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Il Centro per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese della
Diocesi di Roma ha il piacere di offrire queste semplici ed agili
schede per l’organizzazione degli incontri di formazione,
riflessione ed azione missionaria nelle nostre comunità.
A sostenere l’incontro saranno anzituo le parole dell’Enciclica
Redemptoris Missio, poi una riflessione che vuole aprire al
dibato e alla verifica del gruppo ed in fine la tesmonianza
di chi ha saputo fare della propria vita un segno d’amore
missionario.
Sperando di avervi fao cosa gradita, confidando
nell’impegno di tu coloro che hanno a cuore l’evangelizzazione
dei popoli, vi auguriamo un buon cammino missionario
Centro per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese
INDICE
Scheda 1 GESÙ CRISTO UNICO SALVATORE
Scheda 2 CONVERSIONE E ANNUNCIO DEL REGNO
Scheda 3 LO SPIRITO SANTO
PROTAGONISTA DELLA MISSIONE
Scheda 4 FINO AGLI ESTREMI CONFINI DELLA TERRA
TESTIMONI DELLA FEDE E DELLA GIOIA
Scheda 5a LE VIE DELLA MISSIONE
“La tesmonianza: efficacia della missione”
Scheda 5b LE VIE DELLA MISSIONE
“La carità fonte e criterio della missione”
Scheda 5c LE VIE DELLA MISSIONE
“Educare al saper vivere il vangelo della solidarietà”
Scheda 6 LA MISSIONE COME SOFFIO DELLO SPIRITO
GESÙ CRISTO UNICO SALVATORE
Dall’Enciclica Redemptoris Missio nn° 4-5
«Il compito fondamentale della chiesa di tutte le epoche e, in modo particolare, della
nostra è di dirigere lo sguardo dell’uomo, di indirizzare la coscienza e l’esperienza di
tutta l’umanità verso il mistero di Cristo» …. Risalendo alle origini della chiesa, troviamo chiaramente affermato che Cristo è l’unico salvatore (Gv 14,6) di tutti, colui che
solo è in grado di rivelare Dio e di condurre a Dio. Alle autorità religiose giudaiche che
interrogano gli apostoli in merito alla guarigione dello storpio, da lui operata, Pietro risponde: «Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi sano e salvo... in nessun altro c’è salvezza: non
vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo, nel quale sia stabilito che possiamo
essere salvati». (At 4,10) … Paolo reagisce contro il politeismo dell’ambiente religioso
del suo tempo e pone in rilievo la caratteristica della fede cristiana: fede in un solo Dio
e in un solo Signore, inviato da Dio. … La rivelazione di Dio si fa definitiva e completa
a opera del suo Figlio unigenito: «Dio, che nei tempi antichi aveva già parlato molte
volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha
parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo
del quale ha fatto anche il mondo». (Eb 1,1); (Gv 14,6) In questa Parola definitiva della
sua rivelazione Dio si è fatto conoscere nel modo più pieno: egli ha detto all’umanità chi
è. E questa autorivelazione definitiva di Dio è il motivo fondamentale per cui la chiesa
è per sua natura missionaria. Essa non può non proclamare il vangelo, cioè la pienezza della verità che Dio ci ha fatto conoscere intorno a se stesso. Cristo è l’unico
mediatore tra Dio e gli uomini: «Uno solo, infatti, è Dio, e uno solo il mediatore tra Dio
e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e
apostolo – dico la verità, non mentisco –, maestro dei pagani nella fede e nella verità».
(1 Tm 2,5); (Eb 4,14).
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Per riflettere e discutere…
Il grande dono della fede che il Signore ci ha fatto per mezzo del sacramento del battesimo,
e ha poi confermato e rinvigorito per mezzo della Confermazione, è alimentato dal corpo di
Cristo, pane di speranza e di carità. La sfida missionaria nasce dal nostro essere stati incorporati in Cristo per mezzo dell’iniziazione cristiana e, nelle dinamiche personali e comunitarie, siamo esortati ad indirizzare la nostra coscienza e la nostra esperienza umana verso il
mistero di Cristo.
In virtù del sacramento del battesimo siamo chiamati ad essere testimoni della salvezza operata da Cristo per tutti gli uomini senza restrizioni geografiche e culturali. Il suo Corpo donato
per tutti deve diventare anche il nostro corpo donato per la missione e l’annuncio della Parola
di verità.
Nel vivere il battesimo siamo chiamati a cambiare di “abito”. Rivestiti di Cristo, siamo chiamati ad imitarne la vita in tutti i suoi aspetti e diventare testimoni della presenza tenera e
misericordiosa di Dio tra gli uomini. Noi dobbiamo essere quella “rivelazione” d’amore divino per il mondo e maturare una maggiore consapevolezza del fatto che molti uomini ancora non hanno avuto la gioia di incontrare Cristo. Ecco la nostra missione: far incontrare
Cristo all’uomo e renderne credibile la sua presenza con la nostra vita di fede sincera e carità generosa.
L’ascolto della voce dello Sposo, Gesù, dà gioia al cuore della Sposa, la Chiesa, ed orienta il suo
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cammino. Ecco un’ulteriore urgenza; ascoltare la Parola, interiorizzarla per poi viverla ed annunciarla. È Cristo che ha scelto di parlare per mezzo di noi al mondo d’oggi, le sue parole
sono fonte di speranza.
Per l’attuazione…
• I diversi gruppi di catechismo in preparazione ai sacramenti potrebbero preparare dei manifesti da esporre in Chiesa e nei luoghi più frequentati dalla comunità, per ricordare che
Gesù è l’unico salvatore e noi siamo tutti chiamati ad annunciare il suo vangelo.
• Sarebbe bene che i catechisti che preparano i genitori al battesimo dei loro figli mettessero
in evidenza come il sacramento dell’iniziazione cristiana sia la porta della missione.
• Nei gruppi di fidanzati che si preparano al matrimonio e nel gruppo delle famiglie si può
mettere in risalto la Rivelazione di Dio in Gesù come l’attuazione del Mistero d’amore
che in loro ha un riverbero dell’Eterno e del quale sono, per vocazione, testimoni e missionari.
TESTIMONE
S. FRANCESCO SAVERIO, studente a Parigi conobbe sant’Ignazio di Loyola e fece parte del
nucleo di fondazione della Compagnia di Gesù. È il più grande missionario dell’epoca
moderna. Portò il Vangelo a contatto con le grandi culture orientali, adattandolo con sapiente senso apostolico all’indole delle varie popolazioni. Nei suoi viaggi missionari
toccò l’India, il Giappone, e morì mentre si accingeva a diffondere il messaggio di Cristo nell’immenso continente cinese.
Questo pioniere delle missioni dei tempi moderni è patrono dell’Oriente dal 1748, dell’Opera della Propagazione della Fede dal 1904, di tutte le missioni con S. Teresa di Gesù
Bambino dal 1927.
“In ogni villaggio lascio le orazioni scritte nella loro lingua, con l’ordine di insegnarle
ogni giorno, una volta al mattino e un’altra volta all’ora del vespro. Finito di fare ciò in
un villaggio, vado in un altro e in questo modo cammino di luogo in luogo facendo cristiani, e ciò con molte consolazioni, assai più grandi di quelle che potrei scrivervi per
lettera o spiegarvi di persona”.
S. Francecso Saverio - lettera n°48
Preghiamo
Signore,
tu sei la vita che voglio vivere,
la luce che voglio riflettere,
il cammino che conduce al Padre,
l’amore che voglio amare,
la gioia che voglio condividere,
la gioia che voglio seminare attorno a me.
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Gesù,
tu sei tutto per me,
senza Te non posso nulla.
Tu sei il Pane di vita che la Chiesa mi dà.
È per te, in te, con te
che posso vivere.
