La santità al femminile

Transcript

La santità al femminile
Chiavari, 25 settembre 2010.
La santità al femminile
Introduzione
Prima di parlare di santità al femminile, vorrei dedicare la prima parte della
nostra riflessione alla santità e alla sua condizione nella Chiesa di oggi, dopo il
Concilio, e nel contesto socio – culturale attuale.
Il significato che do a “santità” è quello di una vita cristiana vissuta sul serio; è la
storia di cristiani che cercano con sincerità di vivere il Vangelo, senza nulla di
eroico o di straordinario, ma nell’ordinaria fedeltà a ciò che il Signore mette sulla
loro strada.
1. La santità non è passata di moda
Al di là delle apparenze, la santità non è passata di moda. Uno degli aspetti più
interessanti di questo nostro tempo, così caratterizzato dal secolarismo e ritenuto
da qualcuno come irrimediabilmente estraneo a Dio, è un nuovo interesse per la
santità, cioè per un modo esigente e autentico di pensare e vivere la vita cristiana;
c’è un fascino esercitato anche nell’opinione pubblica laica da uno stile di vita
ispirato alla radicalità del Vangelo: basti pensare all’attenzione mostrata dai
media per persone come Madre Teresa o Giovanni Paolo II.
Il Concilio ci ha insegnato che la santità è dono e possibilità per tutti.
Il battesimo è la fonte della chiamata alla santità: "I seguaci di Cristo ... nel
battesimo della fede sono fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura
divina e perciò realmente santi" (LG 40). Ogni battezzato è chiamato alla santità;
questa chiamata è prima un dono che un compito: nel sacramento egli ha già
ricevuto la santità, per gratuita iniziativa di Dio.
La santità non è privilegio di pochi, ma possibilità per tutti. Dio, presso il quale
non vi è preferenza di persone (cfr. Ef 6, 9), chiama tutti gli uomini a divenire
suoi figli. Per questo la vocazione alla santità è universale: esprime la volontà di
Dio di rendere tutti gli uomini parte del suo popolo.
Ed è il dono di Dio che attiva dentro nella vita dei battezzati energie di
disponibilità, di risposta, di adesione ad esso; dice il Concilio che "un'unica
santità è coltivata da quanti sono mossi dallo Spirito di Dio e, obbedienti alla voce
del Padre e adoranti in spirito e verità Dio Padre, seguono Cristo povero, umile e
carico della croce per meritare di essere partecipi della sua gloria" (LG 41).
Giovanni Paolo II ci ha insegnato che non solo la santità è chiamata per tutti, ma
che essa è l’unico modo di essere cristiani; e che rispetto a questa chiamata non
esistono sconti, se non tradendo nella sua radice l'essere stesso della vita
cristiana (cfr nn 30 e 31).
1
Le molte canonizzazioni di questi anni hanno evidenziato il valore della santità: si
tratta di personalità molto diverse tra loro, quelle che sono state proposte ad
esempio e modello della vita dei cristiani di oggi. I santi e i beati riconosciuti dalla
Chiesa in questi ultimi decenni dicono che ci si fa santi vivendo vocazioni diverse,
in situazioni socio culturali molto lontane tra loro, favorevoli o drammatiche. I
santi di questi anni ci dicono soprattutto che la santità è possibile oggi, in questo
tempo, con le caratteristiche che esso ha.
Tra gli esempi di vita cristiana esemplare che la Chiesa ci ha proposto in questi
anni, vi sono anche diverse figure di laici cristiani: molto diverse tra loro,
sottolineano che non c’è un solo modello di santità, ma diversi modelli possibili.
