Problem Solving e cooperative learning nella didattica delle scienze

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Problem Solving e cooperative learning nella didattica delle scienze
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La realtà giovanile con la quale ci dobbiamo confrontare è sempre più difficile e complicata. L'attuale
processo di velocissima trasformazione tecnologica, produce grandi potenzialità ma anche un forte
senso di instabilità nel nostro modo di vita. Tra gli aspetti di malessere più preoccupanti provocati dai
cambiamenti in corso sicuramente figurano i problemi di comunicazione nelle famiglie e tra i vari
gruppi d'età (ragazzi, adulti , anziani). Questo intreccio di relazioni educative, che dovrebbe promuovere la crescita e lo sviluppo dei rapporti sociali, è in crisi e ne subiscono le conseguenze soprattutto i
preadolescenti, specialmente quelli che vivono nei contesti socioculturali più deboli.
Sempre più spesso gli studenti sono passivi, incerti, bloccati; la mancanza di aspettative e la scarsa fiducia nelle proprie possibilità generano deresponsabilizzazione e impediscono ai ragazzi di diventare
protagonisti del loro apprendimento.
Le difficoltà che abbiamo colto durantele nostre attività d'insegnamento della chimica nel biennio ITIS e di educazione scientifica con gli studenti delle scuole medie ed elementari, ci hanno convinto
che viene richiesto ai docenti di affrontare, con passione e competenza, nuovi compiti educativi.
Una delle risposte praticabili nella scuola , a nostro avviso, è quella di adottare con gradualità nuove
metodologie didattiche che cerchino, da una parte di modificare l'insegnamento - apprendimento in
coerenza con le recenti ricerche nella didattica delle scienze, e dall'altra di attivare processi di responsabilizzazione nei ragazzi attraverso la valorizzazione delle loro capacità.
Per questo motivo da 8 anni stiamo utilizzando il Problem Solving in laboratorio e stiamo sperimentando lezioni e Problem Solving anche in contesti di Cooperative Learning.
Inoltre, cercando di costruire esperienze di continuità nell'educazione scientifica, da più di quattro
anni lavoriamo con diversi colleghi di scuola elementare e di scuola media del territorio di Grugliasco , studiando e preparando insieme unità di lavoro sperimentali.
Per conoscere e comprendere la tecnica del Problem Solving in laboratorio di chimica, di fisica o di
biologia, suggeriamo la lettura degli scritti dei Proff. Valitutti e Tifi*
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HGXFD]LRQHVFLHQWLILFDQHOODVFXRODGHOO
REEOLJR
L’attività sperimentale, soprattutto se condotta in gruppi cooperativi, può avere un ruolo molto rilevante per gli studenti, già dalla scuola elementare, perché insegna a modificare in modo attivo oggetti
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concreti, permette l’acquisizione di conoscenze e intanto educa ad essere protagonisti e non solo fruitori passivi della realtà.
Nel curricolo del secondo ciclo delle scuole elementari scuole e medie il tema “ materia e fenomeni
fisici e chimici ” prevede esperimenti su sostanze e miscugli, con separazioni dei componenti dei miscugli , cenni sulla struttura della materia, esperienze sulla materialità dei gas e altre attività sperimentali che aiutino a costruire i fondamentali concetti di interazione e trasformazione.
Mentre per i bambini delle elementari si devono affrontare solo aspetti macroscopici della realtà e
delle sue trasformazioni, per i ragazzi delle scuole medie è necessario incominciare ad introdurre il
modello particellare per interpretare i fenomeni osservati; i fatti sperimentali devono essere "visti" sia
al livello macroscopico che in termini di struttura microscopica. Sull'argomento così si esprimono i
Proff. G. Valitutti, M. Marinozzi e A. Tifi : “ I concetti atomico-molecolari sono spesso appresi non
contestualmente al mondo dei fenomeni e, infatti, non sono mai usati spontaneamente dagli allievi
nell’interpretazione dei fenomeni . I “misconcetti” relativi al mondo microscopico, che vengono frequentemente rilevati, dimostrano quanto l’argomento e i suoi collegamenti con le altre conoscenze
siano sottovalutati nell’insegnamento tradizionale. Occorre invece costruire i concetti microscopici
partendo dalle evidenze fenomeniche...Il primo obiettivo su cui puntare è fornire all’allievo il modello
particellare. Aiutandosi con modelli concreti e tangibili, che vengono via via precisati e privati del carattere metaforico, l’insegnante ha mille opportunità per sintonizzare la classe sul linguaggio particellare...”
