Abstracts Riassunti

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Abstracts Riassunti
FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE
UNIVERSITÀ DI ROMA TRE
LUCI E OMBRE IN J.J.-J. ROUSSEAU
NEL TRICENTENARIO DELLA NASCITA
J.J.-J. ROUSSEAU E L’ INFANZIA
DAI FIGLI NATURALI ABBANDONATI A EMILE ALLIEVO IDEALE
FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE
22 NOVEMBRE 2012
Abstracts
Riassunti
1. JEAN-JACQUES ROUSSEAU E I FIGLI. Le nozioni psicologiche che
l’autore di «Emile ou de l’éducation» non possedeva.
Merete Amann Gainotti
Università degli Studi Roma Tre
2. La condizione di orfano. Dalle rappresentazioni di Rousseau alle attuali
teorie sullo sviluppo emotivo-affettivo nella prima infanzia
Susanna Pallini
Università degli Studi Roma Tre
3. Immagini di bambini in orfanotrofio
Giovanni Maria Vecchio
Università degli Studi Roma Tre
4. Le capacità cognitive dell’infante. Il contributo delle ricerche attuali in
Psicologia dello sviluppo
Paola Perucchini
Università degli Studi Roma Tre
5. EDGEWORTH VS ROUSSEAU: dall’ EMILE alla PRACTICAL EDUCATION,
per colpa di un cavallo inglese
Raffaella Leproni
Università degli Studi Roma Tre
6. Identità di genere e miti educativi
Carmela Covato
Università degli Studi Roma Tre
7. L’educazione sentimentale di Emilio e Sofia
Francesca Borruso
Università degli Studi Roma Tre
8. Lettura e letture di Emilio e Sofia
Lorenzo Cantatore
Università degli Studi Roma Tre
9. Il viaggio di formazione. misurarsi con le diversità
Maura Di Giacinto
Università degli Studi Roma Tre
10.
Empatia o compassione? Martha Nussbaum rilegge il IV libro
dell’Emilio. Nuove prospettive e pratiche di convivenza umana
Chiara Meta
Università degli Studi Roma Tre
JEAN-JACQUES ROUSSEAU E I FIGLI. Le nozioni psicologiche che l’autore di
«Emile ou de l’éducation» non possedeva.
Merete Amann Gainotti
Università degli Studi Roma Tre
Non può non stupire e rimane un fatto sorprendente che un uomo come Jean
Jacques Rousseau, che ha dato prova di notevole sensibilità pedagogica nell’ opera
intitolata “ Emile ou de l’Education”, pubblicata nel 1762, lo stesso anno di un altro
suo famosissimo scritto il “Contrat social”, sia stato capace di abbandonare i suoi
cinque figli, venuti alla luce tra il 1746 e il 1752 nell’istituto degli “Enfants trouvés”
(bambini trovati o trovatelli) di Parigi.
Obiettivo dell’intervento è di esaminare le giustificazioni che lo stesso Rousseau da
del suo gesto , ripetuto cinque volte, nei suoi scritti autobiografici, in particolare nelle
sue “Confessions”.
D’altra parte, poiché Rousseau, per giustificare il suo gesto, afferma a più riprese
che l’istituto degli “Enfants trouvés” gli pareva una istituzione valida dal punto di vista
educativo, è sembrato interessante fornire delle indicazioni sul funzionamento di
questa istituzione e sul numero di bambini che vi venivano abbandonati ai tempi di
Rousseau.
Tali dati obiettivi, che Rousseau non si preoccupò affatto di acquisire, ci consentono
di pensare, alla luce delle attuali conoscenze in psicologia dello sviluppo sui bisogni
socio-affettivi e sullo sviluppo mentale nei primi anni di vita , che i figli dell’autore di “
Emile ou de l’éducation” , abbandonati alla nascita, andarono incontro ad un destino
crudele.
Pubblicazioni sul tema
AMANN GAINOTTI M., Tempi e luoghi nella vita di Jean-Jacques Rousseau, Scienze
del Pensiero e del Comportamento, agosto 2012, in : www.avios.it
DELASSELLE C., Les enfants abandonnés à Paris au XVIIIe siècle, in « Annales.