Madre Teresa di Calcutta
CONVERSIONE E ANNUNCIO DEL REGNO
Dall’Enciclica Redemptoris Missio n° 13-14.20
“Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino; «convertitevi e credete al vangelo»”. (Mc
1,14); (Mt 4,17); (Lc 4,43) La proclamazione e l’instaurazione del regno di Dio sono l’oggetto
della missione di Gesù di Nazareth: «È per questo che sono stato inviato». (Lc 4,43) … L’orizzonte della missione prima della pasqua è centrato su Israele; tuttavia, Gesù offre un elemento nuovo di importanza capitale. La realtà escatologica non è rinviata a una fine remota
del mondo, ma si fa vicina e comincia ad attuarsi. Il regno di Dio si avvicina, (Mc 1,15) si
prega perché venga, (Mt 6,10) la fede lo scorge già operante nei segni, quali i miracoli, (Mt
11,4) gli esorcismi, (Mt 3,13) l’annunzio della «buona novella» ai poveri. (Lc 4,18) Negli incontri di Gesù con i pagani è chiaro che l’accesso al regno avviene mediante la fede e la
conversione (Mc 1,15) e non per semplice appartenenza etnica. … Il regno di Dio è destinato a tutti gli uomini, essendo tutti chiamati a esserne membri. Per sottolineare questo
aspetto, Gesù si è avvicinato soprattutto a quelli che erano ai margini della società, dando
a essi la preferenza quando annunziava la «buona novella». All’inizio del suo ministero egli
proclama di essere stato mandato per annunziare ai poveri il lieto messaggio. (Lc 4,18) A
tutte le vittime del rifiuto e del disprezzo dichiara: «Beati voi poveri» (Lc 6,20); inoltre, a
questi emarginati fa già vivere un’esperienza di liberazione stando con loro (Lc 5,30); (Lc
15,2) andando a mangiare con loro, trattandoli come uguali e amici (Lc 7,34), facendoli sentire amati da Dio e rivelando così la sua immensa tenerezza verso i bisognosi e i peccatori.
(Lc 15,1). La Chiesa è effettivamente e concretamente a servizio del regno. Lo è, anzitutto.
con l’annunzio che chiama alla conversione … La Chiesa, poi, serve il regno fondando comunità e istituendo chiese particolari e portandole alla maturazione della fede e della carità … La Chiesa, inoltre, serve il regno diffondendo nel mondo i «valori evangelici», che del
regno sono espressione e aiutano gli uomini ad accogliere il disegno di Dio.
Per riflettere e discutere…
La proclamazione e l’instaurazione del Regno di Dio sono l’oggetto della missione di Gesù di Nazareth. Siamo esortati a riflettere su quale sia il “nostro regno”, quali le priorità che talvolta ci inibiscono nel cercare anzitutto il Regno di Dio. L’impegno che per missione divina abbiamo ricevuto
per mezzo del battesimo è quello di rendere visibile il volto del Padre, che si è rivelato in Cristo,
Regno dei cieli. Questo è possibile anche attraverso l’attuazione della giustizia, della libertà e della
pace; noi dobbiamo sentircene artefici senza mai cedere alla “cultura della delega”.
Il sacramento della iniziazione cristiana che abbiamo celebrato chiede anche di essere vissuto; si
profila per noi un costante ed impegnativo cammino di conversione a Cristo e al suo Vangelo. Per
annunciare Gesù bisogna essere sempre pronti a lasciarsi cambiare il cuore e la mente da lui. Nutrendoci di Cristo, pane della speranza e vivendo con lui in una profonda comunione, troveremo
l’audacia di dire sempre più con convinzione: venga il tuo Regno e non il mio!
Il regno di Dio è destinato a tutti gli uomini, essendo tutti chiamati a esserne membri. Questo implica una nuova mentalità che ci permette di uscire dal nostro “piccolo mondo antico” e raggiungere ogni angolo della terra esprimendo così la cattolicità della Chiesa e la sollecitudine fraterna
nei confronti di chi nel mondo attende l’annuncio del Regno.
L’annuncio missionario del Regno bandisce ogni preconcetto e diffidenza e ci apre con generosità
all’accoglienza. Il dono dello Spirito deve favorire in noi, nel rispetto delle diversità, la comunione
perfetta. Lo Spirito che infatti ci è stato dato per mezzo dell’iniziazione cristiana e degli altri sacramenti sarà autenticamente efficace se troverà in noi campo fertile, se ci vedrà collaborativi.
Gesù, all’inizio del suo ministero, proclama di essere stato mandato per annunziare ai poveri il
lieto messaggio. È questo l’impegno a vivere il battesimo! La comunità cristiana in missione si preoccupa di restituire dignità e speranza a coloro che la società ha reso “invisibili” perché scomodi.
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Assieme all’annuncio del Vangelo il fedele di Cristo si preoccupa di dare respiro alla carità. Di tendere sempre generosamente la mano a quanti, non cercati da noi, ci vengono posti sul cammino
di vita dalla Provvidenza.
Gesù fa sentire con la sua missione l’immensa tenerezza di Dio verso i peccatori. Ecco la nostra missione e allo stesso tempo la prova alta della nostra compassione; vivere amabilmente e generosamente l’esercizio della misericordia e della riconciliazione, doni che rendono credibile ed
apprezzabile l’amore. Le nostre comunità dovrebbero essere sempre più cenacoli di riconciliazione, parafrasando l’apostolo delle genti, dovremmo gareggiare nel perdonarci a vicenda!
La Chiesa serve il Regno fondando comunità e portando alla maturazione della fede e della carità.
Affidandosi completamente e con cuore indiviso al Padre di ogni uomo, lasciando che il suo progetto si realizzi in ciascuno e in tutti. Le nostre comunità saranno autenticamente adulte quando
sapranno, nella testimonianza della carità, uscire da se stesse e protendersi verso quelle più fragili e deboli. Quando con un cuore missionario sapranno andare incontro ad altri fratelli per aiutarli a crescere nell’unità e nella vita apostolica.
Per l’attuazione…
La Chiesa esprime la sua missione diffondendo nel mondo i “valori evangelici” in altri termini vivendo il battesimo.
• Proporre ai gruppi di catechesi e all’assemblea domenicale una serie di valori evangelici quali:
la giustizia, la carità, la misericordia, la riconciliazione, la pace, l’accoglienza, il servizio, la preghiera, uno per ogni giorno della settimana, ed invitare a viverli uno per uno, giorno per giorno.
Al termine della settimana i gruppi si possono incontrare e verificare il cammino fatto mettendo
in evidenza le difficoltà nel vivere tali valori che sono costitutivi di ogni missionario.
TESTIMONE
SHAHBAZ BHATTI, il ministro ucciso dai Talebani pakistani, era nato il 9 settembre del 1968, in
una famiglia cristiana originaria del villaggio di Kushpur. Dopo aver completato i suoi studi
ha intrapreso la carriera politica nel Pakistan People’s Party. Molto rapidamente si è imposto all’attenzione dei quadri dirigenti del partito, e in particolare di Benazir Bhutto, con cui
ha lavorato a stretto contatto fino al momento dell’assassinio della leader carismatica pakistana. Shahbaz era sul convoglio insieme alla Bhutto al momento dell’attentato e riportò
solo ferite leggere. Bhatti ha sempre avuto un’attenzione particolare per la situazione dei
settori del Paese più discriminati. Era presidente dell’Apma (All Pakistan Minorities Alliance).
Si tratta di un’organizzazione rappresentativa delle comunità emarginate e delle minoranze
religiose del Pakistan, che opera su vari fronti in sostegno dei bisognosi, dei poveri, dei perseguitati. Del motivo del suo impegno egli dice semplicemente: “Voglio solo un posto ai
piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano
che sto seguendo Gesù Cristo”.
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Preghiamo
Padre mio,
mi abbandono a Te.
Fa’ di me ciò che ti piace!
Qualunque cosa Tu faccia di me
ti ringrazio.
Sono pronto a tutto,
accetto tutto,
purché la Tua volontà si compia in me
e in tutte le Tue creature.
Non desidero niente altro, mio Dio.
Rimetto la mia anima nelle Tue mani,
te la dono, mio Dio,
con tutto l’amore del mio cuore,
perché ti amo.
