La nuova azione revocatoria fallimentare 051104

Transcript

La nuova azione revocatoria fallimentare 051104
La nuova azione revocatoria fallimentare: cenni sulle principali novità
Come noto, con la Legge 14 maggio 2005, n. 80 (la “Legge 80/2005”), è stato convertito il Decreto
Legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano d’azione per lo
sviluppo economico, sociale e territoriale del Paese (il “DL Competitività”).
In particolare, la Legge 80/2005, ha convertito (con alcune modifiche) le disposizioni del DL
Competitività in materia di:
- Fisco (introduzione del c.d. premio di concentrazione per le PMI; riduzione dell’IRAP;
modifica delle modalità di calcolo dell’ICI);
- diritto civile e commerciale (modifiche, tra l’altro, alla Legge Fallimentare ed al Codice di
procedura civile);
- infrastrutture e logistica (interventi vari per favorire lo sviluppo infrastrutturale del Paese);
- energia (disposizioni in materia di tariffe ed erogazione del gas naturale); e
- ricerca (vari finanziamenti volti ad incentivare e favorire la ricerca).
Tra tutte queste modifiche, la Legge 80/2005 ha sensibilmente modificato l’art. 67 del Regio
Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (la “L.F.”) che disciplina l’azione revocatoria fallimentare.
In particolare, la nuova formulazione dell’art. 67 L.F. (i) chiarisce alcune problematiche derivanti
dalla precedente formulazione del testo (come, ad esempio, nel caso dell'
avverbio "notevolmente",
di cui alla lett. a) dell’art. 67 comma 1° L.F., che è stato sostituito con la nuova espressione "di oltre
un quarto") e (ii) dimezza le tempistiche dei c.d. "periodi sospetti" relativi alle varie forme di
revocatoria fallimentare1.
In conseguenza di quanto precede, alla luce della nuova formulazione dell’art. 67 L.F., risultano
revocabili:
gli atti a titolo oneroso in cui le prestazioni eseguite o le
obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un
quarto ciò che a lui è stato dato o promesso
gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non
effettuati con danaro o con altri mezzi normali di
pagamento
i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie per debiti
preesistenti non scaduti
i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie per
debiti scaduti
se compiuti nell'
anno anteriore
alla dichiarazione di fallimento
se compiuti nell'
anno anteriore
alla dichiarazione di fallimento
se costituiti nell'
anno anteriore
alla dichiarazione di fallimento
se costituiti nei sei mesi
anteriori alla dichiarazione di
fallimento
i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo se compiuti entro i sei mesi
oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per anteriori alla dichiarazione di
debiti, anche di terzi, contestualmente creati
fallimento
Oltre a ciò, la Legge 80/2005 inserisce, ex novo, una serie di specifiche ipotesi (per lo più elaborate
da giurisprudenza e dottrina, secondo le esigenze del mercato, durante la vigenza del vecchio art. 67
L.F.) nelle quali non può darsi luogo a revocatoria fallimentare; in conseguenza di tale nuova
previsione, non sono soggetti all'
azione revocatoria:
1
Per completezza, si precisa che in data 23 settembre 2005 il consiglio dei ministri ha varato lo schema di D.lgs. di
riforma del diritto fallimentare che modifica sensibilmente gran parte della L.F..
a) i pagamenti di beni e servizi effettuati nell'
esercizio dell'
attività d'
impresa nei termini d'
uso;
b) le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purché non abbiano ridotto in maniera
consistente e durevole l'
esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca;
c) le vendite a giusto prezzo d'
immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l'
abitazione principale
dell'
acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado;
d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in
esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria
dell'
impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia
attestata ai sensi dell'
articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile;
e) gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo,
dell'
amministrazione controllata, nonché dell'
accordo omologato ai sensi dell'
articolo 182-bis;
f) i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri
collaboratori, anche non subordinati, del fallito;
g) i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di
servizi strumentali all'
accesso alle procedure concorsuali di amministrazione controllata e di
concordato preventivo.
