Ferro le opere III decennio

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Ferro le opere III decennio
Rossella Villani
N
el 1621 Pietro Antonio Ferro firma e data
la Madonna con Bambino e i Santi Francesco d’Assisi e
Eligio nella chiesa di S. Francesco d’Assisi di Tolve. Alquanto
movimentata è la composizione
in cui la centrale Madonna con
Bambino, dalle forme solide e
tornite, è circondata da angeli
erculei e muscolosi, dalle sembianze mascoline, ed è accompagnata, in basso dai Santi Eligio e
Francesco e, in alto, da due puttini che le pongono la corona sul
capo e da testine di cherubini
imprigionati in un emiciclo di
nubi illuminate dalla colomba
dello Spirito Santo.
Oltre al movimento, alle linee
serpentine, al fragore visivo, al
groviglio di nubi e corpi, il
dipinto è giocato tutto sul contrasto luce-ombra: luce che
abbaglia, facendola risaltare,
l’immagine del vescovo Eligio,
ombra che nasconde S.
Francesco d’Assisi.
Lo stile del Ferro, già all’inizio
Tolve (Pz). Chiesa del Convento, Madonna di S. Egidio.
(foto S.B.A.S. - Matera)
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Pietro Antonio Ferro:
le opere del terzo decennio
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a cura di
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del terzo decennio, appare orientato verso una duttilità di linee, un rigonfiamento delle forme,
una mascolinizzazione dei nudi, tipica delle opere mature, unita ad un gusto spiccato per il
decorativismo di alcuni particolari, quali i fiori, variamente e appassionatamente riprodotti
nelle loro ceste di vimini.
Un Ferro inconsueto, meno didascalico, più frivolo ed esplosivo, quasi barocco se vogliamo,
ma sicuramente più riflessivo e intenso, più personale e meno manieristico.
Oltre a questa tela che a mio avviso rappresenta il capolavoro dell’artista lucano, egli esegue
nella stessa chiesa l’anno successivo lo Svenimento della Vergine ai piedi della croce con i SS.
Antonio Abate, Leonardo e Chiara, opera firmata e datata (1622) e, più tardi, ma sempre entro
il terzo decennio, il S. Francesco d’Assisi e il S. Antonio da Padova1.
Per Anna Grelle questi tre lavori, ai quali aggiunge un’Assunta datata 1623, sono da ascriversi
alla bottega del Ferro2 e non al maestro.
I dipinti di Tolve, con gli stacchi netti di luce-ombra, con le sagome dei personaggi tagliate di
netto e con la drammaticità delle scene, trovano un precedente per Sabino Iusco in un dipinto
nel duomo di Tricarico raffigurante la Visione di Ezechiele, che già si poneva nella scia dei lavori degli ultimi anni del secondo ventennio di Pietro Antonio quale, per esempio, la Madonna
con Bambino e i SS. Francesco Maddalena e Chiara nella chiesa di S. Antonio a Pisticci3.
Nel 1622 Pietro Antonio firma anche un’Annunciazione nella chiesa del Purgatorio di Irsina,
opera che denuncia, a parere della Grelle, la mano di un aiuto, forse Giovan Battista Ferro o
Giuseppe Sciarra.
All’inizio del terzo decennio va collocata, per Anna Grelle e Nuccia Barbone Pugliese4, la tela
con Madonna con Bambino che
dà le chiavi a S. Pietro e la croce
a S. Francesco nella chiesa dei
Cappuccini di Ferrandina.
Entro il classico schema a
fiamma si impone la corpulenta Madonna che mantiene
il Bambino in piedi innanzi a
sé. Questi, malfermo sulle
esili gambe, mostra uno
sguardo assorto e porge con la
destra la chiave a S. Pietro e, a
sinistra, la croce a S. Francesco. I due Santi sono collocati più in basso, a formare gli
angoli di un perfetto triangolo equilatero il cui terzo angolo è rappresentato dal capo
Ferrandina (Mt) Chiesa del Convento, Madonna con Bambino che
della Madonna, e sono
da le chiavi a San Pietro e la croce a S. Francesco.
rischiarati a tratti da una luce
(foto S.B.A.S. Matera)
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abbagliante che proviene dall’alto inserendosi tra le nubi grige su cui poggiano degli splendidi angeli musici.
