Abruzzesi d`oro - Fondazione Brigata Maiella

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Abruzzesi d`oro - Fondazione Brigata Maiella
Riservato
GARANTI CONTRO
Aria di battaglia tra i presidenti delle
Authority. Motivo: i concorsi per assumere
il personale. Tutto nasce dal fatto che
per effetto della riforma della Pubblica
amministrazione i vari garanti dovrebbero
frmare una convenzione con le regole per
la pubblicazione dei bandi. Le divergenze
riguarderebbero la composizione delle
commissioni di concorso: più di qualcuno,
infatti, le vorrebbe formate solo da membri
interni alle Autorità stesse (o al massimo
con un esterno), con buona pace della
trasparenza e dell’imparzialità. L’idea non
piace però al garante della legge sugli
scioperi nei servizi pubblici. Così Roberto
Alesse ha inviato ai suoi omologhi una
lettera al vetriolo, nella quale chiede
commissari «unicamente di provenienza
esterna». Non solo: per Alesse «le
procedure concorsuali», a partire dalle
nomine, dovrebbero
essere «gestite
unitariamente tra
tutte le Autorità». Per
ora, però, nessuno
sembra disposto a
convergere sulla
proposta, che ha
creato più di un mal
di pancia nel mondo
dei garanti.
G. M.
ABRUZZESI D’ORO
Assegnare già da quest’anno, in occasione
del settantesimo anniversario della
Liberazione, una medaglia d’oro al popolo
abruzzese per il suo eroismo durante
l’occupazione nazista. A lanciare la
proposta, con un articolo sul “Centro”
di Pescara (e rilanciata sul suo blog
sull’Espresso) in occasione della laurea
ad honorem conferita dall’università
di Teramo all’abruzzese Marco Pannella,
è il giornalista Carlo Troilo figlio di Ettore,
fondatore e comandante della Brigata
Maiella (scomparso nel 1974, all’età di 76
anni). Ed è proprio al leader storico dei
radicali che Troilo si rivolge, chiedendogli di
caldeggiare l’idea con il neo presidente della
Repubblica, Sergio Mattarella. «In questi
ultimi anni», scrive Troilo, «una fioritura di
studi storici italiani e di traduzioni di libri di
ex combattenti stranieri, soprattutto inglesi,
ha fatto finalmente conoscere a pieno il
prezzo spaventoso pagato dall’Abruzzo per
non aver voluto piegarsi alle violenze, alle
intimidazioni e al terrore nazista».
T. M.
20 |
| 5 marzo 2015
Denise Pardo Pantheon
Trucchi da premier
per la partita Rai
Non è un algoritmo. Neppure
un’equazione. Men che meno un
abracadabra. A segnalarne l’esistenza
come un mantra sono stati i gufoppositori, quelli del momento, al tempo
dell’elezione di Sergio Mattarella. Non
il nome, ripetevano ispirati, ma il metodo,
il problema è il metodo. Non era vero,
ma facevano un fgurone.
UMORI & SCENARI. Il metodo Renzi
è rodato nei suoi passaggi. Si tratta di
un’evoluzione del sondaggismo. Di una
pratica più empirica che scientifca, sede
Palazzo Chigi, protagonista il premier.
Consiste nel sondare umori politici.
Testare scenari facendo trapelare
un boom di nomi, falsi in toto meno uno,
il candidato vero in mezzo agli altri.
Poi aspettare. Non è tecnica da
Schopenhauer. Più da Jannacci,
invece: «per vedere l’effetto che fa».
FARAONE IN AGGUATO. Questa volta
il cimento è su un’altra questione e su
un’altra elezione: la famigerata riforma
della Rai e le nomine dei suoi vertici,
in scadenza ad aprile. Il rebus è di rango
ben inferiore rispetto alla salita al Colle.
Ma la faccenda è ad altissima sensibilità
politica. Livello di rischio? Genere
maledizione di faraone.
ANNO X. Il test ha inizio a fne d’anno,
nella tradizionale conferenza. In mezzo
allo scibile governativo, Renzi butta là
con nonchalance che il 2015 sarà anno
di riforma della scuola e della Rai.
Non succede granché, sotto vischio e
panettone. È fatto apposta. L’importante
è che l’annuncio, pur vago, sia andato.
RING MAZZINI. Le acque del servizio
pubblico cominciano ad agitarsi dopo che
il metodo per il Quirinale ha funzionato
come un orologio. In un crescendo fetish
di proclami e twitter-anatemi, il premier
getta la questione sul tavolo, atterrando
nel ring dove - a causa del piano
dell’informazione di Luigi Gubitosi,
direttore generale Rai - a viale Mazzini e a
Palazzo San Macuto (sede della Vigilanza)
se le stanno dando di santa ragione.
In nome del pluralismo, ovvio.
GOCCIA A GOCCIA. Il metodo segue un
ritmo. Dopo la pubblicità, entra nei dettagli
e nelle promozioni. L’obiettivo va fatto
fltrare goccia a goccia: indiscrezioni,
soffate, confdenze. Per arrivare al punto:
non più una società Rai, ma una
fondazione, annosa proposta cult mai
realizzata, e un cambio di governance.
E la politica? Fuori (quella non controllata
da lui, accusano molti) una volta per tutte.
Nell’ombra dei corridoi di Montecitorio,
si ride ancora a crepapelle.
LOTTERIA GENDER. Intanto a latere
impazza la gran lotteria dei nomi, divisi
in vari gender: i manager Andrea Guerra
(che ha lavorato al dossier), Andrea
Zappia, Vincenzo Novari. Poi i televisivi
Antonio Campo Dall’Orto e Andrea
Scrosati. La signora della fction Rai
Eleonora Andreatta. Gli uomini di viale
Mazzini Paolo Del Brocco e Luigi
De Siervo. La prorogatio di Gubitosi.
Sarà come Mattarella? In mezzo
c’è il biglietto vincente, il governo
ha già in mente il nome?
ANNUNCI DA SALOTTO. La perfda beffa
è il fatto che Renzi usi i salotti Rai (“Porta
a Porta”, “In ½ h”, “Che tempo che fa”,
“Virus”) per annunciare il destino della
Rai. E non appena la temperatura si fa
incandescente il premier lancia benzina
per provocare Maurizio Gasparri (che
cade nella trappola come un babbeo) e
demolire l’omonima legge che legittima
con il bilancino la spartizione politica.
E per far trapelare il progetto di un
possibile decreto legge. Quando si dice
l’incendio sicuro. Metodo Renzi versus
metodo Rai, vedremo l’effetto che fa.
IL PREMIER MATTEO RENZI. IN ALTO,
A SINISTRA: ROBERTO ALESSE
Foto: A3, A. Serranò - Agf, S. Caleo
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