capitolo 2 - International Journal of Psychoanalysis and Education
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capitolo 2 - International Journal of Psychoanalysis and Education
International Journal of Psychoanalysis and Education - IJPE 2013 vol. V, n° 1 ISSN 2035-4630 (rivista quadrimestrale edita telematicamente su http://www.psychoedu.org) La prospettiva trans generazionale Fabiola Fortuna11 Abstract Questo lavoro passa in rassegna i contributi più significativi sulla prospettiva transgenerazionale, a cominciare da concetti tipicamente psicoanalitici che sono coerenti con tale prospettiva. Negli anni più recenti la prospettiva trans generazionale è stata oggetto di una crescente attenzione sia all’interno che al di fuori del mondo psicoanalitico. La frase “far entrare il tempo nella stanza di analisi” ha attirato l’interesse di molti terapeuti e stimolati la ricerca di nuove prospettive che sono in grado di dare risposte appropriate di fronte ai nuovi problemi che la clinica pone. Infine, questo lavoro si focalizza sui possibili legami fra la psicosomatica e la prospettiva trans generazionale: una ricerca che sembra essere suscettibile di interessanti sviluppi. Parole chiave: trans-generazionale, psicoanalisi, psicosomatica, telescopage, patobiografia The trans-generational perspective Abstract This article reviews the most significant contributions on the trans-generational perspective, starting from purely psychoanalytic concepts that are consistent with this perspective. In recent years the trans-generational perspective has been the subject of growing attention both inside and outside the world of psychoanalysis. The evocative phrase "let the time in the consulting room" has aroused the interest of many therapists and stimulated the search for new perspectives that are able to provide appropriate responses, in front of the clinic’s new questions. 11 Psicoanalista, Psicodrammatista, Past president e Didatta Sipsa, Direttore rivista "Quaderni di Psicoanalisi e Psicodramma Analitico". già Direttore scuola di psicoterapia sede Roma Coirag. Docente Coirag, Membro Scuola dei Forum del Campo Lacaniano. Membro S.E.P.T., Psicologo Analista Cipa, Membro IAGP Sponsorizzata dall’Associazione di Psicoanalisi della Relazione Educativa A.P.R.E. Iscr. Tribunale di Roma n°142/09 4/9/09 (copyright © APRE 2006) Editor in Chief: R. F. Pergola 32 International Journal of Psychoanalysis and Education - IJPE 2013 vol. V, n° 1 ISSN 2035-4630 (rivista quadrimestrale edita telematicamente su http://www.psychoedu.org) Finally, this work dedicate attention to possible links between the psychosomatic and trans generational perspective: a search scope susceptible to interesting developments. Keywords: Trans-generational, psychoanalytic, psychosomatic, telescopage, patobiography Negli ultimi decenni si è assistito ad una attenzione crescente della psicoanalisi alla dimensione trans generazionale, come se una ipotetica macchina fotografica tendesse ad allargare il campo visivo attorno al soggetto, per includervi aspetti ed elementi che l’analisi classica ha sempre considerato parzialmente. Un processo che parte da lontano: già in alcune riflessioni di Freud possiamo cogliere elementi che, alla luce dei contributi della psicologia contemporanea, acquistano nuovo significato. Innanzitutto sembra opportuno soffermarsi sul termine transgenerazionalità: cosa si intende con questo concetto? In psicologia la prospettiva trans generazionale sottende che la specificità di un individuo dipende non solo da caratteristiche proprie e dalle sue relazioni dirette ma anche da retaggi familiari, miti, segreti, ecc. che, trasmettendosi inconsapevolmente attraverso le generazioni, ne condizionano lo sviluppo psichico. Tale prospettiva implica la “trasmissione di contenuti psichici” che, avvenendo attraverso processi psichici di identificazione inconscia, passa successivamente da una generazione