2 tavola rotonda lettura del percorso effettuato riflessioni
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2 tavola rotonda lettura del percorso effettuato riflessioni
Reti di luci per abitare il pianeta Laboratorio internazionale di cittadinanza Domenica, 3 aprile 2016 Tavola rotonda: lettura del percorso effettuato e riflessioni INTERVISTA A MARIA EMMAUS VOCE, Presidente del Movimento dei Focolari e a JESUS MORAN, Co-presidente del Movimento dei Focolari Interventi di: Giuseppe MILAN, Docente Università di Padova (Italia), Lucia FRONZA CREPAZ, Responsabile progetti formativi – Scuola di preparazione sociale (Italia) Moderatrice: Eugenia PASSONE, Mov. Giovani per un Mondo Unito (Italia) Giuseppe Milan: Emmaus, Jesús, innanzitutto volevamo dirvi che ieri sera, nel dopo cena, abbiamo vissuto un momento magico. Un momento in cui alcuni artisti, che sono tra di noi, hanno presentato un concerto suggestivo, meraviglioso. Un’emozione profonda ha percorso l’intera sala, ha attraversato la “nostra città”. Alla fine di questo momento, gli artisti hanno detto: “Attenzione: la nostra città ha bisogno di arte”. È vero: la nostra città ha bisogno di cogliere quel soffio divino, la bellezza, che può abitare tra di noi, ma che troppo spesso oggi nelle nostre città viene trascurata, ammutolita, negata. Questo appello bellissimo, profondo, l’abbiamo raccolto e lo doniamo anche a voi: dar vita, dar luce alla bellezza che Dio vuole attraversi le città, la nostra vita insieme. Il primo giorno, venerdì, è stato dedicato alla “città in dialogo”. Nel pomeriggio, in particolare, alla “città interculturale”. Ci sono state riflessioni e contributi provenienti da paesi e da culture, i più vari: gli Stati Uniti, l’Italia, la Colombia, la Spagna, la Bosnia Erzegovina, il Congo, l’Egitto. Qualcuno diceva, tra le righe, un pò più tardi, che questo nostro incontro non è “italocentrico”, neppure “eurocentrico”: è un incontro in cui davvero si respira di più l’aria del mondo che ci attraversa e che ci chiama. Sono state riflessioni ed esperienze di persone provenienti da ambiti professionali, da storie, da ricerche, le più varie: architettura, diritto, pedagogia, politica, l’agire sociale, il volontariato. E da parte di tutti, è emersa, innanzitutto, l’attenzione alla vita, alla “città concreta” - l’abbiamo chiamata così -, alle sue sfide urgenti: quindi la “città frammentata”, la M o v i m e n t o d e i F o c o l a r i Reti di luci per abitare il pianeta Laboratorio internazionale di cittadinanza Domenica, 3 aprile 2016 Tavola rotonda: lettura del percorso effettuato e riflessioni “città violentata” da conflitti, da guerre, da violenza, la “città arcipelago” di isole culturali spesso separate, che non si incontrano, la “città delle paure”, la “città dell’intolleranza” spesso, la “città autistica”, la “città murata”, dove tante volte costruiamo aree recintate e difensive tra di noi, che diventano luoghi di intolleranza: si formano ghetti, periferie abbandonate. è anche la “città dell’indifferenza”, la “città del conformismo” spesso imposto. Insomma, ci siamo riconosciuti cittadini di questa città, con tutte le sfide concrete che la città e le città ci pongono. Nello stesso tempo è emerso fra di noi, forte, il desiderio di non perdere di vista la “città sogno”, la “città ideale”, e abbiamo avuto da Chiara e dalla nostra storia tanta luce, su quella che questa città può e deve essere: la città che spesso è già “tra di noi”, l’utopia già tra le nostre mani, l’utopia verso la quale comunque dobbiamo sempre, umilmente, camminare, costruendo giorno per giorno questo nostro percorso per la città ideale. Nello stesso tempo, attraverso le esperienze narrate, le ricerche, sono emerse metodologie, strategie, una serie di linee di azione concrete, che hanno all’interno proprio questo desiderio di luce e non nascondono la difficoltà del camminare e del realizzare concretamente progetti autentici fra di noi. Ad esempio, è emersa la necessità delle allenze interdisciplinari, è emerso l’impegno del lavoro di rete e del costruire sinergie, uscendo anche dalle nostre abitudini per incontrare l’altro e costruire collaborazioni veramente produttive e costruttive. È uscita la necessità