Économies, Sociétés, Civilisations » 30e année, N. 1, 1975, pp. 187-218
ROUSSEAU
1995
J.-J. (1762) , Emile ou de l’Education, trad.it. Firenze, La Nuova Italia,
ROUSSEAU J.-J., Émile ou de l’éducation, édition numérique établie par Jean-Marie
Tremblay, livre I-III, collection « Les classiques des sciences sociales », Université
du
Québec,
Chicoutimi,
2002,
http://classiques.uqac.ca/classiques/Rousseau_jj/emile/emile_de_education_1_3.p
df
ROUSSEAU J.J. (1764-69) , Les Confessions vol. I et II , Garnier-Flammarion, Paris
1968. Trad. it a cura di Felice Filippini, BUR Rizzoli, Milano, 1998
ROUSSEAU J.J. (1776-78), Les reveries du promeneur solitaire, Garnier- Flammarion,
Paris, 1997
La condizione di orfano. Dalle rappresentazioni di Rousseau alle attuali teorie
sullo sviluppo emotivo-affettivo nella prima infanzia
Susanna Pallini
Università degli Studi Roma Tre
Il piccolo umano è predisposto geneticamente a rispondere ad una figura
d’accudimento preferenziale che gli parla, lo tocca in modo sensibile e introduce nuovi
stimoli in modo sicuro, prevedibile, ripetitivo e graduale (Johnson et al., 2006). Il
periodo in cui la formazione degli attaccamenti iniziali e selettivi ha un maggior peso
biologico è costituito dai primi anni di vita: i bambini sviluppano relazioni
d’attaccamento con caregivers specifici verso la seconda metà del primo anno di vita,
ma anche prima ciò avvenga, il caregiver gioca un ruolo decisivo nell’aiutare il piccolo
a regolare gli stati fisiologici e comportamentali. Cosa accade, allora, ai bambini che
avendo perduto i genitori, non hanno la possibilità di stabilire un legame
d’attaccamento preferenziale nei primi anni di vita?
Nel corso della storia i bambini orfani, in assenza di sostituti validi, sono stati
accolti in strutture e hanno usufruito perciò di una cura istituzionale indifferenziata.
Già ai tempi di Rousseau si conoscevano i danni che ciò produceva nei bambini, e
soprattutto
l’elevatissima
mortalità
associata
all’istituzionalizzazione.
Più
recentemente, nel dopoguerra, Spitz ha analizzato le condizioni degli orfanatrofi negli
Stati Uniti e le conseguenze nei bambini in esse ricoverati, Bowlby, ha condotto i suoi
studi sui bambini istituzionalizzati in Inghilterra, negli anni 50: entrambi gli autori
hanno descritto una particolare sindrome da deprivazione delle cure genitoriali.
In molti dei paesi occidentali, l’attenzione agli effetti che la permanenza in tali
strutture produceva nei bambini negli anni 40 e 50, ha fatto cessare l’uso su larga
scala delle cure istituzionali. Nonostante ciò, ancora oggi, circa 44.000 bambini sotto i
tre anni sono ricoverati in orfanatrofi, nelle nazioni europee per le quali sono
disponibili dati dell’OMS.
Gli effetti dell’istituzionalizzazione variano drammaticamente a seconda dei contesti
e dell’organizzazione istituzionale. Ad esempio, negli orfanatrofi Palestinesi, nella
striscia di Gaza, gli effetti dell’istituzionalizzazione vanno a sommarsi agli effetti di
traumi plurimi, quali la morte violenta del genitore e l’esposizione diretta ai traumi di
guerra. In tali casi è difficile distinguere a quali
cause, (i traumi plurimi o
l’istituzionalizzazione) siano imputabili l’alto grado di problemi mentali o/e emotivi
riscontrati nei bambini ricoverati nelle istituzioni.
In particolare, le condizioni degli orfanatrofi Rumeni offrono un attuale, tragico
esperimento naturale sugli effetti della deprivazione di stimoli sensoriali e di cure
individualizzate da parte di una figura d’attaccamento stabile. Le condizioni degli
orfanatrofi rumeni, anche se soggette a variazioni, sono da considerarsi da
insufficienti a terribili. Michael Rutter, con il gruppo di studio dell’Istituto di Psichiatria
di Londra sui bambini Rumeni adottati, ha seguito un ampio numero di bambini
adottati in Inghilterra, che aveva trascorso la primissima parte della loro vita in
istituzioni rumene. Vi sono essenzialmente quattro ambiti di compromissione osservati
negli orfani istituzionalizzati Rumeni: il quasi autismo, l’attaccamento disinibito, la
disattenzione iperattività e la compromissione cognitiva. Ci focalizzeremo nel presente
incontro sul problema dell’attaccamento disinibito.
Pubblicazioni dell’autrice sul tema
Amann Gainotti M., Pallini S. (a cura di) (2005). La relazione con l’altro. Roma:
Quaderni, n.3, Edizioni dell’ Università di Roma Tre.
