Il materialismo spirituale. di Mariana Caplan

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Il materialismo spirituale. di Mariana Caplan
Il materialismo spirituale
Il materialismo spirituale è un attaccamento al percorso spirituale come se questo fosse un
possesso o un conseguimento concreto. Si dice che il materialismo spirituale sia il più
difficile da superare. L’immagine usata è quella di catene d’oro: non solo sei incatenato,
ma lo sei con delle catene d’oro. E tu ami le catene perché sono bellissime e splendenti.
Ma non sei libero. Sei solo invischiato in una trappola più grande e più bella. Il senso della
pratica spirituale è diventare liberi, non costruire una trappola che ha l’aspetto di una villa
imponente ma che è comunque una prigione.
Il grande pericolo di tutte le esperienze mistiche – esperienze di illuminazione, liberazione,
e così via – è che verranno utilizzate dall’ego e trasformate in materiale usato dall’ego per
i suoi fini. Quando il contesto della vita di un individuo è l’auto-referenzialità egoica - vale a
dire che l’identificazione è con l’ego come unità separata - le esperienze mistiche, i
momenti di illuminazione, le credenziali spirituali, diventano tutti beni potenzialmente
pericolosi. La “valuta” della verità può essere velocemente scambiata per la valuta
dell’ego, e tali esperienze ben presto diventano un altro ancora dei mezzi dell’ego per
rafforzare il suo potere nella sua lotta contro la vera liberazione. L’ego può tentare e
tenterà di trasformare tutto a suo beneficio. Ecco perché l’ambito delle esperienze mistiche
e di illuminazione è così pericoloso. È proprio perché il loro valore è così alto per il sé
essenziale che tali esperienze sono così interessanti, e anche minacciose, per l’ego. L’ego
vuole fortificarsi, e vuole anche bloccare efficacemente la liberazione che percepisce
come la propria fine. Perciò, diventare un “ego spirituale” è un travestimento geniale
attraverso cui infiltrarsi nella vita spirituale sincera dell’individuo e sedurre la sua
attenzione distogliendola dalla Verità o da Dio.
Trasferiamo sul percorso ogni nostro bisogno, ogni desiderio di qualcosa. Gli individui che
sono tendenzialmente carnali possono, iniziando un percorso spirituale, tentare di
acquisire una gamma di stati di beatitudine e di estasi o usare il loro “splendore” spirituale
per sedurre dei partner sessuali potenziali; quelli vanitosi e un po’ vistosi nella vita
quotidiana possono lavorare duramente per acquisire degli abiti bellissimi, o dei titoli
spirituali, o un linguaggio spirituale sofisticato con cui farsi belli davanti ai loro aspiranti
seguaci spirituali: gli individui passivi o pigri possono trovare una scuola spirituale che dice
loro che sono già illuminati e che non devono fare assolutamente nulla.
Uno dei grandi pericoli del materialismo spirituale emerge quando le esperienze e le
pratiche spirituali vengono usare per sfuggire alle richieste della vera vita spirituale. S.
Giovanni della Croce ci informava così, tanto tempo fa:
Molti di questi principianti a volte hanno anche una grande cupidigia spirituale. Si scoprono
scontenti della spiritualità che Dio dona loro; e sono molto afflitti e lamentosi perché non
trovano nelle cose spirituali le consolazioni che desiderano. Molti non ne hanno mai
abbastanza di ascoltare consigli e imparare precetti spirituali, e di possedere e leggere
molti libri che trattano questo argomento, e passano il loro tempo su tutte queste cose
invece che sulle opere di mortificazione e sul perfezionamento della povertà dello spirito
che dovrebbe essere loro.
La nozione dell’uso della spiritualità per evitare la spiritualità non è un’idea che si
nutrirebbe normalmente (a meno che l’ego non debba farlo per ottenere una maggiore
sofisticatezza per convincere se stesso e gli altri che non fa questo). È precisamente per
questa ragione che il materialismo spirituale è così complesso. A meno che non si
conosca la questione e non si sia seri su questa, non si penserebbe nemmeno
lontanamente di interrogarsi in questo modo. Il materialismo spirituale sta sempre dietro
l’angolo a spiare e a escogitare qualche nuova tecnica scaltra da usare a proprio
vantaggio.