Ed è per me
una esigenza d’amore il donarmi,
il rimettermi nelle Tue mani
senza misura,
con una confidenza infinita,
poiché Tu sei il Padre mio.
Amen
LO SPIRITO SANTO PROTAGONISTA DELLA MISSIONE
Dall’Enciclica Redemptoris Missio nn° 21-24.26.28-30
La missione della chiesa, come quella di Gesù, è opera di Dio o – come spesso dice Luca
– opera dello Spirito. Dopo la risurrezione e l’ascensione di Gesù gli apostoli vivono
un’esperienza forte che li trasforma: la Pentecoste. La venuta dello Spirito Santo fa di essi
dei testimoni e dei profeti, (At 1,8); (At 2,17) infondendo in loro una tranquilla audacia che
li spinge a trasmettere agli altri la loro esperienza di Gesù e la speranza che li anima. Lo
Spirito dà loro la capacità di testimoniare Gesù con «franchezza». Quando gli evangelizzatori escono da Gerusalemme, lo Spirito assume ancor di più la funzione di «guida» nella
scelta sia delle persone, sia delle vie della missione. La sua azione si manifesta specialmente nell’impulso dato alla missione che di fatto, secondo le parole di Cristo, si allarga
da Gerusalemme a tutta la Giudea e Samaria e fino agli estremi confini della terra.
Lo Spirito spinge il gruppo dei credenti a «fare comunità», a essere chiesa. Dopo il primo
annunzio di Pietro il giorno di Pentecoste e le conversioni che ne seguirono, si forma la
prima comunità. (At 2,42); (At 4,32) Uno degli scopi centrali della missione, infatti, è di riunire il popolo nell’ascolto del vangelo, nella comunione fraterna, nella preghiera e nell’eucaristia. Vivere la «comunione fraterna» (koinonìa) significa avere «un cuor solo e
un’anima sola», (At 4,32) instaurando una comunione sotto tutti gli aspetti: umano, spirituale e materiale. Lo Spirito si manifesta in maniera particolare nella chiesa e nei suoi
membri; tuttavia, la sua presenza e azione sono universali, senza limiti né di spazio né di
tempo (…) Oggi la chiesa deve affrontare altre sfide, proiettandosi verso nuove frontiere
sia nella prima missione ad gentes sia nella nuova evangelizzazione di popoli che hanno
già ricevuto l’annuncio di Cristo. Oggi a tutti i cristiani, alle chiese particolari e alla chiesa
universale sono richiesti lo stesso coraggio che mosse i missionari del passato e la stessa
disponibilità ad ascoltare la voce dello Spirito.
Per riflettere e discutere…
Anche noi come gli apostoli abbiamo fatto l’esperienza (o la faremo) della Pentecoste, il soffio
potente dello Spirito che trasforma mente e cuore, nel giorno in cui abbiamo ricevuto il sacramento della cresima. Quanto possiamo dire essere stato efficace in noi questo dono e in cosa
siamo disposti a lasciarci trasformare? Dovremo crescere sempre più nella consapevolezza che
lo Spirito da noi invocato è per la missione e per l’annuncio a tutti i popoli. La confermazione diventa, in tale prospettiva, il sigillo di Dio su di noi per la missione.
Sei chiamato, perché iniziato alla fede, ad essere profeta. L’esercizio a leggere la nostra storia e
quella della nostra comunità con gli occhi di Dio dovrebbe essere senza sosta. Maturare la consapevolezza che il Signore sta portando a compimento la sua opera di salvezza anche grazie alla
nostra collaborazione, chiede la disponibilità delle nostre comunità ad essere missionarie della
salvezza, ad essere segno di fiducia e speranza per tanti.
Lo Spirito della Pentecoste ha spinto i discepoli a trasmettere e condividere la propria esperienza
di Gesù Cristo. Rileggere la nostra cresima alla luce del grande mandato missionario: abbiamo
ricevuto lo Spirito ed ora tocca a noi andare in tutto il mondo e battezzare nel nome del Padre
e del Figlio e dello Spirito santo. Ora abbiamo la forza per insegnare a vivere il Vangelo con franchezza.
Lo Spirito spinge a fare comunità, a essere Chiesa. Vivere la «comunione fraterna» (koinonìa) significa avere «un cuor solo e un’anima sola», instaurando una comunione sotto tutti gli aspetti:
umano, spirituale e materiale. Dall’Eucaristia possiamo attingere la forza necessaria per attuare
la comunione con Dio e tra di noi. Fare la comunione è una solenne dichiarazione di unità di
fronte a tutta la comunità. Tutti insieme nell’unico pane eucaristico, per vivere tutti nell’unico
corpo di Cristo! L’efficacia della missione dipende anche dalla nostra unità, dalla comunione.
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Per l’attuazione…
• Con i giovani che hanno ricevuto la Cresima approfondire la ricaduta missionaria del sacramento e progettare una possibile esperienza di missione. Il Centro Missionario Diocesano e i
diversi Istituti missionari ad gentes presenti in diocesi potranno aiutarti.
• Con i ragazzi che si preparano a ricevere il sacramento della Cresima si potrebbe organizzare
una visita a qualche Istituto missionario che è a Roma.
• Nella celebrazione domenicale almeno nel mese di ottobre preparare una intenzione di preghiera nella quale si chiede il dono dell’unità e della comunione per essere più credibili nell’annuncio missionario.
• I bambini potrebbero realizzare dei cartelloni in cui si mette in evidenza il mondo che attende
Cristo e con Lui la pace e la concordia.
• Coinvolgere i diversi gruppi della comunità in un attento discernimento circa le richieste che
lo Spirito fa oggi a questa nostra concreta parte di Chiesa. Dove siamo chiamati concretamente ad evangelizzare e testimoniare la carità a Roma e nel mondo?
TESTIMONE
MONS. DANIELE COMBONI, ebbe un grande sogno; “Salvare l’Africa con l’Africa”, a cui consacrò tutte le sue energie missionarie. Per raggiungere questo obiettivo coinvolse tutta la
Chiesa, convinto che la sua era un’opera voluta da Dio. Comboni, fondatore di due Istituti
Missionari, rimane un esempio di apostolo audace ed appassionato, con una fede senza
incertezze e un amore senza frontiere. Il 5 ottobre 2003 in piazza San Pietro viene elevato
agli onori degli altari. Il carisma di Daniele Comboni è patrimonio della Chiesa Universale.
Qui di seguito un brano preso da una omelia di San Daniele Comboni. “Oggi finalmente
ricupero il mio cuore ritornando fra voi per dischiuderlo in vostra presenza al sublime e
religioso sentimento della spirituale paternità, di cui volle Iddio che fossi rivestito or fa un
anno, dal supremo Gerarca della Chiesa Cattolica, nostro Signore il Papa Pio IX. Sì, io sono
di già il vostro Padre, e voi siete i miei figli, e come tali, la prima volta vi abbraccio e vi
stringo al mio cuore. (…) Assicuratevi che l’anima mia vi corrisponde un amore illimitato
per tutti i tempi e per tutte le persone. Io ritorno fra voi per non mai più cessare d’essere
vostro, e tutto al maggior vostro bene consacrato per sempre. Il giorno e la notte, il sole
e la pioggia, mi troveranno egualmente e sempre pronto ai vostri spirituali bisogni: il ricco
e il povero, il sano e l’infermo, il giovane e il vecchio, il padrone e il servo avranno sempre eguale accesso al mio cuore. Il vostro bene sarà il mio, e le vostre pene saranno pure
le mie. (…) Io prendo a far causa comune con ognuno di voi, e il più felice de’ miei giorni
sarà quello, in cui potrò dare la vita per voi. - Non ignoro punto la gravezza del peso che
mi indosso, mentre come pastore, maestro e medico delle anime vostre, io dovrò vegliarvi, istruirvi e correggervi: difendere gli oppressi senza nuocere agli oppressori, riprovare l’errore senza avversare gli erranti, gridare allo scandalo e al peccato senza lasciar di
compatire i peccatori, cercare i traviati senza blandire al vizio: in una parola essere padre
e giudice insieme. Ma io mi vi rassegno, nella speranza, che voi tutti mi aiuterete a portare questo peso con allegrezza e con gioia nel nome di Dio.