Pallini S., Amann Gainotti M. (2006). La ninna-nanna come momento di regolazione
emotiva ed affettiva. In C. Covato (a cura di) Metamorfosi dell’identità. Per una
storia delle Pedagogie narrate, Milano: Guerini, (pp.243-263).
Pallini S. (2008). Psicologia dell’attaccamento, processi interpersonali e valenze
educative. Milano: FrancoAngeli.
Laghi F., Vignola E., Pallini S., Baiocco R. (2010). Il ruolo dei processi attentivi nella
co-detenzione: labilità attentiva e distanziamento nei primi 36 mesi di vita.
Psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, 77, 582-590.
Pallini S., Liotti G. (2010). Coerenza narrativa ed organizzazione comportamentale.
In L. Onnis (a cura di) Legami che creano, legami che curano. Torino: Bollati
Boringhieri, (pp.251-289).
Pallini S., Laghi, F. (2012). Attention and attachment related behavior toward
professional caregivers in child care centers: a new measure for toddlers. Journal of
Genetic Psychology, 173(2), 158-174. [Impact Factor 2010 =0,909]
Fassone G., Valcella F., Pallini S., et al.. (2012) Assessment of Interpersonal
Motivation in Transcripts (AIMIT): An inter- and intra-rater reliability study of a new
method of detection of interpersonal motivational systems in psychotherapy.
Clinical Psychology & Psychotherapy,19, 224-34. [Impact Factor 2010 = 1,275]
Pallini S., Liotti G. (2012). Attaccamento, organizzazione-disorganizzazione e
regolazione diadica dell’attenzione. Rivista per le Medical Humanities, 22, 17-25.
Immagini di bambini in orfanotrofio
Giovanni Maria Vecchio
Università degli Studi Roma Tre
Il presente contributo prevede la proiezione di materiali video che raccontano
l’infanzia abbandonata in diverse epoche storiche. Nella prima parte, attraverso le
scene di due film si raccontano alcuni frammenti della vita Rousseau e il fenomeno
molto diffuso dell’abbandono dei figli a Parigi sin dal XVII secolo. Nella seconda parte,
si descrive la condizione di vita delle migliaia di bambini che vivono in orfanotrofio,
soprattutto in zone del mondo colpite dalla guerra e dalla miseria. Nella terza parte,
si presenta la storia di una grande istituzione Italiana, l’”Istituto degli Innocenti” di
Firenze, che già dal XV secolo si è dedicata all’accoglienza e alla cura dei bambini
abbandonati.
“Avventure di J.J. Rousseau” (Sceneggiato RAI, 1984)
In una sequenza dello sceneggiato, alla domanda di una signora che gli aveva
affidato l’educazione del proprio figlio, Rousseau risponde stizzito ammettendo di
avere dei figli. Nel libro “Le Confessioni” spiegherà che affidò i propri figli agli “Enfants
Trouvés” di Parigi per assicurare loro l’educazione che lui non avrebbe potuto dare.
“Monsieur Vincent” (Francia,1947). Film di Maurice Cloche, premio Oscar nel 1948
Un secolo prima dell’istituzione dell’”Enfant Trouves” a Parigi è molto nota l’opera di
Vincent de Paul, promotore di iniziative caritatevoli a favore dei diseredati e dei
bambini abbandonati, opere tanto celebri che gli valsero la nomina di consigliere da
parte di Luigi XIII di Francia.
“Ethiopia Orphanages”; “Kebebe Tsehai Orphanage - Addis Ababa, Ethiopia”;
“Russian Orphans”
Alcuni video realizzati da organizzazioni umanitarie internazionali mostrano le
condizioni di vita dei bambini che vivono in alcuni orfanotrofi in Etiopia e in Russia.
Solo la speranza di una adozione può sottrarli a condizioni igienico-sanitarie altamente
precarie ed a stili vita a volte disumani.
“Istituto degli innocenti” di Firenze
Il video è frutto del progetto "Ragazzi e stampa", promosso dall'Istituto degli
Innocenti di Firenze per coinvolgere gli adolescenti in esperienze di giornalismo di
cittadinanza.
La lunga storia dell’istituto inizia quasi 6 secoli fa, nel 1419, quando viene
commissionata a Brunelleschi la costruzione di un Ospedale per accogliere e curare i
bambini abbandonati. Si stima che dal XV al XX secolo circa mezzo milione di neonati
abbiano varcato le soglie dell’Istituto.
Oggi l'Istituto degli Innocenti è sede di un Archivio Storico che contiene documenti
di rara importanza sulla condizione dell’infanzia abbandonata e centro di riferimento
internazionale per lo studio dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Filmografia
“Avventure di J.J. Rousseau” (Sceneggiato RAI, 1984). Regia di Umberto Silva. Teche
RAI.
