UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE PROVA FINALE

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE PROVA FINALE
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE
SCUOLA SUPERIORE DI LINGUE MODERNE PER INTERPRETI E
TRADUTTORI
CORSO DI LAUREA IN TRADUZIONE E INTERPRETAZIONE
PROVA FINALE
GUESS WHO’S COMING TO DINNER vs. GUESS WHO:
Analisi diacronica lessicale sulla (s)correttezza politica
RELATORE
Prof.ssa Federica Scarpa
LAUREANDA
Paola Valli
CORRELATORE
Prof. Christopher Taylor
Anno Accademico 2005 - 2006
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3
A Mamma e Papà
4
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Sommario
Introduzione
pg. 7
1. Capitolo primo
pg.10
2
1.1 Il cinema afroamericano
pg.10
1.2 Indovina chi … viene a cena?
pg.14
1.2.1
Indovina chi viene a cena? (1967)
pg.15
1.2.2
Indovina chi? (2005)
pg.18
pg.22
Capitolo secondo
2.1 Black e Colored
pg.22
2.1.1
Black
pg.22
2.1.2
Colored
pg.29
2.2 Negro e Nigger
pg.33
2.2.1
Negro
pg.33
2.2.2
Nigger
pg.36
2.3 White
3
pg.41
pg.46
Capitolo terzo
3.1 L’industria della cultura: il grande schermo
pg.46
3.2 Correttezza politica
pg.49
3.3 Pregiudizi e stereotipi
pg.55
3.3.1
Stereotipi ed ethnophaulisms
pg.55
3.3.2
L’opinione pubblica
pg.56
3.3.3
Il razzismo dei pronomi personali
pg.64
3.4 Scorrettezza politica: insulti e barzellette
4
pg.67
3.4.1
Insulti
pg.67
3.4.2
Barzellette
pg.70
pg.76
Conclusioni
Appendice 1 – Schede film
pg.78
Appendice 2 – Tabelle
pg.80
Bibliografia
pg.95
6
7
Introduzione
L'obiettivo iniziale del presente lavoro consisteva nello studio delle forme allocutive in inglese
utilizzate in una selezione di film1, al fine di individuare diacronicamente l'evoluzione semantica
subita dai diversi termini nella connotazione inglese originale e dalle loro traduzioni in italiano,
analizzate mediante il ricorso alla versione doppiata del film. Le caratteristiche dei film eleggibili
per l’analisi dovevano essere le seguenti:
a. Presenza di personaggi bianchi e di colore.
b. Condizione sociale svantaggiata/ di inferiorità dei personaggi di colore rispetto alla loro
controparte bianca (cameriera di colore in famiglia bianca ecc).
c. I rapporti tra i due gruppi dovevano essere cordiali, in altre parole il film non doveva essere
incentrato sulla questione razziale affrontata in modo forte e diretto (ad es. con insulti).
Una selezione su queste basi è risultata particolarmente difficoltosa, sia per la scelta del titolo in
sé, sia per il suo effettivo reperimento, dal momento che il supporto indispensabile per questo tipo
di analisi è il formato DVD, in quanto rende disponibile le versioni inglese e italiana. Molti titoli, in
quanto datati e poco diffusi in Italia, non sono infatti ancora presenti sul mercato in questo formato.
Un'ulteriore difficoltà si è presentata al momento delle scelta del titolo in quanto, a meno di non
aver già visto il film, trovare le scene eventualmente utili per l'analisi era questione unicamente di
intuito e di buona sorte. Le scelte fatte in questa prima fase della ricerca hanno fornito scarsi
risultati in quanto l'ipotesi di massima non ha ricevuto né conferma né smentita per l'assenza di
elementi significativi ai fini dell’analisi.
Viste le difficoltà pratiche incontrate nella seconda fase della ricerca, tra i vari film che erano stati
visionati sono stati selezionati solo due titoli: Guess Who’s Coming to Dinner? (1967) e Guess
who? (2005), dove il secondo è uno pseudo-remake del primo in quanto se l’idea di massima del
primo film è rimasta invariata, in Guess who? sono stati apportati sostanziali cambiamenti, sia alla
situazione di partenza che, di conseguenza, all'ambientazione del film.
L’obiettivo della presente analisi è quindi diventato quello di operare un confronto tra le due
versioni filmiche con particolare riferimento all'utilizzo dei termini legati all’elemento razziale
cercando di individuare una ipotetica evoluzione nel loro utilizzo e nella loro accettabilità. Questo
1
In prima ipotesi la selezione doveva essere limitata alla produzione cinematografica degli anni Trenta. In un
secondo tempo è stata modificata per risultare più rappresentativa delle varie stagioni cinematografiche dei
diversi decenni.
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tipo di analisi ha richiesto un approfondimento del concetto di correttezza politica in quanto in
alcuni episodi rappresentati in Guess Who? si evidenzia una marcata inosservanza di questo
principio, portanto quindi ad un ulteriore approfondimento sull’aspetto della scorrettezza politica.
Per quanto riguarda la metodologia adottata, dal momento che per una ricerca come questa il
supporto audiovisivo delle pellicole era indispensabile, inizialmente gli sforzi sono stati indirizzati al
reperimento dei due titoli oggetto della ricerca. Contemporaneamente è stata esaminata la
letteratura accademica e non sulle modalità di trasmissione di un atteggiamento razzista attraverso
il linguaggio. Il materiale reperito consiste in testi sul cinema e sul discorso razzista, brevi saggi e
recensioni critiche dei film, oltre a preziose informazioni necessarie per la piena comprensione dei
riferimenti presenti nelle battute di entrambi i film fornite da parlanti aventi l’inglese come lingua
d’uso.
A questo punto si è passati a visionare le pellicole, utilizzando l’opzione audio italiana e i sottotitoli
in inglese e viceversa, in modo da disporre da subito di una versione contrastiva della resa di
determinate espressioni nelle due lingue. Le eventuali discrepanze individuate in tale traduzione
sono state attribuite alle necessità tecniche del procedimento di doppiaggio, un processo laborioso
che include non solo la traduzione dei dialoghi originali con le problematiche ad essa connesse,
ma anche il loro adattamento a una nuova versione del film. La singola battuta deve infatti venir
adattata in modo da mantenere la stessa durata dell’originale e le stesse pause, senza tuttavia
mutare il significato del messaggio. A questo punto entrano in scena i doppiatori che devono
esercitarsi nella sincronizzazione labiale con l’originale. È inevitabile, dunque, che certe battute
vengano ridotte o parafrasate, proprio al fine di restare più fedeli possibili al messaggio del testo
originale. Altre volte mantenere anche un benché minimo riferimento alla specifica situazione di
partenza può risultare problematico, in quanto sarebbe necessaria una spiegazione che, per
quanto telegrafica essa possa essere, romperebbe il flusso dei dialoghi. Le discrepanze
evidenziate grazie a questo confronto hanno consentito di individuare alcuni punti problematici che
sono stati segnalati nel corso dell’analisi.
A questo punto si è passati all’analisi vera e propria che è stata condotta in diversi momenti ed è
stata distinta in:
a. Analisi filmica
In questa fase sono stati esaminati il contesto e l’ambientazione dei film, gli atteggiamenti e
le espressioni dei personaggi e tutti quegli elementi a volte indispensabili per una corretta
interpretazione che non emergono da una semplice lettura del copione.
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b. Analisi contestuale e critica
In questa fase è stato preso in esame il contesto storico e sociale che fa da sfondo
all’ambientazione del film nonché al suo momento di uscita nelle sale cinematografiche.
A questo si aggiunge il giudizio critico ricevuto dalle pellicole, per quanto possibile limitato
all’effettivo momento della proiezione.
c. Analisi linguistica
In questa fase sono state selezionate le battute rilevanti per l’ambito di interesse dello
studio ed il loro successivo esame in relazione al personaggio e al contesto nel quale sono
state pronunciate.
d. Analisi generale
Questa parte del lavoro è derivata dalle prime conclusioni tratte dall’analisi precedente e si
propone di allargare i risultati ottenuti al contesto più generico della correttezza politica.
Le analisi dei punti b, c e d corrispondono grossomodo ai capitoli 1, 2 e 3, mentre l’analisi del
punto a è stata condotta in una fase preparatoria al lavoro scritto.
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1. Capitolo Primo
In questo capitolo viene presentata una breve panoramica della storia del cinema afroamericano,
ovvero di quel cinema che tratta tematiche vicine alla popolazione di colore e che tra il cast
annovera attori neri. Questa prima parte serve ad offrire il contesto storico e cinematografico
all’interno del quale vanno collocati i due film ed a presentare per sommi capi i protagonisti
afroamericani delle due versioni: Sidney Poitier in Indovina chi viene a cena? e Bernie Mac in
Indovina chi?.
La seconda parte del capitolo verte invece sull’analisi delle due pellicole, con particolare attenzione
alla trama, alle performance del cast e soprattutto alla sceneggiatura e alla regia. A questo scopo
sono state selezionate diverse recensioni critiche risalenti al momento di uscita dei film, sia in
inglese che in italiano. La selezione delle recensioni ha seguito due criteri: da una parte la ricerca
di recensioni di provenienza autorevole, quindi scritte da critici accreditati, dall’altra la selezione di
critiche che esprimessero opinioni divergenti, al fine di offrire la panoramica più completa possibile
sul successo di critica o meno che i film avevano avuto, tenendo tuttavia presente che il successo
di pubblico c’era stato in entrambi i casi in esame.
1.1 Il Cinema Afroamericano
Quando si parla del cinema afroamericano, il Black Cinema, emerge l’aspetto duplice del
termine, in cui sono racchiusi sia gli esempi del cinema degli esordi che rappresenta un
personaggio nero, spesso messo in scena da una troupe bianca, sia le produzioni di pellicole
con troupe e cast neri destinate prevalentemente ad un pubblico di colore.
La difficoltà di stabilire una periodizzazione delle vicende di questo cinema è evidente, ma
questo non ha scoraggiato alcuni critici dall’offrire proposte in merito. Franco Minganti (2000)
individua quattro momenti nella storia del cinema afroamericano:
il muto delle origini (1890-1920), il periodo condizionato dalla Depressione, dagli
inizi del sonoro e dai race films (1920-45), il cinema del dopoguerra caratterizzato
dai problem films di impegno civile, magari influenzato dalla televisione (1945-60),
e il cinema contemporaneo segnato dalla blaxploitation1, dall’emersione degli
indipendenti e dalle nuove attenzioni dell’industria (1960 a tutt’oggi).
1
Contrazione di black exploitation. Termine introdotto nel mercato americano nel 1969 per indicare film a basso costo
realizzati nella prima metà degli anni Settanta, interpretati da gente di colore e quasi sempre indirizzati esclusivamente al
pubblico afroamericano. Spesso si tratta di rozze varianti “black” di successi commerciali del cinema “bianco” che trattano
“tematiche nere urbane” (Universale 2003).
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Il cinema degli esordi si ispirò ai miti tradizionali ed alle immagini stereotipate, in gran parte
provenienti dal Sud degli Stati Uniti, che ritraevano i neri nelle piantagioni durante lo
schiavismo, in veste di ballerini, suonatori e mangiatori di angurie. Il fatto che gran parte del
pubblico urbano fosse costituito da immigrati recenti con scarsa conoscenza dell’inglese e
tanto meno del razzismo della letteratura sudista fece sì che, nel primo decennio di vita del
cinema commerciale (1895-1905), gli afroamericani fossero rappresentati in una luce più
favorevole di quanto accadeva nelle altre forme artistiche. L’iconografia del personaggio di
colore risentì in ogni caso dell’associazione della blackness allo humor, che diede vita ad una
serie di “tipi e stereotipi”.
Ma a certi tipi di caratterizzazione, come quelli proposti dal controverso film Birth of a Nation
(1915), associazioni e intellettuali si opposero risolutamente. L’opposizione fu tuttavia resa
difficile dalla generale euforia per l’uscita del film e la protesta si divise al suo interno tra l’ala
“riformista-integrazionista”, ispirata a Booker T. Washington, e quella più radicale di W.E.B.
Du Bois e della NAACP (National Association for the Advancement of Colored People). Il
risultato dei dibattiti, della censura e delle proteste fu la scomparsa dei neri dal grande
schermo, dal momento che i produttori bianchi pensarono fosse più saggio evitare di
affrontare temi scottanti e di offrire ruoli da protagonisti ai neri. L’episodio fece capire per la
prima volta a molti neri che il cinema poteva essere considerato uno “strumento espressivo
anche della propria identità di razza” (Minganti 2000:1322).
Negli anni Venti fu attivo come regista e produttore Oscar Micheaux, il primo afroamericano a
realizzare film con attori neri per un pubblico di colore. Le sue pellicole approfondivano le
tematiche
sociali
e
trattavano
problematicamente
la
condizione
della
popolazione
afroamericana attraverso riflessioni intorno al “New Negro”. Così facendo, Micheaux ridiede ai
suoi personaggi la dignità e lo spessore che erano stati loro negati dalla produzione
hollywoodiana contemporanea gettando così le basi per i film indipendenti all black degli anni
Settanta. In quegli anni l’America nera stava sviluppando un nuova sensibilità e
consapevolezza di sé e del proprio orgoglio razziale e cominciava a divenire meno
condiscendente verso la società bianca.
La cronologia proposta da Melvin Sylvester (1999) assume invece caratteri precisi solo a
partire dalla fine degli anni Venti:
1927-1948: Race Movies
1949-1969: The Integration Period
1960-1970: The Talented Comics
1970-1990: A Period of Free Flowing Images and Experimentation
1980-1990: Established Motion Picture Stars
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1990 to date: The African-American's Place
Nel 1927 e con l’avvento del sonoro cominciò la stagione dei race movies, che si protrasse
fino al 1948. In quegli anni l’America fu coinvolta in due eventi storici di ampia portata, la
Grande Depressione del 1929 e il secondo conflitto mondiale. La produzione cinematografica
di quel periodo vide la coesistenza dei race movies e delle versioni hollywoodiane delle grandi
case di produzione. I race movies erano dei film girati a budget ridotto e destinati per lo più ad
un pubblico di colore nei cinema per neri del Sud degli Stati Uniti o nelle aree del Nord che
contavano una nutrita comunità afroamericana. Nelle produzioni di Hollywood i ruoli riservati
ad attori di colore si riducevano alla commedia leggera, alla musica e al ballo in quanto i ruoli
di maggior spessore erano ancora recitati da attori bianchi in blackface, un retaggio della
stagione del cinema muto che voleva gli attori bianchi recitare con il volto scurito dal
nerofumo. Tra questi ricordiamo Fred Astaire, Mickey Rooney e Judy Garland. A Hollywood,
infatti, non interessava produrre pellicole che rappresentassero i neri sotto una luce positiva,
che venivano considerate investimenti troppo rischiosi. Di conseguenza i ruoli disponibili per
gli attori di colore si limitavano a quelli di domestiche, maggiordomi, servitori o comici,
escludendo a priori i ruoli da protagonisti che erano invece riservati ai bianchi. Alla fine le
pressioni esercitate su Hollywood da parte degli opinion leaders afroamericani fecero sì che si
iniziasse a prendere in considerazione le richieste dei neri di essere rappresentati come
americani, con i loro pregi e difetti. Di conseguenza nella prima metà degli anni Quaranta i
ruoli iniziarono ad essere meno umilianti ed a fine decennio i race movies entrarono in crisi,
anche per il fatto che l’attenzione internazionale, in particolare quella dei popoli “di colore”
impegnati nella lotta al colonialismo, era ormai puntata sugli Stati Uniti, la nuova superpotenza
in grado di esercitare un dominio politico, economico e militare.
Il secondo periodo identificato da Sylvester, quello dell’integrazione (1949-1969), vide attori di
colore recitare a fianco di attori bianchi in film che trattavano i temi del conflitto razziale e del
suo superamento. È proprio il 1949 a vedere l’uscita di quattro film che vengono ascritti al
nucleo originario dei problem films: Odio, Pinky, la negra bianca, La tragedia di Harem e Nella
polvere del profondo Sud, dove gli afroamericani appaiono come “rappresentanti di un’identità
nuova, complessa, sfumata, umanamente ferita” (Minganti 2000:1348).
Risale invece agli anni Cinquanta la lotta per i diritti civili da parte degli afroamericani che,
soprattutto tra la borghesia, riuscirono a raggiungere degli obiettivi anche grazie alle tensioni
presenti nella situazione interna e internazionale, segnata dal maccartismo e dalla guerra
fredda. Il progresso fu tuttavia lento: in questo frangente l’industria cinematografica si
dimostrò assai poco recettiva, restando legata agli stereotipi razziali che già conosceva. In
quegli anni spiccano i nomi di Dorothy Dandrige, che fu la prima attrice afroamericana a
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ricevere una nomination come miglior attrice nel 1954 per Carmen Jones, e Sidney Poitier.
Questi attori vennero scelti dagli studios per interpretare personaggi che potessero farsi
interpreti del problema dell’identità afroamericana e al tempo stesso affrontare la spinosa
tematica dell’integrazione razziale.
Sidney Poitier fu il maggiore rappresentante della black image durante gli anni Sessanta e
probabilmente fu anche l’unico attore a comparire in modo continuativo in ruoli da
protagonista. Le sue interpretazioni creavano dei personaggi “drammatici, consapevoli e
persino sofisticati e chic” (Minganti 2000:1350) che a volte furono considerati dalla critica un
tentativo, non sempre riuscito, di scongiurare tensioni razziali. Per l’epoca Poitier era una
figura ideale nell’immaginario bianco: “educato, intelligente, ben vestito, di buone maniere e
dal buon inglese, privo di eredità e di ghetti di alcun genere” (Minganti 2000:1351).
Rappresentava altresì un’icona anche per gli afroamericani, in quanto esponente della
borghesia urbana e portatore dei suoi valori. L’attore mantenne sempre un atteggiamento
posato e e non si fece mai abbandonare dalla ragione non cadendo mai nello stereotipo. I
suoi personaggi e lui stesso furono, in quel periodo, il simbolo di un nuovo inizio per i neri al
cinema, anche se i film ambientati nel Sud degli Usa continuarono ad essere prodotti, forti
anche della frequente ispirazione letteraria che li alimentava.
Trattare con umorismo tematiche riguardanti la razza ha sempre costituito un problema,
soprattutto quando venivano rappresentate situazioni complesse concernenti il colore della
pelle. In particolare, per rifarsi degli orrori del blackface, i nuovi comici di talento dovevano
risultare divertenti senza essere troppo offensivi, dovevano perciò riconoscere ciò che era
considerato divertente da tutti e far ridere tutto il pubblico senza però perdere di vista il
messaggio iniziale. Tra questi attori definiti treasures of Laughter (tesori della risata) si
ricordano Godfrey Cambridge, Richard Pryor e il più recente Eddie Murphy.
Nel 1970 i neri erano diventati ormai una presenza fissa a Hollywood. Non faceva più
meraviglia trovarsi di fronte un dottore o un avvocato di colore, segno che gli afroamericani
erano diventati parte della quotidianità. Ma non solo. Nuovi ruoli di spessore da protagonista
venivano recitati da attori di colore, dal detective al cowboy, dal supereroe al supercattivo.
Negli anni Ottanta alcuni nomi di attori e attrici di colore sono entrati a pieno titolo nello star
system hollywoodiano: Whoopi Goldberg, Denzel Washington, Eddie Murphy, Morgan
Freeman, Danny Glover, Oprah Winfrey, Bill Cosby, Wesley Snipes, Angela Bassett e Samuel
L. Jackson, per citarne alcuni. Questi attori piacevano al pubblico, tanto di colore quanto
bianco, e si ritrovarono spesso a recitare a fianco di attori bianchi in ruoli da protagonista. Non
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trascurarono, però, neanche i film che trattavano tematiche prevalentemente nere e in più
occasioni finirono per girare uno o più sequel di loro film (Beverly Hills Cop, Arma Letale, 48
ore ecc). All’elenco di nomi va aggiunto anche quello di Will Smith, anche se la sua presenza
sul grande schermo è iniziata un po’ più tardi, cioè negli anni Novanta.
Il mercato per gli afroamericani nel mondo del cinema si è aperto definitivamente nel 1992,
quando la scelta di un film da parte del pubblico ha iniziato ad essere determinata soprattutto
dalla star che vi recitava, soprattutto con l’avvento del cinema multisala. Oggi vi sono
numerose fonti di ispirazione per film dai più svariati soggetti e gli attori di colore stanno
certamente approfittando dell’apertura del mercato, spaziando dalla recitazione in teatro ai
film per la tv, dalle miniserie ai supporti elettronici e digitali. Molti sono gli afroamericani che
entrano nell’industria del cinema come attori, produttori, registi, sceneggiatori ecc.
I due film presi in esame per questa lavoro sono produzioni di due periodi molto diversi.
Guess Who’s Coming to Dinner? risale al 1967, ovvero all’integration period, epoca nella
quale gli afroamericani si stavano facendo largo nella società e stavano affermando i loro
diritti. Inoltre in questo periodo la mentalità si stava facendo più tollerante e nuove strade
venivano percorse in direzione di una maggiore uguaglianza e pari opportunità.
Guess who?, invece è stato girato nel 2005 e appartiene quindi a un momento storico molto
diverso rispetto all’originale. I numerosi grandi attori e attrici afroamericani che fanno parte
dello star system hollywoodiano annovera, che spesso sfondano anche al di fuori del mondo
del cinema, nel mondo della musica, della televisione e del cabaret. Tra questi nomi spicca
anche il protagonista di Guess who?, Bernie Mac. Mac nasce come attore comico che recita i
suoi monologhi di fronte al pubblico (stand-up comedians) quando il suo nome cominciò a
circolare, gli vennero offerte anche parti in film, anche se non abbandonò mai del tutto la sua
vocazione comica che emerge in molti dei suoi ruoli e in particolare nella sitcom The Bernie
Mac Show. Da qualche decina d’anni a questa parte l’aumento esponenziale del numero di
pellicole con un protagonista o co-protagonista di colore ha determinato la continua scoperta
di nuovi talenti. Guess Who? rientra nella categoria delle commedie romantiche ma anche (e
soprattutto) comiche, spesso non particolarmente misurate dal punto di vista dei dialoghi, che
molto si distanziano dall’accurata scelta terminologica che si evidenzia nelle pellicole più
vecchie.
1.2 Indovina chi … viene a cena?1
1
Le schede relative ai due film analizzati in questa sezione si trovano nell’Appendice 1.
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1.2.1 INDOVINA CHI VIENE A CENA? (1967)
Dal punto di vista della storia raccontata in Guess Who’s Coming to Dinner? il film può essere
presentato per sommi capi come una commedia da salotto che si apre nella permissiva San
Francisco dove una coppia liberal progressista, Matt e Christine Drayton (Spencer Tracy e
Katherine Hepburn), entra in crisi quando la figlia Joey (Katharine Houghton al suo debutto)
presenta il suo nuovo fidanzato, il medico nero John Prentice (Sidney Poitier), conosciuto durante
una vacanza alle Hawaii. La ragazza è certa di non trovare difficoltà in famiglia ma, mentre la
madre, dopo la sorpresa iniziale, si schiera a sostegno della figlia, il padre non si libera facilmente
delle paure per il loro futuro. Lacerazioni e scontri, che coinvolgono sia la famiglia di lei che quella
di lui, mettono in discussione il rapporto genitore-figlio e le posizioni dei vari personaggi nei
confronti della società, ma alla fine i due fidanzati ricevono l’inevitabile consenso al cospetto dei
rispettivi genitori riuniti apposta per l’occasione.
Il grande successo di pubblico del film non si deve esclusivamente al formidabile cast di attori, ma
anche alla scelta del momento storico per trattare certe tematiche: fu il primo film a trattare la
questione del matrimonio interrazziale, una tematica ancora tabù in un momento in cui pesanti
scontri infiammavano le città in tutto il Paese. Alla fine degli anni Sessanta, improvvisamente il
“nero” diventò non solo “bello” (cfr 2.1.1) ma anche molto redditizio ai botteghini. Non per niente
sia Guess Who’s Coming to Dinner che In the Heat of the Night (ovvero La calda notte
dell’ispettore Tibbs) ricevettero molte nomination agli Oscar portandosi a casa un discreto numero
di statuette. La loro forza stava nel rivolgersi ad un pubblico giovane e nel puntare sul messaggio
e sui principi piuttosto che sull’aspetto artistico, anche se questa considerazione è facilmente
contraddetta dall’opinione di qualche esperto: nella sua recensione critica al film, Emanuel Levy
cita lo storico Donald Boggie quando sostiene che il film fu realizzato nello stile sfavillante dei
musical della MGM degli anni Quaranta per sviare il pubblico dal problema reale. Esaminato da
questo punto di vista, il film sembra infatti riguardare i pregiudizi sociali derivati dal colore della
pelle del dottor Prentice, che vengono portati avanti sino alle scene finali quando i genitori di John
arrivano apposta da Los Angeles, invitati a cena da Joanna. In realtà non serve aspettare la fine
per vedere superato questo ostacolo “esteriore”, tanto che nel proseguo il film, partito come
produzione pionieristica su razza, razzismo e gap generazionale, perde lo smalto iniziale,
risultando in una commedia moralistica e verbosa che propone il messaggio tutto americano che
l’amore supera ogni ostacolo (Levy 2004): la storia d’amore tra John e Joanna è troppo
idealizzata per poter essere plausibile e, anche se gli ostacoli che si frappongono sono reali, non
si può dire altrettanto della soluzione proposta per superarli:
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L’obbligo del lieto fine affoga il vero nello sciroppo, il film è un’opera di bene. Certamente
c’è del programmatico, del didascalico e dell’oratorio, soprattutto nel paterno sermone
finale, ma insomma Kramer va preso per quello che è, contenti della sua coerenza: un
uomo di spettacolo il quale sa combinare gli affari senza tradire la vocazione del
democratico ottimista, volta a mostrare pedagogicamente come in concreto molti dissensi
possano superarsi sgombrando il terreno dei pregiudizi e ascoltando la voce dell’anima
(Grazzini 1968).
Non è un caso quindi che il sottotitolo del film sia proprio “A Love Story of Today” il cui leit motiv
sia una storia d’amore a tratti un po’ stucchevole, su cui si insiste a cadenze regolari. Il tono del
film viene già stabilito nella canzone di apertura con le parole “dare un po’, prendere un po’,
lasciare che il cuore soffra un po’“ (Ebert 1968).
Prescindendo dall’aspetto prettamente sentimentale, la seconda tematica trattata dal film è la
questione razziale, cioè una problematica forte di quegli anni e tutt’altro che inflazionata sul
grande schermo. Lisa Kropiewnick (2006) non lo condanna per aver ceduto ai sentimentalismi,
anzi ritiene che debba venir applaudito e ricordato per il suo coraggio, incendiario per l’epoca. La
tematica degli incroci tra razze viene toccata e sviluppata in modo morbido e con toni pacati, una
scelta che si sposa con la tipologia del film, che punta essenzialmente all’intrattenimento e,
proprio a causa di questa scelta, nella pellicola di Stanley Kramer si riscontra più di qualche
pecca: Indovina chi viene a cena? prende una tematica controversa come il matrimonio
interrazziale e la inserisce all’interno di un canovaccio trito e ritrito come quello delle commedie
da salotto su pretendenti non all’altezza, ponendo il pubblico di fronte all’interrogativo se l’amore è
in grado di sconfiggere il pregiudizio e le difficoltà che la giovane coppia si trova ad affrontare
(Ebert 1968).
Nel personaggio del dottor Prentice non si possono trovare invece molti difetti, un aspetto che lo
rende non del tutto convincente. È un personaggio straordinario che rappresenta la quintessenza
dell’afroamericano beneducato e di successo: affermato medico di fama internazionale, bello,
benvestito e proveniente da una rispettabile famiglia californiana. Con queste basi non si mettono
certo alla prova gli atteggiamenti razzisti delle persone, così il momento dello scioglimento
sembra essere dietro l’angolo, anche se in realtà non arriva subito: John è più maturo di Joanna e
sa che convincere i suoi genitori non sarà un’impresa facile. Come Grazzini (1968) acutamente
osserva, il dottore
conosce la società americana, e nel suo orgoglio non ammette che il matrimonio possa
farsi se i genitori di Joanna avanzeranno riserve: per loro, questo è il momento di
confrontare gli astratti principi d’uguaglianza con i pregiudizi sociali.