Il materialismo spirituale non è cosa nuova. Chogyam Trungpa Rinpoche, che rese questo
termine popolare in Occidente, racconta come l’hobby di collezionare le trasmissioni
spirituali sia sempre stato coltivato nel tempo e nelle diverse culture.
Ricevere l’abisheka (trasmissione) non è uguale a collezionare monete o francobolli, o
autografi di gente famosa. Il ricevere centinaia e centinaia di abhisheka e il collezionare
costantemente benedizioni su benedizioni come una sorta di auto conferma è diventata a
volte una mania, una cosa molto diffusa. Questo era vero in Tibet nel diciannovesimo
secolo così come lo è di recente in Occidente. Questo atteggiamento, che riflette la
corruzione recente della presentazione del vajrayana, ha creato un grosso equivoco. Le
persone che collezionano più abhisheka in questo modo le considerano puramente come
una fonte di identità e come punto di riferimento. Collezionano abhisheka per un bisogno
di sicurezza, e questo è un grosso problema.
La versione contemporanea di quello di cui parla Trungpa Rinpoche si trova nelle “spese
spirituali folli” di oggi. Le persone passano dal loro Rinpoche tibetano al loro insegnante di
Hatha Yoga al terapeuta trans personale al maestro di meditazione, raccogliendo pezzetti
qua e là e creando così una grande collezione di benedizioni, tecniche, strumenti e metodi
spirituali. Trungpa Rinpoche continua:
Jamgön Kongtrül il Grande, un maestro tibetano che visse nel diciannovesimo secolo, fu
educato e formato come uno studente illuminato di vajrayana…ma Jamgön Kongtrül notò
che c’era qualcosa di sbagliato nel ricevere una successione di abhisheka, come se questi
fossero articoli per collezionisti. Fece notare il problema dicendo che se non
comprendiamo il lignaggio della pratica, allora stiamo semplicemente accumulando letame
e questo non ha senso. Un cumulo di letame può essere maturo, odoroso, meraviglioso,
ma è sempre e comunque un cumulo di merda. Se fossimo esperti in letame, ne
potremmo fare buon uso. Ma quando in realtà stiamo collezionando letame per farne del
cibo, questo non è possibile.
In altre parole, se volessimo scrivere un libro sulla tecnologia pseudo-spirituale
contemporanea, potrebbe essere utile saltare da insegnante a maestro a sceicco a
terapeuta per raccogliere i nostri dati; ma se siamo ricercatori spirituali sinceri, questo
approccio
ci
farà
solo
girare
intorno
a
noi
stessi.
Sebbene il materialismo spirituale non sia cosa nuova, è diventato una moda
estremamente diffusa in anni recenti. Poiché la cultura contemporanea è così interamente
dominata dal materialismo, e poiché la spiritualità ha trovato la sua strada nel mercato di
massa, la distorsione dei termini e dei concetti spirituali, il bisogno di vestirsi e di parlare in
modo spirituale, e di considerare se stessi come spirituali, sta inondando la cultura di
massa. Si potrebbe dire che viviamo in un’era di materialismo spirituale dilagante. Come
sostiene Lee Lozowick, “Nella cultura occidentale, dove razionalismo e materialismo sono
le essenze di base della nostra relazione con il mondo, le esperienze spirituali tendono a
rafforzare
ancora
di
più
questa
essenza.”
Il materialismo spirituale si manifesta anche quando l’individuo che ha avuto esperienze
mistiche o ha ricevuto grandi benedizioni da un maestro usa queste esperienze e
benedizioni per separarsi dagli altri invece di avvicinarsi di più agli altri e alla sofferenza
nella vita. Lozowick spiega:
Il valore delle esperienze mistiche sta nel fatto che gli individui ottengono un barlume della
vastità delle possibilità e della illimitatezza della realtà. Se poi questi deducono di essere
in qualche modo speciali, qui iniziano i pericoli. Iniziano a spadroneggiare sugli altri e ad
usare le loro esperienze per separarsi sempre di più dagli altri, quando invece le vere
implicazioni delle esperienze mistiche prevedono l’unione di tutta la realtà. È incredibile
come certe persone possano avere tali esperienze e diventare in pratica ancora più
separate. Ma questo è ciò che accade tipicamente.
