Emissioni - QualEnergia
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Emissioni - QualEnergia
STUDI 42 emissioni: costi e ricavi di SIMONE MORI* Cambiamento climatico e aumento della domanda energetica sono da alcuni anni temi di attualità nel dibattito scientifico, politico e industriale in Italia e nel Mondo. La grave crisi economica in atto rende oggi particolarmente urgente la risposta ad alcuni interrogativi: come è possibile contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra (Ghg) senza gravare in modo insostenibile sui bilanci nazionali? Quale potenziale di riduzione è realisticamente raggiungibile con gli strumenti a disposizione – e soprattutto, a quali costi? Quali politiche e regolamentazioni devono essere implementate? Lo studio “Pathways to a Low-Carbon Economy”, sviluppato da McKinsey con la collaborazione di Enel e di altre aziende leader su scala mondiale, propone risposte puntuali e concrete, basate su un’accurata disamina del potenziale e dei costi associati a ogni leva disponibile per l’abbattimento delle emissioni di Ghg a livello globale. Enel e McKinsey hanno poi approfondito la specifica situazione italiana nel rapporto “La riduzione delle emissioni di gas serra in Italia: opportunità e costi”. Entrambi gli studi sono stati presentati al pubblico nel gennaio scorso. I costi di abbattimento della CO2 La curva globale disegnata da McKinsey evidenzia tre principali categorie di opportunità di abbattimento delle emissioni: efficienza energetica, generazione di energia a bassa intensità di CO2, gestione del territorio (agricoltura e foreste). Se sfruttate al massimo fin da ora, il potenziale di abbattimento di tali misure può raggiungere nel 2030 i 38 GtCO2e/anno, quasi la metà delle emissioni previste nello scenario tendenziale (Bau - Business as Usual) con un costo medio inferiore ai 60 €/tCO2e. Le opportunità di abbattimento sono diffuse tra vari settori dell’economia. Il maggior impatto – circa il 30% - è relativo a interventi di gestione del territorio, seguiti dal settore energetico, quello industriale, e da settori particolarmente influenzati dal comportamento dei consumatori, come trasporti, edifici e rifiuti. La situazione è diversa in Italia, dove l’influenza di attività agricole e forestali è del tutto marginale, a vantaggio del miglioramento dell’efficienza energetica nel settore degli edifici, dei trasporti e dell’industria. L’efficienza energetica rappresenta ben il 40% delle opportunità di riduzione al 2030, mentre il 35% è legato a un ritorno all’utilizzo dell’energia nucleare e all’utilizzo del sistema Ccs (Carbon Capture and Storage), il 10% allo sviluppo delle fonti rinnovabili e il restante 15% alla riduzione delle emissioni nei settori industriali. L’orizzonte temporale Quando si parla di interventi per il mantenimento del riscaldamento terrestre entro i 2 gradi rispetto all’epoca preindustriale (obiettivo del Pacchetto clima-energia europeo), il timing è essenziale. Posticipare l’azione anche solo di pochi anni significa rinunciare a una fetta consistente delle potenzialità di abbattimento. Un orizzonte temporale di lungo termine è indispensabile per indirizzare le politiche in modo adeguato. In particolare, facendo riferimento all’Italia, dato uno scenario Bau di emissioni al 2020 di circa 610 MtCO2, si stima che, se tutte le opportunità di riduzione fossero attivate, le emissioni potrebbero essere contenute a 530 MT/anno (-13%). Il settore elettrico copre solo l’11% del potenziale complessivo, dal momento che le maggiori leve - Ccs e nucleare - non possono dispiegare il loro potenziale se non su un orizzonte di lungo termine per i tempi di maturazione tecnologica, degli iter autorizzativi e della costruzione materiale degli impianti. Notevole è invece il contributo dei settori edifici (31%), trasporti (27%) e industria (23%). Non LA RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DI