1 Sistemi di coordinate
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1 Sistemi di coordinate
1 Sistemi di coordinate Normalmente la struttura formale dell’elettromagnetismo è fondata su un insieme di equazioni nelle quali sono coinvolte grandezze che, oltre ad essere funzioni dello spazio e del tempo, possono essere sia di tipo scalare sia di tipo vettoriale. Le prime sono generalmente definite da un numero positivo, negativo o complesso che è indipendente dal sistema di coordinate scelto, le seconde sono invece caratterizzate da un numero, una direzione e un verso indipendenti dal sistema di coordinate scelto. Tipici esempi di grandezze scalari sono la corrente, la tensione, la carica elettrica, la potenza, l’impedenza mentre alcuni esempi di grandezze vettoriali sono il campo elettrico, il campo magnetico, la densità di corrente. Generalmente le equazioni dell’elettromagnetismo sono ottenute applicando particolari operatori differenziali sia di tipo scalare sia di tipo vettoriale su campi scalari e vettoriali. Tale operazione si ripercuote sulla struttura analitica delle equazioni ottenute le quali sono nella maggior parte dei casi o delle equazioni differenziali alle derivate parziali o delle equazioni integrali. Di conseguenza, per interpretare correttamente le leggi fisiche che sono alla base della teoria elettromagnetica è necessario conoscere i vari concetti dell’analisi vettoriale, avere dimestichezza con le operazioni di trasformazione di coordinate che consentono di passare da un sistema di riferimento a un altro, conoscere e saper applicare le differenti tecniche di calcolo per la risoluzione di equazioni differenziali nei differenti sistemi di riferimento. 1.1 Sistemi di coordinate curvilinee ortogonali Il sistema di coordinate che normalmente si usa per risolvere molti problemi della fisica è quello costituito dalle coordinate cartesiane. Sfortunatamente, non tutti i problemi fisici si adattano bene a tale tipo di coordinate e quindi, allo scopo di semplificare il problema, è conveniente utilizzare nuovi sistemi di coordinate. Infatti, anche se la posizione di un punto nello spazio o la forma di un corpo prescindono dal sistema di riferimento usato per descriverli la risoluzione di molti problemi può essere facilitata scegliendo il sistema di coordinante più adatto alla geometria del problema. Ad esempio, nella risoluzione di un problema in cui compare un campo di forze centrali, come ad esempio la forza gravitazionale o quella elettrostatica, l’uso di un sistema di coordinate cartesiano è molto meno appropriato di un sistema di coordiante sferiche. Inoltre, abbastanza spesso capita che il ricorso al più oppportuno sistema di coordinate agevola la risoluzione di una equazione differenziale alle derivate parziali in quanto la trasforma in un sistema di equazioni differenziali ordinarie. In generale, la posizione di un punto P nello spazio o la direzione di una grandezza vettoriale possono essere descritte tramite l’intersezione di tre superfici. Ad ogni corri- 1 1.1. Sistemi di coordinate curvilinee ortogonali 2 spondenza biunivoca e continua che può stabilirsi tra i punti dello spazio e una terna ordinata di numeri reali, in uno specifico sistema di riferimento, si da il nome di sistema di coordinate. Essi possono essere ortogonali o non ortogonali. In un sistema di riferimento ortogonale le coordinate sono perpendicolari tra loro, mentre in un sistema di riferimento non ortogonale non tutte e tre le coordiante sono ortogonali. Questi