Competenze “causali” e stili di apprendimento

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Competenze “causali” e stili di apprendimento
Invited Papers
Competenze “causali” e
stili di apprendimento: un
framework per l’istruzione
adattiva
Vive Kumar, Sabine Graf, Kinshuk
School of Computing and Information Systems, Athabasca
University, Canada
[email protected], [email protected], kinshuk@
athabascau.ca
Traduzione a cura di Carlo Giovannella
L’utilizzo di ambienti online offre notevoli potenzialità per il miglioramento
delle dinamiche di apprendimento di una classe. A sostegno di questa tesi, il
presente articolo presenta due nuove tecnologie: un metodo per modellizzare
secondo modalità causali le competenze del discente - sia concettuali che
metacognitive - e un secondo mirato all’individuazione del suo stile di
apprendimento. Questo perchè riteniamo che per un istruttore in carne ed
ossa, sarebbe estremamente difficile comprendere a fondo quale possano
essere le competenze di un discente e la loro dinamica di sviluppo, come
pure identificare i suoi stili di apprendimento e le loro variazioni con il tempo.
Riteniamo inoltre che queste due tecnologie, in quanto parte di un unico
quadro di riferimento, possano contribuire a una migliore comprensione da
parte del docente delle competenze e degli stili di apprendimento medi della
classe e, quindi, consentire di adattare il processo istruzionale a vari livelli
di granularità.
for citations:
Kumar V., Graf S., Kinshuk (2011), Competenze “causali” e stili di apprendimento: un framework
per l’istruzione adattiva, Journal of e-Learning and Knowledge Society, v.7, n.3, 13-34. ISSN: 18266223, e-ISSN:1971-8829
|
Journal of e-Learning and Knowledge Society
Vol. 7, n. 3, Settembre 2011 (pp. 13 - 34)
ISSN: 1826-6223 | eISSN: 1971-8829
| Invited Papers
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1 Introduzione
A dispetto dei recenti progressi, è nostra opinione che l’apprendimento
online sia ancora visto, bene che vada, come un utile complemento alle modalità di formazione utilizzate in un’aula. Non sono in molti a credere che l’eLearning possa essere in grado di sostituire la formazione d’aula; in particolare
la capacità dell’istruttore di monitorare i progressi dello studente, di fornire un
feedback adeguato alla specifica situazione e di adattare il processo formativo,
sono da considerarsi ancora delle grandi sfide per i sostenitori dell’e-Learning.
Per questo, nel tentativo di imitare e andare oltre le capacità del docente, i ricercatori che si occupano di e-Learning hanno sviluppato tecniche in grado di
identificare il quadro delle competenze dei discenti e gli stili di apprendimento
adottati da ciascuno di essi.
Questo articolo intende, per prima cosa, proporre un metodo causale per
modellizzare le competenze di un discente. Ciò perchè il ragionamento causale è onnipresente nella nostra vita. Con l’aiuto di simulazioni al computer,
i ricercatori indagano e propongono una sempre migliore comprensione dei
rapporti causali. Ad esempio i medici utilizzano modelli di diagnostica computerizzati, gli ingegneri modelli architetturali, gli analisti finanziari modelli
economici e i vulcanologi modelli sismici allo scopo di predire in maniera
quanto più corretta possibile le relazioni di causa ed effetto tra più variabili.
E perchè non pensare ad un modello che permetta di identificare le relazioni
di causa ed effetto tra l’apprendimento degli studenti e le loro competenze? A
tale proposito prenderemo qui in considerazione la teoria dell’apprendimento
“auto-regolato” che si propone di correlare le performance dei discenti alla loro
abilità di auto-regolarsi; di questa teoria presenteremo un modello causale che
è stato creato attraverso un approccio esplorativo.
Successivamente, illustreremo un metodo adatto a tracciare gli stili di apprendimento dei singoli discenti. Le informazioni sugli stili di apprendimento
dei discenti, infatti, possono aiutare gli insegnanti e gli stessi discenti a comprendere meglio lo svolgimento del processo di apprendimento e dunque le ragioni per le quali, a volte, esso appaia semplice per alcuni e difficile per altri.
Nel prosieguo svilupperemo i suddetti due aspetti in maniera separata, illustrando, però, come essi possano costituire due approcci complementari, integrabili all’interno di uno stesso ambiente di apprendimento online. In particolare mostreremo come essi possano contribuire alla costruzione di un framework
online in grado di evolvere, e adattare contenuti e modalità di interazione alle
competenze dei discenti.
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2 Modelli causali e competenze
La competenza rappresenta il comprovato possesso di un’abilità, ove la
prova può essere individuata in fattori quali: gli anni di esperienza in cui si è
affinata tale abilità, l’espletamento con successo di corsi in cui è prevista svilupparsi tale abilità, giudizi positivi da parte di valutatori, il numero di progetti
realizzati che implichino il possesso di tale abilità, l’autovalutazione del livello
di competenza raggiunto in tale abilità.
Quando si considera un compito specifico, una determinata competenza
può essere associata sia ad abilità cognitive che ad abilità meta-cognitive. Ad
esempio, per quel che riguarda la programmazione Java, abilità relative a compiti specifici possono annoverare il saper ‘costruire un’architettura flessibile’,
‘sfruttare metodologie architetturali comprovate’ ‘integrare dei pattern all’interno di specifici framework’, ‘ottimizzare ambienti e strumenti di sviluppo per
programmatori’ e così via. In tale dominio di conoscenza, questo set di abilità
non fa riferimento esclusivamente alle sole conoscenze che un programmatore
dovrebbe avere (vedere http://www.axmor.com/j2ee-development.aspx come
esempio di conoscenze di base) ma si estende ai processi che il programmatore
utilizza per arrivare a possedere tali conoscenze. Ad esempio, ci si aspetta che i
programmatori utilizzino dei pattern nella realizzazione del loro codice, e ciò è
considerato una conoscenza concettuale che si esplica a livello di esecuzione di
un compito. Gli ambienti di sviluppo (quali Eclipse o BlueJ Java IDE) possono
essere personalizzati per incoraggiare i programmatori all’utilizzo di pattern
all’interno del proprio codice, e questa è un’operazione relativa al processo.
Inoltre, i programmatori potrebbero essere coinvolti nel riesame del loro codice
allo scopo di ottimizzare l’uso dei pattern. Queste abilità che vengono utilizzate, tipicamente, per migliorare le prestazioni nell’esecuzione dei vari compiti
appartengono al livello meta. L’auto-regolazione, la co-regolazione, e l’autoriflessività sono alcune delle abilità meta-cognitive di cui si cerca di stimolare
l’acquisizione e che si vorrebbe i programmatori possedessero.