Migliaia di persone hanno avuto queste esperienze, e invece di essere più mature nel
servizio per alleviare la sofferenza degli altri, se ne vanno in giro con piramidi in testa e
vasi di vetro con luci intermittenti che ti danno ritmi alfa. Se le persone vogliono veramente
sapere qualcosa sul servizio, perché non vanno a Calcutta e prendono in braccio bambini
in fin di vita e li consolano invece di blaterare sul servire l’universo?
Le esperienze spirituali sono relative al continuum della vita e all’unità di tutte le cose. Se
comprendiamo questo, ovviamente diventeremo più responsabili delle nostre azioni in
relazione agli altri e al mondo. Eppure sembra accadere il contrario. Le persone hanno
queste esperienze e poi vanno a fare più spese e comprano più vestiti e più trucco. Siete
mai stati ad una di queste fiere New Age? Come si può mai diventare più vani e
superficiali dopo aver avuto un’esperienza che, se fosse interpretata adeguatamente,
dovrebbe esporre ogni vanità in tutta la sua totale sofferenza e vacuità?
La chiave della risposta alla domanda di Lozowick sta nella domanda stessa, quando dice,
“se [l’esperienza] fosse interpretata adeguatamente.” Il materialismo spirituale riguarda
l’interpretazione sbagliata delle idee, degli ideali, delle esperienze, degli incontri spirituali.
L’ego non interpreta correttamente le esperienze di sua volontà. Questo punto non può
essere ripetuto abbastanza. Gli individui hanno esperienze meravigliose, e per un
momento sono “lontani dal mondo,” e subito l’ego si presenta come interprete, e l’individuo
presume che l’interpretazione sia corretta.
L’ego spiritualizzato
Un esempio spettacolare dell’ego come interprete si può trovare nell’ego “spiritualizzato.”
L’ego ordinario fa le cose che fa un ego ordinario: pensa troppo o troppo poco di se
stesso; manipola gli altri e prova costantemente a guadagnarsi il posto più in alto; agisce
in modo egoistico; mente, inganna e rubacchia. Ma l’ego spiritualizzato ha il suo gioco;
parla in un tono caldo e spirituale; crea un certo splendore di facciata o un’aura che
impara ad emanare; ha esperienze “intense” regolarmente; conosce la risposta
dharmicamente corretta a ogni situazione. Chiunque abbia un’intelligenza minima può
prendere l’insegnamento spirituale del dharma e manipolarlo da una prospettiva egoica.
Llewelyn Vaughan-Lee racconta la morte del suo ego spiritualizzato.
Per molti anni trovavo importante il fatto che fossi un ricercatore spirituale. Questa era la
mia identità. Un giorno dissi alla mia maestra, la signora Tweedie, “è un ostacolo questo?”
Lei disse, “Si, mio caro. Per ora è una gruccia necessaria, ma poi se ne andrà.” Poi ebbi
questa visione di una bara su cui era scritto “Aspirante Spirituale.” Quella visione mi diede
molta più libertà di essere un essere umano semplice, comune, che ama Dio.
Ricercatore, pioniere, insegnante, maestro, saggio…l’identità con uno qualsiasi di questi
ruoli è lo stesso materialismo spirituale. Ci sono molte persone che funzionano in modo
appropriato ed efficace in questi ruoli, ma quando l’ego reclama queste identità come
proprie, e le sbandiera in giro come fosse un pavone, qui sta la difficoltà. Vaughan-Lee
continua:
Una delle cose più pericolose che ho trovato sono questi ego spiritualizzati - gente il cui
ego non è più un ego normale a cui piace una bella macchina, o comprarsi un vestito
nuovo o cose del genere, ma che ora è diventato un ego spiritualizzato ed ha esperienze
spirituali. Vedi tutte le cose spirituali che queste persone conoscono e che desiderano
ardentemente rivelarti. Se osservi attentamente noterai che queste persone sono
leggermente squilibrate. Sono di solito eccessivamente entusiaste, e da loro viene fuori
tutto di tutto. Sostituiscono un ego spiritualizzato a un’esperienza spirituale vera, ed è
molto difficile per gli altri riconoscere la differenza.
