I ricordi di Carlo Vanzina: cinema e vacanze
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I ricordi di Carlo Vanzina: cinema e vacanze
Anno XIV - NUMERO 48 - AGOSTO 2011• periodico mensile gratuito • www.portorotondoweb.it foto: Armando I ricordi di Carlo Vanzina: cinema e vacanze L e sue prime «vacanze a Porto Rotondo» sono datate 1969. Poco più che 18enne Carlo Vanzina, il futuro regista figlio del grande Steno, scelse la Costa Smeralda per l’estate post-maturità. Con lui l’amico Marco Risi, figlio del grande Dino, il regista del mitico «Sorpasso». All’inizio si fermarono a Porto Cervo, ma quando scoprirono Porto Rotondo trasferirono armi e bagagli alla corte dei conti Donà dalle Rose. Da allora Vanzina non è di Alessandro Pirina più riuscito a dimenticare il borgo. Per il re delle «vacanze di Natale», da 42 anni, l’estate fa rima con Porto Rotondo. Un amore talmente forte da portarlo a scegliere il villaggio anche per molti dei suoi tanti film. «Sono innamorato di questo posto, vi ho acquistato addirittura tre case - racconta il regista -. Sono passati più di 40 anni, ma non potrò mai dimenticare la mia prima volta. Era l’estate del 1969 e con il mio amico Marco Risi decidemmo di trascor- rere le vacanze in Sardegna. Con la Mini di mia madre prendemmo il traghetto per Golfo Aranci. Poi, da lì ci spostammo a Porto Cervo, all’hotel «Luci di la muntagna». A un certo punto qualcuno ci parlò di Porto Rotondo. Io non la conoscevo, ma decidemmo di farci un salto. Scoprimmo un posto da sogno. C’era lo Sporting, si faceva il bagno nel porto e, soprattutto, c’erano i locali notturni, il Tartaruga e il Sottocoperta. Non abbiamo avuto dubbi e ci siamo trasferiti all’hotel San Marco, in piazzetta. Andavamo in spiaggia a Marinella, dove allora non c’erano i tantissimi lettini di oggi. Ricordo che si facevano i buffet sulla sabbia bianchissima, ci si divertiva da matti. Incontrammo Christian De Sica con il fratello Manuel e da quel momento Pietrangeli trascorremmo tutta la vacanza insieme». Da allora Carlo Vanzina non ha più tradito il borgo. «Una volta venni con un compagno di scuola che aveva la casa un po’ fuori, verso Rudalza. Ricordo che erano terminati i lavori alla Casbah e mi chiesero di proporre a mio padre se voleva compare una casa sulla piazzetta. Non se ne fece nulla, perché poi la prese Johnny Dorelli. Quelli erano gli anni in cui il cinema era di casa a Porto Rotondo. Ci venivano tutti. Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman, Paolo Villaggio e Monica Vitti, Virna Lisi e Claudia Cardinale, Renato Salvatori e Marco Ferreri. Io frequentavo i Malagò, che sono il punto fermo di Porto Rotondo. Oppure i fratelli Luca e Roberto Valerio. Un anno, invece, quando ero ancora “scapolo” tornai con + > 2 0 1 1 S T O O A G 2 N U M E R O Diego Abatantuono, che aveva preso una casa, che io avevo ribattezzato la “villa dei Satanassi”. Poi, 17 anni fa, incontrai la mia futura moglie, Lisa, a cui ho trasmesso il mio grande amore per Porto Rotondo. I primi anni andavamo a Marinella all’hotel Abi d’Oru, poi prendevamo una casa in affitto, ma sette anni fa ho deciso di comprarne una nel borgo. Un acquisto a cui ne sono seguiti altri due». La passione, l’amore per Porto Rotondo spesso lo ha portato a trasformare il villaggio, come anche la Costa Smeralda, in set cinematografico. Fin dai primi anni Ottanta la premiata ditta Vanzina – Carlo il regista insieme al fratello Enrico lo sceneggiatore – hanno scelto il nord dell’isola per i loro film del filone vacanziero. La prima volta risale al 1983 per le scene finali del primo «Vacanze di Natale» con Christian De Sica, Jerry Calà, Karina Huff, Stefania Sandrelli e un giovanissimo Claudio Amendola che dalla Cortina invernale si trasferivano in massa sotto il sole di Porto Rotondo. A quel film ne sono seguiti molti altri. Da «Piccolo grande amore» con l’esordiente Raoul Bova a «Olè» che vedeva la star americana Daryl Hannah alle prese con le gag di Massimo Boldi e Vincenzo Salemme, ma anche «Fratelli d’Italia» con De Sica che, in vacanza a Porto Rotondo, si finge miliardario per conquistare Nathalie Caldonazzo, e «Un’estate al mare», dove Gigi Proietti è un attore smemorato nel teatro di Ceroli. E ancora Carol Alt nei «primi quarant’anni» di Marina Ripa di Meana, ex-Lante della Rovere, e Greggio, Gullotta, Oppini, Fassari, Cinzia Leone e Monica Scattini dispersi sulla spiaggia di Razza di Juncu in «Selvaggi». «Non ho mai girato un film intero in Sar- 4 8 degna, non ho un’opera totalmente sarda ma mi è capitato spesso di scegliere Porto Rotondo, Porto Cervo e le spiagge della Costa Smeralda per diversi spezzoni. Alcuni ambientati nell’isola, altri altrove. Per me la Sardegna è una terra che si presta a una Hannah e Natalia Estrada. Insomma, la Sardegna è stata più volte protagonista dei miei film. Come ho già detto, non c’è un film sardo, ma forse quello che rappresenta di più la Sardegna, le sue bellezze, i suoi colori è «Piccolo grande amore», soprattut- marea di situazioni. Scelsi la spiaggia di Razza di Juncu per «Selvaggi», ma la storia si svolgeva nel mare dei Caraibi. Punta Marana addirittura una volta ha fatto da sfondo alle «Barzellette» messicane di Gigi Proietti, un’altra è diventata il paese spagnolo di «Olè» con Boldi, Salemme, Daryl to nella scena in cui Raoul Bova esce dall’acqua a Mortorio. Ma mi vengono in mente anche Carol Alt quando, nei panni di Marina Lante, si butta nella piscina dello Sporting in «I miei primi quarant’anni» o il finale di Paolo Villaggio in «Io no speak english» girato al Romazzino. O ancora Gigi E D I T O R I A L E di Alfonso De Roberto Un check-up tira l’altro. Alcuni anni fa qualcuno mi suggerì che forse sarebbe stato opportuno controllare il mio stato di salute visto che qualche punto debole, al cuore per esempio, sapevo di avercelo. Un suggerimento rimasto a lungo fastidiosamente impigliato tra i miei pensieri sino a quando decisi di rimuovere quello che stava diventando una sorta di rimorso. Feci gli esami del sangue ed un emocromo per poter fornire al cardiologo qualche elemento in più sull’ambiente fisiologico frequentato dal mio cuore. La telefonata, a metà mattina, mi prese di contropiede. Era il laboratorio di analisi. Volevano sapere se ero diabetico. E quando mai! Con gli zuccheri mai avuto l’ombra di un problema. Ma lo spietato quanto cortese interlocutore mi mise spalle al muro: glicemia 358 e, aggiungendo sale alla ferita, mosse le transaminasi, fuori parametro l’emoglobina glicata, il colesterolo ed i gamma gt. E siccome gli esami non finiscono mai mi sottoposi ad altri accertamenti con catastrofici risultati: il fegato ingrossato ed insaccato nell’adipe, l’aorta dilatata col cuore in affanno, una piccolissima cisti ad un rene, la pressione ballerina. Insomma ero ufficialmente e seriamente ammalato e conseguentemente impegnato a risalire la china. Nel frattempo mi hanno diagnosticato un’anemia ed uno scompenso cardiaco, una cronica insufficienza Proietti in «Un’estate al mare», dove mi ha fatto piacere mettere in risalto il teatro Ceroli». Il sogno di Carlo Vanzina è sempre stato quello di realizzare un film western in Sardegna. «Purtroppo penso che rimarrà un sogno. Ma, in futuro, chissà l’isola potrebbe essere il set ideale per un sequel di «Sapore di mare». D’altro canto, qualora decidessimo di farlo la Costa Smeralda, Porto Cervo, Porto Rotondo sarebbero una scelta obbligata. La Sardegna è conosciuta per la presenza dei nuovi ricchi, ma in realtà non è solo quello. Ecco, non mi dispiacerebbe raccontare le due facce della medaglia. La Sardegna che appare e quella che è». Intanto, due anni fa, proprio dalla Sardegna, la premiata ditta Vanzina ha ricevuto un importante riconoscimento: ai due “fratellacci” del cinema italiano è stata dedicata un’intera serata del festival di Tavolara. Una rassegna, per lo più, rivolta al cinema d’autore, a quel mondo che non ha mai risparmiato critiche al cinema vacanziero dei Vanzina. «Ho un ottimo ricordo di quella esperienza. Ci accolsero in modo molto affettuoso. Non c’eravamo mai stati, ma scoprimmo una bellissima manifestazione. Peccato che per il vento non fu proiettato il documentario che avevamo realizzato sui nostri film». Già, ai Vanzina fu dedicata un’intera serata al teatro Michelucci di Olbia con la proiezione di due film, ma l’omaggio sull’isola del sabato fu annullato per il forte vento. E così nessuno ha potuto applaudire la loro docu-fiction «La vita è buffa». A recuperarlo, chissà, magari anche il prossimo anno, potrebbe essere l’amata Porto Rotondo, teatro di tanti film e soprattutto di vacanze [] indimenticabili. renale, una super prostata. E gli occhi son diventati indifeso bersaglio di una trombosi. Cacio sui maccheroni, un’irridente psoriasi. E così, passato a 23 pastiglie quotidiane, tra un’analisi e l’altra, un prelievo di sangue e la consegna di un campione di liquidi organici ho finito per chiedermi se non sia il caso di accertare anche lo stato della mia salute interiore, quella che non si vede ma si sente come un tarlo. Magari verrebbe fuori come certi valori non siano del tutto a norma. E se avessi un tasso troppo alto di egoismo? E se un’inconsapevole presunzione stesse aumentando come il colesterolo? E se oltre che il ferro ed i globuli rossi fossero in deficit anche la cortesia e l’attenzione per gli altri? E se l’umiltà fosse in vertiginoso ribasso come l’emoglobina? E se troppo spesso esprimo giudizi gratuiti su qualcuno che forse merita maggiore attenzione e comprensione? E non dimentico troppo spesso di rifornirmi di medicine dell’anima, magari solo una lettura, giusto per stare meglio? Prima di sottopormi a visite ed analisi credevo che almeno la mia salute fisica fosse accettabile. Per ora non intendo sottopormi ad un check-up dell’anima anche se per un credente il laboratorio di analisi è già bell’e pronto; è attendibile e non si paga il ticket. Preferisco battere la strada più comoda e chiedere agli altri come va la loro salute. Sperando che non mi rispondano «bene, grazie e tu?» perché quella non è una risposta ma un modo di dire. E non tiene conto del fatto che tra un malanno fisico ed uno interiore è davvero difficile scegliere. Meglio ignorare lo stato di salute e minacciare: «Se mi chiedi come sto anch’io lo chiedo a te!». 