2.1 Causalità
La causalità è intrinseca alla vita dell’uomo. Di cause se ne possono individuare di varia natura: le cause meccaniche, ad esempio premendo il pedale
dell’acceleratore si apre la valvola del propellente e ci si muove; le cause psicologiche per le quali si è in grado di provocare in qualcuno aggressività o reazioni difensive. Anche gli scienziati utilizzano le relazioni causali. In molti casi
può essere complicato arrivare a identificare e comprovare tali relazioni. Ad
esempio, ragioni etiche ci impediscono di condurre esperimenti per verificare
se il fumo causi davvero il cancro. Ciò non di meno cerchiamo di disvelare tali
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relazioni causali dalle nostre osservazioni. Possiamo rappresentare tali relazioni
in maniera formale e indicare modi per poterle trattare in forma matematica e
algoritmica. La scoperta, le rappresentazioni e il trattamento di tali relazioni,
spesso, è resa possibile dalle simulazioni al computer che utilizzano ad esempio modelli diagnostici, economici, di strutture molecolari, che vengono, tutti,
migliorati in continuazione per poter predire in maniera sempre più accurata
relazioni di causa-effetto.
Allora perchè non immaginare un modello che grazie al computer possa
predire le future performance degli studenti sulla base dei comportamenti passati e presenti e sulla base delle abilità si studio che si palesano in ambienti
di apprendimento online? Potrebbe un modello di “life-long learning” basato
su un set di relazioni causali fungere da guida per permettere allo studente di
sviluppare a pieno le sue potenzialità? Potrebbe un modello causale aiutare gli
insegnanti a comprendere perchè gli studenti non riescono a far propri determinati concetti? Può un modello causale simulare lo sviluppo della comprensione
negli studenti?
La ricerca ha dimostrato come nei discenti che ottengono i risultati migliori
siano identificabili abilità di auto-regolazione come come quella di riuscire a
definire in maniera chiara gli obiettivi, di auto-monitoraggio, di saper cercare
aiuto, di auto-efficacia (Boekaerts & Corno, 2005; Winne & Hadwin, 1998).
Si può immaginare, allora, un utilizzo dei modelli causali per promuovere
l’acquisizione di abilità di auto-regolazione tra i discenti dei corsi online? E
nel caso, sarebbe possibile misurare il livello di utilizzo e trasferimento si tali
abilità in ambienti online quali Moodle? Le risposte a tali domande non possono
che principiarsi dalla definizione di un modello causale in grado di identificare
variabili e relazioni funzionali associabili a tali abilità di auto-regolazione. In
questo articolo, presenteremo uno di questi possibili modelli. Illustreremo, poi,
una strategia computazionale in grado di validare il modello proposto, la quale
ci porterà a concludere che il modello causale proposto coincide, in effetti, con
l’apprendimento auto-regolato (Boekaerts et al., 2005; Azevedo et al., 2006;
Biswas et al., 2009).
La ricerca sulle teorie dell’educazione si propone di individuare l’origine
dell’apprendimento e delle sue difficoltà. E’ attraverso la scoperta di tali cause
che possiamo sviluppare capacità di intervento per migliorare le performance.
Sfortunatamente, però, la ricerca in questo settore procede a rilento a causa
delle molte difficoltà: la complessità della misura delle variabili di interesse,
la soggettività delle misure, la quantità limitata dei dati e le complicazioni nel
mantenere il pieno controllo sperimentale al di fuori di situazioni artificiali
(Rao & Kumar, 2008).
In parte, le suddette difficoltà possono essere mitigate dall’uso di applicativi
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software che consentano di effettuare misure in maniera efficiente e consistente
(Brokenshire & Kumar, 2009). Algoritmi per l’individuazione di relazioni causali fornisco un mezzo per estrarre questo genere di relazioni da un set di dati
sperimentali. Se da una parte l’identificazione delle relazioni causali potrebbe
consentire, in linea di principio, di influenzare l’istruzione e l’apprendimento,
dall’altra sono necessari ulteriori studi per comprendere sino a che punto ci si
possa spingere. Ad esempio, in ambiti quali i linguaggi di programmazione,
il novero dei comportamenti che possono essere mappati su specifiche abilità
di programmazione è abbastanza elevato. Inoltre, l’affidabilità e la granularità
nella definizione dei comportamenti individuali (ad esempio l’annotazione fatta
da un discente riguardante un particolare tipo di ‘bug’ presente all’interno di
un esercizio di programmazione) rispetto a scopo, estensione d’uso, successo,
fallimento, variabilità nel tempo, gioca un ruolo importantissimo nel poter
utilizzare ogni singola interazione come un dato significativo per individuare le
relazioni causali. D’altra parte, in altri ambiti quali ad esempio la ‘Storia e teoria dell’informatica’ i comportamenti e le interazioni osservate tendono a essere
correlate soprattuto all’attività di lettura. Quantunque il numero delle attività
finalizzate alla lettura possono essere in numero molto elevato, l’affidabilità con
cui si possano mappare le letture online alla comprensione del testo è ancora
argomento di ricerca. Allo stesso modo, la granularità delle attività di lettura
richiede ulteriori ricerche prima di poter arrivare a definire una mappatura tra
le letture e le abilità di lettura. Questo ci dice che è la natura del soggetto e del
tipo di comportamento/interazione online considerati che definisce il livello
di affidabilità da associare ai comportamenti/interazioni osservate durante un
processo di apprendimento, e la finalità d’uso di una particolare abilità. Ci sentiamo di affermare che dato un contesto, un’attività di apprendimento può essere mappata in maniera accurata (granularità) e affidabile su abilità specifiche,
sempre che la granularità delle attività di apprendimento sia sufficientemente
elevata. In altri termini, un contesto che consenta di monitorare cosa un discente
abbia fatto durante il debug di una porzione di codice, quando si sia imbattuto
in un particolare tipo di errore, come si sia aiutato con un definito set di risorse
essendo in possesso di determinate abilità di programmazione è di certo molto
più granulare e confinato di un contesto che registri comportamenti aspecifici,
come quando si legge un paragrafo di un testo.
2.2 Modelli computazionali per la creatività
I modelli grafici causali (GCM) sono basati sull’utilizzo di grafi in grado di
rappresentare relazioni causali tra variabili di interesse. Vengono inizializzati
come prodotto di un network bayesiano di ‘belief’ (BBN) e ne mantengono la
semantica, benchè se ne possano ottenere molte varietà (Brokenshire & Ku-
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mar, op. cit.). I generale un nodo del grafo rappresenta una variabile, continua
o discreta, alla quale può essere associata una probabilità di distribuzione o
una tabella di probabilità condizionate. Legami direzionali tra nodi indicano
l’esistenza di relazioni causali orientate, mentre legami privi di orientamento
indicano la possibile esistenza di una relazione causale (dipendenza). Grafi più
specializzati possiedono ulteriori specifiche semantiche.