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Joanna dal canto suo, giovanissima ed entusiasta, è stata educata alle idee liberali ed è certa che
i genitori non solleveranno obiezioni davanti al suo ardente, anche se un po’ ingenuo, amore per
John. Il personaggio di Joanna non è meno perfetto di quello del suo pretendente, tutto calcolato
per non dare adito a facili obiezioni né da un parte, né dall’altra. I genitori di lei, i coniugi Drayton,
un editore e la proprietaria di una galleria d’arte, vengono portati sullo schermo dalla coppia
Tracy-Hepburn “testimonial di lusso del movimento antirazzista moderato degli anni Sessanta”
(Grazzini 1968). La performance di Tracy è quanto mai intensa: l’attore è vicino alla fine e verrà a
mancare pochi giorni dopo la conclusione delle riprese. Dopo la sorpresa iniziale la Hepburn, che
riceverà l’Oscar come migliore attrice protagonista, prende la notizia del matrimonio abbastanza
bene, mentre Tracy si mostra alquanto ritroso nei confronti del possibile genero, perché si sente
vittima di un ricatto: vorrebbe avere il tempo per riflettere, che in questo caso però non ha. In
perfetto stile da commedia, viene fissata una scadenza palesemente artificiale e a brevissimo
termine per garantire la suspance e per concentrare lo svolgimento dell’azione in un breve arco di
tempo. Quest’ultimo elemento, unito agli altri esaminati in precedenza, va a scapito della veridicità
della storia raccontata. Se infatti il film si può considerare onesto nell’affrontare la questione della
razza, del liberalismo e dell’ipocrisia, Loomba (2003) ritiene che questo non sia sufficiente a
garantire che la storia sia realistica.
Accanto ai quattro protagonisti compaiono diversi altri personaggi che, di volta in volta,
prenderanno posizione sostenendo l’unione della coppia oppure osteggiandola o criticandola. Si
vengono così a delineare due schieramenti contrapposti, spesso tutt’altro che rigidi e immutabili,
ma che creano una spaccatura abbastanza netta tra i vari personaggi, chiamati a uno a uno a
misurarsi con la scomoda realtà rappresentata. Da una parte si ritrovano monsignor Ryan (Cecil
Kellaway) amico di vecchia data dei Drayton, personaggio un po’ stravagante e stereotipato con
una mimica eccezionale, e la madre di John (Beach Richards), che si dimostra più comprensiva
del marito e che, insieme a Christine, garantirà la felicità dei due innamorati con un discorso che
fa appello alle ragione del cuore e al potere dell’amore, convincendo definitivamente il combattuto
Tracy. Dall’altra il personaggio di Hillary (Virginia Christine), amica di Christine e socia della
galleria, si dimostra bigotto e si scontra con la Hepburn che la licenzia senza pensarci due volte e
quello della domestica Tillie (Isabel Sanford) a servizio in casa Drayton da oltre 20 anni. A lei,
sostenitrice di Martin Luther King, ma decisa oppositrice degli “eccessi” del black power, spettano
le battute più argute del film in quanto è il personaggio, seppur stereotipato, che ha i pregiudizi più
forti sul matrimoni tra razze: “Civil rights is one thing but this here is something else” (“I diritti civili
va bene ma questa qui è un’altra cosa”) sbotta ad un certo punto vedendo che il dottore ha aperto
una breccia nella resistenza di Tracy. L’ultimo personaggio ad entrare in scena è il padre del
dottor Prentice (Roy E. Glenn Sr.), che dimostra un dissenso ancora più energico di Tracy. In
prima battuta, l’ostracismo non gli viene perdonato dal figlio: John, ostentando un’improvvisa
18
sicurezza sulla scelta da fare, lo rampogna con un discorso che per Ebert (1968) non suona
affatto convincente perché non si sposa affatto con il personaggio di Poitier.
Sebbene nel corso del film le posizioni sospettose e scettiche nei confronti dell’unione dei due
giovani non manchino, come dimostrano la socia di Christine, il tassista o la domestica Tillie, il
comportamento dei fidanzati è assolutamente irreprensibile: nessun contatto fisico se non
qualche casto bacio sulla guancia, un comportamento del tutto innaturale che viene spiegato da
Minganti (2000:1355) nel seguente modo:
[…] il nero viene simbolicamente evirato sugli schermi del cinema americano: gli attori come
Poitier e Sammy Davis jr difficilmente hanno diritto a parti che li mostrino sessualmente attivi.
Proprio in Indovina chi viene a cena? (Stanley Kramer 1967), è un fatto che non si sia
(ancora) consumato il sesso interrazziale cui morbosamente si allude […].
A quasi quarant’anni dalla sua uscita il film risulta un po’ invecchiato e un po’ sorpassato per le sue
posizioni deboli e prudenti; è un bel film, ma non un gran film, nonostante lo si consideri un
classico. Il fatto che la sua trama sia stata scelta per un remake ambientato al giorno d’oggi
testimonia tuttavia l’attualità della tematica trattata da Kramer.
1.2.2 INDOVINA CHI? (2005)
A trentotto anni di distanza da Indovina chi viene a cena?, Indovina chi? rielabora la trama della
celebre pellicola del 1967. Ufficialmente è un remake di Indovina chi viene a cena?, ma
ufficiosamente “è una farsa di famiglia come si usa oggi a Hollywood” (Porro 2005). In pratica, si
può considerare il film come una variazione comica, una commedia divertente sui capovolgimenti
del razzismo e una satira della borghesia nera benestante. Questa volta l’ospite a cena, e
potenziale genero, è un agente di Borsa bianco mentre la famiglia della fidanzata è nera e
conservatrice e, come è facile immaginare, non lo accoglie propriamente a braccia aperte. Gli
equivoci nascono dal fatto che Theresa (Zoe Saldana) non ha ritenuto importante dire ai genitori
che Simon (Ashton Kutcher) è bianco, fatto che il ragazzo viene a scoprire solo una volta in
viaggio verso il New Jersey. Il padre Percy Jones (Bernie Mac), aspettandosi un fusto a metà tra
Denzel Washington e Will Smith, al loro arrivo scambia il tassista nero per il fidanzato di Theresa
e, prima ancora di poter dare un volto a Simon, aveva già fatto una verifica patrimoniale sul suo
conto, scoprendo che il ragazzo possiede un ingente capitale netto, ma che è da poco
disoccupato. Percy decide che non ci si può fidare del ragazzo bianco quando scopre che Simon
non ha informato Theresa di non aver più un lavoro, ma Simon cercherà di fare del suo meglio
19
per farsi benvolere dal testardo Percy, che peraltro in quei giorni è nel pieno dei preparativi per i
festeggiamenti del suo 25° anniversario di matrimonio con la moglie Marilyn (Judith Scott).
Percy è “la caricatura Anni Venti di un nero, occhi sgranati, gesti larghi, furie improvvise, carattere
suscettibile” (Tomabuoni 2005): uomo di successo, ha una bella moglie, due figlie e una
splendida casa e sarebbe disposto a tutto per proteggere la figlia dalle grinfie di Simon, il ragazzo
che viene dalla parte sbagliata della città. Percy pare così imbarazzato dalla sua presenza che
finisce per raccontare a un collega di lavoro che il nuovo fidanzato di Theresa è un giocatore nero
di basket di nome Jamal che ha studiato a Howard. Determinato a rompere il fidanzamento della
figlia, Percy cerca in tutti i modi di impedire a Simon di entrare a far parte della famiglia: dispetti,
indagini, sospetti, sorveglianza speciale e pare proprio che non ci sia nulla che il ragazzo possa
fare o dire per farsi benvolere. Quando Simon comincia a reagire alle provocazioni di Percy, si
viene a creare un’aperta rivalità tra i due che si risolverà solo più tardi ma che serve a ravvivare la
commedia. A questo si aggiungono le difficoltà create da Theresa, la quale improvvisamente
decide di lasciare Simon costringendolo ad ingegnarsi per riconquistarla e creando una situazione
che offre il destro a clichè ed espedienti presenti in tutto il film. Dopo le difficoltà iniziali, i genitori
di Theresa cedono riconoscendo che in fin dei conti Simon è un bravo ragazzo con un brillante
futuro, anche se non così brillante come quello della sua controparte Poitier, imbattibile nella sua
perfezione. Dopotutto a Simon non è richiesto di essere così perfetto: da perfetto soggetto per le
commedie romantiche, deve solo restare simpatico e mantenere l’aplomb durante tutte le
peripezie.
Resta vero che gran parte della storia è prevedibile e non particolarmente curata da un punto di
vista artistico (Lowry 2005): si è scelto di privilegiare, con successo, l’aspetto marketing, in quanto
il film è stato un trionfo ai botteghini americani con quasi 22 milioni di dollari e temibili rivali battuti
nel weekend di apertura. Resta vero che al lato pratico il film sfrutta solo in minima parte le sua
potenzialità comiche, regalando qualche bel momento, ma poche risate; molte scene sono pensate
per far ridere, ma sullo schermo non ottengono l’effetto sperato, perché l’umorismo proviene da
altre situazioni che poco hanno a che fare con il tema centrale del film. Molte scene proposte da
Indovina chi? sono viste e riviste tanto che diversi critici hanno fatto a gara per individuare le
numerose citazioni presenti nella sceneggiatura: non tanto il richiamo scontato a Indovina chi viene
a cena?, quanto piuttosto la vicinanza con Ti presento i miei (Meet the Parents) che risulta molto
più marcata (Zanardi 2005; Morris 2005); a questo si aggiungono le citazioni da vecchie produzioni
come Arcibaldo (All in the Family) (Lowry 2005) e “le situazioni comiche di un popolarissimo serial
degli anni Settanta e Ottanta interpretato solo da neri, The Jefferson’s, alle prese con lo loro
integrazioni, scalate sociali e identità affettive e sociali” (Grassi 2005).
20
Il resto del cast con i suoi personaggi, parenti, colleghi, ecc., spesso esasperati, contribuisce
all’effetto divertente e umoristico dell’insieme. Tra di essi spiccano Keisha (Kellee Stewart), la
scapestrata sorella di Theresa, e l’anziano padre di Percy (Hal Williams) che non fa nessuno
sforzo per nascondere il suo disappunto per la presenza a tavola del bianco Simon (“Ma a New
York, non ci sono più bianchi in circolazione?”). Se Kramer faceva leva sulla psicologia liberal della
coppia Hepburn-Tracy, il regista Sullivan punta su facili gag. Nel momento centrale del film, però, il
regista arriva a presentare la scena dove Simon a tavola racconta barzellette a sfondo razzista, in
risposta a una delle innumerevoli sfide lanciategli da Percy. La scena si tramuta in un gioco
pericoloso che vede Simon incalzare con una barzelletta dopo l’altra fino a raccontare quella
sbagliata, che non è divertente ma razzista. La scena delle barzellette si può considerare in modo
a sé stante in quanto non si unisce armoniosamente col resto della storia: dura troppo, tanto da
creare quasi una cesura nel ritmo della narrazione. La pausa ha consentito a diversi critici di
analizzare la scena a prescindere dal contesto in cui è inserita: da un punto di vista psicologico e
sociologico si può ritenere un interessante esperimento mirante a valutare il livello di
sopportazione di una persona, ma per la commedia diventa deleteria (Morris 2005). Dal punto di
vista contenutistico, poi, si individua un equilibrio interno alla scena che giostra bene i contenuti
scottanti dell’umorismo razziale e per questo si può considerare ben riuscita (Blackwelder 2005). Il
film in fin dei conti non vuole tanto misurare la sopportazione delle persone, quanto prendere in
giro la natura altamente soggettiva tra quello che può essere uno scherzo e un’offesa.
Anche se la tematica centrale del film può sembrare scontata sulla base della trama, il regista
appare un po’ incerto sul modo in cui trattare gli argomenti scelti e così opta per una soluzione
vaga, poco equilibrata e generica che spazia un po’ ovunque, dagli scherzi pesanti, all’imbarazzo,
senza essere incisiva e senza decidere il tono da prendere (Morris 2005; Lowry 2005). In
un’intervista, il regista Rodney Sullivan ha spiegato che “ora […] i neri sono integrati e quelli del
film rappresentano una solida classe media, ma hanno e rivelano, come i bianchi, i loro pregiudizi”
(citato in Grassi 2005): la forza del film sta proprio nell’essere applicabile a qualsiasi gruppi etnico
e sociale in America e non esclusivamente al rapporto tra bianchi e neri, proprio perché i problemi
trattati sono comuni e condivisi. Sotto questo punto di vista il film viene giudicato positivamente
come un
remake spiritoso e abbastanza intelligente che conserva la sua freschezza in un Paese in
cui l’intolleranza non è ancora ed esclusivamente materia da libro di storia e che può
essere di bruciante attualità in Paesi in cui le differenze scatenano rinnovate perplessità e
ansie (Magrelli 2005).
Sebbene i matrimoni interrazziali oggi siano più frequenti di quanto non lo fossero nel 1967, non
sono tuttavia ancora considerati come una scelta ideale dalle famiglie, anche se alla fine la cosa
21
più importante è la felicità del proprio figlio o figlia. Il film è una commedia sui confronti
generazionali, razziali e sociali tra famiglie, figli e fidanzati e oggi, come una volta, ci si chiede se
queste situazioni costituiscano un progresso sociale o un declino culturale. Non si tratta quindi solo
della questione razziale, ma si fa posto anche al problema della fedeltà nei confronti del proprio
coniuge e del legame familiare. In più di un’occasione, infatti, Percy non pare tanto interessato al
fatto che Simon sia bianco quanto piuttosto al fatto che voglia portare via la figlia alla famiglia: non
è tanto prevenuto, quanto iperprotettivo e per questo fa di tutto per tenere separati i due fidanzati
finendo per dormire in cantina con Simon (Morris 2005). Il personaggio di Theresa rappresenta i
neri della middle class integrata, che però, quando torna a casa, deve confrontarsi con tutti i
pregiudizi della sua famiglia che è il ritratto di una famiglia borghese elegante e sofisticata, dove la
madre, oggi come quarant’anni fa, si dimostra più moderna ed aperta.
Inovina chi? funziona abbastanza bene sul livello scelto, focalizzandosi soprattutto sui due
personaggi maschili: un forte uomo nero e un ragazzo bianco che instaurano un rapporto di
reciproco affetto, più vicino alla politica aziendale che a quella razziale. Tuttavia se il film avesse
osato un po’ di più, sarebbe stato più temerario ed apprezzabile, mentre così il risultato è una
fusione di formule da sitcom e soap opera che offrono ai personaggi delle facili vie d’uscita (Ebert
2005). Il messaggio ultimo di questa commedia degli errori è un messaggio di tolleranza, che
mostra come le differenze possono essere superate e l’armonia raggiunta e che aggiorna il
messaggio della precedente versione. Le relazioni interrazziali sono un argomento su cui molte
persone oggi sono meglio informate e più a loro agio, grazie alle loro esperienze quotidiane, di
quanto i film siano pronti ad ammettere.
22
2. Capitolo secondo
Questo capitolo si occupa dell’analisi terminologica di alcune espressioni selezionate da entrambi i
film concernenti il modo di riferirsi e di indicare le varie razze e le persone che vi appartengono. In
particolare sono stati individuati i termini: Black, colored, Negro, nigger e white, che compaiono
tutti nei film in esame. Per ognuno di questi termini si è cercata l’origine e se ne è tracciata per
sommi capi la storia dando particolare attenzione all’utilizzo ed alle modifiche che il termine ha
subìto nel tempo. Nella seconda parte dell’analisi, sono state esaminate le occorrenze dei termini
in entrambe le pellicole, ed è stata calcolata la frequenza delle collocazioni organizzando dei
termini in esame. Il lavoro è stato condotto prendendo come base la versione originale inglese che,
come si vedrà, è quella lessicalmente più ricca; contemporaneamente si è analizzata anche la
versione italiana, prestando particolare attenzione alla traduzione collocazioni di interesse
incontrate al fine di ottenere un’analisi contrastiva delle due versioni. Questa struttura si ripropone
per ogni termine analizzato; le eventuali deviazioni si devono alle particolari esigenze sorte nel
corso dell’analisi. Per una panoramica cronologica di tutte le battute che nei due film sono rilevanti
ai fini dell’analisi contenuta nel presente lavoro, si veda l’Appendice 2.
2.1 Black e Colored
2.1.1. BLACK
Secondo la definizione presente nel dizionario inglese New Oxford Dictionary of English (1998), il
termine black o Black indica
a member of a dark-skinned people, especially one of African or Australian Aboriginal ancestry.
L’utilizzo del termine si fa risalire al XIV secolo e da allora il termine è rimasto di ampio uso in
contesti razziali ed etnici, anche se si riscontra una discontinuità tra le occorrenze più datate e
quelle moderne nei casi in cui una persona non nera faccia riferimento a una persona di colore.
Sebbene il termine non sia mai caduto in disuso, col tempo venne affiancato da altre espressioni
tra le quali, come si vedrà più dettagliatamente in seguito, coloured e Negro (cfr. 2.1.2 e 2.2.1).
Negli Stati Uniti, con il movimento per i diritti civili degli anni Sessanta, black venne scelto dagli
afroamericani per esprimere il senso di orgoglio e di appartenenza ad una particolare etnia,
assumendo lo status di etnonimo fortemente connotato in termini di orgoglio di razza e sostituendo
i termini Negro e coloured, ormai considerati derogatori ed inappropriati. All’insegna dello slogan
“nero è bello”, il movimento black power scelse in modo provocatorio il termine black per
autodefinirsi, un termine che fino a vent’anni prima era fortemente avversato per le associazioni
23
frequenti con cose negative e indesiderate. In questo periodo si afferma inoltre la consapevolezza
che “il linguaggio non è più neutrale” e ogni scelta linguistica viene vista in luce politica (Crisafulli
2004:81).
Nei primi tempi, quando Negro era ancora in auge, Black era ritenuto un peggiorativo di Negro, ma
col passare del tempo andò acquisendo un’importanza crescente a livello mondiale. Negli Stati
Uniti Black è spesso intercambiabile con il termine politicamente corretto più recente AfricanAmerican. Tuttavia Black viene ancora largamente utilizzato e ormai non ha alcun carattere
denigratorio, tanto da restare il termine più diffuso e più accettato anche in Gran Bretagna, anche
se alcuni ancora considerano Black offensivo quando viene utilizzato come sostantivo piuttosto
che come aggettivo. Nella sua evoluzione black, come altri termini quali white, ha acquisito una
variante maiuscola la cui funzione è quella di nobilitarlo.
Il termine Black si riferisce generalmente ad una persona dalla pelle molto scura e proveniente da
una zona equatoriale, come indicato dalla definizione citata in apertura di sezione anche se a conti
fatti, è praticamente impossibile caratterizzare fisicamente una persona nera. Il termine viene
spesso usato nell’Occidente per identificare la razza di persone dalla pelle scura i cui progenitori
erano per la maggior parte indigeni dell’Africa sub-sahariana e le cui caratteristiche differiscono
sensibilmente da quelle delle razze tradizionalmente diffuse in Europa. A partire dal XVIII secolo gli
antropologi si servirono del termine “negroide” per descrivere gli indigeni africani e i loro
discendenti un’espressione che ora però è considerata in parte arcaica ed è stata sostituita nel
mondo anglosassone dal termine Africoid a causa della sua somiglianza con Negro. L’utilizzo di
Black in riferimento ad un gruppo di persone al di fuori dei confini dell’Africa sub-sahariana viene
generalmente accolto con scetticismo o percepito come ingiuria da molti, compresi i membri del
gruppo che il termine intende identificare (Wikipedia 2005).
Nel corso della storia moderna l’essere Black veniva determinato essenzialmente da due fattori,
ossia il colore della pelle e l’aspetto del volto, cui si è aggiunto in tempi più recenti anche un fattore
geografico. L’essere Black è ormai più una questione di discendenza che di aspetto fisico e prova
ne è il fatto che molti individui dalla pelle molto chiara si considerano invece neri.
Vi sono due modi nei quali è possibile utilizzare il termine Black per riferirsi ad una persona, che
dipendono entrambi dal modo in cui l’essere Black viene attribuito al gruppo: per imposizione o per
scelta autonoma. Il primo deriva dal metodo impositivo, che prevede l’opposizione nero vs. pelle
più chiara, ovvero l’imposizione dell’aggettivo Black a gruppi che non sono tradizionalmente neri di
pelle. Questo metodo è stato usato per suddividere i gruppi etnici al fine di creare un sistema
gerarchico di controllo in molte aree colonizzate. Il secondo metodo si definisce “dell’intrinsecità” e
si ha quando una persona o un gruppo si autodefinisce Black per scelta autonoma, o in risposta
24
alla suddivisione imposta del primo metodo, o in virtù del patrimonio culturale condiviso con l’Africa
equatoriale e i luoghi di origine, la schiavitù e le varie esperienze di oppressione: Black è stato
anche un termine imposto da persone dalla pigmentazione più chiara a persone dalla
pigmentazione più scura per sancire la loro superiorità a danno di questi ultimi.
La definizione di una persona nera cambia quindi da regione a regione e da periodo a periodo e
risulta essere controversa e imprecisa così come molti descrittori di razza basati su caratteristiche
fenotipiche imprecise e non scientifiche. Spesso viene imposta a discrezione delle istituzioni non
nere che sono al potere in una particolare nazione o regione. In altri casi il nome diventa sinonimo
di una bassa condizione sociale (Wikipedia 2005).
Passiamo ad esaminare brevemente un altro termine nominato in precedenza, che non conta
alcuna occorrenza nelle pellicole, ma che trova un’alta frequenza d’uso sia in italiano che in
inglese: afroamericano o African-American. Il recente successo di African-American non significa
che il termine sia di altrettanto recente coniazione: African-American ottenne un’improvvisa fama
negli Stati Uniti alla fine degli anni Ottanta, quando diversi leader neri, tra i quali Jesse Jackson, si
fecero promotori del termine come etichetta alternativa per gli americani di origine africana.
Malcom X favorì il termine African-American in quanto offriva una migliore definizione dal punto di
vista storico e culturale rispetto ai termini Negro e black e indicava “gli africani che vivono in
America”. Il termine African-American racchiude in sé dei connotati politici: i termini usati in
precedenza per identificare gli americani di origine africana erano scelti da gruppi bianchi e spesso
comparivano nel testo di diverse leggi e decisioni giuridiche che si trasformarono in strumenti in
mano ai bianchi per l’esercizio della loro supremazia e oppressione (Answers.com 2006). Tra gli
anni Sessanta e gli anni Settanta un numero crescente di neri negli USA, in particolare giovani
manifestò sempre più marcatamente il desiderio di scegliere autonomamente un termine per
autodefinirsi. Inizialmente venne scelto “Afro-American” termine che però non ottenne mai una
grande diffusione e che venne presto abbandonato in favore di African-American che si impose
definitivamente con gli anni Novanta, simbolo della doppia natura americana e africana, un tributo
al fatto di essere neri e di avere legami storici e culturali con il continente africano. Da questa
scelta nasce poi la “moda” di unire due termini “col trattino” (Asian-American, Hispanic-American,
ecc.), unendo in un’unica parola la persona al proprio luogo d’origine o a quello degli antenati. Il
trattino diventa così il simbolo di un programma di assimilazione “economica e politica” che incluse
una differenza “culturale” che è all’origine della comparsa degli “americani col trattino”. Attraverso il
trattino i due processi si riuniscono in una sola persona: la vita spirituale è collocata e racchiusa
dal termine a sinistra del trattino, mentre la parte a destra rende il soggetto simile agli altri
americani nelle attività economiche e politiche, giustificando così l’acquisizione della cittadinanza
(Walzer 1992:32). Il concetto di cittadinanza trova una sua spiegazione in termini strumentali: essa
aveva a che fare con gli ordinamenti che rendevano possibile a gruppi di cittadini di “realizzare e
25
proteggere” le loro diverse culture e di “raggiungere quell’eccellenza a loro appropriata” (Kallen
1924:61).
L’attrattiva del termine African-Amercian è scontata dal momento che esso allude ad un’etnicità
basata sulla geografia, la storia e la cultura, piuttosto che sul colore della pelle. Tuttavia,
diversamente da quanto è successo con la precedente generazione, African-American non è
riuscito a soppiantare black, che ha mantenuto le sue connotazioni positive restando in uso. Una
possibile spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che la campagna a favore del termine AfricanAmerican arrivò in un momento di relativa calma sociale e politica, quando gli americani in
generale e i neri americani in particolare erano meno coinvolti in questioni razziali, come invece
era accaduto negli anni Sessanta (Answers.com 2006).
Per essere considerati African-American negli Stati Uniti non è necessario avere più di metà del
proprio lignaggio di colore. Per lungo tempo la risposta della nazione alla domanda “chi è nero?” è
stata che nera è ogni persona che abbia una discendenza africana conosciuta. Questa definizione
riflette la lunga esperienza col razzismo, la supremazia bianca, la schiavitù e, più tardi, le Jim Crow
Laws1. Nel Sud degli Stati Uniti questa definizione divenne nota come la “regola della singola
goccia” (One Drop Rule), intendendo che bastava una sola goccia di sangue nero perché una
persona venisse considerata nera, diventando poi la definizione riconosciuta a livello nazionale e
accettata, seppur per ragioni diverse, diffusamente sia dai bianchi che dai neri. In particolare i
supremazisti bianchi, la cui motivazione era di tipo razzista, consideravano moralmente e
intellettualmente inferiore chiunque avesse del sangue nero tra i propri antenati. Definire black
chiunque mostrasse di avere caratteristiche riconducibili al lignaggio africano e renderlo quindi
subordinato ai bianchi ha garantito per lungo tempo una fonte di manodopera durante l’epoca della
schiavitù e per molti decenni a seguire (Wikipedia 2006).
African-American, black e in misura minore, Afro-American vengono impiegati oggi in modo
intercambiabile ma il loro preciso significato deve ancora essere stabilito con esattezza. Una
recente ricerca di Sigelman, Tuch e Martin (2005) ha dimostrato, sulla base di interviste, che
coloro che oggi vengono definiti afroamericani nella metà dei casi preferiscono la dicitura black
ribaltando l’idea diffusa della correttezza politica di African-American.
A partire dagli anni Ottanta del XIX secolo, fino agli anni Sessanta del XX, nella gran parte degli Stati Uniti
la segregazione era diventata esecutiva grazie all’applicazione delle Jim Crow Laws: molti stati e città
avevano la possibilità di sanzionare persone che frequentavano persone appartenenti ad un’altra razza. La
dicitura “Jim Crow” non si applicava a tutte le leggi razziali, bensì solo a quelle approvate intorno al 1890 e in
generale nel periodo successivo alla Reconstruction, ovvero il periodo successivo alla sconfitta del Sud nella
Guerra di Secessione. Leggi simili, approvate immediatamente dopo la Guerra Civile, inizialmente si
chiamavano Black Codes e servirono a fornire la base per le Jim Crow Laws del XX secolo. Le leggi più
comuni proibivano i matrimoni misti e imponevano, ad esempio, a locali pubblici e privati di separare la
clientela bianca da quella nera (Randall 2001).
1
26
La prima considerazione da fare alla luce delle occorrenze registrate nelle due versioni del film
riguarda la frequenza del termine black. Nella pellicola del 1967 si registrano solo 5 battute
contenenti il termine riferito a gruppi etnici, escludendo collocazioni come black coffee, che
rappresenta un numero nettamente esiguo se confrontato con le 23 occorrenze registrate 37 anni
dopo per Guess who?. Questo risultato è una prova tangibile del fatto che il termine black con il
passare del tempo sia stato utilizzato sempre più largamente proprio in virtù della sua diffusa
accettabilità. La Tabella 1 mostra le occorrenze totali di black nei due film.