4 8 3 Un ET con pinne, muta e macchina fotografica, per raccontare le meraviglie della natura Il buen retiro di Egidio Trainito, approdato sulle coste della Gallura a ridosso dell’isola dei suoi sogni “ Questa è la mia Isola. L’ho cercata a lungo fino a quando l’ho trovata”. Parla a bassa voce Egidio Trainito, come se avesse paura di turbare la pace che regna nel suo ufficio di Porto San Paolo. Un ufficio nella penombra, rannicchiato a ridosso di Tavolara, che sa di casa un po’ disordinata: tanti libri che parlano di salvaguardia del mare, della natura, di turismo compatibile, di conservazione delle aeree protette. Libri con la sua firma. L’ultimo è appena stato pubblicato. “Oggi è Tavolara – scrive – ma lo è soltanto da un paio di secoli, e anche tutte le altre piccole isole comprese nel perimetro dell’Area Marina Protetta, a partire da Molara, hanno cambiato nome nel corso della storia”. Inizia cosi, con la storia dei nomi dei luoghi, la sua bellissima guida “Tavolara, Punta Coda Cavallo”. Una storia affascinante, di una cinquantina di pagine, che racconta cose dei tempi passati e presenti passando in rassegna tutte le cale, gli isolotti, i promontori, le isole, compreso qualche scoglio degno di citazione, che fanno parte del ricco e spesso misterioso, mondo di Tavolara che qualcuno si ostina a chiamare (erroneamente secondo Trainito) l’Isola del Re. Ma questa è un’altra storia più volte raccontata. Ricchi e dettagliati anche i vari capitoli da “La Natura fuori dell’acqua” a “La Natura sott’acqua”, da “Tutte le spiagge” alle “Ragioni e Regole”. Una guida corredata ed arricchita da straordinari scatti d’autore da guardare e riguardare ancora alla scoperta di una natura straordinaria sopra e sotto la splendida area protetta. “Sono arrivato qui 27 anni fa circa, avevo 37 anni, ma mi innamorai perdutamente di questo lembo di terra soltanto nel ’71. Mi ero organizzato per una vacanza alla scoperta della natura, dopo aver letto un articolo di Fulco Pratesi che parlava di un progetto per la salvaguardia della Sardegna. Sacco a pelo e natura, natura e sacco a pelo. Mi ricordo il paese di Sadali, sessanta gradi all’ombra, persone silenziose e generose. Con mangiate infinite di porcetto al sapore di mirto, cotto lentamente sotto terra. Vino genuino, da fare girare la testa, serate indimenticabili”. “La Gallura? È stata una delle ultime soste, allora. Un salto a Santa Teresa, quando ancora Santa Riparata non esisteva. E c’era, ricco, dai mille colori, soltanto un ristorante all’ingresso del paese. La Gallura – Porto San Paolo per l’esattezza - è stata una scelta di qualche tempo più tardi. Una scelta che definirei razionale, di carattere socio economico. Poi la scoperta di Tavolara. Che per me non è un luogo fisico ma uno stato d’animo. Uno stato felice, irrinunciabile”. Nato a Padova, padre siciliano, mamma cadorina, Egidio Trainito è sardo nell’anima. Anzi, ormai definitivamente, gallurese. “Quando l’aereo sorvola Costa Corallina – dice - mi sento già a casa. Come ET che mette insieme le iniziali del mio nome. Una scelta voluta dal destino? Forse”. La Gallura e il suo mare: “Un mare bello dappertutto. Sopra e sotto coi suoi fondali straordinari che riservano sempre nuove sorprese. Un mondo tutto da scoprire, diverso secondo le zone. Popolato da pesci e fauna unici. Un mare che consola”. Autore di guide e comunicazioni scientifiche e di opere divulgative in campo naturalistico e geografico, Trainito ricorda in particolare “Sardegna, mare protetto”, con le più belle immersioni nelle aeree marine protette e “Viaggio in Gallura”. Ci sono voluti vent’anni di fabbrica prima di sbarcare nel paese in riva al mare di Gallura, in un’Isola che “non è luogo ma uno stato della mente”. “Perché sono venuto qui? Perché stanco di tanti anni di lavoro sempre uguale, di cielo colore grigio, di nebbia. Cosi ho pensato, e pensato ancora. E mi sono inventato, letteralmente inventato un mestiere. Ho aperto un centro di sport subacqueo a Porto San Paolo. Dal 2000 sono comunque un uomo libero. E mi dedico alla ricerca, alla salvaguardia del mare, alle guide turistiche. Come, appunto, “Tavolara” con la consulenza di Augusto Navone, direttore dell’area marina protetta di Tavolara-Capo Cavallo e con le illustrazioni create, si puo dire, in famiglia. “Da mio figlio Stefano” - dice con una punta di orgoglio Egidio che è anche un felice nonno di due “bellissimi nipotini”. “Ho fatto tutto da bambino” confessa con un sorriso. “Non sto mai fermo ma i miei progetti sono sempre di breve termine. Sempre. Cominciano e finiscono subito”. E dopo i due ultimi libri – “Tavolara” e “Sardegna mare protetto” appena pubblicati? “Non mi fermerò di certo. Farò altro ancora. E ancora”. Un giusto riconoscimento gli è venuto da Rai 1 che gli ha affidato l’incarico di consulente per i programmi di “Linea blu” anche per quanto riguarda servizi non legati alla Sardegna. Orizzonti professionali più vasti? Certamente, “Ma… quando l’aereo sorvola Costa Corallina, mi sento a casa come ET. Martine Frey 2 0 1 1 R O S T O E O U M A G N 2 0 1 1 S T O O A G 4 N U M E R O 4 8 Travolta da una terribile faida familiare, morì latitante uccisa dalla tubercolosi Una banditessa sarda: Paska Devaddis, Regina di Orgosolo S ul Supramonte, nel cuore aspro del Gennargentu, a novembre del 1913 era già pieno inverno. Le notti erano piene di stelle e la neve imbiancava i picchi della montagna. Non c’era vento, la notte del 6 novembre. Si sentiva chiaramente il bramire delle volpi affamate che i fuochi dei pastori ricacciavano nelle tane. Dagli ovili a valle si udivano latrati di cani. Nessuna voce umana: sembrava che il buio avesse attutito anche lo scorrere del vicino torrente. La fanciulla stava supina, adagiata su una giaciglio di frasche in fondo alla caverna: non avvertiva neppure il calore del fuoco. Febbricitante e madida di sudore, pensieri sconnessi e ricordi confusi andavano via via attenuandosi nella sua mente. Quando gli occhi della giovane si chiusero per sempre, i sei uomini che le stavano intorno la coprirono in silenzio con un lenzuolo di lino candido e una pesante coperta d’orbace. Spensero il fuoco buttandovi sopra dell’acqua. Deposero la giovane su una lettiga di frasche, la sollevarono dal pavimento di pietra della grotta e uscirono nella notte. Erano banditi, quegli uomini. E anche lei, Paska Devaddis di Orgosolo, era un bandito. Una banditessa. Il gruppetto camminò per più di tre ore, scendendo dalle montagne fino alle prime case di Orgosolo. Gli uomini si fermarono davanti alla porta della casa dei genitori di Paska. Non ci fu bisogno di bussare: la porta si aprì silenziosamente. I sei, portata dentro la giovane donna ormai fredda e pallida come il marmo, l’adagiarono su un grande tavolo, con i piedi rivolti alla porta: pronta a proseguire il suo viaggio verso l’eternità. Salutarono con un gesto della testa l’ombra oscura che si era staccata da una parete, baciarono la moribonda sulla fronte e uscirono in fretta. II dovere era stato compiuto: secondo la tradizione, chi vive fuori dalla legalità e muore in latitanza dev’essere restituito alla famiglia. All’alba, i primi a visitare la casa di Paska furono i carabinieri e il medico del paese chiamato per certificare davanti alla legge la morte della giovane, vissuta alla macchia per più di un anno. Dal referto medico risulterà che Paska Devaddis era morta per tubercolosi e che aveva conservato intatta la propria verginità. Ma chi era Paska Devaddis? Per la leggenda popolare fu «Reina dì Orgòsolo e de bandidos sorre e sentinella. De sa disamistade in sa burraska in sa notte orgolesa fìd istella. Paska Devaddis, reina e bandida» («Regina di Orgòsolo, sorella e sentinella dei banditi. Nella burrasca della faida fu la stella della notte orgolese. Pasqua Devaddis, regina e banditessa».) Così la presenta l’antropologo sardo Michelangelo Pira nel suo radiodramma intitolato appunto “Paska Devaddis”. Certo fu una donna dal carattere forte e dal cuore caldo, trovatasi protagonista, suo malgrado, nella disamistade, l’inimicizia che de- cimò, dai primi anni del secolo sino alle “paci” di Posada nel 1916, le due famiglie orgosolesi dei Cossu e dei Corraine e le famiglie loro alleate, fra cui i Devaddis. La disamistade di Orgòsolo iniziò ufficialmente con un morto ammazzato, il 3 aprile del 1905, e terminò nell’agosto del 1916, 11 anni e 20 morti dopo, quando le autorità riuscirono a convocare nelle campagne di Posada i capi delle fazioni in lotta. Alla cerimonia di riappacificazione, i sopravvissuti giurarono di non combattersi più. Paska Devaddis, poco più che bambina, era entrata nella faida nel giugno del 1912. Aveva assistito all’omicidio di un giovane, Antonio Succu, ucciso a pallettoni davanti alla madre, alla nonna centenaria e alla sorella Mariangela: quest’ultima fece il nome di Paska tra quelli delle persone che aveva riconosciuto tra gli assassini. Scattato per lei il mandato di cattura, Paska decise di prendere la via dei monti. Dalle allegre compagnie femminili, dalle feste paesane in compagnia del fidanzato, dalle serene abitudini di una casa agiata e un tempo benvoluta la ragazza passò a una vita durissima e insicura condivisa con altri latitanti il cui unico intento era eliminare i propri nemici con rapidissime discese in paese: ominìas, “cose da uomini”, alle quali, in breve, partecipò anche Paska, un’ottima amazzone con nelle vene il sangue caldo dei Devaddis. Durante la disamistade aveva assistito all’arresto del fratello Battista, accusato di omicidio, e alla morte di un altro amato fratello, Francesco. Quest’ultimo fatto aveva gettato Paska in uno stato di profonda prostrazione, peggiorato dall’arresto, pochi mesi dopo, anche del padre Giuseppe, anche lui accusato di omicidio. Tutto l’attaccamento alla famiglia e l’orgoglio ribollivano nell’animo della giovinetta, le cui scorribande sui monti le diedero un’aura di leggenda. Si ricorda, per esempio, la vicenda di due giovani carabinieri che, saputo che fra le montagne del Supramonte si nascondeva una giovane banditessa, dissero che se l’avessero trovata le avrebbero infilato le mani sotto la gonna. Se la trovarono davanti una mattina alle prime luci. «Mi mandano a dire dal paese», disse loro, «che due carabinieri mi stanno cercando per sollevarmi le gonne. Siete voi, per caso?». I due militari non ebbero neppure il tempo di impugnare le armi che i loro berretti già volavano via tra i cespugli colpiti da due colpi ben indirizzati. Stupiti di ritrovarsi vivi e senza un graffio, se la diedero a gambe. Raccontarono a tutti dell’incontro, dicendo che Paska, donna bellissima e bruna di capelli, era apparsa all’improvviso come una visione nella luce dell’alba e aveva sparato senza neppure alzare il fucile all’altezza della spalla. Giovane e infelice, Paska. Morì di tisi a neanche vent’anni, e si tramanda che fu sepolta con l’abito nuziale che non aveva mai indossato. Incarna il prototipo della donna-bandito della Sardegna più arcaica, un esempio di coraggio per la scelta di vita condotta fuori dalla legge, ma in piena libertà: Paska Devaddis suscita ancora oggi una sorta di ammirazione, senza che si possa con certezza affermare se fosse una pericolosa banditessa o una vittima innocente dell’odio. Maria Luisa Floris 4 8 5 Alla scoperta dei segreti del nuraghe di Porto Rotondo Un’archeologa gallurese per il recupero di Punta Nuraghe I mponenti, affascinanti e maestosi i nuraghi. Ma anche misteriosi, e da ciò, in parte, deriva anche il loro fascino. Infatti non tutti sanno a cosa servivano, quale fosse la loro funzione. Qualcuno ha ipotizzato che potessero servire come abitazioni. Qualcun altro afferma che erano dei fortini militari. E naturalmente non mancano i sostenitori della teoria che non fossero altro che dei magazzini. In realtà, erano tutto questo. Paola Mancini, archeologa di 36 anni, gallurese, vive a Loiri. Si è interamente dedicata allo studio della civiltà nuragica, e da dieci anni mette a disposizione la sua passione al servizio della Soprintendenza ai beni archeologici come collaboratrice esterna ed ha condotto gli scavi del villaggio nuragico di Lu Brandali a Capo Testa, a Luogosanto, a Serri, nei pressi di Barumini. In autunno la attendono due lavori molto importanti: una scavo a Tavolara sulla civiltà di Monte Claro e poi quello di Punta Nuraghe, a Porto Rotondo. Sarà lei, infatti, a guidare l’equipe che lavorerà per riportare all’antico splendore il nuraghe dell’omonima punta. E dunque questa schiva “donna degli stazzi” (come si autodefinisce) avrà un ruolo molto importante: dalla sua attività, dalla sua capacità e dal suo acume dipenderà la ricostruzione storica e forse anche fisica del millenario monumento, l’unico che può vantare Porto Rotondo. Gli scavi dovrebbero iniziare a ottobre o giù di