all’altra. La trasmissione attraverso le generazioni sembra avvenire soprattutto attraverso i “non detti”: un insieme di proposizioni date per invariate ed invariabili nel tempo e, quindi, considerate una sorta di eredità da portare e sopportare nel corso di tutta l’esistenza. Sponsorizzata dall’Associazione di Psicoanalisi della Relazione Educativa A.P.R.E. Iscr. Tribunale di Roma n°142/09 4/9/09 (copyright © APRE 2006) Editor in Chief: R. F. Pergola 33 International Journal of Psychoanalysis and Education - IJPE 2013 vol. V, n° 1 ISSN 2035-4630 (rivista quadrimestrale edita telematicamente su http://www.psychoedu.org) Ne consegue che la terapia avrebbe il non facile compito di individuare e far emergere questi “fantasmi” che aleggiano sulla vita di ognuno e ne condizionano lo svolgersi, per proporne poi un cambiamento, grazie allo sciogliere di questi legami invisibili ma assolutamente vincolanti. Una ipotesi che contiene indubbiamente forti elementi di rottura rispetto alla psicoanalisi classica, che già aveva individuato alcune questioni che risultano coerenti con questa prospettiva. La psicoanalisi, in effetti, ha sempre posto in primo piano la figura del soggetto avulso dalla relazione, privilegiando soprattutto la realtà intrapsichica ed i conflitti in essa presenti. Freud stesso, però, in alcune sue opere introduce alcuni elementi che oggi, alla luce della prospettiva transgenerazionale, assumono un valore particolare. Ad esempio, in Romanzo familiare dei nevrotici (1908) egli rileva che nel mondo emozionale del bambino, in una determinata fase dello sviluppo egli inizia a porsi delle questioni rispetto alle proprie origini; si possono rinvenire una serie di fantasie consce ed inconsce legate al confronto che egli inizia ad operare fra i propri genitori ed altri con cui viene a contatto; la caduta delle immagini idealizzate dei genitori è il primo passo verso la costruzione di una propria soggettività. Il tema relativo allo sviluppo filogenetico dello psichismo viene ripreso ed approfondito da Freud in Totem e tabù (1912), dove ipotizza che i processi psichici si trasmettano da una generazione all’altra e, in particolare, considera che alcuni traumi particolarmente significativi si replichino più volte nella storia dell’umanità, considerando di fatto possibile una trasmissione attraverso le generazioni. Più precisamente egli fa riferimento a ricerche di etnologi ed antropologi, che riscontrano in numerose civiltà il riproporsi di miti e credenze, in particolare con elementi appartenenti al complesso edipico, inteso come divieto dell’uccisione del progenitore, e orrore dell’incesto. Elementi che connotano anche la vita psichica di ogni individuo. Tali elementi non possono, rileva Freud, rinascere ex-novo con ogni individuo e ad ogni generazione: la costituzione di questo complesso deve quindi essere condizionata da tracce ancestrali che risalgono alle origini dell’umanità: “…Se i processi psichici di una generazione Sponsorizzata dall’Associazione di Psicoanalisi della Relazione Educativa A.P.R.E. Iscr. Tribunale di Roma n°142/09 4/9/09 (copyright © APRE 2006) Editor in Chief: R. F. Pergola 34 International Journal of Psychoanalysis and Education - IJPE 2013 vol. V, n° 1 ISSN 2035-4630 (rivista quadrimestrale edita telematicamente su http://www.psychoedu.org) non si prolungassero nella generazione successiva, ogni generazione dovrebbe acquisire ex novo il proprio atteggiamento verso l’esistenza, e non vi sarebbe in questo campo nessun progresso e in sostanza nessuna evoluzione…” (Totem e tabù pp 160-161). Naturalmente, l’ipotesi della trasmissione delle tracce mnestiche nel corso delle generazioni successive ha destato non poche perplessità nel mondo psicoanalitico di allora. In effetti questo è un problema controverso, ma Freud ne ha tenuto sempre conto: egli infatti, nel distinguere il processo di sviluppo individuale dalla infanzia alla età adulta – l’ontogenesi – e il processo evolutivo del genere umano, la filogenesi, ritiene che la struttura della personalità sia influenzata da eventi traumatici accaduti nel corso della storia dell’umanità. Queste tracce arcaiche le possiamo rinvenire nei sentimenti fortemente ambivalenti che ogni individuo prova verso il proprio padre e nel senso di colpa inconscio che pesa su ognuno di noi, da una generazione all’altra: senso di colpa che non sarebbe altro che il residuo della colpa originaria per il delitto commesso durante un pasto totemico dai fratelli che, accomunati dall’odio per il padre, lo avrebbero divorato per potergli succedere. Da questo atto cannibalico ancestrale sarebbero derivati non solo il senso di colpa individuale ma anche i differenti stadi dell’organizzazione sociale dell’umanità, per arrivare alla morale collettiva che regola la vita sociale. In sintesi, Freud chiarisce:” Noi procediamo comunque dall’ipotesi di una psiche collettiva […], facciamo sopravvivere per molti millenni il senso di colpa causato da un’azione, e lo facciamo restare operante per generazioni e generazioni che di questa azione non possono avere nozione alcuna. Facciamo proseguire un processo emotivo” (Totem e tabù, vol. 7, pag. 160). L’ipotesi di considerare il soggetto in un contesto più ampio rispetto alla dimensione individuale lo ritroviamo, seppure con accenti e peculiarità diverse, nel pensiero di Jung, in cui il concetto di inconscio collettivo ne rappresenta uno dei princìpi. L'osservazione empirica dei contenuti dei sogni, dei deliri di pazienti psicotici e del vastissimo materiale offerto dalla mitologia e dalla storia delle religioni induce Jung a Sponsorizzata dall’Associazione di Psicoanalisi della Relazione Educativa A.P.R.E. Iscr. Tribunale di Roma n°142/09 4/9/09 (copyright © APRE 2006) Editor in Chief: R. F. Pergola 35 International Journal of Psychoanalysis and Education - IJPE 2013 vol. V, n° 1 ISSN 2035-4630 (rivista quadrimestrale edita telematicamente su http://www.psychoedu.org) ipotizzare l’esistenza, oltre che di un inconscio individuale, anche di una ulteriore dimensione dell'inconscio che egli definisce inconscio collettivo. L’inconscio collettivo si distingue dall’inconscio personale per il fatto che mentre l’inconscio personale è formato da contenuti che un tempo sono stati coscienti e successivamente rimossi o dimenticati, i contenuti dell’inconscio collettivo non sono mai stati nella coscienza e quindi mai acquisiti individualmente, ma devono la loro esistenza esclusivamente all’ereditarietà. Jung ritiene che il contenuto dell’inconscio personale è strutturato prevalentemente attraverso i complessi, mentre quello dell’inconscio collettivo attraverso gli archetipi: è un inconscio che si trasmette da una generazione all’altra e che accumula le esperienze umane. Il percorso di individuazione consiste nella capacità del soggetto di differenziarsi da queste matrici collettive di senso e dagli istinti primordiali, trovando una modalità personale di attuare ed integrare i valori universali custoditi dalla cultura. L’esistenza di un inconscio che trascenda l’individuo è stata postulata anche da Jacob Levi Moreno il terapeuta di origine austriaca, contemporaneo di Freud e Jung, considerato il padre dello psicodramma classico. Egli infatti teorizza l’esistenza di un co-inconscio familiare e gruppale, un inconscio formato dagli elementi condivisi in un gruppo, non comunicabili verbalmente, in quanto non “pensato” ma “sentito”: esso è arricchito dal materiale emotivo che ognuno porta nel gruppo e che è un retaggio di precedenti esperienze relazionali, influenzate a loro volta dalle esperienze familiari e dei gruppi di appartenenza. Moreno inoltre, grazie all’osservazione del comportamento dei pazienti durante le sedute di psicodramma, approfondisce gli aspetti della comunicazione del singolo con gli altri e con la propria storia: secondo Moreno, infatti, i