I GCM possono essere utilizzati per calcolare la probabilità che un evento
si manifesti all’interno di un BNN, ma possono essere impiegati anche per
determinare la probabilità che un nostro intervento su un evento dato ne possa
causare un’altro. Si tratta di due calcoli non equivalenti (fare riferimento a
(Pearl, 2000) per ulteriori dettagli). Tutto questo è di particolare interesse negli
ambiti dell’educazione e delle tecnologie educative dal momento che ci si propone di progredire per migliorare concretamente l’apprendimento, e non restare
solo astrattamente cosciente della problematica. Una volta definito un GCM in
maniera accurata, si può procedere algoritmicamente verso tale obiettivo.
La costruzione di un GCM può darsi come risultato di un’ingegnerizzazione
della conoscenza a cui partecipino esperti di uno specifico dominio, o può essere realizzato automaticamente utilizzando appositi algoritmi di esplorazione
delle relazioni causali. Al momento ci sono due famiglie di algoritmi che si
possono impiegare. La prima contiene algoritmi vincolati come il ‘Fast Causal Inference’ (FCI) discusso in (Spirtes et al., 2000) che fornisce una ‘classe
di equivalenza’ per modelli vincolati dalla statistica. La seconda riguarda gli
algoritmi di esplorazione Bayesiana che prevedono il calcolo delle probabilità
di completezza del modello in base ad un aggiornamento Bayesiano dei dati.
Ognuna di queste due famiglie algoritmiche presenta dei vantaggi. La classe
di equivalenza degli algoritmi vincolati mette a disposizione un set completo
di modelli consistenti, all’interno dei quali si può effettuare una selezione su
base sperimentale. Tuttavia, è importante sottolineare come non sia possibile
operare un’analisi formale dell’affidabilità dei risultati quando i dati siano
troppo rumorosi. Il metodo bayesiano conduce a un modello completamente
orientato corredato da una probabilità di essere corretto ma non fornisce l’intera
classe dei modelli.
Per valutare le potenzialità dei modelli di grafici causali in ambito educativo
abbiamo costruito diversi modelli di una particolare teoria educativa, l’apprendimento auto-regolato. Su tali modelli sono state condotte delle simulazioni per
valutare la capacità dell’algoritmo di ricostruire il modello. Le simulazioni sono
state utilizzate in maniera non tradizionale per misurare l’accuratezza con la
quale i modelli proposti possano essere ricostruiti a partire da dati sperimentali.
In aggiunta abbiamo esplorato la possibilità di utilizzare tecniche di meta18
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analisi per ottenere dati statisticamente affidabili a partire da pubblicazioni
rintracciabili in letteratura e utilizzate come input per l’algoritmo di ricerca.
Nella discussione che segue si farà uso sia del BBN che del GCM per mostrare l’importanza dei modelli causali ai fini dell’apprendimento online. In fig.
1 è mostrata una rappresentazione astratta di un network causale bayesiano che
serve a stimare le competenze di programmazione in base ad attività di progettazione, sviluppo, documentazione, debug e test di porzioni di codice.
Fig. 1 - Grafo bayesiano di ‘belief’ relativo alle competenze nell’uso di Java.
Il grafo bayesiano mostrato in figura 1 parte da 9 tipi di input associabili a possibili competenze, ovvero quelli posizionati nella prima fila: tracce
di apprendimento, auto-valutazione, dati relativi a eventi registrati nel LMS,
risultati di valutazioni formali, feedback degli istruttori, dati provenienti dai
social software, il feedback dei pari, le richieste dei pari, la collaborazione di
gruppo. Le attività dei programmatori corrispondenti a questi 9 input sono
state raggruppate, quindi, in attività che identificano 5 abilità nell’uso di Java
- progettazione, sviluppo del codice, documentazione, debugging, test. Tutte
e 5 queste abilità contribuiscono alla stima del livello globale di competenza
raggiunto dal discente nell’uso di Java.
Il grafo è stato è stato ricavato sulla base di quanto potrebbe essere osservato quando i discenti vengono coinvolti in attività online di programmazione.
Ad esempio è abbastanza probabile che un pari esponga la propria opinione
sull’attività di progettazione di un altro discente, sempre che tale lavoro resti
consultabile. Al momento, il sistema che stiamo sviluppando (per maggiori
dettagli vedere http://kevinhaghighat.com/MILE) consente di osservare solo le
attività dei propri pari collegate allo sviluppo di codice, rendendo più limitata
l’applicabilità del grafo bayesiano di fig. 1. L’uso di tale grafo, dunque, viene
ad essere limitato dalla tipologia delle attività dei discenti che sono osservabili
e condivise. Le regole della privacy impongono che non tutte le attività osser19
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vabili siano anche condivise. Infatti, solo le attività per le quali viene fornito
un permesso esplicito dal discente possono essere condivise.
Il nodo del grafo chiamato “learning traces” può implicare l’utilizzo di abilità meta-cognitive coma l’ “auto-regolazione” e fornisce pertanto dati pertinenti
alle abilità meta-cognitive. L’auto-regolazione caratterizza le abitudini di quei
discenti che hanno una natura proattiva. Per questo, tali studenti vengono chiamati discenti ‘auto-regolanti’ e le teoria che cerca di modellizzare e predirre tali
caratteristiche meta-cognitive è chiamata dell’apprendimento auto-regolato.
2.3 Apprendimento auto-regolato
La teoria dell’apprendimento auto-regolato (SRL) tenta di spiegare l’apprendimento accademico e i progressi dei discenti in termini delle caratteristiche meta-cognitive e dei processi individuali che vengono messi in gioco per
regolare il proprio comportamento. Essa enfatizza il ruolo dello studente come
partecipante attivo del processo di apprendimento, in opposizione al ricettore
passivo delle nozioni fornite dall’insegnante. Si occupa di come i discenti
sviluppano la capacità di apprendere e di come essi acquisiscano esperienza
nell’utilizzare efficacemente tale capacità (Winne & Hadwin, op. cit.; Winne,
2001). SRL descrive anche l’insieme di strategie e tattiche messe in campo dai
discenti per controllare il proprio processo di apprendimento. Si basa su due
osservazioni chiave: primo, gli obiettivi dei discenti hanno la precedenza su
quelli dei docenti, dei progettisti dei curricula o degli sviluppatori di ‘learning
object’; secondo, i discenti si fanno carico della maniera in cui essi apprendono.
Sono essi che decidono liberamente quale strategia di studio o di risoluzione
di problemi adottare per raggiungere il proprio obiettivo.