Tabella 1
Guess Who’s Coming to Dinner?
black people
1
blacks
1
black power
2
uso predicativo
1
Guess Who?
black people
blacks
black hope
black man/men
black joke
black girlfriend
black women
black girl
uso predicativo
1
1
1
6
4
2
1
2
5
In funzione di aggettivo e nome, Black è una delle conquiste degli anni Sessanta e dei movimenti
razziali e dai dati forniti si può verificare facilmente come l’uso aggettivale sia preferito a quello
nominale (4:1), un trend che si mantiene e si accentua con gli anni arrivando a 23:1. In entrambi i
film, quindi, blacks (aggettivo sostantivato plurale) viene utilizzato un’unica volta in ciascun film.
Otherwise, your side won't even outnumber the bIacks.
Altrimenti con tanti negri vi trovate in minoranza!
- That ain't no damn hustle.
- That's the white man overbite.You ain't even doing that right.
- Why's it gotta be a white thing? Blacks have overbites, too.
- Non stai facendo l’hustle.
- Non è un hustle. È un bianco imbranato che fa ridere i polli.
- Perché tira sempre fuori i bianchi? Non esistono neri imbranati?
A volte vi è discordanza nell’impiego del termine in funzione aggettivale piuttosto che come
sostantivo, forse perché nel secondo caso il termine può ancora risultare offensivo, il che
spiegherebbe il motivo dello scarso utilizzo dell’espressione nei film.
27
Sulla base delle collocazioni presenti negli esempi è possibile fare delle considerazioni sulle
occorrenze dell’aggettivo black nei due film.
Per Indovina chi viene a cena? si registrano le seguenti occorrenze:
black people
black power
1
2
uso predicativo
1
Per quanto riguarda Indovina chi? si registra invece una varietà notevolmente maggiore di
combinazioni, prescindendo dai 5 casi in cui black è usato come aggettivo predicativo e quindi non
si accompagna a nessun sostantivo. Negli altri casi la collocazione di maggior frequenza è senza
dubbio black man (6 volte), seguito da black joke (4 volte) mentre le altre occorrenze sono molto
meno frequenti come black girlfriend, black woman, black people, black hope e black girl
(quest’ultimo per il parallelismo con white boy).
Come evidenziato in precedenza la forma aggettivale di Black compare ben più spesso in quanto
ha dovuto prendere il posto del sostantivo Negro che, ampiamente usato in Guess Who’s Coming
to Dinner?, era nel frattempo caduto in disuso (cfr. 2.2.1). Dal momento che la questione sulla
correttezza politica di black in funzione sostantivale non è ancora del tutto chiarita, è presumibile
che l’utilizzo di sostantivi testa quali man o people e in generale di sostantivi riconducibili ad una
collettività serva a conferire l’idea di genericità che aveva Negro. Infine in confronto alle occorrenze
di white (cfr. 2.3) si può sostenere che le combinazioni hanno un effetto di genericità e universalità.
Ora, per quanto riguarda la versione italiana delle pellicole, si passerà ad esaminare le scelte
traduttive in entrambe le versioni, tenendo presente che per quanto concerne i termini analizzati, in
italiano non esiste una varietà lessicale paragonabile a quella anglosassone, il che implica che
spesso alcune sfumature dell’originale vengono perdute o quanto meno appiattite.
La prima osservazione riguarda le 5 occorrenze in Indovina chi viene a cena?, dove si è scelto di
rendere black in 4 casi con negro e in un solo caso con nero. La differenza appare chiara anche
solo nell’esaminare black in funzione di sostantivo: nell’originale tradotto con negri, nel remake con
neri. Come si tratterà più ampiamente nella sezione successiva dedicata al termine negro, anche
in italiano c’è stata un’evoluzione nell’accettabilità di certe espressioni che oggi sono
evidentemente più strettamente associate ad insulti razziali di quanto non lo fossero quaranta o
anche solo venti anni fa. La resa del termine in Indovina chi? è inequivocabilmente nero, scelto
nella totalità delle occorrenze così come indiscutibile anche in inglese era la preponderanza di
28
black sugli altri termini. Si può concludere quindi che per l’italiano la traduzione standard di black
sia nero.
Nelle versioni filmiche in italiano, però, si registra una maggiore alternanza tra il sostantivo e
l’aggettivo, con la preferenza del primo in quattro casi. Questa scelta si può motivare in primo
luogo perché in italiano il sostantivo non presenta quella sfumatura di negatività che può avere in
inglese e in secondo luogo perché l’aggettivo qualificativo appesantisce notevolmente la frase,
dovendosi accompagnare sempre ad un sostantivo. Uomo nero, uomini neri, ragazza nera sono le
traduzioni che coprono le varianti inglesi black man, black men, black people, black girl e black
girlfriend, senza tuttavia mantenere una esatta corrispondenza tra il singolare e il plurale, come
dimostra la scelta traduttiva uomo nero per l’inglese black people. Ma non sempre la
corrispondenza si mostra con altrettanta immediatezza come nei casi precedenti: in un caso black
man è stato tradotto con noi, in quanto a pronunciare la battuta è Bernie Mac, evitando così
l’ennesima ripetizione di uomo nero e sottolineando piuttosto il punto di vista del parlante:
I'm trying to figure out where he got all those doggone black jokes. What do white people
do, take a class...sit around and think of new jokes about the black man?
Sto cercando di capire dove ha trovato tutte quelle barzellette sui neri. Che Cosa fanno i
bianchi, fanno un corso in cui si siedono ad inventare nuove barzellette su di noi?
In questa battuta si ritrova anche un’altra “eccezione”, in quanto per tradurre black jokes in italiano
è necessario ricorrere ad una perifrasi perché il significato non è altrettanto trasparente, quanto in
inglese, e la frequenza d’uso dell’espressione è minima. Per la perifrasi si è scelto di adattare la
struttura standard italiana “barzelletta su…” all’espressione in esame.
Riassumendo, nel film in americano e nella sua versione in italiano le funzioni dell’aggettivo black,
escludendo gli usi predicativi, si suddividono in:
Indovina chi?
Guess who?
Aggettivo
9
Aggettivo
18
Sostantivo
5
Sostantivo
1
Perifrasi
5
Infine, si può menzionare un tentativo di compensazione nella traduzione per mezzo di un gioco di
parole:
You can't just walk in on a bunch of angry black women. You'll die.
29
Non puoi piombare in mezzo a un branco di nere incazzate nere. Ci muori.
In questo caso è l’inglese ad essere “piatto” mentre la versione italiana aggiunge un po’ più di
vivacità alla battuta.
2.1.2 COLORED
Colored e colored people sono due termini un tempo comunemente usati in inglese americano per
definire i neri, o meglio le persone di origine africana che vivono nel nord America. Tra gli anni
Cinquanta e Sessanta il termine Colored venne scelto in sostituzione di Negro, ma
successivamente abbandonato al pari di Negro, diminuendo la sua frequenza d’uso dagli anni
Settanta in poi, per la diretta associazione che si faceva tra il termine e l’epoca delle Jim Crow
Laws che discriminavano proprio tra Whites e Colored. Nonostante la connotazione negativa che
gli si può riscontrare oggi, un tempo colored era un termine usato in senso universale proprio negli
Stati Uniti, tanto da venir scelto per il nome di un’associazione nota come NAACP (National
Association for the Advancement of Colored People) (Crisafulli 2004:81).
Il termine fece la sua comparsa in Nord America durante l’epoca coloniale, come dimostra il fatto
che nei primi 12 censimenti americani compariva la voce colored, che nel cinquantennio 19101960 venne però sostituita dal termine negroes. All’origine il termine era riservato a persone di
origine mista africana e caucasica o ai nativi americani. Le persone così definite godevano di uno
status sociale più alto rispetto ai neri, ma col passare degli anni il termine venne impiegato per
riferirsi a tutte le persone di origine africana, senza distinzioni ulteriori, così da essere
comunemente usato per descrivere persone che non avevano la carnagione bianca o un aspetto
“caucasico”.
In sostituzione di Colored people oggi si trova l’alternativa people of color. L’evoluzione
dell’espressione in people of color si deve al termine storico free people of color che indicava
persone di origine africana che, nonostante la schiavitù, potevano vivere in libertà e all’espressione
francese gens de couleur che si riferiva ai discendenti nati liberi dei coloni francesi e degli africani.
Person/people of color è un’espressione a tutt’oggi largamente accettata per indicare le persone o
le minoranza che non sono bianche. Alcuni ritengono che il termine sia altrettanto offensivo quanto
colored, principalmente perché prende i bianchi come punto di partenza e di riferimento dando
credito ad una prospettiva bianca che alimenta le divisioni tra “noi” e “loro”. I sostenitori del termine
sono invece dell’opinione che non ci sia nulla di male a mantenere questo punto di vista in quanto
va riconosciuto che la dominazione sulle altre razze è stata prevalentemente bianca e quindi
30
person of color è un termine sufficientemente generico, a differenza di black person, in quanto
include gruppi che possono anche non avere strettamente origini africane (Wikipedia 2006).
Alcuni fanno fatica ad identificarsi con il termine e sostengono che la parola color fa riferimento
solo ai livelli di melanina e che viene a definire in modo fallace coloro che non sono prettamente
bianchi o coloro che hanno antenati di entrambe le razze.
Il termine colored people, ovvero la versione più antica dell’espressione, ha trovato diffusione
anche nel Regno Unito, con l’adattamento ortografico all’inglese britannico (coloured people), ma
oggi è un’espressione che si sente solo tra le persone più anziane e spesso viene ritenuta
offensiva.
Con il termine person of color si intende una persona nonwhite, e in questo senso viene a
sostituire quest’ultima espressione contenente una negazione (non-), esprimendo lo stesso
concetto in positivo. L’espressione può essere utilizzata anche per definire persone che abbiano
diversi colori di pelle e non solo chi è di origine africana. Infatti, l’espressione che in qualche modo
suona artificiale person of color enfatizza che probabilmente si intende qualcosa di più di colored
person. Tuttavia il fatto che in inglese americano l’associazione del termine colored con black sia
pressoché esclusiva consente di individuare in modo quasi inequivocabile il referente (American
Heritage 1996).
È abbastanza facile individuare una traduzione italiana per il termine colored. (Persona) di colore
in italiano è un termine che si usa, in misura minore, come variante o sinonimo di “nero”, ma che
oggi si sente sempre meno per vie dell’adozione del termine politicamente corretto afroamericano.
Nei casi rilevati nelle pellicole in esame spicca da subito la totale assenza del termine of color. Per
quanto riguarda invece colored si registrano alcune occorrenze nella versione del 1967 mentre
manca totalmente nella versione del 2005. Questo indica che ormai colored viene effettivamente
considerato obsoleto ed allo stesso tempo of color risulta troppo generico se paragonato ad altri
termini più comuni per indicare le persone di colore. L’assenza di quest’ultima espressione nella
versione originale dei film si spiega alla luce del fatto che all’epoca era proprio colored ad essere
largamente usato senza varianti di sorta.
[…] but don't ever faII in Iove with a coIored man.
[…] però non ti innamorare di un uomo di colore.
In questo esempio colored man viene utilizzato per indicare genericamente le persone di colore ed
è significativo che siano state scartate alternative quali Black person o Negro, quest’ultima
31
ampiamente usata nei dialoghi, segno che colored era proprio percepito come generico e scelto
quando si doveva fare qualche astrazione o generalizzazione.
In Guess Who’s Coming to Dinner? il termine viene utilizzato 8 volte in occorrenze come colored
girl, colored fellow, colored man, colored kids e colored people, ma con frequenza molto ridotta. Si
registrano infatti le seguenti collocazioni:
Colored Girl
2
Colored Fellow
1
Colored Man
2
Colored Kids
1
Colored Mailman
1
Colored People
1
Se le scelte lessicali con colored si confrontano con le occorrenze di Negro (2.2.1) si può notare
come in realtà l’utilizzo di colored sia più neutrale, limitato a descrivere le caratteristiche esteriori
della persona con un leggero accento sul fattore età; Negro risulta invece connotato
negativamente, o comunque pare legato a situazioni negative o per lo meno non positive,
nonostante il suo impiego all’epoca fosse attestato e accettato.
Le scelte traduttive fatte per le battute nella versione italiana, confermano la tendenza a scegliere
l’espressione di colore per rendere l’inglese colored, scelta fatta in 5 casi su 8; per 2 di queste 5
traduzioni si è scelto però di eliminare il sostantivo che si accompagna all’aggettivo inglese,
unendolo direttamente al verbo essere. Nei 3 casi rimanenti, invece, si è optato per una traduzione
con negro o negra, in linea con le abitudini dell’epoca.
Un’eccezione a quanto detto sopra in merito all’assenza totale del termine dall’edizione del 2005 si
registra nella colonna sonora di Guess Who? dove appunto compare colored, ma questa
eccezione è giustificata se si considera il periodo a cui risale la canzone, ovvero qualche decennio
prima.
Take a walk on the wild side
And the colored girls go
doo do doo do doo
Com’è noto, la colonna sonora di un film contribuisce alla sua buona riuscita e ne completa il
messaggio, riempiendo silenzi, comunicando pensieri, emozioni, paure e tutto quello che gli attori
non esprimono nelle battute, a volte addirittura commentando l’accaduto quasi fosse una voce
fuori campo. La musica può essere sempre presente, anche e soprattutto nei momenti più intensi,
32
e con essa i testi delle canzoni. In alcuni casi la musica diventa centrale per rafforzare un
messaggio, tanto che gli attori tacciono lasciando parlare la voce dei cantanti.
Purtroppo queste sfumature vengono irrimediabilmente perdute nelle versioni doppiate dei film, in
quanto le canzoni vengono risparmiate da qualsiasi intervento traduttivo, sia esso doppiaggio o
sottotitolaggio (tranne in casi particolari come i musical dove sono le canzoni stesse a fungere da
battute).
Il pubblico italiano è abituato a considerare la colonna sonora di un film semplicemente come
musica “bella” o “brutta”, più o meno famosa, che accompagna alcune scene o riempie silenzi in
attesa del prossimo scambio di battute. Se consideriamo poi che al pubblico italiano i film vengono
presentati in una versione per la cui comprensione è richiesta una semplice attività di ascolto
passiva, è facile immaginare che nei momenti musicali il cervello rimane ‘inattivo’. Solo una minima
percentuale di spettatori compirà lo sforzo di seguire il testo delle canzoni proposte, attività che
richiede una buona competenza linguistica per tutte le operazioni di adattamento ritmico e
musicale che la lingua subisce quando viene trasformata in testo di canzone.
She was black as the night
Louie was whiter than white
Danger…
Nell’esempio qui riportato la scena, tratta da Guess who?, si svolge in macchina, dove siedono
solo Simon e Percy. Il primo viene accompagnato in albergo da Percy, dopo un episodio
sconveniente. Per riempire il classico silenzio imbarazzato, Jones accende la radio. La prima
stazione sta trasmettendo la canzone Brother Louie di Stories. La canzone racconta una storia
simile a quella che stanno vivendo i protagonisti, anzi, tranne per qualche dettaglio, si potrebbe
dire identica.
Le strofe (ritornelli esclusi) sono:
She was black as the night
Louie was whiter than white
Danger, danger when you taste brown sugar
Louie fell in love overnight
Nothing bad, it was good
Louie had the best girl he could
When he took her home
To meet his mama and papa
Louie knew just where he stood
Then he stood in the night
Knowing what’s wrong from what’s right
He took her home to meet his mama and papa
Man, he had a terrible fight
Louie nearly caused a scene
Wishin’ it was a dream
Ain’t no difference if you’re black or white
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Brothers, you know what I mean
Inizialmente Jones non pare accorgersi della canzone, che viene invece ascoltata con evidente
disagio da Simon. Non appena la cosa diventa chiara anche per Jones, la canzone viene interrotta
all’inizio del terzo verso. Poiché si tratta di una famosa canzone degli anni Settanta, è probabile
che entrambi ne conoscano il seguito, il che la rende ancora meno adatta al momento. Cambiando
stazione, capitano nel mezzo di un’altra canzone proprio nel momento del ritornello: Walk on the
Wild Side di Lou Reed. Questa canzone riprende l’episodio accaduto poco prima a casa di Percy,
dove Jones, entrando inaspettatamente in camera della figlia, ha trovato Theresa in atteggiamento
equivoco con Simon, che indossava della lingerie sopra i vestiti. Nella discussione successiva con
i genitori di lei, Simon precisa di non essere un travestito (cross-dresser), ma questo non dissuade
Percy dal voler mandare Simon in albergo. La seconda canzone parla appunto di un travestito e
viene presa dall’ultimo verso della terza strofa e interrotta qualche secondo dopo dalla chiusura
della radio accompagnata da sguardi eloquenti da entrambe le parti.
Le prime strofe della canzone sono:
Holly came from Miami f.l.a.
Hitch-hiked her way across the u.s.a.
Plucked her eyebrows on the way
Shaved her leg and then he was a she
She says, hey babe, take a walk on the wild side
Said, hey honey, take a walk on the wild side
Candy came from out on the island
In the backroom she was everybody’s darling
But she never lost her head
Even when she was given head
She says, hey babe, take a walk on the wild side
Said, hey babe, take a walk on the wild side
And the coloured girls go
Doo, doo, doo, doo, doo, doo, doo, doo
Riassumendo: dall’analisi dei due termini oggetto della presente sezione, è possibile dimostrare
che il termine black ha registrato un notevole incremento d’uso e che la sua traduzione si è
modificata nel corso del tempo, mentre il termine colored è scomparso, teoricamente sostituito
dalla variante person of color, che al lato pratico viene usata con molta parsimonia nel linguaggio
di ogni giorno.
2.2 NEGRO e NIGGER
2.2.1 NEGRO
34
Per quanto riguarda l’inglese, il termine negro viene definito dal New Oxford Dictionary
(1998:1241) come
A member of the dark-skinned group of peoples originally native to Africa south of the
Sahara.
Il termine è entrato nella lingua inglese attraverso lo spagnolo e il portoghese, anche se la sua
origine è latina (niger, nero), e si usava per indicare africani dalla pelle scura. Le prime
occorrenze registrate in inglese risalgono alla metà del XVI secolo; inizialmente era usato in
senso lato ed includeva anche Mori e Berberi dal Nord Africa (Wikipedia 2006). Il termine rimase
in voga dal XVII al XIX secolo e all’inizio del XX secolo era ancora nel vocabolario di due dei più
importanti autori afroamericani, W.E.B. Du Bois e Booker T. Washington, ed era considerato il
termine corretto per definire gli afroamericani nonché gli schiavi liberati e non. Nel 1930 seguendo
l’esempio del New York City Board of Education, anche The New York Times cominciò a servirsi
della variante maiuscola del termine. Negro con l’iniziale maiuscola venne accolto con favore in
sostituzione di nigger che, per quanto avversato, aveva continuato ad essere utilizzato sin dai
tempi dello schiavismo. Il termine Negro venne ampiamente usato negli USA fino agli anni
Sessanta ma, con l’affermarsi del movimento Black Power, negro e i suoi derivati vennero
abbandonati a favore di black, scelto come espressione del racial pride (orgoglio di razza). Oggi
negro è accettato solo se utilizzato in un contesto storico o se compare nel nome di qualche
organizzazione di antica fondazione (es. United Negro College Fund): è un termine antiquato,
utilizzato per lo più dalle generazioni precedenti al baby boom del secondo dopoguerra, e
altrimenti considerato offensivo in inglese sia britannico sia americano.
Per quanto riguarda l’italiano, il dizionario italiano De Mauro (2000) definisce negro
[…] chi appartiene alle diverse razze del ceppo negroide, originarie del continente
africano, caratterizzate da pelle scura, naso largo e schiacciato, capelli crespi, labbra
pronunciate (il termine talvolta è avvertito o usato con valore spreg. e sostituito da
nero).
In italiano il termine ha oggi potenzialmente una connotazione negativa e addirittura offensiva. A
conferma della natura se non altro controversa di negro in italiano, la Corte di Cassazione nel
dicembre 2005 ha emesso una sentenza clamorosa secondo la quale dire “sporco negro” non era
necessariamente da considerare un’ingiuria aggravata a sfondo etnico o razziale, salvo poi
confermare il carattere discriminatorio dell’epiteto nell’aprile successivo. In entrambe le lingue
oggi accade di rado che il termine venga pronunciato in una conversazione se non con un preciso
35
intento ingiurioso, con alcune eccezioni. In inglese, infatti, si sono evolute alcune varianti del
termine come “Nigga” che, se usato da membri della comunità afroamericana, assume un tono
scherzoso. La versione del 2005 Guess who? (Indovina chi?) dimostra tuttavia una scarsa
frequenza d’uso della parola dato che nel film non compare nemmeno una volta, né nella
versione inglese, nè tanto meno in quella italiana.
Le scelte terminologiche sono invece diverse nella versione del 1967 Guess Who’s Coming to
Dinner?, dove il termine in questione viene utilizzato per ben sei volte. C’è da notare come le
occorrenze siano concentrate in soli due momenti del film, ovvero nella scena in cui Joanna
presenta il futuro marito a sua madre, prima, e a suo padre, poi, e nella scena finale del monologo
di Matt di fronte agli ospiti riuniti. Si crea quindi una struttura circolare che nell’ultima scena, che
ufficializza l’approvazione dei genitori, riprende il termine usato dalla figlia al momento delle
presentazioni.
È particolarmente interessante notare come nelle battute dove compare, il termine si accompagni
costantemente a delle negazioni (it never occurred to me that I might fall in love with a Negro; […]
telling me that Negroes would never be able to play baseball; unless, of course, his daughter
happened to be a Negro, too) oppure a dei termini dalla connotazione negativa (the fact he’s a
Negro and I’m not creates a serious problem; you’re gonna faint because he’s a Negro). In tutti
gli esempi il sottotitolaggio conferma la scelta della maiuscola per la versione inglese, come del
resto prescrivono i dizionari. La versione italiana del film del ’67, invece, non contempla l’uso della
maiuscola, per cui in tutte e sei le occorrenze Negro [‘ni:grəυ] viene tradotto con negro.
A differenza di quello che accadeva in America, il termine in italiano continuò a venir usato
correntemente fino agli anni Ottanta in modo non dispregiativo. A partire dagli anni Novanta,
invece, è stato sostituito da “afroamericano” che risulta più politically correct. A conferma che
anche per il pubblico italiano degli anni Sessanta non ci fossero particolari obiezioni all’utilizzo del
termine, tanto che un libro pubblicato in Italia proprio nel 1967 reca come titolo Black Power –
Potere Negro e al suo interno l’aggettivo negro è usato con grande frequenza.
Il film nella versione originale si colloca proprio negli anni Sessanta, il decennio del Black Power
Movement che ha portato ad una mutata accettazione di determinati appellativi. L’evoluzione del
linguaggio appare evidente considerando la versione più giovane di quarant’anni, dove certi
termini sono invece accuratamente evitati.
La variazione di accettabilità di certe espressioni non si accerta solo attraverso il confronto tra le
due pellicole. Consideriamo ad esempio alcuni titoli di saggi sul cinema afroamericano. Titoli
risalenti alla seconda metà degli anni Quaranta recavano come titolo The Negro in Film (1948)1 e
1
NOBLE P. (1948) The Negro in Film, London, Skelton Robinson.
36
The Negro in Hollywood Films (1950)1, ma basta aspettare una ventina d’anni per vedere il
termine scomparire e venir sostituito da black, come in Blacks in American Films (1971)2, o Black
Images in American Films, 1896-1954 (1982)3, o più recentemente, Blacks in Hollywood (1992)4
che, come Representing Blackness (1997)5, conferma l’affermarsi di black come alternativa. Un
altro utile strumento a questo fine viene offerto dalle recensioni critiche. Prendiamo in ad esempio
le recensioni dei due film in questione scritte da Roger Ebert del Chicago Sun-Times, la prima
risalente al 25 gennaio 1968, mentre la seconda al 25 marzo 2005. Per recensire Guess Who’s
Coming to Dinner? Ebert impiega per ben sei volte il termine Negro riferendolo ai vari personaggi
(dalla maid al suitor) senza tuttavia alcune intenzione denigratoria. Per lo pseudo-remake invece,
sceglie per due volte il composto African-American e per diverse altre il termine black, che nella
recensione precedente non compariva nemmeno una volta.
2.2.2 NIGGER
Di derivazione latina, il termine nigger è forse il termine più controverso della cultura americana: a
oggi è il peggiore insulto che si può rivolgere ad un Afro-Americano perché richiama la condizione
di schiavitù per affrancarsi dalla quale sono stati necessari non pochi sacrifici.
Il dizionario Webster (1996:856) lo definisce:
a black person or a member of any dark-skinned people; usually taken as an offensive
term of contempt or racial slur.
The New Oxford Dictionary of English (Oxford 1998:1252) aggiunge che si tratta di un termine di
derivazione spagnola (negro), naturalmente imparentato con il latino niger. Il primo utilizzo risale
al XVII secolo in funzione di aggettivo per definire comunemente una persona di colore, in
particolare negli stati schiavisti del Sud degli Stati Uniti, ma già dall’inizio del XIX secolo aveva un
forte carattere offensivo proprio perché ricordava la condizione di schiavitù dei neri. Negli Stati
Uniti il termine è stato usato abbastanza liberamente sia da bianchi che da neri sino al movimento
per i diritti civili degli anni Sessanta. Oggi resta una delle parole razziali più denigratorie in
inglese, specialmente se pronunciata da persone non di colore, per indicare individui dalla pelle
scura, in particolare di origine africana per i quali si utilizzava anche negro. Quest’ultimo col
tempo è diventato un termine usato nel registro adottato dalle persone istruite, mentre nigger è
1
JEROME V.J. (1950) The Negro in Hollywood Films, New York, Masses & Mainstream.
MAPP E. (1971) Blacks in American Films: Today and Yesterday, Metuchen, NJ, Scarecrow Press.
3
NESTEBY J. (1982) Black Images in American Films, 1896-1954,. New York, Lantham.
4
HILL G. & MOON S. (1992) Blacks in Hollywood. Five Favorable Years in Film & Television, 1987-1991,
Los Angeles, Daystar Publishing.
5
SMITH V. (1997) Representing Blackness. Issues in Film and Video, New Brunswick, NJ, Rutgers,
University Press.
2
37
stato via via relegato alle conversazioni volgari. Gran parte delle persone di colore ha da sempre
associato il termine nigger alla supremazia bianca, al razzismo, alla violenza e all’oppressione,
per cui si tratta di un termine legato ai concetti di esclusione e discriminazione.
Indipendentemente dalla funzione grammaticale (nome, verbo o aggettivo) esso contribuirebbe a
rafforzare lo stereotipo di una nullità pigra, stupida, sporca e senza valore. Nel corso di tutta la
storia della questione razziale in America (dalla schiavitù, alle Jim Crow Laws, al razzismo
istituzionalizzato), la parola non si è scrollata di dosso la sua valenza di pregiudizio contro i neri, e
continua a sopravvivere anche grazie al fatto che sono gli stessi insultati a farne uso anche se, se
è un nero a pronunciarla, risulta molto meno offensiva.
Questo nuovo uso da parte di persone di colore si è aggiunto negli ultimi anni ed ha trovato la sua
diffusione grazie alla commercializzazione della musica hip hop a livello internazionale. La nuova
accezione prevede un uso del termine entro i confini dell’etnia stessa per manifestare un senso di
appartenenza e affettuosità e trova largo impiego tra la gioventù afroamericana. Se si prescinde
da quest’ultimo aspetto, tuttavia, le implicazioni razziste racchiuse nel termine sono così marcate
da aver reso la parola un tabù sociale, tanto che ci si serve di diversi modi eufemistici o censurati
per farvi riferimento (“the N-word”, “n____”, “n*gg*r” ). Il carico semantico e le implicazioni del
termine sono tali che alcuni network hanno applicato la censura anche retroattivamente a film e
programmi televisivi del passato, indipendentemente dalla funzione che l’espressione ricopriva
nel contesto. Si pensi anche all’editoria, ad esempio al racconto di Agatha Christie Dieci piccoli
indiani (Ten Little Indians) che, all’epoca della sua prima pubblicazione (1939), era intitolato Ten
Little Niggers1. La parola nigger compariva spesso anche nel titolo di brani musicali della prima
metà degli anni Venti. Nonostante gli sforzi, nigger persiste tenacemente nella letteratura, nei
dibattiti politici, nel cinema e nella cultura popolare degli Stati Uniti.
