il potere sanzionatorio degli enti locali in materia di rifiuti
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il potere sanzionatorio degli enti locali in materia di rifiuti
$LOGOIMAGE IL POTERE SANZIONATORIO DEGLI ENTI LOCALI IN MATERIA DI RIFIUTI SOLIDI URBANI, IN PARTICOLARE SULLA VIOLAZIONE DELLE DISPOSIZIONI DEL REGOLAMENTO COMUNALE EX ART. 21 D.LGS. 22/1997 QUALI NORME COMPORTAMENTALI (E NON AMBIENTALI) E QUINDI OPPONIBILI AVANTI IL GIUDICE DI PACE EX ART. 22BIS LEGGE 689/1981 IL POTERE SANZIONATORIO DEGLI ENTI LOCALI IN MATERIA DI RIFIUTI SOLIDI URBANI, IN PARTICOLARE SULLA VIOLAZIONE DELLE DISPOSIZIONI DEL REGOLAMENTO COMUNALE EX ART. 21 D.LGS. 22/1997 QUALI NORME COMPORTAMENTALI (E NON AMBIENTALI) E QUINDI OPPONIBILI AVANTI IL GIUDICE DI PACE EX ART. 22-BIS LEGGE 689/1981 [1] E' opportuno svolgere alcune considerazioni preliminari in ordine al potere regolamentare comunale per la disciplina della gestione dei rifiuti solidi urbani e assimilabili. Giova sin d'ora evidenziare che lo scritto è intonato alla normativa regionale del Veneto, ma contiene utili elementi per la ricostruzione dell'argomento de quo a livello più generale[2]. Com'è noto, l'art. 21 del D.Lgs.vo 22/1997 attribuisce ai Comuni la gestione dei rifiuti urbani (cfr. anche l'art. 23 D.Lgs. 22/1997) e la sua disciplina a mezzo di appositi regolamenti i quali trovano il loro fondamento costituzionale nel riconoscimento delle autonomie locali (artt. 5 e 128 Cost.), cui deve coordinarsi il principio della riserva di legge (relativa) di cui all'art. 23 Cost.[3], regolamento ispirato ai principi di valenza costituzionale (art. 97 Cost.) e quindi ai criteri di efficienza- efficacia ed economicità (cfr. altresì L. R.V. 21/01/2000, n. 3)[4]. La competenza dei comuni ad emanare il citato regolamento non offre alcun tratto di "specialità" rispetto ad altri regolamenti in materia ambientale (vedasi, ad esempio, quello in materia di servizio idrico integrato, eccetera), ovvero la disciplina dei servizi e delle funzioni. Basti dire come l'art. 62 L.R. n.33/1985 attribuiva il potere regolamentare, per la disciplina del servizio pubblico di smaltimento dei rifiuti ai sensi dell'art. 8 D.P.R. 10 settembre 1982, n. 195[5] ai Comuni[6]. Occorre a questo punto verificare se sia legittima la previsione di sanzioni amministrative in conseguenza della Copyright © Alberto Pierobon - Tutti i diritti riservati 1/11 $LOGOIMAGE violazione di un regolamento comunale, nel mentre va rammentato che per le sanzioni amministrative contemplate dal D.Lgs. n. 22/1997 , l'art. 55 ne deferisce l'accertamento e l'irrogazione alla Provincia, salvo che per quelle di cui all'art. 50, primo comma[7], per le quali competente è il Comune[8]. Per il principio di legalità di cui all'art. 1 Legge n. 689/1981[9], il regolamento non potrebbe stabilire delle sanzioni amministrative, in quanto la norma derogatoria di cui all'art. 106 del R.D. 383/1934, come tale non estensivamente interpretabile, si riferiva ai soli regolamenti comunali e provinciali e, in base al quale, salvo diversa disposizione di legge " le contravvenzioni alle disposizioni dei regolamenti comunali sono punite con l'ammenda (in seguito divenuta sanzione amministrativa) fino a £. 1.000.000". Pervero la riserva di legge in materia di sanzioni amministrative pecuniarie (art. 1 Legge n. 681/1981) non è assoluta, ma relativa[10]: tale cioè da consentire che la fattispecie sanzionabile possa venire delineata anche tramite una fonte secondaria di natura regolamentare (ex aliis, Cass. 06/11/1999, n. 12367). D'altro canto, per uniforme insegnamento giurisprudenziale, l'art. 14 dip. Prel. C.C. vieta solamente l'interpretazione analogica, ma non anche quella estensiva della norma eccezionale ovvero di deroga alla regola generale da altra norma stabilita (ex multis, Cass. n. 10304/91, 1800/81, 2004/76, 179/71). L'interpretazione estensiva è invero consentita perché riconduce entro l'ambito di applicazione della norma eccezionale o derogatoria quei casi che solo apparentemente ne sembrano esclusi, ma che in realtà il legislatore, stando all'obiettiva ratio della