lì, nel frattempo la dottoressa Mancini spiega a cosa servivano i nuraghi, affinché i portorotondini abbiano consapevolezza dell’importanza della straordinaria operazione culturale. «Il nuraghe è il monumento simbolo della civiltà sarda, sia perché è il più importante sia perché è presente in gran numero; si parla di 8 mila nuraghi, ma penso siano stati molti di più. Nel tempo ha svolto diverse funzioni ma certamente sono nate come abitazioni». Chi vi abitava? «Gli studi effettuati sulla civiltà nuragica ci fanno pensare che fosse paritaria, ovvero priva di re, o capi. Ma esistevano certamente dei clan, delle famiglie eminenti, che possedevano il nuraghe. Attorno alla struttura megalitica, si sviluppava poi la costruzione di un villaggio di capanne dove dimoravano tutti gli altri». Perché sono così numerosi? «Perché probabilmente l’isola aveva una densità abitativa più elevata soprattutto nelle campagne. Non esistevano città e i nuragici costituirono una civiltà basata su un sistema abitativo diffuso, con collegamenti capillari. Era gente pacifica e ciò è attestato dal fatto che non siano stati mai trovati reperti distrutti da incendi. Nessuna traccia di devastazioni. Quindi i nuraghi non erano fortini, anche se ovviamente c’erano delle strutture collocate in posizioni particolarmente strategiche e di confine che erano deputate al controllo e quindi probabilmente prevedevano lo stanziamento di una guarnigione». Case e fortini. Anche luoghi di culto? «Nell’età del bronzo direi che questa ipotesi sia da escludere, salvo forse alcune eccezioni. Nell’età del ferro, quindi successivamente, invece i nuraghi vennero abbandonati dai sardi, che non vi abitarono più, preferendo le abitazioni certamente più fragili ma anche più comode e più luminose. Ma lì dentro veneravano i loro avi, capivano che quei monumenti, qualche secolo prima, erano stati il fulcro della vita della loro civiltà. Divennero dunque luoghi sacri e come tali li conservavano e li custodivano». Qual è la struttura tipica di un insediamento nuragico? «La torre semplice; la torre centrale con il villaggio nuragico antistante; la torre centrale, un bastione, e poi altre due, tre, quattro o cinque torri, e infine il villaggio. Oppure, la torre centrale, il bastione con le torri e un ulteriore bastione. E il villaggio sotto. Quest’ultima tipologia è ovviamente la più maestosa: il nuraghe Losa, ad Abbasanta, ne è un bell’esempio». Qual è la particolarità del nuraghe di Porto Rotondo? «Verso la fine dell’età del bronzo i nuragici si aprirono al mondo e al commercio con gli altri popoli. Reperti di quella civiltà sono stati rinvenuti in Etruria, a Creta, in Sicilia e così via. Erano ottimi navigatori, ed è ormai smentita la vecchia ipotesi dei nuragici timorosi del mare. Non penso sia sbagliato identificar- li con i leggendari Shardana, i popoli del mare. La zona intorno a Olbia era uno dei principali snodi marittimi della Sardegna, già da allora. Il golfo di Cugnana molto probabilmente era utilizzato come porto di imbarco e sbarco e il nuraghe di Porto Rotondo era la torre di controllo dell’area: si gode una visuale stupefacente, da lassù. Faremo lo scavo per dare la possibilità al nuraghe di parlarci: dovrà dirci perché è stato fatto, che relazioni aveva con il resto del territorio: era un avamposto? Sembra di sì. Infatti il nuraghe più vicino si trova nei pressi dell’Iperstanda, dunque a diversi chilometri di distanza». Paola Mancini, ci parli di sé. Come è nata questa passione per l’archeologia? A nove anni sono andata in gita a Tharros, con la mia famiglia. Rimasi affascinata da quel luogo, ne venni travolta. Iniziai a leggere molto: a 10 anni lessi Giovanni Lilliu, tanto per fare un esempio. Mi sono laureata a Cagliari in lettere antiche e poi ho conseguito la specializzazione in archeologia a Firenze. Subito dopo feci il primo scavo a Santa Teresa. Mi considero una persona fortunata: faccio il lavoro che mi piace. Mi stimola capire cosa nascondono i reperti archeologici, soprattutto del neolitico e dell’età preistorica, di cui si sa poco. Anzi, sono maggiori le zone d’ombre rispetto ai punti luce, riguardo quell’età. Quindi si lavora per ipotesi, che naturalmente devono basarsi su supporti scientifici. Diciamo che fare uno scavo è un po’ come indagare su una scena del crimine, senza ovviamente la truculenza, né la pressione di dover scoprire, a tutti i costi, dei colpevoli da assicurare alla giustizia. Ma l’atteggiamento è lo stesso: ci sono cose da capire, cose da confermare, cose da ricostruire con l’intuito, la cultura, la prudenza. Tutto ciò è estremamente stimolante». Claudio Chisu 2 0 1 1 R O S T O E O U M A G N 2 0 1 1 S T O O A G 6 N U M E R O 4 8 Faccia a faccia con Gesuino Achenza, assessore ed avvocato nel pool di Gianni Giovannelli Deleghe che pesano: Sport, Università, Giustizia e Spettacolo “ Sono ottimista per natura”. Filosofia di vita? “Meglio matti che piatti che vuol dire meglio un po’ bizzarri che pallosi”. Un sogno nel cassetto? “Ce l’ho. Restituire il mare alla città e fare degli olbiesi dei cittadini che amano e praticano il mare”. Gesuino Achenza, cinquantaquattro anni, aspetto giovanile e sbarazzino “senza trucco e senza inganno” ha idee molto chiare sui suoi obiettivi come nuovo assessore al Comune di Olbia con deleghe per quattro poli: sportivo, universitario, giudiziario e dello spettacolo. E potrebbe parlare per ore di ciò che vorrebbe per la “sua” città. “Perché – spiega – io penso che se ti hanno affidato un incarico, ti devi impegnare dando il meglio che puoi.” Decisamente meno entusiasta quando si tocca la sfera del privato. Un gentilissimo no ed un diplomatico grazie, accompagnati da un sorriso “Cose da raccontare – dice- ce ne sono tante, ma siamo sicuri che interessino a qualcuno?”. Legale del Consorzio di Portorotondo dalla fine degli anni Ottanta guarda al Villaggio con una certa nostalgia del passato “Intanto perché faccio i conti con gli anni e poi perché certi ricordi mi emozionano ancora. Penso alla spiaggia Ira col canneto che vi si affacciava, alle passeggiate per la Casbah dove ti ritrovavi fianco a fianco con attori e personaggi del jet set e non con i loro body -guard”. Ieri di casa, oggi frequentatore meno assiduo, Gesuino Achenza reputa il Villaggio il fiore all’occhiello del turismo olbiese. “Per me – dice resta sempre un esempio a cui guardare ed il Consorzio in questi anni ha svolto un’attività di riqualificazione atta a dare maggior godimento del Borgo per tutti i frequentatori, non solo i turisti.” Ma Portorotondo e Rudalza sono realtà integrabili? “Assolutamente si – afferma il politico – Direi anzi che è una necessità non solo un auspicio. Occorre far crescere Rudalza dotandola di servizi proprio per dare la possibilità che il Borgo non debba essere oggetto di colate di cemento ma di servizi e collegamenti viari migliori”. Protagonista di un anno politico effervescente che ha portato, dopo quindici anni, il centrosinistra al governo della città l’assessore Achenza, lunga carriera politica alle spalle, ha oggi un ruolo di rilievo e di esperienza in una Giunta giovane e piena di slancio “Ho fatto il consigliere comunale dall’ottantacinque ininterrottamente per dieci anni. Finita l’esperienza con la Dc, politicamente parlando , pensavo di aver appeso le scarpe al chiodo mente un rinnovamento ma le capacità di un amministratore non si individuano nell’età anagrafica. Non c’è dubbio che i giovani vedano le cose in maniera diversa. Ascoltarli significa arrivare alla soluzione dei problemi in maniera più rapida”. Quattro le deleghe che interessano il suo Assessorato, con tante differenze ed altrettanti input sui quali lavo- e mi sono dedicato solo all’attività di avvocato. Invece nel 2005 mi è stato chiesto di candidarmi per il primo consiglio della neonata Provincia”. Così è ripartita la sua avventura politica .“Sono stato eletto nelle file della maggioranza mentre l’anno scorso, nello scontro diretto come candidato alla Presidenza della Provincia fui sconfitto dal senatore Sanciu”. Ma l’avvocato prestato alla politica è contrario alle “medagliette appiccicate al petto” e ai doppi incarichi “Credo che la carriera non sia fatta di una sfilza di titoli – dice - e perciò dopo la recente elezione in Consiglio Comunale e il mandato come Assessore mi son dimesso da consigliere provinciale”. Ora il confronto con il cambiamento “C’è stato effettiva- rare. “Partendo dall’Università si può affermare che Olbia ha necessità di investire in cultura – attacca Achenza. – Collaboriamo con l’Università di Sassari per modificare e arricchire i corsi esistenti in città: abbiamo l’obiettivo di trovare una sede adeguata”. Lo sport:” Ho un rapporto molto radicato con lo sport anche se a livello amatoriale – dice Achenza -. Olbia è una fucina di giovani talenti, oltre che nel calcio negli sport minori come il ciclismo, il surf, la vela ed altri ancora. Ciò su cui si dovrà lavorare è cercare spazi e dare una mano per superare i problemi dell’insularità che a loro volta si riflettono sulla mancanza di un confronto a livello agonistico.” “Per quanto riguarda, invece, la delega al Polo giudiziario quella, credo, mi sia stata affidata per l’esperienza professionale – afferma l’Assessore. – Avrò rapporti stretti con gli organi giudiziari attuando una collaborazione proficua per migliorare la situazione”. Infine lo spettacolo, con una doverosa premessa. Non essendo stato possibile effettuare una programmazione estiva sia per l’impossibilità di reperire fondi sia per il breve tempo passato dal momento in cui si è insediata la Giunta punteremo a pochi eventi, di poco costo, ma di grande qualità – promette Achenza”. Portorotondo entra in gioco a pieno diritto. “ E’ doveroso, per noi, cercare di reperire fondi per ultimare importanti strutture come l’Anfiteatro Ceroli dove da anni si ospitano eventi di cui anche la città di Olbia gode. Poi ci sono il teatro Michelucci e il Museo Archeologico che meritano di essere utilizzati a tempo pieno”. Ed è proprio qui che si apre un altro importante capitolo, tutto dedicato al mare. “Quando ci sarà possibile effettuare una programmazione vera e propria molti dei miei sforzi saranno dedicati a realizzare eventi mirati ad avvicinare la città al mare, dagli spettacoli alle manifestazioni sportive. Magari anche dei giochi tra quartieri. Un po’ come i vecchi giochi senza frontiere però a livello cittadino. Mi pare impossibile che una città con tre miglia di splendido golfo non sfrutti queste potenzialità”. Distese blu, turchesi e verde smeraldo: per Gesuino Achenza il mare è emozione e vita. Tanto che a parlarne gli occhi si illuminano e, finalmente, esplodono i ricordi. Come la traversata a nuoto dalla spiaggia di Marerocce fino a Capo Ceraso “Diventammo famosi a livello nazionale – ride l’Assessore – perché uscì un articolo su un quotidiano. Tutti ci contattavano perché partecipassimo ad altre traversate”. “Se non avessi fatto l’avvocato ( o il medico come avrebbe voluto mio padre) avrei voluto vivere dal mare”. Ed essere? “ Che so, per esempio un pescatore. E se ci fosse la possibilità di vivere un’altra vita, sotto altre sembianze, allora non c’è dubbio: vorrei essere un delfino”. Un legame profondo. Com’è profondo il mare. Viviana Montaldo A ncora cabaret per le notti calde dell’estate portorotondina. Dopo il successo di Dario Vergassola della scorsa stagione, sarà la volta (il 18 agosto alle 21:30 al Teatro Ceroli) di un brillante Marco Marzocca che debutta col suo divertente recital “Ciao Signò”, un lavoro ricco di