Preghiamo
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Ora in noi senza indugio
discendi, o Spirito Santo,
unità sola col Padre e col Figlio:
benigno ancora nei cuori effonditi.
Bocca, lingua, intelletto, sensi e forze
cantino la tua lode.
Divampi in noi la fiamma del tuo amore,
fino ad accendere chi ci è vicino.
(S. Ambrogio di Milano)
FINO AGLI ESTREMI CONFINI DELLA TERRA:
TESTIMONI DELLA FEDE E DELLA GIOIA
Dall’Enciclica Redemptoris Missio nn° 31-32
“Il Signore Gesù inviò i suoi apostoli a tutte le persone, a tutti i popoli e a tutti i luoghi della
terra. Negli apostoli la chiesa ricevette una missione universale, che non ha confini e riguarda la salvezza nella sua integrità, secondo quella pienezza di vita che Cristo è venuto
a portare (Gv 10,10) essa fu «inviata a rivelare e comunicare la carità di Dio a tutti gli uomini e a tutti i popoli della terra». Tale missione è unica, avendo la stessa origine e finalità; ma all’interno di essa si danno compiti e attività diverse. Anzitutto, c’è l’attività
missionaria che chiamiamo missione ad gentes in riferimento al decreto conciliare: si
tratta di un’attività primaria della chiesa, essenziale e mai conclusa. Infatti, la chiesa «non
può sottrarsi alla missione permanente di portare il vangelo a quanti sono milioni e milioni di uomini e donne ancora non conoscono Cristo, redentore dell’uomo. È questo il
compito più specificamente missionario che Gesù ha affidato e quotidianamente affida
alla sua chiesa». Oggi ci si trova di fronte a una situazione religiosa assai diversificata e cangiante: i popoli sono in movimento; realtà sociali e religiose che un tempo erano chiare
e definite oggi evolvono in situazioni complesse. (…) Alcuni, pertanto, si chiedono se sia
ancora il caso di parlare di attività missionaria specifica o di ambiti precisi di essa, o se non
si debba ammettere che esiste un’unica situazione missionaria, per cui non c’è che
un’unica missione, dappertutto eguale. (...) Occorre, però, guardarsi dal rischio di livellare
situazioni molto diverse e di ridurre, se non far scomparire, la missione e i missionari ad
gentes. Dire che tutta la chiesa è missionaria non esclude che esista una specifica missione
ad gentes, come dire che tutti i cattolici debbono essere missionari non esclude, anzi richiede che ci siano i «missionari ad gentes e a vita» per vocazione specifica”.
Per riflettere e discutere…
Molte volte abbiamo sentito dire: ma che bisogno c’è di andare tanto lontano quando c’è tanta
missione da fare proprio qui da noi? Affermazione che con il passare del tempo si fa sempre più
insistente e che indica un’urgenza di evangelizzazione e rinnovamento spirituale anche a Roma.
Allo stesso tempo però rischia di chiudere le prospettive della cattolicità della nostra Chiesa che
è inviata ad annunciare il Vangelo fino agli estremi confini della terra. Sono ancora molti gli uomini che nel mondo attendono la Parola di speranza, aspettano di conoscere la salvezza che Cristo ha operato per tutti per mezzo del suo mistero pasquale. Tendono la loro mano per ricevere
da noi solidarietà e fraternità. C’è da chiedersi quanto questo tema dell’universalità dell’annuncio evangelico sia sentito nelle nostre comunità, in che modo allarghiamo gli orizzonti della nostra azione pastorale. Riscoprire lo specifico della missione ai popoli, lasciare la propria terra per
andare altrove con il desiderio di condividere la fede, annunciare la salvezza, guarire le ferite,
esprimere la carità è quanto mai urgente e necessario in questo nostro tempo. L’orizzonte della
missione si allarga e si restringe allo stesso tempo; cerchi concentrici che coinvolgono il nostro
essere di Cristo. Si allargano verso il mondo e si restringono quando è il mondo a raggiungerci
nel volto di tanti fratelli e sorelle che arrivano nel nostro Paese fiduciosi nell’accoglienza e nell’amore dei cristiani, della nostra Chiesa di Roma. La preghiera ed il sacrificio per le vocazioni
missionarie “ad gentes” e per tutta la vita è indispensabile per il bene di tutti.
Un tarlo pernicioso per la missione può essere anche quell’atteggiamento, che talvolta riscontriamo anche nelle nostre comunità, a delegare. In altri termini pensare che altri risponderanno
a quella che è una mia chiamata rinunciando così a contribuire alla costruzione del Regno.
Di fronte al tentativo sbrigativo dei discepoli di congedare la gente Gesù risponde con una provocazione: date loro voi stessi da mangiare! Dobbiamo essere noi a lavorare per il Regno, noi a
sfamare gli uomini con la Parola e la carità. Noi che nell’iniziazione cristiana abbiamo ricevuto proprio questa missione e la grazia per attuarla: “andate e annunciate il Vangelo ad ogni creatura”.
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Per l’attuazione…
• Si potrebbero contattare alcuni istituti missionari presenti nel territorio della parrocchia o
nella diocesi e chiedere delle testimonianze a chi ha speso anni in missione.
• Intessere con loro un rapporto utile per l’animazione ad gentes in parrocchia.
• Organizzare un incontro di preghiera per le vocazioni maschili e femminili missionarie.
TESTIMONE
MONS. LUIGI PADOVESE vescovo di Anatolia è stato barbaramente ucciso nella sua Chiesa il
3 giugno del 2010. Un pastore buono e mite, saggio e semplice. Ha servito la missione
della Chiesa fino a donare la sua carne e versare il suo sangue conformando la sua vita a
quella di Cristo buon pastore che dà la sua vita per le pecore. Figlio di san Francesco,
esperto dei Padri della Chiesa e uomo del dialogo, in un intervento alla seconda Assemblea Ecclesiale del Patriarcato di Venezia, nella Basilica di San Marco, l’11 ottobre 2009
diceva:
«“Noi parliamo di ciò che abbiamo visto ed udito”, dichiara Giovanni (1 Gv 1,3). La missione dunque è testimonianza resa all’amore di Gesù Cristo e al volto di Dio da lui rivelato.
Da questo punto di vista essa non ha perso nulla della sua urgenza anche se s’impone un
nuovo stile di missione meno ecclesiocentrico e meno interessato, come se Chiesa terrena
e Regno di Dio coincidessero perfettamente. Si tratta di portare gli uomini a scoprire liberamente che il cammino di fede alla sequela di Gesù arricchisce la vita: va restituito al
vangelo il carattere di vangelo, cioè di notizia che dà gioia, trasmettendo la visione che
Gesù aveva del Regno, ma pronti a raccogliere anche delusioni. Non può essere altrimenti
poiché la fede, in quanto espressione congiunta della grazie di Dio e della libera adesione
umana, non si può imporre ma soltanto proporre. Ed è qui che il ruolo della testimonianza
diventa fondamentale anche perché, come diceva un Padre della Chiesa – “gli uomini si
fidano più dei loro occhi che delle loro orecchie”. Nello scrivere una lettera pastorale ai
fedeli delle nostre Chiese in occasione dell’anno paolino, noi vescovi di Turchia abbiamo
rilevato come le difficoltà che Paolo ha sperimentato nell’annuncio del Vangelo non lo
hanno frenato. Egli le ha intese piuttosto come il proprio contributo personale perché il
Vangelo portasse effetto. Annunciare Gesù Cristo per l’Apostolo è stata una necessità che
nasceva dall’amore per Lui. Ciò significa che chi incontra Cristo non può fare a meno di annunciarlo, sia con la vita che con le parole».
Preghiamo
la fede dove c’è il dubbio,
la speranza dove c’è la disperazione,
la luce dove ci sono le ombre,
e la gioia dove c’è la tristezza.
