennial saranno in corso di realizzazione quartieri con offerte economiche superiori, in alcuni casi abitazioni da milioni di dollari. Parallelamente, invecchiando gli abitanti originari, ci sarà la possibilità di trasferirsi in spazi più piccoli: ad esempio negli ex appartamenti in affitto, o in case di livello superiore ma dimensioni contenute, o residenze per anziani. “É un modello molto complesso, che contiene i bisogni di chi deve fondare la comunità, e i modi in cui poi essa matura nel tempo” spiega Jackson. “Continueremo a rivederlo ogni anno, per i prossimi 25 anni, correggendolo, perché non ci si azzecca mai del tutto”. Molte parti del modello sono state già corrette, compreso il nome della città. All’inizio il nuovo centro si chiamava Rolling Meadows, come suggerito dalla geografia del luogo. Ma i progettisti volevano un nome che facesse pensara contemporaneamente sia all’idea del nuovo che a quella della tradizione. Un giorno Robert Stine, appassionato lettore dei libri di James A. Michener, propose uno dei suoi titoli: “Centennial”, trovando tutti d’accordo. Suonava proprio bene. sito diretto da fabrizio bottini -10/14 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -11/14 - http://mall.lampnet.org Secondo Stine, costruire Centennial non significa semplicemente arraffare un pezzo del Tejon per guadagnarci in fretta. “Siamo qui da 150 anni, e il ranch sarà ancora qui fra altri 150 anni” spiega, “quindi credo che qualunque cosa su cui si voglia lasciare il nostro marchio debba essere di qualità tale da migliorare quella del contesto, non di sottrarre qualcosa”. Naturalmente, questa intenzione non esclude la possibilità nel futuro, quando Centennial non sarà una distesa d’erba, ma una vera città, che il Tejon si privi di altre porzioni del suo immenso territorio. E Centennial non sarà più un centro isolato. Potrebbe diventare il fulcro di una intera regione. Stine non lo esclude. Gli oppositori al Tejon Mountain Village, chiedono comunque che il ranch rinunci a questo futuro. “Invece di un intervento edilizio per parti, miriamo a un piano per tutto il territorio del ranch, in modo tale che tutti ne riconoscano il contesto generale” spiega Ileene Anderson, biologa che lavora a Los Angeles al Center for Biological Diversity, uno delle decine di gruppi ambientalisti che si sono alleati nell’opposizione al progetto del Tejon. “Dobbiamo continuare per sempre” mi dice la Anderson, “a combattere uno per uno progetti di edificazione in aree sensibili, ben oltre l’arco della mia vita? L’idea sarebbe invece, dato che gli interventi stanno cominciando, di capire quali siano le aree più adatte, e quelle da conservare. Vorremmo vedere un piano generale, avere tutte le carte sul tavolo”. Durante la mia conversazione con Ileene Anderson e alcuni dei suoi sito diretto da fabrizio bottini -11/14 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -12/14 - http://mall.lampnet.org colleghi dell’alleanza ambientalista, emergono alcuni problemi. Uno è che il Tejon Mountain Village – l’insediamento di seconde case previsto in una zona più selvaggia e probabilmente più ricca di biodiversità del ranch – è questione di gran lunga più delicata di Centennial, almeno dal punto di vista ambientale. Tra le altre cose, il villaggio sarebbe collocato in quello che è un habitat importantissimo per la specie in pericolo del condor della California, solo di recente scampato al pericolo di estinzione e reintrodotto in natura. “Credo che quella localizzazione sia un grosso problema” mi spiega Joel Reynolds, avvocato del Natural Resources Defense Council. “Non riesco a capire come possano pensare che funzioni, un insediamento edificato nell’habitat del condor”. E in realtà è del tutto possibile che il Tejon Mountain Village venga bloccato durante le procedure di revisione ambientale, anche se la pratica di Centennial procede. I due progetti sono indipendenti, e tra l’altro collocate in due circoscrizioni di contea diverse: Centennial in quella di Los Angeles e Tejon Mountain Village nella Kern. Ma Reynolds e la Anderson precisano che anche Centennial pone problemi significativi: innanzi tutto, l’incognita del peso di 23.000 nuove abitazioni e numerose attività economiche sui servizi pubblici della regione. La nuova città può anche essere un simbolo di urbanistica progressista, ma questo non elimina il fatto che si tratta di uno dei più grossi progetti di insediamento nella storia della California. “In generale siamo tutti d’accordo sul fatto che Centennial non debba svilupparsi in questo modo, né con queste dimensioni” giudica Jan de Leeuw, il professore U.C.L.A. e abitante della zona, che la definisce una cosa “in mezzo al nulla”. Paul Novak, funzionario urbanista della Los Angeles County, mi spiega che la localizzazione di Centennial