novità ed animato dai più apprezzati pezzi del repertorio cabarettistico.. Le “svampatissime” vicende di Ariel (il domestico filippino di casa Bisio, reso celebre da Zelig), i folcloristici racconti dell’ex pugile Cassiodoro e le inenarrabili memorie del Notaio potranno esser rivissute dal pubblico con l’appassionante e magica ritmica del tempo teatrale, ben più emozionante di quello televisivo. La grandissima capacità d’osservazione, acquisita e sviluppata da Marzocca nel corso della sua quindicennale carriera artistica, si manifesta nella caratterizzazione, assolutamente universale, dei suoi personaggi davanti ai quali lo spettatore esplode in una risata immediata perchè immediata ne è la percezione. La cadenza cantilenante ed assecondante di Ariel, il rintronamento di Cassiodoro, il continuo rimbrottare del Notaio sono in realtà quegli stessi elementi che lo spettatore individua nelle persone con cui si confronta nella società odierna, multietnica e più varia che in passato. La presenza di un attore comico della portata di Stefano Sarcinelli (tra l’altro anche stimatissimo autore di testi televisivi), e quella di un brillante cantautore come Max Paiella molto amato dal pubblico radiofonico per le geniali “serenate coniglie” ed approdato di recente a “Zelig Off”, siglano la certezza di un prodotto ben congegnato e confezionato appositamente per dare agli spettatori tante e tante risate, restando comunque godibile da tutte le fasce di età perchè certamente spurio da volgarità ed eccessi di ogni tipo. Nato a Roma, 49 anni, farmacista, laureato con una tesi sulle “alfamilasi pancreatiche” Mazzocca inizia a lavorare in televisione nel 1994 come comico nel programma Tunnel su Rai 3 al fianco di Corrado Guzzanti, con cui in seguito recita in diversi spettacoli teatrali .Il grande successo televisivo lo raggiunge negli anni duemila con la serie televisiva Distretto di Polizia, dove interpreta l’ingenuo poliziotto Ugo Lombardi. Nonostante la notorietà, continua per alcuni anni a lavorare nella farmacia di famiglia. In quegli anni conosce in una chat una donna colombiana, con cui si sposa nel 2000 e da cui ha due figli; Marzocca ripropone la sua vicenda personale in Distretto, facendo vivere una storia analoga al suo personaggio. Nel 2003 ha partecipato a Raiot - Armi di distrazione di massa. Nel 2006 è nel cast della serie di Rai 1 Raccontami, con la regia di Riccardo Donna e Tiziana Aristarco, nel ruolo del sacerdote Padre Negoziante. Sempre dal 2006 è nel cast di Zelig, dove interpreta Ariel, un curioso collaboratore domestico filippino di Claudio Bisio, a cui dall’edizione 2008 affianca il personaggio del Notaio. Sulla televisione satellitare ha commentato la seconda stagione di Takeshi’s Castle insieme a Stefano Sarcinelli. Attualmente è attore nel programma Gamebuster in onda su GXT. In radio partecipa saltuariamente alla trasmissione 610 (sei uno zero), condotta e realizzata da Lillo & Greg su Rai Radio 2. Nel 2011 accresce la propria popolarità interpretando lo spot della TIM con Bianca Balti e Neri Marcorè. Il brillante attor comico vanta delle straordinarie credenziali che, seppur sommariamente, è bene ricordare. Televisione: “Zelig” Canale 5 prima serata, dal Teatro degli Arcimboldi di Milano condotto da Claudio Bisio e Vanessa Incontrada. Interpreta le avventure di Ariel e del notaio. A partire dal 2000 nove edizioni della Fiction di Canale 5 “distretto di polizia”, “Raccontami”, Fiction, RAI 1 prima serata, “Gamebuster”, Satellite Tematico, sketch ideato, scritto ed interpretato da Marco Marzocca. “Bulldozer” programma comico-satirico - Rai 2, condotto da Federica Panicucci ed Enrico Bertolino; “Takeshi Castle” Satellitare, commenti e sketches di Marco Marzocca e Stefano Sarcinelli. “BRA” seconda serie - Rai 3; “Il Caso Scafroglia” striscia comico satirica di e con Corrado Guzzanti; “Ottavo nano” Rai 2 (nel ruolo di Sturby) “Pippo Chennedy Show” Rai 2 (nel ruolo del Notaio); 1994 “Tunnel” Rai 3 (nel ruolo di Mikelino accanto alla parodia del Tg4 di Emilio Fede interpretato da Corrado Guzzanti) Teatro: 2009/10 “Corrado Guzzanti Recital” di e con Corrado Guzzanti, con Caterina Guzzanti; stagione teatrale 2008/09 e 2009/10: “Da giovidi’ a giovidi’” esilarante commedia di Marco Marzocca, Federico Andreotti e Stefano Sarcinelli; 2008/2009/2010 “Marco Marzocca Recital 2008” di M.Marzocca, F. Andreotti. Stagione teatrale 2007/08: “Don Chisciotte senza esagerare” con Paolo Migone e Marco Marzocca, regia di Laura Cantarelli; 2006/07 “Recital” con Marco Marzocca, Max Paiella e Fabio Ferri; 2003/04 “Ma e’ possibbole?” di M.Marzocca ed altri;1997/98 “La seconda che hai detto” spettacolo di e con Corrado Guzzanti; 1996/97 “Millenovecentonovantadieci” spettacolo di e con Corrado Guzzanti Radio: 2006 - NIC Radio 2 condotto con Max Tortora; 2003 “Rassegna stramba” condotto con Antonella Condorelli. Cinema: 2007 “Mi fido di te”, regia di Massimo Venier; 2006 “Fascisti su Marte - Una vittoria negata” regia di Corrado Guzzanti e Igor Skofic;. 2003 “Bell’Amico”, regia di Luca D’Ascanio; 1994 “SPQR 2000 e mezzo anni fa”, regia di Carlo Vanzina. Info e Biglietteria: UN MONDO DI EVENTI Via Punta Lepre, 37 - PortoRotondo - Tel. 0789/34114 Recital di MARCO MARZOCCA - costo biglietto: euro 10,00 N U M E R O 4 8 31 Agosto 2011 - Teatro Ceroli ore 21:30 - Insieme un maestro del jazz e la prima orchestra sarda di musica leggera Fabrizio Bosso e GB Orchestra, un incontro musicale di alto livello A G O S T O 2 0 1 1 8 Un incontro tra due tra i più interessanti musicisti del panorama musicale italiano. L’amicizia tra Fabrizio Bosso e Giorgio Baggiani ha radici lontane, infatti entrambi hanno studiato con il grande Maestro Pierre Thibaud, vero punto di riferimento per i trombettisti di tutto il mondo. Fabrizio Bosso infatti è stato suo allievo negli anni’80 presso l’Accademia di Saluzzo (To) e Giorgio Baggiani, che in quel tempo studiava a Parigi, era l’assistente di Pierre Thibaud. Subito nacque una grande amicizia tra Giorgio e Fabrizio una amicizia che, consolidata negli anni, ha portato poi alla realizzazione di numerosi progetti musicali e inviti nella terra di Sardegna che hanno sempre visto Fabrizio Bosso protagonista indiscusso della Tromba Jazz in numerosi festival e rassegne, tra le più prestigiose del panorama musicale regionale. La Tromba solista, accompagnata dall’orchestra Jazz ha radici lontane, che iniziano negli anni d’oro dell’epoca dello swing, ovvero quei meravigliosi anni’ 40, che videro le Big Band protagoniste della scena musicale con grandissimi compositori e arrangiatori quali Duke Ellington, Count Basie, Glenn Miller solo per citarne alcuni. Grazie alla prodigiosa tecnica musicale e strumentale di alcuni tra i trombettisti più famosi la tromba, che prima era considerata uno strumento principe della Big Band, iniziò a entrare nel cuore del grande pubblico grazie ad alcuni Trombettisti quali Rafael Mendez e Harry James, che, dotati di particolare tecnica e musicalità imposero lo strumento quale solista con l’orchestra. Si costituì quindi un repertorio adatto al grande pubblico incentrato sia sulla liricità adeguata alla Tromba che alla vera e propria musica da ballo e intrattenimento. Il progetto Fabrizio Bosso – GB Orchestra ripercorre le varie fasi musicali che portarono la Tromba ad essere considerata lo strumento principe della storia del jazz. Gli arrangiamenti proposti prevedono il repertorio jazz più conosciuto dal grande pubblico quali standard di Duke Ellington, Count Basie, Glenn Miller, magistralmente adattati per la grande musicalità interpretativa di Fabrizio Bosso che avrà modo di svilupparsi attraverso un percorso musicale di indiscusso interesse. Shaker Song, Gordon Houg - Jumpin’ at the Woodside, Count Basie – Basically Blues, Greg Mayson – Shiny Stockings, Sammy Nestico – Moonlight Serenade, Glenn Miller - 720’ in the Books, J.Watson – Basie “Straitht Ahead”, Sammy Nestico Moten Swing, B.Moten - Peter Gunn, H.Mancini – Canadian Sunset, Eddie Eywood, sono solo alcuni dei brani proposti nel programma musicale della serata. Fondata e diretta da Giorgio Baggiani, docente di Tromba al conservatorio di Cagliari e Vicedirettore della Scuola Civica di Musica di Cagliari, nipote del celebre direttore Berto Pisano, è la prima Orchestra di Musica Leggera in Sardegna composta da professionisti. L’organico prevede la sezione ritmica composta da Pianoforte, Chitarra, Basso e Batteria e la sezione fiati composta da Trombone Tenore, Tromba, Sassofono più alte cariche Istituzionali della Sardegna. Fabrizio Bosso ha iniziato a suonare la tromba a 5 anni. A 15 era già diplomato al conservatorio G. Verdi di Torino. Coltivando di continuo gli interessi per la musica di estrazione colta si è accostato al jazz. Un richiamo forte, suadente, a cui il torinese non ha saputo reagire. Tecnicamente impeccabile, ciò che più colpisce di Fabrizio è la creazione di una grafia personale, in cui il colore e la dinamica del suono non sono mai scontati, il senso dello swing è spinto agli eccessi, la tensione creativa è co- Alto e Sassofono Tenore. Il repertorio spazia dalla tradizione musicale americana ed internazionale di grande intrattenimento con musica di facile ascolto, alla musica leggera italiana. La GB Orchestra si è esibita con grande successo di pubblico e critica in occasione di eventi e prestigiose manifestazioni e di recente su Videolina con lo spettacolo “ Ballando e Cantando gli anni 60”, il “tributo a Manuel de Sica” e il premio “ Navicella d’Argento” alla presenza delle stante anche nell’interpretazione di standard. Oltre ad aver svolto attività concertistica sotto la direzione di George Russell, Mike Gibbs, Kenny Wheeler, Dave Liebman, Carla Bley e Steve Coleman, è stato ultimamente reclutato da Charlie Haden per alcune tappe del tour promozionale del nuovo album della Liberation Music Orchestra. Nel 1999 viene votato come “Miglior Nuovo Talento” del jazz italiano dal referendum della rivista Musica Jazz, e negli anni collabora stabilmente nei gruppi di Salvatore Bonafede, Giovanni Mazzarino ed Enrico Pieranunzi. Fonda, assieme a Scannapieco, gli High Five, suona in duo con Rossano Sportiello in un omaggio ad Armstrong, in trio con D’Andrea e Petrella, nel suo quartetto - con Mannutza, Bulgarelli e Tucci - che presto entrerà in studio di registrazione, ed incide diversi progetti come leader e co-leader. Fortunata anche la collaborazione al fianco di artisti confinanti con l’estetica jazz come Sergio Cammariere e Nicola Conte. programmazione cinematografica t e at r o d i p o r t o r o t o n d o ore 21:00 qualunquemente oceani n.b.: spiaggia punta lepre che bella giornata immaturi manuale d’amore 3 amori e altri rimedi 20 agosto 22 agosto 27 agosto 3 settembre 10 settembre 17 settembre “Si può discutere sul tango, ed è quanto facciamo, ma esso racchiude in sé come tutto ciò che è autentico, un segreto... Si direbbe che senza i crepuscoli e le notti di Buenos Aires non possa nascere un tango e che in cielo ci attende, noi argentini, l’idea platonica del tango, la sua forma universale, e che questa specie fortunata abbia, per quanto umile, il suo posto nell’universo”. Jorge Luis Borges Tradizionale appuntamento con la magia del tango per gli ultimi spiccioli d’estate portorotondina ed ancora una volta nella cornice di piazza San Marco. A farla da padrone è l’estro e la fantasia di Astor Piazzolla. A far rivivere la suggestiva atmosfera di Buenos Aires un gruppo d’eccezione. Giuseppe Nova - Il Washington Post ha definito “affascinante” la