La teoria SRL copre un numero molto ampio di variabili e situazioni che
interferiscono in ambienti complessi e difficili da controllare. Tale complessità
dell’ambiente e la numerosità delle variabili, molte delle quali non sono osservabili direttamente, rende molto difficile effettuare degli studi che possano
mettere in evidenza relazioni causali. In letteratura sono rintracciabili due tipi
di modelli computazionali del SRL: informale e formale. Nei modelli informali
(Rao & Kumar, 2008; Shakya et al., 2008), le azioni dei discenti concernenti attività di apprendimento con target predefinito sono state mappate su componenti
del framework teorico del SRL (es. (Winne & Hadwin, op. cit.; Zimmerman,
2002)); tale mappatura tra le attività del discente e le variabili del SRL è stato
realizzzato in maniera informale, principalmente a cura dei ricercatori. I modelli
formali (es. (Samsonovich et al., 2008; Brokenshire & Kumar, op. cit.)) d’altro
canto cercano di mappare in maniera formale le azioni dei discenti su variabili
specifiche e consentono, all’interno del framework teorico, l’evoluzione delle
relazioni esistenti tra le variabili. In questo articolo ci concentreremo sui model-
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li formali del SRL che, in linea di principio, potrebbero consentire la scoperta
di modelli alternativi del SRL, a partire dalle tracce sperimentali.
2.4 Modelli di apprendimento autoregolato derivati dalle teorie più note
Al fine di elaborare modelli che abbiano un fondamento teorico abbiamo esaminato gli articoli sul SRL che fanno riferimento alle due teorie citate
(Winne& Hadwin, op. cit.; Zimmerman, op. cit.) e che fanno previsioni sull’instaurarsi di relazioni tra variabili, come pure quegli articoli che riassumono il
lavoro sperimentale condotto sino ad ora in relazione a tali teorie. Gli articoli
sono stati letti accuratamente al fine di estrarne la definizione delle variabili
significative e ogni sorta di correlazione o relazione causale tra tali variabili.
Tali relazioni sono state poi assemblate a comporre un modello completo (Brokenshire & Kumar, op. cit.).
I modelli devono intendersi come strumenti utili a dimostrare che le relazioni tra variabili del SRL possono essere rappresentate in forma di grafo causale.
E quando si vogliono utilizzare modelli causali del SRL si deve dapprima
dimostrare che sia le variabili che le loro relazioni si possono rappresentare in
base a tale approccio formale. La determinazione di un modello causale del
SRL derivato dalla letteratura rappresenterebbe la dimostrazione di cui sopra
e dimostrerebbe che questo approccio consente realmente di identificare la
struttura delle relazioni causali del SRL.
Quando si crea un grafo causale è necessaria un’accurata determinazione
delle variabili rilevanti: C’è sempre una certo arbitrio nella definizione di tali
variabili, sia per quel che concerne la discretizzazione di variabili continue
che per quel che riguarda l-aggregazione di variabili di più basso livello in
variabili a maggiore livello di astrazione; ovviamente in funzione delle scelte
effettuate la struttura del modello cambia. L’omissione di variabili rilevanti
può provocare l’occultamento di relazioni causali, mentre l’aggregazione di
variabili che hanno differenza struttura nelle relazioni causali può condurre
a distribuzioni non veritiere (Spirtes et al., op. cit.). L’identificazione delle
relazioni tra variabili può dipendere dalla presenza di altre variabili correlate,
questo perchè la struttura delle relazioni causali viene determinata considerando la relazione tra due variabili in presenza di altre variabili. Infatti, quando
si utilizzano dati sperimentali che escludono alcune variabili dal modello è
possibile che la capacità di scoprire le relazioni causali tra le variabili incluse
nel modello ne risulti limitata. A causa di ciò, quando si sviluppano modelli
teorici, non ci dobbiamo aspettare che tali modelli possano corrispondere in
tutto e per tutto alla teoria del SRL e/o alla sua esatta struttura relazionale.
Per arrivare ad ottenere una tale precisione nello sviluppo del modello teorico
sarebbe necessario coinvolgere un ampio novero di esperti di SRL in un ampio
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sforzo di ingegnerizzazione della conoscenza.
2.5 Simulazioni
L’approccio algoritmico per l’estrazione della struttura delle relazioni causali da un set di dati è utile solo in presenza di una quantità rilevante di dati.
Approcci teorici e simulazioni hanno dimostrato che per strutture relativamente semplici si può ritrovare in maniera ragionevole la classe di equivalenza
quando si ha a che fare con campioni di dati la cui numerosità varia tra 1000
e 10000 (Spirtes et al., op. cit.). Per valutare la possibilità di ricavare da dati
sperimentali la struttura delle relazioni causali del SRL, abbiamo condotto
delle simulazioni su un modello definito su basi teoriche, al fine di stimare in
maniera approssimativa il numero di dati necessari per ritrovare la corretta
classe di equivalenza. Nel caso in cui il modello ricavato dai dati sperimentali
rifletta accuratamente quello teorico, ovvero possegga la stessa struttura e la
stessa livello di “sparseness”, allora sarà possibile farsi un’idea di quanti dati
siano necessari per ricavare un modello dai dati sperimentali (Brokenshire &
Kumar, op. cit.). Le simulazioni sono state realizzate utilizzando l’applicativo
TETRAD IV (Scheines). Si sottolinea che i dati utilizzati nella simulazione
sono stati generati dal sistema TETRAD sulla base di un modello campione
di riferimento, ingegnerizzato e specifico per la teoria in questione. Modelli
di riferimento di questo tipo si possono costruire a partire dalla lettura della
letteratura dedicata a una data teoria o da una singola meta-analisi che produca
una matrice di correlazione. Ad esempio, Robbins et al., hanno realizzato una
meta-analisi di 108 articoli dedicati alla correlazione tra abilità psicosociali e di
studio e valutazioni finali in uscita dal college (Robbins et al., 2004). Il presente
studio usa solo dati simulati e non dati ricavati da osservazioni sperimentali
come nel caso di (Rao & Kumar, op. cit.; Shakya et. al., op. cit.).
Dal momento che il modello teorico non è parametrizzato, e al fine di evitare ogni possibile bias derivante da particolari modalità di parametrizzare le
variabili, tutte le simulazioni sono state stata condotte utilizzando una differente
parametrizzazione definita in maniera casuale. Tutte le variabili sono state considerate di natura discreta e aventi la possibilità di assumere tra 2 e 4 differenti
valori. 30 o più simulazioni sono state realizzate con campioni di dati di dimensione 1000, 2000, 5000, 10000, 20000 e 50000. Un’istanza completa di tali
campioni di dati è un vettore che contiene un elemento per ciascuna variabile
del modello campione e si può considerare come una misura simultanea di tutte
le variabili del modello. I grafi ancestrali parziali (PAG) prodotti dall’algoritmo
FCI per ciascuna dimensione del campione sono stati paragonati con il PAG
prodotto direttamente in base alle relazioni di indipendenza condizionale, e
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con lo stesso modello teorico.