soggetti possono comunicare in una modalità che trascende la coscienza: il tele (letteralmente “a distanza”), che è un legame elementare che può instaurasi tra persone, tra persone ed oggetti e che nell’uomo si sviluppa con il tempo; egli lo considererà, in quanto “struttura primaria”, un processo che stimola un’associazione stabile e relazioni permanenti. Sponsorizzata dall’Associazione di Psicoanalisi della Relazione Educativa A.P.R.E. Iscr. Tribunale di Roma n°142/09 4/9/09 (copyright © APRE 2006) Editor in Chief: R. F. Pergola 36 International Journal of Psychoanalysis and Education - IJPE 2013 vol. V, n° 1 ISSN 2035-4630 (rivista quadrimestrale edita telematicamente su http://www.psychoedu.org) Da questi brevi cenni si può quindi rilevare come la psicoanalisi da sempre si sia posta degli interrogativi su come la storia del soggetto si potesse inscrivere in una storia collettiva, che si dipana non solo orizzontalmente, da soggetto a soggetto, ma anche lungo il tempo. In questi ultimi decenni, nel momento in cui nella clinica si sono presentate situazioni inedite, per le quali la psicoanalisi sembrava non potesse dare risposte adeguate, sono stati ripresi ed arricchiti alcuni di questi spunti di riflessione proposti dalle teorie analitiche classiche per descrivere in modo più dettagliato la prospettiva transgenerazionale. Un particolare approfondimento del tema della trasmissione transgenerazionale di contenuti psichici lo dobbiamo a René Kaes, secondo cui la clinica evidenzia la produzione di nuove categorie psicopatologiche per le quali il tradizionale modello di funzionamento psichico, basato sul conflitto intrapsichico, non sembra essere più adeguato. Va quindi considerata l’influenza dei fenomeni socio-culturali e di gruppo: egli infatti ritiene che la crisi che ha investito i grandi meccanismi regolatori e di ordinamento, come i miti, le ideologie, le religioni, si riverbera inevitabilmente sulla formazione ed i processi dello sviluppo psichico. Kaes parte dal presupposto che esistono spazi distinti nell’inconscio, quello individuale e quello del legame: egli ritiene che il nucleo del legame nella vita psichica del soggetto si situa nell’articolazione di tre spazi e all’interno di ciascuno di questi spazi, lo spazio intrapsichico e soggettivo, lo spazio interpsichico e intersoggettivo e lo spazio trans psichico e transsoggettivo. Kaes colloca il legame nella dimensione inconscia: il legame è la realtà psichica inconscia specifica, costruita dall’incontro di due o più soggetti, e quindi egli tende a verificare la consistenza degli spazi intrapsichici ed interpsichici, ed a stabilire la consistenza, le formazioni e le trasformazioni della realtà psichica inconscia propria dei legami. Per la comprensione del soggetto è necessario perciò comprendere i legami che raccordano tra loro i soggetti, e cioè la coppia, la famiglia, il gruppo e le istituzioni,ed arriva a considerare il soggetto come “soggetto del legame”. La trasmissione intersoggettiva trova il suo contesto privilegiato nella famiglia e quindi ne fa parte anche la trasmissione trans generazionale. Rimane comunque aperta la questione delle modalità con cui si trasmettono i contenuti psichici da una generazione all’altra. Sponsorizzata dall’Associazione di Psicoanalisi della Relazione Educativa A.P.R.E. Iscr. Tribunale di Roma n°142/09 4/9/09 (copyright © APRE 2006) Editor in Chief: R. F. Pergola 37 International Journal of Psychoanalysis and Education - IJPE 2013 vol. V, n° 1 ISSN 2035-4630 (rivista quadrimestrale edita telematicamente su http://www.psychoedu.org) Al riguardo, in questi ultimi anni numerose sono le ricerche hanno riguardato proprio le modalità di trasmissione inconscia. Alla psicoanalista argentina Haidée Faimberg che ha collaborato a lungo con Kaes, si deve il concetto di telescopage delle generazioni: la comparsa (telescopage inteso come irruzione, scontro) nel corso della cura di un