L’esempio della santità laicale evidenzia la molteplicità esistenziale entro cui si
possono compiere percorsi di santità. In particolare per i laici, non è possibile
parlare di un modello di santità laicale, poiché è talmente varia l'esperienza
concreta di ciascuno che è decisamente impossibile - al di là delle coordinate
essenziali dell'essere cristiani - trovare un unico modo di vivere la santità. Del
resto le figure di santi o di beati laici che la Chiesa ha proposto negli ultimi anni
ci aiutano a capire tale diversità, dovuta al fatto che si diventa santi all'interno
delle condizioni concrete della propria vita, per cui la santità è legata alla
maternità o alla politica o a scelte radicali di vita cristiana nell'essere giovani... I
coniugi Beltrame Quattrocchi hanno costruito il capolavoro della loro vita vivendo
da sposi e genitori cristiani, nella condizioni più ordinaria che si possa
immaginare; Gianna Beretta Molla accettando una maternità che le ha chiesto il
sacrificio della vita; Alberto Marvelli, giovane ingegnere riminese di Azione
Cattolica, vivendo la sua normale esistenza di giovane, impegnato a vivere il
Vangelo nella sua città, dividendo il suo impegno tra la professione, la politica, i
poveri, la sua famiglia, i suoi amici, ma portando nel cuore il fuoco dell’amore di
Dio. Proprio questa impronta dell'esistenza nel cammino della vita cristiana ci
aiuta a capire che non esiste un unico modo di farsi santi, bensì una grande
varietà di percorsi personali così come è varia e multiforme l'esperienza concreta
della vita dei cristiani, dei laici in particolare.
2. Santità è…
Il maggiore patrimonio di santità della Chiesa credo che sia quello di una santità
nascosta, discreta, calata dentro le pieghe dell’esistenza quotidiana e ordinaria.
C'è una Chiesa che non ha una visibilità d'effetto, che non attira lo sguardo
dell'opinione pubblica, fatta di persone che vivono nella normalità della vita di
tutti i giorni e delle relazioni ordinarie di famiglia, di amicizia, di lavoro uno stile
di vita che è un punto di domanda per chi le frequenta. È la Chiesa che non
smette di sorprendere chi la vorrebbe vedere solo come istituzione, la Chiesa dei
mistici umili, che parla al mondo assetato di Dio con la semplicità di una vita
nella quale si intravede la sapienza delle beatitudini. La Chiesa che le persone
incontrano quando il fratello, l'amico, il collega parla con loro delle cose della vita
senza far sfoggio della propria fede, ma lasciando trasparire il senso spirituale che
per lui possiedono. ...
Le nostre comunità devono lasciarsi provocare da questi santi, che dicono come
l'essenziale è invisibile, mentre nella visibilità cercata per se stessa è insito il
2
rischio di smarrire la strada; che non c'è motivo di scoraggiarsi quando le
apparenze parlano di peccato e infedeltà; che gli occhi della fede sanno vedere
l'invisibile amore, azione, presenza di Dio dentro ogni frammento di vita, anche lì
dove Dio sembra assente, o le situazioni senza via d'uscita: far maturare questo
sguardo è il servizio più grande da rendere alle persone affinché vivano l'altezza
della loro vocazione.
Credo che ci sia un modo di guardare la santità che nel nostro tempo evidenzia
alcuni aspetti particolari:
- santità è accogliere l’inquietudine del cuore, che ci fa desiderare di
continuo un “oltre” di pienezza e di eternità mai raggiunto, se non
nell’orizzonte di Dio;
- santità è credere alla possibilità della comunione piena con Dio e
pertanto non smettere di cercarla, di attenderla, di affidarsi alla
promessa di essa;
- santità è vivere con gratitudine, riconoscendo nella nostra esistenza
quotidiana i segni attraverso cui il Signore si accompagna a noi e
conduce la nostra vita;
-
santità è vivere senza calcolo, con gratuità e disinteresse perché il cuore
ha riconosciuto altrove la propria ricchezza, in un tesoro che è amore e
che è la relazione con la persona del Signore;
-
santità è consentire che Dio ci rigeneri di continuo nella sua
misericordia; è rendersi conto che la comunione con Lui è dono del suo
amore;
santità è vivere legando la propria vita al Signore Gesù e al suo mistero.