Il modello teorico semplificato di riferimento è mostrato in fig. 2, insieme
con la classe di equivalenza ricavata dal FCI. Il modello di riferimento fa uso
di di relazioni causali ricavate dalla lettura della letteratura. Il modello equivalente presenta relazioni causali (es. sforzo --> performance), relazioni confuse
(es. livello dell’obiettivo o--o interesse) e relazioni parziali (es. strategia di
apprendimento o--> strategia d’uso).
Fig. 2 - Il modello teorico semplificato del SRL e la classe di equivalenza di tale
modello
Grazie a TETRAD è possibile, quindi, paragonare il grafo di riferimento con
i modelli della classe di equivalenza derivati. Uno dei criteri chiave di comparazione è l’adiacenza dei nodi. Con un campione di 5000 dati, la gran parte
delle adiacenze viene identificata correttamente ma si riscontra l’occorrenza
di numerosi falsi negativi. L’occorrenza di falsi positivi è abbastanza rara, e la
loro completa assenza è stato il caso più frequentemente riscontrato. Questa osservazione ci porta ad affermare che le adiacenze riscontrate nel grafo ricavato
dalle simulazioni rappresentino una forte evidenza della loro reale esistenza.
Con l’aumento delle dimensioni del campione di dati l’identificazione delle
adiacenze tende a convergere verso un’identificazione corretta e completa e sia
i falsi positivi che i falsi negativi diventano piuttosto rari. Si può concludere,
quindi, che nel caso dei campioni di dati più numerosi lo FCI risulta, per quel
che riguarda le adiacenze, un approccio affidabile al fine di generare modelli
equivalenti del modello di riferimento.
Un altro criterio di comparazione è rappresentato dall’accuratezza nell’orientamento delle relazioni tra i nodi. Brokenshire and Kumar (op. cit.) hanno mo-
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strato come i risultati delle simulazioni per quel che riguarda l’orientamento
delle relazioni siano meno consistenti. Con campioni di dimensioni comprese
tra 1000 e 2000, solo tra 9 e 12 delle 16 possibili direzioni vengono identificate
correttamente. Allorquando i campioni raggiungono dimensioni pari a 5000 o
più l’algoritmo comincia a identificare in maniera corretta tutti gli orientamenti
delle relazioni che è in grado di riconoscere. In ogni caso l’algoritmo produce
un largo numero di falsi positivi che continuano a persistere anche in campioni
di dimensioni dell’ordine di 50000. Queste osservazioni limitano l’affidabilità
degli orientamenti identificati dall’algoritmo, in particolar modo per i campioni
di dati di piccola taglia. Un possibile stratagemma per ridurre l’occorrenza di
falsi positivi è quello di aggiungere delle informazioni sulle relazioni impossibili a causa della sequenza temporale o di altri tipi di vincoli riguardanti le
relazioni tra variabili. Per verificare l’effetto dell’inclusione di vincoli temporali
sui risultati delle simulazioni, sono necessari ulteriori studi.
Uno dei risultati principali ottenuti a seguito della proposta di generare
modelli equivalenti utilizzando lo FCI è la determinazione del numero di esperimenti necessari a confermare l’indeterminatezza degli orientamenti delle relazioni (indicata dal simbolo o). E’ possibile utilizzare modelli equivalenti,
non proprio ideali, generati dal FCI utilizzando solo i dati ricavati da un unico
discente o da un gruppo di discenti. A partire dai dati, tali modelli equivalenti
possono condurre a identificare alcune variabili, le potenziali relazioni di causalità tra le variabili identificate e, persino, con quelle non identificate. Se un
ricercatore fosse interessato in modo particolare a una relazione causale che
potrebbe esistere tra due nodi del modello sarebbe sempre possibile verificare
l’assenza di tale relazione in tutti i modelli equivalenti prodotti dal FCI, e ciò
consentirebbe al ricercatore di condurre esperimenti su casi reali per cercare di
identificare ed eventualmente validare la suddetta relazione. Brokenshire and
Kumar (op. cit.) hanno dimostrato che si può ottenere una riduzione del 73%
del numero degli esperimenti condotti su casi reali aventi come finalità quella
si identificare l’indeterminatezza degli orientamenti delle relazioni.
3 Identificare gli stili di apprendimento
In questa sezione ci focalizzeremo sull’identificazione e l’utilizzo degli
stili di apprendimento all’interno di ambienti online. Il settore degli stili di
apprendimento è complesso e molti sono i modelli di stili di apprendimento
che sono stati proposti (es. (Felder & Silverman, 1988; Kolb, 1984; Honey &
Mumford, 1982)). Benchè siano molte le problematiche aperte concernenti
gli stili di apprendimento (Coffield et al., 2004), tutti i modelli relativi di stili
concordano sul fatto che i discenti hanno modalità preferite e differenti di apprendere. Inoltre, molti teorici dell’educazione e ricercatori ritengono che gli
24
Vive Kumar, Sabine Graf, Kinshuk - Competenze “causali” e stili di apprendimento: un framework per l’istruzione adattiva
stili di apprendimento siano una componente importante dell’intero processo
di apprendimento e concordano sul fatto che possano essere utilizzati per facilitare l’apprendimento. Ad esempio, Felder ha sottolineato come i discenti
che dimostrino di avere spiccate propensioni verso un determinato stile di
apprendimento potrebbero trovare difficoltà nell’apprendere quando gli stili di
insegnamento del docente non si accordino con esso (Felder & Silverman, op.
cit.; Felder & Soloman, 1997). Da un punto di vista teorico, si può affermare
che prendere in considerazione gli stili di apprendimento all’interno di un ambiente online potrebbe rendere l’apprendimento più semplice per i discenti e
aumentarne l’efficienza. Al contrario, i discenti i cui stili non vengano sostenuti
dall’ambiente di apprendimento potrebbero sperimentare difficoltà nel corso
del processo di apprendimento.
Sulla base di queste argomentazioni teoriche, nel corso degli ultimi anni
sono stati sviluppati diversi ambienti adattivi per l’apprendimento. Tra gli
esempi di tali ambienti si possono annoverare CS383 (Carver et al., 1999),
WELSA (Popescu, 2008), e TSAL (Tseng et al., 2008). Esperimenti svolti con
tali sistemi hanno dimostrato i benefici che possono derivare dal prendere in
considerazione gli stili di apprendimento, in particolare la possibilità di ridurre
il tempo di apprendimento e di incrementare la soddisfazione del discente.