tipo speciale di identificazione inconscia alienante che condensa tre generazioni e che si rivela nel transfert. È quindi, sottolinea l’autrice stessa, un concetto clinico di chiara pertinenza psicoanalitica, che riguarda gli aspetti motivazionali profondi del soggetto correlati a processi di identificazione ed alla trasmissione dell’esperienza. Secondo la Faimberg la “storia” non viene trasmessa con un messaggio esplicito ma è in rapporto col detto e non detto dei genitori: tra il soggetto e i genitori interni si crea un legame di tipo narcisistico che si declina nella funzione di appropriazione (amore narcisistico) che priva il soggetto di ogni spazio psichico, che viene occupato con il processo di intrusione (odio narcisistico) che, espellendo tutto ciò che i genitori interni rifiutano, lo definiscono con la sua “identità negativa”. I genitori interni, quindi, assoggettano per sempre il bambino alla propria storia di angoscia e di morte: queste identificazioni costituiscono un “legame tra generazioni” alienanti e che si oppongono a qualsiasi rappresentazione: soltanto con l’interpretazione è possibile il passaggio dalla identificazione alla rappresentazione. Il mondo della psicoanalisi, quindi, ha guardato con crescente interesse alle caratteristiche ed agli effetti sul soggetto della trasmissione di contenuti psichici tra generazioni. In particolare numerosi terapeuti, fra cui Boszormenyi- Nagy, Abraham Nicholas e Maria Torok, hanno tentato di estendere i concetti propri della analisi alla dimensione familiare partendo da una prospettiva psicoanalitica. Boszormeny Nagy, uno dei pionieri della terapia familiare, ha portato un contributo significativo allo studio dell’approccio transgenerazionale. Egli considera l’individuo come una entità biologica, psicologia e psicosociale, le cui azioni sono condizionate sia dalle Sponsorizzata dall’Associazione di Psicoanalisi della Relazione Educativa A.P.R.E. Iscr. Tribunale di Roma n°142/09 4/9/09 (copyright © APRE 2006) Editor in Chief: R. F. Pergola 38 International Journal of Psychoanalysis and Education - IJPE 2013 vol. V, n° 1 ISSN 2035-4630 (rivista quadrimestrale edita telematicamente su http://www.psychoedu.org) proprie caratteristiche intrinseche quanto dalle regole del sistema familiare: nel sistema famiglia c’è infatti un controllo reciproco in quanto le funzioni psichiche di un membro condizionano quelle degli altri. In questo sistema acquista significato il tema del mito familiare, inteso come quell’insieme di regole non esplicite ma che si manifesta attraverso i modelli di funzionamento. Tali modelli dovrebbero rispondere al principio di “lealtà familiare”, e cioè la lealtà con cui gli individui, per un debito di riconoscenza, si impegnano a rispettare e riproporre le aspettative e i valori in cui la propria famiglia si riconosce. La famiglia, quindi, secondo Boszormeny-Nagy è contraddistinta da un insieme di legami di lealtà, invisibili ma così forti da condizionare i comportamenti relazionali della famiglia: sono infatti il risultato di una sorta di “libro contabile” redatto nel tempo, in cui debiti e crediti vanno a comporre, nel tempo presente, un “rendiconto transgenerazionale”. Secondo Boszormeny Nagy, quindi, l’aspetto sistemico-familiare va ad incidere profondamente sullo sviluppo del singolo, proprio perché si dipana da generazione a generazione. L’elemento tempo sembra quindi affacciarsi prepotentemente nel mondo della psicoanalisi, rivelandosi come quella “quarta dimensione” così cara alla fisica di Einstein. A questo proposito risultano significative le riflessioni di Nicholas Abraham, analista ungherese che ha vissuto e lavorato a Parigi. Nel suo libro “Le temps, le rytme et l’incoscient” (1962) egli osserva che la psicoanalisi ha ignorato il tempo e, pur muovendosi in una dimensione temporale, non ne è di fatto cosciente: in analisi, quindi, l’elemento “tempo” deve essere rivalutato: partendo