L’ego non si rende conto che non può avere esperienze mistiche o diventare illuminato, e
questa è la causa primaria della nascita dell’ego spiritualizzato e del materialismo
spirituale in generale. Vaughan-Lee aggiunge:
Molte persone hanno un’esperienza momentanea di unione e poi tornano nel loro ego, ma
l’ego non può avere un esperienza di unione perché la sua stessa esistenza sta nel fatto
che è separato. In realtà queste esperienze di unione disturbano grandemente l’ego
perché iniziano a minare la credenza dell’ego nella sua esistenza separata.
Il dialogo seguente tra Philip Kapleau Roshi e un allievo illustra questo punto.
Allievo:
cos’è
il
satori?
Roshi: quando a un maestro Zen fu chiesto “cos’è il Buddismo?” rispose “Io non capisco il
Buddismo.”
Io
non
conosco
il
satori.
Allievo:
se
tu
non
capisci,
chi
può
capire?
Roshi: perché non chiedi a qualcuno che dice di essere illuminato?
Allievo:
tu
sei
illuminato?
Roshi: se dico di sì, quelli tra di voi che sanno se ne andranno via disgustati. Se dico di no,
quelli tra voi che fraintendono se ne andranno via delusi.
Poiché l’ego non può avere esperienze mistiche o diventare illuminato, Kapleau Roshi non
può dire di essere illuminato.
Vaughan-Lee descrive un’interazione simile tra Irina Tweedie e Bhai Sahib.
Un giorno Bhai Sahib stava dicendo a qualcuno che non era illuminato, che non aveva
realizzato il Sé. Quando l’individuo se ne andò, la signora Tweedie, che gli stava accanto,
si arrabbiò moltissimo. Sapeva che lui era uno sceicco incredibile, che era un’anima
incredibile, allora disse “ma certo che lo sei! Hai realizzato il Sé! Sei illuminato.” Lui la
guardò e disse che in quelle esperienze l’ “IO” non c’è. “Perciò, IO non ho realizzato nulla,”
le disse.
Il maestro indiano contemporaneo Vimala Thakar sa che l’unico “qualcuno” che c’è da
illuminare è l’ego. Delle sue esperienze descrive, “Il contenuto della coscienza nel corpo di
Vimala è il “Nessuno” e in “Niente”. Come si può dire di essere una persona illuminata o
un
maestro
veramente
illuminato?”
“Il vero mistico sa,” commenta Vaughan-Lee, “che “lui”, “tu”, “io” non potranno mai essere
illuminati.”
Una delle cose che la gente non capisce è che non è l’ego ad avere un’esperienza
mistica. Carl Jung spiega in modo magistrale la necessità di ricordare che l’ego – o
chiunque tu credi di essere – è la mangiatoia in cui nasce il Cristo-bambino, ma non è il
Cristo-bambino. C’è troppo fraintendimento su questo punto. Le persone credono di
diventare illuminate.
Trungpa Rinpoche disse che l’ego che vuole avere un’esperienza di illuminazione è come
se volesse “essere presente al proprio funerale.” Eppure prova a convincere l’ego di
questo! L’ego non è solo presente nell’esperienza stessa, ma nel momento in cui questa
esperienza essenziale svanisce, l’ego è tutto ciò che rimane. L’implicita realizzazione e il
riconoscimento di qualcosa di Altro e Oltre, che era vero dell’esperienza, non è più
presente come realizzazione e l’unica cosa che rimane è l’ego, che avanza
orgogliosamente a grandi passi per prendersi i meriti dell’esperienza. Dice ancora
Vaughan-Lee:
E’ molto, molto sottile il modo in cui, quando hai un’esperienza interiore puoi pensare “Ah!