Il primo passo per poter prendere in considerazione gli stili di apprendimento nell’ambito dell’apprendimento potenziato dalle tecnologie (TEL) è
quello di identificarli. Brusilovsky (1996) ha distinto tra due diversi maniere di
profilare gli studenti: collaborativa e automatica. Nell’approccio collaborativo,
il discente fornisce un riscontro esplicito che può essere utilizzato per costruire
il profilo studente, come ad esempio il riempimento di un questionario sugli
stili di apprendimento. Nell’approccio ‘automatico’, il processo di costruzione
e aggiornamento del profilo studente è realizzato in maniera automatica sulla
base dei comportamenti e delle azioni dei discenti che vengono messe in atto
durante l’uso dell’ambiente online. L’approccio automatico è diretto e non
affetto da problemi di inaccuratezza derivanti dall’opinione che gli studenti
possono avere di loro stessi. Inoltre consente ai discenti di focalizzarsi esclusivamente sull’apprendimento senza doversi preoccupare di fornire informazioni
aggiuntive circa le proprie preferenze. A differenza dei questionari sugli stili di
apprendimento, l’approccio automatico è potenzialmente più accurato e meno
prone all’errore dal momento che l’analisi viene realizzata su dati raccolti nel
corso di un ampio lasso di tempo invece che in un momento specifico.
A causa dei vantaggi offerti dalla determinazione degli stili di apprendimento tramite un processo di profilatura automatica dello studente, abbiamo intrapreso una ricerca sulle possibilità di determinare in maniera automatica gli stili
di apprendimento secondo il modello di Felder-Silverman (FSLSM) (Felder
25
| Invited Papers
- Vol. 7, n. 3, Settembre 2011
& Silverman, op. cit.). Per questo abbiamo preso in considerazione varie fonti
di dati: i pattern di comportamenti degli studenti frequentanti corsi online, le
loro modalità di navigazione e le loro caratteristiche cognitive. Nel prosieguo
illustreremo un’architettura che si serve di tutte queste fonti di informazione.
3.1 Utilizzare i pattern comportamentali per identificare gli stili di
apprendimento
Abbiamo progettato, sviluppato e validato (Graf et al., 2009) un sistema che
utilizza i comportamenti e le azioni dei discenti, registrate durante il processo
di apprendimento, al fine di identificare in maniera automatica i loro stili di
apprendimento. Un presupposto importante del nostro lavoro è che l’approccio sviluppato fosse utilizzabile all’interno di più ambienti online. Esistono
pochissimi studi sulla determinazione automatica degli stili di apprendimento
realizzati all’interno di ambienti online (es. (García et al., 2007; Cha et al.,
2006)). Tali lavori mirano ad identificare gli stili di apprendimento all’interno
di specifici ambienti online e quindi sono basati sull’utilizzo dei soli pattern
comportamentali disponibili all’interno degli ambienti considerati. Inoltre, i
corsi all’interno dei quali sono stati condotti gli studi sono stati progettati appositamente per identificare gli stili di apprendimento e per questo utilizzavano
‘learning object’ appositamente realizzati.
Quando ci si propone di sviluppare un approccio generico per la profilatura automatica degli studenti che possa essere utilizzato negli ambienti più
diversi, è necessario prendere in considerazione anche molti altri aspetti del
problema. Per prima cosa, i pattern comportamentali da utilizzare devono essere
selezionati in modo tale che la maggior parte degli ambienti di apprendimento
online siano in grado di registrarli. Poi si deve considerare che la maggior
parte dei corsi online non sono progettati per tenere in debito conto gli stili di
apprendimento. Infatti, non è sufficiente che il sistema sia in grado di ottenere
le informazioni desiderate sui pattern, ma sono gli insegnanti che dovrebbero
anche essere messi in grado di poter utilizzare nei propri corsi ‘learning object’
differenziati. Ne segue, che come base da cui ricavare i pattern necessari per
la profilatura automatica degli studenti si sono presi in considerazione solo
‘learning object’ standard. Inoltre, si è considerato che alcuni dei dati necessari potrebbero non essere disponibili e dunque che si deve essere in grado di
sopperire a tale mancanza. La strategia che intendiamo proporre per ovviare a
quanto sopra è quella di considerare un numero elevato di pattern, sufficienti
per consentire, comunque, un’dentificazione accurata degli stili di apprendimento.
Per ciascuna delle quattro dimensioni del modello FSLSM, sono stati selezionati opportuni pattern comportamentali, basati sull’utilizzo di ‘learning
26
Vive Kumar, Sabine Graf, Kinshuk - Competenze “causali” e stili di apprendimento: un framework per l’istruzione adattiva
object’ standard in comuni ambienti di apprendimento online. Si tratta di pattern
che prendono in considerazione quante volte uno studente visita un particolare
tipo di ‘learning object’, per quanto tempo utilizza tali ‘learning object’, le
performance nel rispondere a particolari quiz, ecc..
Per ricavare degli stili di apprendimento da tali pattern comportamentali
si è sviluppato un metodo in grado di utilizzare sia i dati sperimentali, grazie
all’impiego di un network Bayesiano, che, in alternativa, dati ricavati dalla
letteratura e semplici regole. In uno studio condotto con 127 studenti, che
hanno partecipato a un corso universitario sulla modellizzazione orientata agli
oggetti erogato in una piattaforma online come Moodle, abbiamo validato entrambi gli approcci. Gli stili di apprendimento ricavati utilizzando entrambi
gli approcci sono stati comparati con i risultato del questionario ILS (Felder
& Soloman , op. cit.), sviluppato da Felder e Soloman e che comprende 44
domande. Lo studio mostra che tramite l’approccio basato sulla letteratura si
ottengono risultati migliori (la precisione nella definizione dei valori ricavati
per le quattro dimensioni varia tra 73.33% e 79.33%) rispetto all’approccio che
utilizza i dati sperimentali (con una precisione che varia tra 62,5% e 68,75%).
Ne segue che la proposta di utilizzare un approccio che tenga conto delle regole
ricavate dalla letteratura è utilizzabile per la determinazione automatica degli
stili di apprendimento.
Questo ultimo approccio è stato implementato in un pacchetto indipendente
chiamato DeLeS (Graf et al., op. cit.) che in maniera automatica estrae dati rilevanti dai database degli ambienti online e da questi gli stili di apprendimento.
Nei nostri lavori di ricerca, questo strumento viene utilizzato per popolare il
modello dello studente con dati relativi ai suoi stili di apprendimento.
3.2 Migliorare il processo di identificazione degli stili di apprendimento attraverso
l’uso di ulteriori sorgenti di dati
Oltre all’utilizzo dei pattern ricavati dalla visita di determinati ‘learning
object’ ci siamo dedicati anche alla ricerca di altre sorgenti di informazioni che
potessero aiutarci a migliorare la determinazione degli stili di apprendimento.
Abbiamo utilizzato i pattern di navigazione, che forniscono informazioni su
come gli studenti si muovono all’interno di un corso, come pure sulle loro
caratteristiche cognitive, in particolare sulla capacità di utilizzo della memoria
di lavoro.