“Monsieur Vincent” (Francia,1947). Regia di Maurice Cloche. Distribuzione Multimedia
San Paolo.
Sitografia
http://www.istitutodeglinnocenti.it
http://www.ripplemarks.net/
http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/figli-di-nessuno/757/default.aspx
http://www.youtube.com/watch?v=ZN2VGTrSwZ8&feature=fvwrel
http://www.youtube.com/watch?v=cbEDg8rLTiY&feature=g-crec-f
http://www.youtube.com/watch?feature=endscreen&v=VDMq6qYR_Ho&NR=1
Le capacità cognitive dell’infante. Il contributo delle ricerche attuali in
Psicologia dello sviluppo
Paola Perucchini
Università degli Studi Roma Tre
Per quale motivo non sarebbe possibile, sulla base delle conoscenze scientifiche
attuali, consigliare a un genitore di affidare i propri figli a un orfanatrofio? Quali
conseguenze possono derivare dall’essere allevati sin da neonati in un ambiente
povero di stimoli e di contatti sociali e affettivi? Quale esito nello sviluppo del bambino
ci si può aspettare da una tale condizione di allevamento?
Nella relazione verranno presentati i risultati di alcuni studi di psicologia sulla prima
infanzia che mostrano le capacità e le conoscenze presenti nel bambino piccolo
evidenziando come esso sia un individuo competente, interagisca attivamente con le
persone e gli oggetti presenti nel mondo che lo circonda e influenzi il comportamento
dell’altro. Le principali teorie dello sviluppo, rintracciabili nell’approccio sociocostruttivista, partendo da tali risultati, sostengono come lo sviluppo del bambino, a
livello dei processi cognitivi, della comunicazione e del linguaggio, dipendano
strettamente dall’interazione con l’altro, in particolare l’adulto.
La capacità del bambino di entrare in contatto con le persone e gli oggetti è
determinata da una predisposizione a interagire con l’altro, come dimostrano le
ricerche sulla preferenza percettiva per gli stimoli umani (volto, voce, odore) e sulla
regolazione interattiva durante l’allattamento e le interazioni faccia a faccia. Il
bambino piccolo, inoltre, produce una serie di comportamenti che hanno valenza
comunicativa per chi si prende cura di lui, come il pianto, il sorriso, i vocalizzi. Tutto
ciò fa si che sin dalle prime settimane di vita il bambino partecipi a sequenze
interattive in cui esso agisce “come se” fosse attivo interlocutore del proprio partner.
Questo tipo di situazione favorisce il realizzarsi di quel processo di apprendimento ben
descritto da Bruner (1983) e chiamato scaffolding.
L’acquisizione della capacità di comunicare, prima con azioni, gesti e vocalizzi, e
successivamente con le parole, è un buon esempio della combinazione di
predisposizione biologica del bambino, stimolazione ambientale e interazione sociale
come elementi indispensabili per lo sviluppo.
I risultati delle ricerche saranno presentati per illustrare come per la crescita del
bambino sia necessario un ambiente stimolate e partner disponibili, condizioni non
facilmente presenti in un orfanatrofio.
Pubblicazioni dell’autrice attinenti ai temi trattati
Perucchini P., Aureli T., D’Intino S., (2010). Maternal scaffolding's effect on child
combinatory ability in the period between one- to two-word speech. Rivista di
Psicolinguistica Applicata/Journal of Applied Psycholinguistic, X, 3, 37-48.
Franco F., Perucchini P., March B., (2009). “Is infant initiation of joint attention by
pointing affeccted by type of interaction?”, Social Development, 18, 1, 51-76.
Aureli T., Perucchini P., Genco M., (2009). “Children’s understanding of
communicative intentions in the middle of the second year of life”, Cognitive
Development, 24, 1-12.
Perucchini P., Aureli T., Palazzo A. Nicolò R., (2009) “Dall’azione all’indicare tra 9 e
18 mesi d’età: due contesti comunicativi a confronto”, Età Evolutiva, 93, 62-69.
Perucchini P., Plescia F., (2008). “Intenzioni comunicative e livelli di competenza
nell’uso del gesto di indicare”. Psicologia Clinica dello Sviluppo, 1, 111-128.
Perucchini P., (2007). “Il bambino della scuola dell'infanzia: interazioni e conoscenza
sociale”, in S.S. Macchietti (a cura di) “Il bambino di oggi per il mondo di domani.