Ora sono questa persona spirituale. Ho avuto questa esperienza.” Un mio amico dice,
“allora l’ego ti tira indietro per ammirare l’esperienza.” E’ un processo molto sottile avere
l’esperienza e realizzare che non sei tu ad aver avuto l’esperienza, e non lasciare che
l’ego rimanga attaccato all’esperienza.
Un allievo descrive il processo per cui l’ego si prende i meriti dell’esperienza mistica nel
modo seguente.
Personalizzare l’esperienza mistica e non riconoscere la sua origine sarebbe come un
ramo di un melo che guarda se stesso e, mentre ammira i suoi bellissimi fiori e foglie,
decide di staccarsi dall’albero così può andarsene in giro per il mondo a mostrare i suoi
fiori. È assurdamente ovvio con questa analogia che i fiori non dureranno a lungo senza
l’albero, ma quando consideriamo noi stessi no è poi così chiaro. L’idea dell’emergere di
qualcosa come risultato della connessione con una fonte più grande di noi e poi prendere
le cose nelle proprie mani è ridicolo.
Per quanto possa sembrare ridicolo, è quello che fa l’ego. “Spesso penso a questa
canzone,” ricorda Vaughan-Lee. “Non puoi andartene in paradiso su una sedia a dondolo,
perché una sedia a dondolo non dondola così lontano.” E non puoi arrivare alla Realtà
attraverso l’ego, perché l’ego non può raggiungere un altro piano di realtà perché è
concepito per questo piano di realtà. L’ego non può avere un’esperienza spirituale. Può
solo portare il riflesso di un’esperienza spirituale, poiché la mente ordinaria appartiene a
un livello di dualità.”
Lozowick commenta che anche dopo quello che chiama “l’esperienza che mi ha spinto
verso il mio lavoro di insegnamento” e quello che i suoi allievi considerano come il suo
spostamento in un contesto illuminato, ancora pensava che fossa in qualche modo “lui” a
irradiare l’insegnamento e la benedizione che venivano da lui.
L’ego dice, “questa gente mi ama. Queste persone vogliono darmi qualcosa.” Prima di
connettermi veramente al mio maestro Yogi Ramsuratkumar, pensavo: “Ho questo grande
splendore. Ho questo magnifico dharma.” Che stupido. Non siamo mai noi, perciò ti metti
nei guai seri se inizi a prenderti la responsabilità dell’attenzione che attrai.
È difficile non rimanere sedotti. La veridicità e autenticità di queste esperienze è
sconvolgente. C’è un’espansione in esse. Ci può essere la completa realizzazione che
l’universo intero è nel proprio corpo, oppure si può avere esperienza dell’unione tra tutte le
forme di vita. Tutto questo dà alla testa, e ci vuole un altissimo grado di onestà individuale
e coscienza per non prendere queste esperienze e usarle per puntellare l’ego, per rendere
l’ego più forte. Più si lavora per contenere le energie superiori, più pericoloso è per l’ego
identificarsi con il processo che si sta attraversando, che a un certo punto si riconosce
come non essere il proprio processo personale. È un processo universale che è molto più
grande di qualsiasi cosa con cui ci identifichiamo in questa incarnazione.