del “lavoro di comunità”: costruire la comunità e le comunità tra di noi, comunità aperte, dialogiche. Far sì che le nostre città , in un tempo in cui ci sono tanti “non luoghi”, siano e mostrino luoghi sempre di più abitabili, costruendo prassi di solidarietà, di cittadinanza, di fraternità. Abbiamo visto che la fraternità è l’elemento che costruisce la città, la polis, tra di noi. E abbiamo evidenziato che, in ultima analisi, la sfida più grande e per molti versi sovversiva è dar vita alla “persona dialogica”, alla “persona interculturale”, alla persona capace di questo dialogo: questo obbliga a un grande lavoro di formazione, perchè proprio la persona dialogica, interculturale, costruisce la città, e questo è davvero sovversivo in un contesto culturale dove spesso prevale l’enfatizzazione dell’io. Tutto questo è complesso, non è facile, implica un confronto e anche la positività del M o v i m e n t o d e i F o c o l a r i Reti di luci per abitare il pianeta Laboratorio internazionale di cittadinanza Domenica, 3 aprile 2016 Tavola rotonda: lettura del percorso effettuato e riflessioni conflitto costruttivo, quando hai però in mente questo Logos, questo centro di riferimento che è l’Ideale che ci calamita e ci orienta. Questo è in sintesi estrema quanto è emerso sulla città dialogo, sulla città interculturale. E' emersa da tanti di noi una domanda che ti facciamo, Emmaus. Siamo tutti figli di un luogo che ci ha visti nascere, al quale siamo evidentemente legati, e siamo figli - come Opera - di una città: Trento, che ha visto Chiara nascere, crescere, camminare, attraversare le difficoltà e la particolarità di una cultura di quella città di allora; ha visto le rovine della guerra, però ha costruito e ha intravisto strade tra queste rovine. E da lì è partito qualcosa che conosciamo. Ma vorremmo che tu ci aiutassi a riscoprire e a ritenere in noi queste radici che ci riguardano così profondamente. Maria Emmaus Voce: E' una bella domanda. Io devo dire, innanzitutto, che non c'ero a quell'epoca, quindi anche per me Trento è la città del cuore, non la città in cui ho vissuto ma la città in cui sono nata come figlia di Chiara. Però devo dire che Trento ha sempre un fascino e un impatto particolare quando ci si va, e posso raccontarvi semplicemente che l'anno scorso abbiamo fatto un'esperienza come Centro del Movimento. Un gruppo abbastanza folto del Centro del Movimento si è recato a Trento per una settimana, una settimana in cui ci siamo voluti astrarre qui dal nostro lavoro abituale, proprio per guardarlo con più obiettività, e anche per ripercorrere insieme - anche con la forza che c'era di unità fra di noi - le strade, i luoghi che avevano visto Chiara nascere, crescere, studiare, camminare. Ed è stato un impatto molto forte, perché camminando per quelle straduzze, visitando il luogo dove Chiara è nata, dove Chiara è stata battezzata, dove Chiara ha studiato, venivano in evidenza tanti punti di luce che illuminavano anche il nostro cammino. Allora era tutto uno scoprire questi raggi luminosi che Dio aveva dato a Chiara in quella città; per esempio il Duomo, dove Chiara si ritirava certe volte, si rifugiava con i suoi libri di filosofia, quasi per farsi illuminare da una luce superiore nella sua ricerca di verità che faceva M o v i m e n t o d e i F o c o l a r i Reti di luci per abitare il pianeta Laboratorio internazionale di cittadinanza Domenica, 3 aprile 2016 Tavola rotonda: lettura del percorso effettuato e riflessioni attraverso questa filosofia; o per esempio la chiesa delle suore dove bambina stava davanti al tabernacolo e chiedeva a Gesù esposto nel Sacramento di darle la sua luce, di darle il suo calore, perché? Evidentemente perché nasceva in lei questo bisogno di illuminare e di scaldare l'umanità con la quale sarebbe poi venuta a contatto. Oppure il bosco di Gocciadoro dove si è rivelato ai suoi occhi, alla sua mente, il pensiero: "Tutto vince l'amore, tutto vince l'amore, tutto vince l'amore". Punti di luce. Quindi era bellissimo seguire Chiara in questa illuminazione degli inizi del Movimento. E credo che abbiamo ricevuto tanto in questo senso. Nello stesso tempo mi sembrava - forse ci sembrava, ma io parlo per me, vi racconto