Quali prospettive educative”, Euroma, Roma, pp. 19-27.
Camaioni L., Perucchini P., Bellagamba F., Colonnesi C., (2004). “The role of
declarative pointing in developing a theory of mind”, Infancy, 5, 3, 291-308.
Camaioni L., Aureli T., Perucchini P., (2004). “Osservare e valutare il
comportamento infantile”, il Mulino, Bologna, pp. 200.
Perucchini P., Bonaiuto M., Colonnesi C., Gnisci A., (2003). “La capacità persuasiva e
la comprensione della mente in età prescolare”. Giornale Italiano di Psicologia, XXX,
4, 803-824.
Perucchini P., (2002). “Il gesto di indicare con intenzione dichiarativa nello sviluppo
comunicativo”, in M.C. Caselli e O. Capirci (a cura di) “Indici di rischio nel primo
sviluppo linguistico: ricerca, clinica, educazione”, Franco Angeli, Milano, 80-94.
Camaioni L., Perucchini P., (2001). “Lo sviluppo della comunicazione prima del
linguaggio”, in L. Camaioni (a cura di), Psicologia dello sviluppo del linguaggio, il
Mulino, Bologna.
Baumgartner E., Perucchini P., (2001). “Combinaisons de gestes et de mots dans la
deuxième année”, in B. Ongari (a cura di) “Contextes du développement et facteurs
de protection”, Edizioni 31, Trento, 207-212.
Perucchini P., Camaioni L., (1999). “Le intenzioni comunicative del gesto di indicare.
Un’analisi attraverso un questionario compilato dai genitori”. Età Evolutiva, 64, 4354.
Perucchini P., (1997). "Sviluppo delle funzioni richiestiva e dichiarativa del gesto di
indicare". Giornale Italiano di Psicologia, XXIV, 4, 811-827.
Camaioni L., Baumgartner E., Perucchini P., (1991). "Content and structure in
toddlers' social competence with peers from 12 to 36 months of age". Early Child
Development and Care, 67, 17-27.
Baumgartner E., Camaioni L., Perucchini P., Pascucci M., (1989). "Un confronto tra
l'interazione genitore-bambino e l'interazione bambino-bambino: modalità,
contenuti e ruoli". Rassegna di Psicologia, VI, 1-2, 91-106.
EDGEWORTH VS ROUSSEAU: dall’ EMILE alla
colpa di un cavallo inglese
PRACTICAL EDUCATION,
per
Raffaella Leproni
Università degli Studi Roma Tre
Nel 1798 Richard Lovell Edgeworth e sua figlia Maria pubblicavano Practical
Education, il primo trattato sistematico-sperimentale che, prendendo le mosse
dall’empirismo di Locke e di Bacon, prevedesse, in Inghilterra, l’integrazione e il
superamento delle teorie rousseauviane in nome di una scienza dell’educazione basata
sui fatti e sull’esperienza.
Questo scarto con la tradizione francese si può attribuire, tra le altre cose, proprio
alla grande stima e amicizia che Edgeworth padre nutriva in gioventù per Rousseau –
tanto da portargli il proprio primogenito perché lo informasse dei sani principi con
tanta forza professati nell’Emile. Al rientro in Irlanda, dove Richard Lovell aveva
intanto assunto la guida dei possedimenti di famiglia, gli esiti dell’incontro col
philosophe costrinsero Edgeworth a ripensare le teorie educative in ottica
sperimentale, avvalendosi nel tempo del fondamentale contributo della figlia (cui
probabilmente si deve la maggior parte dell’opera) e dell’intera famiglia, in un clima di
peer-reviewed education che trovava ampio riscontro nei testi pedagogici e narrativi
degli Edgeworth e nella loro pratica educativa.
E il cavallo? Beh, quello fu l’inizio del problema…
Opere di R. L. e M. Edgeworth
The Parent’s Assistant, or Stories for Children, Macmillian and Co., Limited, St.
Martin’s Street, London, 1907
Practical Education, J. Johnson, St. Paul’s Church-Yard, London, 1798, II voll.
Memoirs of Richard Lovell Edgeworth, Esq., Begun by Himself and Concluded by His
Daughter, Maria Edgeworth; 2 voll., London, R. Hunter, 1820; Shannon, Irish
University Press, 1970 (introduzione di D. Clarke)
Lavori dell’autrice su Edgeworth
The Pedagogic Value of Language Structures in one of Maria Edgeworth’s Stories for
Children. A case-study. In Englishes - Literary, Linguistic and Intercultural
Encounters, Rivista quadrimestrale, volume n. 46 anno 2012, Roma, SSN: 1593 –
2494.