Sebbene l’ego non può mai essere illuminato, o diventare “spiritualmente evoluto,” l’ego
spiritualizzato ben presto si prende gioco di sé e degli altri. All’occhio non allenato, le sue
manipolazioni possono sembrare scollegate, e la sua radiosità e generosità apparente
sono difficili da mettere in discussione. L’altro aspetto dell’ego spiritualizzato che Llewellyn
Vaughan-Lee enfatizza è che sebbene l’ego non può avere vere e proprie esperienze
mistiche, può però sintetizzare la sua marca di spiritualità – ovvero delle imitazioni di ciò
che è vero. In Cutting Through Spiritual Materialism, Trungpa Rinpoche spiega:
Se hai imparato una tecnica meditativa o pratica spirituale particolarmente benefica, allora
l’atteggiamento dell’ego è in primo luogo di considerarla come un oggetto affascinante, e
in secondo luogo di esaminarla. Alla fine, poiché l’ego sembra solido e non può in realtà
assorbire nulla, può solo mimare. Perciò l’ego prova ad esaminare e ad imitare la pratica
di meditazione e il modo di vivere meditativo. Quando abbiamo imparato tutti i trucchi e le
risposte del gioco
spirituale,
automaticamente proviamo ad imitare la
spiritualità…comunque, non possiamo fare esperienza di ciò che stiamo provando ad
imitare; possiamo solo trovare qualche zona all’interno dei confini dell’ego che possa
sembrare la stessa cosa…
L’ego imita le esperienze e i gesti spirituali perché vuole i benefici che immagina che tali
esperienze possano portare, ma non vuole sacrificare i propri meccanismi. “Diventiamo
degli attori molto bravi,” dice Trungpa Rinpoche, “e mentre giochiamo a fare i sordomuti
col vero significato degli insegnamenti, troviamo un po’ di conforto nel fare finta di seguire
il
percorso.”
Jack Kornfield discute questo principio illustrando gli insegnamenti Buddisti dei “nemici
vicini.”
I nemici vicini sono qualità che emergono nella mente e che si mascherano da
realizzazione spirituale vera, quando in realtà sono solo un’imitazione, che serve a
separarci dal vero sentire piuttosto che connetterci ad esso. Un esempio di nemici vicini si
può vedere in relazione ai quattro stati divini che il Buddha descrive della gentilezza
amorevole, della compassione, della gioia empatica, dell’equanimità. Ciascuno di questi
stati è un segno di risveglio e di apertura del cuore, tuttavia ciascuno stato ha un nemico
vicino che imita il vero stato, ma che in realtà emerge dalla separazione e dalla paura
invece che da una sincera connessione…ciascuno di questi nemici vicini può mascherarsi
da qualità spirituale, ma quando definiamo spirituale la nostra indifferenza o rispondiamo
al dolore con la pietà, stiamo solo giustificando la nostra separazione e usando la
“spiritualità” come difesa…se non riconosciamo e comprendiamo i nemici vicini, questi
indeboliranno la nostra pratica spirituale.
Gli individui che hanno spiritualizzato il loro ego si trovano in una situazione precaria e per
nulla invidiabile, sebbene si immaginino di essere le belle della serata danzante spirituale.
Hanno usato essenzialmente la spiritualità come un meccanismo di difesa per proteggere
se stessi dal mostrarsi come invece sono veramente, che è l’essenza della spiritualità. Il
loro ego che sa tutto è diventato talmente preparato nel campo della spiritualità e ha
creato una tale corazza attorno ad esso che non c’è quasi verso per vedere che hanno
manipolato la loro conoscenza a loro scapito. Poiché conoscono tutto – qualsiasi
spiegazione dharmica, qualsiasi stato meditativo – non c’è un’apertura sincera per
accorgersi che il loro “sapere tutto” è precisamente ciò che li ostacola nella loro vita
spirituale. Gilles Farcet, uno dei quattro insegnanti responsabili del lavoro con degli allievi
sotto la guida del maestro spirituale Arnaud Desjardins, condivide la sua scoperta di
questo aspetto del materialismo spirituale nel suo lavoro con gli allievi.
Nel corso degli anni, quello che ho scoperto essere pericoloso da quando insegno ha a
che fare con certe persone – di solito persone molto intelligenti – che pretendono di
sapere, e dico “pretendono” in modo sincero, perché queste persone si illudono. Si
pongono rispetto a insegnamenti non dualistici, assoluti e rigidi in modo tale da credere di
averlo capito. Non entrano però dentro la loro psicologia e non esaminano il proprio
comportamento.