disposizione, ha inteso ricomprendervi (così giurisprudenza citata). Ora l'art. 106 del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383 (T.U.L.C.P.) si atteggiava come norma derogatoria rispetto all'anzidetto principio di legalità, in quanto rinviava, per intero, la tipizzazione degli illeciti alla fonte regolamentare[11]. Come noto, l'entrata in vigore del D.Lgs.vo 267/2000 (nuovo T.U.E.L.) ha, tra altro, abrogato con l'art. 274,comma 1, lett.a) le disposizioni del T.U. n. 383/1934, quindi anche di quelle norme, quali appunto l'art. 106, che erano sopravvissute all'innovazione apportata dalla L. 142/90[12]. Pur se abrogato il cit. art. 106 T.U. si poteva far riferimento alle sanzioni amministrative pecuniarie stabilite dall'art. 344 T.U. 27 luglio 1934, n. 1265 per le violazioni dei regolamenti locali in materia di igiene e sanità pubblica; materia alla quale è agevolmente riconducibile anche quella del servizio di gestione dei rifiuti urbani[13]. Si è posto il problema del vuoto normativo, in relazione al potere sanzionatorio dei Comuni per le violazioni dei loro regolamenti e ordinanze. La Direzione Generale dell'Amministrazione civile del Ministero dell'Interno, con la nota interpretativa n. 263/1 del 07 marzo 2001 ha sostenuto la permanenza di siffatto potere, indicando la soluzione nella potestà regolamentare dei Comuni (artt. 5 e 28 della Costituzione e art. 7 D.Lgs. 267/2000) e nella riserva di legge (di cui all'art. 23 Cost.). Copyright © Alberto Pierobon - Tutti i diritti riservati 2/11 $LOGOIMAGE La predetta soluzione ministeriale è stata smentita dal Consiglio di Stato che, in sede consultiva dello stesso Ministero, nell'adunanza della I° Sezione del 17/10/2001 n. 885 ha sostanzialmente dichiarato l'illegittimità delle norme regolamentari degli Enti locali volte a disciplinare le sanzioni ministeriali derivanti dalla violazione dei regolamenti ministeriali, motivando in particolare che il vuoto normativo venutosi a creare con l'abrogazione dell'art. 106 del R.D. 383/1934 poteva essere colmato soltanto attraverso una fonte normativa primaria, ciò per il principio di riserva di legge dell'art. 23 della Costituzione[14]. Tant'è che, proprio dal suddetto orientamento scaturivano le seguenti affermazioni: a) i regolamenti comunali che, successivamente all'abrogazione del cit. art. 106, hanno previsto o richiamato la vigenza di fatti illeciti o di sanzioni amministrative senza alcuna base legislativa sono da considerarsi illegittimi; b) pertanto, gli atti di accertamento di siffatti illeciti sono viziati; c) il giudice ordinario in sede di opposizione ex art. 22 ss. Legge 689/1981 potrà disapplicare il regolamento in quanto non conforme alla legge, annullando poi il verbale o l'ordinanza-ingiunzione; d) il vuoto normativo può provocare, ai sensi dell'art. 650 C.P., la ri-penalizzazione di fattispecie che previgentemente erano considerate soggette alla sola sanzione amministrativa; Tanto ha comportato la introduzione (avvenuta con l'art. 16 della Legge 16/01/2003 n. 3) nel T.U.E.L. di cui al D.Lgs.vo 267/2000 del nuovo art. 7 bis, il quale testualmente recita: " Salvo diversa disposizione di legge, per le violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 25 euro a 500 euro. L'organo competente ad irrogare la sanzione amministrativa è individuato ai sensi dell'art. 17 della legge 24 novembre 1981 n. 689". Pertanto, la sanzione amministrativa è di immediata applicazione solo con riguardo ai regolamenti comunali e non alle ordinanze. Mancano però i riferimenti normativi che consentano all'Ente locale di graduare la sanzione amministrativa da applicare, stante l'abrogazione dell'art. 107 del R.D. 383/1934 (espressamente richiamato dall'art. 16 comma 2 della L. 689/1981) è applicabile solo la previsione di cui al primo comma dall'art. 16 della legge 689[15]. Infine, non potranno essere applicate sanzioni accessorie diverse da quelle previste dagli articoli 13 e 20 della Legge 689/81 (sequestro facoltativo o obbligatorio e confisca). Stante il surrichiamato principio di legalità (art. 1, Legge n. 689/81) tutta l'attività di verbalizzazione