Maria Edgeworth, Harrington, introduzione e note a cura di C. De Petris, traduzione di
R. Leproni, Belforte editore, Livorno, pagg. LXXII, 272, luglio 2012, ISBN 978-887467-068-0.
Maria Edgeworth, Due racconti, Introduzione, traduzione e note a cura di Raffaella
Leproni, Kappa edizioni, Roma, giugno 2009, pp. 121
Opere sul tema educazione/pedagogia
James L. Axtell (ed.), John Locke, The Educational Writings of John Locke, Cambridge
university Press, London, 1968
Butler, Marilyn, Maria Edgeworth: a literary biography, Oxford, Clarendon Press, 1972
Coveney, Peter, The Image of Childhood: The Individual and Society: A Study of the
Theme in English Literature (Baltimore, 1967)
N. Hans, New Trends in Education in the Eighteenth Century, London, 1951
J. H. Plumb, 'The New World of Children in Eighteenth-Century England', Past and
Present, n° 67 (May 1975)
Brian Simons, Studies in the History of Education, 1780-1870, 1960
Jenny Uglow, The Lunar Men. The Friends Who Made the Future, Faber & Faber,
London, 2002.
Identità di genere e miti educativi
Carmela Covato
Università degli Studi Roma Tre
Nella storia del pensiero pedagogico, le teorie di J.-J. Rousseau testimoniano, in modo
esemplare, la tendenza ad elaborare due progetti educativi rigidamente distinti in base al
«genere» di appartenenza, nel contesto di un determinismo biologico, apparentemente
sostenuto solo da giustificazioni ideali e morali. In Emilio o dell'educazione, Sofia esiste
in quanto la compagna di Emilio, docile, virtuosa, servizievole, moderatamente istruita, ma
tenuta lontana dalle scienze che implichino un ragionamento, come la filosofia, la logica, e
la matematica.
Nell’ambito della sterminata saggistica critica sul pensiero politico e filosofico di
Rousseau, non mancano riflessioni sul carattere sessista delle sua utopia pedagogica e
su una concezione della femminilità assolutamente priva di soggettività. Allo stesso tempo,
è significativo mettere in rilievo un fenomeno, forse meno esplorato:, l'utilizzazione
della figura femminile come «luogo» di una polemica filosofica e politica. Nel caso di
Rousseau il bersaglio di questa polemica è, fra l’altro, l'idea di progresso come motore del
pensiero illuminista.
Nel sollecitare le madri a occuparsi dei figli nella primissima infanzia, a nutrirli e allevarli
con cura, ponendosi così in contrasto con i modelli di vita diffusi presso i ceti aristocratici,
Rousseau- ben lontano dal realizzare nella pratica principi nuovi nell’educazione dei figlielabora pedagogicamente una tendenza che si andrà consolidando nel secolo successivo
con l'affermarsi degli stili di comportamento connessi alla famiglia nucleare borghese.
Soprattutto egli polemizza con un ceto aristocratico che gli appare mondano e corrotto e
con un clima culturale che, avendo esaltato lo sviluppo delle scienze e del progresso,
avrebbe aperto la strada alla degenerazione del costume e a una società sempre più
lontana dallo stato di natura.
Pubblicazioni sul tema
E. BADINTER, L'amore in più. Storia dell'amore materno, trad. di R. Loy, Milano,
Longanesi, 1981;
F. CAMBI, Tre pedagogie di Rousseau. Per una riconquista dell’uomo-natura, Il Melangolo,
Genova 2011.
M. CRAMPE-CASNABET, La donna nelle opere filosofiche del Settecento, in N. Zemon
Davis e A. Farge (a cura di), Storia
delle donne, vol. III, Laterza,1995
Roma.Bari,314-350;
J.-J. ROUSSEAU, Emilio o dell'educazione (1762), traduzione e cura di E. Nardi, Firenze, La
Nuova Italia, 1995.
L’educazione sentimentale di Emilio e Sofia
Francesca Borruso
Università degli Studi Roma Tre
L’educazione riservata a Sofia, nettamente differente da quella di Emilio, è tutta
orientata alla cura della famiglia, della casa e dell’esaltazione dei lavori femminili. La
maternità è il suo naturale destino, le sue virtù della modestia, della riservatezza, del
pudore, del silenzio, dell’obbedienza, ribadiscono la sua condizione di subalternità al
dominio maschile, secondo la tradizione del tempo. Nonostante ciò, l’ideale dell’amore
romantico e di un matrimonio non più frutto dell’imposizione delle famiglie, bensì
come unione liberamente scelta dai coniugi per ragioni sentimentali, sembra avere fra
i suoi precursori letterari la figura di Sofia, futura sposa di Emilio e anello di
congiunzione fra l’Età dei Lumi e la stagione romantica ottocentesca.