Qui di seguito si forniscono, per ciascuno dei suddetti atti esentati, alcune brevi considerazioni di
approfondimento:
a) pagamenti di beni e servizi effettuati nell'esercizio dell'attività d'impresa nei termini d'uso
con riferimento a questa specifica ipotesi di esenzione, è bene evidenziare come il legislatore abbia
posto l'
attenzione sui pagamenti effettuati dal debitore a titolo di corrispettivo di prestazioni utili
alla continuazione del normale esercizio e gestione dell’impresa, fornendo così all’interprete un
primo ed inequivocabile segno del ripensamento a cui è stata sottoposta l’intera materia revocatoria
(volta ora a valorizzare anche l’interesse economico alla prosecuzione dell’impresa e non solo il
criterio direttivo del rispetto della par condicio tra i creditori); in altri termini, il legislatore ha
voluto evitare che l’imprenditore in difficoltà venga “isolato” da parte dei suoi fornitori a causa del
timore di questi ultimi di vedersi revocare i pagamenti effettuati dall’imprenditore in “odore di
fallimento”.
Alla luce di quanto precede, si può affermare, in termini generali, che non saranno revocabili i
pagamenti normali effettuati dal fallito ai propri fornitori purché effettuati “nell'esercizio
dell'attività d'impresa” e “nei termini d’uso” mentre, al contrario, sono revocabili i pagamenti dei
debiti personali del fallito, in quanto tali debiti esulano dalla “attività d’impresa” nonché i
pagamenti effettuati quando l’esercizio dell’impresa sia cessato (come nel caso dei pagamenti
effettuati durante la liquidazione volontaria); naturalmente, non possono nemmeno rientrare nel
concetto di “termini d’uso” gli atti elencati al primo comma dell’art. 67 L.F.)2.
Questa “tranquillità normativa”, garantita dal legislatore ai fornitori di beni e servizi dell’impresa in
difficoltà, si dovrebbe tradurre in ultima analisi in un beneficio per la stessa impresa in difficoltà
2
Quanto al concetto di “termini d’uso” non esiste certezza sull’effettivo significato da attribuire a tale formula, fermo
restando che occorrerà una valutazione caso per caso su quali siano i termini comunemente usati ed accettati dal
mercato.
Ancora, non è chiaro se il richiamo ai “termini d’uso” possa essere riferito anche ai soli termini comunemente adottati
dal debitore nei confronti dei propri fornitori (a prescindere cioè dalla loro effettiva diffusione nell’ambito del settore in
cui opera il debitore); a tale riguardo, tuttavia, sembra si possa ritenere che anche i suddetti termini possono rientrare tra
i c.d. “termini d’uso” laddove siano leciti, giustificati dall’attività delle parti e pattuiti tra le medesime parti in periodi
precedenti a quello “sospetto” previsto dall’art. 67 L.F..
(che dovrebbe così poter continuare a fare affidamento sulla fornitura di quei beni e servizi che ne
assicurano la normale sopravvivenza)3;
b) rimesse effettuate su un conto corrente bancario purché non abbiano ridotto in maniera
consistente e durevole l'esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca
con questa disposizione il legislatore ha inteso dare certezza alle banche e, più in generale, alle
rimesse sul conto corrente del fallito proponendo una soluzione definitiva ad un tema a lungo
dibattuto dalla giurisprudenza e della dottrina; infatti, per effetto di questa nuova disposizione tutte
le rimesse bancarie effettuate sul conto corrente del fallito saranno, in generale, esentate dalla
revocatoria fallimentare alla sola condizione che tali rimesse non abbiano natura solutoria
dell'
esposizione debitoria del fallito verso la banca (e, cioè, “non abbiano ridotto in maniera
consistente e durevole l'esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca”); ne consegue
che la disposizione in esame ha introdotto, come regola generale, la non esentabilità delle rimesse
su conto corrente bancario effettuate dal debitore e, come eccezione alla regola generale, la
revocabilità delle sole rimesse che abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l'
esposizione
debitoria del fallito nei confronti della banca.