ultimi sono poco utilizzati e pertanto nella risoluzione dei problemi concreti si fa largo uso solo dei primi. Dette qi (r) con i = 1, 2, 3 tre generiche funzioni continue della posizione r, le relazioni che consentono di passare da la generica terna ordinata di numeri reali r = (x, y, z) alla terna ordinata q = (q1 , q2 , q3 ) sono: q1 (r) = q1 (x, y, z) (1.1a) q2 (r) = q2 (x, y, z) (1.1b) q3 (r) = q3 (x, y, z) (1.1c) Allo stesso modo le relazioni che permettono il passaggio inverso sono x(q) = x(q1 , q2 , q3 ) (1.2a) y(q) = y(q1 , q2 , q3 ) (1.2b) z(q) = z(q1 , q2 , q3 ) (1.2c) Per ogni famiglia di curve caratterizzata da qi = costante è possibile considerare un vettore unitario êi normale a tali superfici e con verso nella direzione crescente della relativa coordinata. Di conseguenza, un generico vettore A può essere scritto come: A = A1 ê1 + A2 ê2 + A3 ê3 (1.3) dove A1 , A2 , A3 sono rispettivamente le componenti del vettore A lungo ogni coordinata ed eˆ1 , eˆ2 , eˆ3 sono i vettori unitari delle coordinate curvilinee. Dalle (1.2a)–(1.2c) si può ricavare: ∂x dq1 + ∂q1 ∂y dy = dq1 + ∂q1 ∂z dz = dq1 + ∂q1 dx = ∂x dq2 + ∂q2 ∂y dq2 + ∂q2 ∂z dq2 + ∂q2 ∂x dq3 ∂q3 ∂y dq3 ∂q3 ∂z dq3 ∂q3 (1.4a) (1.4b) (1.4c) In coordiante cartesiane la distanza ds tra due punti vicini nello spazio è fornita dalla relazione ds2 = dx2 + dy 2 + dz 2 (1.5) La distanza tra due punti vicini in un sistema di coordinate curvilinee è invece esprimibile mediante la forma quadratica ds2 = 3 ∑ 3 ∑ i=1 j=1 Ing. Luciano Mescia gij (q) dqi dqj (1.6) 1.1. Sistemi di coordinate curvilinee ortogonali 3 ottenibile sostituendo le (1.4a)–(1.4c) nella (1.5) e in cui le funzioni gij (q) sono date dalla relazione ∂x ∂x ∂y ∂y ∂z ∂z gij = + + (1.7) ∂qi ∂qj ∂qi ∂qj ∂qi ∂qj In generale, i coefficienti gij individuano una metrica e sono rappresentabili per mezzo di un tensore di rango due (matrice 3 × 3). Nel caso particolare di un sistema di coordiante ortogonali si ha gij = 0 i ̸= j gii = h2i (q) i=j (1.8) dove le funzioni hi (q) con i = 1, 2, 3 sono dette fattori di scala del sistema di coordinate (q1 , q2 , q3 ). Pertanto, vale la relazione ds2 = (h1 dq1 )2 + (h2 dq2 )2 + (h3 dq3 )2 = ds21 + ds22 + ds23 (1.9) dove dsi = hi dqi i = 1, 2, 3 (1.10) Dalla (1.10) si osserva che il prodotto hi dqi ha la dimensione di una lunghezza e che le tre coordinate curvilinee non necessariamente devono avere la stessa lunghezza. La lunghezza differenziale dl di un vettore può quindi essere scritta come dl = h1 dq1 ê1 + h2 dq2 ê2 + h3 dq3 ê3 = 3 ∑ hi dqi êi (1.11) i=1 In queste ipotesi l’integrale lungo una linea Γ di un campo vettoriale A in un generico sistema di coordinate diventa ∫ 3 ∫ ∑ A · dl = Ai hi dqi (1.12) Γ i=1 Γ La superficie differenziale dSij è invece fornita dalla relazione dSij = dsi dsj = hi hj dqi dqj (1.13) mentre il vettore normale dS ad una superficie differenziale chiusa può essere espresso come dS = ds2 ds3 ê1 + ds1 ds3 ê2 + ds1 ds2 ê3 = h2 h3 dq2 dq3 ê1 + h1 h3 dq1 dq3 ê2 + h1 h2 dq1 dq2 ê3 Di conseguenza, l’integrale di superficie di un campo vettoriale è ∫ ∫ ∫ ∫ A ·dS = A1 h2 h3 dq2 dq3 + A2 h1 h3 dq1 dq3 + A3 h1 h2 dq1 dq2 S S S (1.14) (1.15) S Infine il volume differenziale dV è fornito dalla relazione dV = ds1 ds2 ds3 = h1 h2 h3 dq1 dq2 dq3 Ing. Luciano Mescia (1.16) 1.1. Sistemi di coordinate curvilinee ortogonali 4 1.1.1 Coordinate cartesiane Nel sistema di coordinate cartesiane le famiglie delle superfici coordinate sono costituite dall’insieme di piani x = costante, y = costante e z = costante. Di conseguenza, le coordinate sono q1 = x q2 = y q3 = z mentre gli elementi della metrica assumono la semplice forma g11 = h21 g22 = g33 = h22 h23 ⇒ h1 = hx = 1 (1.17a) h2 = hy = 1 (1.17b) h3 = hz = 1 (1.17c) Infine le direzioni associate alle coordinate x, y, z sono definite da tre versori mutuamente ortogonali ê1 = ax ê2 = ay ê3 = az 1.1.2 Coordinate cilindriche Il sistema di coordinate cilindriche è molto utile per risolvere problemi dotati di simmetria cilindrica. Come mostrato in figura 1.1 in tale sistema di riferimento la posizione del generico punto P nello spazio è univocamente determinata da tre variabili r, φ, z. La coordinata r è detta distanza radiale, la coordianta φ è l’angolo azimutale misurato a partire dall’asse x positivo e z è definita nello stesso modo delle coordinate cartesiane. I loro intervalli di variazione sono 0 ≤ r ≤ ∞, 0 ≤ φ ≤ 2π e −∞ ≤ z ≤ ∞. Dalla figura 1.1 si osserva che il punto P (r1 , φ1 , z1 ) si trova all’intersezione tra il piano orizzontale z = z1 , il semipiano verticale definito da φ = φ1 e la superficie cilindrica deefinita da r = r1 . Pertanto, le superfici coordinate sono: 1. la superficie cilindrica avente come asse l’asse z e tale che √ r = x2 + y 2 (1.18) 2. il semipiano verticale passante per l’asse z e tale che y x (1.19) z = costante (1.20) φ = arctan 3. il piano parallelo al piano xy e tale che I vettori unitari perpendicolari a tali superfici sono ê1 = ar Ing. Luciano Mescia ê2 = aφ ê3 = az 1.1. Sistemi di coordinate curvilinee ortogonali 5 z P(r1,ϕ1,z1) r1 z1 z=z1 ϕ=ϕ1 ϕ1 y a z aϕ ar x Figura 1.1: Sistema di coordinate cilindriche dove ar è uscente dall’origine, aφ è tangente alla superficie cilindrica e az è diretto lungo la verticale. Invertendo le relazioni (1.18)–(1.20) si ha x = r cos φ (1.21) y = r sin φ (1.22) z=z (1.23) Usando invece le (1.7)–(1.8) si ricava [ h21 = h2r ∂(r cos φ) = ∂r ]2 [ ∂(r sin φ) + ∂r ]2 [ ∂z + ∂r ]2 = cos2 φ + sin2 φ = 1 [ ] [ ] [ ]2 ∂(r cos φ) 2 ∂(r sin φ) 2 ∂z 2 2 h2 = hφ = + + ∂φ ∂φ ∂φ = r2 cos2 φ + r2 sin2 φ = r2 ] [ ] [ ]2 [ ∂(r sin φ) 2 ∂z ∂(r cos φ) 2 2 2 + + h3 = hr = ∂z ∂z ∂z =1 Ing. Luciano Mescia 1.1. Sistemi di coordinate curvilinee ortogonali 6 z dz r dr ϕ rdϕ y x Figura 1.2: Volume differenziale in coordinate cilindriche e cioé hr = 1 (1.24a) hφ = r (1.24b) hz = 1 (1.24c) In figura 1.2 è rappresentato un elemento differenziale di volume in coordinate cilindriche. Dalla (1.11) si ricava che la lunghezza differenziale è data dalla relazione dl = ar dSr + aφ dSφ + az dSz = ar dr + aφ rdφ + az dz (1.25) Dalla (1.14) si ricava che la normale alla superficie lungo le tre direzioni è dSr = ar rdφdz (1.26a) dSφ = aφ drdz (1.26b) dSz = az rdrdφ (1.26c) Il volume differenziale è fornito invece dalla relazione dV = rdrdφdz Ing. Luciano Mescia (1.27) 1.1. Sistemi di coordinate curvilinee ortogonali 7 z ar θ1 r1 aθ P(r1,θ1, ϕ1) aϕ y ϕ1 x Figura 1.3: Sistema di coordinate sferiche 1.1.3 Coordinate sferiche Nel sistema di coordinate sferiche la posizione nello spazio del generico punto P è univocamente determinata dalle tre variabili q1 = r, q2 = θ, q3 = φ, come mostrato in figura 1.3. La coordinata r è detta distanza radiale, la coordinata θ è chiamata angolo zenitale e si misura partendo dall’asse z positivo, la coordinata φ è l’angolo azimutale definito come nel sistema di coordinate cilindriche. Dalla figura 1.3 si osserva che il punto P (r1 , θ1 , φ1 ) è all’intersezione tra la sfera di raggio r1 centrata nell’origine, la superficie conica con vertice