La forma del black speech afroamericano nigga, affermatasi con gli anni ’90, viene impiegata dai
rapper come ‘ribellione’ alle norme, ma è un uso concesso solo all’interno della comunità stessa,
non tra bianchi e neri. Come nota Crisafulli (2004:82), in questo caso il termine sta attraversando
un processo di risemantizzazione, dal momento che non viene inteso come un insulto ma come
un segno di appartenenza ad una determinata comunità – un fenomeno vicino a quello
dell’inversione semantica. La scelta di puntare ad un ribaltamento nella connotazione del termine
racchiude anche dei fini chiaramente politici, perchè ha come scopo
l’inversione delle abitudini linguistiche dominanti iniettando nel linguaggio un antidoto
contro il veleno del razzismo (Crisafulli 2004: 83),
anche se nigger
1
CHRISTIE A. (1939) Ten Little Niggers, Glasgow, William Collins Sons & Co. Ltd.
38
è divenuto paradigmatico della condizione abbietta in cui vivono i gruppi umani più
sfortunati. (2004:80)
In forma di insulto il termine è stato applicato anche a popoli che poco hanno a che fare con il
passato dei neri d’Africa e d’America. Crisafulli riporta come esempi gli epiteti indirizzati ad arabi
(sand niggers, negri del deserto), irlandesi (the niggers of Europe, i negri d’Europa) e palestinesi
(the niggers of the Middle East, i negri del Medioriente). Secondo Middleton e Pilgrim, nigger è
senza dubbio l’insulto razzista più comunemente usato in occasioni di manifestazioni d’odio
razziale.
Non c’è minoranza americana che ha al suo attivo una lunga serie di caricature così varia come i
neri, costituite da descrizioni fisiche distorte e stereotipi sia cultuali che comportamentali. Un
esempio per tutti è la caricatura del Coon, un nero con dei tratti fisici e somatici esasperati che si
atteggia a buffone e che serviva a giustificare la discriminazione in ambito sociale, economico e
politico. Nigger si può quindi considerare un iperonimo, un umbrella term, comprendente tutti gli
insulti diretti a gruppi più ristretti della popolazione di colore (Coon, Buck, Tom, Mammy, Sambo,
Picninny etc).
Se si considerano invece gli studi sul termine nigger utilizzato da persone di colore si verifica che
il termine può avere svariati referenti: tutti i neri, i neri maschi, neri che si comportano in maniera
stereotipata, alcuni specifici modi di agire, oggetti, nemici o amici. Secondo coloro che ne fanno
uso, il significato del termine appare chiaro soltanto se considerato nel contesto specifico di
occorrenza e la ripetizione del vocabolo contribuirebbe a renderlo meno offensivo (Palmore
1962). Middleton e Pilgrim (2001) oppongono a questa visione la tesi secondo la quale Brother (o
Brotha) e Sister (o Sista) sarebbero espressioni da considerarsi affettuose, ma non nigger, che
resterebbe una forma di irriverenza e la motivazione va fatta risalire alla dicotomia tra Blacks (o
African American) e niggers, i primi visti come rispettabili esponenti della classe media e i secondi
come esponenti delle classi più basse e quindi non degni di particolare attenzione. La rinascita
del termine ha fatto sì che esso venisse inserito di proposito in copioni di film come Pulp Fiction
(1994), Jackie Brown (1997) e Training Day (2001). Nel primo caso, tuttavia, la scelta ha sollevato
alcune polemiche perché Quentin Tarantino, a detta di Spike Lee che peraltro ha fatto uso dello
stesso termine nelle sue pellicole, si sarebbe preso delle libertà che normalmente sono concesse
ad un afroamericano e non ad un bianco.
Come era facile aspettarsi, quando andiamo ad analizzare Guess Who’s Coming to Dinner? e
Guess who? la versione del 2005 non presenta nessuna occorrenza del termine. Nell’originale,
invece, quasi stupisce trovarsi di fronte ad un personaggio che pronuncia la fatidica parola. Prima
di addentrarci nell’analisi puramente linguistica, merita cercare di contestualizzare lo scambio di
39
battute. La scena si svolge a casa Drayton, nella stanza degli ospiti, dove il dott. Prentice si sta
cambiando. La domestica, Tillie, entra in camera soprendendolo a torso nudo. Il dottore, colto di
sorpresa, afferra la camicia e la tiene stretta al petto per coprirsi, ma la domestica non ha alcuna
intenzione di scusarsi, anzi lo squadra con aria truce. Il dottore saluta e lei gli si avvicina
minacciosa. Alla provocazione della domestica il dottore risponde con una battuta cercando di
sdrammatizzare, ma questo non fa altro che infervorare ancora di più Tillie che, come si scopre
dalle battute successive, teme fortemente che il dottore possa in qualche modo ferire Joanna, da
lei cresciuta sin dalla culla e a cui è chiaramente molto legata.
Dr. Prentice:
How do you do, Miss Binks?
Tillie:
I got somethin' to say you, boy. Just exactly what you’re tryin’ to pull here?
Dr. Prentice:
I’m not trying to pull anything. I was looking to find me a wife.
Tillie:
Ain’t that just likely! You wanna answer me something? What kinda doctor you
supposed to be anyhow?
Dr. Prentice (laughing): Would you believe horse?
Tillie:
Oooh! You make with witticisms and all, huh? But you ain't foolin’' me for a minute. I
see what you are. You're one of those smooth-talkin', smart-ass niggers just out for
all you can get, with your black power and all that other troublemakin’ nonsense.
Dott. Prentice:
Salve, miss Binks.
Tillie:
Senti, io devo dirti una cosa giovanotto. Si può sapere cosa diavolo stai rimestando
qui?
Dott. Prentice:
Io non sto rimestando niente. Sto cercando di prendere moglie.
Tillie:
Ah, ti piacerebbe, vero? Dì un po’, dimmi una cosa. Si può sapere che razza di
dottore sei? Avanti!
Dott. Prentice (ridendo): Dottore dei cavalli.
Tillie:
Ci permettiamo anche di fare dello spirito eh? Riuscirai a prendere in giro loro ma a
me non mi prendi in giro. Credi che non sappia chi sei. Tu sei uno di quegli
imbroglioni e furbacchioni di negri sempre a caccia di scemi col vostro potere negro
e tutte le altre balle del genere.
È significativo che per l’unica volta in cui compare nigger, si sia scelto di far pronunciare il termine
alla domestica, una donna di colore. Il copione prevede che Tillie aggredisca verbalmente il
dottore in un estremo tentativo di difendere la cerchia dei suoi affetti dalla minaccia costituita dal
possibile ingresso in famiglia del dottor Prentice. La scelta è quanto mai azzardata, se si
considera l’impostazione cordiale e assai formale nei rapporti tra i personaggi, come spicca nella
versione italiana, dove il pronome personale di forma plurale you viene costantemente tradotto
con loro. Ma lo è ancora di più se teniamo conto della posizione sociale dei due personaggi. L’uno
40
è un dottore affermato e in carriera, assolutamente rispettabile e autorevole nel suo campo, l’altra
è una domestica, quindi di classe medio-bassa, che vive almeno da una ventina d’anni in una
famiglia dove è rispettata e dove ha costruito una cerchia di affetti e che è disposta a tutto per
preservare l’equilibrio nei rapporti familiari. Lo scontro quindi avviene tra membri di classi sociali
diverse e lontane. L’unico elemento che li accomuna, creando un legame che va al di là dei
condizionamenti sociali, è il colore della pelle, l’appartenenza etnica, quindi. Da parte di Tillie
emerge qui chiaramente come per lei questo aspetto prevalga su qualsiasi altro fattore sociale. In
quel momento sta parlando con “uno dei suoi”, meno ancora di un suo pari, perché in questo caso
Tillie ha a suo vantaggio anche la differenza di età e l’autorità che ne deriva. Per questo non si fa
scrupoli ad apostrofare e minacciare il dottore se le sue intenzioni non dovessero rivelarsi oneste.
Ma in realtà non se la sta prendendo solo con il dottore in quanto Prentice: se la prende con lui in
quanto rappresentante delle nuove generazioni che stanno facendo valere i loro diritti, nei
confronti delle quali Tillie esprime un mal celato scetticismo, e che agli occhi della domestica
stanno abituandosi a prendere le cose troppo alla leggera, un fatto secondo lei confermato dal
tentativo da parte del dottore di rispondere in modo umoristico. La diffidenza della domestica
deriva in primis dal fatto che ritiene impossibile che un nero riesca a fare così tanta carriera da
diventare un dottore famoso collaboratore delle Nazioni Unite, come dimostra la sua domanda
(What kinda doctor you supposed to be anyhow?): per lei non può quindi che trattarsi di un
imbroglione che mira soltanto a sposare Joanna.
Venendo alle considerazioni puramente linguistiche, possiamo dire che, sebbene in questo caso
manchi certamente l’intenzione bonaria che il termine assume in certe occasioni, tuttavia non si
può nemmeno parlare di vero e proprio razzismo visto che è una persona di colore a
pronunciarlo. Si è trattato di una scelta accurata dato che, a parte il dottore e i suoi genitori, i
personaggi di colore, soprattutto negli ambienti intorno a casa Drayton, non sono ben delineati. A
Tillie invece è riservato uno spessore particolare: è una presenza costante nel film e, anche se
sembra che le sue mansioni siano limitate a preparare la cena e imbandire la tavola, questo non
le impedisce di esprimere le sue opinioni in modo esplicito e il copione le offre gli spazi per farlo.
Nella versione italiana la portata della battuta viene a perdersi, non esistendo altrettante varianti
per lo stesso termine, nè tantomeno simili sfumature nel significato. Così la resa italiana ha
“appiattito” nigger al “negro” che era già stato incontrato diverse altre volte come traduzione di
Negro (cfr. 2.2.1), anche se a contribuire alla sfumature ci pensa l’intonazione, non certo cordiale
come lo era in altri casi. Sebbene vi sia una carenza nel lessico italiano sotto questo aspetto, è
innegabile che, con gli occhi di oggi, le scelte terminologiche di Negro e nigger sono delle scelte
forti, che anche all’uscita del film sono apparse cariche di significato. Naturalmente il tempo ha
arricchito di sfumature i due termini facendone evolvere il significato e rendendone a volte difficile
41
un’interpretazione univoca (per es. Nigga derivato sia da Negro che da nigger). Se in un certo
senso sono stati fatti dei progressi per superare lo scoglio del razzismo a livello linguistico,
restano sempre delle ambiguità interpretative e divergenze di opinione per ora inconciliabili.
2.3 White
White è una delle numerose metafore comunemente usate per riferirsi alle razze e quindi per
classificare le persone. Anche se letteralmente implica una carnagione chiara, white è stato usato
in vario modo nei diversi momenti storici; tuttora la definizione del termine è imprecisa e non ha
uno standard condiviso: negli Stati Uniti spesso gli ispanici sono stati esclusi a priori, mentre non è
chiaro se white comprenda anche gli americani di origine medio-orientale o nord africana. Secondo
le statistiche questi gruppi sono comunque white, ma l’etichetta è solo una magra consolazione in
quanto poi al lato pratico sono spesso esclusi dalla struttura della società americana. Al contrario
in Europa, in Canada e in Australia non sono quasi mai considerati white, né dalla società in
generale, né dalle istituzioni, ma piuttosto vengono considerati come minoranze etniche.
Un uso pre-moderno del termine può quindi non corrispondere ai significati che il termine ha oggi:
nel XVII secolo nei loro viaggi verso l’Asia, gli europei usavano il termine white per le persone che
incontravano, senza che all’epoca il termine avesse connotazione alcuna.
Quando gli europei colonizzarono le Americhe e altre parti del mondo, si trovarono a stretto
contatto con altre popolazioni, e il termine white ed altri termini relativi alla colorazione della pelle,
come black, brown, yellow, vennero usati sempre più di frequente ma senza designare nessun
gruppo in particolare. Gli aggettivi Black e brown venivano usati per i popoli aventi la pelle più
scura rispetto agli europei.
Tra il XIX e il XX secolo anche gli immigrati irlandesi e italiani vennero aggiunti alle file dei whites
al loro arrivo in America. Il termine white era stato ampiamente usato all’epoca delle Jim Crow
Laws in contrapposizione al termine Colored ed era un termine riconosciuto dalla legge che
etichettava la persone dell’Europa nord-occidentale come white e gli afroamericani come colored.
Per stabilire l’appartenenza di una persona ad un certo gruppo etnico si ricorse alla One Drop
Rule, utilizzata per stabilire se una persona avesse dei antenati di colore, al fine di classificarla
come colored alla presenza anche di una sola goccia di sangue non bianco, ed impedire così i
matrimoni interrazziali. In tempi più recenti si è fatto strada anche il termine light-skinned, che
viene tradotto con “dalla pelle chiara” e che dovrebbe considerarsi un iperonimo di white, anche se
a volte non c’è accordo sulla differenza tra le due espressioni (Wikipedia 2006).
42
La denotazione del termine white si è modificata nel tempo e anche a seconda dell’area
considerata. Negli Stati Uniti generalmente si applica a persone che discendono da europei o che
hanno i tratti somatici simili a quelli europei e si usa come sinonimo di Caucasian. Stando a questa
definizione, le aree del mondo che si considerano a maggioranza bianca comprendono tutti i paesi
europei, così come l’Argentina, l’Australia, il Canada, la Nuova Zelanda, gli Stati Uniti e l’Uruguay.
Il termine white si usa in rapporto ad altri termini che descrivono il colore della pelle, come black.
Sono termini che erano comunemente usati all’inizio del XX secolo quando gli storici ed etnografi
tentavano di descrivere la storia dell’umanità attraverso la linguistica. Sebbene white sia il termine
di gran lunga prevalente nelle conversazioni casuali, tende a scomparire in ambito accademico e
nelle discussioni formali sulla demografia delle razze.
L’ampio impiego del termine white a volte viene criticato da coloro che sostengono che esso sia
troppo vago, tanto da privare i vari gruppi dei propri connotati etnici, così come non mancano le
citriche all’interno della comunità black per lo stesso motivo.
Come è stato accennato in precedenza, negli Stati Uniti il modo di intendere il termine white a
livello non governativo, ovvero al di fuori delle statistiche, a livello colloquiale e sociale, differisce
dalla definizione ufficiale. Il censimento più recente degli Stati Uniti (US Census 2000) definisce la
razza bianca in modo piuttosto ampio:
the term White refers to people having origins in any of the original peoples of Europe, the
Middle-East, or North Africa.
Le disparità tra la definizione comune del termine e i parametri ufficiali usati a livello governativo
costituiscono un segnale del divario che intercorre tra la percezione comune del termine e quella
ufficiale. In Europa il termine white come indicatore di razza non viene più usato, in quanto
considerato obsoleto. In America la definizione di un individuo o addirittura di intere nazioni come
white o non white spesso dipende dall’aspetto fisico del soggetto, anche se in realtà l’aspetto “da
bianco” di una persona dipende da un giudizio altamente soggettivo. Naturalmente è difficile
discernere le percezioni sociali da quelle fisiche perché collegate e dipendenti tra loro. Le
differenze tra le definizioni sociali e fisiche del termine white possono spiegarsi mediante
l’identificazione di white con la comunità dominante o il gruppo che si oppone all’”altro” e al
“diverso”. Negli Stati Uniti la coscienza bianca fu inizialmente incoraggiata nel XIX secolo per
contribuire al mantenimento di un sistema di caste e di controllo del lavoro e, successivamente,
all’inizio del XX secolo, la definizione di white venne estesa così da includere gli europei del Sud e
dell’Est (Wikipedia 2005).
L’”essere bianco”, cioè il concetto di whiteness, racchiude una serie di conoscenze, ideologie,
norme e pratiche particolari che sono state costruite sulla storia delle colonie americane e degli
43
Stati Uniti con radici nella storia europea. Queste conoscenze, norme, ideologie e pratiche
influiscono sul modo di pensare alla razza e su ciò che si vede osservando certe caratteristiche
fisiche, sul modo il cui si costruisce la propria identità razziale e su come si agisce nel mondo.
Tutta una serie di istituzioni contribuisce poi al mantenimento della whiteness, che dal canto suo è
un concetto in continua evoluzione che risponde alle sempre diverse forze sociali. In ultima analisi,
l’”essere bianco” serve a mantenere la posizione come elite bianca dominante che trae benefici dal
lavoro delle altre persone bianche e di colore. Molti sono d’accordo nell’affermare che
l’oppressione razziale è un elemento chiave per la whiteness e che, come gruppo, i bianchi
traggono un beneficio sproporzionato dalla razza e dalla gerarchia di classe che preservano
(Helfand 2001).
Esaminando il modo in cui viene utilizzato il termine nei film oggetto di studio, la prima
considerazione riguarda ancor una volta la traduzione standard del termine, ovvero bianco. Per
l’italiano si evita qualsiasi altra versione o perifrasi come “dalla pelle chiara”, una possibile
traduzione di light-skinned. Tanto meno si ricorre a sinonimi, comunque più frequenti negli Stati
Uniti come ad esempio caucasico, che anzi rientra piuttosto nelle espressioni politicamente
corrette.
Da un’analisi più dettagliata delle occorrenze nei due film emerge che in Guess Who’s Coming to
Dinner? la frequenza d’uso del termine white è nettamente inferiore a quella registrata per Indovina
chi?. In particolare nella versione del 1967 viene associato per due volte al sostantivo girl ed in
altre due battute completa il parallelismo white people – black people, colored kids – white kids. Un
parallelismo simile si riscontra anche in Guess who? nell’espressione white men – black men,
contenuta in una delle barzellette.
Nella maggioranza degli altri casi white viene usato in funzione predicativa (9 volte) ma soprattutto
in combinazione con alcuni sostantivi come boy, guy, boyfriend, kid e in un solo caso (oltre a
quello menzionato) compare con man oppure people.
In particolare è possibile individuare la seguente lista di frequenza dei collocati di white:
boy
4
guy
1
kid
1
boyfriend
2
man
2
folks
1
people
1
44
Una prima osservazione è che la varietà lessicale di white è più ampia rispetto a quella di altri
termini, per esempio di black. Da questo elenco si può inoltre trarre la conclusione che la scelta dei
sostantivi non è affatto casuale, anzi appare mirata a presentare Simon come uno sbarbatello che
vuole sfidare le tradizioni ma che in realtà deve ancora crescere. A sottolineare il gap
generazionale entra in scena il nonno di Theresa che è l’unico a riferirsi a Simon usando
l’espressione white kid.
Parallelamente, anche se in misura minore, si può fare lo stesso discorso per le due occorrenze in
Guess Who’s Coming to Dinner? dove compare l’espressione white girl, indicatore di una maturità
non ancora raggiunta.
Le battute in Guess who? sono per la gran parte pronunciate dalla famiglia di Theresa e in questo
modo offrono la prospettiva della comunità di colore nei confronti dei bianchi. Se prescindiamo
dallo scambio di battute contenenti termini particolarmente offensivi (cfr. 3.4.1), possiamo
concludere che l’opinione nei confronti del bianco non è negativa, ma è certamente condizionata
da certi pregiudizi iniziali e in parte anche dalla giovane età di Simon. La famiglia tuttavia è pronta
a ricredersi quando viene messa di fronte alla forza di volontà e determinazione del ragazzo.
Alcune battute sono significative per dimostrare il grado di disponibilità dei Jones ad accogliere un
fidanzato bianco nella famiglia, in particolare uno scambio tra Percy e la moglie e un altro tra
Keisha e Theresa:
Percy:
Non mi piace… non è perché è bianco…
Marilyn:
Sei sicuro?
[Percy scuote la testa con aria colpevole]
But can I just say that I love you so much right now because from now on, no matter
what I do,[…]I won't be the one who brought home the white boy. Thank you!
Ma devo dirti che ti voglio un mondo di bene ora perché da adesso in poi, qualunque
cosa farò, Theresa, […] non sarò io la prima che ha portato a casa un ragazzo
bianco. Grazie!
In questo secondo esempio la sorella minore ringrazia Theresa per essere stata la prima a
compiere l’atto, quasi sovversivo di portare a casa un ragazzo bianco, che probabilmente non
sarebbe stato accettato se l’avesse fatto per prima Keisha. L’esclamazione viene preceduta da un
elenco di tre azioni che metterebbero a dura prova la tolleranza del genitore, e anzi molto
probabilmente ne susciterebbero una violenta reazione. Il fatto di portare in casa un fidanzato
bianco pare a Keisha assolutamente equiparabile per gravità a
45
•
Sfasciare la macchina del padre
•
Rapinare una banca
•
Bruciare la casa
E questo la dice lunga sull’apertura della famiglia Jones, o meglio, di Percy, nei confronti di Simon.
Un ulteriore dato di particolare interesse riguarda la frequenza d’uso dell’aggettivo nei due film. Se
infatti nel 1967 il termine viene usato solo 4 volte, nel 2005 esso compare ben 24 volte. Ma il
paragone non è dopotutto così schiacciante. In Guess who? è proprio il personaggio bianco ad
essere l’”intruso” e quindi il confronto andrebbe piuttosto fatto con le occorrenze di black, colored
ecc. messe insieme, in quanto tutte riferite all’”intruso” nella situazione ribaltata dell’edizione
precedente, anche perché si è visto che non c’è una grande varietà lessicale per indicare i bianchi
– se si prescinde dalle ingiurie – rispetto a quanto si trova invece per gli afroamericani.
Ricapitolando si contano, 6 occorrenze per Negro, 4 per black, 8 per colored e 1 per nigger, per un
totale di 19 occorrenze, risultato che pare proporzionato alla frequenza di white. Ma a questo si
aggiunge un’osservazione addizionale riguardante la frequenza d’uso all’interno del singolo film.
Se infatti in Guess Who’s Coming to Dinner? si registra un totale di 19 occorrenze per termini
riferiti agli afroamericani e 4 per i bianchi, i valori in Guess who? sono nettamente più
proporzionati, in quanto i termini per il primo gruppo raggiungono un totale di 22, mentre white
viene usato 26 volte. Da questi dati quantitativi si ricava però un’interessante conclusione:
sebbene nel linguaggio comune la varietà terminologica si sia ridotta, oggi si fa un uso molto più
esteso dei termini colloquiali per descrivere le razze rispetta a quanto non accadesse quarant’anni
fa.
46
3. Capitolo terzo
I due capitoli precedenti sono serviti per creare le basi e fornire le informazioni che verranno date
per scontate in questo terzo capitolo, nel quale si vuole esaminare più da vicino ed in modo più
approfondito il concetto oggi inflazionato di “correttezza politica”. Questo aspetto verrà trattato
nelle sue diverse sfaccettature che riflettono le opinioni discordanti degli studiosi dopo una breve
sezione introduttiva sulle “industrie della cultura”, un’espressione coniata dalla Scuola di
Francoforte e qui applicata in senso stretto al mondo del cinema.
Al concetto di “correttezza politica”, di cui vengono segnalati esempi presenti nei film, viene
contrapposto il suo opposto, ovvero la scorrettezza politica, che si manifesta in numerose battute,
tratte soprattutto dal remake in forma di insulti e barzellette. Anche queste sezioni vengono
precedute da una trattazione, in questo caso piuttosto ampia ed articolata, che presenta tutte
quelle espressioni non abbastanza forti da risultare politicamente scorrette, ma che rivelano un
certo livello di pregiudizio nei confronti dell’Altro, bianco o nero che sia.
3.1 L’industria della cultura: il grande schermo
Nelle società capitaliste, la produzione cinematografica si è caratterizzata come intrattenimento
commerciale controllato dalle grandi società di comunicazione, tanto che la Scuola di Francoforte
(cfr. 3.2) ha coniato il termine “industrie della cultura” (culture industries) per attirare l’attenzione
sull’industrializzazione e la commercializzazione della cultura all’interno di un sistema di
produzione capitalista. Questa situazione era particolarmente marcata negli Stati Uniti, dove
l’industria del cinema non aveva mai goduto di un grosso appoggio da parte del governo. Il
concetto di “industria della cultura” applicato alla filmografia si riferisce allo studio del sistema di
produzione cinematografico hollywoodiano, che si sviluppa negli Stati Uniti a partire dagli anni
Venti, ma che poi si diffonde in tutto il mondo via via che i film diventano un business globale e una
delle forme principali di commercializzazione della cultura.
Sin dai suoi inizi il cinema negli Stati Uniti è stato un tipo di attività commerciale controllata dalle
industrie dell'intrattenimento che cercavano di attirare il pubblico verso i propri prodotti. Un modello
di tipo industriale regolava la produzione di pellicole realizzate per piacere alle masse, al fine di
garantire una costante affluenza di pubblico e cospicui guadagni. In quanto impresa commerciale,
il cinema americano è cresciuto come industria dell'intrattenimento, piuttosto che come strumento
educativo o forma d'arte. (Kellner 1999:204)
47
I film divennero presto il media più popolare ed influente negli Stati Uniti (Sklar 1975, citato in
Kellner 1999:205). Infatti per tutta la prima metà del XX secolo, i film furono uno dei passatempi
preferiti ed ebbero una profonda influenza non solo sul modo di parlare della gente, ma anche sul
modo di guardare alle cose e di agire, diventando un'importantissima forma di acculturazione. Il
numero di cinema aumentò rapidamente passando dalle circa 10mila sale nel 1910 alle 28mila 18
anni più tardi. Negli anni Venti andavano al cinema in media 25-30 milioni di persone alla
settimana e in soli 10 anni gli spettatori aumentarono a 85-110 milioni (Dieterle 1941, citato in
Kellner 1999:206). I film costituivano quindi una forma centrale di intrattenimento ed erano tra le
attività preferite per il tempo libero.
I film diventarono inoltre un'importante forma di socializzazione, proponendo modelli di
comportamento, di moda, di corteggiamento, per il matrimonio e per la carriera. I film degli esordi
erano destinati per lo più alla classe lavoratrice, agli immigrati e al pubblico urbano e alcuni critici
ritenevano che avessero degli effetti negativi o promuovessero atteggiamenti sovversivi (Jowett
1976, citato in Kellner 1999:206). Dall'altra parte, invece, si riteneva che i film contribuissero ad
“americanizzare” gli immigrati insegnando al pubblico come diventare bravi americani e che
offrissero una via di fuga dalle preoccupazioni di ogni giorno (Ewen & Ewen 1982, citato in Kellner
1999:206).
Seguendo gli imperativi del sistema capitalistico finalizzati alla produzione di manufatti nel modo
più rapido ed economico possibile e alla massimizzazione della produzione e del profitto, il cinema
di Hollywood divenne un cinema di genere. Le principali case di produzione hollywoodiane
controllavano non solo la produzione dei film ma anche la loro distribuzione, garantendo che i
prodotti di Hollywood ricevessero la dovuta attenzione. Questo sistema fece la sua comparsa negli
anni Dieci del secolo scorso, si formò negli anni Venti raggiungendo la maturità nel ventennio
successivo e negli anni Cinquanta cominciò a disintegrarsi a causa della legislazione antitrust, che
obbligò gli studios a disfarsi dei loro canali di distribuzione e promozione e portò ad una crescente
competizione con le nuove forme di intrattenimento come la televisione (Schatz 1988 citato in
Kellner 1999:210).
