Scheda esperimento per studente-guida ATTIVITA` DELL`ENZIMA

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Scheda esperimento per studente-guida ATTIVITA` DELL`ENZIMA
Scheda esperimento per studente-guida
ATTIVITA’ DELL’ENZIMA CATALASI
MATERIALI
a. Foglia
b. Fegato
c. Patata
d. Mela
e. Biscotto
f. Coltello
g. Forbici
h. 12-15 provette
i. Bacchetta di vetro
j. Capsule o vetrini da orologio
k.
l.
m.
n.
o.
p.
q.
r.
s.
Guanti
Soluzione di acqua ossigenata al 36%
4-5 becher piccoli
Contagocce
Tessuto di colore scuro
Piastra riscaldante
2 becher per bagnomaria
Soluzione 1 M di NaOH
Soluzione 1 M di HCl
FINALITA’ (Livello base = per tutti)
a. Capire in che cosa consiste una reazione chimica.
b. Osservare la reazione della catalasi sull’acqua ossigenata, individuare la produzione di gas
(ossigeno) e classificarla come reazione chimica.
c. Distinguere i campioni nei quali la reazione avviene da quelli nei quali non avviene.
d. Individuare tracce di sangue non visibili su un tessuto.
(Livello superiore = solo per i visitatori più grandi)
e. Confrontare la velocità della reazione nei diversi campioni.
f. Verificare l’azione del calore sull’efficacia di questo enzima.
g. Verificare che gli enzimi non si consumano nel corso delle reazioni chimiche catalizzate.
h. Verificare l’azione delle variazioni di pH sull’efficacia di questo enzima.
INDICAZIONI OPERATIVE (Livello base = per tutti)
Raccogliere qualche foglia nel cortile scegliendole fra quelle più morbide, cioè quelle che non
presentano una cuticola cerosa troppo spessa.
Predisporre 2 becher per bagnomaria sulla piastra riscaldante. Mettere 4 pezzetti di fegato in 4
provette e 4 pezzetti di patata in altre 4 provette. Immergere le provette almeno per 10 minuti
nell’acqua bollente. Tenere sempre dei campioni pronti per i successivi gruppi di visitatori.
Tenere un becher (o una provetta) contenente acqua ossigenata in vista, in modo da poter controllare
sempre che non avviene nessuna reazione spontaneamente.
1) Prendere una foglia e metterla su una capsula o vetro di orologio, incidere da un lato la
superficie della foglia con una lama. Con il contagocce, mettere una goccia di acqua
ossigenata sulle incisioni e un’altra goccia sulla parte integra.
Far osservare la differenza tra le due gocce e chiedere agli ospiti se sanno che cos’è una
reazione chimica e come si fa a riconoscere. In caso di risposta negativa, spiegare che in una
reazione chimica alcune sostanze si trasformano, producendone altre: nel caso in esame si
vede la produzione di bollicine di gas (ossigeno) e ciò dimostra che è avvenuta una reazione
chimica.
Questa reazione avviene grazie ad un enzima che si trova nelle cellule, perciò occorre
tagliarle con il coltello per vedere la reazione.
Prima di usare gli altri campioni, chiedere ai visitatori di formulare delle ipotesi: in quali sostanze
sarà presente l’enzima (catalasi) e quindi dove si aspettano che avvenga la produzione di bollicine di
ossigeno?
2) Introdurre nelle provette un pezzetto di fegato crudo, di patata cruda, di biscotto, di mela e
mettere una pipettata di acqua ossigenata con il contagocce pieno sopra ognuno dei
campioni. Osservare ciò che accade entro alcuni secondi e verificare le ipotesi fatte in
precedenza. Notare che il fondo di alcune provette si riscalda: ciò è una conferma del fatto
che il gas non era semplicemente sciolto, ma che si sta producendo per effetto di una
reazione chimica (esotermica). Far toccare le provette calde ma non lasciarle in mano ai
visitatori per evitare il rischio che cadano e si disperdano frammenti di vetro.
“Ora mettiamoci nei panni degli investigatori (citare per esempio CSI) e ammettiamo di voler
cercare tracce di sangue non visibili lasciate sulla stoffa.”
3) Prendere un pezzo di tessuto di colore scuro e tagliarlo a metà.
“Scommettiamo che uno di voi riesce a trovare quale fra questi due pezzetti sarà stato macchiato di
sangue?”
4) Sporcare il campione di prova del fazzoletto col sangue di un pezzo di fegato appoggiando il
tessuto direttamente a contatto con il fegato. Lavare le macchie di sangue con acqua
corrente, per alcuni secondi, fino a che diventano invisibili. Bagnare anche l’altro campione
di tessuto (attenzione ad avere le mani pulite). Asciugare le due strisce di tessuto su carta
assorbente. Mentre una guida distrae uno del gruppo si distendono i due pezzetti di stoffa
apparentemente identici e poi si chiede di riconoscere quello che era stato macchiato. Per
verificare la sua risposta versarvi sopra alcune gocce di acqua ossigenata e ripetere la stessa
cosa con l’altro campione.