dal sintomo, è necessario lavorare per rimettere in circolazione quei desideri o traumi inaccessibili e latenti, retaggio di un segreto familiare ce si è perpetuato nelle generazioni. Abraham e Torok, seguendo questo “filo” concettuale, hanno elaborato la “teoria del fantasma”, indicando con questo termine tutte le situazioni vissute da un soggetto, anche precedenti la sua individuazione; una esperienza traumatizzante, se non elaborata, può radicarsi, attraverso un meccanismo di inclusione o incorporazione, come un fantasma in una Sponsorizzata dall’Associazione di Psicoanalisi della Relazione Educativa A.P.R.E. Iscr. Tribunale di Roma n°142/09 4/9/09 (copyright © APRE 2006) Editor in Chief: R. F. Pergola 39 International Journal of Psychoanalysis and Education - IJPE 2013 vol. V, n° 1 ISSN 2035-4630 (rivista quadrimestrale edita telematicamente su http://www.psychoedu.org) cripta, che può trasmettersi inconsciamente da generazione a generazione. Il fantasma nasce da un segreto inviolabile di un altro: non sono, però, gli ascendenti ad assillare il soggetto, ma le lacune lasciate dai loro segreti. Con il termine “cripta”, invece, Abraham e Torok intendono una sorta di Inconscio artificiale, collocato nell’Io, che si crea come risultato di una rimozione a carattere conservativo, che, a differenza della rimozione dinamica propria dell’isteria, è caratterizzata da un desiderio incapace di emergere nel sintomo ma si presenta come un blocco di realtà. Sui meccanismi con cui avviene la trasmissione del “fantasma”, il dibattito è però ancora molto aperto. Secondo Abraham e Torok (La scorza e il nocciolo, 1993) la trasmissione avviene attraverso l’unità duale madre – bambino, riproponendo in una nuova prospettiva le osservazioni di Bowlby sulle interazioni precoci tra madre – bambino, secondo cui le caratteristiche della personalità della madre, tramite lo stile di accudimento, influenzano le strutture psichiche del bambino. Vi sono anche ipotesi suggestive che riferiscono di una trasmissione genetica della memoria. Ad esempio, un interessante esperimento condotto da Steven Arnold e riportato da Le Doux ne “Il sé sinaptico” del 2007, sembra dare conferma a questa ipotesi. L’esperimento di Arnold ha avuto per protagoniste due popolazioni di serpenti giarrettiera, una che vive in zone paludose, e si ciba prevalentemente di lumache, e una che vive in zone aride, con abitudini alimentari completamente diverse. I piccoli, appena schiuse le uova, erano subito isolati dai membri del proprio gruppo e, dopo qualche giorno, venivano offerte loro delle lumache. I piccoli della nidiata “costiera” si mostravano molto attratti dalle lumache mentre gli altri non provavano il minimo interesse: si è verificato quindi che il comportamento alimentare proprio della popolazione di origine rimanesse inalterato, confermando l’esistenza di una componente innata della memoria che ha il sopravvento sulla condizione ambientale contingente. Sponsorizzata dall’Associazione di Psicoanalisi della Relazione Educativa A.P.R.E. Iscr. Tribunale di Roma n°142/09 4/9/09 (copyright © APRE 2006) Editor in Chief: R. F. Pergola 40 International Journal of Psychoanalysis and Education - IJPE 2013 vol. V, n° 1 ISSN 2035-4630 (rivista quadrimestrale edita telematicamente su http://www.psychoedu.org) Anche se tale risultato è estremamente interessante, non risulta ancora del tutto chiarito il meccanismo di trasmissione delle tracce mnemoniche, ed il dibattito e a la ricerca rimangono quindi ancora aperti ad ogni ipotesi. Psicosomatica nella prospettiva transgenerazionale Ancelin Schutzenberger, allieva e collaboratrice di Jacob Moreno, nel volume “La sindrome degli antenati” rileva, confortata dalla sua esperienza clinica, una significativa correlazione tra sintomi somatici e storia familiare del paziente. Il suo approccio psicogenealogico alla psicoterapia parte dalla osservazione che eventi e traumi rilevati nei