la mia esperienza - di scoprire che questa città di Trento era stata per Chiara la prima scuola dell'impatto con la sofferenza, perché anche tutti questi punti di luce si poggiavano su un punto oscuro. C'era la luce per la ricerca della verità, ma c'era l'impossibilità di andare all'università; c'era la guerra, c'era la paura della guerra: tutte quelle sfumature di sofferenza che il mondo conosce, che gli uomini conoscono, quindi la paura dei bombardamenti, c'era l'incertezza del domani, il non saper se costruire o non costruire una casa, fondare o non fondare una famiglia. C'era la povertà che si vedeva chiaramente, le ferite; c'era l'intolleranza; il trovarsi qualche volta estraneo nella propria città perché non si sapeva più se si apparteneva all'Impero austro-ungarico o se si apparteneva all'Italia. C'erano tutti questi dolori che hanno fatto fare a Chiara il primo impatto con quello che poi lei avrebbe scelto come il suo Sposo, come il suo Ideale: questo amore folle per Gesù abbandonato che per l'umanità aveva fatto follie. Prima ancora di questo Chiara ha vissuto tutto questo. E poi mi faceva impressione che quando finalmente si era ritirata fuori da Trento per andare - in un periodo di illuminazione straordinaria - nella montagna vicina, a Tonadico, dove ha avuto un periodo bellissimo di rapporto con Dio, di profonda unione con Dio e con le sue compagne, quando è stata richiamata dall'umanità che in Foco le diceva: "Tu devi tornare, devi tornare fra gli uomini", lei è tornata a Trento e cos'ha detto? "Andrò per il mondo cercandoLo". Cioè, quello che aveva conosciuto fin da bambina nella sua città, adesso la M o v i m e n t o d e i F o c o l a r i Reti di luci per abitare il pianeta Laboratorio internazionale di cittadinanza Domenica, 3 aprile 2016 Tavola rotonda: lettura del percorso effettuato e riflessioni chiamava nelle città del mondo. Quindi Chiara dice: "Andrò per il mondo cercandoLo". E dove va? Va a Trento, per cominciare, però non si ferma lì, perché da lì partono le focolarine e i focolarini per fondare focolari "in città", in altre città. Non è andata a fondare focolari in piccoli luoghi di campagna, ma in città: Milano, Firenze, Torino, Sassari, la Sardegna, la Sicilia, un po' dappertutto in Italia per poi andare più lontano ancora. Quindi la città è stata per Chiara il luogo della scuola della rivelazione dei dolori dell'umanità, concentrati in quel momento lì a Trento, ma anche il richiamo, la vocazione per Chiara, e per le prime compagne che l'hanno seguita, a creare qualcosa di nuovo, senza sapere che cosa, ma quel qualcosa di nuovo che cominciava con la convivenza di questo primo piccolo gruppo in Piazza Cappuccini, e lì è stato, appunto, il primo focolare di Trento. Quindi credo che il viaggio a Trento per noi abbia significato riscoprire la luce e la chiamata a consolare i dolori dell'umanità. Eugenia Passone: Grazie, Emmaus. Possiamo dire che con te abbiamo conosciuto la scintilla ispiratrice del rapporto di Chiara con la città. Però questo rapporto si è poi sviluppato in una storia ricca di ispirazioni e di realizzazioni. Volevamo chiedere a te, Jesús, quali sono questi principi, i valori fondamentali e peculiari che illuminano questa visione di una cittadinanza che è aperta poi al mondo? Jesús Moran: Continuiamo con questo stile narrativo che mi sembra molto efficace con il quale ha esordito Emmaus. Noi potremmo dire che quelli che noi chiamiamo "i primi tempi" coprono tutta la vita di Chiara, perché in una fondazione i primi tempi sono tutta la vita del fondatore, in questo senso dal 1900 al 2008 sono primi tempi, sono fondativi. Chiara ha avuto un rapporto particolare con le città, basta pensare ad altri esempi: l'Economia di Comunione è nata dall'impatto con Chiara di una città, che è San Paolo. Lei vedendo quella corona di spine che circonda la città di San Paolo con le favelas, con gli slum, che sono dappertutto, lei ha sentito quella spinta a fare della comunione dei beni, che già c'era e che c'è stata sin dall'inizio del Movimento, un progetto sociale, un progetto per il rinnovamento dell'economia. M o v i m e n t o d e i F o c o l a r i Reti di luci per abitare il pianeta Laboratorio internazionale di