Ogni casa di produzione si era scelta un proprio genere ed aveva sviluppato il proprio stile: così ad
esempio la Universal puntava sui film horror e la MGM sui musical. I generi si affermarono quando
le caratteristiche visive, stilistiche e tematiche vennero formalizzate in un sistema di convenzioni
immediatamente riconoscibile. I film di genere furono la forma di produzione appropriata per
un'industria della cultura volta al successo commerciale, dal momento che i generi più popolari
erano diventati dei prodotti familiari, in grado di creare certe aspettative nel pubblico che, se
soddisfatte, avrebbero fatto ritornare il pubblico più e più volte in sala. Quindi i film di genere
combinarono una formula narrativa, le aspettative del pubblico e l'espressione industriale di una
48
cultura dell'industria mirante al successo commerciale. I melodrammi, le commedie sociali e i
musical presentavano le avventure sentimentali dominate dalle figure maschili, il matrimonio, la
famiglia e la rettitudine morale come la strada da percorrere verso la felicità e il benessere.
Il crollo del sistema degli studios negli anni Cinquanta costrinse i registi a cercare nuove forme di
finanziamento per le loro pellicole. Ne risultò un periodo molto produttivo di pellicole negli anni
Sessanta con film che si differenziavano maggiormente dalla tradizione e si facevano più critici
verso la società. Negli anni Sessanta era idea diffusa che la gioventù costituisse il pubblico
principale per i film hollywoodiani e quindi vennero prodotti sempre più film indirizzati al pubblico
giovane e si crearono nuovi cicli di film, che trovarono il loro posto nei discorsi dei movimenti
giovanili studenteschi della New Left, così come nel femminismo, nel black power, nei movimenti
per la libertà sessuale e nella controcultura, producendo un nuovo tipo di film hollywoodiano che
criticava la società.
Per tutti gli anni Settanta nelle pellicole di produzione hollywoodiana si pose l’accento sugli scontri
tra i liberali e i conservatori, con la presenza di voci più radicali, come ci si era abituati a sentire in
quegli anni, che diventavano però sempre più emarginate.
La lettura politica dei film di Hollywood di questo decennio consentì di anticipare l'avvento dell'era
di Reagan e della New Right dimostrando che i desideri dei conservatori erano più popolari che
mai e che i film e la cultura popolare contribuivano alla formazione di una matrice ideologica più
favorevole a Reagan e ai conservatori che ai liberali. (Kellner & Ryan 1988, citato in Kellner
1999:215).
Con l'elezione di Reagan nel 1980, l'ondata conservatrice dei film continuò per tutto il decennio
anche se le produzioni, così come il Reaganismo, non furono immuni da critiche da parte di
produzioni liberali e radicali, come i film di Oliver Stone. La sindrome da blockbuster tuttavia,
continuò a dimostrarsi il trend dominante e, con la coppia Spielberg-Lucas, Hollywood raggiunse
l'apice del successo grazie alle spettacolari produzioni ad alta tecnologia nelle quali spesso gli
effetti speciali avevano la meglio sulla storia e sui personaggi.
L’aspetto più sorprendente nel rapporto 'ufficiale' della teoria filmica (film theory) con la razza e con
il multiculturalismo è che per molto tempo la teoria ha mantenuto un ostinato silenzio sulle
questioni e sulle tematiche più scottanti riguardanti le minoranze. Per gran parte di questo secolo
la teoria filmica europea e nordamericana ha vissuto nell’illusione di non avere o rappresentare
una razza. Per trovare qualche sporadico riferimento al razzismo nella teoria filmica bisogna
tornare indietro fino all'epoca del muto. Quando i teorici europei e nord americani del periodo si
riferivano alla razza, erano soliti riferirsi a nazionalità europee. In America pellicole successive
attirarono critiche e polemiche in diverse occasioni. Negli ultimi anni è stato intrapreso un lavoro
49
importante sulle questioni riguardanti la rappresentazione etnica, razziale e culturale nell'ambito
del cinema hollywoodiano. Gran parte di questo lavoro riguarda la rappresentazione
cinematografica delle comunità di colore americane. Da quando esiste Hollywood, per i nativi
americani o per gli afroamericani era stato virtualmente impossibile dare una rappresentazione di
sé. Il razzismo era presente in regolamenti ufficiali (il Codice Hayes1 che proibiva la
rappresentazione di matrimoni tra razze) ma anche in pratiche non ufficiali (ordini dall’alto che
imponevano ai neri unicamente ruoli da lustrascarpe o portinai).
L'equazione “globalizzazione = americanizzazione” può essere vera fino ad un certo punto ma ciò
non toglie che i film di Hollywood rappresentino una vera a propria industria della cultura che serve
a vendere al mondo l'idea di "American way of life". Si sono consumati diversi dibattiti nel mondo
sulla possibilità di imporre un limite alla produzione hollywoodiana e ad altri prodotti della cultura
americana, ma l’ideologia di mercato affermatasi dopo l’era di Reagan e della Thatcher si oppone
a qualsiasi forma regolamentazione governativa e quindi Hollywood continua a dominare il
mercato mondiale (Kellner 1999:216, 217).
3.2 Correttezza Politica
Il Politically Correct – abbreviato in PC – viene definito da Edoardo Crisafulli (2004:21) come “la
cartina tornasole delle contraddizioni del nostro tempo”. L’espressione fu coniata in ambienti
marxisti e successivamente fatta propria dalla sinistra liberal e radical per indicare quel linguaggio
privo di termini che possano essere considerati discriminatori: deve essere privo, nell’espressione
e nelle idee, di qualunque tipo di pregiudizio legato a razza, etnia, religione, orientamento
sessuale, età o menomazioni. Il PC è un vero e proprio movimento a favore del multiculturalismo e
intenzionato a ridurre i vizi linguistici che portano alla discriminazione di una qualsiasi minoranza.
Il PC deve la sua origine all’Istituto per la ricerca sociale di Francoforte, fondato nel 1923, diventato
famoso come “scuola di Francoforte”, costituita da un gruppo di pensatori il cui obiettivo era quello
1
Il codice Hayes, o Hayes Code, deve la sua origine alle insistenti richieste di censura e di ordine morale nella
Hollywood degli anni Venti, segnata da diversi scandali e ritenuta la “città del peccato”. Nel 1922 venne fondata la Motion
Picture Association of America, MPAA, capeggiata da Will H. Hayes che si mise all’opera per stabilire delle regole che i
film avrebbero dovuto rispettare e che, con l’avvento del sonoro nel 1927, prese forma scritta, chiamandosi Production
Code. Dal 1934 i film dovettero ottenere un certificato di approvazione prima di essere immessi sul mercato e per i
successivi trent’anni gli studios rispettarono il codice preferendo una forma di auto-censura ad un controllo di tipo
governativo. All’inizio degli anni Sessanta si scatenarono i movimenti giovanili, quelli per i diritti civili e per i diritti degli
omosessuali, promuovendo la trattazione delle tematiche sulla razza, sulla sessualità, sulla classe sociale ecc, che fino a
quel momento il codice aveva inibito. Si arrivò ad un punto in cui, vuoi per la disobbedienza degli studios, vuoi per i
cambiamenti nella società, l’applicazione del codice era diventata impossibile e si decise di abbandonarlo, sviluppando
però al suo posto un sistema di ‘visione consigliata’ (rating system) che divenne applicativo nel 1968 con quattro diciture:
G – General Audiences, M (poi trasformato in PG - Parental Guidance Suggested), R - Restricted, e X (poi trasformato in
NC-17, No One 17 and Under Admitted), ai quali in seguito si è aggiunto il PG-13, ovvero Parents Strongly Cautioned.
(Wikipedia 2006)
50
di cercare di trovare una soluzione al problema che i comunisti stavano affrontando: l’arresto
dell’avanzata del comunismo causato della presenza della civiltà occidentale. La grande fiducia
riposta nell’individuo e l’ipotesi che il singolo potesse avere delle idee valide rappresentavano i
motivi principali che rendevano inviso il modo di pensare occidentale. Si credeva che l’unica
soluzione per garantire l’avanzata del comunismo fosse aiutare (o forzare) la civiltà occidentale a
distruggere se stessa e uno dei modi per raggiungere tale scopo era modificare i modelli di
espressione e pensiero, diffondendo l’idea che esprimere le proprie opinioni costituisse una
mancanza di rispetto verso gli altri e che l’astenersi avrebbe rimediato alle iniquità e alle ingiustizie
passate. Per questo programma fu scelto un nome promettente: PC, ovvero il politicamente
corretto (Blazquez e Sutton 2002).
Nel corso degli anni Trenta, la scuola di Francoforte riprese le teorie di Freud e del marxismo
sviluppando un approccio critico e multidisciplinare agli studi sulla cultura e comunicazione
denominato Teoria Critica, che consiste in una critica quasi indiscriminata nei confronti della
società e del mondo e che combina la critica sui media, l'analisi testuale e gli studi sulla ricettività
del pubblico in merito agli effetti della cultura e comunicazione di massa sulla società e l'ideologia.
Venne così coniato il termine "industrie della cultura" per intendere il processo di
industrializzazione della cultura di massa e gli imperativi commerciali che guidano il sistema. La
scuola di Francoforte arrivò a credere che la "cultura popolare" americana fosse altamente
ideologica e lavorasse per promuovere gli interessi del capitalismo. Controllate dalle enormi
società per azioni, le industrie della cultura erano organizzate secondo le strutture della produzione
di massa e sfornavano prodotti che generavano un sistema culturale altamente commerciale, che
a sua volta vendeva i valori, gli stili di vita e le istituzioni del capitalismo americano (Kellner
1999:202,204).
Il pensiero della “Scuola di Francoforte” ha attecchito nelle università americane a partire dall’anno
1935, dopo l’ascesa al potere di Hilter in Germania: l’istituto per la ricerca sociale fu costretto a
chiudere e i suoi membri fuggirono rifugiandosi a New York dove riaprirono l’istituto grazie all’aiuto
della Columbia University. Per il resto del decennio i membri dell’istituto abbandonarono la critica
alla Germania e alla società, per concentrarsi sulla critica indirizzata alla società americana.
Queste radici marxiste del PC in realtà non avrebbero grande rilevanza se non fosse stato per la
guerra in Vietnam e per la ribellione studentesca degli anni Sessanta che aveva bisogno di una
qualche teoria d’appoggio (Lind 2004). Herbert Marcuse, membro della scuola e rimasto in
America, pensò che la ribellione studentesca fosse una buona occasione per riprendere il lavoro
della scuola di Francoforte trasformandolo nella teoria della New Left, la nuova sinistra americana.
Il suo testo Eros and Civilization. A Philosophical Inquiry into Freud (Marcuse 1966, citato in Lind
2004), spiega che una società capitalista si basa sostanzialmente sulla repressione psicologica e
51
sessuale, provocando nelle persone quelle che Freud definisce le nevrosi. L’unico modo per
garantirsi un futuro è perciò la distruzione dell’ordine oppressivo, liberando l’eros e la libido,
facendo ciò che piace (“Do your own thing”) e soprattutto facendo l’amore e non la guerra (“Make
love, not war”): un messaggio allettante scritto in un modo facile da seguire che fece
immediatamente presa tra i giovani studenti nelle università del Paese.
L’operazione della scuola di Francoforte viene spiegata da una tra le teorie più diffuse sul PC che
si concentra sull’unione tra marxismo e correttezza politica: il PC sarebbe una forma di marxismo
culturale, ovvero la teoria marxista trasposta dall’economia alla cultura. A sostegno di questa tesi
viene instaurato un paragone tra marxismo classico e PC dal quale si ricava una serie di
parallelismi tra i quali ad esempio una spiegazione particolare della storia, per l’uno dipendente dal
possesso dei mezzi di produzione, per l’altro dal potere detenuto da alcuni gruppi determinati in
base a razza, sesso ecc a discapito di altri gruppi; oppure la possibilità di definire entrambi delle
ideologie totalitarie (Lind 2004): nell’ambito di alcune tradizioni marxiste si ritiene che l’ideologia
funzioni imponendo delle astrazioni che nascondono e dissimulano il vero fondo di sfruttamento
delle relazioni sociali, dando l’impressione che la società sia ordinata. L’ideologia è il mezzo
attraverso il quale la classe al potere consolida e riproduce il suo vantaggio presentando i suoi
interessi parziali e settari come interessi universali dell’intera comunità (Billig 1982).
Al giorno d’oggi è possibile individuare un conflitto di cultura incentrato sul linguaggio che oppone
l’Occidente ricco e la parte di umanità in via di sviluppo, le élite occidentali bianche e le minoranze
etniche extraeuropee. Sulla questione del politicamente corretto si possono rintracciare due
schieramenti opposti (Crisafulli 2004:21): i “conservatori di stampo liberista”, secondo i quali il PC
mira alla distruzione della civiltà occidentale, da una parte, e gli “intellettuali della sinistra radicale”,
dall’altra, che inseriscono il PC all’interno di un conflitto più ampio in difesa della multiculturalità
minacciata tra gli altri dalla globalizzazione. Con la fine della Guerra Fredda e la conseguente
rottura del bipolarismo USA-URSS sono emerse nuove contraddizioni che non si potevano più
ricondurre ai poli del capitalismo o del socialismo. Il risultato è stato l’affermazione dell’economia di
mercato con la parallela relegazione dell’uomo ai margini del sistema produttivo. Anche se il
capitalismo l’ha avuta vinta sul comunismo, questo non ha impedito che venisse meno una grande
illusione dell’Occidente che lo voleva impegnato in una “missione civilizzatrice” e il crollo di tale
illusione viene sancito dal fallimento del melting pot americano, il calderone improntato
sull’omologazione.
Il PC, prodotto del modello culturale angloamericano, si sviluppa negli anni Sessanta negli
ambienti universitari e prende nuova forza negli anni Ottanta: è la voce dei gruppi radicali che
vogliono battersi in nome di una nuova ideologia mirante a riformare il linguaggio che si afferma
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durante gli anni dei governi di Reagan e della Thatcher quando l’opposizione non aveva forza
sufficiente per reagire. Nel mutato panorama sociale, economico, culturale e politico i concetti e le
categorie politico-filosofiche non sono più immutabili bensì in continua evoluzione e determinate
dalla contingenza storica. L’avvento del PC apre una nuova stagione di lotte politiche e scontri
culturali tutti incentrati sul linguaggio che ora ha perso la sua neutralità:
un tempo la forma era subordinata al contenuto: la parola era posta al servizio
dell’idea. Oggi l’importanza della guerra linguistica è tale che il messaggio, la forma
stessa, ho preso il sopravvento. La parola, spesso, è addirittura fine a se stessa.[…]
chiunque controlli il linguaggio e la cultura riesce a influenzare il potere economico e
politico (Crisafulli 2004:31-32).
Accade così che, per la prima volta nella storia degli Stati Uniti, gli americani hanno paura di quello
che dicono, di ciò che scrivono e di cosa pensano. Si ritrovano ad aver paura di usare la parola
sbagliata, che possa ritenersi offensiva o priva di tatto, razzista, sessista o ancora omofobica (Lind
2004). Il PC è una richiesta spontanea, prima di voci isolate, poi sempre più diffuse, affinché
alcune idee particolari, ma anche espressioni o comportamenti che negli anni Ottanta, nel
momento del suo boom, erano legali, siano vietate per legge e i trasgressori siano puniti in base a
leggi scritte e non scritte all’interno della comunità. Il fenomeno non è tuttavia riducibile
esclusivamente ad un vaglio delle dichiarazioni dei mass media e di quelle provenienti dagli
ambienti accademici al fine di segnalare ed estirpare le scelte lessicali che possano contenere
allusioni razziste o sessiste. La natura del PC è infatti molto più articolata e complessa, tanto che
le sue finalità sono molteplici (Crisafulli 2004:35): da una parte mira al sovvertimento del canone
letterario in voga, dall’altra intende criticare la didattica e con essa qualsiasi approccio ritenuto
rispondente alla tradizione, anche se il suo fine ultimo è la difesa del multiculturalismo. Il PC era il
cavallo di battaglia degli ambienti radicali angloamericani, ma oggi si ritrova caduto in disgrazia a
causa di un’equazione che associa il PC al “bigottismo conformista”, in quanto come ogni
movimento, ha prodotto le proprie forme estreme o, per usare le parole di Umberto Eco (2006), “il
proprio fondamentalismo”, accanto ad aspetti neoconservatori o reazionari. Il multiculturalismo
esasperato si può tramutare in separatismo razziale con la negazione di ogni possibilità di dialogo
e scambio e la distruzione di ogni senso di comune cittadinanza nella società politica nazionale.
Nel testo denuncia intitolato The Culture of Complaint: The Fraying of America, Hughes (1993)
scaglia il suo attacco contro il “bigottismo progressista” alternandolo a quello sul bigottismo
conservatore, in una prospettiva bipartisan, mentre la versione italiana, La cultura del piagnisteo.
La saga del politicamente corretto (Hughes 1994), punta sulla lettura univocamente anti-PC a
causa della quale il testo viene spesso erroneamente ascritto alle critiche conservatrici.
Le forme estreme, il multiculturalismo esasperato e le conseguenze che possono derivarne,
mostrano come nel PC possano celarsi dei potenziali pericoli per la società. Tra le varie libertà di
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cui si vorrebbe godere oggigiorno va ricordata la tanto dibattuta libertà di espressione che
rappresenta la principale difesa della comunità contro ogni forma di tirannia e per questo ha
un’importanza cruciale. Nonostante l’apparenza, nella correttezza politica si nasconde un carattere
insidioso e potenzialmente deleterio proprio per questa libertà: evitare che le persone si sentano
offese è diventata la tirannia linguistica cui oggi ci si deve sottomettere. Obbligando tutti ad evitare
di usare parole o di assumere comportamenti che potrebbero offendere gli omosessuali, le donne,
i non bianchi, i disabili, i grassi o i brutti, il PC obbliga le persone ad omologare l’espressione ed il
comportamento. Non v’è possibilità di scelta: tutti devono riconoscere la validità del PC e
considerarlo l’unica via di espressione (Aktinson 2000). Il PC si rivela quindi una forma sofisticata e
pericolosa di censura e oppressione imposta sui cittadini, avente per fine ultimo la manipolazione,
la distruzione e il lavaggio di cervello della società. Il PC ha finito col prendere piede negli Stati
Uniti e radicarsi fortemente nel sistema educativo, sul piano scientifico, religioso e sociale, nei
media, nei posti di lavoro e persino a livello governativo. La civiltà occidentale, però, è civilizzata
per natura, rispetta gli altri e si preoccupa, per quanto può, di correggere la ingiustizie e quindi non
ci sarebbe bisogno dell’intervento regolatore e prescrittivo del PC che impone delle restrizioni al
pensiero e all’espressione, quando invece è proprio la libertà di espressione stessa che deve
venir tutelata (Blazquez e Sutton 2002).
Una forma di ribellione alla correttezza politica viene proposta in una scena di Guess Who?
quando Percy provoca Simon sfidandolo a raccontare delle barzellette razziste. Prima di cedere
Simon, in un ultimo tentativo di resistenza, afferma:
... because by not telling the joke, I'm empowering it. Right? So I'll just tell the joke and
expose how simple-minded and crude and unfunny it actually is.
…perché se non la dico la rendo più importante. Giusto? Quindi ora la racconto e
dimostrerò quanto fosse stupida e rozza e poco divertente in realtà.
Nonostante il carattere subdolo e insidioso che è stato attribuito al PC in queste pagine,
comunemente si considerano PC tutte quelle espressioni al limite dell’eufemismo che possono
assumere forme quasi umoristiche. Tra i numerosi termini riferiti ai gruppi etnici, è possibile
individuare tre esempi di PC anche nelle pellicole in esame, anche se non si possono definire
espressioni PC standard a pieno titolo. Uno appartiene a Guess Who’s Coming to Dinner? mentre
gli altri due a Guess Who?.
[…] but you're two wonderful people who happened to fall in love and happen to have a
pigmentation problem.
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[…] ma voi siete due esseri perfetti che vi siete innamorati e che purtroppo avete un diversa
pigmentazione.
Questo esempio tratto da Guess Who’s Coming to Dinner? potrebbe considerarsi un PC ante
litteram, al margine tra correttezza politica ed eufemismo. L’espressione, infatti, non rientra tra
quelle standard in base alle quali poor diventa economically challenged. In questo caso
l’affermazione va collegata al discorso precedente di Tracy che sta parlando dei numerosi problemi
che i due dovranno affrontare sostenendo che dovranno essere preparati a scontrarsi
continuamente con l’opinione della gente. La scelta dell’espressione sembra voluta per tentare di
sminuire la reale portata del problema, in controtendenza rispetto alla posizione presa dal suo
personaggio nelle scene precedenti. Nella resa italiana della battuta parte della bonarietà
dell’inglese va perduta, in una grossolana, benché motivabile, undertranslation che trasforma
problem in diversità. Sarebbe però ingiusto non riconoscere un tentativo di compensazione
attraverso l’inserimento di purtroppo che tuttavia non consente di ottenere lo stesso effetto
dell’originale.
Considerato il ribaltamento di trama in Guess Who? i termini eufemistico-PC, non potevano che
riferirsi al personaggio bianco, Simon. È significativo però che entrambe le espressioni siano
pronunciate proprio da Simon ancor prima di fare il suo ingresso in casa Jones, alla sola presenza
della fidanzata e del tassista.
Did you tell ‘em that I’m… pigment-challenged? Did you tell them that I'm white?
Gli hai detto che sono… poco pigmentato, gli hai detto che sono bianco?
You just didn't feel the need to mention it’s a Caucasian butt cheek.
E non hai sentito il bisogno di aggiungere che è una natica caucasica, vero?
La preoccupazione di Simon è dettata dal fatto di scoprire da Theresa che i genitori di lei non sono
ancora stati informati che lui è bianco ed è comprensibile che sia agitato e teso in una situazione
del genere. La sua scelta terminologica opta prima per un’espressione tipicamente PC e poco
dopo per un accostamento ironico. Nelle circostanze descritte la scelta pare motivata da un lato
dal tentativo di sdrammatizzare una tensione palpabile, dall’altro da una paura mal celata di Simon
riguardo al colore della pelle. Il protagonista è conscio che questo aspetto potrebbe costituire un
problema, ma nello stesso tempo teme di essere troppo esplicito ed insistente nell’esternare i suoi
timori ferendo i sentimenti di Theresa, la quale è invece convinta che Simon verrà accolto a
braccia a aperte dalla sua famiglia.
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Per quanto riguarda i film in esame, non vi sono altri significativi esempi di correttezza politica,
quanto piuttosto alcuni esempi di scorrettezza politica che verranno esaminati in dettaglio nella
sezione 3.4. In questa sezione si è tentato di fornire una panoramica più completa possibile sulle
correnti di pensiero riguardanti il PC, le sue origini e gli effetti che ha avuto sulla società
americana, sottolineando che a differenza degli Stati Uniti, in Europa il PC probabilmente non è
mai riuscito a radicarsi ed in breve tempo ha assunto tratti più umoristici che prescrittivi. Tuttavia
non è ancora stata fatta menzione di quello che potrebbe essere uno scenario futuro. A questo fine
si citano le parole di un’intervista rilasciata da Carlo Merletti, sociologo della comunicazione politica
all’Università di Torino (citato in Polla-Mattiot 1999).
Il politically correct ha svolto una funzione importante, ma non basta più. Se lo si tiene in
vita artificiosamente, si corrono due rischi. Il primo è la retorica della banalità, il clichè
buonista. […] Il secondo rischio è la strumentalizzazione, l’applicazione aggressiva e
giacobina.
3.3 Pregiudizi e Stereotipi
3.3.1 STEREOTIPI ED ETHNOPHAULISMS
Gli stereotipi sono “sets of traits attributed to social groups” (Stephan
1985:600), cioè sono
caratteristiche che vengono associate a gruppi sociali. Tali associazioni vengono ritenute
l'elemento centrale che governa i pensieri della gente riguardo ad essi.
Il processo di categorizzazione cognitiva degli individui in gruppi è, secondo Billig (1985, citato in
Wetherell & Potter 1992:37), un modo vantaggioso e indispensabile per gestire l’afflusso di nuove
informazioni attraverso la semplificazione e il riordino della percezione e del giudizio. Gli studi di
psicologia cognitiva, condotti sulla classificazione degli oggetti, suggeriscono che le opinioni sui
gruppi sociali vengono probabilmente organizzate in una gerarchia mentale costruita su
raggruppamenti di base successivamente suddivisi a loro volta in modo più preciso. Hamilton e
Trolier (1986, citati in Wetherell & Potter 1992:38) osservano come le categorie sociali diventino
rapidamente un punto centrale per un bagaglio di associazioni di idee, pensieri e giudizi di valore
riguardanti i membri di quella categoria. Le caratteristiche, che si associano alle diverse categorie,
si organizzano in particolari strutture che vengono chiamate prototipi, stereotipi, schemi e
classificazioni di oggetti. Il contenuto della struttura “stereotipi”, ad esempio, ovvero le particolari
associazioni di tratti specifici per una categoria, si acquisisce spesso come risultato della
socializzazione. Ognuno di questi raggruppamenti di caratteristiche può avere dei confini ambigui;
56
quindi, perché il sistema sia efficiente, le diverse categorie si organizzano intorno ad un'immagine
mentale di un esemplare ottimale: il prototipo. È proprio grazie al prototipo che il ricercatore è in
grado di formulare ipotesi sulla motivazione di una particolare classificazione.
Gli studiosi sostengono che il processo di categorizzazione non esclude alcune percezioni errate,
simili a illusioni ottiche, che possono risultare poco vantaggiose nella gestione delle informazioni.
Le categorie e gli stereotipi “creano” degli effetti percettivi: spesso è molto difficile stabilire dove si
debbano fissare i limiti tra una rappresentazione veritiera e una erronea ed a volte non è per nulla
chiaro se un atto cognitivo debba essere considerato un “errore” o piuttosto una valida percezione
della realtà fisica. Gran parte dei ricercatori dei processi cognitivi paiono assumere come dato che,
mentre alcuni stereotipi possono essere erronei o fuorvianti, le categorie sociali, alle quali gli
stereotipi sono collegati, si basano sull'esperienza empirica di altri e quindi ripropongono
somiglianze e differenze vere ed oggettive tra gli individui incontrati. Il modo in cui la mente
ragiona, il modo in cui le informazioni vengono elaborate può essere in sé sufficiente a generare
un'immagine negativa del gruppo. Affermazioni razziste vengono equiparate ad affermazioni
stereotipiche negative. Il problema del razzismo si riduce a una questione di pregiudizio che indica
una deviazione dalla percezione ideale che analizza la realtà senza preconcetti.
I sociologi considerano parole come nigger e wetback (clandestino che entra negli Stati Uniti dal
Messico) degli ethnophaulisms o ethnic slurs, termine che deriva dal greco (composto da ethno“gruppo nazionale” e phaulisma l’equivalente di “denigrare”) e che designa un'espressione
denigratoria e nello specifico serve a creare delle immagini negative di un particolare gruppo, o
delle caricature servendosi di termini derogatori ed offensivi. Sono termini appartenenti al
linguaggio del pregiudizio e in concreto sono la versione verbale di immagini stereotipate (Pilgrim
2001). Queste espressioni si possono suddividere in tre categorie: epiteti denigratori (chink,
nigger), espliciti discrediti di gruppo (niggering the land) e ingiurie etniche non pertinenti usati come
blanda offesa (Irish confetti - per chiamare i mattoni lanciati in uno scontro) (Ehrlich 1973: 22).
Sia la schiavitù americana che a seguire il sistema gerarchico delle Jim Crow Laws sono stati
permeati da immagini contro i neri. Le rappresentazioni negative dei neri hanno avuto ripercussioni
anche sugli oggetti di uso quotidiano, dai giocattoli, alle cartoline e dai posacenere alle confezioni
di detersivo. Erdman Palmore (1962) ha condotto delle ricerche sugli ethnophaulisms e ha
concluso che il loro numero è direttamente proporzionale alla quantità di pregiudizi esterni al
gruppo e che queste espressioni rivelano e sostengono gli stereotipi negativi riguardanti le
differenze razziali e culturali più marcate .