in un’area a popolazione sparsa pone vari problemi per le infrastrutture. “Credo che alla maggior parte delle persone vengano in mente le strade” dice. “Ma le strade sono molto meno complicate di quanto non sia per l’acqua, o le reti fognarie. O i servizi di polizia, dei pompieri. Dobbiamo garantire ordine e sicurezza a una comunità di 70.000 persone”. E aggiunge che per avere un ospedale si devono in genere superare i 50.000 abitanti. I residenti di Centennial prevedibilmente peserebbero almeno dieci anni sulle strutture mediche esistenti, fino a raggiungere quantità e densità adeguate. sito diretto da fabrizio bottini -12/14 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -13/14 - http://mall.lampnet.org Novak nota come il suo superiore, Michael D. Antonovich – consigliere di contea che esprime uno dei cinque voti che decideranno il destino della città – non assumerà alcuna posizione su Centennial fino a quando la domanda non avrà concluso il percorso di revisione ambientale, che durerà almeno un anno. Gli associati del progetto Centennial, che ritengono di aver usato molta cura nel quantificare le risorse idriche del nuovo insediamento, sperano di iniziare i lavori nel 2009. Ma il piano potrebbe essere facilmente bloccato da qualche ricorso. Novak dice che un progetto di dimensioni paragonabili non lontano, Newhall Ranch, che dovrebbe consistere di 21.000 unità residenziali, avrà impiegato 15 anni a passare dallo stadio di proposta all’inizio dei lavori, se questi cominceranno come previsto nel 2009. Non si tratta necessariamente di un fatto negativo: Greg Hise della University of Southern California crede che i contributi delle strutture tecniche pubbliche, dei cittadini, delle associazioni ambientali per un periodo che dura anni, alla fine siano un vantaggio per le città nuove. “Alcune persone si lamentano” commenta Hise. “Io lo ritengo un fatto positivo”. Ma quello che può complicare le cose in modo particolare nel caso di Centennial, è che qualunque trasferimento dal Tejon Ranch ad area di conservazione, per far procedure le cose – si tratti dei 40.000 ettari proposti dal privato o dei 100.000 degli ambientalisti, o qualunque quantità intermedia – probabilmente comporterà qualche indennizzo alla Tejon. La possibilità o meno da parte dello stato e di strutture private di trovare la soma necessaria per superfici di questa entità, rende il processo di conservazione molto meno semplice di quanto non sembri. La promessa di Tejon di vincolare una grande superficie a titolo perpetuo richiederà sito diretto da fabrizio bottini -13/14 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -14/14 - http://mall.lampnet.org sicuramente qualcosa di più di un solo impegno verbale. Richiederà risorse politiche, legali, finanziarie. Le grandi dimensioni e la posizione del Tejon Ranch hanno già trasformato l’idea della sua trasformazione insediativa in una battaglia sui temi della casa e della tutela ambientale, del genere che si vede una sola volta nella vita. Dopo che il territorio di questo ranch sarà stato intaccato, non ce ne saranno più di uguali. Ecco forse perché da entrambe le parti mi è stato chiesto quali argomenti trovavo più persuasivi. Se c’è qualcosa di evidente, però, e che i progetti per il Tejon hanno determinato uno scontro fra persone ragionevoli. Da ciascuna delle due parti, si tiene in gran considerazione il valore di quei terreni. Il problema di inconciliabilità, è che si tratta di un valore attribuito per motivi completamente diversi. Robert Stine della Tejon la vede in questo modo: “Non si può far contenti sempre tutti. Questo lo sappiamo. E allora vogliamo fare ciò che è meglio per questa terra, per i quartieri che vogliamo costruire, e per i nostri azionisti”. Ma l’alleanza ambientalista non è certo naïve; i suoi componenti sanno che c’è una fortuna in gioco: uno degli investitori del Tejon, James Roumell, mi ha raccontato che il valore dell’intervento di Centennial per la corporation è di 500 milioni. “Riconosciamo il fatto che si tratta di un terreno privato; si tratta di una public company che risponde a degli azionisti” dice Ileene Anderson. “Devono avere un ritorno dal proprio investimento. In California a popolazione non sta certo diminuendo, e le persone devono pur abitare da qualche parte”. Ma, dal punto di vista della Anderson, alla fine si arriva al nodo: i vantaggi del ranch e dei suoi azionisti, e i vantaggi di tutti gli abitanti California. Per farla ancora più semplice, si può dire che alla fine ci sono i soldi, o la natura. Nel bene e nel male, la terra significa entrambe le cose. [Le immagini sono tratte dal sito http://www.centennialca.com ; altre notizie all’indirizzo http://www.tejonranch.com (f.b.)] sito diretto da fabrizio bottini -14/14 - http://mall.lampnet.org