La bellezza ideale come quella di Frine vista dagli artisti nella civiltà

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La bellezza ideale come quella di Frine vista dagli artisti nella civiltà
La bellezza ideale come quella di Frine vista dagli
artisti nella civiltà greca
Quante volte durante i nostri discorsi o dopo aver guardato una stupenda ragazza che
attraversa la strada, abbiamo sentito o magari detto che quella è una ragazza “bella come
una Dea greca” oppure è bella come la Venere di Milo.
Questa idea, questo culto della bellezza ideale, fisica era profondamente radicato nei cittadini
dell'antica Grecia. Una persona dotata di una particolare avvenenza, era considerata da tutti
“cara agli Dei” cioè un essere privilegiato e amato dagli stessi Dei.
La bellissima Frine, una donna cara agli Dei greci.
A conferma di quello detto sopra si ama citare molto spesso da parte degli storici un episodio
famoso, conosciuto come il processo a Frine. Questo è il nome di una donna che era
considerata dal popolo la più bella cortigiana della città di Atene o addirittura di tutta la Grecia.
Numerosi pittori e scultori greci, facevano quasi a botte per averla come modella nei loro studi
artistici per le loro statue o i loro quadri che spesso raffiguravano la Dea dell’amore e della
bellezza, cioè Venere. Frine che era consapevole della sua bellezza, amava l’arte e spesso
posava senza esigere alcun compenso. Le bastava questo omaggio alla sua bellezza, una
bellezza come si direbbe oggi “naturale, acqua e sapone” che non aveva bisogno di artifici per
essere messa in risalto, al contrario delle altre cortigiane greche, che avevano bisogno di
truccarsi, di indossare abiti provocanti e adornarsi di gioielli vistosi. Frine con il suo viso pulito,
gli abiti castigati e il portamento austero era mille volte più affascinante di tutte le altre. Era il
modello reale e vivente dell’ideale di bellezza dei Greci e cioè la perfetta armonia e la misura.
Su in alto vediamo la Venere di Cnido scolpita nel marmo dal famoso scultore greco
Prassitele. Questa può essere considerata una immagine di Frine in quanto era la modella
preferita di questo grande scultore. Nell'immagine che vediamo, la figura è così piena di grazia
e di riserbo che quasi non ci si accorge della sua nudità.
Ma questa donna cosi bella e stupenda come succede spesso anche per invidia, aveva molti
nemici che chissà con quali prove, la trascinarono in tribunale sotto l’accusa di “empietà”, cioè
di oltraggio agli Dei. Infatti a dire dei nemici di Frine, non si era forse paragonata a Venere,
andando così fiera della propria bellezza?
Invano Ipèride il più famoso avvocato del tempo, sfoderò la sua abilità in difesa dell’imputata,
e la causa sembrava ormai persa. Allora non sapendo più cosa fare e dire l’avvocato prese una
decisione inaudita: con gesto energico e quasi teatrale, strappò l’abito dal corpo della
bellissima Frine, che rimase vestita unicamente della sua straordinaria bellezza. Poi, rivolto
ai giudici allibiti e a tutti i presenti chiese se pareva loro possibile che una donna tanto bella e
perciò molto cara agli Dei, si fosse resa colpevole di un tale sacrilegio.
L’argomento fu decisivo, infatti i giudici giudicarono innocente la cortigiana. Per i Greci
bellezza ed “empietà” erano incompatibili.
Bellezza e armonia
I Greci non attribuivano alla bellezza un significato puramente esteriore. Bellezza era secondo
loro il risultato di una perfetta armonia tra qualità spirituali (intelligenza, equilibrio e saggezza)
e qualità fisiche. E Frine si poteva dire bella appunto perché possedeva tutte queste doti. Ad
esempio una donna bella ma vuota e poca intelligente, non avrebbe potuto rappresentare
l’ideale greco della bellezza e della grazia femminile.
Per i Greci un corpo “sgraziato”, era come un opera incompiuta.
Questo ideale trasferito nell’arte, trovò la sua massima espressione nella scultura e
specialmente nelle statue femminili. In queste opere la bellezza delle forme si fonde
intimamente alla spiritualità.
Non c’è nulla di sensuale o di grossolano in questi corpi nudi o appena velati. Nelle famosi
Veneri greche si trovano armonizzate tutti gli attributi della femminilità come il fascino
enigmatico della Dea, l’armoniosa compostezza della matrona, la grazia piena di riserbo della
fanciulla. Esse sono rimaste da millenni il modello o meglio il simbolo della bellezza ideale.
Sotto vediamo la Venere di Milo collocata a Parigi nel Museo Louvre.
E la possiamo confrontare con una Venere molto più “moderna”, quella di F. Messina
conosciuta come il Torso di Venere. Non possiamo fare a meno di notare come quest’ultima
risulti più agile e scattante, con quei fianchi stretti, il busto da adolescente e le gambe molto
affusolate. È una Venere vista con la sensibilità moderna, una bellezza svelta e dinamica dei
tempi moderni, che si contrappone alla figura morbida, tornita, un po’ indolente della tipica
donna greca. Bella, serena e senza complessi.
Qualche piccola curiosità
La curiosità a proposito di alcune statue greche è che queste erano colorate, dipinte con
bellissimi e sgarcianti colori. Quindi non come siamo abituati spesso a vedere una statua
magari nei Musei dell'arte, con quel gelido e freddo colore bianco marmoreo.
Purtroppo col passare dei secoli, esse hanno perduto la parte superficiale del loro rivestimento,
infatti le statue femminili soprattutto, venivano cosparse di una speciale cera di colore
delicatamente ambrato, che, nelle intenzioni degli Artisti, doveva imitare quello dell’epidermide
dorata dal sole e faceva contrasto con il colore vivace delle vesti.
Anche gli occhi, i capelli e le labbra delle statue sia maschili che femminili mediante del colore
acquistavano un particolare risalto.
Winckelman, (assieme ad altri grandi teorici del neoclassicismo come G. Lessing, R. Mengs, F. Milizia, A.
Chènier...) teorizzò il concetto di bellezza ideale, che è una sintesi perfetta di umano e divino e che può
derivare solo dal superiore controllo delle passioni e dei sensi. “Bello ideale - scrisse Francesco Milizia - è la
riunione delle parti più belle scelte dagli individui più belli. La natura non dà mai un tutto perfettamente
bello: frammischia sempre, fra le parti belle, altre meno belle, e anche delle brutte o per eccesso o per
difetto. L’artista sceglie le più belle e ne fa un tutto compiutamente bellissimo. Questo è il bello ideale”.