(Livello superiore = solo per i visitatori più grandi)
Osservare che la produzione di gas, dopo un certo tempo, si arresta: domandare se pensano che si sia
consumato qualcosa: che cosa? L’acqua ossigenata o l’enzima o qualcos’altro?
5) Aggiungere più volte acqua ossigenata nella stessa provetta con il fegato crudo e dimostrare
che gli enzimi non si consumano.
Chiedere ora come pensano che possa agire la temperatura sull’azione dell’enzima? E il pH (quindi
che effetto potranno avere soluzioni acide o basiche sull’enzima catalasi?
6) Prendere dal bagnomaria una provetta contente un campione di fegato e un’altra con la
patata. Mettere una pipettata di acqua ossigenata con il contagocce pieno sopra ognuno dei
campioni. Osservare ciò che accade entro alcuni secondi e verificare le ipotesi fatte in
precedenza.
7) Introdurre in due piccoli becher alcuni pezzetti di fegato crudo con aggiunta di NaOH e di
fegato crudo con aggiunta di HCl (fare in modo che i campioni siano completamente
immersi nelle soluzioni). Aggiungere nelle provette una pipettata di acqua ossigenata,
osservare l’eventuale reazione ed annotare immediatamente il risultato.
RISULTATI (Livello base = per tutti)
a. L’acqua ossigenata versata sulla foglia integra e sul biscotto rimane inalterata.
b. In corrispondenza della rottura delle cellule della foglia, della patata e del fegato, il liquido si
decompone formando minuscole bollicine di gas (ossigeno), sulla mela si sviluppano
pochissime bollicine.
c. Sulla striscia di tessuto non contaminato l’acqua ossigenata non cambia aspetto, a parte una
leggera decolorazione del tessuto. Sul tessuto contaminato, benché pulito, l’acqua ossigenata
si scompone in acqua e ossigeno facendo comparire un’effervescenza.
(Livello superiore = solo per i visitatori più grandi)
d. Aggiungendo al fegato crudo altra acqua ossigenata si sviluppano ancora abbondanti
bollicine.
e. I campioni che hanno subito la cottura non mostrano lo sviluppo di ossigeno.
f. Il fegato in ambiente basico reagisce ancora abbastanza velocemente mentre in ambiente
acido reagisce poco e lentamente.
INTERPRETAZIONE (Livello base = per tutti)
a. L’acqua ha formula H2O mentre l’acqua ossigenata, o perossido di idrogeno, ha formula
H2O2 (formula di struttura H–O–O–H), perciò contiene un atomo di ossigeno in più rispetto
all’acqua.
b. La molecola di acqua ossigenata si divide formando acqua e ossigeno (2 H2O2  2 H2O +
O2) perché da ogni molecola di H2O2 si può staccare un atomo di ossigeno (due atomi di
ossigeno si legano insieme e formano una molecola biatomica del gas): l’ossigeno si libera
sotto forma di bollicine.
c. Questa scomposizione, per poter avvenire, ha bisogno della presenza di un enzima detto
catalasi.
d. L’enzima catalasi è sicuramente presente nel fegato e nella patata (nella mela ce n’è molto
meno): infatti, la catalasi si trova all’interno di tutte le cellule, vegetali e animali, ma non,
per esempio, sulla superficie delle foglie. Ecco perché le bollicine di ossigeno appaiono
soltanto sulle foglie lacerate e in corrispondenza della rottura delle cellule di patata. La
catalasi non si trova neanche sui biscotti (fatti di amido, proveniente da cellule vegetali, e di
altre sostanze organiche, ma privi degli enzimi nella forma attiva poiché sono stati sottoposti
a cottura).
e. Questo test, scoperto nel 1863, è molto sensibile e permette di scoprire tracce dell’enzima
catalasi, presenti nel sangue, anche dopo che la stoffa è stata lavata. Pertanto è stato usato
per decenni in medicina legale nella ricostruzione della dinamica dei delitti. Tuttavia non è
un test specifico perché, come già detto, la catalasi si trova in abbondanza in quasi tutte le
cellule, e non solo nel sangue. Pertanto la dimostrazione offerta dal test non è assoluta, ma di
tipo presuntivo. Oggi si usano test molto più sofisticati alcuni dei quali, partendo dall’esame
dei globuli bianchi, permettono di risalire all’impronta genetica dell’individuo da cui
proviene il sangue.
(Livello superiore = solo per i visitatori più grandi)
f. Questa scomposizione, per poter avvenire, ha bisogno della presenza di un enzima detto
catalasi (perossidasi), oppure di un ambiente alcalino o di una temperatura abbastanza alta.
g. La catalasi non si consuma durante la reazione.
h. La cottura inattiva l’enzima che, in tal modo, subisce denaturazione termica.
i. L’ambiente basico favorisce la sua attività mentre l’ambiente acido la inibisce. Quest’ultimo
determina la denaturazione chimica dell’enzima.
DOMANDE
1) Che cos’è un enzima? Che funzione svolge?
2) Perché le cellule contengono la catalasi?