sua esecuzione nella capitale statunitense, altre critiche attestano “una straordinaria linea musicale”. Tra i più rappresentativi flautisti italiani della sua generazione, si è diplomato al Conservatorio di Torino e quindi in Francia, al Conservatorio Superiore di Lione. Ha esordito nel 1982 come solista con l’Orchestra RAI. Insegna presso la Fondazione Musicale di Aosta e la Fondazione Arts Academy in Roma. Diverse le sue re- gistrazioni su CD, recenti “Les Flûtes Enchantées” con Maxence Larrieu e Bruno Canino e il CD mozartiano in distribuzione mondiale Rino Vernizzi - Personaggio di spicco nella vita musicale italiana, è stato primo fagotto nelle più importanti orchestre nazionali. Ha svolto attività solistica collaborando anche in formazioni cameristiche con i musicisti più prestigiosi. Musicista innovativo, la sua attività tende ad esplorare tutto il panorama musicale non solo europeo, affiancandosi a musicisti di tendenze e di estrazioni culturali diverse. Autodidatta, ha perfezionato i suoi studi di pianoforte e composizione, dedicandosi a svariate esperienze musicali. Sulla scena internazionale è tra i pochi fagottisti che svolge attività in campo jazzistico: proprio in questo ambito i suoi ultimi compact Etnoart Jazz Bassoon , “Golberg Jazz” Play Bach Paganini, Baby Boom, The quartet seasons e Storie di tango (omaggio a Borges e Piazzolla). Giorgio Costa - Diplomatosi sotto la guida di Occelli con il massimo dei voti al Conservatorio Verdi di Torino nel 1977, segue corsi di perfezionamento con Alberto Mozzati e con Fausto Zadra all’Ecole Internationale de Piano di Losanna. Nel 4 8 9 Pasion de Tango - Il programma Astor Piazzolla Le Quattro Stagioni in Buenos Aires Primavera Porteña Verano Porteño Otoño Porteño Invierno Porteño Oblivion Esqualo Close your eyes and listen Libertango Years of solitude Adios Nonino Arrangiamenti: Rino Vernizzi 1980 partecipa ai corsi dell’Accademia Chigiana di Siena. Il desiderio di ampliare i suoi orizzonti di riferimento, lo spinge a frequentare i corsi di Fenomenologia della musica tenuti da Sergiu Celibidache all’Università di Magonza. Nel 1988 prende parte alla Master Class di Murray Perahia a Firenze. Solista e camerista, spazia dai clavicembalisti ai contemporanei, con particolare riguardo ai grandi autori dell’età romantica. La sua attività concertistica diviene intensa, riscuotendo consensi di pubblico e di critica. Ha effettuato registrazioni per la RAI ed è docente al Conservatorio Ghedini di Novara. 9 settembre 2011 - Chiesa di San Lorenzo ore 21:00 - Il violino virtuoso Gran finale coi rumeni del Trio Bucarest L a stagione degli spettacoli a Porto Rotondo si conclude nella chiesa di San Lorenzo con un concerto di un affiatatissimo gruppo musicale rumeno, il Trio Bucarest. Mariana Mureşanu - Si diploma presso il Conservatorio di Bucarest, vincendo la borsa di studio per il miglior giovane violinista rumeno. Partecipa ai corsi di musica da camera e si esibisce da solista sotto la direzione di Pierre Boulez. Frequenta i corsi di alto perfezionamento col Maestro Salvatore Accardo. Riceve la nomina di “Primo Violino di Spalla”. Numerosi i recitals ai quali ha partecipato con un vasto repertorio che spazia dalla musica barocca ai classici sino alla musica romantica e contemporanea. Suona un violino Goffredo Cappa (Saluzzo, 1700). Ilie Ionescu - Nato a Craiova (Romania), si è laureato all’Accademia “Ciprian Porumbescu” di Bucarest con il massimo dei voti perfezionandosi successivamente con il M.° André Navarra. Ha svolto un’intensa attività concertistica suonando da solista con le più importanti orchestre rumene ed in Italia con un repertorio concertistico comprendente autori come Haydn, Boccherini, Schumann, Lalo, Saint-Saëns, Čiakovskij e Dvořak. Dal 1979 ricopre la carica di Primo Violoncello nell’Orchestra del “Real Teatro San Carlo” di Napoli. È membro fondatore del “Trio Bucarest” e del quartetto “I Solisti del San Carlo”. Suona un violoncello F. Guadagnini. Alexandra Brucher - Avvicinatasi all’età di quattro anni al mondo della musica ed allo studio del pianoforte, consegue a pieni voti il diploma di pianoforte presso il Liceo Musicale “George Enescu” di Bucarest, sua città natale. Vive dal 1986 in Italia dove prosegue gli studi presso il Conservatorio di Salerno diplomandosi con il massimo dei voti e menzione speciale. Successivamente segue diversi corsi di perfezionamento frequentando per due anni l’Accademia Pescarese e per due anni l’Accademia di Trinitapoli. Vince numerosi concorsi pianistici. È ospite di vari festival nazionali ed internazionali. Dal 1993 collabora con il Teatro San Carlo di Napoli. 2 0 1 1 R O S T O Pasion de Tango, ricordando Piazzolla E O 7 settembre 2011 - Piazza San Marco ore 21:30 - Concerto per flauto, fagotto e clavicembalo U M A G N 2 0 1 1 N U M E R O 4 8 forte. A un certo punto, Shirley Bassey - lei mi adorava, ero buon amico di suo marito, Sergio Novak - si sedette per terra. “Giovannino, portami una bottiglia di cognac”, disse. La Cardinale _ continua _ mi chiese, ma con grande eleganza, di chiudere le porte, temeva che ci fossero in giro dei fotografi. “Summertime”. Per terra senza pianoforte né microfono Shirley cominciò a cantare. La sua voce era così calda e potente che tutti i vetri tremavano. Andò così fino alle 6 di mattina. Il giorno dopo feci recapitare a Shirley un enorme mazzo di rose rosse». Questa era allora Porto Rotondo. Il regno della mondanità, ma anche della riservatezza. «E’ un posto che non accetta confronti _ è l’opinione di Lina Wertmuller, tra le prime portorotondine _. Le feste, le cene, le colazioni sulla spiaggia, i balli al chiaro di luna ne fanno qualcosa di diverso dalle manifestazioni miliardarie che si tengono nei lussuosi porti vicini. Porto Rotondo ha una sua privacy di qualità con quel tanto di venticello odoroso di patriziato veneto che ricorda radici illustri e solide, antiche basi nella difficile arte di saper godere della bellezza della vita. Qui si respira nell’aria che i soldi non sono tutto». «Jacqueline Onassis e tutto il clan dei Kennedy. Il cantante Ringo Starr: lo ricordo abbronzato e sorridente, prendere il sole nel suo yacht nelle acque di Mortorio. Per un certo periodo Porto Cervo e Porto Rotondo erano davvero la dimora dei re, il paradiso mondano», disse a Marella Giovannelli l’attrice Elsa Martinelli. Già, il paradiso mondano. Che, ovviamente, se da un lato attirava il meglio del A G O S T O 10 Ugo Tognazzi F in dagli albori il piccolo borgo creato dai Donà dalle Rose è stato teatro di mondanità e divertimento. Hotel, ville, discoteche, spiaggia, barche. Ogni posto era buono per fare festa. A Porto Rotondo la “dolce vita” si è protratta fino, quasi, ai giorni nostri. Qui a luglio e agosto si dava appuntamento il meglio del jet set internazionale. Anzi, neanche se lo diceva. In quegli anni per i vip - quelli veri, di un tempo - ritrovarsi a Porto Cervo o a Porto Rotondo era scontato. «Sono arrivato nel 1966, a Pasqua, con Alfredo Beltrame, dal Toulà di Cortina, ricordava qualche anno fa Ruggero Borrella. Quando io ero direttore dello Sporting, non c’erano ancora le case, i nostri clienti arrivavano sulle loro splendide barche e scendevano a dormire in albergo. Tra i tanti persoGianni Morandi Le mille e una nott naggi sbarcati allo Sporting in quegli anni, c’erano gli Agnelli, i principi Ruspoli, i Marzotto, i Pirelli, i PecciBlunt, Marina Lante della Rovere, Doris Pignatelli, Consuelo Crespi e Ira Furstenberg. Negli anni 67-68 nella piazzetta l’ora dell’aperitivo in realtà durava quattro ore: si iniziava alle 17.30 per finire alle 21.30 e poi, tutti insieme, venivano a mangiare allo Sporting dove, tutte le sere di luglio e di agosto, preparavamo cene per 180 persone. E che persone! Quella che più mi ha colpito è stata Audrey Hepburn, per la sua classe e un fascino inspiegabile». Già, allora Porto Rotondo era la mecca balneare del cinema. Le star del grande schermo erano di casa. Ma neanche il mondo della musica rimaneva immune al fascino del borgo dei Donà. «Ricordo una notte dei primi anni ’70. Una notte magica, quasi inverosimile _ disse alla Stampa, in un’intervista di Chiara Beria d’Argentine, Giovannino Romano, l’oste più famoso di Porto Rotondo, scomparso pochi mesi fa _. Quella sera al ristorante dello Sporting con Nicolò e Luigino Donà dalle Rose c’erano tutti. Ricordo Claudia Cardinale, giovane e più bella che mai, Rudi e Consuelo Crespi, Florinda Bolkan e Helmut Berger. Una stupenda ragazza pallida, di quelle che non prendono mai il sole, stava con David Hemmings, il protagonista di “Blow Up”. Al pianoforte suonava Enzino. Paul McCartney e John Lennon si erano arrampicati sulle travi in cima al soffitto della sala. Enzino il nostro pianista attaccò “Let It Be”. Appollaiati sulle travi come due gattini i due Beatles cantavano mentre la Cardinale e Monica Vitti ballavano sul piano- jet set, le star del cinema e della musica, dall’altro faceva da calamita a chi voleva immortalare le vacanze da sogno dei vip. Ai tanto temuti paparazzi. «Negli anni Settanta Porto Rotondo era il centro delle vacanze del Mediterraneo, prima o poi il grande vip, con la sua barca, una fermata, un week-end, un passaggio qui lo avrebbe fatto – va indietro con la memoria il fotografo Armando Pietrangeli _. Ricordo alcuni personaggi che ho fotografato: gli Onassis, i Kennedy, i Niarchos, Livanos. Erano di casa gli Agnelli, Marzotto, D’Amico e molti altri. La regina Paola del Belgio passava i week-end d’amore, il re di Svezia vi ha passato la vacanze con la sua pornodiva, la principessa Carolina di Monaco, con suo marito, prendeva l’aperitivo al bar della piazza. Ho fotografato tanti amori che sbocciavano e tanti altri che morivano». Intanto, anche Porto Rotondo si converte alla discoteca. Anche nel borgo sorgono i primi locali notturni. Ma sempre all’insegna di quelle che erano le sue caratteristiche. Minimal e chic allo stesso tempo. «Passavamo delle notti indimenticabili al Tartaruga, un locale che ora non c’è più _ ricorda la stilista Mariuccia Mandelli, in arte Krizia _. Una volta accanto a me si era seduto uno sconosciuto che si appoggiava un po’ troppo sul mio fianco e premeva tanto che io, seccata, gli dissi: “Mi scusi, forse lei esagera!”