Non paiono pertanto revocabili quelle rimesse in conto corrente, assistito da un fido, volte
esclusivamente a ricostituire la provvista del fido stesso e non a rientrare dallo “sforamento” del
limite del fido: infatti, nel primo caso, si dubita addirittura che la rimessa in conto corrente possa
essere qualificata come pagamento e rilevare, pertanto, ai fini dell’esperibilità dell’azione
revocatoria, mentre nel secondo caso, potendosi configurare una riduzione “consistente e durevole”
dell’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca (il rientro dall’extrafido) si potrebbe
incorrere nella revoca di un tale pagamento. A tale ultimo riguardo tuttavia, si potrebbe ritenere che
anche la rimessa volta a rientrare da uno “sforamento” modesto (ad esempio del 10%) non sarebbe
revocabile perché mancherebbe il requisito della consistenza della rimessa.
Più in generale, dalla combinazione dei due criteri della consistenza e della durevolezza si potrebbe
ritenere che se ad una rimessa in conto corrente che riduca in maniera “consistente” l’esposizione
debitoria verso la banca, dovessero seguire nel giro di breve uno o più prelievi che ricostituiscano
l’esposizione debitoria del debitore verso la stessa banca, tale rimessa non sarebbe revocabile
perché mancherebbe il requisito della durevolezza proprio in virtù dei successivi prelievi che hanno
ricostituito l’esposizione debitoria verso la banca4.
3
Un esempio per tutti: escludendo l’esperibilità dell’azione revocatoria per i pagamenti di beni e servizi effettuati
nell'
esercizio dell'
attività d'
impresa nei termini d'
uso, l’impresa in difficoltà potrà continuare a fare ricorso ad ogni
forma di leasing (finanziario e/o operativo, ivi compreso il noleggio); infatti, durante la vigenza del vecchio art. 67 L.F.,
il primo pensiero del concedente era di verificare la situazione finanziaria del richiedente al fine di accertare se
sussistesse o meno il rischio di revocabilità dei pagamenti dei singoli canoni effettuati dal richiedente (con l’ovvia
conseguenza che le imprese in difficoltà incontravano ulteriori difficoltà ad ottenere un leasing proprio nel momento in
cui ne avvertivano la maggiore necessità per far fronte alle proprie difficoltà economiche). Con la disposizione in
esame, invece, il concedente dovrebbe avere la ragionevole certezza che i pagamenti effettuati dall’impresa in difficoltà
prima della dichiarazione di fallimento, non dovrebbero essere revocati (tranne, ovviamente, nei casi in cui le modalità
di pagamento non rientrino nei “termini d’uso”).
4
Pertanto, con questa nuova disposizione (che avrà verosimilmente l’effetto di ridurre il numero di giudizi che
coinvolgono le banche a tutto vantaggio del settore creditizio) potranno essere esonerate da revocatoria fallimentare
anche le cc.dd. operazioni bilanciate, le operazioni di giroconto e tutte quelle altre movimentazioni in avere in cui la
rimessa, ovvero il semplice accredito in moneta contabile effettuata sul conto corrente del debitore successivamente
dichiarato fallito, abbia una destinazione ben specifica a favore di terzi (oppure ad azzeramento e storno di una passività
di natura meramente contabile), lasciando immutato il saldo passivo e l’esposizione debitoria complessiva del fallito
verso la banca.
Infine, non deve passare inosservato il fatto che anche per le rimesse aventi natura solutoria e quindi
revocabili, il c.d. “periodo sospetto” è stato dimezzato e ridotto a soli sei mesi, con l'
indubbio
effetto di ulteriore tranquillità al sistema creditizio;
c) vendite a giusto prezzo d'immobili ad uso abitativo
tale previsione deve essere letta in coordinamento con l’art. 10 del D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122 (il
“D.Lgs. 22/2005”) il quale stabilisce che “Gli atti a titolo oneroso che hanno come effetto il
trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento di immobili da costruire, nei
quali l'acquirente si impegni a stabilire, entro dodici mesi dalla data di acquisto o di ultimazione
degli stessi, la residenza propria o di suoi parenti o affini entro il terzo grado, se posti in essere al
giusto prezzo da valutarsi alla data della stipula del preliminare, non sono soggetti all'azione
revocatoria prevista dall'articolo 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive
modificazioni.