Signore,
fa che io cerchi di confortare e non di essere
confortata,
di capire, e non di essere capita,
Signore,
e di amare e non di essere amata,
fai di me uno strumento della tua pace,
perché dimenticando se stessi ci si ritrova,
affinché io possa portare l’amore dove c’è l’odio, perdonando si viene perdonati
lo spirito del perdono dove c’è l’ingiustizia,
e morendo ci si risveglia alla vita eterna. Amen.
l’armonia dove c’è la discordia,
la verità dove c’è l’errore,
Madre Teresa
Signore,
mettici al servizio dei nostri fratelli
che vivono e muoiono nella povertà
e nella fame in tutto il mondo.
Affidali a noi oggi; dà loro il pane quotidiano
insieme al nostro amore pieno di comprensione,
di pace, di gioia.
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LE VIE DELLA MISSIONE
“La testimonianza: efficacia della missione”
In questa scheda, che per complessità abbiamo diviso in tre parti, siamo chiamati a riflettere
sulle vie che la missione deve percorrere per attuare il suo compito: rendere visibile la bontà
di Dio, salvatore e Padre, ad ogni uomo. Abbiamo individuato tre vie:
• LA TESTIMONIANZA
scheda 5a
• LA CARITÀ
scheda 5b
• L’EDUCAZIONE
scheda 5c
Dall’Enciclica Redemptoris Missio n° 41-42
«L’attività missionaria non è né più né meno che la manifestazione, o epifania, e la realizzazione del disegno di Dio nel mondo e nella storia, nella quale Dio, proprio mediante
la missione attua all’evidenza la storia della salvezza». Quali vie segue la chiesa per giungere a questo risultato? La missione è una realtà unitaria, ma complessa e si esplica in
vari modi, tra cui alcuni sono di particolare importanza nella presente condizione della
chiesa e del mondo. “L’uomo contemporaneo crede più ai testimoni che ai maestri, più
all’esperienza che alla dottrina, più alla vita e ai fatti che alle teorie. La testimonianza
della vita cristiana è la prima e insostituibile forma della missione: Cristo, di cui noi continuiamo la missione, è il «testimone» per eccellenza (Ap 1,5); (Ap 3,14) e il modello
della testimonianza cristiana. Lo Spirito santo accompagna il cammino della chiesa e la
associa alla testimonianza che egli rende a Cristo. (Gv 15,26) La prima forma di testimonianza è la vita stessa del missionario della famiglia cristiana e della comunità ecclesiale, che rende visibile un modo nuovo di comportarsi. Il missionario che, pur con
tutti i limiti e difetti umani, vive con semplicità secondo il modello di Cristo, è un segno
di Dio e delle realtà trascendenti. Ma tutti nella chiesa, sforzandosi di imitare il divino
Maestro, possono e debbono dare tale testimonianza, che in molti casi è l’unico modo
possibile di essere missionari. La testimonianza evangelica, a cui il mondo è più sensibile, è quella dell’attenzione per le persone e della carità verso i poveri e i piccoli, verso
chi soffre. La gratuità di questo atteggiamento e di queste azioni, che contrastano profondamente con l’egoismo presente nell’uomo, fa nascere precise domande che orientano a Dio e al vangelo. Anche l’impegno per la pace, la giustizia, i diritti dell’uomo, la
promozione umana è una testimonianza del vangelo, se è segno di attenzione per le
persone ed è ordinato allo sviluppo integrale dell’uomo”.
Per riflettere e discutere…
Il grande cammino di conversione, che è di ogni uomo, interpella la nostra coscienza e ci spinge
a guardare a Cristo, il grande modello, il testimone per eccellenza dell’amore di Dio. L’impegno di ciascun discepolo è rendere visibile, testimoniare con la vita l’insegnamento di Gesù.
L’annuncio del vangelo passa anche attraverso il mio “modo di essere”, il mio “stile di vita”. Una
vita aderente al Vangelo è già un forte annuncio missionario. La nuova “veste” che il battesimo
ci ha donato è il vivere Cristo in ogni istante della nostra storia, una intima assimilazione a Lui.
Ora bisogna riflettere sul nostro vivere con coerenza, pazienza e responsabilità il dono battesimale della figliolanza divina, della fraternità, dell’appartenenza alla Chiesa di Cristo, dell’unità, della condivisione solidale della fede ricevuta in dono e di quella libertà che è posta
nelle nostre mani. In altri termini si tratta di vivere in pienezza i frutti dell’iniziazione cristiana.
Tali doni, che siamo chiamati a palesare con le nostre opere, compongono la figura del missionario e ne diventano un costante riferimento per la verifica personale.
Il missionario è per sua natura “martire”, ciascuno di noi è per vocazione “martire” della fede,
della speranza e della carità con la forza dello Spirito che ci è stato dato e con la grazia ed il
sostegno che quotidianamente possiamo avere dalla santa eucaristia.
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Per l’attuazione…
• Ciascuno si impegni a curare di più la propria vita evangelica.
• La testimonianza concreta, fatta di gesti evidenti e apprezzabili, prenda il posto delle tante
parole.
• Fare in modo che le persone guardando alla nostra vita pensino a Cristo e a quanto sia bello
vivere nella grande famiglia di Dio che è diffusa nel mondo intero: la Chiesa.
TESTIMONE
DON ANDREA SANTORO, Sacerdote Fidei Donum, romano. L’11 Settembre del 2000 parte
per la Turchia. Il 5 febbraio 2006 viene ucciso nella chiesa di S. Maria a Trabzon mentre pregava con la Bibbia in lingua turca tra le mani, trapassata da uno dei proiettili che
lo hanno colpito alle spalle.
In una delle sue lettere scriveva: “In questo angolo di Medio Oriente c’è bisogno di chi
voglia essere semplicemente cristiano in mezzo alla gente, conducendo una vita per
metà “semi-contemplativa”, per l’altra metà “sulla porta”, accogliendo cioè chi viene
e andando incontro a chi non viene”. (Lettere dalla Turchia, 15 settembre 2004) E in
un’altra lettera si legge: “Per due mesi e mezzo siamo una piccola comunità . È una cosa
molto bella. Gesù diceva: “vi riconosceranno se avrete amore gli uni verso gli altri […]
se sarete una cosa sola”. Il primo annuncio di Gesù risorto è l’unità nella carità. Per questo preghiamo insieme, mangiamo, lavoriamo (chi alla piccola biblioteca che sta nascendo, chi alla spesa, chi ai lavori di casa, chi ai contatti spiccioli quotidiani),
scherziamo, ridiamo delle nostre diversità cercando di valorizzarle al massimo, col telefonino cerchiamo di tenerci uniti con quanti siamo legati dall’affetto, dall’amicizia,
dalla fede, meditiamo le Scritture, adoriamo l’Eucaristia, ci mescoliamo con la gente
accettando inviti e passando ore in conversazione! (abbiamo scoperto che gli occhi e il
cuore parlano più della bocca), visitiamo i luoghi dei nostri padri, attingendo la linfa
ancora presente e irrigando con la preghiera ciò che con il tempo si è seccato”. (Lettere
dalla Turchia, 27 aprile 2001)
Preghiamo
5a
Maria Donna di Gerusalemme
Dove ti offristi con Gesù ai piedi della croce,
Maria Donna del Cenacolo
Dove raccogliesti il soffio dello Spirito Santo,
Maria Donna di Efeso,
Dove giungesti con Giovanni “tuo figlio”
Inviato in missione dallo Spirito: prega per noi.
Maria madre delle pecore fuori dall’ovile,
Madre di chi non conosce tuo figlio,
Madre di coloro che “non sanno quello che fanno”:
Prega per noi.
Maria madre delle anime senza vita,
Madre delle menti senza luce,
Madre di cuori senza speranza,
Madre dei figli che uccisero tuo Figlio,
Madre dei peccatori, madre del ladrone
non pentito,
Madre del figlio non ritornato: prega per noi.
Maria madre di chi non lo ha seguito,
Madre di chi lo ha rinnegato,
Madre di chi è tornato indietro,
Madre di chi non è stato chiamato: prega per noi.