Nuccia Barbone Pugliese rileva il “tono affabile e colloquiale dei personaggi, rilevati in primo
piano dall’oscurità del fondo dal quale emergono appena le colonne screziate dell’esedra che
accoglie la Vergine e i due Santi inginocchiati”.
Ella chiama in causa, quali prototipi ispiratori, la Sacra Famiglia con i SS. Pietro Maddalena e
Giuseppe (?) di Orazio Sammachini della Galleria Estense di Modena; la Chiamata di Andrea
di Federico Barocci del 1583 e il Perdono di Assisi del Barocci.
A questo periodo la Barbone Pugliese fa risalire anche le tre tele, facenti parte in origine di
un’unica pala d’altare, nella chiesa di S. Antonio a Santa’Arcangelo: la Madonna con Bambino,
S. Francesco d’Assisi e S. Francesco da Paola.
La studiosa mette in parallelo le tre tele, attualmente collocate separatamente all’interno di un
retablo contenente la scultura di S. Pasquale Baylon, con la Madonna di S. Eligio di Tolve del
1621 e con una lunetta presente nella chiesa dei Riformati di Salandra, raffigurante la
Madonna con Bambino e angeli.
Anna Grelle invece ascrive le tre tele nella chiesa di S. Antonio a Sant’Arcangelo alla bottega
di Pietro Antonio, “forse alla mano del figlio Carlo”, e accomuna a questi due dipinti nella
chiesa di S. Maria d’Orsoleo: S. Francesco d’Assisi e S. Antonio.
Per quanto riguarda la lunetta nella chiesa dei Riformati a Salandra, che doveva in origine far
parte di una pala d’altare, essa raffigura la Madonna al centro, con il capo chino e lo sguardo
rivolto verso terra, mentre trattiene a sé il Bambino che, in piedi innanzi a lei, sembra volerle
sfuggire. Ai lati angeli e putti fanno corona attorno a lei.
Il dipinto, soprattutto nell’inserto dei due angeli che affiancano la Vergine, è desunto ancora
una volta dalla stampa del 1576 di Cornelis Cort con i Santi Lorenzo e Sisto con S. Pietro e S.
Paolo in adorazione sulla terra del Cristo che incorona in cielo la Vergine.
Sabino Iusco mette in parallelo la lunetta di Salandra, sulla base delle comuni affinità con i
dipinti di Tolve, con il pannello di un più antico organo raffigurante Davide che suona la viola
da gamba all’interno della stessa chiesa di Salandra e con la Madonna con Bambino, S. Felice
da Nola, S. Lucia e Santo francescano nella chiesa di Santonio da Padova ad Avigliano5, segnalata da S. Abita quale opera di Pietro Antonio Ferro6.
La tela firmata nel 1624 ancora una volta si pone nel filone della corrente manieristica più
fastosa, che con il suo linguaggio pittorico movimentato, la sua esplosione di decorativismo,
il suo continuo contrasto luce-ombra, già precorre le tematiche barocche.
In alto al centro della composizione, la Madonna, assisa su nubi, inclina il capo e abbassa lo
sguardo –come di consuetudine nelle ultime opere del pittore- sul Bambino che, poggiato sul
ginocchio materno, è intento a giocare con un puttino. Ai due putti reggicorona in alto fanno
da contraltare angeli e putti ai piedi della Vergine, intenti ad aggiustare lo strascico dell’abito
della Madonna. Al margine inferiore della tela, in asse con la Madonna, Lucia dal raffinato
profilo e con il pugnale conficcato nella gola, reca la pisside contenente gli occhi. Ai due lati,
S. Bernardino è intento a leggere il breviario, mentre S. Felice da Nola offre un’ampolla contenente l’olio miracoloso a Gesù Bambino.