Questo aspetto riassume e racchiude tutti gli altri: credo che oggi sia
importante che si riscopra che alla radice della nostra vita di impegno,
di servizio, forse di coinvolgimento corresponsabile nella vita pastorale
della comunità c’è la fede che non possiamo dare per scontata e che
essa è amore, che ci lega al Signore e che in esso trova il senso della
vita. Questa dimensione contemplativa fa sì che la vita di ogni giorno ci
appaia in tutta la sua grandezza quando semplicemente ci riporta a
tratti della vita di Gesù; quando ci fa rivivere nella nostra vita ciò che è
stato nella sua; semplicemente, quando ci consente nell’amore di
continuare in noi il mistero della vita di Gesù e della sua Pasqua.
-
3. Una santità al femminile
In questo panorama vogliamo interrogarci sul modo con cui le donne hanno
vissuto la santità, nelle diverse fasi del cammino della Chiesa.
Forse qualcuno potrebbe rispondere che quella delle donne è una santità uguale
a quella degli uomini, ma questo significherebbe non considerare come reali per
la fede le differenze di sensibilità che sono legate alle differenze di genere.
L’esperienza delle donne nella storia della Chiesa si presenta con caratteri ricchi e
contraddittori. Da una parte si colgono esperienze intense, coraggiose, innovative,
dall’altra la tentazione del ripiegamento, della chiusura nelle piccole cose di ogni
giorno. La storia del cristianesimo mostra la ricchezza di un patrimonio di santità
3
delle donne, eppure da certi punti di vista è come se di tutto questo fosse rimasta
poca traccia, o una traccia sproporzionata alla realtà.
Certo le donne hanno lasciato meno documenti della loro santità e del loro
cammino di fede, ma questo dipende da ragioni socio – culturali: in passato, la
donna ha avuto più scarso accesso alla cultura e quindi ha documentato di meno
la propria esperienza; in passato era naturale che la donna vivesse all’ombra
dell’uomo e che dunque emergesse di più il ruolo dell’uomo anche in iniziative e
imprese che hanno visto un forte protagonismo delle donna. Basti pensare ad
esempio a S. Francesco e S. Chiara, o a S. Benedetto e S. Scolastica. Chi può dire
quanta parte ha avuto la donna, nelle imprese che sono poi state esaltate
soprattutto come dell’uomo?
vedere
4. Credere da donne
Nel cammino di santità della Chiesa mi pare si possa vedere l’originale fede delle
donne, il cui cammino verso la verità e il mistero di Dio avviene anche attraverso
quell’approccio che passa dal cuore e attraverso le espressioni della mistica.
C'è una specificità femminile anche nel vivere l'esperienza della fede? Credo di sì.
La maternità è la chiave di lettura simbolica della vita della donna. La maternità
intesa ovviamente non solo come esperienza del dare la vita in senso fisico, ma
come un modo di essere di tutta la donna, di tutte le donne, la cui vita, il cui
corpo, la cui personalità è tutta orientata alla maternità, cioè a quel dono di sé
così profondo e totale da generare una nuova vita; esperienza che coinvolge la
donna in tutte le fibre del suo essere: sentimenti, psicologia, pensieri, e anche
corpo.
Nella maternità vi è il senso pieno di una vita che si dona: amore, tenerezza,
sacrificio, accoglienza, dolore, futuro, fedeltà… in essa si sperimenta la fecondità
della sofferenza, del legame tra la morte e la vita. Vi è in essa la speranza di
reintegrare la morte nella vita, accogliendo il dolore che l’uomo affronta giorno per
giorno lungo tutta la sua esistenza, nella sua funzione misteriosa e positiva.
A partire da questo aspetto fondamentale della vita della donna, vorrei provare a
leggere la santità, nella sua forma di declinazione del tratto fondamentale
dell’esistenza femminile. Potremmo dire che la santità al femminile vede la
maternità della donna esprimersi e realizzarsi nella dimensione della fede, della
relazione con il Signore.
a) Nella fede delle donne vi è il senso della persona del Signore
Nell'originale modo d'essere della donna è vivo soprattutto il senso della persona;
nell'esperienza di fede questo diviene la percezione, particolarmente viva e tipica,
della relazione con la persona del Signore Gesù.