3.3.2 L’OPINIONE PUBBLICA
57
Mezzi di informazione, riviste, materiale didattico, racconti, fumetti, film, pubblicità, propaganda,
discorsi politici, leggi e regolamenti, documenti ufficiali sono tutte fonti del discorso che si realizza
a livello pubblico e nel quale si inseriscono le conversazioni di ogni giorno. È possibile individuare
un rapporto di mutua dipendenza: i mass media riproducono e ripropongono gli atteggiamenti
etnici e i discorsi di gruppi e della società più in generale, ma, d’altro canto, le conversazioni di
ogni giorno fanno riferimento e si ispirano alle numerose forme di discorso pubblico prodotte dalle
istituzioni della società.
Al momento non si dispone di un’analisi sistematica esaustiva delle strutture precise e delle
funzioni dei diversi tipi di discorso potenzialmente prevenuto. Gli studi sinora condotti in questo
ambito si sono concentrati su mass media, film, letteratura e materiale didattico, discorsi di tipo
narrativo e rappresentativo prendendo in esame il modo in cui neri, immigrati, stranieri e
minoranze vengono rappresentati. In media è risultato che la rappresentazione racchiude dei
preconcetti: membri appartenenti a gruppi di minoranze etniche sono presentati in ruoli e situazioni
stereotipate, nelle quali prevalgono i tratti negativi dato che il punto di vista è quello dominante.
(van Dijk 1987 :30,31)
Con il passare dei decenni l’opinione pubblica evolve, naturalmente influenzata dalle varie forme di
espressione che la plasmano e la condizionano. Fondamentalmente, quindi, ci si aspetterebbe che
l’atteggiamento della società nei confronti delle scelte dei protagonisti si sia modificato col tempo
risultando più elastico e incline al cambiamento rispetto agli anni Sessanta. Per presentare la
situazione rappresentata nel film Indovina chi viene a cena? si può considerare la seguente
battuta:
PRENTICE SR.
Have you thought what people would say about you? In 16 or 17
states you'd be breakin' the law. You'd be criminals. And say they
changed the law. That don't change the way people feel about this
thing.
PRENTICE SR.:
Hai pensato a quello che la gente dirà di te? In 16 o 17 stati
d’America sarebbe un reato, sareste criminali E anche se le
cambiano le leggi non cambierebbe come la pensa la gente su
questo argomento.
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Siamo davanti a una battuta che richiede alcune informazioni preliminari per essere capita fino in
fondo. All’epoca l’America era appena uscita dall’incubo delle Jim Crow Laws ma in alcuni stati, in
particolare nel Sud, continuavano ad esserci strascichi della precedente legislazione. Le leggi
riguardanti gli incroci tra razze miravano a prevenire l’ibridazione delle razze e si collocavano per
quantità in cima alla lista delle Jim Crow Laws promulgate. Tra il 1865 e gli anni Cinquanta del
secolo scorso furono approvate a livello federale 127 leggi che vietavano le unioni interrazziali e le
convivenze, il 37% delle quali in stati al di fuori dal gruppo del Sud. I bianchi e i neri che
decidevano di ignorare le disposizioni, potevano venir condannati fino a 10 anni di lavori forzati nei
penitenziari (Falck 2006).
Quando, al termine della II Guerra Mondiale, nei tribunali federali si iniziò a criticare la
segregazione, i governi bianchi segregazionisti di gran parte degli stati sud-orientali risposero con
un inasprimento delle leggi segregazioniste a livello locale, che continuò fino agli anni Sessanta. Si
ritiene che l’atto di disobbedienza a queste leggi da parte di Rosa Parks nel 1955 abbia scatenato
il moderno movimento per i diritti civili. A questo seguirono diverse leggi e sentenze che
abrogarono o annullarono le Jim Crow Laws. Pene per l’incrocio tra razze erano ancora in vigore
negli anni Sessanta nella legislazione statale di Delaware, Florida, Indiana, Maryland, Mississippi e
North Carolina. Nel 1964 il Congresso degli Stati Uniti si attivò per debellare il sistema di
discriminazione privata fino ad allora tollerato e parallelo a quello ufficiale. A seguire alcuni esempi
di leggi in forza in alcuni stati riguardanti il matrimonio misto che è la questione di interesse per
questo studio:
Intermarriage All marriages between a white person and a negro, or between a white
person and a person of negro descent to the fourth generation inclusive, are hereby forever
prohibited. Florida
Cohabitation Any negro man and white woman, or any white man and negro woman, who
are not married to each other, who shall habitually live in and occupy in the nighttime the
same room shall each be punished by imprisonment not exceeding twelve (12) months, or
by fine not exceeding five hundred ($500.00) dollars. Florida
Intermarriage It shall be unlawful for a white person to marry anyone except a white
person. Any marriage in violation of this section shall be void. Georgia
Intermarriage The marriage of a white person with a negro or mulatto or person who shall
have one-eighth or more of negro blood, shall be unlawful and void. Mississippi
Intermarriage All marriages of white persons with Negroes, Mulattos, Mongolians, or
Malaya hereafter contracted in the State of Wyoming are and shall be illegal and void.
Wyoming
Gli esempi qui riportati (Randall 2001) comprendono già 8 stati nei quali il matrimonio misto non
era accettato. All’inizio del film, vengono dedicati alcuni fotogrammi all’inquadratura del cartello
stradale che indica le direzioni per “S.Jose” e “S.Francisco”, che funge quasi da grande punto
esclamativo al fine di attirare l’attenzione dello spettatore e ricordargli di tenere a mente
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l’ambientazione del film. Neanche la California infatti è rimasta immune dall’imperversare delle Jim
Crow Laws, anche se queste leggi si concentrarono prevalentemente negli stati del Sud-Est degli
Stati Uniti (Falck 2006):
1880: Miscegenation [Statute]: Made it illegal for white persons to marry a "Negro, mulatto, or
Mongolian."
1945: Miscegenation [Statute]: Prohibited marriage between whites and "Negroes, mulattos,
Mongolians and Malays."
Solo tre anni dopo si cercò di porre fine al sistema delle Jim Crow Laws:
1948: Barred miscegenation segregation [Statute]: Repealed miscegenation laws. Prior to
repeal interracial marriages were prohibited, but no penalties were attached to such
marriages, or to interracial co-habitation, or to migration into California by interracial couples
legally wed out of state. (Falck 2006)
La scelta di abrogare queste leggi venne decisa dall’alto e viene mantenuta distinta dal sentire
dell’opinione pubblica, con cui, dopotutto, ci si deve confrontare giornalmente e in modo più diretto
e concreto che con la legge. Nella battuta analizzata non è tanto importante il fatto che la
decisione di sposarsi renderebbe John e Joanna dei potenziali criminali, quanto piuttosto il fatto
che la gente potrebbe non approvare la loro scelta di vita perché ancora condizionata dal pensiero
degli anni prima. I due protagonisti non sembrano così preoccupati del loro futuro come invece lo
sono gli “adulti”: i genitori californiani di lei e i genitori di lui venuti appositamente da Los Angeles.
Dei due fidanzati è Poitier a comprendere la portata e le implicazioni della loro scelta: sia durante
la telefonata ai genitori, sia al loro arrivo all’aeroporto non riesce a trovare le parole giuste per
introdurre la questione prima della comparsa di Joey. La ragazza, invece, un po’ per la differenza
di età con John (più di 10 anni), un po’ per l’educazione che le è stata sinora impartita, mostra di
non dare alcuna importanza al colore della pelle e deliberatamente evita di menzionarlo,
sottolineando così il suo rifiuto persino a prenderlo in considerazione. Naturalmente Joey sa che la
cosa verrà notata, ma il suo silenzio intenzionale risulterà significativo per l’interlocutore, una volta
che la verità sarà venuta a galla.
Per la cultura bianca il maschio nero si presenta come individuo che nell’immaginario collettivo è il
risultato di un incrocio tra razze diverse (miscegenation) cui si aggiunge il complesso bianco
dell’inferiorità sessuale. Il crescente permissivismo della società riguardo ad aspetti inerenti alla
sessualità inevitabilmente si riflette anche sul grande schermo, ma lo stereotipo è ancora troppo
forte e il permissivismo deve lasciargli spazio. Per questo il nero veniva simbolicamente evirato
sugli schermi del cinema americano, come già notato in precedenza (cfr. 1.2.1).
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I pregiudizi nei confronti del dottor Prentice non si esauriscono dopo il suo fidanzamento con una
ragazza bianca. Vi è un altro aspetto che scatena una serie di battute al vetriolo da parte di diversi
personaggi, ovvero la sua professione. Prentice è infatti un medico di successo che lavora per le
Nazioni Unite, viaggia moltissimo ed è in odore di Nobel: una carriera assolutamente brillante e
invidiabile che però non riceve un caldo benvenuto dai membri della famiglia Drayton. Tillie, per
esempio, non appena Tracy rincasa gli anticipa quello che troverà nel patio:
Tillie:
Ho detto che i diavoli dell’inferno si sono scatenati.
Matt:
Cos’è successo? Dov’è la signora?
Tillie:
È fuori nella terrazza con la signorina Joey.
Matt:
Con Joey?
Tillie:
E con un tale che si fa chiamare Dottor Prentice.
Matt:
Dottore? C’è il dottore? Ma chi sta male? Che è successo?
In questo breve scambio è evidente che la prima associazione di Matt nell’udire la parola dottore
sia con un malore di qualcuno, interpretazione probabilmente influenzata dal forte scetticismo della
domestica. Tillie non perde occasione per lanciare frecciate alla condizione sociale e professionale
di John, come è già stato esaminato nella sezione 2.2.2. Poco dopo, in un dialogo privato tra Matt
e Christine Drayton, marito e moglie parlano di John. Matt ha appena concluso una telefonata con
la sua segretaria per raccogliere informazioni sul conto di John. Una volta riattaccato dice a
Christine:
Capisco perché ha detto così poco su se stesso. Chi avrebbe mai potuto credergli?
In un momento successivo, Christine raggiunge Matt in giardino dopo che entrambi hanno avuto
una conversazione rispettivamente con Joey e con John. Matt è rimasto molto impressionato dal
progetto di formazione per dottori seguito dal dottor Prentice e si ritrova a confidare alla moglie:
I asked him how he got so far. You know, he's onIy 37. He said he thought he got the best
breaks because everybody he met didn't want him to think they were prejudiced against him.
Gli ho chiesto come ha fatto ad affermarsi così presto. Ha solo 37 anni. Mi ha detto che è
sempre stato favorito perché tutti quelli che incontrava non volevano che lui pensasse
avessero pregiudizi razziali.
Il legame tra le due battute è evidente: il fatto che si voglia insistere su questo aspetto non è
certamente una scelta casuale da parte dello sceneggiatore e ritrova una sua giustificazione nel
modo di pensare del pubblico. Consideriamo per un momento un lavoro condotto da T.A. Van Dijk
(1987), sul modo in cui atteggiamenti razzisti vengono diffusi attraverso le conversazioni quotidiane.
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Per questo progetto di ricerca sono state raccolte numerose conversazioni casuali tra parlanti di
nazionalità olandese e americana. Di particolare interesse per il presente studio sono soprattutto le
seconde, dal momento che proprio la California è stata scelta come stato campione. Nelle interviste
sembrano prevalere i pregiudizi classici. Ormai si evita di riproporre esplicitamente vecchi
stereotipi, quali la pigrizia (soprattutto riferita a persone di colore), e si preferisce piuttosto farlo in
modo indiretto attraverso considerazioni relative all’istruzione e alle opportunità di lavoro. Gran
parte degli americani accoglie di buon grado il principio teorico di pari opportunità, ma quando si
tratta di applicarlo alle situazioni concrete vorrebbe contrastarlo. È significativo che tra gli argomenti
emersi dalle interviste compaia la voce “Sono favoriti (per es. nel lavoro)” (van Dijk 1987:57).
Questa considerazione ben si concilia con la battuta di Tracy che, pur essendo intesa in via
scherzosa, pare proprio rispecchiare l’atteggiamento appena descritto. Il fatto che sia Tracy a
pronunciare la battuta riportando le parole del dottore porta la battuta stessa ad essere di duplice
interpretazione dal momento che il dottore non viene ritratto nell’atto di pronunciarla: da un lato
potrebbe indicare che il dottore abbia tratto vantaggio dalla sua condizione “privilegiata” per far
carriera, senza meritarsi la posizione raggiunta; dall’altro potrebbe venire intesa come una
sottolineatura del fatto che il dottore sia riuscito a far carriera indipendentemente dai favoritismi e
che ora si esprima in questo modo per pura modestia. Considerando l’impostazione di fondo del
film e il momento in cui la battuta viene inserita, si può azzardare che l’interpretazione corretta sia
la seconda.
Si potrebbe avanzare l’ipotesi che con il passare degli anni ci si sia lasciati alle spalle tutti questi
pregiudizi e preconcetti nei confronti delle razze non bianche. Per verificare questa affermazione
non resta che esaminare i dialoghi di Indovina chi?. Stavolta l’ambientazione della pellicola è
moderna: la New York e il New Jersey di oggi. Il contesto sociale è mutato è più liberal, più aperto
alla diversità e Theresa non manca di far notare a Simon che, secondo lei, suo padre non è
prevenuto:
E non credo che dia importanza al fattore razziale.
Ma a questo punto la cinepresa stacca per rivelare la conversazione tra Percy e la moglie in
cucina:
Percy:
… non è perché è bianco…
Lei:
Sei sicuro?
[Percy scuote la testa con aria colpevole]
62
Più avanti, al momento della grande cena a tavola cui prende parte anche il nonno, si manifestano
dei pregiudizi più marcati da parte delle persone più anziane. Simon si ritrova a riconoscere
apertamente, e non più solo con Theresa, che esistono degli ostacoli:
Il solo modo per abbattere le barriere è dire le cose apertamente, giusto?
Ma, come già accennato, la resistenza più accanita viene offerta dal nonno in diversi momenti:
dopo che Simon, imitando sua nonna, ha riferito un apprezzamento dell’anziana signora per la
capigliatura di Theresa:
Nonno:
You don't call my grandchild no nappy head! Did she say that while putting
on a sheet for the Klan rally?
Testolina crespa a mia nipote! Che cosa voleva dire per la miseria? Che
poi va anche al raduno del Ku Klux Klan?
Vedendo la reazione del nonno, Simon si affretta a rimediare come può e, non potendo rimangiarsi
quello che ha detto, cerca di giustificare la nonna, senza tuttavia avere molto successo:
Simon:
She's 82. She comes from a different time.
Ha 82 anni, è solo una donna di altri tempi.
Nonno:
I'm 74 and I come from a different time.
Io ne ho 74 e sono di altri tempi.
Simon:
I'm really sorry about what my grandmother said but there are some people
you're just never gonna change - as much as you'd like to.
Sentite, mi dispiace molto di quello che ha detto mia nonna ma ci sono
persone che non potremo mai cambiare, anche provandoci, in mille anni.
Finita la cena, Theresa, fino a quel momento fortemente convinta che la sua decisione non
avrebbe in alcun modo turbato gli equilibri familiari, si ritrova a confessare al padre le sue paure e
Percy conferma il suo scetticismo nei confronti di Simon:
Theresa:
Ho paura. Va bene? Ho tanta paura papà. Le cose ora sono diverse, i
tempi sono cambiati. Dovresti sentire quello che ci dice le gente certe volte,
e il modo in cui ci guarda.
Percy:
Dirti che sono d’accordo non cambierà il mondo.
63
Al momento di questa confessione Theresa non è al corrente che Simon si è licenziato dal lavoro
e, quando lo scopre, si infuria con lui e mette in discussione in loro rapporto. Percy dopo aver
riflettuto a lungo, capisce il motivo della scelta di Simon: il suo datore di lavoro non approvava la
relazione tra Simon e Theresa. Il leit motiv del licenziamento si richiama direttamente alla pellicola
originale, dove a rimetterci il posto non era stato uno dei protagonisti, bensì la socia della Hepburn
alla galleria d’arte che viene licenziata per una fulminea quanto inderogabile decisione della
Hepburn per aver espresso dei dubbi sull’unione dei due giovani.
L’atteggiamento di Keisha, sorella di Theresa, si differenzia molto da quelli sin qui esaminati, non
tanto perché dimostri di benvolere Simon, quanto per la sua prima reazione alla vista del ragazzo.
La battuta, che segna l’ingresso di Keisha nel film e racchiude tutta l’esuberanza del personaggio
dal momento esatto in cui mette piede in casa, cattura l’attenzione di tutti:
Where is he? Girl! Oh, my God. Are we being audited?
Lui dov’è, lui dov’è? Oh mio Dio! Un’ispezione fiscale?
Dalle sue prime parole appare chiaro che si aspettava di trovare uno sconosciuto in casa, ma la
sua reazione e la sua espressione dimostrano che inconsciamente non era pronta a trovarsi
davanti un bianco. Nel vedere Simon ha un attimo di disorientamento, attribuendogli subito dopo il
ruolo di ispettore fiscale un funzionario governativo, rappresentante della burocrazia che si insinua
nelle case alla stregua di un Grande Fratello. Keisha si riprende in fretta dalla sorpresa e, appena
ha l’occasione, si fa raccontare i dettagli della relazione dalla sorella. Durante la conversazione,
che si svolge in camera di Theresa, vengono rispolverati alcuni degli stereotipi standard riguardanti
i bianchi. Theresa racconta a Keisha i loro rapporti intimi dicendo:
Okay. You know that thing they say about the size? Completely the opposite. They're huge.
And not only are their penises big, but they can sing. When they get excited, they sing up a
storm. They know a million tunes. They're like big iPods.
Sai che si dice delle loro dimensioni? Ah, completamente l’opposto. Ce l’hanno enorme. E
non solo hanno i piselli grandi. Ma cantano anche. Quando è eccitato si mette a cantare.
Conosce un milione di pezzi. È meglio dell’ipod!
Esistono dei pregiudizi e degli stereotipi che vantano una particolare diffusione e che si riferiscono
sia a persone bianche che di colore. Gli stereotipi più frequenti riguardano il ballo e il canto,
categorie all’interno delle quali si possono poi individuare dei sottogruppi che comprendono senso
del ritmo, conoscenza di canzoni, l’essere intonato, la capacità di muoversi ecc.
64
Nelle conversazioni riguardanti i gruppi etnici è comune che si propongano alcuni stereotipi che poi
si analizzano e commentano: alcuni li rifiutano tout court definendoli razzisti o parole vuote, altri
manifestano dei dubbi mentre altri ancora accettano lo stereotipo come realtà verificabile.
All’interno della lista seguente si possono individuare alcuni esempi che risultano particolarmente
significativi per la presente analisi, e che vengono riportati qui di seguito distinti per le due razze.
NERI / AFRICANI
BIANCHI / CAUCASICI
-
Organi riproduttivi maschili più sviluppati della
-
Organi riproduttivi maschili di medie dimensioni
media
-
Non sanno ballare
-
Atleti e corridori validi e forti
-
Alle donne manca il didietro
-
Apprezzano la musica, hanno un buon senso
del ritmo e sono buoni ballerini
Nel remake Indovina chi? gli stereotipi non vengono solo proposti per mostrare le opinioni comuni
della gente e per sottolineare come sia difficile sfatare certe convinzioni diffuse. Indovina chi? è un
film dove la comicità è parte integrante della sceneggiatura e le battute o le scene inserite per puro
intrattenimento abbondano. Si arriva persino al punto che uno stereotipo viene preso e ribaltato
adattandolo alla diversa prospettiva: verso la conclusione del film, Percy presenta ufficialmente
Simon agli invitati e al resto della famiglia, servendosi di tre aggettivi.
He's broke, unemployed, and he's white.
È al verde, è disoccupato ed è bianco.
Se si considera che la maggioranza dei presenti è di colore, ci troviamo di fronte ad un
ribaltamento dello stereotipo precedentemente evidenziato, con l’attribuzione di stereotipi per i neri
ad un personaggio bianco.
3.3.3 IL RAZZISMO DEI PRONOMI PERSONALI
Sia l'omofobia che l'antisemitismo condividono l'inclinazione ad attribuire un enorme potere alle
vittime prescelte: "loro" controllano tutto o "loro" stanno cercando di prendere il potere. Negli anni
Ottanta il "multiculturalismo" divenne un'espressione di moda e può essere considerata un attacco
al concetto di eurocentrismo. La visione eurocentrica considera il mondo da un'unica prospettiva
privilegiata, dividendo il mondo tra “Occidente” e “il Resto”, e organizza il linguaggio in una
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gerarchia binaria, implicitamente adulatoria nei confronti dell'Occidente: la “nostra” nazione, le
“loro” tribù, le “nostre” religioni, le “loro” superstizioni, la “nostra” cultura, il “loro” folklore.
Tale tendenza non si manifesta unicamente a livello europeo: dallo studio condotto da Van Dijk in
California risulta che le storie che si raccontano sulle minoranze vengono ritenute una “prova” per
dimostrare che le minoranze hanno degli atteggiamenti criminali e spesso sono causa di problemi,
soprattutto per infrazioni della legge o per le abitudini della “nostra” società e che “noi” soggetti
parlanti siamo la vittima di tali azioni.
Questa gerarchia binaria, che si esprime tra l’altro attraverso il linguaggio e in modo particolare
attraverso i pronomi personali e gli aggettivi possessivi, risulta quanto mai marcata in situazioni
come quelle rappresentate nei film che vedono la contrapposizione diretta di personaggi bianchi e
di colore, ai quali questi particolari non sfuggono, come dimostrato dall’esempio qui riportato. Si
tratta di uno scambio animato nel quale sono coinvolti Simon, Theresa e Percy. Secondo Theresa
la diversa pigmentazione comincia a costituire un problema per Simon e ogni piccola sfumatura
viene presa come prova a favore della tesi, grazie anche al contributo di Percy.
Theresa:
That means that you care that I'm black?
Simon:
No. It doesn't matter what I say. You people are gonna think I'm a racist.
Percy:
You hear that? "You people."
Theresa:
Allora a te importa che io sia nera?
Simon:
No. Qualsiasi cosa dica voi altri penserete sempre che sono un razzista.
Percy:
Hai sentito? ‘Voialtri’?
È possibile individuare un altro esempio tratto da Indovina chi viene a cena?, dove la
conversazione tra due persone di razza diversa, il dottor Prentice e Tracy, si presenta amichevole
e del tutto casuale; ciononostante l’uso pronominale non passa inosservato:
Prentice:
It's our dancing, and it's our music. We brought it here. I mean, you can
do the Watusi... but we are the Watusi.
Prentice:
Sono danze nostre, è musica nostra. L’abbiamo portata noi. Voi potete i
mitare i watussi… ma noi siamo i watussi.
È interessante notare come il dottore si identifichi totalmente con le sue origini africane ed è il
“suo” popolo ad avere determinate danze e musiche, che bianchi non possono far altro che
imitare. Il dottore non rinnega mai l’appartenenza alla sua razza, anzi la sottolinea. Questa scelta
in qualche modo stona con l’impostazione del film, che cerca di superare le divisioni e raggiungere
l’armonia nei rapporti, in quanto da una battuta innocua, si potrebbe originare un dibattito molto
66
acceso. Riconoscendo l’utilizzo marcato dei possessivi, la traduzione italiana propone una
versione che rispetta la proporzione 1:1 tra l’inglese e l’italiano, trovando il modo di esplicitare i
pronomi anche in quei casi nei quali il loro utilizzo in italiano non sarebbe necessario.
Singolare nel panorama sin qui esaminato appare la posizione di Tillie:
You're one of those smooth-taIkin', smart-ass niggers just out for aII you can get, with
your bIack power and alI that other troubIe-makin' nonsense.
Tu sei uno di quegli imbroglioni e furbacchioni di negri sempre a caccia di scemi col
vostro potere negro e tutte le altre balle del genere
In questa battuta, già significativa per la scelta dei termini, emerge un ulteriore elemento
interessante. Tillie parla al dottore del “vostro potere negro” (“your black power”), evidentemente
escludendo la sua persona. Qui Tillie si tira indietro, quasi rinnegando la sua appartenenza alla
stessa razza del dottore e sorprende che senta la necessità di veder abbattute le barriere tra le
persone in nome di valori più alti. Mostra disprezzo nei confronti dello stesso black power
movement che aveva appena contribuito ad affermare l’ideale di uguaglianza sconfiggendo le Jim
Crow Laws. Tillie non condivide la foga delle giovani generazioni ad affermare i proprio diritti,
dimostrandosi radicata nella sua posizione subordinata. Non condivide l’idea di matrimonio misto e
accusa il dottore di ingrossare le fila dei sostenitori della lotta per i diritti civili, senza porsi il
problema se la sua ipotesi sia fondata o meno. Anche se il film non smentisce esplicitamente Tillie
fa capire chiaramente che ciò che interessa al dottore non è la scalata sociale, bensì ricevere la
benedizione dalla famiglia per coronare il suo amore.
Gli anni Ottanta e Novanta furono testimoni di un tentativo di portarsi al di là degli studi focalizzati
su gruppi isolati (afroamericani, nativi americani, latini) a favore di un approccio di tipo relazionale.
In quel periodo si registrò anche l'inizio dei primi studi sull'”essere bianco” (whiteness) in risposta
alla richiesta degli studiosi di colore di sviluppare un'analisi dell'impatto del razzismo non solo sulle
sue vittime, ma anche su coloro che lo sostengono, esaminando il processo in base al quale il
concetto di 'razza' viene attribuito agli “altri”, mentre i bianchi sono tacitamente scelti come unità di
misura. Sebbene l'essere bianco (così come l'essere nero) non abbia alcuna base scientifica, è
innegabile che si tratti anche di un fatto sociale con tutte le reali conseguenze ad esso legate per
quanto riguarda la distribuzione della ricchezza, il prestigio e le opportunità. Gli studi in questo
senso, sono volti a rimuovere l’equazione “essere bianco = norma”, attirando l'attenzione sui
privilegi che vengono dati per scontati e che si associano a questa condizione. Allo stesso tempo
però, con tali studi si corre il rischio di ritornare ad imporre una condizione di normalità, per cui la
67
cosa importante è mantenere vivo il senso della diversità senza ridurre il discorso ad una facile
sintesi.
3.4 Scorrettezza politica: insulti e barzellette
Il movimento PC, oltre a trovarsi in un momento di calo di popolarità, si è fatto dei nemici tra
studiosi ed accademici quanto meno in Italia, dove comunque non è mai riuscito ad affermarsi
come moda, rimanendo una prerogativa dei paesi anglosassoni. Secondo gli studiosi italiani il PC
risulterebbe pericoloso per l’eccessivo buonismo che promuove, portando a reprimere
l’aggressività che resta così inespressa: ne deriva che il “politicamente scorretto” non è da
disprezzare, anzi, serve a rivalutare la dimensione del conflitto, a misurarsi con la realtà ed a
riscoprire il coraggio della diversità, liberandosi dell’uniformità conformista. L’essere di colore e la
diversità che si può riscontrare tra gli individui sono portatori di valori specifici minacciati a loro
volta dalla tendenza a glissare sugli aspetti “scomodi” con il risultato di annientare l’individuo. La
libertà non è infatti da ricercarsi nell’assenza di identità.
Il problema non è limitato all’aspetto terminologico: la stagione del politicamente corretto ha
conciso con il movimento per i diritti civili. Solo in tempi più recenti si sono conquistate la parità
sessuale e razziale, il rispetto delle minoranze e dei diversi stili di vita ma, ciò nonostante, il livello
di intolleranza nella società occidentale resta alto. Se anche l’attenzione è stata diretta al
linguaggio e al modo di esprimersi, non si può dire altrettanto dell’educazione al rispetto. Valentina
D’Urso (1997) sostiene che il PC non debba venir liquidato e bollato come “eccesso ipocrita”:
l’uomo è un animale culturale i cui comportamenti sono dettati dal contesto sin dalla nascita. Una
precoce educazione alla diversità e al contenimento del senso di superiorità, origine dello scherno
nei confronti del prossimo, sono fondamentali per una crescita spontanea nel segno del rispetto. Il
rischio sta nell’interiorizzare troppo precocemente i precetti del PC, per ritrovarsi poi ad usarli
senza sforzo. In questo modo si perdono di vista dei principi etici irrinunciabili che costituiscono
non il politicamente corretto, bensì l’umanamente corretto.