Le modalità di navigazione riguardano il come i discenti si muovono all’interno di un corso e l’ordine con il quale visitano certi tipi di ‘learning object’.
D’altra parte l’ordine in cui i discenti preferiscono utilizzare e apprendere da
particolari tipi di attività, come pure l’ordine e la priorità con cui i vari tipi
di materiali e di attività devono essere proposte a sostegno degli studenti in
27
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- Vol. 7, n. 3, Settembre 2011
funzione dei loro stili di apprendimento sono degli aspetti chiave di molte teorie. Facendo uso dei dati già utilizzati nel corso di studi precedenti, abbiamo
analizzato i pattern di navigazione (Graf et al., 2010) di discenti caratterizzati
da diversi stili di apprendimento. Sulla base di tali stili sono state formulate
delle ipotesi sul tipo di comportamenti che si sarebbero dovuti osservati e
quindi si è proceduto a una loro validazione utilizzando l’analisi sequenziale
dei ritardi (Bakeman & Gottman, 1997). Tra le assunzioni fatte possiamo citare
come esempio la ri-sottomissione di esercizi, che può essere considerata una
modalità di navigazione atta a individuare discenti ‘attivi’, mentre il saltare
da un quiz di autovalutazione all’altro senza risolverli potrebbe segnalare un
discente ‘intuitivo’. I risultati di questo studio hanno confermato molte delle
ipotesi formulate, a sostegno del fatto che le modalità di navigazione si diversificano in funzione degli stili di apprendimento personali. Ne consegue che
i pattern di navigazione possono contribuire alla identificazione degli stili di
apprendimento e più in generale alla profilatura dello studente.
Come scritto sopra, abbiamo spinto la nostra analisi a considerare anche le
caratteristiche cognitive dei discenti e in particolare quelle della loro memoria
di lavoro in relazione alle quattro dimensioni del FSLSM. Dapprima è stata effettuata un’approfondita indagine della letteratura, a seguire è stato condotto un
primo studio sperimentale con 39 studenti che poi, visti i risultati incoraggianti,
è stato allargato a un campione di 297 studenti. In entrambi i casi, agli studenti
è stato chiesto di riempire il questionario ILS (Felder & Soloman, op. cit.)
per ricavare i loro stili di apprendimento e, altresì, di eseguire il Web-OSPAN
(2010) per ottenere informazioni sulla capacità della loro memoria di lavoro.
L’analisi dettagliata dei risultati di tali esperimenti mostra l’esistenza di una
correlazione tra tre delle quattro dimensioni del modello FSLSM e la capacità
della memoria di lavoro. L’identificazione di tale correlazione ha grandi potenzialità ai fini di un miglioramento del processo di profilatura dello studente
per quel che riguarda gli stili di apprendimento e le abilità cognitive, come
mostrato da un altro esperimento condotto con 63 studenti (Graf & Kinshuk,
2010) che ha mostrato come l’utilizzo di tali dati possa migliorare l’accuratezza
del processo di profilatura.
Sia i pattern di navigazione che le caratteristiche cognitive, mostrano di
poter contribuire al processo di determinazione degli stili di apprendimento e,
quindi, possono essere considerati come buoni candidati per un’estensione del
sistema DeLeS. In fig. 3 mostriamo, infatti, un’estensione dell’architettura di
DeLeS per includere informazioni sui pattern comportamentali, di navigazione
e sulle abilità cognitive. L’architettura si compone di due componenti principali: una componente che è responsabile dell’estrazione dei dati dal database
dell’ambiente di apprendimento e una seconda componente che è responsabile
dell’individuazione degli stili di apprendimento a partire dai pattern comporta28
Vive Kumar, Sabine Graf, Kinshuk - Competenze “causali” e stili di apprendimento: un framework per l’istruzione adattiva
mentali, di navigazione e dalle abilità cognitive degli studenti.
Types of
Learning
Objects
Behaviour
Patterns
Navigational
Patterns
Data Extraction
Component
Data about
behaviour and
navigation
LMS
Learning
LMSDatabase
Database
System
Database
Students’ Behaviour & Navigation
Calculation
Component
Learning
Style
Data about
cognitive
abilities
Students’ Cognitive Abilities
Fig. 3 - Architettura del sistema per l’identificazione degli stili di apprendimento
Conclusioni
Riassumendo, abbiamo sostenuto l’utilità di impiegare modelli di relazioni
causali basati su grafi (prendendo ad esempio la teoria dell’apprendimento
auto-regolato) e ne abbiamo dimostrato la fattibilità. Riteniamo che i modelli
di relazioni causali basati su grafi rappresentino un utile mezzo per rappresentare dipendenze causali, nel caso della teoria SRL anche in chiave formale e
calcolabile, a patto che siano disponibili una quantità sufficientemente ampia
e affidabile di dati.
L’approccio di carattere esplorativo alla base degli algoritmi di ricerca delle
relazioni causali rappresenta l’alternativa all’approccio ‘confermativo’ dello
“Structure Equation Modelling”. L’uso di quest’ultimo approccio, che prevede l’elaborazione a priori di un modello, ha il grave limite di non considerare
l’intero insieme dei modelli equivalenti che potrebbero spiegare altrettanto
bene i dati sperimentali. L’approccio ‘confermativo’ è adatto ad escludere l’utilizzo di un modello proposto, ma non può definire il migliore tra due modelli
equivalenti.
L’approccio di carattere esplorativo presenta il vantaggio di condurre
all’identificazione dell’insieme completo dei modelli equivalenti per un deter-
29
| Invited Papers
- Vol. 7, n. 3, Settembre 2011
minato set di dati. Una problematica standard nelle procedure di apprendimento
delle macchine da dati sperimentali, riscontrabile anche nelle scienze, è quello
dell’ ‘overfitting’ del modello a causa delle peculiarità del set dei dati. L’algoritmo FCI e gli algoritmi correlati riescono a porre parziale rimedio a questo
problema incorporando l’assunzione di fedeltà; la violazione di tale assunzione
non consente, infatti, di individuare con certezza le relazioni tra nodi. I modelli
ricavati, tuttavia, al pari di qualsiasi altra teoria, devono essere sottoposti a test
ripetuti per poter essere considerati validi.
La creazione di modelli di relazioni causali basati su grafici offre molti vantaggi. Ad esempio, richiede una chiara e precisa definizione delle rivendicazioni
di una teoria e delle variabili implicate in essa, come pure una rappresentazione di tali rivendicazioni in una forma comprensibile. Una rappresentazione
formale che deve consentire una chiara specificazione delle relazioni causali
rintracciabili nella letteratura teorica. Ancor più importante è il fatto che i
modelli causali basati su grafici possono fornire risposte a domande specifiche
sulle competenze dei discente e su come ciascuna di tali competenze possa
essere incrementata agendo sulle variabili dipendenti del modello. Gli istruttori, dunque, possono utilizzare il GCM per farsi un’idea sulle competenze
complessive dell’intera classe degli studenti e, altresì, seguire, nel corso del
tempo, lo sviluppo delle competenze di uno studente. Si potrebbe aprire, così,
la strada verso un’istruzione altamente personalizzata basata esclusivamente
sul GCM di un singolo studente.