. Poi seppi che quell’uomo era il re di Svezia. Al Tartaruga era normale incontrare anche Onassis e Niarchos, oltre ai tanti personaggi che avevano casa a Porto Rotondo come Claudia Cardinale, Renato Salvatori, Marina Cicogna con Florinda R O 4 8 11 O S T O Aristotile Onassis aveva collaborato alla riuscita di questo evento: le tovaglie, ovviamente, erano griffate Cavalli, mentre la Marzotto aveva portato tutte le sue lanternine cinesi. C’erano anche Vittorio Sgarbi, Paola De Benedetti Ferrari, Dalila Di Lazzaro, Luisa Corna, Flavio Briatore insieme a Naomi Campbell. E Zucchero al microfono che cantava». Alle feste di Porto Rotondo, negli ultimi anni, l’invitato più ambito era Silvio Berlusconi, ma il pre- te di Porto Rotondo buffet. Ci si ritrovava solo per il piacere di stare insieme e tutti erano a loro agio. Ho ricordi bellissimi anche delle serate trascorse ai pianobar di Sottocoperta, Tartarughino, Country. Artisti oggi famosi come Rita Forte, Sergio Cammariere, Antonio e Marcello, erano ancora sconosciuti quando suonavano e cantavano in questi locali». Memoria storica degli ultimi 30 anni della vita mondana di Porto Rotondo, delle feste da favola e degli aperitivi chic in spiaggia, è Marella Giovannelli, l’unica che poteva entrare in questi convivi ad alta densità vip armata della sua macchinetta fotografica. «Dagli anni Ottanta le feste memorabili di Porto Rotondo portavano la firma di Giorgio Nocella e di Marta Marzotto _ racconta la giornalista _. Nelle prime era facile incontrare l’ex-presidente argentino Carlos Memen, l’ex-duchessa di York, Sarah Ferguson, la modella Valeria Mazza. I party di Nocella, uno storico portorotondino che, tra l’altro, è scomparso quest’anno, erano le più ambite del borgo. Insieme, ovviamente, a quelle di Marta. Feste che, per lo più, si svolgevano di giorno, quasi sempre all’ora di pranzo. Malgrado fosse piena estate, Marta puntava sempre su un menu “cortinese” a base di formaggi che arrivavano a tavola quasi sciolti, coda alla vaccinara, pollo al limone e la classica cheese cake. Quelli di Nocella e di Marta erano i party più famosi, quelli che si ripetevano con più frequenza. Ma negli ultimi anni la festa delle feste, quella più bella in assoluto, fu organizzata nel 1999 dallo stilista Roberto Cavalli e dalla moglie Eva, nell’ex-villa Pucci, a Punta Lada. Ogni villa E A G Bolkan, Ugo Tognazzi, Gianni Morandi, Luciano Salce e poi i più bei nomi dell’aristocrazia e della finanza nazionale e internazionale». Arrivano gli anni Ottanta, il decennio del “rampantismo”. E anche Porto Rotondo si apre a quel mondo che fino a pochi anni prima la Sardegna, e il borgo soprattutto, quasi non conosceva. Anche qui sorgono i villaggi vacanze, le discoteche, le prime concessioni balneari. Ma, tutto sommato, Porto Rotondo resiste alla rivoluzione e mantiene il suo look di villaggio privilegiato. Anche nella movida. «Ha conservato quella sua atmosfera un po’ speciale _ dice Fiona Swarovski, la stilista svizzera, erede della famiglia dei famosi cristalli _. Qui tutto è molto “easy”: costume e pareo vanno benissimo anche per l’aperitivo in piazzetta. Cosa assolutamente impensabile a Capri e a Porto Cervo dove ci si veste in modo troppo convenzionale e “cittadino”. Il look dei portorotondini è rimasto quello di sempre, molto naturale. Amo ancora girare scalza per il paese, cosa del tutto normale fino agli anni Ottanta. Di quello splendido periodo ricordo le fantastiche colazioni organizzate nelle ville; era un modo di ricevere che ormai si è perso, ma resta indimenticabile per chi l’ha vissuto. Gli invitati sbarcavano dai gommoni e, in attesa del pranzo, sempre informale, stavano in acqua, a chiacchierare con un bicchiere di vino in mano. I “salotti balneari” più divertenti e frequentati erano quelli dei Hruska e di Marta Marzotto che spesso organizzava delle vere e proprie feste, con musica e balli sotto il sole; all’ombra restava solo il pantagruelico U M 2 0 1 1 N Jacqueline Kennedy Onassis mier non era un presenzialista. L’unico party a cui non mancava, come racconta Marella Giovannelli, era quello dei vicini di casa, Sergio Di Cesare e Anna Bettz, alla vigilia di Ferragosto. Nel 2006 era seduto al tavolo con la mamma Rosella, la sorella Maria Antonietta e Iva Zanicchi. L’anno dopo, come invece riportò il Corriere della Sera, Berlusconi, vestito alla Tony Manero in giacca bianca, a tavola volle al suo fianco la futura ministra Mara Carfagna. Il 15, invece, la festa si spostava sempre alla Certosa. Nel 2006 cantò addirittura Patty Pravo, nel 2007 il padrone di casa si esibì fino alle 6 del mattino con Mariano Apicella. Quella è l’ultima festa alla Certosa documentata dalla cronaca rosa. Delle successive se ne sono occupati altri. Alessandro Pirina (Si chiude con questo secondo articolo la carrellata sulle notti magiche di Porto Rotondo avviata nel numero scorso) foto di Armando Pietrangeli 2 0 1 1 S T O O A G 12 N U M E R O Santa Teresa è stata premiata da Legambiente come comune italiano più virtuoso per la raccolta dei cosiddetti “grandi bianchi” costituiti da grandi elettrodomestici come frigoriferi, lavatrici e lavastoviglie. Il Comune gallurese, lo scorso anno, ne ha messi insieme per un peso di oltre 50 mila chili con un indice di più di 9 kg per abitante. Buone notizie dall’aeroporto di Olbia che nei primi sette mesi dell’anno ha fatto registrare un incremento di passeggeri pari al 16,04 % con una punta del 22,13 nel mese di luglio. Sul Costa Smeralda operano 35 compagnie col 7 % di voli charter. La consegna dei coni-posacenere da utilizzare nelle spiagge e affidati agli operatori balneari dal nuovo assessore, Giovanna Spano, è servita per un confronto più ampio sulla tempestiva pulizia dei litorali di tutto il territorio di Olbia. Su proposta dell’Unione Italiana Ciechi e degli Ipovedenti, l’autorità portuale di Olbia ha creato, nella stazione marittima dell’Isola Bianca, un “percorso tattile” che collega l’ingresso alle varie biglietterie ed ai servizi igienici. Gli indicatori tattili si aggiungono al servizio di portierato e di security già a disposizione dei passeggeri. La pista 023 dell’aeroporto Olbia- 4 8 Cos t a S m e ralda sarà allungata sino a 2.700 metri grazie ad una convenzione tra Regione e Geasar con la quale vengono liberati 16 ettari in seguito al nuovo tracciato dell’orientale sarda. Il finanziamento regionale disponibile è di sei milioni di euro. Ombre sul San Raffaele sardo, in avanzato stato di costruzione ad Olbia. In seguito al crac milanese il personale addetto ai lavori è stato collocato in ferie in attesa del piano di salvataggio chiesto dalla Procura di Milano entro il 15 settembre. Il nuovo ospedale verrebbe accreditatocon 250 posti letto per ricoprire i settori di neu- riabilitazione.. ro c h i rurgia, medicina nucleare, oculistica, diagnostica e Ottanta tartarughe di specie protetta sono state recuperate dai carabinieri di Golfo Aranci. Le testuggini, nascoste tra i bagagli di una coppia di Reggio Emilia, erano custodite in scatoloni e buste di plastica. Una perquisizione nell’abitazione dei due turisti, che sono stati denunciati, ha portato alla scoperta di altre 70 tartarughe. Il passivo è passato da 26 a 14 milioni di euro. Si tratta del dato più significativo del bilancio della Asl n.2 della Gallura da poco approvato. Particolarmente importanti i numeri che riguardano i ricoveri ospedalieri ridotti dell’1,48% ed il notevole aumento (26%) delle prestazioni ambulatoriali nel distretto di Olbia. Due milioni di turaccioli di sughero prodotti a Calangianus partiranno per la Cina. Lo ha comunicato il sindaco in occasione dell’inaugurazione del museo del sughero. Il Comune gallurese ha aperto uno sportello operativo nella Repubblica Popolare Cinese. La Provincia di Olbia-Tempio ha inserito nel proprio programma di festeggiamenti la data del 3 settembre per ricordare la nascita dell’ente. Per la festa della Provincia sono previste manifestazioni che coinvolgono tutti i Comuni interessati; ovviamente sulla decisione sono divampate dure polemiche. Ad un povero gallo di Liscia di Vacca potrebbe venire imposta una museruola. È la pardossale possibile decisione per chiudere la vertenza aperta da alcuni turisti che si sono rivolti ai Vigili Urbani. Il petulante pennuto, infatti, non rispetterebbe gli orari dei villeggianti che tirano a far notte. All’alba, il gallo smeraldino canta a squarciagola. Vibrate le proteste di chi intende recuperare sonno e che si è rivolto quindi ai tutori dell’ordine. Alternativi alla museruola per il gallo potrebbero essere tappi per le orecchie dei turisti. 2 0 1 1 S T O O A G 14 N U M E R O 4 8 Dal 26 al 28 Agosto 2011 la nona edizione della tradizionale gara di pesca d’altura Aspettando il Porto Rotondo Big Game G li appassionati di pesca d’altura hanno, da ben nove edizioni, un loro appuntamento irrinunciabile: a Porto Rotondo a fine agosto, chiaramente. Dici “Porto Rotondo Big Game” e si strizzano l’occhio, da intenditori. «Non mancheremo, anche quest’anno. Impossibile saltarlo!». Le date sono state confermate relativamente da poco, ma il tetto massimo dei 50 partecipanti – la sicurezza prima di tutto! - ha fatto registrare un’impennata delle iscrizioni in appena una manciata di giorni. Dal 26 al 28 agosto le fishing machine, le barche appositamente progettate per la pesca d’altura, convergeranno a Porto Rotondo da mezza Europa. Saranno tutte ormeggiate intorno allo yacht club, organizzatore della manifestazione insieme a Big Game Italia - organismo di riferimento che assicura il corretto svolgimento della gara dal punto di vista sportivo, cura i regolamenti e si assicura del loro rispetto sul campo di gara - IBS servizi e Given for Yachting. Tornerà quindi sul molo di Levante anche il caratteristico Fishing Village, cuore della manifestazione, con i suoi momenti sociali e spensierati che faranno da corollario alla gara sportiva vera e Programma del Big Game 2011 Venerdì 26 agosto Apertura delle iscrizioni, punzonatura delle attrezzature, briefing agli equipaggi e il cocktail di benvenuto. Sabato 27 agosto Raduno allo YCPR, all’alba, e uscita in mare. A fine giornata sarà stilata la prima classifica parziale. Domenica 28 agosto Secondo e ultimo giorno di gara. Si comincerà sempre all’alba con il raduno presso la clubhouse; per le ore 16 è fissato il time limit di fine pesca. Al termine della giornata sarà stilata la classifica definitiva, con l’identificazione degli equipaggi vincitori. propria. Le barche usciranno da Porto Rotondo all’alba per rinnovare la tradizione della due-giorni di gara di pesca d’altura, che però contemporaneamente promuove la tutela del patrimonio faunistico dei nostri mari. Questa filosofia è da sempre stata alla base del regolamento di gara del Porto Rotondo Big Game: anche per l’edizione 2011 le regole di pesca puntano infatti a garantire sì il divertimento per gli amanti dell’arte alieutica, ma anche il rispetto delle specie ittiche coinvolte: solo per fare un esempio, è inserita dallo scorso anno la norma che premia il rilascio del tonno - e non la sua cattura. Premiazione, e brindisi di arrivederci, intorno alle ore 19. ••• Un ringraziamento particolare va al Consorzio Portorotondo e alla Marina di Porto Rotondo, che assicureranno l’intero impianto logistico necessario per la realizzazione della manifestazione, nonché ai supporters 2011: FED, Alliance Medical, Ceres, JerCase Bianche Srl di Porto Cervo, Fantini Marmi, F.lli Uccula, Clea SpA, Immobiliare del Molo di Porto Rotondo. ••• mann, L’appuntamento del 7 Agosto come sempre trampolino di lancio per le giovani promesse della vela Per la quinta volta torna il Trofeo Colombo - TX Active “ La regata di mezza estate”: la chiamano così, gli uomini dello Yacht Club Porto Rotondo. È l’unica manifestazione velica che osa sfidare l’atmosfera vacanziera e spensierata della piena stagione, ma il successo di ogni edizione – nel 2011 avrà spento le 5 candeline – conferma le scelte ponderate, anche se indubbiamente rischiose, dei suoi organizzatori. «Se deve essere festa, che festa sia: e agosto è il momento clou per una regata che vuole essere specialmente una giornata allegra di vela tra amici», dice Roberto Colombo del Lanificio Luigi Colombo, ideatore dell’omonimo Trofeo Challenge, in ottima sinergia con l’azienda TX-Active di Carlo Pesenti. La data da segnare nel calendario per il 2011 è quella del 7 agosto, domenica, quando, come recita il bando, gli iscritti – la regata è aperta a tutte le imbarcazioni d’altura, italiane e straniere, che abbiano il certificato ORC Club valido per il 2011 - potranno prendere il mare per conten- dersi il trofeo. Per dovere di cronaca, perché da lì si parte, dobbiamo qui citare i vincitori dell’edizione dello scorso anno. Sul podio avevamo visto l’equipaggio, tutto al femminile, del J120 Bitipi della