cittadinanza Domenica, 3 aprile 2016 Tavola rotonda: lettura del percorso effettuato e riflessioni E noi del Movimento dei Focolari sappiamo che il Movimento Politico per l'Unità è nato a Napoli, probabilmente perché c'erano lì delle circostanze particolari, però tutti lo ricordiamo in una data speciale, in una città che è Napoli. E così potremmo parlare di tanti altri esempi. Credo ci sia un momento emblematico, che Emmaus ha già in qualche modo menzionato. Lei ha parlato di quel periodo di luce, che noi conosciamo come "Paradiso 1949", perché corrisponde ad un momento in cui le prime focolarine si ritirano nelle montagne del Trentino e vivono una particolare esperienza di luce, una particolare esperienza di Dio. Subito dopo - come anche lei ha detto - Chiara sente che deve scendere dalla montagna a valle, che è la metafora della terra, per assumere i dolori di tutta l'umanità, e scrive quella famosa pagina "Ho un solo sposo sulla terra", Gesù crocifisso. Ma 20 giorni dopo Chiara scrive un'altra pagina fondamentale di luce che si chiama "Risurrezione di Roma", spinta da Giordani, anche questo è sempre importante tenerlo presente, cioè da un politico, da un uomo profondamente impegnato nel sociale; spinta da lui scrive questa pagina: "Risurrezione di Roma", e la scrive perché lei si reca a Roma. Dopo questa esperienza nel Trentino, con Graziella De Luca e Lia Brunet, si reca a Roma per viverci. Ha un impatto con questa città e scrive questo testo che è un vero manifesto spirituale e antropologico, è un manifesto anche di cittadinanza; è un testo pubblicato quindi potete avere accesso, perché varrebbe per tante altre città. E' la Roma del dopoguerra, con tanti problemi, e Chiara scrive cose come queste… Io credo che questo può essere il fulcro di tutto lo scritto. Dice: Vedo e scopro la mia stessa Luce, quella che lei aveva fortemente sperimentato, negli altri, quelli che prima lei ha menzionato come ciechi, zoppi, storpi, la Realtà più vera di me, il mio io negli altri (magari sotterrato o segretamente camuffato per vergogna) e, ritrovato me stesso, mi riunisco a me risuscitandomi - Amore che è Vita - nel fratello. Chiara dopo in una nota dirà che qui c'è il germe di un nuovo umanesimo che ha come centro il fratello. Quindi il centro del discorso di Chiara in questo scritto "Risurrezione di Roma" è l'amore che crea cellule di fraternità in un corpo sociale rinnovato e aperto. Questo è quello che lei sente. M o v i m e n t o d e i F o c o l a r i Reti di luci per abitare il pianeta Laboratorio internazionale di cittadinanza Domenica, 3 aprile 2016 Tavola rotonda: lettura del percorso effettuato e riflessioni L'amore crea queste cellule di fraternità che rinnovano, che rinnovano prima di tutto la città. Molto più tardi, nel giugno 2001, quando Chiara si troverà con il Consiglio comunale della sua città a Trento, riprenderà questa idea della fraternità e la riproporrà come modello di cittadinanza. Infatti Chiara dirà: ... la città è il luogo dove la fraternità può essere vissuta, il luogo particolare dove matura l'universale che è in noi, la nostra umanità.1 Credo che questo sia il principio - voi avete chiesto il principio -, il centro del messaggio di Chiara è che ogni cittadino è un fratello. E questo, che sembra quasi troppo semplice, in fondo è un cambiamento profondissimo, cioè che l'altro, il cittadino, sia un fratello. Per cui Chiara dice: certamente questo ideale di fraternità crea una città di uomini liberi, uguali, che vedono rispettata la loro dignità. Perché sono i tre principi che dopo lei declina in questo discorso al Consiglio comunale. La fraternità è la base di una vera libertà, di una vera uguaglianza e del rispetto della dignità delle persone. Chiara non ha fatto solo discorsi, Chiara dopo ha voluto che questo si realizzasse in qualche modo, e per questo ha fondato cittadelle di fraternità, di testimonianza, sparse nei cinque continenti. Lei, che sempre ha pensato che la città dovrebbe essere un laboratorio di fraternità aperto al mondo, che fa di noi uomini-mondo, cominciando dalla città, ha voluto che questo si potesse vedere concretamente. Ed ecco le cittadelle del Movimento dei Focolari sparse per il mondo, a cominciare