GAS SERRA: OPPORTUNITÀ E COSTI IN UN RAPPORTO DI MCKINSEY MARZO/APRILE 2009 43 STUDI FIGURA 1 solo, ma buona parte delle misure di CURVA DEI COSTI DI ABBATTIMENTO DEI GAS CLIMALTERANriduzione facenti riferimento a questi TI SU SCALA MONDIALE AL 2030 settori hanno un costo di abbattimento negativo, vale a dire che il costo di implementazione è inferiore al valore del risparmio energetico che ne consegue. Un esempio è quello delle lampadine a basso consumo: costano 9 € in più di una tradizionale, ma durano 5 anni in più e consumano circa 12 € in meno all’anno di energia, con un risparmio complessivo che supera i 60 Euro. Catturare le opportunità a costo negativo significherebbe fare “risparmiare” al sistema Italia circa 7 miliardi di Euro. Il costo medio del limitato potenziale di abbattimento del settore elettrico, invece, è di gran lunga positivo e raggiunge i 100 €/tCO2e. L’unica leva a costo decisamente negativo è data dall’eolico on-shore. La situazione cambia notevolmente al 2030. l’orizzonte temporale di tali obiettivi non coincide con quello Qui le opportunità complessive di riduzione sono pari a 212 stabilito a livello internazionale dal Protocollo di Kyoto (2020 Mt (-34% rispetto al Bau), di cui quasi la metà a carico del set- per l’UE, 2012 per Kyoto), creando uno sfasamento negli ademtore elettrico grazie allo sviluppo di nucleare e Ccs. Il costo pimenti che pregiudica ulteriorimente l’efficacia degli intervenmedio rimane positivo ma diminuisce notevolmente (45 ti e l’ottimizzazione dei costi. Decisamente più realistica appa€/tCO2e) grazie all’energia nucleare, a economie di scala e agli re la strategia del Green New Deal dell’amministrazione Obama effetti della learning curve nelle fonti rinnovabili. Nel lungo ter- negli Stati Uniti, che propone l’ambiziosa riduzione della CO2 mine è dunque possibile conseguire risultati proporzionalmen- dell’80% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050 e – ciò che più te maggiori a costi significativamente minori. Gli obiettivi del conta – offre concreti strumenti per lo sviluppo delle tecnoloPacchetto UE costringono gli Stati membri a sforzi considere- gie necessarie. voli per la riduzione delle emissioni, limitando la possibilità di ottimizzare le strategie di intervento e i relativi costi. Inoltre, Una delle implicazioni più rilevanti FIGURA 2 che emergono dallo studio è che a livello italiano, pur agendo su tutte le leve COSTI MEDI E POTENZIALI DI ABBATTIMENTO DEI GAS disponibili, non sarà possibile raggiunCLIMALTERANTI IN ITALIA (2020 E 2030) gere l’obiettivo di abbattimento stabilito dal Pacchetto UE per il 2020, anno nel quale - nel migliore dei casi - l’Italia emetterà 44 MtCO2 più del target stabilito, con uno scostamento pari al 9% dell’obiettivo stesso. Determinante per colmare tale gap sarà la possibilità di ricorrere a meccanismi di trading internazionale. In base all’Emissions Trading Scheme europeo, gli impianti che hanno superato il proprio limite di emissioni possono acquistare le quote di emissioni mancanti (Emission Unit Allowance –EUAs) da impianti eccedentari situati nell’Unione Europea. Non solo: è anche possibile usufruire – entro certi limiti – degli offsets internazionali previsti dal Protocollo di Kyoto, CERs ed ERUs. Si I meccanismi di mercato MARZO/APRILE 2009 STUDI 44 FIGURA 3 tratta di crediti di emissione derivanti dallo sviluppo congiunto di progetti finalizzati all’abbattimento delle emissioni di gas serra con Paesi in via di sviluppo (nel caso dei CERs) ed economie in transizione - essenzialmente i Paesi dell’ex blocco sovietico - nel caso degli ERUs. I CERs sono oggi al centro di diverse critiche concernenti gli effettivi benefici ambientali di alcune tipologie e il pesante apparato burocratico di riconoscimento, tale da creare numerosi colli di bottiglia nei procedimenti di autorizzazione, monitoraggio ed emissione dei medesimi. È comunque innegabile