Maria madre di coloro che vanno come Giovanni
A cercare i figli di Dio dispersi,
Madre di quelli che scendono agli inferi
Per annunciare ai morti la Vita: prega per noi.
Maria madre vieni a vivere con me:
Vieni nella casa dove mi chiede di abitare,
Vieni nella terra dove mi chiede di andare,
Vieni tra gli uomini che mi chiede di amare,
Vieni nelle divisioni che mi chiede di sanare,
Vieni nei cuori che mi chiede di visitare.
Vieni a casa mia a farmi da madre,
Vieni Maria a darmi il tuo cuore di madre.
“Meryem anà” “Maria Madre” di tutti i popoli
Prega per noi.
Don Andrea Santoro
LE VIE DELLA MISSIONE
“La carità fonte e criterio della missione”
Dall’Enciclica Redemptoris Missio nn° 60
«La chiesa nel mondo intero – dissi durante la mia visita in Brasile – vuol essere la chiesa dei
poveri. Essa vuol estrarre tutta la verità contenuta nelle beatitudini e soprattutto nella prima:
“Beati i poveri in spirito”... Essa vuole insegnare questa verità e vuol metterla in pratica come
Gesù, che venne a fare e a insegnare». Le giovani chiese, che per lo più vivono fra popoli afflitti da una povertà assai diffusa, esprimono spesso questa preoccupazione come parte integrante della loro missione. La Conferenza generale dell’episcopato latino-americano a
Puebla, dopo aver ricordato l’esempio di Gesù, scrive che «i poveri meritano un’attenzione preferenziale, qualunque sia la condizione morale o personale in cui si trovano. Fatti a immagine
e somiglianza di Dio per essere suoi figli, questa immagine è offuscata e persino oltraggiata.
Perciò, Dio prende le loro difese e li ama. Ne consegue che i primi destinatari della missione
sono i poveri, e la loro evangelizzazione è per eccellenza segno e prova della missione di Gesù».
Fedele allo spirito delle beatitudini, la chiesa è chiamata alla condivisione con i poveri e gli
oppressi di ogni genere. Esorto, perciò, tutti i discepoli di Cristo e le comunità cristiane, dalle
famiglie alle diocesi, dalle parrocchie agli istituti religiosi, a fare una sincera revisione della
propria vita nel senso della solidarietà con i poveri. Nello stesso tempo, ringrazio i missionari
che con la loro presenza amorosa e il loro umile servizio operano per lo sviluppo integrale
della persona e della società mediante scuole, centri sanitari, lebbrosari, case di assistenza
per handicappati e anziani, iniziative per la promozione della donna e simili. Ringrazio i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i laici per la loro dedizione, mentre incoraggio i volontari di organizzazioni non governative, oggi sempre più numerosi, che si dedicano a queste opere di
carità e di promozione umana. Sono, infatti, queste opere che testimoniano l’anima di tutta
l’attività missionaria: l’amore, che è e resta il movente della missione, ed è anche «l’unico criterio secondo cui tutto deve essere fatto o non fatto, cambiato o non cambiato. È il principio
che deve dirigere ogni azione e il fine a cui essa deve tendere. Quando si agisce con riguardo
alla carità o ispirati dalla carità, nulla è disdicevole e tutto è buono».
Per riflettere e discutere…
“Beati i poveri in spirito” è la prima e il contenitore di tutte le beatitudini. Il dono di uno spirito libero e misericordioso, che sa guardare con gioia alla vita e si apre con entusiasmo al mondo intero.
Sentire la necessità di condividere il dono della fede che nel sacramento del battesimo ci è stato
dato rientra nella missione propria di ciascun discepolo del Signore. Ci dovremmo chiederci come
risuona questa beatitudine nella nostra vita e in quella della nostra comunità. Nell’animare missionariamente una comunità si può cadere nello squilibrio delle tendenze. Si può constatare che
alcune comunità sono particolarmente vivaci dal punto di vista della solidarietà, nel sostenere
adozioni a distanza, nell’intervenire là dove si presenta un urgenza sanitaria o alimentare, nella
realizzazione di micro progetti socialmente utili, ma trascurano l’annuncio del Vangelo. Qualcuno
potrebbe obiettare: ma quale modo migliore di annunciare il Vangelo se non quello di testimoniare
nel concreto la carità? Vero! Ma argomentare la nostra fede dando risposte di senso alle nostre domande e lasciando parlare il Vangelo e l’insegnamento della Chiesa al cuore degli uomini è l’elemento fondante e la ragione di ogni azione pastorale. Senza l’annuncio del Vangelo che libera,
salva, riaccende la fiducia e la speranza nel futuro, non c’è missione. A noi mantenere questo equilibrio, mettere in luce le due facce della stessa medaglia. La carità di Cristo ci esorta all’amore che
perdona e riconcilia, che supera preconcetti e rigidità. Che non punta il dito verso le diversità culturali o religiose. Anche le nostre comunità possono essere vittime di atteggiamenti di diffidenza,
chiusure, preconcetti o discriminazioni. Il cuore di Cristo, il suo Corpo, è donato per tutti e nell’Eucaristia siamo invitati a vivere la perfetta unità della famiglia umana. È l’Eucaristia che nutre la
Chiesa e la rende missionaria della comunione. Lo scandalo delle divisioni tra fratelli di una stessa
comunità è una ferità che bisogna curare con pazienza e determinazione.
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Per l’attuazione…
• Si potrebbe pensare di stabilire un rapporto con una Diocesi di missione, sentendo il Vescovo del
luogo per concretizzare un rapporto di fraternità e solidarietà con una comunità parrocchiale.
• Aprire dei canali di adozioni a distanza di intere classi scolastiche, scuole dell’infanzia o villaggi,
in modo che tutti, equamente, possano beneficiare della nostra solidarietà senza parzialità.
• Fare una ricerca, con i giovani, sulle molteplici povertà del mondo e dell’impegno della Chiesa
a favore dei più poveri. I risultati potrebbero essere affissi nel contesto di una mostra missionaria
nei luoghi più frequentati della parrocchia così che si metta in evidenza la povertà del mondo e
l’impegno della Chiesa: sia di richiamo e sproni ad operare la carità missionaria.
TESTIMONE
DON LUIGI DI LIEGRO, sacerdote romano. Nel febbraio del 1974 Don Luigi coordina con il cardinale Ugo Poletti il famoso Convegno sui mali di Roma: La responsabilità dei cristiani di
fronte alle attese di giustizia e di carità nella diocesi di Roma. Iniziato il 12 febbraio nella basilica di S. Giovanni in Laterano, il convegno mette in luce e denuncia le debolezze e le mancanze di Roma, insieme a coloro che ne erano stati responsabili, segnando una svolta nel
rapporto fra le persone e i problemi reali e concreti. Nel novembre del 1979 nasce la Caritas Diocesana di Roma. Don Luigi ne diviene fin dall’inizio l’anima oltre che il direttore. Una
Caritas pensata per praticare “una carità che tende a liberare le persone dal bisogno e quindi
a renderle protagoniste della propria vita”. “Ubi pauper, ibi Christus”: “Dove c’è il povero,
lì c’è Cristo” è il motto scelto da don Luigi al momento di diventare sacerdote. Se la memoria
collettiva lega ancora oggi don Luigi soprattutto alle iniziative caritative sul territorio della
città di Roma, non bisogna dimenticare il consistente operato messo in campo oltre i confini della Diocesi e dell’Italia stessa. Da qui la sua anima squisitamente missionaria, il suo
spingersi oltre per amore; oltre gli schemi convenzionali, oltre le logiche dell’egoismo sociale, oltre i confini geografici. Dal terremoto dell’Irpinia a quello in Armenia, dal Sud Est
Asiatico alla Palestina fino all’Albania del dopo regime, numerosi sono i viaggi, gli interventi,
le iniziative di ricostruzione economica, sociale, culturale, ecclesiale operate da don Luigi,
ancora oggi molto vive nella memoria delle persone che lo hanno incontrato e che hanno
riconosciuto quel suo senso di carità concreta, viva, di solidarietà reale, incarnata. Una sua
frase storica sulla quale è bene meditare spesso ci ricorda che: “Non si può amare a distanza, restando fuori dalla mischia, senza sporcarsi le mani, ma soprattutto non si può
amare senza condividere”. Il “profeta dei poveri”, così il Beato Giovanni Paolo II definiva don
Luigi; uomo profetico e provocatorio, profondamente spirituale ma altrettanto concreto,
che ci insegna che la carità è anche incontrare l’uomo nella sua totalità e non solo la sua
parte malata o il suo bisogno immediato. Per questo non basta la pietà che si ferma alle parole e non esce da se stessa, per questo non si può amare senza condividere.