L’utopico progetto roussoiano è, infatti, complesso e non indenne da contraddizioni,
sia perché Sofia è anche una donna fiera, sensibile, padrona di sé, esigentissima nella
scelta dell’amante, sia perché attraverso l’idealizzazione del rapporto coniugale, frutto
di intesa e sostegno reciproco, Rousseau ha proposto all’età romantica questa astratta
e immaginaria compiutezza dell’unione fra un uomo e una donna, che sembra evocare
la nostalgia della infantile fusionalità con la madre, primo oggetto d’amore. Una
fusionalità che, oltre alla sua irrealizzabilità, fra i suoi pericoli annovera anche il
disconoscimento dell’altro.
Pubblicazioni sul tema
Barbagli M.,Kertzer D. I. (a cura di), Storia della famiglia in Europa. Dal Cinquecento
alla Rivoluzione francese, Laterza, Roma-Bari 2002
Covato C., Leuzzi C. (a cura di), E l’uomo educò la donna, Editori Riuniti, Roma 1989
Covato C (a cura di), Vizi privati e pubbliche virtù. Le verità nascoste nelle pedagogie
narrate, Guerini, Milano 2011
Covato C. Memorie discordanti, Unicopli, Milano, 2006
Horkheimer M., Studi sull’autorità e la famiglia, tr.it. Utet, Torno, 1974
Manoukian A., (a cura di), Famiglia e matrimonio nel capitalismo europeo, tr.it., Il
Mulino, Bologan, 1974
Rousseau J. J., Emilio o dell’educazione, tr.it. Mondadori, Milano, 2004
Rousseau J. J., Giulia o la Nuova Eloisa, tr.it. Bur, Milano 1992
Rousseau J.J., Emilio, Sofia o i Solitari, a cura di E. Becchi, La Nuova Italia, Firenze
1992
Todorov T., Fragile felicità, tr.it., SE, Milano 2002
Vegetti Finzi A. (a cura di), Storia delle passioni, Laterza, Roma-Bari, 1995
Lettura e letture di Emilio e Sofia
Lorenzo Cantatore
Università degli Studi Roma Tre
L'intervento si soffermerà prevalentemente sulle pagine del libro terzo e del libro
quinto dell'"Emilio" dedicate rispettivamente alle letture "utili" di Emilio e di Sofia, e
all'idea stessa di lettura (e di libro) come strumento utile e/o dannoso, soprattutto se
messa in relazione all'educazione/istruzione istituzionalizzata nell'intraprendere il
cammino della vita.
Prendendo in esame le posizioni di Rousseau, si evince un programma nettamente
differenziato, dove l'approccio a questo comparto della formazione culturale ed
espressiva dell'uomo e della donna indica fin dal principio destini esistenziali
profondamente diversi, simbolicamente individuabili nelle "Avventure di Robinson
Crusoe" e nel Castechismo.
Pubblicazioni sul tema
A. Banti, Introduzione, in D. Defoe, Opere, a cura di Anna Banti e Giuseppe Gaetano
Castorina, Mondadori, Milano 1980
D. Defoe, Robinson Crusoe, traduzione di Oriana Previtali, Mondadori, Milano 2010
J. Joyce, Postfazione, in D. Defoe, Robinson Crusoe cit.
J. Richetti, Introduzione, in Daniel Defoe, Robinson Crusoe cit
J.-J. Rousseau, Emilio o Dell’educazione, a cura di Paolo Massimi, Mondadori, Milano
1997
Il viaggio di formazione. misurarsi con le diversità
Maura Di Giacinto
Università degli Studi Roma Tre
Il V libro dell’Émile o dell’educazione – a cui si riferirà la mia relazione - ci consente di
avvicinare il progetto educativo di Rousseau nella sua completezza: Émile e Sophie si
innamorano e risulta presto chiaro che si sposeranno. Tuttavia, a questo punto, Émile
è chiamato alla prova più importante del suo percorso educativo: il precettore vuole
che si allontani da Sophie per un periodo di almeno due anni. I ragazzi sono ancora
troppo giovani per essere buoni genitori ma, ancor prima, Émile deve compiere il suo
viaggio formazione verso la maturità, l’età adulta “attraversando” spazi geografici,
culturali, linguistici, valoriali diversi. Per completare il suo percorso di formazione deve
misurarsi con le diversità.
