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la solitudine di Hina Quello che mi colpisce e che mi manca, tremendamente, è la parola. Vorrei conoscere, sapere, l’ultima parola. E tutte queste foto hanno bisogno di ultime parole. Sarebbe semplice collegare tutto a Hina, la ragazza di Brescia, pakistana, uccisa dal padre e da altri parenti. Sarebbe semplice ricordare che la colpa che ha pagato è quella di avere commesso zina, di avere cioè avuto rapporti sessuali prima del matrimonio. Sarebbe comodo affibbiare tutto all'estremismo religioso che fa colpire questa colpa con delle frustrate (come nel Corano) o con la lapidazione (come nella Sunna). Sarebbe ma non è, perché ognuno di questi argomenti trascende dalla persona, non ci parla di lei e non ci racconta della sua storia e delle storie di tante altre donne. 1 La sua storia mi descrive un silenzio, o, meglio, l'attonita mancanza di parole che la circonda. Certo ne abbiamo sentito parlare e l'abbiamo vista apparire nelle parole del fidanzato e della madre ma queste hanno solo disegnato qualche tratto della figura lasciandone inesplorata la natura, l'essenza. Lei e la sua solitudine. Mi piacerebbe sapere, conoscere l'ultima parola. Non voglio ripercorrere strade tracciate ne tranciare giudizi su tradizioni e vincoli di fede che non mi appartengono. Non voglio e non posso farlo. Posso solo offrire alcune immagini di un percorso di esplorazione iniziato anni fa e, come tutte le ricerche, non finito e ancora senza approdo e senza conclusione in vista. Le donne dell’Islam sono le protagoniste ignare e, come sempre nella fotografia, senza parola. Possiamo solo cercare di interpretare questa lingua dolce e ancora sconosciuta per riceverne degli stimoli. Le idee, soffocate dagli stereotipi e da pregiudizi inevitabili, di secoli di cultura e diffidenza, non possono nascere. Hina Salem era di origine pakistana e di religione islamica e questo ha determinato il ripetersi di espressioni vacue e demagogiche, in una cultura, la nostra, che deve tuttora dimostrare di essere indenne da certe derive. Quante donne sono Rettore nelle nostre Università? E quanti sono i Direttori Sanitari donne? 2 Nizwa 3 Al Sawadi 4 Quanti responsabili amministrativi di grandi aziende? Insomma quante donne occupano posti di potere in Italia? Dobbiamo forse ricordare le donne di Scanno ed i loro veli, immagini cult della fotografia etnografica, "scoperte" alla fine della seconda guerra mondiale e diventate il fulcro di uno dei numeri più famosi di National Geographic? Solo pochi anni fa una copertina della stessa rivista riportava due donne come emblema della nostra Sicilia. E certi romanzi scandalo, di quanti anni fa sono? E’ proprio vero che non siamo poi così distanti, essendo ammalati di una sola, vergognosa malattia: il pregiudizio maschile. Tanto da arrivare, in certi casi, ad eccessi intollerabili, constatando come in tutte e tre le grandi religioni monoteiste siano presenti gravi intolleranze e atti al limite dell'incredibile. Ma non sono privi neanche riti e credenze distanti, ancora di più da noi. Devo ricordare che gli uomini giapponesi camminano davanti alle loro compagne? Secondo l’OMS, notoria organizzazione internazionale feudo del femminismo, nel mondo una donna su sei (il 17%) subisce violenza. Ma torniamo ad Hina, altrimenti il percorso si fa aspro, difficile e penoso. Quello che mi colpisce e che mi manca, tremendamente è la parola. Vorrei conoscere, sapere, l’ultima parola. E tutte queste foto hanno bisogno di ultime parole. 