delle violazioni compresa tra il 13 ottobre del 2000 (data di entrata in vigore del D. Lgs.vo 267/2000) ed il giorno precedente l'entrata in vigore della Legge 16 gennaio del 2003 n. 3 dovrà considerarsi improcedibile. Circa il potere di accertamento dell'illecito amministrativo, esso va distinto dal potere sanzionatorio[16]. Infatti, per quanto concerne il potere di irrogare la sanzione amministrativa occorre far riferimento all'art. 17 della Legge n. 689/1981. In base a tale articolo le Autorità territorialmente competenti a ricevere il rapporto Copyright © Alberto Pierobon - Tutti i diritti riservati 3/11 $LOGOIMAGE dell'Ente accertatore sono gli uffici periferici dello Stato "cui sono demandati attribuzioni e compiti del Ministero nella cui competenza rientra la materia alla quale la violazione si riferisce" e, in mancanza il Prefetto se trattasi di materie di competenza statale, la Regione (rectius l'ufficio regionale competente) se trattasi di materie rientranti nella competenza propria o delegata delle regioni, rispettivamente il Presidente della giunta provinciale e il Sindaco se trattasi della violazione di regolamenti provinciali e comunali. Per quanto riguarda la violazione dei regolamenti comunali, si è detto in precedenza che l'art. 7 bis T.U.E.L. non ha esplicitato la competenza del Dirigente in materia di provvedimenti amministrativi per l'irrogazione delle sanzioni amministrative principali ed accessorie. Infatti, la nuova disposizione introdotta con Legge n. 3 del 2003 si limita a statuire che, in caso di violazione del regolamento comunale, "l'organo competente ad irrogare la sanzione amministrativa è individuato ai sensi dell'art. 17 della legge 24 novembre 1981 n. 689" [17]. Purtuttavia, il chiaro intento del Legislatore di distinguere tra funzione cosiddetta di indirizzo e di controllo politico e funzione più propriamente amministrativa[18], intento ben espresso nel secondo comma dell'art. 107 del T.U.E.L. in base al quale "spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e dei provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e di controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell'Ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108 " offre un buon supporto per ritenere che la competenza di cui all'art. 17 della Legge 689/81 spetti al Dirigente comunale[19]. Invece, il soggetto competente a verificare la sussistenza di un illecito amministrativo e a redigere il relativo verbale di accertamento è indicato dall'art. 13 della più volte richiamata legge sulla depenalizzazione. Tali soggetti possono essere classificati in due ampie categorie: a) gli organi ai quali la legge riconosce la qualifica di agenti o ufficiali di polizia giudiziaria[20]; b) gli altri organi "addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui violazione" è prevista la comminazione di un sanzione amministrativa. Invero, l'art. 55 del c.p.p. individua specificatamente gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria. In realtà il predetto articolo può qualificarsi come norma aperta stante la riserva di cui al punto numero tre dello stesso, a mente del quale "sono altresì agenti ed ufficiali di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio di cui sono destinatari e secondo le rispettive attribuzioni, le persone alle quali le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall'art. 55 (c.p.p.). Numerose leggi, poi, riconoscono in modo esplicito la qualifica di organo di polizia giudiziaria agli agenti accertatori in relazioni a specifiche materie e nei limiti del servizio a cui sono destinati. A titolo di esempio, sono ufficiali di polizia giudiziaria: i funzionari delle Unità sanitarie locali a cui tale qualifica sia espressamente attribuita, gli ufficiali e i sottufficiali del Corpo di dei vigili del fuoco, il personale direttivo del Corpo Forestale dello Stato, i funzionari del servizio ispettivo delle Direzioni provinciali e regionali del Ministero del Lavoro, i Copyright © Alberto Pierobon - Tutti i diritti riservati 4/11 $LOGOIMAGE dirigenti dei laboratori di analisi, se l'accertamento del fatto