dalla nostra qui in Italia, Loppiano, che sono bozzetti di umanesimo nuovo, di cittadinanza nuova, dove uno può dire: ecco, questa è la fraternità vissuta in una città. Credo che Chiara abbia pensato la città come questo luogo di fraternità dove c'è questo impegno per i più emarginati, però considerati fratelli, dove si crea questo corpo sociale nuovo per un rinnovamento ancora a più grande scala. Eugenia Passone: In questi giorni però abbiamo avuto un po' la risposta, tanti esempi 1 "La fraternità nell'orizzonte della città", Discorso tenuto durante la seduta straordinaria del Consiglio comunale di Trento, 8 giugno 2001. M o v i m e n t o d e i F o c o l a r i Reti di luci per abitare il pianeta Laboratorio internazionale di cittadinanza Domenica, 3 aprile 2016 Tavola rotonda: lettura del percorso effettuato e riflessioni positivi in cui gli adulti mettono tutta la loro esperienza e professionalità a servizio dei bisogni della città. E in alcuni quartieri e periferie i giovani sono stati motore di rinascita, contagiando gli altri intorno. Però questo è stato possibile dialogando e muovendoci verso un bene comune, quindi non il giovane per un suo interesse, non l'adulto per un suo interesse, ma insieme. Come lavorare per il bene comune, o continuare a credere alla pace, alla giustizia, alla libertà, alla fraternità? Come continuare a crederci e a rendere questi ideali concreti, nonostante questo scenario che ogni giorno abbiamo davanti agli occhi e che ci fa fare come un passo indietro, ci mette un po' all'angolo? Maria Emmaus Voce: Non è facile. Viviamo con tutti questo momento di condivisione di paure, di incertezze, di dubbi. E tante volte anche noi del Movimento ci domandiamo: "Ma cos'altro possiamo fare? C'è ancora qualcosa da fare?". Noi che abbiamo anche il dono della fede cristiana, ci veniva da domandarci, insieme con la Scrittura: "Ma quando il Figlio di Dio tornerà sulla terra troverà ancora la fede?". Cioè, ci sarà ancora qualcuno che avrà il coraggio di credere in questa situazione? Ci sarà ancora qualcuno? Ma proprio per il dono della fede, che è un dono quindi è qualche cosa che non è che ci siamo conquistati, che ci siamo guadagnati, ma che Dio gratuitamente ci ha dato, proprio per il dono della fede sentiamo e sperimentiamo continuamente che dobbiamo fidarci di quel Dio che, facendosi uomo, ha fatto suoi tutti questi dolori e li ha portati in croce. E dalla croce è risorto, e quindi ci ha dato una speranza di vita, una speranza di risurrezione, che è una speranza. La fede ci aiuta ad avere questa speranza. Leggendo un commento al Vangelo che riguarda Emmaus, c'è scritto proprio che la morte di Gesù in croce è stata considerata da molti come la morte della speranza, perché il popolo eletto sperava in questo Messia e si è visto di fronte un uomo crocifisso che riassumeva tutti i dolori dell'umanità, e solo con la speranza ha potuto aspettare i tre giorni della risurrezione, e al momento della risurrezione la speranza è stata verificata. Quindi per noi che abbiamo fede c'è questa certezza. M o v i m e n t o d e i F o c o l a r i Reti di luci per abitare il pianeta Laboratorio internazionale di cittadinanza Domenica, 3 aprile 2016 Tavola rotonda: lettura del percorso effettuato e riflessioni Anch'io in questi giorni di Pasqua vedendo gli attentati a Bruxelles, vedendo quello che è successo nel parco giochi in Pakistan, veramente ci si sente oppressi da tutto questo male. E l'unica cosa che ci salva è dire: sì, c'è tutto questo male, ma tutto questo male l'ha passato anche un Dio che si è fatto uomo per noi, per amore, che non è morto perché Dio non può morire, che è morto soltanto temporaneamente perché Dio è la Vita, e quindi anche noi passiamo queste disavventure, queste sofferenze terribili; l'umanità, corpo di questo Gesù che è venuto sulla terra, passa le stesse sofferenze sue, ma con lo stesso destino suo: il destino della gloria. Noi lo crediamo per fede e questa fede sicuramente ci aiuta, e questa fede che - ripeto - è un dono, deve essere però esercitata e deve essere testimoniata anche a quelli che non condividono, che non hanno ancora o non riceveranno mai questo dono della fede, ma che insieme con noi possono