3) Perché usiamo l’acqua ossigenata per disinfettare le ferite? Che cosa succede sulla ferita?
4) Cosa sono i radicali liberi?
5) Per quanto tempo riesce a funzionare la catalasi?
6) Che cos’è la denaturazione?
7) Perché la denaturazione rende inattivo l’enzima?
8) Perché altri enzimi sono attivi in ambiente acido, mentre si denaturano in ambiente basico
(per esempio gli enzimi digestivi dello stomaco)?
RISPOSTE
1) Un enzima è una proteina che svolge la funzione di catalizzatore, cioè è in grado di
accelerare una reazione chimica senza subire trasformazioni (catalizzatore biologico).
2) Tutte le cellule viventi producono, durante i loro processi metabolici, tracce di acqua
ossigenata che però è una sostanza molto tossica, quindi essa viene prontamente trasformata
e neutralizzata da reazioni chimiche che avvengono nelle cellule stesse. Uno dei sistemi usati
dalle cellule per eliminare l’acqua ossigenata è di scomporla, grazie all’enzima catalasi, in
acqua e ossigeno.
3) Quando versiamo grandi quantità di acqua ossigenata (cioè alcune gocce) su cellule lacerate
(vegetali o animali, quindi anche su una ferita) le molecole di catalasi intervengono in massa
a scomporre l’acqua ossigenata. Così si libera molto ossigeno allo stato nascente, ossigeno
attivissimo nell’ossidare le sostanze organiche con cui entra in contatto. Nel caso di una
ferita trattata con acqua ossigenata, l’ossigeno che si libera ossida, uccidendoli, i batteri
introdotti insieme con lo sporco. Da qui viene la sua azione antisettica (disinfettante),
particolarmente efficace soprattutto contro i batteri anaerobi, che vivono in assenza di
ossigeno.
4) Un radicale libero è una specie chimica costituita da un atomo o una molecola che presenta
un elettrone spaiato. Tale elettrone rende il radicale estremamente reattivo, in grado di
legarsi ad altri radicali o di sottrarre un elettrone a molecole vicine. Si formano
spontaneamente, in natura o in laboratorio, per azione della luce o del calore, in seguito alla
scissione omolitica di un legame chimico.
5) Il catalizzatore non prende parte alla reazione come invece fanno i reagenti e lo si ritrova
inalterato alla fine della reazione: una molecola di catalasi può agire, prima di inattivarsi, su
5 milioni di molecole di acqua ossigenata in 1 minuto.
6) La denaturazione è un cambiamento della struttura tridimensionale delle proteine: la loro
molecola è un lunghissimo filamento formato da centinaia di amminoacidi legati a formare
una catena lineare, ma questo filamento si ripiega nello spazio assumendo una disposizione
particolare che permette alla proteina di svolgere la sua funzione. La molecola resta ripiegata
grazie ai legami tra le varie parti del filamento. Il calore può rompere questi legami
(denaturazione termica) ma anche alcune sostanze (denaturazione chimica).
7) Se l’enzima perde la sua forma, esso non è più in grado di compiere le sue specifiche
funzioni.
8) Per ogni proteina, al variare del pH, varia il numero complessivo di cariche elettriche
positive e negative presenti sui residui aminoacidici: in tal modo varia la capacità della
proteina ad effettuare quei legami che servono a tenere ripiegata la catena polipeptidica in
una data configurazione tridimensionale. Esiste un intervallo di pH nel quale la proteina
mantiene la sua struttura tridimensionale e riesce pertanto a svolgere bene le sue funzioni;
ma, al di fuori di questo intervallo, ciò non è più possibile, la proteina si denatura, coagula e
smette di funzionare. La catalasi ha un pH ottimale di azione compreso tra 6,8 e 7,0 (mentre
la pepsina nello stomaco è attiva ad un pH < 1) perciò, a differenza della pepsina, se
l’ambiente diventa acido, essa perde la sua struttura e la sua attività.
APPROFONDIMENTO
In seguito alla denaturazione le proteine possono separarsi dall’acqua, formando residui più o meno
gelatinosi (formazione di gel). Ciò richiede che le molecole proteiche possano avvicinarsi fra loro
quando sono ancora in acqua. Questo processo è normalmente impedito dalla repulsione
elettrostatica fra le catene proteiche causata dalla presenza di gruppi ionici, positivi o negativi,
puntati verso l’esterno della struttura (il principio è simile a quello della repulsione fra micelle di
sapone). Se l’ambiente è abbastanza acido, la carica elettrica complessiva è positiva; se l’ambiente è
abbastanza basico, essa è negativa. Tuttavia, a pH intermedi, variabili da una proteina all’altra, il
numero di cariche positive è uguale a quello delle cariche negative (punto isoelettrico) e quindi la
forza di repulsione è ridotta al minimo. In questa situazione l’avvicinamento e l’associazione delle
catene proteiche è facilitato. In altre parole, esistono dei valori di pH dell’ambiente in cui si trova la
proteina, che possono favorire particolarmente la formazione di gel.