Preghiamo
O Dio,
apri i miei occhi affinché possa vedere il bisogno degli altri,
apri le mie orecchie, affinché possa sentire le loro grida,
apri il mio cuore, affinché non debbano rimanere senza soccorso.
Fa che la rabbia dei forti non mi spaventi nel difendere i deboli,
e che la rabbia dei ricchi non mi spaventi nel difendere i poveri.
Fammi vedere dove c’è bisogno di amore, di speranza, di fede
e fammi diventare un tuo strumento per portarli in quei luoghi.
Apri i miei occhi e le mie orecchie,
affinché in questa giornata che viene
io possa fare un’opera di pace per te.
Amen
Preghiera dallo Zimbawe
LE VIE DELLA MISSIONE
“Educare al saper vivere il vangelo della solidarietà”
Dall’Enciclica Redemptoris Missio nn° 58
“La missione ad gentes si svolge ancor oggi, per gran parte, in quelle regioni del Sud del
mondo, dove è più urgente l’azione per lo sviluppo integrale e la liberazione da ogni
oppressione. La chiesa ha sempre saputo suscitare, nelle popolazioni che ha evangelizzato, la spinta verso il progresso. La missione della chiesa non è di operare direttamente sul piano economico o tecnico o politico o di dare un contributo materiale allo
sviluppo, ma consiste essenzialmente nell’offrire ai popoli non un «avere di più», ma un
«essere di più», risvegliando le coscienze col vangelo. «L’autentico sviluppo umano deve
affondare le sue radici in un’evangelizzazione sempre più profonda». La chiesa e i missionari sono promotori di sviluppo anche con le loro scuole, ospedali, tipografie, università, fattorie agricole sperimentali. Ma lo sviluppo di un popolo non deriva
primariamente né dal denaro, né dagli aiuti materiali, né dalle strutture tecniche, bensì
dalla formazione delle coscienze, dalla maturazione delle mentalità e dei costumi. È
l’uomo il protagonista dello sviluppo non il denaro o la tecnica. La chiesa educa le coscienze rivelando ai popoli quel Dio che cercano, ma non conoscono. La grandezza dell’uomo creato a immagine di Dio e da lui amato, l’uguaglianza di tutti gli uomini come
figli di Dio, il dominio sulla natura creata e posta a servizio dell’uomo, il dovere di impegnarsi per lo sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. Il contributo della chiesa e
della sua opera evangelizzatrice per lo sviluppo dei popoli riguarda non soltanto il Sud
del mondo, per combattervi la miseria materiale e il sottosviluppo, ma anche il Nord,
che è esposto alla miseria morale e spirituale causata dal «supersviluppo». Certa modernità a-religiosa, dominante in alcune parti del mondo, si basa sull’idea che, per rendere l’uomo più uomo, basti arricchire e perseguire la crescita tecnico-economica... Il
Nord del mondo ha costruito un tale «modello di sviluppo» e lo diffonde nel Sud, dove
il senso di religiosità e i valori umani che vi sono presenti rischiano di esser travolti dall’ondata del consumismo. Bisogna ritornare a una vita più austera che favorisca un
nuovo modello di sviluppo, attento ai valori etici e religiosi. L’attività missionaria apporta ai poveri la luce e lo stimolo per il vero sviluppo, mentre la nuova evangelizzazione
deve, tra l’altro, creare nei ricchi la coscienza che è venuto il momento di farsi realmente fratelli dei poveri nella comune conversione allo sviluppo integrale, aperto all’Assoluto”.
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Per riflettere e discutere…
“Bisogna ritornare a una vita più austera che favorisca un nuovo modello di sviluppo, attento
ai valori etici e religiosi” RM 58, una vita sobria che sappia fare a meno del superfluo. Sarebbe
utile intraprendere un percorso di educazione al saper vivere del necessario, esaltando i valori evangelici che donano l’entusiasmo e la giusta libertà per l’annuncio.
L’educazione passa anche e soprattutto attraverso l’annuncio del Vangelo, riscoprire Gesù missionario e maestro di vita è quanto mai utile in un contesto sociale in cui molti si propongono
pedagoghi e tante sono le opinioni e le parole che rischiano di destabilizzarci e di distogliere
il nostro sguardo dalla Verità di Gesù. Chiederci quanto le nostre comunità stiano investendo
sulla “politica della sobrietà” e della “partecipazione dei beni” con i più poveri può tornare
utile per una reale misura della nostra vita evangelica. Anche nelle nostre comunità è importante eliminare le diseguaglianze e i preconcetti tra il “nord” e il “sud” delle nostre dinamiche
relazionali e pastorali.
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Per l’attuazione…
• I giovani della comunità potrebbero realizzare dei cartelloni da affiggere in un luogo frequentato in cui si evidenziano le divergenze economiche e sociali tra il sud e il nord del
mondo.
• I più piccoli prendano coscienza, ad esempio in rapporto all’alimentazione, delle profonde
differenze tra il pasto quotidiano di un bimbo del nord del mondo e quello del sud del
mondo. (A tale riguardo esistono dei giochi educativi con questa finalità).
• La preghiera dei fedeli nella Messa domenicale richiami l’attenzione di tutti all’urgenza di
un percorso di educazione a vivere il vangelo della solidarietà.
• Si possono incoraggiare le classi del catechismo ad adottare a distanza delle classi di catechismo in Paesi di missione.
• Gli insegnanti di religione in collaborazione con altri docenti, potrebbero affrontare, nelle
scuole in cui operano, il problema della fame e della sete che ancora oggi permane nel
mondo e il tema dello sviluppo dei popoli.
TESTIMONE
S.E. MONS. OSCAR ROMERO. Nato nel 1917, ha dedicato la sua vita alla Chiesa del Salvador, in America Centrale. Sacerdote, fu nominato vescovo ausiliare della capitale, San
Salvador, nel 1970. Nel 1977 divenne arcivescovo di quella città. Fin dagli inizi del suo
episcopato si schierò con forza e con coraggio contro le violenze politiche e sociali che
insanguinavano la città e la nazione, e che purtroppo continuano sino ai giorni nostri.
Si oppose al governo dittatoriale che prevalse proprio nel 1977 e scelse di stare con gli
ultimi, con i poveri, con coloro che subivano le violenze e sopraffazioni. Attaccò con coraggio i “signori della morte”, coloro che, sotto la protezione del potere, si arricchivano
con il traffico della droga e delle armi, con lo sfruttamento dei più deboli, con la prostituzione. L’arcivescovo divenne rapidamente un simbolo di speranza per tutti i poveri
del suo Paese e per coloro che nell’America Latina lottano contro ogni genere di violenze. Nel marzo del 1980, durante la predica, arrivò a proclamare che il militare in servizio non è obbligato, in coscienza, ad eseguire un ordine che va contro la legge di Dio.
Il giorno dopo, proprio mentre stava celebrando l’eucarestia nella cattedrale della capitale, venne assassinato presso l’altare, al momento dell’elevazione dell’ostia. Mons.
Romero ha sacrificato la sua vita a difesa della verità, della giustizia e dei valori del Vangelo: una testimonianza straordinaria e non isolata, un segno importante che è possibile vivere e morire secondo la legge di Dio rivelata da Gesù Cristo.
Preghiamo
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Spirito di Dio,
vieni ad aprire sull’infinito
le porte del nostro spirito e del nostro cuore.
Aprile definitivamente
e non permettere che noi tentiamo di richiuderle.