illecito dipende dall'analisi dei campioni (art. 15 cit. Legge 689/1989). Per quanto riguarda i vigili della polizia municipale anch'essi sono competenti all'accertamento di tutte le violazioni punite con sanzioni amministrative[21]. Va, peraltro, osservato come l'attività di accertamento dell'illecito amministrativo abbia natura amministrativa e non sia di per sé attività propria di polizia giudiziaria. Ne consegue la non applicabilità all'esercizio dei poteri volti all'accertamento degli illeciti amministrativi (sempre che norme speciali non prevedano diversamente) degli strumenti di difesa che, primo fra tutti, il codice di procedura penale prevede a vantaggio dell'indiziato (nomina di un difensore, interrogatorio del trasgressore) né di quelli finalizzati a limitare l'azione degli organi accertatori. Pertanto, il soggetto preposto ha in via generale la facoltà di assumere dichiarazioni verbali o scritte, interrogare liberamente il presunto accertatore e/o i terzi, recarsi nei luoghi in cui si ipotizzi di trarre elementi utili al fine dell'indagine. Il cittadino è corrispondentemente tenuto a non ostacolare tale attività "investigativa" e l'espletamento dei compiti propri dell'ufficio di accertatore, ma non ha obbligo di collaborazione, né l'eventuale inerzia o il rifiuto di aiuto può legittimare il soggetto preposto all'accertamento ad utilizzare poteri di coercizione. Deve, infatti, escludersi che, in assenza di una specifica previsione di legge o regolamentare (con radici in fonti primarie), il soggetto accertatore sia titolare di poteri autoritativi e coercitivi o che il privato cittadino possa essere sanzionato qualora non cooperi all'attività di accertamento o addirittura si opponga all'espletamento delle funzioni attribuite agli organi procedenti. La seconda categoria degli organi accertatori è genericamente individuata in quella comprendente "gli organi addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni amministrativamente sanzionate" tra le quali sono da annoverarsi, come già detto, anche la disciplina del servizio di gestione con il regolamento previsto ex art. 21 D.Lgs. 22/1997, ove andranno stabilite anche le modalità di accertamento degli illeciti e di irrogazione delle sanzioni amministrative per le violazioni della disciplina recata dal medesimo regolamento (in particolare per la raccolta differenziata, ecc.) nonché del servizio di vigilanza per la prevenzione e la repressione dei medesimi illeciti. E' appena il caso di notare come tale disciplina debba uniformarsi ai principi della vigente disciplina statale e regionale: anzitutto il principio di legalità, ovvero delle disposizioni di legge statale e/o regionale in materia; in secondo luogo, l'accertamento e l'irrogazione delle sanzioni deve avvenire, come dianzi osservato, secondo le modalità stabilite dagli artt. 13 ss. Legge n. 689/1981 per tutte le sanzioni amministrative pecuniarie per le quali una specifica disposizione di legge non stabilisca altrimenti; ed infine, gli aspetti organizzativi del servizio di polizia dovranno riflettere quanto generalmente previsto dalla Legge n. 65/1986 e dalla L.R.V. n. 40/1988. Copyright © Alberto Pierobon - Tutti i diritti riservati 5/11 $LOGOIMAGE Il personale addetto alla vigilanza pur se non rivestente la qualifica di agente di polizia giudiziaria, può accertare ai sensi dell'art. 13 Legge n. 689/1981 solamente per le violazioni alle norme regolamentari comunali, mentre non potrà avere funzione alcuna di polizia giudiziaria, né sarà legittimato ad accertare ai sensi della ridetta norma gli illeciti sanzionabili amministrativamente dalle norme statali (artt. 50 e 55 D.Lgs. n. 22/1997) e regionali (artt. 6, 35 e 55 L.R.V. n. 3/2000), attribuendo queste ultime alla Provincia la competenza in ordine all'accertamento degli illeciti ed all'irrogazione delle sanzioni dalle stesse contemplate. In ogni caso, ove la vertenza riguardi la materia contrattuale, con sanzione convenzionalmente stabilita dalle parti contraenti, non trova applicazione la Legge 689/1981[22]. Giova ora rammentare come, secondo il disposto dell'art. 22-bis della