Nel biennio delle superiori (nel nostro caso un ITIS), si deve riprendere, approfondire e precisare l'
aspetto particellare e creare per gli studenti le condizioni , come indica Alex Johnstone, per mettere in
relazione i tre livelli di rappresentazione della materia: macroscopico, particellare, simbolico (simbologie matematiche, formule, equazioni ecc.). Il problema di collegare i tre livelli è comune alla fisica,
alla chimica e alla biologia, discipline che devono cominciare a distinguersi l'
una dall'
altra proprio nel
biennio della scuola superiore. Le attività di laboratorio, se non sono "calate" sugli studenti ma condotte con metodi efficaci, possono costituire una grande opportunità anche per affrontare questa complessità.
Per gli stessi concetti si tratta di proporre attività che aiutino gli allievi a costruire nella mente modelli a diversi livelli concettuali a seconda della fascia d'
età. Si deve naturalmente trattare di MODELLI SEMPLIFICATI , utili comunque a interpretare la realtà, che si possano arricchire, estendere ed approfondire con coerenza nel corso degli anni. Sappiamo bene, dagli studi dei pedagogisti,
che gli allievi possiedono già proprie concezioni spontanee, le cosiddette misconcezioni o concezioni di senso comune, che sono spesso in contrasto con le teorie scientifiche; proprio sulle loro ristrutturazioni si deve basare il processo di insegnamento/apprendimento delle scienze. Una strategia
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per aiutare i ragazzi di scuola media inferiore e superiore a superare le proprie concezioni è, come
già accennato, l'
introduzione del modello particellare della materia. L'
importanza del laboratorio
come luogo in cui sperimentare e intanto riflettere e collegare il livello microscopico con il macroscopico è proprio quella di non imporre "ex cathedra" il modello particellare, ma far sì che venga
costruito dagli allievi, quindi assimilato e non ripetuto a solo beneficio dell'
insegnante.
Nell’ attività sperimentale si possono anche sviluppare abilità di base importanti che sono troppo spesso date per scontate: misurare volumi di liquidi con un cilindro, misurare temperature, effettuare operazioni di pesata, di filtrazione, di distillazione ecc. ecc. Esse rappresentano conoscenze concrete importanti, soprattutto nell'
ottica di integrare il fare con il pensare. Un metodo che permette di collegare
efficacemente i due aspetti è il Problem Solving in laboratorio, come abbiamo potuto sperimentare
con allievi di tutta la fascia dell'
obbligo.
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Presentiamo alcuni esempi di Problem Solving sullo stesso argomento, affrontato a livello concettuale diverso.
SOLUBILITÀ
ƒ
(OHPHQWDUL
P. S. Tra i seguenti materiali : sale, olio, aceto, alcool, zucchero, sabbia, farina, quali sono
solubili in acqua?
In questo caso viene trattato il concetto di solubilità/insolubilità solo in termini esplorativi, per
giungere successivamente a descrivere un sistema in termini di omogeneità/eterogeneità
0HGLH
a- P. S. Il fertilizzante nitrato di potassio è più solubile in acqua calda o in acqua fredda?
b- P. S. Il fertilizzante nitrato di potassio, in acqua è più solubile a 20°C o a 5°C ?
In questi casi vengono coinvolte diverse variabili connesse al concetto di solubilità/insolubilità:
temperatura, volume, massa.
%LHQQLRVXSHULRUL
- P. S. Vi vengono consegnati due becher contenenti uno nitrato di potassio e l'
altro cloruro
di sodio
Identificate i due solidi progettando un esperimento sulla base delle caratteristiche illustrate nel grafico.
3
25
Nitrato di Potassio
20
15
10
5
Cloruro di sodio
0
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
Questo Problema sperimentale coinvolge variabili e abilità di pensiero elevate relative al
concetto di solubilità/insolubilità: temperatura, volume, lettura e comprensione di un grafico,
utilizzo di quantità proporzionali rispetto ai dati presenti sul grafico, dal momento che vengono usati becher da 50 mL .
MISCELE OMOGENEE/ETEROGENEE
(OHPHQWDUL
P. S. Avete una miscela formata da zolfo e acqua salata. Separate lo zolfo e il sale, solidi,
dall'
acqua.
0HGLH
P. S. Avete a disposizione tre materiali: sale, olio, aceto. Dovete provocare la formazione di
a) una miscela omogenea b) una miscela eterogenea.