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Già dalla ricchezza di particolari, affatto insoliti, capiamo che Pietro Antonio ha finalmente
maturato uno stile personale, affrancandosi dai freddi stereotipi della maniera semplice, devota, pietistica di stampo controriformato. Egli dichiara ora di preferire i particolari gustosi (il
Bambino che gioca con il putto), inusuali (gli angeli che accomodano la veste della Vergine),
talvolta crudi (il pugnale conficcato nella gola di S. Lucia) che amalgama in composizioni studiate, in cui l’insistenza plastica e gli effetti luministici la fanno da padrone, in funzione di una
pittura non più intesa come mero veicolo di messaggi e precetti religiosi, ma comunicativa,
accattivante e piena di verve.
Nel 1625 il pittore esegue la Madonna con Bambino e i SS. Francesco d’Assisi e Antonio Abate
nella chiesa di S. Antonio a Pomarico. Dipinto oggetto di più d’una discussione critica in
quanto, erroneamente riferito da Pasquale Donato nella sua monografia su Pomarico al 16527,
non è stato identificato con quello presente nella chiesa a medesimo soggetto che sembrava
recare la data 16158.
In realtà, poiché la data del contratto cui Donato fa riferimento non è risultata esatta in quanto il contratto risale al 1622, ed anche la data apposta sulla tela, dopo il restauro, è stata esattamente interpretata come 1625, il
dipinto in questione è lo stesso
segnalato dal Donato, eseguito tre
anni dopo l’atto di allocazione9.
Il dipinto si caratterizza per una
sorta di tenebrismo: le figure infatti
emergono dall’incipiente oscurità a
tratti mettendo in risalto soltanto i
tratti delle loro sagome abbagliati
dalla luce.
Ne emerge una composizione
inquietante, drammatica, ad effetto, che denuncia l’adesione ai nuovi
portati della rivoluzione luministica
del Caravaggio.
Per la Barbone Pugliese10 e Anna
Grelle11 il dipinto deriva, nel suo
impianto compositivo, da una
stampa di Agostino Carracci del
1582, a sua volta mutuata da un’invenzione di Orazio Sammachini,
esponente della cultura tosco-romana diffusasi a Bologna dalla seconda
metà del Cinquecento.
Non lontano da queste tele sembrePomarico (Mt) S. Rocco, Trinità con Cristo deposto e i S.S.
Antonio da Padova e Giacomo Maggiore. (foto S.B.A.S. Matera) rebbe essere la Trinità con Cristo
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deposto e i SS. Antonio da Padova e Giacomo Maggiore nella chiesa di S. Rocco a Pomarico.
La composizione è scandita in due registri che si contrappongono: nel superiore, caratterizzato dal dinamismo e contorsionismo dei corpi, è il gruppo della Trinità con l’Eterno, vestito
di rosso, che regge il corpo di Cristo morto e la colomba dello Spirito Santo che vola sulla
spalla sinistra di Gesù, accompagnato da tre angeli che aiutano a sorreggere il corpo di Cristo;
nel registro inferiore, contraddistinto da una pacata e contemplativa immobilità, pregano
genuflessi i due Santi, ai lati di un’ampia finestra che inquadra un paesaggio lacustre.
Nel dipinto in esame l’angelo ritratto da dietro nell’atto di sorreggere il braccio di Gesù cadente è un’autocitazione che rinvia alla tela con Madonna con Bambino e i SS. Felice da Nola,
Bernardino e Lucia
nella chiesa di S.
Antonio ad Avigliano e
che quindi induce a
ritenere il dipinto posteriore a quello di
Avigliano.
Mentre la Barbone
Pugliese ritiene che esso sia stato eseguito “in
una data non lontana
da quella di Avigliano”12, Iusco ipotizza
un affidamento a Pietro Antonio Ferro nel
1629, in occasione
della proclamazione
del Corpo di Cristo a
patrono dell’Università, da parte dell’arciprete Donati che fece
costruire la chiesa di S.
Rocco13.
Alla fase matura del
pittore sembra pure
appartenere la Crocifissione con Addolorata, S.
Giovanni e la Maddalena nella chiesa di S.
Chiara a Ferrandina.
La tela è infatti caratteFerrandina (Mt) Chiesa S. Chiara, Crocifisso con l’Addolorata, S.
rizzata da un incipiente
Giovanni e la Maddalena. (foto S.B.A.S. Matera)
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tenebrismo che, dalla fitta oscurità, lascia emergere il corpo del Cristo, disegnato da una luce livida che mette in risalto le braccia muscolose, il petto, l’addome, la coscia, il ginocchio e il piede
destro, e le figure dei tre ai piedi della croce, rivestiti da abiti da ampi panneggi dai colori sgargianti.