Questa strategia può essere molto sofisticata. Un uomo con cui lavoravo in un gruppo era
intelligente e sofisticato. Non potevo dirgli cosa stesse facendo. Quando ho soltanto
provato ad alludervi, l’ha subito coperto con un dharma sofisticato. Era impossibile
penetrarlo. Era ovvio che la sua strategia era quella di rimanere nel controllo. Ho notato
che la maggior parte delle persone che usa questa strategia sono persone che hanno
molto da perdere in termini di perdere la faccia se vengono davvero confrontate su quello
che succede dentro di loro.
Di solito queste persone hanno visto qualcosa che non è totalmente falso. Hanno
percepito qualcosa, ma proprio perché sono così sensibili, hanno fatto ricorso agli
insegnamenti spirituali come strategia di sopravvivenza. Non hanno fatto il lavoro
necessario per affrontare la verità sui loro meccanismi psicologici, per cui vogliono
aggirarli. Trovo che questo tipo di strategia sia molto più pericolosa delle esperienze
mistiche fantasiose che non durano. Questo tipo di persona fa molto per danneggiarsi, e a
volte anche per danneggiare gli altri.
Uno studioso e allievo dell’ Advaita-Vedanta si riferì alla tipologia di ego nella descrizione
di Farcet come a “ego antiproiettile.” Questi sostiene che quando un individuo non ha un
contesto per comprendere la natura delle esperienze e degli insegnamenti spirituali (e
anche quando lo ha), l’ego prende le esperienze e gli insegnamenti che riceve, li
raggruppa, e li fa orbitare intorno a se stesso. Poi li assimila a un ego “a prova di
proiettile.” Quando l’ego stesso è composto dalle esperienze e dagli insegnamenti, niente
all’infuori di un piccolo miracolo riuscirà a penetrarlo. Fin troppo consapevole della natura
insidiosa dell’ego, Llewellyn Vaughan-Lee insiste che, per il bene del lavoro spirituale,
l’individuo se la caverebbe molto meglio con un ego comune che con un ego
spiritualizzato.
Ancora una volta, il pericolo è sempre quello di spiritualizzare l’ego, di diventare una
“persona spirituale.” Dico sempre che è molto più facile se hai una buona identità
mondana perché è molto più semplice sbarazzarsene, ma di una identità spirituale è
difficile liberarsi.
La possibilità che l’ego sia capace di tali trucchi intricati per innalzarsi allo status spirituale
elevato è plausibile per chi ha familiarità con i suoi meccanismi, ma una tale assurdità non
entrerebbe mai nella mente del turista spirituale comune. Finché l’intero contesto di
qualcuno non si sposta sul riferimento a Altro o a Dio, l’ego interpreterà le esperienze
spirituali sempre nei modi che servono meglio ai suoi scopi. Vi sono tracce evidenti di
materialismo spirituale in tutte le tradizioni e in tutte le culture. Rivendicare il territorio
spirituale di cui l’ego si è appropriato richiede l’affinamento della capacità di riconoscere
quando l’ego sta mandando avanti lo spettacolo e la volontà di mettere in discussione le
supposizioni che facciamo sulla base delle interpretazioni e del programma dell’ego.
Estratto dal libro di MARIANA CAPLAN
TRA
Gli
e
CIELO
errori
le
pretese
della
premature
E
ricerca
di
TERRA
spirituale
illuminazione
in
pubblicazione
per le EDIZIONI IL LIBRAIO DELLE STELLE
primavera
2010
CITAZIONI
Il materialismo spirituale: l’uso della spiritualità per la gratificazione dell’ego. REGGIE RAY
Potresti accorgerti, dopo essere salito in cima, che la tua scala poggia contro il muro
sbagliato. ANONIMO
L’anima attaccata a tutto, nonostante il buono che può contenere, non arriverà alla libertà
del divino. S. GIOVANNI DELLA CROCE
Le nostre grandi collezioni di conoscenze ed esperienze sono solo una parte della
manifestazione dell’ego, parte della qualità grandiosa dell’ego. Le mostriamo al mondo e
nel fare questo, ci rassicuriamo del fatto che esistiamo, ben salvi e al sicuro, come
persone “spirituali”. CHOGYAM TRUNGPA