Le donne di cui parla il Vangelo mostrano quanto questa dimensione fosse viva.
4
Da Maria di Magdala, che ha sfidato il buio, che ha attraversato di notte le strade
di Gerusalemme per andare al sepolcro, alla ricerca del suo Signore, il Risorto si
lascia riconoscere.
Nella casa di Betania il Signore apprezza la scelta di Maria che sta seduta ai suoi
piedi ad ascoltarlo, semplicemente per stare con lui; e non è che l'operosità di
Marta non sia utile o positiva, ma se non è inscritta entro una primaria relazione
personale e gratuita con la persona del Signore, rischia di essere un vano, per
quanto generoso, affannarsi che si esaurisce nel gesto.
Maria di Magdala e Maria sorella di Marta e di Lazzaro: nella loro fede si mostra
l’intensità della relazione umana e al tempo stesso i caratteri dell’essere discepoli:
persone che vivono nel e del legame, nell’ascolto, nella dedizione devota e
appassionata.
Le donne dice il Vangelo di Luca che seguivano Gesù e lo sostenevano con i loro
beni. Grandi figure di donne sono protagoniste degli incontri con Gesù di cui i
Vangelo ci tramandano la memoria: donne che sono perdonate e si mettono alla
sequela…
b) Le donne vivono la fede con i caratteri affettivi della loro
personalità.
L’intensità affettiva della donna, l’intuito del futuro, la sua cura della vita
rendono singolare anche l’approccio della fede. Il tratto materno emerge come
modo di rapportarsi anche al Signore, al Vangelo, alla fede.
Il femminile è fedeltà gratuita al piccolo riconosciuto come vita; è capacità di
rischio; quella delle donne una fedeltà al Signore e al suo Vangelo, anche nel
tempo dell’oscurità; è disponibilità a sfidare la notte, a restare ad attendere una
luce imprevista, impossibile agli uomini ma non a Dio.
c) La fede delle donne capisce Dio con il cuore
Nella fede delle donne, proprio per il prevalere dell’amore nell’esperienza della
relazione con il Signore, colpisce non solo l’intensità della fede, ma anche
l’intelligenza che esse hanno del mistero del Signore. A cominciare dalla Madre, la
cui immagine, ai piedi della croce, parla non solo del dolore per la morte del
Figlio, ma anche del compiersi di quel cammino di silenzio e di attesa iniziato con
l’annuncio dell’Angelo. Ai piedi della croce, dove tutto paradossalmente si svela,
dove si manifesta la verità anche della vita dei discepoli, Maria accoglie tra le sue
braccia, nel corpo esanime del Figlio, la Vita del mondo. Lei, da donna, sa che
cosa significhi generare passando attraverso la morte. Ma lo sanno anche le altre
donne, quelle che sono rimaste nei pressi del Calvario. Durante la sua vita.
hanno seguito il Signore con l’intensa semplicità della loro fede. Lo hanno
ascoltato anche con il cuore, e hanno ricevuto nella loro esistenza i segni della
salvezza che ri-genera a nuova vita. Poiché lo hanno seguito, amandolo, lo hanno
anche capito. Esse restano perché l’amore personale che hanno avuto per Gesù
ha dato loro l’intelligenza di capire che il Dio che egli rivelava era diverso da
5
quello che loro pensavano e attendevano, e lo hanno accolto. I discepoli, che si
attendevano un Dio vittorioso e potente, non possono capire questo Messia troppo
lontano da quello che essi avevano in mente; nella loro delusione, se ne vanno. Le
donne restano, perché sono fedeli al loro amore, ma anche perché sono in grado
di capire che Dio può salvare il mondo proprio morendo su una croce.
Così, potranno ricevere il primo annuncio della risurrezione.
La Chiesa e il mondo di oggi hanno bisogno della testimonianza di una fede che
crede che “nulla è impossibile a Dio”; che crede che i percorsi del suo entrare
nella vita personale e nella storia umana sono imprevedibili, sempre al di là.