nell’origine e angolo φ1 , il semipiano verticale definito da φ = φ1 . Pertanto le superfici coordinate sono: 1. la sfera concentrica centrata nell’origine tale che √ r = x2 + y 2 + z 2 2. il cono avente vertice nell’origine, come asse l’asse z e tale che ( ) z θ = arccos √ x2 + y 2 + z 2 (1.28) (1.29) 3. il semipiano verticale passante per l’asse z e tale che φ = arctan Ing. Luciano Mescia y x (1.30) 1.1. Sistemi di coordinate curvilinee ortogonali 8 In queste ipotesi gli intervalli di variazione delle tre coordinate sono rispettivamente 0 ≤ r ≤ ∞, 0 ≤ θ ≤ π e 0 ≤ φ ≤ 2π. Dalla (1.28) e (1.30) si ha: r2 = x2 + y 2 + z 2 ⇒ cos θ = e anche tan2 φ = z ⇒ z = r cos θ r sin2 φ y2 = cos2 φ x2 da cui sin2 φ 2 sin2 φ 2 x = (r − y 2 − z 2 ) cos2 φ cos2 φ sin2 φ 2 sin2 φ 2 2 = (r − z ) − y cos2 φ cos2 φ y2 = Raccogliendo a fattor comune si ricava ( ) sin2 φ sin2 φ 2 2 y 1+ = (r − r2 cos2 θ) cos2 φ cos2 φ da cui si ottiene in definitiva y 2 = r2 sin2 φ(1 − cos2 θ) = r2 sin2 φ sin2 θ e cioé y = r sin θ sin φ Con riferimento alla variabil x si può scrivere x2 = r2 − r2 sin2 θ sin2 φ − r2 cos2 θ = r2 − r2 sin2 φ + r2 sin2 φ cos2 θ − r2 cos2 θ = r2 (1 − sin2 φ) − r2 cos2 θ(1 − sin2 φ) = r2 (1 − sin2 φ)(1 − cos2 θ) = r2 cos2 φ sin2 θ da cui x = r sin θ cos φ Riassumendo le equazioni di trasformazione sono x = r sin θ cos φ (1.31) y = r sin θ sin φ (1.32) z = r cos θ (1.33) e i vettori unitari perpendicolari alle superfici coordinate sono ê1 = ar Ing. Luciano Mescia ê2 = aθ ê3 = aφ 1.1. Sistemi di coordinate curvilinee ortogonali 9 Dalle (1.7)–(1.8) si ottiene h21 = sin2 θ cos2 φ + sin2 θ sin2 φ + cos2 θ = sin2 θ(cos2 φ + sin2 φ) + 1 − sin2 θ = 1 h22 = r2 cos2 θ cos2 φ + r2 cos2 θ sin2 φ + r2 sin2 θ = r2 cos2 θ(cos2 φ + sin2 φ) + r2 sin2 θ = r2 h23 = r2 sin2 θ sin2 φ + r2 sin2 θ cos2 φ = r2 sin2 θ e cioé h1 = hr = 1 (1.34a) h2 = hθ = r (1.34b) h3 = hφ = r sin θ (1.34c) Dalla (1.11) si ricava che l’elemento differenziale di lunghezza è dato dalla relazione dl = ar dr + aθ rdθ + aφ r sin θdφ (1.35) mentre dalla (1.13) si ottiene che l’elemento di superficie caratterizzato da r = costante è fornito dalla relazione dS = dSθφ = r2 sin θdθdφ (1.36) Dalla (1.36) è possibile calcolare l’area dell’anello di larghezza dθ per mezzo di una semplice integrazione sull’angolo azimutale ∫ 2π dA1 = r2 sin θdθdφ = 2πr2 sin θdθ (1.37) 0 Definendo l’angolo solido dΩ come il rapporto tra l’elemento di superficie a coordinata r costante e il quadrato della coordinata stessa dΩ = dS = sin θdθdφ r2 il suo integrale sulla sull’intera superficie sferica fornisce ∫ ∫ π ∫ 2π ∫ π ∫ 2π sin θdθdφ = 2π dΩ = Ω= 0 0 0 0 π sin θdθ = 4π (1.38) 0 Infine applicando la (1.16) si ha che l’elemento di volume infinitesimo è dV = r2 sin θdrdθdφ = r2 drdΩ Ing. Luciano Mescia (1.39) 1.2. Gradiente di un campo scalare 10 1.2 Gradiente di un campo scalare Quando si considera un campo scalare V , funzione delle tre coordinate spaziali, è molto importante avere informazioni riguardanti la sua velocità di variazione nello spazio. Generalmente, la variazione differenziale di V può essere descritta in termini di derivate parziali rispetto alle tre variabili coordinate, però il modo con cui si debbano combinare le tre derivate parziali non è immediato. Considerato un generico sistema di coordinate curvilinee, siano P (q1 , q2 , q3 ) e Q(q1 + dq1 , q2 + dq2 , q3 + dq3 ) due generici punti dello spazio. Il vettore dl che collega i due punti in questione individua la distanza differenziale che, come visto in precedenza, è data