Lega Navale di Olbia; sul secondo gradino l’ispiratore della manifestazione, Roberto Colombo sul Comet 45S I-Nova I, e sul terzo il commodoro dello Yacht Club Porto Rotondo Luigi Carpaneda, su Botta Dritta V insieme alla moglie Marina. Al quinto posto in classifica l’altro ideatore della regata, Carlo Pesenti di Italcementi su I-Nova 2, un melges 32. Si è lavorato con grande impegno per l’edizione 2011, e le giovani leve della squadra agonistica dello YCPR hanno la mente già sulla linea di partenza. Il “Trofeo Colombo”, come viene affettuosamente chiamato, è da sempre l’ottimo trampolino di lancio per le giovani promesse della vela. « Una grande soddisfazione. Avevo una voglia enorme di regatare: e dire che fino all’ultimo non ero neanche sicuro di poter andare a farla, la regata. Invece abbiamo addirittura portato a casa un gran bel risultato». Con la modestia che gli è abituale Camillo Zucconi – istruttore federale della scuola vela YCPR – racconta così del bel risultato raggiunto alla quarta tappa della Volvo Cup Laser SB3, manifestazione riservata a questo tipo di Laser che si è tenuta a Riva del Garda il 23 e 24 luglio. In barca con Camillo su “Bravi Thytronic”c’era il cagliaritano Giovanni Meloni, una promessa della vela sarda: i due hanno portato a casa il terzo posto alla tappa di Riva del Garda, e stanno gradualmente scalando la classifica generale del circuito. «Il Laser SB3 è un’imbarcazione di 20 piedi che sta avendo un buon successo in Italia e non solo», ci spiega Camillo, che è di Palau ma chiaramente corre con i colori dello YCPR. «E’ un monotipo molto interessante e divertente, continua, e data anche l’attenzione che grandi sponsor come Volvo stanno riservando a questa classe, sono certo che la sua crescita sarà graduale, ma continua. Sono appena stato nominato vicepresidente della classe, e il mio obiettivo è quello di lavorare per portarla a livelli sempre più internazionali. A breve scadenza speriamo di ben figurare alle prossime tappe del campionato, che si terranno a Alghero tra settembre e ottobre. Per il prossimo anno, però, la mente vola lontana: addirittura in Australia, dove si terrà il campionato mondiale». Dall’8 all’11 Settembre la regata delle grandi barche d’epoca Panerai Classic Yachts Challenge C inquecento barche d’epoca mondo della vela classica. tra le più belle al mondo. Tra le dieci località incoronate Dieci località che hanno come “le regine” dell’ospitalità alle fatto la storia dello yachting. Due vele d’epoca, non poteva mancare circuiti internazionali. Uno straor- Porto Rotondo, che anche quest’andinario calenno si conferma Programma del Vele d’epoca dario di sfide come una tra le all’insegna del tappe più amate Mercoledì 7 settembre mare e della in Mediterraneo. Arrivo imbarcazioni bellezza che “Vele d’Epoca a coinvolgono Porto Rotondo” è Giovedì 8 settembre oltre cinqueun appuntamento ore 09:00-18:00, Registrazioni e ispezioni; mila tra arirrinunciabile dagli ore 18:30 Briefing matori, velisti appassionati per la Venerdì 9 settembre professionisti, bellezza degli sceore 11:00: Regate; appassionanari e per il ricco ti. Il Panerai programma di attiSabato 10 settembre Classic Yachts vità sociali a terra. ore 11:00: Regate; Challenge La manifestazioDomenica 11 settembre 2011 si prene, giunta alla sua ore 11:00: Regata senta come il quarta edizione, è A seguire, premiazione. più ricco delorganizzata dallo la sua storia, Yacht Club Porto confermandosi l’evento di riferi- Rotondo, e negli anni pari è sostituimento a livello internazionale nel ta nel circuito dalle “Vele d’Epoca di Imperia”, che si svolge nello stesso periodo sulla costa ligure. «Le vele d’epoca hanno una tradizione consolidata a Porto Rotondo, e devo dire che è quasi con affetto, nonché con orgoglio, che daremo il benvenuto alle barche storiche. A giugno abbiamo avuto un assaggio di questa flotta con il Bailli de Suffren: sia- 4 8 15 Record di iscrizioni I numeri non mentono mai. E le iscrizioni ai corsi della Scuola Vela YCPR sono state, in questo primo primo scorcio d’estate, quasi 200. Vuol dire che 200 allievi, dai principianti agli avanzati, hanno scelto la serietà della nostra scuola vela e la professionalità degli istruttori, Camillo Zucconi in testa. Il trend positivo soddisfa e lusinga anche il Consorzio Porto Rotondo, che nella sinergia con il club per la “formazione al mare” ha da sempre creduto. “Gli allievi di oggi saranno gli atleti di domani”, dice il presidente Donà, i cui nipotini si stanno avvicinando anch’essi allo sport della vela. E sull’importanza dell’educazione al mare, intesa anche come educazione alla vita, siamo tutti d’accordo... mo pronti a inaugurare settembre, con i legni d’epoca. La sinergia con il dottor Angelo Bonati di Officine Panerai è eccellente, e di questo siamo molto soddisfatti. Lavoriamo con sempre maggior entusiasmo», dice il commodoro Luigi Carpaneda. Pagine a cura dello YCPR 2 0 1 1 Nuovi successi per Camillo Zucconi R O S T O Il nostro istruttore federale racconta la sua esperienza nella quarta tappa della Volvo Cup Laser SB3 E O U M A G N 2 0 1 1 16 N U M E 4 R O 8 A G O S T O www.consorziodiportorotondo.it A CURA DELLA SEGRETERIA GENERALE Il Master Plan. Il Master Plan presentato nel corso dell’ultima Assemblea dei Consorziati ha suscitato, come già riferito, notevole interesse; diversi sono stati, infatti, coloro che nei giorni successivi hanno voluto approfondire l’argomento presso i nostri uffici. Il lavoro è stato inoltre presentato, il 21 luglio scorso, durante l’Assemblea generale degli abitanti della Frazione di Rudalza, all’uopo convocata. La partecipazione è stata davvero numerosa, a riprova del fatto che l’argomento è giudicato di notevole importanza. Gli interventi ed i suggerimenti registrati nel corso della riunione sono stati tanti, così come tante sono state le testimonianze di apprezzamento per l’interesse e l’attenzione che il Consorzio ha mostrato di avere nei riguardi della Frazione. Doverosamente bisogna anche registrare qualche voce fuori dal coro ma, tant’è, fa parte del gioco delle parti e del fondamento della democrazia. Il rinnovo delle cariche del Consiglio di Amministrazione. Nel corso dell’ultima riunione del nostro Consiglio di Amministrazione, si è parlato anche del rinnovo delle cariche dei Consiglieri, in scadenza proprio per la fine dell’anno. L’importante Assemblea, che servirà a passare lo scettro ai nuovi Consiglieri, si terrà l’11 novembre presso lo Yacht Club. L’occasione di anticipare oggi questa informazione, è utile a coloro che avessero intenzione di proporre la propria candidatura; in tal caso, gli interessati sono pregati di formalizzarla inviando una comunicazione alla Segreteria Generale del Consorzio, accompagnata da un breve C.V.. Data l’importanza di questa riunione, si raccomanda la più ampia partecipazione anche delegando, qualora non PROGRAMMA ESERCIZIO AUTOLINEA ESTIVA URBANA PORTO ROTONDO “ MAREMARE ” Orario passaggio alle fermate • 15 Giugno - 15 Settembre 2011 Ritengo, inoltre, necessario sottolineare che la proposta della nostra Commissione Tecnica sul riassetto/riqualificazione del territorio, costituisce una base di partenza sulla quale tutti i soggetti interessati possono e devono dare il proprio contributo. Soltanto così si potrà conseguire il risultato che i nostri architetti si sono posti come traguardo principale: fornire alle Amministrazioni Comunali di Olbia e Golfo Aranci uno strumento di previsione urbanistica che è stato condiviso, pensato e arricchito con il contributo di tutti i diretti interessati. E quindi l’invito è rivolto anche – o forse soprattutto? – ai nostri Consorziati, affinché possano darci le loro idee in merito. possiate intervenire di persona, qualcuno di Vostra fiducia. Acqua depurata. In questi ultimi giorni abbiamo ricevuto diverse segnalazioni circa la poca disponibilità di acqua depurata, che tanti consorziati utilizzano per innaffiare i propri giardini. A tal proposito, riteniamo utile richiamare quanto contenuto nel nostro Regolamento (Art.4.8) proprio su questo importante argomento. La produzione d’acqua depurata è direttamente proporzionale al conferimento di acque nere ai depuratori e risulta strettamente legata al numero delle presenze in Porto Rotondo e pertanto la quantità di acqua depurata erogata E R O 4 2 0 1 1 U M 8 A G O S T O N potrà variare in funzione del periodo dell’anno solare, in bassa o media stagione, anche in relazione all’ora della giornata. Il Consorzio comunque distribuisce l’acqua disponibile in maniera equa in tutto il comprensorio compatibilmente con le caratteristiche e la funzionalità degli impianti e delle condotte in essere. È comunque consigliabile che ogni utilizzatore provveda a dotarsi di un adeguato serbatoio di accumulo, preferibilmente interrato, proporzionato alle proprie esigenze, onde assicurarsi una continuità nella disponibilità d’acqua. Il Consorzio si riserva per ragioni di ordine tecnico, di diminuire la pressione nei diversi periodi della giornata e dell’anno e di emettere in ogni momento informazioni di divieto di utilizzo dell’acqua depurata. Il Consorzio è esonerato da ogni e qualsiasi responsabilità per la sospensione, interruzione o riduzione della somministrazione dovuta a cause di forza maggiore, considerandosi espressamente e convenzionalmente rientranti tra tali cause tutti gli impedimenti non dovuti a fatto doloso del Consorzio o dei suoi dipendenti, nonché, in particolare, quelli connessi all’interruzione della fornitura di energia elettrica per gli impianti, quelli derivanti da guasti alle condotte, da opere di manutenzione e, infine, quelli determinati da esigenze di carattere igienico sanitario oltre che all’assenza di carico umano. Tutti gli interventi per verifiche, manutenzioni e riparazioni sulle condotte principali di adduzione fino al punto di allaccio alla proprietà privata, competono esclusivamente al Consorzio di Porto Rotondo. E’ pertanto vietato ogni tipo di intervento da parte degli utilizzatori e di chiunque altro: in difetto il Consorzio si riserva ogni azione di tutela a norma di legge. L’acqua depurata distribuita deve essere esclusivamente utilizzata nell’immobile per il quale è stata concessa, con divieto, in ogni caso, all’utilizzatore di farsi a sua volta concedente dell’acqua di riciclo a favore di terzi anche Consorziati. In caso di violazione del presente obbligo, il Consorzio ha diritto di sospendere la fornitura dell’acqua, senza preavviso e per tutto il tempo per cui perdura la situazione che ha consentito la violazione, con riserva di richiedere il risarcimento del danno. Il Mercatino del Sabato. Sta riscuotendo un buon successo l’iniziativa organizzata dal Centro Commerciale Naturale di Porto Rotondo in collaborazione con la Confcommercio. Per tutti i sabato mattina e fino al 24 settembre, un buon numero di espositori anima la Piazza delle Ginestre, centrale ma abbastanza tranquilla e che ben si presta ad iniziative del genere. Lontani dal traffico delle auto, l’originalità del luogo favorisce gli incontri ed è anche motivo di svago, oltre ad essere l’occasione per far conoscere l’unica Piazza con la fontana che esiste a Porto Rotondo. Grazie!. Da diversi lustri, Alfonso De Roberto (Direttore Responsabile della Gazzetta) ha curato diverse attività redazionali del Consorzio, tra le quali i verbali delle Assemblee, circolari, comunicazioni. Ne scriviamo al passato perché, poche settimane fa, ha rassegnato le dimissioni da questo incarico. Gli dedichiamo poche righe per ringraziarlo per la sua preziosa