Giovanni Paolo II ha riconosciuto il valore di questa fede proclamando molte
donne sante e beate e riconoscendo come dottori della Chiesa donne come Teresa
d’Avila, ma anche come Teresa di Lisieux. Questa ultima nulla ha di intellettuale;
i suoi scritti rivelano una fede pervasa da affetto, da amore, espresso talvolta
nelle forme ingenue, altre volte in forme poetiche. Non avrebbe titolo ad essere
dottore della Chiesa, se non fosse che nell’amore vi è una sapienza che penetra
nella realtà più profondamente della stessa ragione. Davanti ad una
testimonianza come questa, si può dire veramente che l’amore conosce Dio.
d) La fede delle donne conosce l’ordinaria radicalità dell’amore
Essa sa affrontare e sfidare i rischi che l’amore porta con sé. Lungo la via del
Calvario, le donne hanno rischiato di essere arrestate con Gesù come sue
seguaci, pur di rimanergli vicino, pur di non abbandonare Colui che aveva dato
senso alla loro vita.
La fede delle donne non teme il sacrificio fatto per amore, soprattutto quando
questo è richiesto dall’amore per i piccoli e per i deboli.
Soprattutto considera il sacrificio e il dolore come forme per seguire fino in fondo
un Signore crocifisso; desidera il martirio e la morte come forme radicali di
identificazione con il Signore, perché l’amore domanda di perdersi nella persona
che si ama. E anche nel caso in cui la fede si esprima nel servizio ai più poveri, è
sempre il Signore la ragione ultima per cui ci si sottopone al sacrificio del servizio.
e) La fede delle donne conserva nel cuore e dà continuità
Maria e le donne del Vangelo dicono che gli atteggiamenti fondamentali della fede
sono quelli del custodire e del meditare eventi e parole.
Dice il Vangelo di Luca che Maria “serbava tute queste cose meditandole nel suo
cuore”. Maria continua a non dimenticare, a non buttare via, anche se non
capisce, finché non si capirà. La donna ha questa forza della memoria che
conserva, anche quando non comprende, e sa attendere, finché una luce
imprevista rivelerà il senso delle cose.
6
Ai piedi della croce si dice che Maria stava. Stare: è il compito del discepolo. “le
donne, cioè la dimensione delle donne e degli uomini, l’anima contrapposta
all’animus produttivo, creativo, organizzativo, le donne stanno e sono per questo
la figura privilegiata del discepolo. (…) Le donne sono sempre presenti quando
conta, dicono sempre la cosa giusta, ottengono sempre una risposta da Gesù in
quanto sono veramente il prototipo del discepolo; stanno sotto la croce perché' il
problema del dolore non è risolverlo, trovare una soluzione, ma contenerlo, avere
un’anima abbastanza spaziosa perché' esso possa abitarvi” (Morra, Maria. Icona
del credente, p 91). Per tutta la vita, lo spazio interiore di Maria si è dilatato
progressivamente
f) La fede delle donne intuisce il futuro
La donna sa intuire la direzione del futuro; la fede delle donne sa riconoscere
verso dove va il futuro: un figlio è futuro.
Anche la fede sospinge sempre al di là, sempre oltre il presente.
Nella fedeltà del custodire e nell’impegno di meditare matura l’intuizione di dove
va la vita, dov’è la spinta in avanti, e la scelta di mettersi nella sua scia con
fiducia e con coraggio.
Conclusione
La santità delle donne è spesso una santità non appariscente, senza firma. Anche
per questo la sua forza di costruzione della storia umana e della vita della Chiesa
è più pura e più duratura.
Con la loro santità, vissuta secondo i caratteri originali del loro essere donne,
esse contribuiscono a far emergere quello che Giovanni Paolo II ha definito genio
femminile e che ancora con tanta fatica viene riconosciuto, valorizzato e accolto.
Che la Chiesa sappia accogliere l’originale modo di vivere la fede delle donne è
anche così contribuire al riconoscimento del valore della donna in quanto donna,
nel mondo.
Paola Bignardi
7