dall’equazione dl = h1 dq1 ê1 + h2 dq2 ê2 + h3 dq3 ê3 (1.40) Se V (q1 , q2 , q3 ) è il campo scalare nel punto P e V (q1 + dq1 , q2 + dq2 , q3 + dq3 ) è quello nel punto Q, dal calcolo differenziale si ha che il campo differenziale dV è dato da dV = ∂V ∂V ∂V dq1 + dq2 + dq3 ∂q1 ∂q2 ∂q3 (1.41) Dalla (1.40) si ha êi · dl = hi dqi i = 1, 2, 3 (1.42) che sostituita nella (1.41) fornisce la relazione ∂V ∂V ∂V dV = ê1 · dl + ê2 · dl + · dl h1 ∂q1 h2 ∂q2 h3 ∂q3 ] [ ∂V ∂V ∂V + ê2 + · dl = ê1 h1 ∂q1 h2 ∂q2 h3 ∂q3 (1.43) Il vettore all’interno delle parentesi quadre della (1.43) definisce la variazione del campo scalare dV corrispondente ad una variazione vettoriale di posizione dl. Tale vettore è chiamato gradiente di V e si indica con grad V o ∇V △ ∇V = grad V = ê1 ∂V ∂V ∂V + ê2 + ê3 h1 ∂q1 h2 ∂q2 h3 ∂q3 (1.44) e la (1.43) può essere scritta nella forma dV = ∇V · dl (1.45) Il simbolo ∇ è detto operatore gradiente e si difinisce come △ ∇ = ê1 ∂ ∂ ∂ + ê2 + ê3 h1 ∂q1 h2 ∂q2 h3 ∂q3 (1.46) Si osservi che l’operatore gradiente assume un significato fisico solo quando agisce su un campo scalare e il risultato dell’operazione è sempre un campo vettoriale. Definendo inoltre dl = al dl, dove al è il versore associato a dl, dalla (1.45) si ottiene dV = ∇V · al dl Ing. Luciano Mescia (1.47) 1.3. Divergenza di un campo vettoriale 11 dove dV /dl è la derivata direzionale di V lungo la direzione definita da al . Date due generiche funzioni scalari U e V , l’operatore gradiente gode delle seguenti proprietà: 1. ∇(U + V ) = ∇(U ) + ∇(V ), 2. ∇(U V ) = U ∇(V ) + V ∇(U ), 3. ∇(V n ) = nV n−1 ∇V , per ogni n, 4. ∇(αU ) = α∇(U ), 5. ∇U (g) = dU ∇g dove g è una qualunque funzione della posizione. dg Si osservi che la (1.46) è una relazione generale valida per qualunque sistema di riferimento. Di conseguenza, usando gli opportuni parametri metrici è possibile esplicitare la sua forma nei sistemi di riferimento cartesiano, cilindrico e sferico. In particolare, tramite le (1.17), (1.24) e (1.34) si ha: • coordinate cartesiane ∂ ∂ ∂ + ây + âz ∂x ∂y ∂z (1.48) ∂ ∂ ∂ + âφ + âz ∂r r∂φ ∂z (1.49) ∂ ∂ ∂ + âθ + âφ ∂r r∂θ r sin θ∂φ (1.50) ∇ = âx • coordinate cilindriche ∇ = âr • coordinate sferiche ∇ = âr 1.3 Divergenza di un campo vettoriale Secondo le regole del calcolo vettoriale l’applicazione dell’operatore gradiente a campi vettoriali non ha nessun significato. Pertanto, per valutare la variazione differenziale di un campo vettoriale A nello spazio è necessario introdurre un nuovo operatore. Dal punto di vista grafico un campo vettoriale si presenta con delle linee di campo e pertanto ha senso definire una grandezza che quantifichi il flusso di tali linee attraverso una superficie. A tale scopo, si indichi con Ω una regione di spazio in cui è definito A e sia dS una superficie infinitesima regolare contenuta in Ω. Sia γ la curva chiusa che costituisce il bordo di tale superficie e sia an la normale a dS orientata in modo che il verso di percorrenza assunto su γ e quello di an siano legati tra loro come il senso di rotazione e quello di avanzamento di una vite destrogira. Ponendo dΦ = A · an dS si dice flusso del campo A attraverso la superficie orientata S la quantità scalare ∫ Φ= A · an dS (1.51) S Ing. Luciano Mescia 1.3. Divergenza di un campo vettoriale 12 Si osservi che il flusso Φ ha un segno che dipende, per un assegnato campo A, dall’orientazione scelta per la normale alla duperficie. Inoltre la nozione di flusso può essere estesa anche al caso in cui si considera una superficie chiusa. In