partecipare di questa speranza in un mondo costruito con i mezzi che la fede stessa ci offre, che il Vangelo vissuto ci offre, un mondo di pace, un mondo di giustizia, un mondo di libertà, un mondo in cui i diritti degli uomini siano salvaguardati, in cui la vita valga più di tutto, in cui la persona valga più del Governo, più dello Stato: un mondo nuovo, questo mondo nuovo che noi vogliamo costruire. Ma questo mondo nuovo che noi vogliamo costruire c'è già e lo vediamo qui; è un bozzetto, certo, ma c'è già, c'è già perché c'è quel popolo di Pasqua, di cui parlava Chiara, che vuol dire popolo risorto, vuol dire popolo che ha una cultura di risurrezione e che testimonia al mondo che è possibile: è possibile in piccoli gruppi ed è possibile allargarlo sempre di più. Ed è quello che insieme vogliamo fare. Quindi che cosa si può fare di fronte…? Quello che ha fatto Chiara. Chiara non ha guardato se erano amici o nemici quelli che la circondavano, non ha guardato se erano adulti o giovani, non ha guardato se erano ricchi o poveri; si è rimboccata le maniche, ha cominciato ad amare, a fare quello che in quei momenti l'amore richiedeva, quell'amore evangelico che chiede di dare anche la vita per il fratello, quindi un amore totale, un amore radicale, ha cominciato a farlo. Questo che vediamo davanti a noi è uno dei frutti di questo inizio. Quindi se ognuno di noi M o v i m e n t o d e i F o c o l a r i Reti di luci per abitare il pianeta Laboratorio internazionale di cittadinanza Domenica, 3 aprile 2016 Tavola rotonda: lettura del percorso effettuato e riflessioni comincia a fare quello che ha fatto Chiara, cosa può succedere? A voi la risposta, io vi faccio la domanda! Lucia Fronza Crepaz: Passiamo al secondo giorno. Ieri è stata la giornata dedica alla partecipazione come motore di cambiamento sociale e di costruzione del bene comune. Abbiamo avuto l’audacia di parlare senza timore di Bene Comune, perché ci è chiaro che esso è un valore che ci accomuna al di là dell’appartenenza culturale a cui apparteniamo. Poi dalle nostre esperienze abbiamo identificato la città come laboratorio efficace per sperimentare “pratiche” di Bene Comune comunicabili e riproducibili. Ci è piaciuto che tu abbia chiamato “scuola” la città, indicando nella città luogo dove poter imparare la convivenza. “E per scuola una città” la città che diventa un efficace laboratorio per la costruzione di un mondo unito. Come dire: il mondo unito come meta molto chiara davanti; il laboratorio nella città, nelle nostra città. Del resto, tutte le domande della storia attuale, dell’umanità di oggi, sono presenti dentro la città: sono presenti le disuguaglianze, gli scontri o gli incontri fra le culture e le religioni diverse, il dramma dell’assenza del lavoro, dello sfruttamento, la sfida ecologica, l’atomizzazione nella ‘gasificazione’ dei legami, come qualcuno descrive. Ma forse è proprio lì, nel suo territorio circoscritto si può sperimenare un laboratorio dove si possono testare e moltilicare soluzioni possibili. Allora, ecco, ieri abbiamo intravvisto, attraverso molteplici esperienze dall’Africa, dl Brasile, dall’Argentina, da Napoli come dalla Corea - punti molto diversi dove si è cominciato – aiutati anche da riflessioni di alcuni nostri esperti in scienze sociali ed educative, la possibilità di scrivere, nelle nostre città, un’altra storia. Abbiamo visto che, in questi anni, si è composta una storia nuova dentro la città, una storia inclusiva, che vede protagonisti tutti. Ed abbiamo intravvisto che c’è, nella diversità delle esperienze, un metodo che ci caratterizza: M o v i m e n t o d e i F o c o l a r i Reti di luci per abitare il pianeta Laboratorio internazionale di cittadinanza Domenica, 3 aprile 2016 Tavola rotonda: lettura del percorso effettuato e riflessioni - l’inizio è l’ascolto della voce più sottile, il cominciare dalla ferita: spesso una ferita che è fuori dalle città, non è accolta. La croce era fuori dalla città, e quindi il compasso per far quadrare il cerchio va messo lì. - il secondo passo è poi il recupero del positivo che c’è già dentro la città, metterlo in rete, metterlo in luce, - il terzo passo, che tante volte coincide con il primo: coinvolgere da