3.4.1 INSULTI
Nella vita di ogni giorno non mancano le occasioni per mettere alla prova l’umanamente corretto se
non addirittura il PC stesso. Il rispetto è una qualità che oggi più che mai è messa a dura prova e
sottomessa irrimediabilmente alla legge del più forte. Si potrebbero stilare elenchi interminabili di
situazioni dove il rispetto viene a mancare. Due di queste situazioni vengono presentate in queste
due sezioni operando le debite distinzioni, dal momento che le premesse da cui derivano sono
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molto diverse tra loro. In questa sezione l’attenzione si concentrerà sugli insulti, o ethnophaulisms
o ancora ethnic slurs, tutti nomi per definire l’espressione offensiva a sfondo razziale. Tuttavia non
sono le ingiurie a costituire il focus del presente lavoro, per cui ci si limiterà a citare gli esempi
presenti nei film in esame e a spiegarne il significato. Per questo lavoro ci si può riferire solo agli
esempi presenti in Guess Who? e non è difficile immaginare, alla luce di quanto detto finora, i
motivi per cui in Guess Who’s Coming to Dinner? non ci sia nessuna traccia di insulti, se si
prescinde da Nigger di cui si è già trattato in precedenza.
Lo scambio di seguito riportato è tratto dalla scena della cena, la stessa nella quale Simon
racconta barzellette di dubbio gusto sui neri. Non a caso si è scelto di inserire la serie di invettive
contro i bianchi nella stessa scena, quasi a voler controbilanciare il cedimento nell’equilibrio del
film, ed a pronunciarle sono Percy e il nonno, che si alternano in una specie di gara a chi trova
l’espressione più divertente e screditante.
-
-
You don't hear me calling white folks honky
and flat-ass!
Casper.
Cracker.
Ofay.
Peckerwood.
Wonder bread.
Bird shit.
Bird shit?
It's almost white.
-
Ma non mi senti chiamare i bianchi culi
flaccidi!
Fantasmi.
Caccole.
Catarri.
Chiappe chiare.
Palle mosce.
Cacate di uccello.
Cacate di uccello?
A volte sono bianche.
Questo scambio di battute risulta particolarmente interessante per questo lavoro: un vero e proprio
assalto verbale nei confronti dei bianchi in generale e di Simon in particolare. Analizzando i singoli
termini individualmente si ricava che sono tutte espressioni appartenenti al linguaggio offensivo
delle comunità di colore, che definiscono i bianchi dal loro punto di vista.
Honky o honkie: pronunciato da una persona di colore indica una persona di pelle bianca. Deriva
probabilmente dal nome "Honky Tonk", relativo a un genere musicale (sorto nei locali notturni di
New-Orleans e del sud degli Stati Uniti ai primi del ’900) che consiste nel suonare il pianoforte in
modo molto ritmato e veloce. Un’altra teoria fa derivare l’espressione dal termine "Hunky", termine
spregiativo per indicare gli immigrati dell’Europa centro-orientale, letteralmente “ungherese” (e
"Bohunk") che fa riferimento agli immigrati di origine slava e ungherese, cambiato in "Honkey" per
indicare tutte le persone dalla pelle bianca. Secondo altri potrebbe derivare dal termine di lingua
wolof "Honq" che significa rosso o rosa e viene usata per indicare un bianco. Infine un’altra ipotesi
vuole che il termine derivi dall’abitudine dei bianchi di suonare il clacson (“to honk the horn”) per
attirare l’attenzione delle prostitute e lounge singer nella Harem degli anni Venti.
69
Flat ass - (cfr. 3.3.2): L’espressione si riferisce in particolar modo alle donne bianche che, a
differenza delle donne di altre razze, non sono molto formose e tendono a non avere un
fondoschiena molto pronunciato.
Casper: spesso completato dalla dicitura “the unfriendly ghost” dal nome del fantasmino dei
cartoni notoriamente bianco, usato per indicare una persona bianca abbastanza cattiva. Secondo
alcuni viene usato anche per riferirsi agli asiatici che vivono negli Stati Uniti.
Cracker: indica una bianco povero (soprannome dei nativi della Georgia e della Florida) ma era
anche l’espressione usata dagli schiavi per riferirsi al padrone bianco. Al termine si attribuiscono
diverse origini: da “corncracker”, cioè chi distilla il whisky di cereali, dal suono 'crack' prodotto dalla
frusta usata dal padrone di schiavi o ancora dal modo di dire "white as a soda cracker", soda
cracker indica una galletta sottile che ha la caratteristica di venir fatta lievitare grazie al bicarbonato
di sodio. Secondo un’altra ipotesi il termine si riferisce ai coltivatori degli stati dei Sud degli Stati
Uniti non abbastanza ricchi per possedere degli schiavi e quindi costretti a coltivare da soli la
propria terra. È un termine offensivo, usato anche sul set di Via col vento.
Ofay: individuo di razza bianca. La sua etimologia latina è meno rilevante della storia del termine:
le prime occorrenze registrate risalgono ai primi decenni del XX secolo, ma è probabile che fosse
in uso già da molto prima se, come alcuni studiosi sostengono, è un prestito da una lingua
africana. Tra il XVII e il XIX secolo i commercianti europei avevano fondato delle basi commerciali
costiere sul territorio oggi occupato dalla Nigeria. L’etnia Ibibio si serviva del termine afia per
indicare qualcosa di “bianco o di colore chiaro” che avrebbe potuto indicare proprio i commercianti
europei. Secondo altri potrebbe risalire dal termine ofe degli Yoruba che veniva pronunciata per
esorcizzare i pericoli; successivamente il termine è stato applicato ai bianchi in quanto considerati
un pericolo per le persone di colore durante l’epoca dello schiavismo.
Peckerwook: indica un bianco povero, nello specifico delle zone rurali del Sud degli Stati Uniti, e
deriva da red-necked woodpecker. Woodpecker significa picchio e red-neck indica una persona
che proviene dalle zone agricole del Sud e per esteso un razzista. Quest’ultima espressione è
stata usata esclusivamente per i bianchi che vivevano in campagna e che mostravano di avere dei
forti pregiudizi e l’origine del termine si deve alle arrossature presenti sul collo dei contadini dovute
al sole; infatti, si parla proprio di "farmer's tan" cioè di “abbronzatura da contadino”. Col tempo
l’utilizzo del termine è diventato sempre meno frequente e oggi viene inteso in senso estensivo,
cioè include ogni persona razzista bianca.
Wonder bread: Wonder Bread è una famosa marca di pane bianco da cassetta e spesso viene
associato a qualcosa di bianco e insipido. Con l’aggiunta di wop, indica una persona di origine
70
italiana che si è perfettamente inserita nella cultura nordamericana, più precisamente nella vita di
periferia, per intendere che non sa come gestire un’attività commerciale.
Bird shit: legato al fatto che gli escrementi degli uccelli sono solitamente bianchi. Si potrebbe
ipotizzare che l’espressione non sia tra le più comuni considerata la sorpresa di Percy nell’udirla,
tanto che il nonno si sente in dovere di fornire una breve spiegazione. Tuttavia compare negli
elenchi di espressioni offensive, quindi la sua esistenza è accertata al di fuori del film.
Da questa breve analisi dei termini utilizzati in Indovina chi? e riferiti ai bianchi si possono trarre
alcune conclusioni. I criteri per la scelta dei termini sono molteplici: si scelgono oggetti della vita
quotidiana o marche di prodotti con determinate caratteristiche, ci si richiama ad abitudini e stili di
vita o professioni, si creano associazioni originali con tutto ciò che sia in parte bianco e ripugnante
o fastidioso, si sottolineano aspetti fisici carenti, o infine si fa riferimento ad eventi storici attraverso
termini la cui etimologia è incerta e si perde nel tempo.
3.4.2 BARZELLETTE
Nel suo libro Implicit meaning, l'antropologa Mary Douglas (1975) esamina il ruolo che hanno le
barzellette nel definire e individuare i punti di tensione o di transizione all'interno di una cultura:
solo una linea sottile separa la barzelletta dall'insulto. La barzelletta esprime una prospettiva
propria di una cultura, che rappresenta un sentimento comune e condiviso ma che raramente trova
espressione. Quando una barzelletta dà voce a idee ormai largamente accettate diventa banale e
non fa più ridere; ma quando una barzelletta racconta qualcosa che la società non è ancora pronta
a sentire allora diventa un insulto o viene definita oscena.
Cominciamo innanzitutto col considerare quali processi racchiude una barzelletta. La prima
osservazione da fare è che raccontare barzellette è un'abitudine specifica e significativa
riconosciuta come tale da chi racconta e dal pubblico. Si tratta di una specie di tacito contratto
sociale, ovvero una sorta di accordo in base al quale si accetta che il mondo sociale in cui ci si
trova farà da sfondo alla barzelletta. Per procedere è necessario il consenso o quanto meno
l’accettazione che si tratterà di una barzelletta “per noi” e il riconoscimento che vi saranno
determinate abitudini sulle quali si farà dell'ironia. Gran parte delle barzellette funzionano sulla
base di un’esperienza o di un'incoerenza tra ciò che ci si aspetta e ciò che effettivamente accade
nella barzelletta. Ma perché si possa riconoscere l'incoerenza della barzelletta in quanto tale, è
necessario che vi sia una coincidenza tra la struttura della barzelletta e la struttura sociale reale.
Spesso i problemi nascono a proposito di quelle che gli antropologi definiscono joking relations: in
ogni cultura ci sono regole, a volte implicite e spesso esplicite, su ciò che si può mettere in ridicolo
71
e su quali sono i contenuti appropriati per l'umorismo in determinati contesti. In periodi di ansie
sociali diffuse, queste regole sono controllate con maggiore attenzione e le trasgressioni vengono
severamente punite. Invece, in periodi di maggiore sicurezza, queste regole vengono sospese e i
limiti diventano meno rigidi, ma resta irrisolto l'interrogativo su chi debba determinare quali
barzellette sono accettabili e quali no. Nell'ascoltare una barzelletta, quindi, si presuppone il
riferimento ad un mondo sociale condiviso, le cui sembianze sono messe alla berlina dalla
barzelletta. Raccontare barzellette è un gioco a cui si può partecipare solo se entrambi i giocatori
conoscono e rispettano le regole. Accettando le regole e poi raccontando una barzelletta si viene a
creare una certa tensione nel pubblico; questa tensione rappresenta l’aspettativa che aumenta
man mano che il climax viene raggiunto, finché la barzelletta non si risolve e nell'udire la
conclusione la tensione sparisce e si gode il momento divertente.
Le barzellette giocano sull'aspetto formale e mettono alla berlina le pratiche accettate e condivise
di una determinata società. L'assurdità dell'aspetto umoristico dimostra la marcata coincidenza tra
la struttura sociale reale e la struttura evidenziata nella barzelletta ed inoltre si oppone alle
strutture stesse: l'aspetto irriverente mostra la pura casualità o arbitrarietà dei riti sociali nei quali la
comunità si impegna. Evidenziando l'aspetto contingente dello scherzo, l'umorismo può modificare
la situazione nella quale ci si trova e può arrivare persino ad avere una funzione critica nei
confronti della società. Le barzellette contribuiscono alle trasformazioni sociali perché obbligano il
pubblico ad affrontare le contraddizioni del proprio modo di pensare. Hanno valore proprio perché
gli effetti di una barzelletta saranno diversi in contesti diversi. Come scrive Frank H. Wu, docente
alla Howard University Law School (citato in Jenkins 2006):
Race is meaningless in the abstract; it acquires its meanings as it operates on its
surroundings. With race, the truism is all the more apt that the same words can take on
different meanings depending on the speaker, the audience, the tone, the intention and
the usage1.
Come si può allora distinguere una barzelletta razzista da una barzelletta sul razzismo tanto più se
vengono raccontate in modo inespressivo? È facile trovare degli esempi dove le barzellette
ironizzano sulle minoranze come fosse un esercizio di potere, ma non bisogna dimenticare che ci
sono molti modi attraverso i quali la comicità si prende gioco del razzismo. Ci sono delle barzellette
che sono divertenti per il solo fatto di essere politicamente scorrette, cioè perché mettono alla
berlina chiunque intenda mettere dei freni al linguaggio, e delle altre che negano l'esistenza delle
razze e del razzismo semplicemente perché non ne parlano per niente. Nonostante la
1
Il concetto di razza non ha significato se esaminato come un’astrazione: acquista significato se considerato
all’interno di un contesto. Parlando di razze, è una verità lapalissiana che le stesse parole possano
assumere significati diversi a seconda di chi le pronuncia, di chi le ascolta, del tono, dell’intenzione e dell’uso
che se ne fa.
72
proliferazione di barzellette, è raro ormai trovarne una che si ricordi a distanza di un giorno o che
abbia causato dibattiti a distanza di anni.
Sono stati compiuti sforzi notevoli perché il pubblico superasse la semplice dicotomia bianco/nero
e allargasse la prospettiva ad una più ampia diversità razziale. Gli ultimi trend demografici
mostrano che l'America si sta rapidamente avvicinando ad una condizione in cui saranno i
“bianchi” di una volta ad essere in minoranza, senza che però il loro posto venga preso da una
nuova maggioranza: l'America sta diventando etnicamente eterogenea come mai prima d’ora. Il
motivo per cui la società di oggi ha così tanta difficoltà nell'individuare un confine tra la barzelletta
e l'oscenità potrebbe essere riconducibile al fatto che, a differenza delle culture tradizionali, non ha
un unico ordine morale cui fare riferimento e che non ci sono confini stabiliti di comune accordo tra
l’una e l’altra. D’altra parte l'accettabilità sociale dell'umorismo è stata facilitata in gran misura dallo
sviluppo di diverse nuove prospettive sulla risata: per diversi secoli, la visione dominante
sosteneva che la risata fosse scatenata dalla bruttezza o dalla deformità dell'oggetto di scherno
(Douglas 1975 citata in Jenkins 2006).
Gran parte dell'umorismo ha una componente reazionaria, in particolare l'umorismo di tipo etnico,
nel senso che attraverso la barzelletta si individuano dei capri espiatori, e per questo deve essere
analizzato e deve far riflettere. L'umorismo di tipo reazionario racconta delle verità importanti su chi
siamo. Le barzellette si possono perciò leggere come dei sintomi di una repressione sociale e il
loro studio può portare a rivelare una natura insospettata e che forse si preferirebbe non scoprire.
Michael Mulkay (1988:219) sostiene che, se anche l'umorismo di fondo è impotente nel produrre
un cambiamento nel mondo reale, la sua analisi è importante perché mostra l’ambiguità, la
contraddizione e il paradosso, favorendo allo stesso tempo molteplici interpretazioni del mondo.
L'umorismo è "coerentemente incoerente o incoerentemente coerente"1 e proprio grazie a questa
sua caratteristica mostra le realtà molteplici del mondo sociale meglio di quanto non sia possibile
fare con la serietà. La posizione di Mulkay contrasta con la prospettiva antropologica classica
portata avanti dall'antropologa inglese Mary Douglas (1968) che ha descritto l'umorismo delle
barzellette un anti-rito:
a joke has it in common with a rite that both connect widely differing concepts. But the kind
of connexion of pattern A with pattern B in a joke is such that B disparages or supplants A,
while the connexion made in a rite is such that A and B support each other in a unified
system. The rite imposes order and harmony, while the joke disorganizes. […] great rituals
create unity in experience. They assert hierarchy and order. […] But jokes have the
opposite effect. They connect widely different fields, but the connexion destroys hierarchy
1
“Consistently inconsistent or inconsistently consistent.”
73
and order. They do not affirm the dominant values, but denigrate and devalue. Essentially
the joke is an anti-rite (1968:369).1
Richiamandosi alle considerazioni della Douglas sull'umorismo come anti-rito, James Scott (1985)
ha suggerito che l'umorismo può costituire una delle "armi del debole". Scott sostiene, infatti, che
le elite sono responsabili di diverse azioni di dominio pubblico e che queste manifestazioni di
potere si scontrano con le forme più subdole di protesta e insubordinazione dei gruppi subordinati,
quali racconti popolari, gossip, dicerie, lamentele o umorismo. L'umorismo può in fatti funzionare
da arma per il debole, in quanto facilita una forma di resistenza che non corre rischi inutili e che
“copre le proprie tracce” (Scott 1985:278). Ma non bisogna dimenticare che la risata ricade anche
tra le armi del potente: in altri termini l'umorismo come espressione e manifestazione di potere
(classista) è potenzialmente sia conservatore che liberatore.
Nonostante si sia appurato che il confine tra scherzo e insulto è quanto mai confuso e soggettivo,
non si può negare che la realtà spesso propone anche delle situazioni in cui è il puro astio
xenofobo a prevalere, come nelle barzellette a sfondo razzista, diffuse capillarmente su internet. In
questo caso non si sta semplicemente scherzando su un gruppo di persone scelto come capro
espiatorio, come accade ad esempio in Italia con i carabinieri. Si tratta di barzellette molto più
feroci il cui leitmotiv è in genere l’ottusità o l’ignoranza, e che insistono sull’animalità o
insignificanza della persona di colore.
Gli esempi di barzellette proposte in Indovina chi? giocano proprio sul filo sottile che divide l’offesa
razzista da una battuta e, per quanto possano risultare di dubbio gusto, vengono accettate tutte
tranne l’ultima. Qui di seguito esse vengono riproposte nell’ordine in cui Simon le racconta con la
relativa traduzione che, per ovvi motivi di diversità di preconoscenze del pubblico, spesso ha
alterato completamente la barzelletta con risultati discutibili. Nei casi più eclatanti verrà fornita la
spiegazione della barzelletta originale.
- What do you call hundred black men buried in
the ground up to their neck?
- Come lo chiami l’odore delle scarpe da
ginnastica di cento uomini neri?
- What?
- Come?
- Afro-Turf.
- Afrore.
“Barzellette e riti sono accomunati dal fatto che entrambi associano concetti fortemente differenti. Il legame
tra gli elementi A e B in una barzelletta è tale per cui B scredita e soppianta A, mentre il legame tra gli
elementi di un rito fa sì che A e B si sostengano l’un l’altro in un sistema unico. Il rito esige ordine ed
armonia, mentre la barzelletta crea disordine. […] i grandi riti creano l’unione attraverso l’esperienza
condivisa. Pretendono ordine e una gerarchia. […] le barzellette invece sortiscono l’effetto opposto: uniscono
ambiti diversissimi, ma è il legame stesso a distruggere l’ordine e la gerarchia. Non sostengono i principi
dominanti ma li sminuiscono e sviliscono. Una barzelletta è sostanzialmente un anti-rito.”
1
74
In questo esempio la versione italiana è stata rimaneggiata, creando un gioco di parole con il
termine “afrore” che significa “odore penetrante e sgradevole, specialmente di sudore”. Per una
piena comprensione dell’effetto umoristico della versione originale, probabilmente servirà una
spiegazione della punch line, ovvero della battuta finale. Il termine Afro può riferirsi ad una persona
afroamericana, ma in particolare indica un tipo di acconciatura, chiamata appunto “afro”, che vuole
i capelli cotonati e vaporosi tutto intorno alla testa; turf letteralmente significa zolla o tappeto
erboso.
- So, what do you call...one black man being
chased by 300 white men?
- Cosa fa un uomo nero a circa 50 metri
sott’acqua?
- What?
- Cosa?
- The PGA Tour.
- La muta da sub.
- Tiger Woods. There it is.
Se in Italia si seguisse un po’ di più golf come sport non ci sarebbe stato bisogno di alterare la
barzelletta, che in americano è abbastanza trasparente. Il golf è uno sport praticato soprattutto dai
bianchi e da qualche anno a questa parte ha visto l’affermarsi di un fuoriclasse di nome Tiger
Woods, oggi considerato uno dei più grandi golfisti di tutti i tempi. Tiger ha origini africane,
tailandesi, cinesi e altre ancora ed ha per questo tratti asiatici ma la pelle scura. The PGA Tour è
un campionato di golf che Tiger ha vinto moltissime volte. Dal momento che resta in testa alla
classifica per gran parte del tempo, tutti gli atri giocatori non possono far altro che “inseguirlo” (“to
chase”). Per scongiurare la possibilità che qualcuno tra il pubblico non capisca la battuta, uno dei
personaggi si affretta a pronunciare il nome del campione, rendendo chiaro il riferimento.
- How do we know that Adam and Eve weren't
black?
- Come sappiamo che Adamo ed Eva non erano
neri?
- How?
- Come?
- You ever try to take a rib away from a black
man?
- Avete mai provato a togliere una costoletta ad
un uomo nero?
- Why don't black people like country music?
- Perché un uomo nero non ama i balli country?
- Why?
- Perché?
- 'Cause every time they say "hoe-down," they
think someone shot their sister.
- Perché quando balla sua sorella se la passano
tutti quanti.
Se la prima barzelletta è stata tradotta fedelmente perché riesce a creare un effetto comico, ma
anche perché era necessario giustificare la mimica di Simon, quest’ultima viene mantenuta in
75
parte, probabilmente per giustificare i commenti successivi allo scherzo. Si fa un chiaro riferimento
alla caratteristica dei balli country di fare frequenti cambi di coppia; per la comprensione di questo
aspetto si confida che il pubblico italiano abbia presente qualche scena di altri film dove si è messa
in luce questa caratteristica e, per non complicare ulteriormente la comprensione, si sceglie di
puntare su questo aspetto. La versione inglese richiede invece delle spiegazioni più approfondite:
l’effetto umoristico si gioca tutto intorno a “hoe-down”. Hoedown indica una festa con musiche e
balli popolari ma, separando le due parti della parola, si ottiene hoe, che è l’abbreviazione usata
dai rapper per la parola whore (prostituta, puttana); di norma poi l’utilizzo della preposizione down
da sola, dopo un sostantivo, indica la condizione di “abbattuto o a terra” a seguito di una
sparatoria. Alla luce delle osservazioni fatte, hoe-down si può leggere anche come “prostituta a
terra”, ma la barzelletta va ancora oltre con la generalizzazione che tutte le donne di colore sono
prostitute.
- What are three things that a black man can't
get?
- Quali sono le tra cose che non può procurarsi
un nero?
- What is that he can't he get?
- Cosa? Una sei tu!
- A black eye, a fat lip, and a job.
- Un occhi nero, un labbro gonfio e un lavoro.
Questa barzelletta conclude la serie e rovina irrimediabilmente l’atmosfera gioviale che si era
creata a tavola, perché si dimostra la più razzista. Probabilmente il problema deriva dal fatto che
chiama in causa degli stereotipi che non vengono accettati. La barzelletta si rivela sufficientemente
trasparente per poter venir trasposta in italiano senza la necessità di particolari adattamenti.
Gli studiosi insistono sull’urgenza di abbandonare la cosiddetta identiy poltics, che mira alla
conservazione delle differenti dimensioni identitarie forgiate da un nucleo di tratti culturali senza
possibilità di negoziazione, a favore di una politica che si basi sul coalition building, ovvero sulla
creazione di alleanze tra i diversi gruppi etnici. I problemi che possono derivare dalla razza non si
eliminano semplicemente evitando di parlarne, ma non è neanche possibile cambiare il modo di
pensare della società se si resta tra persone che la pensano allo stesso modo. Wu (2002) osserva
che, per far funzionare le coalizioni extra-gruppo, è necessario mettere a nudo le proprie opinioni,
affrontare i vecchi stereotipi, studiare le incomprensioni nella storia ed esprimere le proprie ansie e
paure. Non è possibile lavorare efficacemente sugli aspetti che dividono finché non si è pronti a
discuterne insieme.
76
4. Conclusioni
La presente trattazione si proponeva di operare un confronto su determinati aspetti del lessico tra il
film originale Indovina chi viene a cena? ed il suo rifacimento in chiave moderna, al fine di tracciare
l’evoluzione nella terminologia e nell’uso di determinate espressioni. Il lavoro svolto ha confermato
l’ipotesi iniziale evidenziando marche d’uso diverse tra oggi e quarant’anni fa. L’analisi condotta ha
tuttavia messo in luce numerosi altri aspetti di similitudine e differenza tra le due produzioni che
hanno richiesto degli approfondimenti su tematiche quali la correttezza e la scorrettezza politica.
Si è appurato che dagli anni Sessanta ad oggi c’è stata indubbiamente un’evoluzione
nell’accettabilità di certe espressioni e tematiche, quali la coppia mista, grazie anche all’affermarsi
del movimento Black Power prima e del PC poi. Tuttavia, nonostante l’apertura all’uguaglianza
sostenuta dal movimento per i diritti civili e l’involuzione di alcuni termini oggi considerati offensivi
ed obsoleti e nonostante l’affermarsi della moda PC che ha veicolato la nascita di una nuova
terminologia e la formazione di una classe media afroamericana, i due film testimoniano che
restano in vita numerosi pregiudizi non unicamente di tipo unilaterale. La correttezza politica si
rivela un’arma a doppio taglio e i film non si limitano a dare espressione ai pregiudizi, ma
inseriscono anche offese e barzellette a sfondo razziale in una situazione dove non era
necessario, pur cercando di mantenere un certo equilibrio tra le parti.
Le categorizzazioni dei gruppi sociali, le considerazioni sulle divisioni naturali tra le popolazioni,
l'attribuzione di tratti particolari e le teorie sull'origine delle differenze tra i gruppi sono tutti elementi
centrali per il discorso razzista (Miles 1982, citato in Wetherell & Potter 1992:14 ss.). Le descrizioni
razziali, anche se confutate dagli sviluppi della biologia e della genetica moderna, favoriscono
l’affermasi di una terminologia concettuale che mal si adegua alla descrizione della reale natura
delle relazioni all'interno di un gruppo.
L’evoluzione da Negro, colored, black ad African-American non sembra aver fatto granché per
estirpare la mala pianta del razzismo dalla società americana. Il discorso razzista è ideologico
perché è sia falso (non scientifico), che una forma parziale di conoscenza in difesa di una
particolare forma di interesse acquisito. A quarant’anni dall’indimenticabile “sermone del sogno” di
Martin Luther King si può affermare che molto sia cambiato in America, ma senza che si sia
approdati ad una soluzione radicale. Nelle metropoli americane si è formata una classe media di
professionisti afroamericani, che però non mancano di manifestare forti disagi psicologici, una
specie di crisi di identità latente, dovuta al fatto di non sapere con esattezza a quale comunità
appartenere, trovandosi in una specie di limbo “culturale e immobiliare tra il ghetto nero e il
sobborgo bianco” (Crisafulli 2004:76).
In sostituzione delle forme più esplicite di razzismo, se ne sta diffondendo una nuova, più subdola
e insidiosa: il “ New Racism”, il nuovo razzismo. Cominciato ad emergere alla fine degli anni
77
Settanta, si è affermato sotto la presidenza di Reagan prendendo, tra le altre, le forme di politiche
sociali e pubbliche, autorizzate dalle corti federali e dalle elite politiche americane.
L’economia capitalistica ha preso il posto delle leggi segregazioniste di un tempo: basti pensare
all’esitazione nel vendere le proprietà immobiliari ai membri delle minoranze etniche per
scongiurare una flessione nel valore della proprietà. Nel terzo millennio si ritrova un “razzismo
strisciante” veicolato da politiche sociali ed economiche che colpiscono le fondamenta del welfare
state ed il concetto stesso di pari opportunità con il risultato di emarginare soprattutto i neri
d’America e gli ispanici in molte realtà (economica, sociale, scolastica, culturale ecc).
Si può concludere sostenendo che i progressi fatti e i traguardi raggiunti in questi anni sono
certamente apprezzabili, ma non sufficienti a debellare la piaga del razzismo dalla società
moderna perchè le forme di discriminazione, per quanto subdole, continuano a manifestarsi anche
nella quotidianità. Non bisogna dimenticare però lo sforzo compiuto al livello delle organizzazioni
internazionali, ad esempio con le dichiarazioni sui diritti dell’uomo, per raggiungere un equo
trattamento di tutti gli esseri umani.
Tutti gli esseri umani appartengono ad un'unica specie ed hanno un'origine comune.