questo caso la normale alla superficie può essere orientata per esempio in modo che in ogni suo punto il versore an risulti uscente dal volume. Si consideri ora un sistema di coordinate curvilinee e il punto P di coordinate (q1 , q2 , q3 ). Sia Ω un dominio spaziale, limitato dalla superficie chiusa S, che contiene il punto P , e si consideri il rapporto tra il flusso di A uscente dalla superficie S e il volume V della regione di spazio delimitata da S I Φ 1 A · an dS = τ V S Facendo tendere a zero il volume τ e se è finito il limite di tale rapporto, si definisce divergenza di A nel punto P , che si indica con div A, il flusso uscente per unità di volume attraverso la superficie chiusa infinitesima I 1 △ div A = ∇ · A = lim A ·an dS (1.52) V →0 V S Questa definizione permette di vedere l’applicazione della divergenza come un operatore che trasforma il campo vettoriale A in un campo scalare ∇·A. Si può osservare inoltre che se la divergenza è positiva significa che il flusso netto uscente dalla superficie S è positivo, e questo può essere interpretato come la presenza di una sorgente di flusso all’interno di V . Se invece la divergenza è negativa, il volume V può essere interpretato come un pozzo in quanto il flusso è entrante. Dalla (1.52) si vede che il calcolo esplicito della divergenza prevede la valutazione del flusso uscente da un superficie chiusa elementare. Come mostrato in figura figura 1.4 in un sistema di coordinate curvilinee la superficie chiusa elementare può essere considerata come la combinazione di tre coppie di superfici aperte con ogni coppia perpendicolare ad un asse coordinante. Di conseguenza il flusso uscente dalla superficie chiusa può essere inteso come la somma dei flussi attraverso ciascuna di esse. Considerando per esempio la superficie S1 caratterizzata da q1 = costante si ha che, per la (1.14), il vettore normale dS1 ha come modulo dS1 = ds2 ds3 = h2 h3 dq2 dq3 e versore normale an1 = −ê1 . Di conseguenza si ha Φ1 = A · an1 dS1 = (A1 ê1 + A2 ê2 + A3 ê3 ) · an1 dS1 = −a1 dS1 ê1 · ê1 = −a1 dS1 = −a1 h2 h3 dq2 dq3 Analogamente il flusso Φ2 attraverso la superficie caratterizzata da q1 + dq1 = costante è dato da Φ2 = A′ · an2 dS2 = (A′1 ê1 + A′2 ê2 + A′3 ê3 ) · an2 dS2 = A′1 dS2 ê1 · ê1 = a′1 dS2 = a′1 h2 h3 dq2 dq3 Poiché a meno di infinitesimi di ordine superiore risulta A′1 h2 h3 = A1 h2 h3 + Ing. Luciano Mescia ∂(A1 h2 h3 ) dq1 ∂q1 1.3. Divergenza di un campo vettoriale 13 z dS2=h1h3dq2 dq3 dS3= h1h2dq1 dq2 dS1= h2h3dq2 dq3 y x Figura 1.4: Divergenza in coordinate curvilinee si ha che Φ1 + Φ2 = ∂(A1 h2 h3 ) dq1 dq2 dq3 ∂q1 Ragionando in modo analogo per le altre due coppie di faccie si ricava Φ3 + Φ4 = ∂(A2 h1 h3 ) dq1 dq2 dq3 ∂q2 Φ5 + Φ6 = ∂(A3 h1 h2 ) dq1 dq2 dq3 ∂q3 e quindi il flusso totale attraverso la superficie chiusa S è I A · an dS = S 6 ∑ Φi i=1 [ = ] ∂(A1 h2 h3 ) ∂(A2 h1 h3 ) ∂(A3 h1 h2 ) + + dq1 dq2 dq3 ∂q1 ∂q2 ∂q3 da cui per mezzo della (1.16) si ottiene [ ] I dτ ∂(A1 h2 h3 ) ∂(A2 h1 h3 ) ∂(A3 h1 h2 ) A · an dS = + + h1 h2 h3 ∂q1 ∂q2 ∂q3 S Ing. Luciano Mescia 1.4. Rotore di un campo vettoriale 14 Pertanto, sostituendo quanto ottenuto nella (1.52) si ottiene in definitiva [ ] 1 ∂(A1 h2 h3 ) ∂(A2 h1 h3 ) ∂(A3 h1 h2 ) △ div A = ∇ · A = + + h1 h2 h3 ∂q1 ∂q2 ∂q3 (1.53) L’operatore divergenza gode inoltre delle seguenti proprietà: 1. ∇ · (A + B) = ∇ · A + ∇ · B, 2. ∇ · (αA) = α∇ · (A), 3. ∇ · (f A) = f ∇ · (A) + A · (∇f ), Dalla (1.53) e dalle (1.17), (1.24) e (1.34) è inoltre possibile ricavare facilmente l’espressione