pazienti possono essere una riproposizione attuale di fatti analoghi accaduti nelle generazioni precedenti. Ella considera come strumento privilegiato di analisi il genosociogramma, una sorta di albero genealogico co-costruito da paziente e terapeuta, ideato da Henry Collomb, con cui è possibile schematizzare le vicende di una famiglia in modo da cogliere eventuali ripetizioni di situazioni e fatti e di delineare una struttura di base che consente al terapeuta di cogliere più facilmente nessi significativi sulle relazioni nei diversi piani generazionali. Ciò che si può così rilevare è il grado di differenziazione del soggetto rispetto alla storia familiare, con tutto il suo bagaglio di miti, vincoli, segreti, lungo un continuum che va da un Sé strutturato e differenziato ad un Io fusionale dipendente dal contesto in cui si è sviluppato. Quest’ultimo tipo di struttura, in particolare, può favorire l’emersione di sintomi fisici che impediscono la vita ed il risentimento può anche arrivare a generare un disturbo psicosomatico, una vera e propria malattia fisica. Secondo la Shutzenberger i concetti di Boszormeny-Nagy, riguardanti le lealtà invisibili, la giustizia, il computo dei debiti e meriti, aprono nuove prospettive alla psicosomatica: infatti il vincolo più o meno stretto alla storia familiare influenza il soggetto nei suoi comportamenti e nei ruoli che egli assume nel contesto relazionale. Sponsorizzata dall’Associazione di Psicoanalisi della Relazione Educativa A.P.R.E. Iscr. Tribunale di Roma n°142/09 4/9/09 (copyright © APRE 2006) Editor in Chief: R. F. Pergola 41 International Journal of Psychoanalysis and Education - IJPE 2013 vol. V, n° 1 ISSN 2035-4630 (rivista quadrimestrale edita telematicamente su http://www.psychoedu.org) Tutti gli avvenimenti relazionali psicologici si organizzano secondo una doppia motivazione, la motivazione manifesta e la “struttura obbligazionale nascosta”, quindi la impossibilità a sviluppare una identità svincolata dai retaggi familiari può portare all’emersione del sintomo. La Schutzenberger ricorda, in questa prospettiva, anche le osservazioni di Françoise Dolto, che, nel suo libro “Le parole dei bambini”, afferma: “ Ogni bambino è inevitabilmente costretto a sopportare sia il clima nel quale cresce, sia gli effetti patogeni che si sono cristallizzati nei postumi del passato patologico non solo della madre e del padre, ma anche delle persone che si occupano di lui. Il bambino è portatore del debito contratto all’epoca della sua fusione prenatale e in seguito della dipendenza postnatale, e che l’ha strutturato” (cit. Schutzenberger, 1993, pag. 45) La Schutzenberger, in estrema sintesi, tenta di coniugare nella prospettiva transgenerazionale aspetti propri della terapia sistemico-familiare con concetti più vicini alla psicoanalisi, allo scopo di correlare la dimensione psichica con la patologia fisica. A questo proposito mi sembra opportuno fare un breve cenno al pensiero di Luis Chiozza, psicoanalista sudamericano a cui si deve il metodo terapeutico patobiografico. Egli, partendo da una prospettiva assolutamente analitica, propone una stretta correlazione tra la storia individuale e il sintomo fisico. Secondo Chiozza, infatti, le malattie "contengono", nascoste, diverse storie e ognuna di queste storie si presenta, nella coscienza del malato e in quella dell’osservatore, come un disturbo corporeo diverso. Chiozza abbandona la concezione della estraneità tra mente e corpo, e, anzi, coglie nelle malattie somatiche elementi della vita fantasmatica del soggetto che rappresentano la concretizzazione della relazione tra funzione fisiologica e funzione psicologica di un organo e, quindi, tra malattia dell’organo e distorsione dei processi mentali connessi. Chiozza non vede mai scisso il sintomo né dall’organo (bersaglio) né dall’uomo con la sua storia personale. Sponsorizzata dall’Associazione di Psicoanalisi della Relazione Educativa