%LHQQLRVXSHULRUL
P. S. Avete a disposizione un miscuglio formato da marmo in polvere, solfato di rame, acetone . Separate i tre componenti.
4
N.B. Si può usare eventualmente CuSO4 anidro bianco, che con l'
aggiunta di acqua diventa
azzurro.
TRASFORMAZIONI
(OHPHQWDUL
P. S. Unendo a coppie i seguenti materiali dovete documentare almeno 4 casi di interazione
a)aceto; b)soluzione BTB giallo ; c) soluzione BTB blu ; d) acqua distillata e) acqua minerale frizzante, bicarbonato di sodio
NB: il PS propone solo il concetto di interazione, senza etichettature chimiche o fisiche.
Per BTB si intende una soluzione di blu e di bromotimolo
0HGLH
P. S. Avete a disposizione 4 materiali : acqua, aceto, bicarbonato di sodio, zolfo. Dovete
provocare la formazione di a) una miscela omogenea; b) una miscela eterogenea; c) una reazione chimica.
N.B. Riteniamo sia didatticamente utile non considerare i passaggi di stato come le uniche
trasformazioni fisiche possibili.
%LHQQLRVXSHULRUL
a) P. S.In quali casi, mescolando le soluzioni A,B,C con le soluzioni 1, 2, 3, vi è indizio di
trasformazione chimica?
Il P.S. ha lo scopo di condurre gli allievi alla compilazione di uno schema riassuntivo, come ad esempio la griglia che segue, in cui registrare il colore e le altre caratteristiche degli eventuali precipitati che si formano mescolando a due a due le varie soluzioni.
$
%
&
bianco
-
bianco
-
rosso
giallo
giallo gelatinoso
Le soluzioni da noi utilizzate sono: 1: NaCl, 2: Na2SO4, 3: K2CrO4, A: AgNO3, B: Ba(NO3)2,
C: Zn(NO3)2
b) P. S. Vi viene consegnato un sistema in equilibrio:
5
Co(H2O)62+ + 4Cl rosa
CoCl42- + 6H2O
blu
Dovete individuare sperimentalmente a) la reazione esotermica b) la reazione endotermica
c) l’ effetto della sottrazione di un reagente
N.B. Quest'
ultimo P. S. si presta ad approfondire il concetto di reazione chimica anche in termini di
equilibrio
Un organizzatore grafico che permette di gestire le attività sperimentali utilizzando in maniera efficace le conoscenze teoriche è il diagramma a V di Gowin** che, aiutando gli studenti a chiarire la
natura e lo scopo delle attività sperimentali, contribuisce a far crescere le strategie cognitive e metacognitive Sulla base della nostra esperienza, possiamo affermare che già dalla 4° elementare è
possibile introdurlo.
3UREOHP6ROYLQJLQDSSUHQGLPHQWRFRRSHUDWLYRSHUODFRVWUX]LRQHVRFLDOHGHOODFRQRVFHQ]D
L'applicazione del Problem Solving sperimentale migliora chiaramente la didattica delle scienze, ma
noi pensiamo che possa esprimere al meglio le sue potenzialità formative se viene praticato utilizzando una modalità G
LQVHJQDPHQWR DSSUHQGLPHQWR duttile e potente come il Cooperative Learning. I
presupposti teorici del Cooperative Learning si rifanno al pensiero di Vygotskij, in particolare sulla
natura sociale dell’ apprendimento. Il metodo dell’ apprendimento cooperativo contribuisce a creare un
contesto in cui gli allievi acquisiscono abilità di comportamento specificamente insegnate, dialogano
in modo interattivo con i compagni, senza appesantimento della memoria a breve termine, e quindi
apprendono in modo significativo.
La difficoltà a trovare una motivazione allo studio fa sì che spesso ci troviamo con classi gravemente
problematiche nel comportamento, per cui durante le attività sperimentali si possono produrre situazioni di pericolo. D’ altra parte l'
elevata eterogeneità di stili d'
apprendimento e di capacità dei ragazzi,
può essere affrontata positivamente solo se l'
insegnante dedica la sua attenzione a piccoli gruppi, cosa
impossibile quando il resto della classe non collabora. E'possibile affrontare il problema, a nostro avviso, attraverso la liberazione delle risorse che provengono dal coinvolgimento attivo dei ragazzi
stessi nella conduzione della classe.