dell’operatore divergenza nei sistemi di coordinate cartesiane, cilindriche e sferiche. In particolare si ha: • coordinate cartesiane ∂Ax ∂Ay ∂Az + + ∂x ∂y ∂z (1.54) ∂(rVr ) ∂Vφ ∂Vz + + r∂r r∂φ ∂z (1.55) 1 ∂(r2 Vr ) 1 ∂(sin θVθ ) 1 ∂Vφ + + 2 r ∂r r sin θ ∂θ r sin θ ∂φ (1.56) ∇·A= • coordinate cilindriche ∇·A= • coordinate sferiche ∇·A= Dalla definizione dell’operatore divergenza è possibile ricondurre il calcolo di un integrale esteso al volume V a quello dell’integrale esteso alla superficie S che racchiude il volume V . In particolare è possibile dimostrare la validità del seguente teorema della divergenza: ∫ I ∇ · AdV = V A · an dS (1.57) S 1.4 Rotore di un campo vettoriale Si consideri una regione di spazio semplicemente connessa Ω e un campo vettoriale A aventi le componenti scalari continue con le rispettive derivate parziali del primo ordine. Sia P un punto di tale regione e S una generica superficie regolare aperta avente come orlo la linea chiusa l. Detto I Γ = A · dl l la circuitazione di A sulla linea l, si consideri il rapporto R= Ing. Luciano Mescia Γ As 1.4. Rotore di un campo vettoriale 15 dove As è l’area della superficie S. Si ipotizzi di contrarre S attorno a P mantenendo fissa la normale a S in P e si consideri il limite di R per As che tende a zero. Se tale limite esiste ed è finito indipendentemente dalla forma di S e l si ha Rn = lim R As →0 dove il pedice n indica che l’operazione è fatta mantenendo fissa la normale an a S in P . Ripetendo l’operazione per una nuova superficie S ′ passante per P ed avente normale a′n diversa da an , se risulta che il limite di Rn è definito per l’arbitraria direzione an è possibile dimostrare che i relativi Rn corrispondono alla proiezione di un vettore che prende il nome di di rotore del campo vettoriale A in P H A ·dl △ (1.58) rot A ·an = ∇×A ·an = lim l As →0 As Si consideri un elemento di superficie elementare appartenente alla superficie coordinata a q1 = costante e delimitata dalle curve coordinate a q2 e q3 costante. Sia inoltre l’orientazione tale che an = ê1 . In queste ipotesi l’integrale di circuitazione al secondo membro della (1.58) può essere esperesso come ] [ ] [ I ∂ (A2 h2) ∂ (A3 h3 ) dq2 dq3 − A2 h2 + dq3 dq2 − A3 h3 dq3 A ·dl = A2 h2 dq2 + A3 h3 + ∂q2 ∂q3 l [ ] ∂ (A3 h3 ) ∂ (A2 h2 ) = − dq2 dq3 ∂q2 ∂q3 dove nel ricavare l’espressione sono stati trascurati i termini di ordine superiore nell’espansione in serie di Taylor. Di conseguenza, si ottiene in definitiva: [ ] 1 ∂ (h3 A3 ) ∂ (h2 V2 ) ∇×A ·ê1 = − (1.59) h2 h3 ∂q2 ∂q3 e procedendo in maniera analoga per le altre componenti [ ] 1 ∂ (h1 A1 ) ∂ (h3 A3 ) ∇×A ·ê2 = − h1 h3 ∂q3 ∂q1 [ ] 1 ∂ (h2 A2 ) ∂ (h1 A1 ) ∇×A ·ê3 = − h1 h2 ∂q1 ∂q2 da cui è possibile ricavare una forma più compatta del rotore ê1 h1 ê2 h2 ê3 h3 ∂ ∂ ∂ 1 ∇×A= ∂q2 ∂q3 h1 h2 h3 ∂q1 h1 A1 h2 A2 h3 A3 (1.60) (1.61) (1.62) Dalla (1.62) e dalla (1.17), (1.24) e (1.34) è inoltre possibile ricavare facilmente l’espressione dell’operatore rotore nei sistemi di coordinate cartesiane, cilindriche e sferiche. In particolare si ha: Ing. Luciano Mescia 1.5. Laplaciano e operatori del secondo ordine • coordinate cartesiane ∇ × A = âx ∂ ∂x Ax 1 ∇×A= r âr ∂ ∂r Ar râθ ∂ ∂θ rAθ 1 ∇×A= 2 r sin θ âr ∂ ∂r Ar râθ r sin θâϕ ∂ ∂ ∂θ ∂ϕ rAθ r sin θAϕ • coordinate cilindriche • coordinate sferiche 16 ây ∂ ∂y Ay âz ∂ ∂z Az âz ∂ ∂z Az (1.63) (1.64) (1.65) 1.5 Laplaciano e operatori del secondo ordine Molto spesso nella formulazione delle leggi dell’elettromagnetismo si fa uso di una combinazione