Il viaggio di Émile rappresenta, dunque, l’elemento di congiunzione che permette di
riconciliare l’eterno conflitto roussoniano tra natura e cultura.
A partire da queste riflessioni il mio contributo intende offrire spunti interpretativi rispetto
ad alcune parole chiave che hanno accompagnato il viaggio di formazione di Émile ma che
tutt’ora testimoniano la complessità pedagogica e educativa che caratterizza i nostri vissuti:
cultura, cittadinanza, diversità, estraneità, viaggio, identità.
Pubblicazioni sul tema
Rousseau J.J., Émile o Dell’Educazione, [1762] 2009, Rizzoli, Milano, pp.453 – 608
Todorov T., Una fragile felicità: saggio su Rousseau, Il Mulino, Bologna 1987
Trombino M., (a cura di), L'Emilio di Rousseau e il problema della sua interpretazione
tra '800 e '900, Torino: Paravia, 1991
Visalberghi A. (a cura di), Rousseau, Emilio, Laterza, Roma-Bari, 1999
Empatia o compassione? Martha Nussbaum rilegge il IV libro dell’Emilio.
Nuove prospettive e pratiche di convivenza umana
Chiara Meta
Università degli Studi Roma Tre
Il nuovo patto sociale, o per meglio dire il rinnovamento dell’etica egualitaria
roussoiana non può fondarsi sulla ragione, altrimenti avrebbe gioco facile l’obiezione
liberale la quale, fondandosi sull’atomismo sociale, considera l’agire sociale orientato
all’utile individuale; bensì su un altro principio che guida la prospettiva educativa
stessa di Rousseau: senza gli altri non possiamo vivere. Come il bambino infatti ha
bisogno nella prima infanzia dell’adulto che si occupi di lui, così l’adulto che vive in
società senza il patto di cittadinanza ricadrebbe nello stato di natura descritto da
Hobbes.
Il criterio che dovrebbe, nella prospettiva della Nussbaum, orientare l’agire sociale
si fonda sulla necessità di correggere la prospettiva liberale classica, alla quale lei
stessa sente di appartenere e
fondata sull’importanza accordata alla libertà e
responsabilità dei singoli, con le istanze di giustizia e uguaglianza provenienti dalla
tradizione socialista .
Affinché dunque sia possibile un nuovo patto di cittadinanza occorre lavorare nella
prospettiva di costruire una nuova moralità collettivamente condivisa. L’essere umano
infatti è un animale sociale non solo e non tanto perché “marxianamente” la sua
coscienza “sociale” è un prodotto storico e quindi influenzata dall’evoluzione della
cultura, dai rapporti di forza della società cui pure appartiene ecc., ma soprattutto
perché la sua condizione biologica iniziale carenziale segna ab origine la sua storia.
Nussbaum dunque guarda alla società come dimensione del vivere associato in cui
libertà e collettività possano e debbano coesistere e non in modo coercitivo e
giustapposto. Di qui il ripensamento legato alla costruzione di un nuovo welfare state
che sulla scorta delle riflessioni di Amartya Sen sia in grado di trasformare le strutture
sociali da protezioni(che dovrebbero tutelare i minori?) in strumenti capaci di
promuovere le capacita dei singoli. In questo senso riattivare la lezione della
pedagogia roussoiana, secondo l’autrice de L’Intelligenza delle emozioni, risulta
centrale. Rousseau ha spiegato bene infatti, proprio nel iv libro dell’Emilio, il senso e
l’importanza dell’ “apprendere dalla vita piuttosto che dai libri”, intendendo in questo
modo la capacità di “imparare a vivere”, rendendosi autonomi sia dal bisogno
fisiologico, imparando a dominare gli istinti, sia morale, imparando a non dipendere,
per la propria sopravvivenza, da nessun’altro se non da se stessi. È questo per
Nussbaum il senso racchiuso nel monito: “imparare un mestiere”.
In tal modo come il bravo genitore deve rendere un figlio indipendente, in senso
materiale e morale, allo stesso modo la società deve mettere i singoli nelle condizioni
di “cavarsela da soli”, senza dimenticare (qui agisce la correzione dell’etica liberale)
che è grazie all’interdipendenza che è possibile l’indipendenza. È infatti la solidarietà,
il comprendersi emozionalmente mettendosi sempre nei panni degli altri (non è un
caso che nel iv libro Rousseau affronti il tema della compassione), la via maestra di
una convivenza democratica.
Pubblicazioni sul tema
N. Bobbio, M. Bovero, Società e Stato nella filosofia politica moderna, Il saggiatore,
Milano, 1979
A.Burgio, La lettura di Rousseau in
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