Il fenomeno dell`invecchiamento degli imprenditori agricoli assume

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Il fenomeno dell`invecchiamento degli imprenditori agricoli assume
I giovani in agricoltura in Sicilia
Un ricambio generazionale possibile?
di Maurizio Lunetta
Il fenomeno dell’invecchiamento degli imprenditori agricoli assume, in Italia, carattere strutturale ed è
da ritenere espressione di una duplice difficoltà: quella che hanno gli agricoltori più anziani ad uscire
dal settore e quella che hanno i più giovani ad entrarvi.
Un generale invecchiamento della popolazione agricola e uno scarso ricambio generazionale
accentuano i fenomeni di esodo e abbandono delle campagne in vaste aree dell’UE e sono causa di
degrado delle aree rurali e dell’ambiente naturale.
L’età avanzata degli operatori agricoli è un fenomeno connesso allo sviluppo delle economie
occidentali, dove lo sviluppo industriale e l’esodo della forza lavoro dalle campagne hanno impoverito
il panorama demografico delle zone rurali allontanando soprattutto i più giovani. Quello che più
preoccupa è che finita l’epoca dell’attrazione del settore industriale, non si è invertito il trend e i
giovani stentano ad insediarsi nelle aree rurali anche per le difficoltà che il settore agricolo
ciclicamente subisce e per la mancanza di una politica organica che favorisca l’ingresso e il
mantenimento dei giovani imprenditori agricoli.
L’agricoltura italiana risente di un forte fenomeno di senilizzazione: il 60% degli agricoltori italiani ha
un’età superiore ai 55 anni e oltre il 62% di questi supera i 65 anni, mentre gli operatori con meno di 40
anni rappresentano il 10% del totale dei conduttori agricoli e soltanto il 2,5% se si considerano gli
under 35. Secondo uno studio dell’Unione Europea
In Sicilia nonostante gli 8000 insediamenti avvenuti dal 2000 ad oggi attraverso la misura 4.07 del Por
Sicilia, i numeri di dimostrano che siamo ben lontani dall’avvio di un processo di ricambio
generazionale.
Conduttori agricoli per classe d’età
< 40
40-54
55 e oltre
totale
Sicilia
37.672
Italia
269.213
96.905
720.510
229.655
1.587.071
364.232
2.576.794
I principali vincoli che in Sicilia condizionano fortemente la decisione individuale di diventare
imprenditore agricolo sono:
a) i costi di avviamento (soprattutto quelli legati all’acquisto e all’affitto della terra e dei mezzi
produttivi);
b) disponibilità di corpi aziendali di adeguata superficie;
c) scarsa o inadeguata formazione;
d) minore qualità di vita e di lavoro nelle aree rurali;
e) bassi livelli di redditività.
Ognuno di questi punti merita un analisi approfondita che non è tema di questa relazione.
Solo qualche esempio. Il rapporto tra banche e imprese è conflittuale; lo diventa ancor di più per i
giovani che vogliano insediarsi in agricoltura anche a seguito dell’entrata in vigore di Basilea 2; la
riforma della Pac del 2003 e le prossime riforme dell’ocm ortofrutta e vino ripropongono il limite
all’ingresso dei giovani nel settore primario. Il costo del fattore terra è infatti lievitato per presenza di
titoli disaccoppiati legati ad essa e in questi giorni assistiamo all’assegnazione di titoli alle nuove
aziende che sono 1/3 di quelli assegnati alle altre aziende a causa di un meccanismo che non tiene
conto dell’insediamenti dei giovani.
Per molte colture, il giovane agricoltore deve acquistare i diritti di produzione. Dal punto di vista
imprenditoriale, la necessità di acquistare i diritti di produzione non si concilia con l'investimento a
lungo termine, in quanto a lungo termine non vi è stabilità a lungo termine nel settore agricolo. In un
sistema in cui è incerto cosa sarà delle quote latte o dei diritti all’impiento dei vigneti dopo la revisione
successiva, gli agricoltori devono tuttavia acquistare quote per produrre. Di fatto le nuove aziende
agricole, per lo più condotte da giovani, iniziano la loro attività con un gap economico spesso fatale
nel libero mercato.
Seppur il numero di giovani imprenditori tenda costantemente a diminuire, gli agricoltori under 40
rappresentano una realtà imprenditoriale con specifiche peculiarità e un ottimo dinamismo.
Le aziende condotte da giovani risultano mediamente più grandi, 7,6 ettari rispetto ai 3,8 delle
aziende condotte da ultra cinquantacinquenni e il tempo dedicato all’attività aziendale (in media oltre
105 giornate annue) fa presumere aziende altamente specializzate con una prevalenza di imprese
zootecniche o ortofloricole.
I giovani imprenditori ricorrono sempre più spesso alla diversificazione delle attività aziendali. Nel
39% delle aziende sono presenti impianti di lavorazione delle produzioni. Inoltre la presenza di
agriturismi, di colture agricole biologiche, allevamenti non tradizionali, è prevalente nelle imprese
giovanili, così come il ricorso ad internet e, più in generale, all’utilizzo della telematica.
Ma andiamo al tema dell’innovazione Spesso si ha l’impressione che l’agricoltura debba solo
“conservare” e che non sia possibile innovare in quanto siamo come giunti ad una sorta di “optimum”.
Non è così! Il futuro dell’agricoltura non può essere solo “il tradizionale”, ma è necessario che
l’agricoltura non arresti la ricerca e l’ingresso dell’innovazione altrimenti finirà per essere un museo a
cielo aperto e gli imprenditori agricoli i suoi semplici custodi. Non si deve cadere in questo “tranello”
perché l’agricoltura da sempre si è innovata e nella sua mutevolezza ha caratterizzato differenti
paesaggi storici.
E’ per questo che per i giovani innovare è prioritario. Un’agricoltura che innova è più competitiva
perché, per esempio, si muove fuori dalle logiche di mercato dei prodotti maturi.
L’agricoltura può innovarsi ancora attraverso prodotti nuovi. Ma essa s’innova ancor più attraverso
processi di produzione e modalità di fare impresa nuovi. L’innovazione tecnologica può ancora fornire
utili strumenti per ridurre i costi di produzione. La mancata partecipazione ai processi che determinano
la “produzione” di innovazione finirà per farci subire modelli che non ci servono. Eppure siamo in un
Paese nel quale si accetta la presenza di malattie epidemiche (cfr. i danni causati dalla peronospora alla
viticoltura, delle virosi nei prodotti in serra e in agrumicoltura), si continua ad accettare quale unica
fonte di energia i combustibili fossili ben sapendo che il settore primario è chiamato ad un grande
appuntamento, quello delle agrienergie. Le aziende agrienergetiche sarà un argomento che noi come
Agia stimo portando avanti consapevoli però che è necessario un grande sforzo della ricerca e della
sperimentazione.
Siamo in un periodo importante per la programmazione dei fondi strutturali che ci porterà al 2013.
Siamo partiti già in ritardo, si continua a perder tempo e temo che ancora una volta ci troveremo a fare i
conti con atti programmatori superficiali e di difficile attuazione. Per l’insediamento dei giovani nel
settore primario sono sufficienti pochi interventi ma certi e soprattutto rivedere il meccanismo del
primo insediamento tale da trasformarlo in un incentivo reale e duraturo.