protagonisti i giovani. Per immaginare la città fra dieci, vent’anni e quindi avere davanti chiara la meta, per andare nella direzione giusta, magari con un micro-passo, ma verso la meta, ci vogliono i giovani come figure di spicco, altrimenti non ce la fai. Abbiamo cominciato a scorgere che c’è un metodo, un metodo tipico del “popolo dell’unità”, nella sua grandissima, ma splendida, diversità, per ri-comporre questa storia nuova, nuova e antica, delle nostre città. Una storia inclusiva, che vede protagonisti tutti, dalla mamma, all’architetto, dalla nonna al politico, ai gruppi di giovani, al dj - bellissima l’esperienza di Raphael, un dj che ha fondato l’amore per la sua città sulla musica -, professori universitari: tutti fanno del loro talento, della normalità della loro vita, il punto, la scusa per amare la città, ognuno con un diverso, ma indispensabile ruolo, ognuno tassello di quel mosaico di rapporti, ricchi, densi, che fa incominciare a intravvedere che cos’è una città nuova. Emmaus e Jesús, un'ultima domanda. Il titolo del nostro congresso: "Reti di luce per abitare il pianeta", abbiamo cominciato a vederla questa rete di luce. Torniamo nelle nostre città: quale può essere il nostro contributo, proprio quello specifico, per infittire nel mondo questa rete di fraternità? Maria Emmaus Voce: Mi viene in mente una parola, una parola di moda già da un po' di tempo che forse è già passata di moda: globalizzazione. Mi viene in mente proprio questa, perché mi dico: quello che noi dobbiamo fare è la globalizzazione del bene. Mi fa impressione il fatto che, per esempio, il terrorismo prende di mira le città, proprio le città, e nelle città quei luoghi dove più si concentrano le persone: le stazioni, gli aeroporti, il commercio, quindi quello che è il lavoro degli uomini, i centri commerciali, i luoghi di cultura, le grandi opere culturali del passato e del presente; prende di mira tutti questi posti. M o v i m e n t o d e i F o c o l a r i Reti di luci per abitare il pianeta Laboratorio internazionale di cittadinanza Domenica, 3 aprile 2016 Tavola rotonda: lettura del percorso effettuato e riflessioni E io dico: possibile che noi non riusciamo a prenderli di mira prima? Mi faccio questa domanda. Mi dico: in fondo noi dovremmo avere l'astuzia, la strategia di entrare prima, e sono sicura che già ci siamo dentro, ma lì dove siamo far emergere questa presenza costruttiva di "due o più", bastano due persone che sono in quell'ambiente, in quel luogo: nella stazione, nel centro commerciale, nell'università, in qualsiasi parte della città, nell'ospedale, nella scuola, in qualsiasi parte della città fare emergere quell'amore reciproco che lega due o più persone, quella vita concreta, positiva che lega due o più persone, farla emergere per testimoniarla. Io credo che questa sia una delle cose in cui siamo sfidati in questo momento. C'è questa presenza diffusa, questa rete? Esiste, l'abbiamo vista, esiste. Adesso è il momento in cui forse deve venire alla luce, deve rompere la crosta e deve emergere per essere testimonianza, per essere motore di un rinnovamento che non può farsi se si rimane in due, che bisogna assolutamente diventare tanti, assolutamente infittire questa rete, assolutamente, ma lo possiamo fare partendo da quello. Quindi io rivaluterei tutto quello che c'è di bello, di buono e di positivo in tutti i luoghi dove già siete anche con questo fine, non solo perché è la nostra vita dobbiamo vivere così, non possiamo non vivere così, ma anche col fine di trascinare altri, col fine di farsi motori di una macchina che cammina e che riceve una buona accelerazione da questa presenza costruttiva di due o più nei diversi ambienti, proprio nei diversi ambienti delle città. Guardare nelle città questa rete che già c'è e cercare di farla emergere. Questo mi sembra che sia un compito interessante. Jesús Moran: In questa linea sempre mi ha colpito il numero 74 dell'Evangelii gaudium dove Papa Francesco parla delle città invisibili. Ve lo leggo perché è molto interessante. Dice: "Nelle grandi città si può osservare un tessuto connettivo in cui gruppi di persone condividono le medesime modalità di sognare la vita e immaginari simili e si costituiscono