Benchè i vantaggi dell’uso dei GCM siano ormai evidenti, è bene comprenderne anche le limitazioni intrinseche. Come discusso precedentemente nel par.
2.1, la qualità (granularità e affidabilità) e la quantità dei dati sono in grado di
condizionare la generazione del modello. Quando si usano algoritmi di ricerca
delle relazioni causali (come il FCI), le limitazioni dovute alla dimensione del
campione di dati e la difficoltà nell’individuazione da una quantità ragionevole di dati di relazioni di indipendenza condizionata di ordine elevato devono
essere prese in considerazione prima di utilizzare tali algoritmi in situazioni
reali. La soluzione a questo tipo di problemi è la stessa di tutti gli studi basati
su osservazioni sperimentali: raccogliere un numero maggiore e più qualificato
di dati. Un’altra limitazione riguarda l’assunzione delle condizioni di Markov
e di ‘fedeltà causale’ nella generazione del GCM (Brokenshire & Kumar, op.
cit.). E ancora, per un modello con un grande numero di variabili, lo svolgimento di test sulla indipendenza condizionata a un livello di significatività
condizionale potrebbe risultare in multipli risultati errati dato il grande numero
di test richiesti. Aumentare la soglia di significatività alla quale prendere la decisione statistica modifica la natura dell’errore nel quale si potrebbe incorrere,
dal momento che i risultati corretti potrebbero non raggiungere mai la soglia
30
Vive Kumar, Sabine Graf, Kinshuk - Competenze “causali” e stili di apprendimento: un framework per l’istruzione adattiva
di significatività. Fissato il livello di fiducia dell’algoritmo relativa ai pattern,
la modifica del livello di significatività necessario per decidere fa sì che si
ottengano risultati molto diversi dal FCI o algoritmi simili. L’algoritmo FCI,
poi, ha un andamento esponenziale con il numero degli ‘in degree’ (numero di
nodi parenti) del modello. Per un grafo sparso, FCI evolve in un tempo ragionevole, ma diventa rapidamente inutilizzabile per grafi con molti nodi parenti.
Ciò è direttamente correlato al problema di cui soffrono i network Bayesiani
caratterizzati da tabelle di probabilità condizionata molto grandi quando si ha
a che fare con grafi ad elevato numero medio di ‘in degree’. Infine, ci si può
chiedere quanto fedelmente i GCM siano in grado di rappresentare una teoria
dal momento che vi potrebbero essere molte interpretazioni/modelli di una
stessa teoria. Ad esempio, nella letteratura si trova che nell’ambito della teoria
dell’autoregolazione sono stati sviluppati e utilizzati diversi modelli. Se da
una parte la GCM offre un metodo per verificare la correttezza di tali modelli,
c’è anche da osservare che i suddetti modelli evolvono continuamente con il
progredire della ricerca. E’ molto difficile stabilire delle relazioni di causalità
tra due variabili di una teoria quando differenti modelli trattano tali relazioni
diversamente e a differenti livelli di astrazione.
Il GCM è un formalismo generico che serve anche per comprendere come
evolvono le competenze. Una delle variabili chiave di una competenza sono
gli stili di apprendimento adottati e messi in campo dal discente. GCM ha la
capacità di individuare con successo gli stili di apprendimento utilizzati da ampi
campioni di studenti nel corso di una specifico processo di apprendimento. Una
volta individuati gli stili di apprendimento l’informazione può essere utilizzata
per offrire supporto adattivo come ad esempio nei corsi adattivi che mappano
gli stili di apprendimento dei discenti. Per poter offrire ai discenti tale tipologia di corsi, abbiamo ritenuto utile suggerire uno set di ‘learning object’ con
il quale operare, che include ‘learning object’ di uso comune quali: contenuti,
lineamenti, test di riflessione, test di autovalutazione, attività di discussione
sul forum, letture aggiuntive, animazioni, esercizi, esempi, applicazioni reali,
conclusioni, compiti. In base al framework sopra descritto, l’adattabilità agli
stili di apprendimento degli discenti si può ottenere sia cambiando l’ordine
di presentazione dei ‘learning object’ che attraverso la modifica dei ‘learning
object’ stessi, al fine di mappare i suddetti stili di apprendimento. Ad esempio
per un discente ‘attivo’ test di auto-valutazione, esercizi, animazioni e attività
nel forum sono da considerarsi particolarmente adatti perchè sostengono uno
stile di apprendimento attivo, quello di studenti che preferiscono apprendere
facendo e discutendo con gli altri sui materiali di studio. Inoltre, i test di autoapprendimento, gli esercizi e le animazioni, potrebbero essere spostati all’inizio
di ogni unità didattica per attivare l’interesse degli studenti sul contenuto di
tali unità. Il grado di adattività necessario può essere rifinito in base alle in31
| Invited Papers
- Vol. 7, n. 3, Settembre 2011
formazioni ricavate dal GCM. Una volta identificato lo stile di apprendimento
corrente del discente, la sequenza di attività formative può essere ulteriormente
adattata grazie ai GCM generici validi per una determinata popolazione di
discenti.
In altra maniera è anche possibile identificare gli stili di apprendimento
facendo riferimento a teorie specifiche e utilizzando l’osservazione sperimentale dei comportamenti dei discenti, e su questa base costruire poi oppoertuni
modelli. Sarebbe possibile anche trattare gli stili di apprendimento come degli
input causali e osservarne l’influenza sulla performance. In questo articolo, ciò
che sosteniamo è che l’istruzione adattiva per essere efficace deve tener conto
delle relazioni causali tra competenze e degli stili di apprendimento in maniera
complementare, e che sia ragionevole considerare la possibilità che gli stili di
apprendimento vengano integrati all’interno di un modello di competenze sia
come causa che come effetto.
Gli approcci dell’esplorazione causale e degli stili di apprendimento possono offrire input reciproco un l’altro, e rinforzarsi reciprocamente nelle capacità
di adattamento e in quella di contribuire alla messa in atto di un’istruzione
adattiva. Riteniamo che insieme, essi possano diventare una componente essenziale degli ambienti di formazione online, al fine di consentire l’adattamento
dei contenuti e dei comportamenti.
Ringraziamenti
Gli autori intendono ringraziare NSERC, iCORE, Xerox e il fondo per la
ricerca Mr. A. Markin per il sostegno a questo lavoro.
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