L. 689/91 (introdotto dall'art. 98 del D. Lgs. 507/99) il giudice di pace è inoltre competente per le opposizioni alle ordinanze - ingiunzioni di cui all'art. 22 della L. 689/91, con esclusione dei casi in cui la sanzione è stata applicata per una violazione concernente disposizioni in materia: a) di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro; b) di previdenza e assistenza obbligatoria; c) urbanistica ed edilizia; d) di tutela dell'ambiente dall'inquinamento, della flora, della fauna e delle aree protette; e) di igiene degli alimenti e delle bevande; f) di società e di intermediari finanziari; g) tributaria e valutaria. La competenza del giudice di pace è altresì esclusa: a) se per la violazione è prevista una sanzione pecuniaria superiore nel massimo a lire trenta milioni; b) quando, essendo la violazione punita con sanzione pecuniaria proporzionale senza previsione di un limite massimo, è stata applicata una sanzione superiore a lire trenta milioni; c) quando è stata applicata una sanzione di natura diversa da quella pecuniaria, sola o congiunta a quest'ultima, fatta eccezione per le violazioni previste dal regio decreto 21 dicembre 1933, n. 1736, dalla legge 15 dicembre 1990, n. 386 e dal decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. In tutti i casi sopra indicati l'opposizione deve essere proposta davanti al tribunale. Come notato, l'opposizione avverso una sanzione amministrativa, comminata in violazione di una norma regolamentare, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario[23], ma va proposta avanti il Giudice di Pace. Le norme dettate dal Regolamento per la disciplina dei servizi di gestione dei rifiuti solidi urbani ex art.21 D.Lgs. 22/1997 sono norme comportamentali non ricadenti, quindi, nelle materie di "tutela dell'ambiente dall'inquinamento, della flora, della fauna e delle aree protette" di cui all'art. 22bis, comma 2, lett. d) della Legge 689/1989[24] e quindi, secondo la regola (rectius, competenza) Copyright © Alberto Pierobon - Tutti i diritti riservati 6/11 $LOGOIMAGE generale per la quale l'opposizione dell'art. 22 va proposta avanti al giudice di pace, salvo che la sanzione sia "stata applicata per una violazione concernente disposizioni" nelle materie contemplate dal comma secondo del citato art. 22bis, nei quali casi trova competenza il Tribunale[25]. Come da nostra esperienza, che ha trovato costante conferma giurisprudenziale, trattasi, infatti, di norme di mera condotta, quali per esempio quelle relative alle modalità di conferimento e della raccolta differenziata dei rifiuti, le quali norme sicuramente rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario: più esattamente, per quando dianzi argomentato, nella competenza del Giudice di Pace . [1] In via di pubblicazione su "Il Diritto della Regione, Cedam 2004. [2] Sul previgente quadro normativo, regionale e nazionale,ci si permette rinviare a A.Pierobon, Proposta di un "regolamento-tipo per la disciplina del servizio di raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani ed assimilati", in Comuni d'Italia, marzo 1995, pag. 487 ss.. [3]Cfr. Cass. Civile, Sez. I, 13 dicembre 1995, n. 12779 ove "il principio di legalità previsto dall'art. 1 Legge 689/1981 non si estende, quanto al precetto, ai regolamenti comunali (e provinciali) i quali trovano il loro fondamento costituzionale nel riconoscimento delle autonomie locali voluto dagli artt. 5 e 128 Cost. con il principio della riserva di legge di carattere relativo previsto dall'art. 23 va coordinato", Cass. Civile, sez. I, 15 novembre 1995, n. 11830, D.Bezzi, Illeciti e sanzioni amministrative, Giuffrè, Milano, 2000,pag. 6. [4] Anche la Legge Regione Veneto 21/01/2000, n. 3, stabilisce che il regolamento di gestione dei rifiuti sia emesso dai Comuni (come già previsto dall'art. 21 D.Lgs. n. 22/1997) sulla base di un regolamento tipo adottato dall'Autorità d'Ambito (artt. 7 e 15 ). [5] Il D.P.R. n. 915 del 1982 ha dato attuazione alle tre direttive CEE n.75/442 relativa ai rifiuti, n. 746/403 relativa allo smaltimento di policlorobifenili e dei policlorotrifenili (PCB-PCT) e n. 