Il Cooperative Learning, anche quando proposto a livelli non sofisticati (Cooperative Learning informale) , permette di migliorare molto la pratica didattica, educando gli allievi ad atteggiamenti ed abilità sociali che spesso si danno per scontate e richiamate spesso solo con esortazioni, ma che in realtà
vanno insegnate ed apprese nell'
esperienza delle relazioni concrete. Ciò vuol dire costruire un clima di
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classe in cui i rapporti siano di interdipendenza positiva e in cui i ragazzi debbano collaborare anche
con persone ritenute "non all’altezza".
Il Cooperative Learning richiede l’applicazione di diversi principi: il raggruppamento eterogeneo; l’interdipendenza positiva; l’acquisizione di competenze sociali (saper comunicare, saper distribuire la
leadership, saper affrontare conflitti, saper risolvere problemi, saper prendere decisioni) ; l’autonomia
del gruppo; l’interosservazione ; la valutazione individuale e/o di gruppo. E’ un metodo che solo in
tempi lunghi può essere ben padroneggiato dai docenti. Noi lo stiamo sperimentando, crescendo lentamente di anno in anno, cercando di evitare fughe in avanti e procedendo con gradualità e prudenza.
Per documentarsi sulla metodologia cooperativa è opportuno riferirsi ai testi segnalati nella bibliografia**
L'
attività di Problem Solving sperimentale in contesti cooperativi, collegando l’ operatività con la riflessione teorica in un clima di scambio e confronto, è in sintonia con il pensiero costruttivista sociale
, perchè consente di porre in evidenza, con un'
intesa sul significato dei termini e dei concetti anche
attraverso l’ uso della V di Gowin, i passaggi mentali che favoriscono la costruzione concettuale.
Ciò è in piena coerenza con il documento della Commissione dei Saggi "Contenuti essenziali per la
formazione di base" in cui, relativamente alle scienze sperimentali, si sostiene la necessità di una"
FROODERUD]LRQHHIIHWWLYDWUDLGXHDVSHWWLFRPSOHPHQWDULFKHFDUDWWHUL]]DQRODFRVWUX]LRQHGHOODFRQR
VFHQ]DVFLHQWLILFDLOPRPHQWRDSSOLFDWLYRHG
LQGDJLQHHTXHOORFRJQLWLYRLQWHOOHWWXDOH" Nel documento si dice che nel laboratorio gli studenti "GHYRQRDSSURSULDUVLGLPRGLGLJXDUGDUHGHVFULYHUHHLQ
WHUSUHWDUHLIHQRPHQLFKHVLDYYLFLQLQRSURJUHVVLYDPHQWHDTXHOOLVFLHQWLILFDPHQWHDFFUHGLWDWL." e che
si devono sperimentare "DWWLYLWjGLPRGHOOL]]D]LRQHVFKHPDWL]]D]LRQHHIRUPDOL]]D]LRQHPHGLDQWHOH
TXDOLLIHQRPHQLYHQJRQRGHVFULWWLHGLQWHUSUHWDWL.".
In conclusione, possiamo dire che il Problem Solving sperimentale e il Cooperative Learning si integrano , creando un contesto costruttivista in cui :
-
il Problem Solving , con l'
uso della V di Gowin, rappresenta l'
esperienza che consente la costruzione della conoscenza ;
-
il confronto tra pari, con la discussione in gruppo cooperativo, avvia il processo di metacognizione
e di consapevolezza dell'
apprendimento individuale ;
-
l'
evento che promuove l'
esperienza di apprendimento avviene in un contesto sociale, con la valorizzazione della zona di sviluppo prossimo ( Vygotskij)
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BIBLIOGRAFIA
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a) 4XDOHODERUDWRULRSHUOHVFLHQ]HVSHULPHQWDOL" dei Proff. Valitutti e Tifi, in DIDATTICA
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b) G. Valitutti, A. Tifi, M. Marinozzi, 7HFQLFKHGLSUREOHP6ROYLQJQHOODERUDWRULRGLFKLPLFDH
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c) G. Valitutti, A. Tifi, 3HUXQLQVHJQDPHQWRIRUPDWLYRGHOOHVFLHQ]HGHOODQDWXUD, in “ Scuola e
Città” , agosto 1997, pp. 345-352
d) L. Angeleri, M. Falasca, A. Martini, ASSUHQGLPHQWRFRRSHUDWLYRH3UREOHP6ROYLQJ
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