Nascono con pari dignità e diritti e insieme formano una parte integrante dell'umanità. Tutti
i popoli della terra hanno le stesse capacità di raggiungere il più alto grado di sviluppo
intellettuale, tecnico, sociale, economico, culturale e politico. Le differenze tra le conquiste
dei diversi soggetti sono interamente attribuibili a fattori geografici, storici, politici,
economici, sociali e culturali. In nessun caso tali differenze possono essere usate come
pretesto per una classificazione gerarchica di nazioni o popoli.
(Tratto dalla Dichiarazione sulla razza e i pregiudizi razziali adottata dalla conferenza generale
dell'UNESCO, 27.11.1978, articolo 1)
78
Appendice 1 – Schede Film
INDOVINA CHI VIENE A CENA?
TITOLO: Indovina chi viene a cena?
TITOLO ORIGINALE: Guess Who’s Coming to Dinner?
NAZIONALITÀ: USA
ANNO: 1967
DURATA: 108’
PRODUZIONE: Columbia Pictures
DISTRIBUZIONE: Tristar Home Entertainment
GENERE: Commedia
SITO UFFICIALE: np
REGIA: Stanley Kramer
INTERPRETI:
Spencer Tracy …………. Matt Drayton
Katharine Hepburn …… ..Christine Drayton
Sidney Poitier ………….. John Prentice
Katharine Hougton …….. Joey Drayton
Isabel Sanford …………. Tillie
Cecil Kellaway………….. rev. Ryan
Beach Richards………… Mrs. Prentice
Roy Glenn………………. Mr. Prentice
RATING: NR (Not Rated) (Adult Situations/Suitable for Children)
VISIONE CONSIGLIATA: Tutti
TRAMA:
Nella permissiva San Francisco, una coppia liberal progressista, Matt e Christine
Drayton, entra in crisi quando la figlia Joey presenta il suo nuovo fidanzato, il
medico nero John Prentice, conosciuto durante una vacanza alle Hawaii. La
ragazza è certa di non trovare difficoltà in famiglia dato che il padre è un giornalista
di tendenze liberali. Mentre la madre, proprietaria di una galleria d’arte, si schiera a
sostegno della figlia, il padre non si libera facilmente delle paure per il loro futuro,
nonostante gli insegnamenti impartiti a sua figlia. Anche il padre di John si oppone
tenacemente alle nozze, cui sono invece favorevoli la madre e monsignor Mike
Ryan, un sacerdote cattolico amico di famiglia dei Drayton. Lacerazioni e scontri,
che coinvolgono le due famiglie, mettono in discussione il rapporto genitore-figlio e
le posizioni dei vari personaggi nei confronti della società, ma alla fine i due
fidanzati ricevono l’inevitabile consenso al cospetto dei rispettivi genitori riuniti
apposta per l’occasione. La coppia Tracy-Hepburn “testimonial di lusso del
movimento antirazzista moderato degli anni Sessanta” si ritrova sullo schermo e
consente al film di ottenere un grande successo di pubblico.
79
INDOVINA CHI?
TITOLO: Indovina chi?
TITOLO ORIGINALE: Guess who?
NAZIONALITÀ: USA
ANNO: 2005
DURATA: 105’
PRODUZIONE: Columbia Pictures
DISTRIBUZIONE: 20th Century Fox
GENERE: Commedia
SITO UFFICIALE: www.sonypictures.com
REGIA: Kevin Rodney Sullivan
INTERPRETI:
Bernie Mac …………..Percy Jones
Ashton Kutcher …….. Simon Green
Zoё Saldaña …………Theresa Jones
Judith Scott …………..Marilyn Jones
Kellee Stewart ………. Keisha Jones
Hal Williams…………..Howard Jones
Robert Curtis-Brown….Dante
Ronreaco Lee…………Reggie
RATING: PG-13 (for sex-related humor)
VISIONE CONSIGLIATA: Tutti
TRAMA:
Il film rielabora la trama della celebre pellicola del 1967. Questa volta l’ospite a cena
è bianco e la famiglia che non vuole accettarlo come possibile genero è
afroamericana. Theresa porta il suo fidanzato Simon a casa dei suoi genitori, Percy
e Marilyn, per presentarlo in occasione del loro 25° anniversario di matrimonio ma
ha tralasciato di comunicare un piccolo dettaglio sul suo conto, ovvero che è bianco.
Percy è un uomo di successo, he una bella moglie, due figlie e una splendida casa.
Convinto di conoscere tutte le risposte della vita, pare che niente riesca a
smuoverlo. Determinato a rompere il fidanzamento della figlia, Percy cerca in tutti i
modi di impedire a Simon di entrare a far parte della famiglia. La situazione non
migliora quando Simon, per cercare di fare una buona impressione, comincia ad
inventare il suo passato. Tuttavia quando Percy si ritrova a confessare a Simon il
suo segreto più imbarazzante, una serie di incidenti a catena finisce col dimostrare
che l’opinione del padre non è necessariamente quella giusta.
80
Appendice 2 – Tabelle
Guess who’s coming to dinner?
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
1
00:15:38,645 --> 00:15:40,840
He thinks you're gonna faint because he's a Negro.
Perché hai visto che è un negro.
Joey
Catherine
Numero tabella
Posizione
Battuta
2
00:18:08,428 --> 00:18:09,986
Except that he thinks that the fact he's a Negro and I'm not
creates a serious problem.
Il fatto che lui sia negro e io no rappresenti un problema.
Joey
Catherine
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
3
00:19:04,685 --> 00:19:06,380
- Just remember, all hell's done broke loose.
- What's happened? Where's Christina?
- She's on the terrace with little Joey.
- With Joey?
- And somebody called Dr. Prentice.
- Doctor? There's a doc-- Well, what's wrong? What's
happened? Joey!
- Ho detto che i diavoli dell’inferno si sono scatenati.
- Cos’è successo? Dov’è la signora?
- È fuori nella terrazza con la signorina Joey.
- Con Joey?
- E con un tale che si fa chiamare Dottor Prentice.
- Dottore? C’è il dottore? Ma chi sta male? Che è
successo?
Tillie, Matt
Matt, Tillie
4
00:23:23,777 --> 00:23:26,712
And it never occurred to me that I might fall in love with a
Negro.
E non mi sarei mai immaginata che mi sarei innamorata di
un negro.
Joey
Christine
5
00:25:58,898 --> 00:26:01,560
- Oh, Matt.
- He's a coIored feIlow.
- Oh Matt..
- è di colore.
81
Pronunciata da
Nei confronti di
Christine/Matt
Christine/Matt
Numero tabella
Posizione
Battuta
Pronunciata da
Nei confronti di
6
00:30:35,375 --> 00:30:39,436
[…]that white people were somehow essentially superior
to black people or the brown or the red or the yellow ones,
for that matter.
Ritenere che i bianchi fossero nono si sa per quale
ragione superiori ai negri così come ai rossi e ai gialli
naturalmente.
Christine
Matt
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
7
00:30:57,630 --> 00:31:00,155
''But don't ever faII in Iove with a coIored man.''
“Però non ti innamorare di un uomo di colore”.
Christine
Matt
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
8
00:37:19,512 --> 00:37:22,037
And I say the coIored kids are better than the white kids.
E i ragazzi di colore ballano meglio dei bianchi.
Matt
Prentice
Numero tabella
Posizione
Battuta
9
00:37:36,362 --> 00:37:41,527
My sports editor teIIing me that Negroes wouId never be
abIe to pIay basebaII.
Il mio editore mi disse che i negri non sarebbero mai stati
mai in grado di giocare a baseball.
Matt
Prentice
Traduzione
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
Numero tabella
Posizione
Battuta
Pronunciata da
Nei confronti di
10
00:38:18,532 --> 00:38:21,045
It's our dancing, and it's our music. We brought it here.
I mean, you can do the Watusi... but we are the Watussi.
Sono danze nostre, è musica nostra. L’abbiamo portata
noi. Voi potete imitare, i watussi ma noi siamo i watussi.
Preston
Matt
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
11
00:38:25,678 --> 00:38:27,612
And they'II aII have colorfuI administrations.
E che il loro governo sarà illuminato.
Matt
John
Numero tabella
12
Traduzione
82
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
00:41:36,101 --> 00:41:38,262
They think you're a coIored girI.
Pensano che tu sia negra.
John
Joanna
Numero tabella
Posizione
Battuta
Pronunciata da
Nei confronti di
13
00:43:02,788 --> 00:43:07,384
He said he thought he got the best breaks because
everybody he met didn't want him to think they were
prejudiced against him.
Ha detto che è sempre stato favorito perché tutti quelli che
incontrava non volevano che lui pensasse avessero
pregiudizi razziali.
Matt
Christine
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
14
00:52:27,652 --> 00:52:30,678
Otherwise, your side won't even outnumber the bIacks.
Altrimenti con tanti negri vi trovate in minoranza!
Monsignore
Tracy
Numero tabella
Posizione
Battuta
15
01:02:45,725 --> 01:02:49,183
- How do you do, Miss Binks?
- I got somethin' to say to you, boy. What kinda doctor you
supposed to be anyhow?
- WouId you beIieve horse?
- You make with witticisms and aII, huh? But you ain't
fooIin' me for a minute. I see what you are. You're one of
those smooth-taIkin', smart-ass niggers just out for aII you
can get, with your bIack power and alI that other troubIemakin' nonsense.
- Senti, io devo dirti una cosa giovanotto.
- Che razza di dottore sei?
- Dottore dei cavalli (+ risata)
- Ci permettiamo anche di fare dello spirito eh?
- Riuscirai a prendere in giro loro me a me non mi prendi
in giro. Credi che non sappia chi sei. Tu sei uno di quegli
imbroglioni e furbacchioni di negri sempre a caccia di
scemi col vostro potere negro e tutte le altre balle del
genere.
Tillie
Prentice
Traduzione
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
Numero tabella
Posizione
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
16
01:05:17,643 --> 01:05:20,771
Less than 12'/. of the peopIe in this city are coIored
peopIe.
Meno del 12% della popolazione di S Francisco e negra.
Matt
Christine
Numero tabella
17
Battuta
83
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
01:10:42,683 --> 01:10:47,780
And you're just as black as he is.
Sei nera quanto lui.
Figlia
Tillie
Numero tabella
Posizione
Battuta
Pronunciata da
Nei confronti di
18
01:16:42,776 --> 01:16:45,540
WeII, what did they say when you toId them I wasn't a
coIored girl?
Cos’hanno detto quando hai detto loro che non sono di
colore?
Joey
Prentice
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
19
01:25:12,503 --> 01:25:15,768
[…]That your son is invoIved with a white girI?
[…]Che suo figlio si era messo con una ragazza bianca?
Matt
Padre di John Prentice
Numero tabella
Posizione
Battuta
20
01:33:10,347 --> 01:33:12,815
Have you thought what peopIe wouId say about you? In
16 or 1 7 states you'd be breakin' the Iaw. You'd be
criminaIs. And say they changed the law. That don't
change the way peopIe feeI about this thing.
In 16 o 17 stati d’America sarebbe un reato, sareste
criminali E anche se le cambiano le leggi non
cambierebbe come la pensa la gente su questo
argomento.
Preston padre
Preston figlio
Traduzione
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
Numero tabella
Posizione
Battuta
21
01:39:50,147 --> 01:39:52,513
When John's father first saw that I was a white girI...
Quando il padre di john ho visto che sono una ragazza
bianca…
Joey
Christine
Pronunciata da
Nei confronti di
22
01:43:27,479 --> 01:43:30,880
Now how do you suppose a coIored maiIman... produced
a son with aII the quaIities he has?
Come ti spieghi che un postino nero possa generare un
figlio con tute le qualità che ha lui?
Matt
Christine
Numero tabella
Posizione
Battuta
23
01:45:19,743 --> 01:45:24,339
And that her intended was a young man whom I had never
Traduzione
84
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
met who happened to be a Negro.
Un giovane che non avevo mai visto e oltretutto negro.
Matt
Ospiti riuniti
24
01:45:35,258 --> 01:45:38,227
[…] unless, of course, his daughter happened to be a
Negro too.
[…] a meno che la figlia non fosse negra anche lei.
Matt
Ospiti riuniti
25
01:50:58,581 --> 01:51:00,515
But you're two wonderfuI peopIe who happened to faII in
Iove and happen to have a pigmentation probIem.
Ma voi siete due esseri perfetti che vi siete innamorati e
che purtroppo avete un diversa pigmentazione.
Matt Drayton
Preston e Joey
85
Guess who?
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
1
00:11:37,705 --> 00:11:40,265
Pigment-challenged?,Did you tell them that I'm white?
Poco pigmentato? Gli hai detto che sono bianco?
Simon
Theresa
Numero tabella
Posizione
Battuta
Pronunciata da
Nei confronti di
2
00:12:31,692 --> 00:12:36,391
You just didn't feel the need to mention it’s a Caucasian
butt cheek.
Non hai sentito il bisogno di dire che era una natica
caucasica.
Simon
Theresa
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
3
00:12:41,769 --> 00:12:44,465
It's gonna matter.
Avrà importanza eccome.
Taxista
Simon e Theresa
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
4
00:14:40,988 --> 00:14:44,424
I wish Theresa would have told me you guys were black.
Avrei voluto che Theresa mi avesse detto che eravate
neri.
Simon
Genitori di lei
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
5
00:15:19,993 --> 00:15:21,051
That boy's white.
Quel ragazzo è bianco.
Percy
Moglie
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
6
00:15:36,109 --> 00:15:39,237
We taught our girls to see only people, not color.
Le nostre figlie sanno che devono guardare le persone
non il colore.
Marylin
Percy
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
Numero tabella
Posizione
Battuta
7
00:15:45,652 --> 00:15:48,780
I'm expecting Denzel Washington to come walking
through the door and I get Whitey McWhiteman
biancaneve instead.
86
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
Numero tabella
Posizione
Battuta
So solo che sono qui ad aspettare che Denzel
Washington entri da quella porta e invece arriva
Biancaneve.
Percy
Marilyn
8
00:19:22,069 --> 00:19:25,596
- It's NASCAR, baby. That's, like, the whitest sport on the
planet.
- Not anymore, Simon.
- è la NASCAR lo sport più bianco del pianeta.
Simon
Theresa
9
00:19:51,832 --> 00:19:55,268
And I really don't think the whole racial thing matters to
him.
E non credo che dia importanza al fattore razziale.
Theresa
Simon
10
00:19:55,836 --> 00:19:58,498
- It's not that he's white.
- It's not?
- Non è perchè è bianco.
- Sicuro?
P.Jones
Marylin e risposta
11
00:21:48,882 --> 00:21:52,113
Could be black mold. I wouldn't feel comfortable putting
him at risk.
È pieno di muffa, non vorrei mettere a rischio il ragazzo.
Percy
Familiari (moglie figlia)
12
00:22:45,572 --> 00:22:49,303
Where is he? Girl!
Oh, my God. Are we being audited?
C’è un’ispezione fiscale?
Keisha
Famiglia indicando Simon
13
00:23:04,391 --> 00:23:08,088
- Dad, Theresa's boyfriend is white.
- I know.
- I know you know. I just wanted to see your face when
you heard it again.
87
Traduzione
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Battuta
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Battuta
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Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
Numero tabella
Posizione
Battuta
- Il ragazzo di theresa è bianco.
- Lo so
- Lo so che lo sai. Volevo solo vedere la tua faccia quando
lo sentivi di nuovo.
Keisha
Jones
14
00:25:39,946 --> 00:25:42,176
- Okay, tell me what's it like?
- What's what like?
- Being with a white guy.
- Come on, Keisha, what's the sex like?
- Yeah.
- Allora. Devi dirmi com’è?
- Com’è cosa?
- Stare con un bianco.
- Avanti Keisha. Il sesso dici?
- Si.
Keisha & Theresa
Keisha & Theresa
15
00:26:04,904 --> 00:26:08,396
And not only are their penises big, but they can sing.
When they get excited, they sing up a storm. They know a
million tunes. They're like big iPods.
E non solo hanno i piselli enormi, ma cantano anche.
Quando è eccitato si mette a cantare, conosce milioni di
pezzi. È meglio dell’ipods.
Theresa
Keisha
16
00:26:51,751 --> 00:26:55,653
...I won't be the one who brought home the white boy!
…Non sarò io la prima che ha portato a casa un ragazzo
bianco.
Keisha
Theresa
17
00:39:17,863 --> 00:39:22,357
- My daughter's got great taste in men. That new guy, he's
really something. I'll tell you about the brother. He's a big
guy. Nice looking.
- What's his name?
- Jamal.
- Graduated Howard University.
- Howard?
- Played basketball. He almost went pro. Till he changed
his career to medicine. There was a big write-up on him in
Jet four years ago. No shit. Parents from Atlanta.
Friends with Mrs. King, Dr. Cosby, Rev. Jackson.
- Come on now.
- I'm telling you, Reggie. I'm the luckiest man in Jersey.
My daughter's dating the great black hope.
88
Traduzione
Pronunciata da
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Numero tabella
Posizione
Battuta
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Pronunciata da
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Numero tabella
Posizione
Battuta
- Mia figlia ha gusto per gli uomini e questo ragazzo è
davvero incredibile. Ti dirò del fratello nero. È una
montagna. Affascinante.
- Come si chiama?
- Jamal.
- Laureato all’Howard University.
- Howard!
- Giocava bene a basket. Era quasi professionista. Poi un
giorno ha deciso di diventare medico. Ha vinto il festival
degli spiritual 4 anni fa. I suoi sono di Atlanta, amici di
King, Cosby, del reverendo Jackson.
- Davvero.
- Credimi Reggie, sono l’uomo più fortunato del New
Jersey. Mia figlia sta con la più grande speranza nera.
Percy
Collega di lavoro (nero)
18
00:47:22,047 --> 00:47:25,414
- What's with the white kid?
- That's Simon. He's my boyfriend.
- Your boyfriend? You didn't tell me he was white.
- Chi è il ragazzo bianco?
- È Simon il mio ragazzo.
- Il tuo ragazzo? Non mi hai detto che era bianco (credevo
scherzassi).
Nonno
Theresa e jones
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
19
00:47:50,575 --> 00:47:54,136
So, what, they don't have any available young black men
in New York anymore?
Cos’è? Non ci sono più neri liberi a NY?
Nonnno
Theresa
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
20
00:48:12,760 --> 00:48:12,954
I just love her nappy little head.
Adoro la sua testolina crespa.
Simon (imitando la nonna)
Theresa
Numero tabella
Posizione
Battuta
Pronunciata da
Nei confronti di
21
00:48:54,539 --> 00:48:56,734
You don't call my grandchild no nappy head!
Did she say that while putting on a sheet for the Klan
rally?
Testolina crespa a mia nipote! Che cosa voleva dire per la
miseria? Che poi va anche al raduno del KKK?
Nonno
Simon
Numero tabella
Posizione
22
00:49:05,750 --> 00:49:08,651
Traduzione
89
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
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Posizione
Battuta
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Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
- She's 82. She comes from a different time.
- I'm 74 and I come from a different time.
- Ha 82 anni, è solo una donna di altri tempi.
- Io ne ho 74 e sono di altri tempi.
Simon Nonno
Nonno Simon
23
00:49:10,856 --> 00:49:13,518
- You don't hear me calling white folks honky and flat-ass!
- Casper.
- Cracker.
- Ofay.
- Peckerwood.
- Wonder bread.
- Bird shit.
- Bird shit?
- It's almost white.
- Ma non mi senti chiamare i bianchi culi flaccidi.
- Fantasmi.
- Caccole.
- Catarri.
- Chiappe chiare.
- Palle mosce.
- Cacate di uccello.
- Cacate di uccello?
- A volte sono bianche.
Nonno, jones
Simon
24
00:49:28,800 --> 00:49:39,964
I just wanna know how far I'd have to travel to kick her old
white ass, that's why!
Volevo sapere quanta strada fare per prenderla a calci nel
sedere ecco.
Nonno
Simon
25
00:49:41,019 --> 00:49:43,988
Last year my Uncle Dave said a black joke at the table,
right?
Lo scorso Thanksgiving mio zio Dave ha raccontato una
barzelletta sui neri.
Simon
Commensali
26
00:49:29,608 --> 00:49:32,805
I'm really sorry about what my grandmother said but there
are some people you're just never gonna change - as
much as you'd like to.
Sentite, mi dispiace molto di quello che ha detto mia
nonna ma ci sono persone che non potremo mai
cambiare, anche provandoci, in mille anni.
Simon
90
Nei confronti di
Commensali
Numero tabella
Posizione
Battuta
27
00:49:44,322 --> 00:49:48,281
So I said, right in front of the whole family, "Look, that's
inappropriate. "We're not gonna have it." I think that's how
you change people. You just gotta attack it one at a time.
E io davanti a tutta la famiglia gli ho detto ora hai passato
il segno non lo accettiamo. È così che devi fare con la
gente. affrontare una cosa alla volta.
Simon
Commensali
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Battuta
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Battuta
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Posizione
Battuta
Traduzione
28
00:50:23,194 --> 00:50:27,358
Because by not telling the joke, I'm empowering it. Right?
So I'll just tell the joke and expose how simple-minded
and crude and unfunny it actually is.
Perché se non la dico la rendo più importante. Giusto?
Quindi ora la racconto e dimostrerò quanto fosse stupida
e rozza e poco divertente in realtà.
Simon
Commensali
29
00:50:37,742 --> 00:50:39,505
- What do you call What do you call 100 black men buried
in the ground up to their neck?
- What?
- Afro-Turf.
- Come lo chiami l’odore delle scarpe da ginnastica di 100
uomini neri?
- Come?
- Afrone.
Simon
Commensali
30
00:51:28,460 --> 00:51:32,294
The only way to break down barriers is to have everything
out in the open.
Il solo modo per abbattere le barriere è dire le cose
apertamente, giusto?
Simon
Commensali
31
00:51:33,732 --> 00:51:35,700
- So, what do you call... one black man being chased
by 300 white men?
- What?
- The PGA Tour.
- Tiger Woods. There it is.
- Cosa fa un uomo nero a circa 50 metri sott’acqua?
- Cosa?
- La muta da sub.
91
Pronunciata da
Nei confronti di
Simon
Commensali
Numero tabella
Posizione
Battuta
32
00:51:55,020 --> 00:51:58,387
- How do we know that Adam and Eve weren't black?
- How?
- You ever try to take a rib away from a black man?
- Come sappiamo che Adamo ed Eva non erano neri?
- Come?
- Avete mai provato a togliere una costoletta ad un uomo
nero?
Ragazzo
Commensali
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Battuta
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Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
33
00:52:20,512 --> 00:52:22,912
- Why don't black people like country music?
- Why?
- 'Cause every time they say "hoe-down," they think
someone shot their sister.
- Perché un uomo nero non ama i balli country?
- Perché quando balla sua sorella se la passano tutti
quanti.
Ragazzo
Commensali
34
00:52:49,941 --> 00:52:52,910
- What are three things that a black man can't get?
- What is that he can't he get?
- A black eye, a fat lip, and a job.
- Quali sono le tra cose che non può procurarsi un nero?
- Una sei tu.
- Un occhi nero, un labbro gonfio e un lavoro.
Ragazzo
Commensali
35
00:55:11,883 --> 00:55:14,818
- Why did you do that?
- I didn't start it. Mr. Nappy Head did.
- What is your problem with him anyways? Besides the
fact, of course, that he's white.
- You gonna get in a heap of trouble talking to me like that.
Don't care nothing about that man being white. He's hiding
something.
- Perché l’hai fatto?
- Non ho cominciato io ma testa crespa.
- Cos’è che non ti va di lui eh? A parte il fatto certo che è
bianco.
- Non usare quel tono con me non te lo permetto figliola. A
me non importa se è bianco o verde. Ti nasconde
qualcosa.
Percy/Theresa
Percy/Theresa
92
Numero tabella
Posizione
Battuta
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Battuta
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Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
36
00:55:52,357 --> 00:55:54,825
- I didn't think you'd care.
- But you weren't sure.
- So you decided to test me.
- No, of course not.
- Non credevo che ti importasse.
- Ma non ne eri sicura.
- Così mi hai messo alla prova.
- No certo che no.
Percy
Theresa
37
00:56:12,944 --> 00:56:14,309
I'm scared. Okay? I'm really scared, Dad. I know things
are different now and times have changed but you should
really hear the kind of things that people say to us
sometimes. And the way they look at us.
Ho paura. Va bene? Ho tanta paura papà. Le cose ora
sono diverse, i tempi sono cambiati. Dovresti sentire
quello che ci dice le gente certe volte e il modo in cui ci
guarda.
Theresa
Percy
38
00:57:19,177 --> 00:57:22,874
I'm trying to figure out where he got all those doggone
black jokes. What do white people do, take a class...sit
around and think of new jokes about the black man?
Sto cercando di capire dove ha trovato tutte quelle
barzellette sui neri. Che Cosa fanno i bianchi, fanno un
corso in cui si siedono ad inventare nuove barzellette su
di noi?
Percy
Marilyn
39
01:08:11,662 --> 01:08:14,859
- Like how you told your parents about me being white?
- I knew they wouldn't care about that.
- I don't care. I care that you're a liar.
- That's bullshit! You care. He has to care. It's human
nature.
- That means that you care that I'm black?
- Do you?
- Dad!
- No. It doesn't matter what I say. You people are gonna
think I'm a racist
- You hear that? "You people."
- I know. I heard. What people?
- Come dire ai tuoi genitori che ero un bianco?
- Non importa. Ma che sei un bugiardo importa.
- Sono balle. Le importa, deve importarle. È la natura
umana.
- Allora a te importa che io sia nera?
93
Pronunciata da
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Numero tabella
Posizione
Battuta
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Numero tabella
Posizione
Battuta
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Nei confronti di
Numero tabella
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
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Numero tabella
Posizione
Battuta
- È cosi?
- Papà!
- No. Qualsiasi cosa dica voi altri penserete sempre che
sono un razzista.
- Hai sentito ‘voialtri’?
- Si ho sentito.
Simon/Theresa/Percy
Simon/Theresa/Percy
40
01:08:49,600 --> 01:08:52,865
- Where do you get off calling me a racist? I have a black
girlfriend!
- You had a black girlfriend!
- Have.
- Come può chiamarmi razzista? Ho una ragazza nera
ricorda?
- Ce l’avevi una ragazza nera!
- Ce l’ho.
Simon/Percy
Simon/Percy
41
01:18:37,621 --> 01:18:40,556
You don't like sports. Theresa loves sports. You're a
businessman. She's an artist. You're white. She's black.
Did I miss anything?
Tu non ami lo sport. Lei adora lo sport. Tu sei un uomo
d’affari lei è un’artista. Tu sei bianco lei è nera. Mi è
sfuggito qualcosa?
Percy
Simon
42
01:20:22,926 --> 01:20:27,056
You can't just walk in on a bunch of angry black women.
You'll die.
Non puoi piombare in mezzo a un branco di nere
incazzate nere. Ci muori.
Percy
Simon
Pronunciata da
Nei confronti di
43
01:26:55,785 --> 01:26:59,619
- How do we get past this, with this skin, if we don't have
each other's back?
- Okay, I'm always gonna be the white boy.
- And I'll always be the black girl.
- Come faremo a cavarcela con questa pelle se non ci
sosteniamo a vicenda?
- Allora io sarò sempre il ragazzo bianco.
- E io sarò sempre la ragazza nera.
Theresa/Simon
Theresa/Simon
Numero tabella
44
Traduzione
94
Posizione
Battuta
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
01:39:35,210 --> 01:39:38,577
He's broke, unemployed, and he's white.
È al verde. È disoccupato ed è bianco.
P.Jones
Invitati alla festa
Numero tabella
Posizione
Battuta
45
01:41:57,152 --> 01:41:59,814
- That ain't no damn hustle. That's the white man overbite.
- You ain't even doing that right.
- Why's it gotta be a white thing? Blacks have overbites,
too.
- Non stai facendo l’hustle. Non è un hustle è un bianco
imbranato che fa ridere i polli.
- Perché tira sempre fuori i bianchi? Non esistono neri
imbranati?
Personaggi vari
Simon
Traduzione
Pronunciata da
Nei confronti di
95
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