Non sono, altresì, soggetti alla medesima azione revocatoria i pagamenti dei premi e commissioni
relativi ai contratti di fideiussione e di assicurazione di cui agli articoli 3 e 4, qualora effettuati
nell'esercizio dell'attività d'impresa nei termini d'uso.”.
Si noti che la formulazione del suddetto art. 10 è maggiormente articolata rispetto alla formulazione
dell’art. 67, comma terzo, lett. c), ciò che potrebbe portare a divergenze ed incertezze interpretative
(tra le numerose differenze, ad esempio, l’art. 67 L.F. si riferisce a “vendite (…) d'immobili ad uso
abitativo ” – ivi comprese la permuta ed altri tipi di vendita – mentre il D.Lgs. 22/2005 parla di “atti
a titolo oneroso che hanno come effetto il trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di
godimento di immobili”; inoltre, l’art. 67 L.F. fa riferimento a immobili “destinati a costituire
l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado”, mentre il
D.Lgs. 22/2005 parla di “immobili da costruire nei quali l'acquirente si impegni a stabilire, entro
dodici mesi dalla data di acquisto o di ultimazione degli stessi, la residenza propria o di suoi
parenti o affini entro il terzo grado”. Ancora, l’art. 67 L.F. si riferisce a vendite “a giusto prezzo”
mentre tale condizione non compare nella formulazione dell’art. 10 D.Lgs. 22/20055);
d) atti, pagamenti e garanzie concesse su beni del debitore in esecuzione di un piano che appaia
ragionevole e idoneo a consentire il risanamento dell’impresa
la condizione da rispettare per beneficiare dell'
esenzione in esame è che tali atti, pagamenti e
garanzie siano compiuti in esecuzione di un piano che “appaia” ragionevole e idoneo a risanare
l'
impresa.
A tale riguardo, un chiaro esempio di “accordo di risanamento” non revocabile ai sensi della
disposizione in esame è il concordato stragiudiziale, sebbene quest’ultima categoria abbia una
portata più ampia degli “accordi di risanamento”, in quanto un concordato stragiudiziale potrebbe
anche non essere rivolto alla continuazione dell’impresa (ad esempio nel caso di concordato
stragiudiziale che preveda la cessione di un singolo bene e/o ramo dell’azienda).
5
Sebbene il D.Lgs. 22/2005 non faccia riferimento al requisito della vendita “a giusto prezzo”, si può ragionevolmente
ritenere che tale requisito sia implicito, anche solo per effetto di una interpretazione comparativa tra l’art. 10 del
medesimo D.Lgs. 22/2005 e l’art. 67, lett. c) L.F..
Sul significato da attribuire al concetto di “giusto prezzo” di un immobile permane ancora un significativo grado di
incertezza; a tale riguardo, tuttavia, il ricorso ad una perizia preventiva effettuata da un esperto del settore immobiliare,
potrebbe contribuire a ridurre sensibilmente tale incertezza.
In ogni caso, la “ragionevolezza” di tali accordi di risanamento dovrà costituire oggetto di
asseverazione da parte di un esperto; sul punto, è appena il caso di osservare che il riferimento
all’art. 2501-bis c.c. sembra aprire un ampio terreno di ipotesi applicative ancora non ben
identificabili;
e) atti, pagamenti e garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo,
dell'amministrazione controllata, nonché dell'accordo omologato ai sensi dell'articolo 182-bis
la disposizione in commento, che risolve un problema a lungo dibattuto, specifica che i pagamenti
in percentuale o totali posti in essere in ottemperanza a quanto stabilito nel giudizio di
omologazione del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione non sono revocabili.
Con riferimento agli atti posti in essere in esecuzione del concordato preventivo nonché
dell’accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182-bis L.F., è appena il caso di segnalare
l’opportunità, per il debitore, di evidenziare in tali atti (ad esempio nelle premesse dei contratti o
accordi) che l’azienda del debitore stesso è assoggettata a concordato preventivo o accordo di
ristrutturazione dei debiti di cu all’art. 182-bis L.F.;
f) pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri
collaboratori, anche non subordinati, del fallito
con tale disposizione appaiono esentati dalla revocatoria fallimentare non solo i pagamenti ai
lavoratori subordinati ma anche i pagamenti a dipendenti di agenzie interinali.