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi. Copyright © Alberto Pierobon - Tutti i diritti riservati 7/11 $LOGOIMAGE [6] Similmente disponeva al'art. 60 della medesima L.R.V. n. 33/1985 in ordine al regolamento per il servizio di fognatura e depurazione. [7] "Fatto salvo quanto disposto dall'art. 51, comma 2 chiunque, in violazione dei divieti di cui agli articoli 14 commi 1 e 2, 43 comma 2, 44 comma 1 e 46 commi 1 e 2 abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire duecentomila a lire un milione duecentomila. Se l'abbandono di rifiuti al suolo riguarda rifiuti non pericolosi ed ingombranti si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinquantamila a lire trecentomila". [8] Ma il combinato disposto degli articoli 6,35 e 55 della L.R.V. 21/01/2000, n.3 attribuisce in modo esclusivo alla Provincia ogni funzione di vigilanza, accertamento ed irrogazione delle sanzioni amministrative previste sia dal D.Lgs. 22/1997 che dalla medesima L.R., tant'è che resta di competenza comunale la sola "vigilanza sull'attività edilizia connessa" eccetera di cui all'art. 35, terzo comma, L.R.V.cit. [9] Che riprende in maniera quasi pedissequa l'art. 25, comma 2° Cost., ma prevedendo che "nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione". [10] Contra D.Bezzi, op. cit., pag. 4. [11] Nel vigore del D.P.R. 915/1982 la norma di legge dante fondamento al potere di sanzionare le violazioni al regolamento per la raccolta differenziata non poteva essere ravvisato nell'art. 24 cit. D.P.R. 915 (che sanzionava da Lire 20.000 a Lire 2.000.000 la violazione del generico divieto di abbandono dei rifiuti urbani e speciali di cui al precedente art. 9), ma era da individuare nell'art. 65 della L.R.V. n. 22/1985. il quale stabiliva la sanzione da L. 300.000 a L. 3.000.000 per l'inosservanza delle disposizioni regolamentari; le quali ultime ricomprendevano senz'altro anche quelle dei regolamenti comunali in materia di smaltimento dei rifiuti in genere e di raccolta differenziata in specie. [12] Conosciuta come legge sulle autonomie locali, la quale con l'art. 64 manteneva in vita gli artt. 106-110 e l'art. 155 del T.U. 383/1934. Copyright © Alberto Pierobon - Tutti i diritti riservati 8/11 $LOGOIMAGE [13] In tale ultimo caso il massimo della sanzione pecuniaria non poteva superare la somma di Lire 200.000 (art. 344, secondo comma),anziché quella di Lire 1.000.000 contemplata dall'art. 106. [14] "L'art. 23 preclude che le sanzioni amministrative siano comminate mediante disposizioni di fonti normative secondarie, ma non esclude, viceversa, che i precetti sufficientemente individuati dalla legge siano eterointegrati da norme regolamentari delegate, in virtù del peculiare tecnicismo della dimensione in cui le fonti secondarie sono destinate ad operare (...) In altri termini, deve riconoscersi che l'ordinamento vigente valorizza il principio di autonomia degli enti locali consentendo la massima espansione del criterio di etero-integrazione per via regolamentare della norma primaria che commina la sanzione amministrativa, ma postula pur sempre l'esistenza di una fonte legislativa delegante". [15] Pertanto, ad ogni tipo di violazione delle norme regolamentari è applicabile la sanzione amministrativa da euro 25 ad euro 500 con facoltà di pagamento in misura ridotta più favorevole di 50 euro pari al doppio del minimo entro 60 giorni dalla contestazione o dalla notificazione del verbale, come previsto dal primo comma dell'art. 16 L. 689/1981. [16] Fermo restando che il procedimento di accertamento e di irrogazione delle sanzioni, come vedremo, si rifà alla normativa generale recata dalla Legge 24 novembre 1981, n. 689, il che veniva stabilito espressamente anche dalla previdente normativa in materia dei rifiuti, cioè l'art. 28 del D.P.R. 915/1982. [17] In tema di sanzioni amministrative, l'applicabilità del principio secondo il quale, nella disciplina di cui alla l. n. 689 del 1981, per "luogo in cui è stata commessa l'infrazione" - in base al quale si radicano sia la competenza dell'autorità amministrativa cui spetta l'emissione del provvedimento sanzionatorio (art. 17) nel luogo della commissione della violazione, sia quella del giudice della opposizione allo stesso (art. 22) - deve intendersi (anche) quello in cui l'infrazione sia stata accertata postula la necessaria competenza territoriale degli organi accertatori, che, ove la violazione abbia carattere permanente, deve riferirsi quantomeno ad una frazione temporale della stessa, costituendo segmento primario della condotta che si assume illecita. (Nell'affermare il principio di diritto che precede la S.C. ha ritenuto che, in tema di smaltimento di rifiuti solidi urbani, l'art. 18 l. reg. del Piemonte - impositivo del divieto di scarico dei rifiuti provenienti da altre regioni fosse stato violato per effetto del fittizio cambio - avvenuto in Piemonte - della bolla di accompagnamento dei rifiuti stessi, cambio che, integrando gli estremi dell'operazione cartacea indispensabile per dissimulare l'origine non piemontese dei materiali, era da ritenersi segmento primario della condotta sanzionata dalla norma "de qua", legittimando, pertanto, i competenti organi piemontesi all'accertamento, senza che spiegasse influenza la circostanza che la località di provenienza dei rifiuti - nella specie, Monza - fosse sita al di fuori del comprensorio regionale), così Cassazione Civile, Sez. I, 15 marzo 2001, n. 3756. Copyright © Alberto Pierobon - Tutti i diritti riservati 9/11 $LOGOIMAGE [18] sull'argomento ci si permette rinviare a A.Pierobon, Spunti costruttivi sul ''nuovo''rapporto tra gli organi burocratici e quelli politici nell'ente locale, in Il Diritto della regione, n. 5/1995, pag. 885 ss. nel quale scritto permangono valide ed attuali le considerazioni espresse soprattutto al di là del dato normativo, per una sorta di "autonomia cooperativa" del dirigente nella realizzazione del programma amministrativo adottato dagli organi "politici", fermo restando che la "autonomia gestionale" non è - a nostro parere - una condizione che si deve chiedere ad una norma, ad un regolamento, ad un accordo sindacale, perché essa va conquistata, con il "comportamento", nello spazio della normativa, con la capacità di ognuno di "occupare" nel proprio contesto lavorativo, proprio questo "nuovo" ambito di autonomia. [19] In attesa che su tale specifico tema intervenga opportunamente la giurisprudenza la tesi secondo cui il Dirigente, a norma dell'art. 107 del D. Lgs.vo 267/2000, è competente in materia di provvedimenti amministrativi ex L. 689/81 è sostenuta, tra gli altri, anche dall'ANCI. [20] Così legando ulteriormente i poteri di accertamento a figure riconosciute direttamente dal legislatore nazionale: P.Cerbo, Le sanzioni amministrative, Giuffrè, Milano, pag. 134. [21] Per effetto del combinato disposto art. 13 Legge n. 689 del 1981 e art.1 Legge 07 marzo 1986, n. 65 cfr. Cass. Civile, sez. I, 12 novembre 1996, n. 9913 ove "in virtù del combinato disposto degli art. 13 L. n. 689 del 1981 e L. n. 65 del 1986, i vigili della polizia municipale sono competenti all'accertamento di tutte le violazioni punite con sanzioni amministrative. Pertanto, con la specifica competenza della giunta provinciale e dei funzionari da essa ''all'uopo incaricati'', prevista dall'art. 13 L. R.V. n. 24 del 1988 per la vigilanza sull'osservanza delle prescrizioni della stessa legge regionale, necessariamente concorre quella generale di ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria (fra cui i vigili della polizia municipale), prevista dalla menzionata normativa statale". [22] così Cass. Civ. sez. I, 09 marzo 1995, n .2729 riguardante un'impresa concessionaria dei servizi d'igiene urbana a sanzione amministrativa per violazione delle prescrizioni contenute nel relativo capitolato speciale d'appalto, con inammissibilità del ricorso, riportata da F.Bartolini, Il codice delle depenalizzazioni, La Tribuna, Piacenza, 2000, pag. 429. [23] In tema di sanzioni amministrative previste, in materia di rifiuti, dal d.lg. 5 febbraio 1997 n. 22, si applica, come stabilito dall'art. 55 del medesimo d.lg., la disciplina di cui alla l. 24 novembre 1981 n. 689, la quale prevede la giurisdizione del giudice