del gradiente di un campo scalare e divergenza e rotore di un campo vettoriale. Le uniche combinazioni che hanno senso riguardanti gli operatori agenti su campi scalari sono ∇×∇V ∇ ·∇V dove V è un generico campo scalare. Si può dimostrare facilmente che la prima combinazione è sempre uguale a zero qualunque sia il campo scalare considerato ∇×∇V = 0 (1.66) La seconda operazione è in generale non nulla. Essa è detta laplaciano e si indica con ∇2 V [ ( ) ( ) ( )] ∂ h2 h3 ∂V ∂ h3 h1 ∂V ∂ h1 h2 ∂V 1 2 + + (1.67) ∇ V = h1 h2 h3 ∂q1 h1 ∂q1 ∂q2 h2 ∂q2 ∂q2 h3 ∂q3 Dalla (1.67) e dalla (1.17), (1.24) e (1.34) è inoltre possibile ricavare facilmente l’espressione dell’operatore laplaciano nei sistemi di coordinate cartesiane, cilindriche e sferiche. In particolare si ha: • coordinate cartesiane ∇2 V = Ing. Luciano Mescia ∂2V ∂2V ∂2V + + ∂x2 ∂y 2 ∂z 2 (1.68) 1.5. Laplaciano e operatori del secondo ordine • coordinate cilindriche ∇2 V = • coordinate sferiche 1 ∂ ∇ V = 2 r ∂r 2 1 ∂ r ∂r ( ) ∂V 1 ∂2V ∂2V r + 2 + ∂r r ∂θ2 ∂z 2 ( ) ( ) ∂2V 1 ∂ ∂V 1 2 ∂V r + 2 sin θ + 2 2 ∂r r sin θ ∂r ∂θ r sin θ ∂ϕ2 17 (1.69) (1.70) Per gli operatori del secondo ordine applicati ai campi vettoriali le combinazioni consentite sono ∇ ·∇×A ∇×∇×A ∇∇ ·A E’ facile dimostrare che per la prima combinazione vale la relazione ∇ ·∇×A = 0 (1.71) Le altre due combinazioni forniscono invece risultati non nulli. In particolare, utilizzando tali combinazioni è possibile definire un operatore laplaciano applicato ai campi vettoriali detto laplaciano vettore ∇2 A = ∇∇ ·A − ∇×∇×A (1.72) si osservi che tale operatore è completamente diverso dall’analogo operatore applicato ad un campo scalare. Inoltre, dalla (1.72) e dalla (1.17), (1.24) e (1.34) è inoltre possibile ricavare facilmente l’espressione dell’operatore laplaciano vettore nei sistemi di coordinate cartesiane, cilindriche e sferiche • coordinate cartesiane ∇2 A = ∇2 Ax âx + ∇2 Ay ây + ∇2 Az âz (1.73) • coordinate cilindriche ) ( Ar 2 ∂Aθ 2 âr + ∇ A = ∇ Ar − 2 − 2 r r ∂θ ( ) Aθ 2 ∂Ar 2 + ∇ Aθ − 2 + 2 âθ + ∇2 Az âz r r ∂r 2 • coordinate sferiche ( ) 2Ar 2 ∂ (sin θAθ ) 2 ∂Aϕ 2 2 ∇ A = ∇ Ar − 2 − 2 − 2 âr + r r sin θ ∂θ r sin θ ∂ϕ ( ) Aθ 2 cos θ ∂Aϕ 2 ∂Ar 2 + ∇ Aθ − 2 2 − 2 2 + 2 âθ + r ∂ϕ r sin θ r sin θ ∂ϕ ( ) Aϕ 2 cos θ ∂Aθ 2 ∂Ar + ∇2 Aϕ − 2 2 + 2 2 + 2 âϕ r sin θ ∂ϕ r sin θ r sin θ ∂ϕ Ing. Luciano Mescia (1.74) (1.75) 1.6. Identità differenziali vettoriali 18 Da quanto ottenuto si osserva che in coordiante cartesiane le componenti lungo gli assi x, y, z del laplaciano vettore dipendono rispettivamente solo da Ax , Ay e Az . In coordinate cilindriche le componenti radiale e angolare del laplaciano vettore dipendono da entrambe le componenti Ar e Aθ del campo vettoriale A, mentre la componente assiale dipende dalla sola componente Az di A. Infine, in coordinate sferiche tutte e tre le componenti del laplaciano vettore dipendono da tutte e tre le componenti Ar , Aθ e Aϕ del campo vettoriale A. 1.6 Identità differenziali vettoriali ( ) 1 ∇f ∇ =− 2 f f ( ) g f ∇g − g∇f ∇ = f f2 ∇(f g) = f ∇g + g∇f (1.76) (1.77) (1.78) ∇×(F + G) = ∇×F + ∇×G (1.79) ∇ ·(gF) = g∇ ·F + F ·∇g (1.80) ∇×(gF) = g∇F − F×∇g (1.81) ∇ ·(F×G) = G ·∇×F − F ·∇×G ∇×(F×G) = F∇ ·G − G∇ ·F − (F ·∇) G + (G ·∇) F ∇ (F ·G) = F×∇×G + G×∇×F + (F ·∇) G + (G ·∇) F ( ) ∇ F 2 = ∇ (F ·F) = 2F×∇×F + 2 (F ·∇) F ∇ ·∇f = ∇ f 2 (1.82) (1.83) (1.84) (1.85) (1.86) ∇×∇f = 0 (1.87) ∇ ·∇×F = 0 (1.88) ∇×∇×F = −∇2 F + ∇ (∇ ·F) Ing. Luciano Mescia (1.89)
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