Invece, rimangono dubbi circa la esentabilità dei pagamenti effettuati agli amministratori della
società i quali non sembrerebbero tuttavia rientrare nella categoria del “collaboratori” menzionati
dalla disposizione in esame;
g) pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di
servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali di amministrazione controllata e di
concordato preventivo
la disposizione sembra fare riferimento ai pagamenti della relazione dell’esperto e dei professionisti
impegnati a formulare i piani per la presentazione delle proposte di concordato preventivo; peraltro
l’espressa indicazione del concordato preventivo sembra escludere l’esenzione per le spese
strumentali all’accordo di ristrutturazione ex art. 182 L.F. e per il piano di risanamento contemplato
nella precedente lett. d).
***
Ciò detto, si deve porre l’attenzione anche sull’ultimo comma del nuovo art. 67 L.F. il quale, dopo
avere riproposto la vecchia esenzione dall’esperibilità dell’azione revocatoria nei confronti della
Banca d’Italia, delle operazioni di credito su pegno e delle operazioni di credito su pegno, stabilisce
che “sono salve le disposizioni delle leggi speciali”.
In sostanza, le nuove esenzioni, ovvero quelle contenute alle lettere da a) a g) del nuovo art. 67 L.F.,
si sommano e non si sostituiscono alle “vecchie” esenzioni contenute nelle leggi speciali che si sono
succedute nei decenni successivi all’entrata in vigore della L.F.6.
6
A titolo di esempio e senza nessuna pretesa di esaustività, rientrano tra le “vecchie” esenzioni i seguenti casi:
- il credito alle opere pubbliche (art. 42 T.U.B.);
A margine di tutto quanto precede, si osserva inoltre che, per effetto di quanto previsto dal nuovo
testo dell'
art. 70 L.F. (anch’esso modificato dalla Legge 80/2005) “la revocatoria dei pagamenti
avvenuti tramite intermediari specializzati, procedure di compensazione multilaterale o dalle
società previste dall'articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966, si esercita e produce effetti
nei confronti del destinatario della prestazione”.
Infine, si precisa che, a norma dell'
art. 2, comma 2° della Legge 80/2005, la nuova disciplina in
tema di azione revocatoria fallimentare si applica alle procedure concorsuali iniziate
successivamente alla data del 17 marzo 2005, mentre alle procedure concorsuali iniziate fino a tale
data continuerà ad applicarsi la precedente disciplina.
Giacomo Pescatore
Stefano Angione
- il credito agrario e peschereccio (artt. 43-45 T.U.B.);
- i finanziamenti a medio ed a lungo termine alle imprese (art. 46 T.U.B.);
- i finanziamenti agevolati (art. 47 T.U.B.);
- i pagamenti di imposte (dirette) scadute (art. 51 D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602);
- i pagamenti IVA ed i pagamenti effettuati per contributi sociali obbligatori ed accessori a favore degli Enti gestori di
forme obbligatorie di previdenza e di assistenza (D.P.R. 28 gennaio 1988 n. 43); e
- in materia di cartolarizzazione dei crediti, i pagamenti effettuati da debitori ceduti alla società cessionaria (art. 4, legge
30 aprile 199 n. 130);
- le ipoteche a garanzia dei finanziamenti bancari con clausole indicizzate, purché iscritte dieci giorni prima della
pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento (art. 39 T.U.B.)
- i pagamenti effettuati dal debitore a fronte di crediti fondiari (art. 39 T.U.B.);
- in materia di factoring, il pagamento compiuto dal debitore ceduto al cessionario, sebbene il curatore possa proporre la
revocatoria nei confronti del cedente qualora il curatore trovi che il cedente conosceva lo stato di insolvenza del
debitore ceduto alla data del pagamento al cessionario (art. 6 L. 21 febbraio 1991, n. 52).