Abbandoni, la scuola non deve fallire

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Abbandoni, la scuola non deve fallire
Abbandoni, la scuola non deve fallire
Il Cittadino - 19 settembre 2014
Con l’avvio di un nuovo anno scolastico puntualmente si ripresentano, come un
rituale collaudato, i soliti problemi: girandola di supplenti, studenti pronti a
scendere in piazza, docenti che fanno la voce grossa, sindacati che
preannunciano scioperi, presidi arrabbiati. Sembra di leggere un copione
vecchio dove tutti sono contro tutti. Eppure in questi giorni un problema piuttosto
serio, che non rientra nel rituale annunciato, è passato sotto silenzio anche se a
farlo presente è stata “Save the Children”, un’organizzazione internazionale
molto nota per il compito che si è assunto, ovvero quello di difendere i diritti dei
bambini. Nell’ambito del programma «povertà educativa», infatti, “Save the
Children” ha sottolineato ancora una volta come preoccupante sia da noi il
fenomeno dell’abbandono scolastico. I dati raccolti da questa Organizzazione
sono alquanto inquietanti.
E’ appena il caso di ricordare che in Italia il fenomeno dell’abbandono è ancora
molto diffuso giacché dai dati riferiti al 2013 emerge che 110 mila alunni non
sono andati oltre la terza media, evitando qualsiasi proposta formativa del
biennio delle superiori. E’ come dire che quasi il 20% dell’intero corpo
studentesco, non completa il percorso dell’obbligo scolastico, facendo perdere
ogni traccia. Cosa che lascia dell’amaro in bocca al sol pensiero di ricordare le
ingenti risorse e le svariate strategie che il Ministero già da anni mette in campo
per contrastare questo triste fenomeno. Scendendo nel particolare il dato
percentuale più critico arriva dalla Campania dove si segnala una dispersione
scolastica locale che supera di poco il 22%. Una situazione imbarazzante che
mette in allarme non solo le organizzazioni non governative, ma anche e
soprattutto le nostre istituzioni che vedono così vanificare tutti gli sforzi protesi a
circoscrivere e ridimensionare un triste fenomeno sociale che ci vede, nostro
malgrado, ancora ai primi posti nelle classifiche europee.
C’è da chiedersi perché mai al sud e soprattutto in Campania il fenomeno della
dispersione persiste ancora senza che una qualche soluzione possa essere in
grado di cambiare ogni negativa tendenza. L’analisi sembra essere piuttosto
complessa e legata alla condizione di degrado ambientale di intere sacche
geografiche dove le condizioni sociali non riescono a trovare un’alternativa di
vita a quella già presente o dove i minori sono considerati delle vere e proprie
risorse lavorative vieppiù domestiche necessarie alla sussistenza del nucleo
famigliare. Territori dove la legalità è solo una mezza parola senza un
particolare significato; territori dove ad assumere un ruolo di privilegio è la
criminalità organizzata, la sola in grado di porsi con attenzione nei rapporti
relazionali, di offrire una certa serenità economica frutto di traffici illeciti gestiti da
oscure organizzazioni malavitose eppure ritenute più credibili delle istituzioni
statali, tra cui la scuola, viste o sentite lontane da ogni speranza di riscossa
sociale.
Che tristezza! In questo nauseabondo sottobosco culturale nasce e prolifica
l’abbandono scolastico visto come non un ostacolo alla realizzazione dei progetti
di tanti ragazzi, ma al contrario come un’opportunità alternativa disgraziata, ma
tollerata in nome della comprensione del degrado sociale in cui versano intere
famiglie. Molti sono i fattori di rischio che finiscono con l’incidere
significativamente sul percorso scolastico di moltissimi minori. La strada viene
preferita alla scuola perché più vicina alle aspettative di tanti ragazzi alla ricerca
di certezze di vita che la scuola non riesce o non è in grado di dare. Quella
strada dove l’alleanza con gruppi ambigui e pericolosi si sostituisce all’amicizia
con compagni di classe con cui condividere particolari esperienze progettuali;
quella strada dove patti scellerati e violenti sono ritenuti primari e perciò preferiti
ai “patti educativi e formativi”.
Tutto questo è preoccupante perché trova riscontro nell’opportunità offerta ai
ragazzi di trovare l’opportunità di realizzare la propria occasione di vita regolata
da regole non scritte, ma accettate in quanto espressione e patrimonio di un
ambito che fa della microcriminalità, vera piaga sociale, il trampolino di lancio
per allontanare il gruppo dalla povertà sociale diretta emanazione della
disoccupazione. E qui il discorso si complica e si allarga a dismisura. La scuola
ha la sua responsabilità in questo triste panorama che non descrive solo un
quadro di degrado sociale. La scuola, aperta all’attenzione delle tante situazioni
di degrado educativo, sociale, ambientale e famigliare, si mostra incredibilmente
in difficoltà nel dare adeguate riposte in ambito formativo che per sua natura è
chiamata, invece, ad offrire. Ma, in questo, spesso la scuola fallisce forse perché
fa fatica a vedere la verità o semplicemente perché gli insegnanti preferiscono
evitare di cercarla.
Ciò, infatti, impegna molto sul piano personale e professionale e allora è meglio
volgere l’attenzione dall’altra parte dove lo scenario è meno complesso, meno
impegnativo, più semplice da gestire. Scelte come questa mettono la scuola
nella condizione di continuare a fallire là dove, invece, dovrebbe riuscire a dare
risposte adeguate ed efficaci. Lo scenario che si presenta è molto articolato dal
momento che bocciature o abbandoni in itinere, ripetenze, interruzioni,
irregolarità di frequenza delle lezioni, disadattamento scolastico, ritardi cognitivi
non sono altro che i diversi modi di fallire. Come scrive Aristotele «è possibile
fallire in molti modi, mentre riuscire è possibile in un modo soltanto». La scuola
questo lo sa. Ciò che non sa o che non vuol sapere è ignorare l’importanza di
cercare all’interno del sistema didattico quella necessaria progettualità didattica
da contrapporre agli aspetti critici forieri di insuccesso formativo. In sostanza si
tratta di utilizzare al meglio risorse professionali per affrontare con sicurezza ciò
che realmente si presenta agli occhi del docente. Se è vero che i docenti sono
gli unici responsabili dell’insuccesso scolastico di un allievo, è altrettanto vero
che la scuola ha il dovere di ripensare su come fare a rimuovere quelle criticità o
debolezze che si frappongono al raggiungimento del successo formativo di
ciascun allievo. Per questo se si vuole affrontare con determinazione il triste
fenomeno della dispersione, occorrono risorse e investimenti non solo
annunciati, ma anche concretizzati con atti amministrativi e finanziari reali e
coerenti con la complessità del nostro sistema scolastico.
Corrado Sancilio, preside dell’Istituto “Agostino Bassi“ di Lodi