Aprile al mistero di Dio
e all’immensità dell’universo.
Apri il nostro intelletto
agli stupendi orizzonti della Divina Sapienza.
Apri il nostro modo di pensare
perché sia pronto ad accogliere
i molteplici punti di vista diversi dai nostri.
Apri la nostra simpatia
alla diversità dei temperamenti
e delle personalità che ci circondano.
Apri il nostro affetto
a tutti quelli che sono privi di amore,
a quanti chiedono conforto.
Apri la nostra carità
ai problemi del mondo,
a tutti i bisogni della umanità.
Apri la nostra mente
alla collaborazione
con tutti coloro che si adoperano per un
medesimo fine.
Jean Galot
LA MISSIONE COME SOFFIO DELLO SPIRITO
Dall’Enciclica Redemptoris Missio n° 87
L’attività missionaria esige una specifica spiritualità…
Tale spiritualità si esprime, innanzitutto, nel vivere in piena docilità allo Spirito: essa impegna a lasciarsi plasmare interiormente da lui per divenire sempre più conformi a Cristo.
Non si può testimoniare Cristo senza riflettere la sua immagine, la quale è resa viva in
noi dalla grazia e dall’opera dello Spirito. La docilità allo Spirito impegna poi ad accogliere i doni della fortezza e del discernimento, che sono tratti essenziali della stessa spiritualità.
Emblematico è il caso degli apostoli, che durante la vita pubblica del Maestro, nonostante il loro amore per lui e la generosità della risposta alla sua chiamata, si dimostrano incapaci di comprendere le sue parole e restii a seguirlo sulla via della sofferenza
e dell’umiliazione. Lo Spirito li trasformerà in testimoni coraggiosi del Cristo e annunziatori illuminati della sua Parola: sarà lo Spirito a condurli per le vie ardue e nuove
della missione. Anche oggi la missione rimane difficile e complessa come in passato e
richiede ugualmente il coraggio e la luce dello Spirito: viviamo spesso il dramma della
prima comunità cristiana, che vedeva forze incredule e ostili “radunarsi insieme contro
il Signore e contro il suo Cristo”. (At4,26) Come allora, oggi occorre pregare, perché Dio
ci doni la franchezza di proclamare il vangelo; occorre scrutare le vie misteriose dello
Spirito e lasciarsi da lui condurre in tutta la verità. (Gv16,13)
Per riflettere e discutere…
Il beato Giovanni Paolo II nella sua Enciclica sulla missione universale della Chiesa, “Redemptoris Missio”, ci dice che per essere missionari occorre partire dalla spiritualità. In una cultura
in cui l’efficientismo sembra tutto e misura di ogni cosa, anche nelle nostre comunità parrocchiali, il Papa ci ricorda che bisogna partire dallo spirito, occorre anzitutto ascoltare il cuore,
entrare nelle profondità del nostro animo.
Sarai quindi missionario e convincente animatore se, entrando in te stesso, sentirai il bisogno, la necessità di lasciarti “accompagnare in missione” dallo Spirito Santo. Nel Convegno Diocesano 2011 il Cardinale Vicario, Agostino Vallini, nel suo indirizzo di saluto al Papa
ricordava che: “Lo Spirito Santo attraverso la Sua voce parla alla nostra Chiesa e a ciascuno
di noi per illuminarci e sostenerci verso una più matura crescita nella fede, nella comunione
e nel servizio e ci sprona ad individuare e condividere le vie più opportune per l’annuncio del
Vangelo”.
Essere missionari vuol dire lasciar trasparire dalle nostre azioni e dalle nostre parole il Vangelo
di Cristo. Una Parola scritta nella nostra storia e visibile attraverso il nostro vivere quotidiano.
Vivere in Cristo, per Cristo e con Cristo è il vero segreto ed anche il “successo” della missione.
E che dire nei momenti di scoraggiamento o quando sembra che intorno a te, tra i tuoi fratelli
di comunità, ci sia un muro di gomma? Quando le tue proposte per animare la missione tornano al mittente? Due possibilità: lasciarsi cadere le braccia e mollare tutto oppure incaponirsi
e nell’ostinazione dei forti del Vangelo andare avanti.
Proprio così, andare avanti con la passione nel cuore e l’entusiasmo di chi sa di dover rispondere ad una sfida!
Ti sei mai chiesto da dove cominciare per essere animatore della missione ad gentes?
Quanto tempo riesci a dedicare alla cura del tuo spirito e all’ascolto del cuore?
La dimensione dello spirito e dell’ascolto della voce dello Spirito è una priorità nel tuo gruppo
di appartenenza, nella tua comunità?
Quali sono le cose che maggiormente ti scoraggiano e come reagisci?
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Per l’attuazione…
• Preparare una veglia, con i ragazzi del catechismo o con il gruppo giovani, con uno stile
missionario.
• Pensare ad una adorazione eucaristica comunitaria per la missio ad gentes.
• Chiedere alle persone devote del santo rosario di pregare quello missionario una volta al
mese e ai ministri straordinari della comunione di chiedere ai malati che visitano di offrire
la loro sofferenza per la missione della Chiesa.
• Si potrebbe far realizzare ai ragazzi dei cartelli in cui si evidenzia che la missione è anzitutto
preghiera e docilità allo Spirito Santo.
TESTIMONE
SANTA TERESA DI GESÙ BAMBINO. Nacque ad Alençon nel 1873 e morì a Lisieux il 30 settembre 1897; praticò in modo singolare la semplicità evangelica e l’abbandono in Dio.
Posta dalla vocazione contemplativa nel cuore della Chiesa, si aprì all’ideale missionario tanto da essere proclamata con san Francesco Saverio, patrona delle Missioni. Fu canonizzata da Pio XI nel 1923. Proclamata Dottore della Chiesa il 19 ottobre 1997.
Il grande desiderio di Teresa di recarsi in missione in Indocina non si realizzò mai a causa
della sua malattia. Il progredire inarrestabile di essa, tuttavia, non le impedì di prendersi
cura dei missionari in partenza per il sud-est asiatico e pregare per loro.
“Non conosco l’avvenire; tuttavia se Gesù realizzerà i miei presentimenti, le prometto –
scriveva a Padre Maurice Bellière – di restare anche Lassù la sua piccola sorella. La nostra unione, invece di esser spezzata, diventerà allora più intima, non ci sarà più clausura, non ci saranno più grate e la mia anima potrà volare con lei nelle missioni lontane.
I nostri ruoli resteranno gli stessi: a lei le armi apostoliche, a me la preghiera e l’amore…
(LT 220).
Preghiamo
O mio Gesù, ti ringrazio di soddisfare uno dei miei più grandi desideri:
quello d’avere un fratello Sacerdote e apostolo…
Mi sento molto indegna di questo favore,
ma giacché ti degni di concedere alla tua povera piccola sposa
la grazia di lavorare specialmente alla santificazione di un’anima destinata al Sacerdozio,
con gioia ti offro per essa tutte le preghiere e i sacrifici di cui posso disporre;
ti chiedo, o mio Dio, di non guardare ciò che sono, ma ciò che dovrei e vorrei essere, ossia una
religiosa tutta infiammata del tuo amore.
Tu lo sai, Signore:
la mia unica ambizione è di farti conoscere e amare, ora il mio desiderio sarà realizzato.
Io non posso che pregare e soffrire,
ma l’anima alla quale ti degni unirmi con i dolci vincoli della carità
andrà a combattere nella pianura per conquistarti dei cuori,
e io, sulla montagna del Carmelo, ti supplicherò di dargli la vittoria.
Divino Gesù,
ascolta la preghiera che ti rivolgo per chi vuole essere tuo Missionario:
custodiscilo in mezzo ai pericoli del mondo;
fagli sentire sempre più il niente e la vanità delle cose passeggere
e la felicità di saperle disprezzare per tuo amore.
Il suo sublime apostolato si eserciti già su coloro che lo circondano,
che egli sia un apostolo, degno del tuo Sacro Cuore.
S. Teresa di Gesù Bambino