A.P.R.E. Iscr. Tribunale di Roma n°142/09 4/9/09 (copyright © APRE 2006) Editor in Chief: R. F. Pergola 42 International Journal of Psychoanalysis and Education - IJPE 2013 vol. V, n° 1 ISSN 2035-4630 (rivista quadrimestrale edita telematicamente su http://www.psychoedu.org) Il suo metodo terapeutico originale, quindi, denominato studio patobiografico, consiste nella ricostruzione della storia clinica e biografica del paziente, alla ricerca degli anelli mancanti nella continuità della storia del paziente, dei quali la malattia è un indice. Attraverso l’indagine e la successiva interpretazione si possono fornire al paziente quegli elementi necessari a dare un nuovo significato alla sua esperienza esistenziale, che per Chiozza corrisponde alla guarigione. Conclusioni La prospettiva transgenerazionale è stata oggetto degli ultimi anni di una crescente attenzione sia all’interno che al di fuori del mondo della psicoanalisi. La suggestiva espressione di “far entrare il tempo nella stanza dell’analisi” ha incontrato l’interesse di numerosi terapeuti stimolati nella ricerca di nuove prospettive che siano in grado di dare risposte adeguate, di fronte ai sempre nuovi interrogativi che la clinica pone. In effetti, da Freud in poi, la psicologia e la psicoanalisi in particolare sono epistemologie caratterizzate da uno stretto collegamento tra pratica clinica e attività teorica. Il crescente interesse per la dimensione transgenerazionale offre però l’occasione per fare qualche riflessione. La pratica clinica pone spesso quesiti inediti cui il terapeuta deve, se possibile, dare delle risposte: si richiede quindi al clinico duttilità ed apertura mentale, così che la sua attenzione sia sempre aperta a nuove prospettive. Questo però non dovrebbe comportare il misconoscimento di quanto di buono la psicoanalisi ha portato nella pratica clinica ma, piuttosto, uno sforzo per integrare e rendere coerenti le dimensioni privilegiate dalla psicoanalisi classica con quelle rilevate dalle novità concettuali. È, naturalmente, una strada complicata da percorrere, in quanto richiede al tempo stesso coerenza e creatività ma, probabilmente, è l’unico modo per progredire veramente nella conoscenza della natura umana. Sponsorizzata dall’Associazione di Psicoanalisi della Relazione Educativa A.P.R.E. Iscr. Tribunale di Roma n°142/09 4/9/09 (copyright © APRE 2006) Editor in Chief: R. F. Pergola 43 International Journal of Psychoanalysis and Education - IJPE 2013 vol. V, n° 1 ISSN 2035-4630 (rivista quadrimestrale edita telematicamente su http://www.psychoedu.org) Bibliografia: Abraham, N. (1968). Le temps, le rythme et l'inconscient". In Abraham et al., Entretiens sur l'art et la psychanalyse (pp. 51-75). Paris: Mouton Abraham, N. e Torok, M. (1993) La scorza e il nocciolo. Roma: Borla Edizioni, Borszormeny-Nagy I. (1988) Lealtà invisibili: la reciprocità nella terapia familiare intergenerazionale. Roma: Astrolabio, Chiozza, L. (1989). Perché ci ammaliamo? La storia che si nasconde nel corpo. Roma: Borla Edizioni, Roma Freud, S. (1908). Romanzo familiare dei nevrotici in Opere, vol. 5, Bollati Boringhieri, Torino Freud, S. (1912), Totem e tabù OSF 7, Bollati Boringhieri, Torino Jung, C.G., Conferenza su Il concetto di inconscio collettivo (1936), Opere di C.G. Jung, vol. 9, Bollati Boringhieri, Torino Kaes, R. (1993) Il soggetto dell’eredità. In R. Kaes e coll. Trasmission de la vie psychique entre generations (pp. 15-30). (trad. it Trasmissione della vita psichica tra generazioni), Borla Ed. Roma) Le Doux, J. (2002) Il Sé sinaptico, Raffaello Cortina Editore Milano Moreno, J.L. (1996), Lo spazio psicodrammatico, Di Renzo Editore, Roma Schutzenberger, A. A. (1993), La sindrome degli antenati, Di Renzo Editore, Roma Sponsorizzata dall’Associazione di Psicoanalisi della Relazione Educativa A.P.R.E. Iscr. Tribunale di Roma n°142/09 4/9/09 (copyright © APRE 2006) Editor in Chief: R. F. Pergola 44