ordinario, escludendo ogni spazio alla giurisdizione del giudice amministrativo, che non è in nessun caso configurabile. Pertanto, la questione della impugnabilità o meno mediante l'opposizione ex art. 22 della citata legge n. 689 del 1981 - del processo verbale di accertamento Copyright © Alberto Pierobon - Tutti i diritti riservati 10/11 $LOGOIMAGE della violazione non integra questione di giurisdizione, ma attiene all'ammissibilità dell'azione giudiziaria, così Cassazione Civile, sez. un., 28 gennaio 2003, n. 1240 in: Rifiuti - bollettino di informazione normativa n. 97 (6/03) pag. 1. Ancora, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere dell'opposizione avverso l'ordinanza - ingiunzione con cui siano irrogate cumulativamente sanzioni amministrative pecuniarie e ripristinatorie, come previsto per la violazione di norme sullo smaltimento dei rifiuti dall'art. 14, comma 3, del d.lg. n. 22 del 1997, trattandosi di sanzioni la cui irrogazione non è frutto di scelte discrezionali della p.a. ma è ricollegata inderogabilmente al verificarsi dei presupposti di legge: Cassazione Civile, sez. un., 26 giugno 2001, n. 8746. [24] "Già tipica materia pretoriale, spettano attualmente al tribunale, le violazioni amministrative previste dalla legge 10 maggio 1976, n. 319, sugli inquinamenti idrici, dal D.P.R. 24 maggio 1988, n. 236, sulla qualità delle acque per il consumo umano, dalla legge 26 ottobre 1995, n. 447, legge quadro sull'inquinamento acustico, dal D.Lvo. 5 febbraio 1997, n. 22 sui rifiuti; dalla L. 22 maggio 1973, n. 269, sulla disciplina delle piante di rimboschimento, dal D.L.vo 30 dicembre 1992, n. 536, di attuazione di direttive CEE in tema di agenti nocivi per gli organismi vegetali; dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, sulla caccia, dalla legislazione di protezione di animali in via di estinzione e dei quali è vietata l'importazione e il commercio; dalla normativa istitutiva di parchi nazionali, di protezione di aree umide, di difesa di zone di particolare interesse per la vita animale o l'equilibrio naturale" così F.Bartolini, op.cit., pagg. 451-452. Per quanto riguarda la giurisprudenza va segnalato che, in tema di aree regionali protette, la l. reg. Lombardia 30 novembre 1983 n. 86, per l'ipotesi di ritardo nell'esecuzione delle opere di ripristino ambientale (comportamento considerato illecito al pari della condotta, sanzionata separatamente, che aveva determinato il danno ambientale), prevede, all'art. 29, una sanzione pecuniaria, avente natura di sanzione amministrativa, non già di misura civilistica di esecuzione indiretta; ne consegue che la tutela giurisdizionale avverso la relativa ingiunzione rientra nell'ambito di applicazione della l. 24 novembre 1981 n. 689. così Cassazione Civile, sez. I, 11 luglio 2003, n. 10914. Ancora, il divieto di circolazione degli autoveicoli su tutto il territorio comunale in determinate fasce orarie e giornaliere (c.d. giovedì del polmone) disposto - visto il d.m. ambiente 21 aprile 1999 n. 163 - dal sindaco di Torino a mezzo di ordinanza, attiene alle norme anti-inquinamento predisposte dal comune. Conseguentemente, poiché il comma 2 lett. d) dell'art. 22 bis l. n. 689 del 1981 (così inserito dall'art. 98 d.lg. n. 507 del 1999) stabilisce che l'opposizione si propone davanti al tribunale quando la sanzione è stata applicata per violazione concernente disposizioni in materia di tutela dell'ambiente dall'inquinamento, deve dichiararsi l'incompetenza per materia del giudice di pace investito dell'opposizione al verbale di contestazione, elevato dalla polizia municipale per violazione della citata ordinanza sindacale, così Giudice di pace Torino, 4 aprile 2001 [25] non rientra nell'economia del presente scritto l'analisi della connessione obiettiva di una violazione amministrativa con un reato ex art. 24 Legge n. 689/1981, con la quale la competenza per l'irrogazione di una sanzione amministrativa viene devoluta al giudice penale, ritenendo non consentibile il potere applicativo della pubblica amministrazione in parte qua. 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