collaborazione, ma anche per scusarci se nel corso di questi anni abbiamo approfittato della sua disponibilità. Crediamo che per lui non sia stato facile prendere questa decisione, perché diversi anni della sua vita sono stati legati alle vicende del Consorzio, vissute in prima persona spesso sul fronte insieme ai Consiglieri. Il decano dei giornalisti olbiesi, con un passato politico di impegno prima di tutto morale, è oggetto di sincera ed universale stima. I Valentini BAR RISTORANTE SERVIZIO CATERING Porto Rotondo Via Monte Ladu, 85 - Porto Rotondo - Tel 0789.385068 w w w. p o r t o r o t o n d o w e b. i t Periodico mensile - Distribuzione in proprio Direttore responsabile: Alfonso De Roberto Società Editrice: Un Mondo di Eventi S.r.l. Via Punta Lepre, 37 - 07026 Porto Rotondo - Olbia Redazione: 0789.34114 Segreteria di redazione e pubblicità: Un Mondo di Eventi S.r.l. - 0789.34114 Progetto grafico e impaginazione: CartaStampata di Roberto Asara [email protected] Contributi fotografici: Roberto Sanna Reg. presso il Tribunale di Tempio Pausania n. 106 del 30-10-01 STAMPA Tipografia Gallizzi Via Venezia, 5 - 07100 Sassari www.gallizzi.it © 2011 - Testi e foto - Un Mondo di Eventi 2 0 1 1 S T O O A G 18 Q N U M E R O uando nel 1966 e nei successivi anni di vita c’era solo una manciata di case affacciate sul golfo di Portorotondo, da cui il villaggio ha acquisito il nome dell’antico porto romano, gli sparuti abitanti erano orgogliosi di considerarsi dei “pionieri”. Erano animati dallo spirito di vivere una nuova esperienza, e di trascorrere le vacanze con l’orgoglio di essere i “primi” ad aver scoperto un nuovo ambiente incastonato nella natura tra il mare smeraldo ed il verde lussureggiante della Sardegna. Superavano, con buona volontà, il problema di dover accettare e risolvere, in assenza di confortevoli servizi, le necessità del vivere quotidiano. Il tempo trascorse in fretta e la prima bottega di alimentari, indicata con semplicità “minimarket, e il primo shipchandler”, dotato di qualche cima ed accessorio per soccorrere le prime imbarcazioni ancorate alla fonda, si adeguarono presto al crescente sviluppo urbanistico. Oggi, nel 2011, trascorsi oltre quarant’anni da quei primi passi, la rete dei servizi di assistenza ai residenti ed agli ospiti di Porto Rotondo è adeguata alla vita sociale del centro. Il villaggio, che ospita dieci deliziose piazzette, la chiesa, un porto efficiente, la marineria, il monumentale teatro; è dotato di alberghi, bar, ristoranti, discoteche, centri servizi, negozi di ogni genere, agenzie immobiliari, vivaisti, tappezzieri, falegnami, manutentori etc. Per coordinare questa capillare rete assistenziale, renderla visibile ed efficiente per gli abitanti che desiderano trascorrere una vacanza assistita confortevolmente, è presente l’Associazione per Porto Rotondo che rappresenta la naturale trasformazione di un comitato spontaneo di operatori locali formatosi nel 1999. Lo scopo associativo, come previsto dallo statuto è quello di contribuire alla valorizzazione turistica del comprensorio e al miglioramento della qualità della vita per i residenti e gli ospiti, anche grazie alla stretta collaborazione con il Consorzio ed il Comune di Olbia. 4 8 Arredamenti Tappezzerie Arredamento Tappezzeria · PAOLA PINNA Via Orsa Maggiore, 55 – Portorotondo 0789.35613 – Fax 0789.385184 [email protected] Artigiani Agenzie di Viaggio e Turismo INTOURS VIAGGI SAS · Biglietteria aerea e marittima Via Fundoni – Portorotondo 0789.34441 – [email protected] Agenzie Immobiliari ATPR s.r.l. · Vendite, Affitti, Gestione multiproprietà, · Amministrazione condomini [email protected] 0789.34192 - 0789.34440 Fax 0789.35350 CASA VACANZA · di Meloni Lucia Grazia · Affitti e vendite Loc. 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Spiritu Santu - Olbia 0789.42015 [email protected] U M A G N 2 0 1 1 S T O O A G 20 N U M E R O 4 8 Estate del 1943, Pescara, Abruzzo. Domenico D’Angelo, attuale Presidente del Consorzio di Porto Rotondo, aveva 15 anni. Stava trascorrendo le settimane vicino alle acque dorate del mare Adriatico, ma di idilliaco non c’era granché, in quel luogo e in quel momento. Perché la guerra ha senz’altro mille facce e mille forme e ognuno la affronta visualizzando il proprio demone personale. Per una famiglia della borghesia terriera, probabilmente ha la forma di una gigantesca, ciclopica locusta mangiatutto. Passa e lascia macerie. Nel 1943 i D’Angelo traevano le loro risorse economiche dalla terra e forse videro la locusta che camminava lentamente seguendo l’andamento della linea del fronte: l’insetto (immaginatelo alto un paio di chilometri) procedeva verso nord, man mano che gli inglesi guadagnavano terreno sui tedeschi in lenta ritirata. E i mortai e gli obici e i cannoni distruggevano tutto. E le bombe piovevano giù dal cielo, lanciate dagli aeroplani della Royal Air Force. Una di queste bombe centrò in pieno la casa dei D’Angelo a Pescara, la rase al suolo. Dentro non c’era nessuno: madre, padre, nonna e otto bambini erano D o m e n i c o specializzata nei progetti strategici per l’impresa. Negli anni Sessanta ha frequentato corsi di specializzazione in business ad Harvard e alla Stanford. «Due università prestigiose, due coste, una atlantica e una pacifica, due realtà differenti. Alla Stanford trovai la vera America, quella più pura e dura, meno conservatrice, meno sensibile alla cravatta, più orientata verso il futuro, che strizzava già l’occhio all’Asia». La sua voglia di indipendenza anche nel lavoro gli fece immaginare un nuovo filone da coltivare: una società di consulenza. «In cinque fondammo la GEA di Milano, che è tuttora viva e vegeta e che attualmente conta 38 professionisti. Diventammo i “medici” per i problemi di gestione e di sviluppo delle medie e grandi aziende. Avevamo clienti in Italia e all’estero, avevo finalmente una vita professionale estremamente gratificante, come la intendevo io». Più o meno in quel periodo, metà anni Sessanta, incontrò Porto Rotondo. Quasi per caso. Galeotto fu un pesce palla. Ecco l’aneddoto: «Eravamo io e mia moglie, in giro in auto per la costa nord della Sardegna. Visitammo tutti i luoghi da Olbia ad Alghero. Ci innamorammo di Porto Rotondo: ai tempi non c’era molto. Mi ricordo che si doveva superare un cancello in legno di proprietà dei D ’ A n g e l o appena scappati via. Indossavano il costume da bagno, non avevano più una casa, non sapevano dove andare. L’infanzia di Domenico D’Angelo finì quel giorno. Divenne adulto, la sua adolescenza se la prese quella bomba e tutte le altre che rasero al suolo l’Italia Centrale. «Mio padre, per ridurre i rischi, divise la famiglia in due gruppi - racconta D’Angelo - io avevo 15 anni e fui incaricato di prendermi cura della nonna, della madre e dei fratellini più piccoli. Iniziò dunque la lunga parentesi del ragazzino sfollato. Abbiamo vissuto per due mesi in una scuola colonica e in una caverna nei pressi di Atri, in una situazione del genere mi sono dovuto attrezzare al comando. Sono stato costretto a uscir fuori dalla trincea della vita. La guerra mi ha segnato, sono stato costretto ad imparare molto e quindi sono cresciuto molto in fretta. Quando ci siamo ricongiunti agli altri familiari, nel 1944, avevo 16 anni ed ero un adulto. Finì la guerra, e iniziò un periodo difficile, in un modo diverso, ma anche bello, esaltante». A fine 1947 il padre lo iscrisse alla Bocconi. «Cos’è?» domandò il giovane Domenico. «Lo vedrai» rispose suo padre. «Lui era una persona molto colta, aveva un visione delle cose che gli consentiva di guardare oltre il nostro piccolo mondo abruzzese. Pensava che io sarei stato sprecato alla vita da provincia e mi mandò a studiare a Milano, per specializzarmi e lavorare nell’industria. Mentre di solito dall’Abruzzo si andava a studiare a Roma per diventare avvocato o notaio». Dopo anni di impegno e di passione dovuti alle difficoltà economiche (studio e lavoro da conciliare contemporaneamente), D’Angelo divenne un giovane e brillante neolaureato della Bocconi. La società industrializzata italiana stava per divenire protagonista del grande boom e lui passò gli anni Cinquanta a Milano, lavorando per aziende in rampa di lancio come la Moto Guzzi e la Piaggio per poi passare in una delle prime Società di consulenza manageriale italiana Deiana, per arrivare alla spiaggia delle alghe e dei sassi. Arrivammo lì, io e mia moglie, ci buttammo a mare nudi: non c’era nessuno. A un certo punto vedemmo un pesce palla. Incredibile, un’emozione indelebile. Quando andammo via continuammo a pensare. Ma che bello quel posto». Tanto bello che nel 1968 decise di comprare un appartamento e poi alcuni anni dopo si costruì una villa a Punta Lada. Non se n’è mai più andato: «Sono cotto matto della Sardegna. Di Porto Rotondo. A parte l’Abruzzo, mi considero mezzo milanese e mezzo sardo. Dal 1966 ad oggi, il mio amore per questi luoghi è rimasto quasi invariato. A pensarci bene, ora che ho 83 anni, penso di essere fra i pochi consorziati ancora in vita che vennero qui e comprarono negli anni Sessanta e questo mi fa sorridere». Per un certo periodo, nell’immediato post laurea, si avviò all’insegnamento alla Bocconi. Una attitudine naturale: tuttora, per spiegare concetti non proprio semplici, si serve di una penna, di un foglio di carta, e di qualche schemino grafico. In realtà, D’Angelo non spiega: illustra. Per esempio si affida alla schematizzazione per far capire come è possibile convivere con una personalità estremamente rigorosa ma anche generosa. «Il problema di tutti noi è come gestire l’amore verso se stessi (e disegna un cerchio su un foglio) e l’amore verso gli altri (e disegna un secondo cerchio) di uguali dimensioni, uniti da due tiranti in perfetto equilibrio, cioè l’eterna contrapposizione fra l’essere egoista e l’essere altruista. L’amore verso se stessi comporta una estrema disciplina nei propri atti. È la cultura del protestante. Mi spiego: noi cattolici siamo abituati quando pecchiamo a recitare tre Ave Maria per purificarci e poi ricascare nel peccato. I protestanti no: hanno di fronte uno specchio, loro stessi, non hanno intermediari nel rapporto con Dio. Ergo, hanno molto più timore di finire all’inferno. E quindi cercano di essere estremamente scrupolosi nel condurre le proprie azioni. E quindi, da una parte l’amore per se stessi, fatto di rigore. Dall’altra l’amore per gli altri, che non può prescindere da una verità: non tutti siamo uguali. Non tutti hanno il mio rigore, lo so e lo accetto. Quindi concedo di più al prossimo che a me stesso. Perdono gli altri, non me stesso». Un atteggiamento che probabilmente consente a D’Angelo di confrontarsi con serenità con i consorziati alle assemblee generali ed essi percepiscono la sua voglia di elevare la qualità dei servizi del Consorzio senza far venir meno la necessità di spaccare il centesimo, di guardare con pignoleria all’euro in sottrazione e in addizione. «I consorziati sono come i clienti – afferma – e quindi hanno sempre ragione. Procediamo sempre con la massima attenzione e trasparenza». Di recente ha messo in piedi un progetto, la Fondazione D’Angelo «che intende mettere a disposizione un tot di denaro, e quindi borse di studio) per dare la possibilità ai giovani professionisti più talentuosi della Gea di andare all’Estero e di formarsi attraverso corsi di specializzazione, così come ho fatto io 50 anni fa. In questo modo, restituisco ciò che ho avuto, e il cerchio si chiude». Claudio Chisu
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