5 Trovo incredibile che un mondo che ha eretto la parola ad arte, che ha fatto diventare il verbo la quintessenza di tutto e dell’infinito, che abbia portato la stessa scrittura a diventare la rappresentazione più congruo, oltre che unica, dell’inconoscibile e non rappresentabile: sia reso muto, resti senza suono. Una cultura che ha eretto la scrittura, questi simboli verbali, a icone splendenti e rappresentatrici dell’incommensurabile, non riesca, non abbia un modo per rilevarci cosa c’è dietro un vuoto, dietro questo annientante silenzio, questa incredibile solitudine. Non ci resta che cercare nello sguardo, nei gesti, nei movimenti, nei frusci e nelle apparizioni come nelle assenze, quell’indice di libertà, quello spirito che non si può annullare e che nulla e nessuno può distruggere e cancellare. Tentare di intravedere, intuire quell’aspetto dell’essere che esiste al di là del tempo, al di là delle finzioni, che è consistente come e più della bellezza, come e più della giovinezza, come e più della vita: la gioia dei suoi occhi, dei tuoi occhi, che non potrò vedere. Mai. Dove tutto spira l’amore, dal cielo sempre sereno, dal sole splendido, dalla brezza leggera, passano le belle donne nei sari variopinti come le invitate ad una festa da cui siamo esclusi, materializzandosi vaporose sull’orlo di disfarsi nell’aria, lasciando solo la traccia d’un profumo sessuato e intimo come quello dei fiori che s’aprono alla luce ma per aprirsi all’amore. Rabindranath Tagore, Oltre il ricordo 6 Dubai 7 Singapore 8 Sousse 9 Derawan 10 Derawan 11 Al Sawadi 12 Nizwa 13 Maldive Islam Islam, una parola, un concetto, tante storie, tante idee e sensazioni. Forse troppe. In tanti hanno idee chiare, pensieri lucidi, non io. Eppure l’Islam l’ho incontrato spesso, visto ed ascoltato, ma le idee chiare no. Tanti paesi ho visitato, ho visto tanti volti, ascoltate tante parole, ma le idee chiare non sono venute, anzi, se possibile, la mente si è ulteriormente oscurata. Esiste poi un lato, una zona, una posizione che mi è ancora più oscura. E gira nella mia mente come un fantasma avvolto nel suo sudario ma non bianco, incredibilmente nero, senza luce e senza possibilità di averla. Le donne. Tanti hanno idee ancora più chiare su questo lato del mondo islamico. Io no, qui le idee, poche, sono ancora più confuse e perlopiù come affogate, affondate, in un mare oscuro, cupo. Poche volte sono riuscito ad ascoltare la loro voce e quelle poche ho avuto indicazioni assolutamente fuorvianti ed opposte. Ma le foto no, le foto raccontano la loro presenza ed il loro unico e vero carattere. Passare in pubblico con leggerezza lasciando solo, per traccia, un fruscio. Si intravedono rumori, si intravedono suoni e musiche ma restano solo accenni che volano leggeri. Le risate le ho viste piene, vere, calde, quando sono bimbe e vivono ancora nel mondo reale, poi solo a volte e distanti, mai vibranti, mai provenienti dal loro corpo, piene. Spesso le risa provengono da reazioni a moto altrui, alla loro unica vera rappresentazione: i figli. Ho avuto anche la fortuna di entrare in casa, di essere ospite ma le foto no, lì non ci sono state ma sono venuti in soccorso i rumori manifestando una presenza, un essere, un vivere a me ignoti. Quanto sia costrizione e quanto sia libera scelta non lo so e non credo conti davvero, restano i dati e questi sì che sono spaventosi. In Afganistan uno dei tassi di mortalità materna più alti del mondo (1.600 partorienti decedute su 100.000 nati) eppure nessuno se ne lamenta e non ho visto, ne sentito, ne letto di Imam predicare contro questa strage continua. Ma a che vale se poi occorre l’autorizzazione del marito perché la donna possa ricoverarsi? Restano gli sguardi, gli occhi ed il mostrarsi delle vesti, i messaggi che mandano con i silenzi, le pause nel respiro, la dignità mai piegata. Egitto Dubai Maldive Derawan Non è cattivo, è la sua natura. Non penso di poter impedire questo comportamento ricorrendo alla magistratura. L’unica cosa che chiedo è che mi picchi solo una volta la settimana. Deposizione di Miriam J., da una nota apparsa sul quotidiano Aftab, Teheran. Alcuni consigli: il film della Van Der Haak – First Ladies; Khaled Hosseini, Mille splendidi soli; Rabindranath Tagore, Oltre il ricordo; Shirin Neshat, La ultima palabra/The Last word; Maria Silvia Codecasa, Metà cielo, mezza luna. Copyright: testi e foto di Gennaro Ciavarella, la cui riproduzione è ammessa solo su espressa autorizzazione dell'autore.
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