Ferro indulge qui, come abbiamo visto anche nel dipinto con Madonna con Bambino e i SS.
Franceso d’Assisi e Antonio Abate nella chiesa di S. Antonio a Pomarico, agli effetti più appariscenti, immediati e manieristici della pittura del Caravaggio, dati dal luminismo, senza far propri quegli elementi connessi al naturalismo fotografico del Merisi.
Per la Barbone Pugliese l’opera si rifà ai crocifissi cinquecenteschi di derivazione michelangiolesca, in particolare nelle redazioni di Daniele da Volterra e del Vanni14.
Al 1634 risale l’ultima opera firmata del Ferro: il Compianto sul Cristo morto nel Duomo di
Tricarico. L’opera ancora una volta ripropone, come le ultime dell’artista, la svolta in chiave
luministica della sua pittura. Le figure del Cristo, della Vergine e dei dolenti, variamente disposte nella tela, sono abbacinate a tratti dalla luce che ne evidenzia le espressioni di tormento e
dolore, le pieghe delle vesti accartocciate, i muscoli in rilievo.
Per S. Iusco l’opera, benché firmata da Pietro Antonio, è stata eseguita per la gran parte da
Carlo Ferro15.
NOTE
1
6
BARBONE PUGLIESE.Pietro Antonio Ferro cultura figurativa tridentina fra centro e periferia .1996.p. 191
2
A. GREZLLE IUSCO. Arte in Basilicata. Catalogo della Mostra. Aggiornamenti all’edizione
del 1981. 2001. p. 310
3
S. IUSCO, Pietro Antonio Ferro in “Dizionario Biografico degli Italiani”, v. 47, 1997, p. 202.
4
A. GRELLE IUSCO, Arte in Basilicata. Catalogo della mostra, 1981, p. 121; cfr. A. GRELLE IUSCO, 2001, p. 310; N. BARBONE PUGLIESE, Ferrandina. Recupero di una identità culturale, in AA. VV, 1987, pp. 281-282.
5
Cfr. S. IUSCO, 1997, p. 203.
6
S. ABITA, Le tracce del Sacro. Arte e devozione in Lucania attraverso le opee restaurate nel decennio 1980-90. Catalogo della mostra di Matera, 1990, p. 17.
7
D. PASQUALE, Cenni cronistorici di Pomarico (riedizione anastatica del 1940), 1980, p. 119.
8
Cfr. A. GRELLE IUSCO, 1981, p. 121, 210-211.
9
Cfr. N. BARBONE PUGLIESE, 1996, p. 192.
10
IBIDEM.
11
Cfr. A. GRELLE IUSCO 1981, pp. 210-211.
12
Cfr. N. BARBONE PUGLIESE, 1996, p. 193.
13
Cfr. S. IUSCO, 1997 p. 203.
14
Cfr. N. BARBONE PUGLIESE, 1987, pp. 257-261.
15
Cfr. S.IUSCO, 1997, p. 203.
BIBLIOGRAFIA
CULTURA
P ittura in B asilicata
D. PASQUALE, Cenni cronistorici di Pomarico (riedizione anastatica del 1940), 1980, p. 119;
A. GRELLE IUSCO, Arte in Basilicata. Catalogo della mostra, 1981, pp. 118-122;
N. BARBONE PUGLIESE, Ferrandina. Recupero di una identità culturale, in AA. VV, 1987;
S. ABITA, Le tracce del Sacro. Arte e devozione in Lucania attraverso le opere restaurate nel decennio 1980-90. Catalogo della mostra di Matera, 1990;
N. BARBONE PUGLIESE, Pietro Antonio Ferro: cultura figurativa tridentina fra centro e periferia, 1996;
S. IUSCO, Pietro Antonio Ferro in “Dizionario Biografico degli Italiani”, v. 47, 1997, pp.
200-204;
A. GRELLE IUSCO, Arte in Basilicata. Catalogo della Mostra. Aggiornamenti all’edizione
del 1981, 2001, pp. 307-310.
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