in nuovi settori umani, in territori culturali, in città invisibili". Però subito dopo dice che queste città invisibili sono cariche di ambivalenza perché spesso questi territori culturali sono carichi di violenza e di emarginazione, cioè le città invisibili sono M o v i m e n t o d e i F o c o l a r i Reti di luci per abitare il pianeta Laboratorio internazionale di cittadinanza Domenica, 3 aprile 2016 Tavola rotonda: lettura del percorso effettuato e riflessioni anche le mafie. Allora con questo ideale della fraternità, che è il nostro specifico, questa fraternità animata dall'amore, noi potremmo far dilagare questi territori culturali, queste città invisibili, nella città dove invece si fa del bene, ci sono le buone pratiche, dove c'è accoglienza, dove si accolgono i rifugiati, dove c'è la comunione. Perché a me ha impressionato molto questo che ha detto Emmaus: come mai il terrorismo prende di mira le città, i posti di aggregazione? E' lì il punto, è lì che noi dobbiamo agire: nei punti di aggregazione, trasformandoli. Io credo che i territori culturali, perché siano veramente territori culturali ci vuole il concorso di chi fa cultura, che sono gli uomini, perché la cultura è tutto, la cultura è condividere le cose, è mangiare insieme, la cultura è pregare insieme, la cultura è radunarsi, la cultura è fare arte insieme. Tutto questo è cultura. Allora bisogna cambiare la cultura, creare dei territori culturali che si oppongono a questi altri territori culturali che sono il covo della segregazione e della violenza, però creando questi legami. Quindi uno potrebbe dire: "Lo specifico?". Alla fine lo specifico nostro è sempre l'unità. Come si crea questo territorio culturale? Come possiamo contribuire noi? Appunto, facendo reti con l'unità. Maria Emmaus Voce: Reti di unità con l'amore, cioè lo strumento principale è l'amore; non è l'aggregazione per uno scopo qualsiasi, magari anche negativo, per uno scopo di distruzione, ma è un'aggregazione per costruire, un'aggregazione per amore, un'aggregazione per testimoniare agli altri il nostro amore. E' per quello che poi la città diventa principio di vita universale, perché l'amore non si ferma, l'amore è dilagante di per sé. Per quello nella città si comincia e non si finisce. Jesús Moran: Questi territori culturali, anche secondo il nostro specifico, sono plurali, sono multiculturali, sono posti dove possono convivere persone di diverse religioni, di diverse fedi, gente che non crede e che collabora con gente che crede; generazioni. Veramente sono delle città invisibili di convivenza plurali, multiculturali, aperte, dove il dialogo è come la base della vita. E questo è uno specifico nostro, perché basta vedere questa sala - come ha detto prima Emmaus -, noi siamo già così, siamo un popolo fatto in questo modo. M o v i m e n t o d e i F o c o l a r i Reti di luci per abitare il pianeta Laboratorio internazionale di cittadinanza Domenica, 3 aprile 2016 Tavola rotonda: lettura del percorso effettuato e riflessioni Ci sarebbe tanto da dire, però io credo che questo bisogna costruirlo. Quando sono stato in Spagna per la Pasqua, ho visto che è cambiata la popolazione, su 5000 che aveva il Paese quando sono andato, adesso ci sono 1000 in più che vengono dal Marocco e che sono musulmani, dico: ma perché non creiamo un territorio dove loro sono integrati? Ti viene questa voglia di integrazione, di creare qualcosa di nuovo, forme di convivenza. Perché non conviviamo? Perché non condividiamo le nostre culture, le nostre radici culturali? E' una cosa che si fa così. E noi, avendo questo carisma dell'unità, credo che abbiamo una risorsa particolare. Maria Emmaus Voce: Poi mi piaceva molto questo accenno ai giovani, perché i giovani vedono chiaro, questo credo sia una caratteristica, non li puoi imbrogliare con una visione del futuro che sia un'utopia o un bel progetto fantasioso, semplicemente non ci credono, vogliono vedere cose concrete, però vogliono farle loro le cose concrete. Quindi bisogna lasciargli spazio perché possano esercitarsi concretamente in questo dinamismo, in questa creatività che è loro propria, per un mondo nuovo, che è lo specifico della gioventù. M o v i m e n t o d e i F o c o l a r i