che i Cdm siano uno strumento irrinunciabile per riuscire a sviluppare azioni di riduzione delle emissioni laddove è più sensato e meno costoso intervenire, favorendo così anche il trasferimento tecnologico verso i Paesi in crescita. SENZA IMMEDIATE POLITICHE DI RIDUZIONE IL TARGET DEI 2°C NON SI RAGGIUNGE Il settore elettrico in Italia Qualora siano sfruttate al massimo le leve di abbattimento disponibili, l’analisi svolta da McKinsey prospetta una riduzione delle emissioni nel settore elettrico pari al 6% nel 2020 e a ben il 59% nel 2030 rispetto allo scenario Bau. Le principali leve di riduzione sono: • il rilancio della tecnologia nucleare. La riduzione delle emissioni può raggiungere i 25 Mt nel 2030 ipotizzando la realizzazione di 4 impianti da 1.600 MW l’uno, che coprirebbero da soli il 25% dei consumi del nostro Paese. La prima unità dovrebbe entrare in esercizio già nel 2020, come ribadito anche in occasione della firma del MoU tra Enel ed EDF nel febbraio scorso, accordo che prevede la creazione di una joint-venture tra le due società per la progettazione e la realizzazione di quattro unità EPR sul territorio italiano, una volta completato l’iter legislativo e tecnico in corso; • l’introduzione su larga scala della cattura e del sequestro della CO2 prodotta da impianti a gas e a carbone (Ccs Carbon Capture & Storage), tecnologia attualmente in fase pilota in diversi impianti sperimentali in Europa, che dovrebbe contribuire a ridurre le emissioni Ghg di 51 Mt entro il 2030: la metà dell’intero potenziale di abbattimento di settore. Lo studio ipotizza che i primi due impianti dotati di Ccs siano attivi entro il 2025. Il costo è elevato (50 – 65 €/tCO2 al 2030, con prospettiva di riduzione a 30 - 45 €/t CO2) ma comunque competitivo rispetto ad altre leve marginali; • l’incremento del 170% rispetto al Bau 2030 della produzione di energia da fonti rinnovabili: solare, eolico on-shore, idroelettrico e soprattutto biomasse. Queste ultime hanno un elevato potenziale di abbattimento (il 56% del settore MARZO/APRILE 2009 elettrico al 2020), controbilanciato però dal costo più alto tra tutte le leve disponibili. L’efficienza energetica Una leva che riguarda indirettamente il settore elettrico è il miglioramento dell’efficienza energetica la quale oltretutto, limitando la domanda, riduce indirettamente anche la quota di rinnovabili, calcolata, appunto, sui consumi nazionali, necessaria per l’assolvimento degli obblighi stabiliti dal Pacchetto UE. Le misure di efficienza energetica possono realizzarsi nei diversi settori dell’economia: negli edifici (ad es. adozione di elettrodomestici a basso consumo), nell’industria (ad es. utilizzo di motori elettrici più efficienti e di inverters), nei trasporti (ad es. utilizzo di pneumatici a bassa resistenza di rotolamento). La realizzazione degli interventi, anche di quelli “a costo negativo”, è però soggetta a una serie di ostacoli, fra i quali: la scarsa conoscenza delle opportunità di risparmio (il 35% dei consumatori non sa quanto spende in bolletta nè quanto potrebbe risparmiare), le difficoltà operative di realizzazione e il fatto che l’onere dell’investimento ricade spesso su un soggetto economico che non beneficia dei ritorni futuri (c.d. “agency issues”). Si pensi, per esempio, all’isolamento termico degli edifici: il costruttore ha interesse a minimizzare i costi di costruzione dell’edificio, mentre l’acquirente spesso non ha consapevolezza del maggiore valore dell’edificio legato all’intervento di isolamento termico. Per superare queste barriere, è indispensabile la forte presenza dell’intervento pubblico, che dovrebbe in particolare focalizzarsi su: • incentivi finanziari; • obbligo normativo di realizzare alcuni interventi; • campagne di informazione e sensibilizzazione per gli utenti; • aggiornamento delle policy di etichettatura energetica (per 45 es. degli elettrodomestici) e di “certificazione energetica” degli edifici; • sostegno all’implementazione dello smart metering, che tra le varie cose dà la possibilità ai consumatori - tramite le opzioni tariffarie multi orarie - di concentrare i consumi nelle fasce orarie off-peak, più economiche perchè non richiedono l’intervento di impianti di generazione a basso rendimento; • potenziamento degli strumenti di mercato (es. Certificati Bianchi) per attrarre le imprese. Implicazioni per il regolatore STUDI L’APPROCCIO METODOLOGICO Il potenziale di riduzione delle emissioni è stato valutato in rapporto allo scenario tendenziale (Bau - Business as Usual). L’evoluzione Bau è stata stimata nell’orizzonte temporale 2005-2030 sulla base delle evoluzioni attese dei driver delle emissioni: volumi della domanda, mix degli asset (tecnologici, di combustibili etc), intensità di energia e di emissioni. Il potenziale di abbattimento vero e proprio è stato stimato nello specifico per ogni leva. Sono state in particolare prese in considerazione le riduzioni del consumo energetico e le minori emissioni per energia prodotta. Il relativo costo è dato dalla differenza tra investimento marginale e conseguente risparmio energetico, diviso per la riduzione delle emissioni attesa (ad es., nel caso di elettrodomestici a maggiore efficienza, il costo di abbattimento è stato calcolato come il costo addizionale dell’elettrodomestico annualizzato per la vita dello stesso, meno il risparmio annuale di energia non consumata, diviso l’intensità di emissione dell’energia elettrica). I settori dell’economia considerati sono quello energetico (elettricità e combustibili fossili), gli edifici, i trasporti, l’industria, l’agricoltura e i rifiuti, le foreste. Per il settore elettrico italiano, l’analisi delle 14 leve di abbattimento è stata effettuata con un approccio bottom-up e un ampio livello di dettaglio, considerando ad esempio la vita utile e la produttività di ciascun impianto dell’intero parco Italia. Il report completo sulla curva globale è scaricabile dal sito: http://climatedesk.content.bymckinsey.com Dall’analisi svolta da McKinsey scaturisce la necessità di promuovere le opportunità di riduzione partendo da quelle a minore costo e a maggiore potenziale di abbattimento. Le opportunità a costo negativo non necessitano di incentivi economici ma di misure di accompagnamento quali, ad esempio, l’obbligo di effettuare interventi di miglioramento dell’efficenza energetica nel caso della costruzione di nuovi edifici. Le opportunità a costo positivo richiedono invece incentivi specifici. Il valore dell’incentivo dovrà essere coerente con il costo unitario di riduzione della CO2 della singola leva. In secondo luogo, la regolamentazione del settore elettrico dovrebbe essere adattata all’evoluzione attesa del parco di generazione, al fine di garantire la stabilità futura del sistema di fronte allo sviluppo delle fonti rinnovabili (aumento della riserva di sistema) e della generazione distribuita (smart grids). Più in generale, a livello internazionale e nell’ottica della negoziazione di un accordo post-Kyoto, un approccio serio e realistico alla lotta al cambiamento climatico non può pre FIGURA 4 scindere da alcuni punti chiave: • approccio globale, con l’inclusione del SETTORE ELETTRICO-POTENZIALE RIDUZIONE DI EMISSIONI maggior numero possibile di settori e E COSTO MEDIO IN ITALIA di Paesi (in particolare USA e Cina, principali responsabili del riscaldamento globale); • obiettivi di lungo termine, per permettere la pianificazione degli investimenti verso un’economia a bassa intensità di carbonio; • coinvolgimento attivo del mondo imprenditoriale, essenziale per rendere pienamente efficaci le misure normative di abbattimento delle emissioni, che può avvenire solo in presenza di un adeguato quadro regolatorio, di incentivi finanziari e di meccanismi di mercato; • trasferimento tecnologico verso le economie emergenti e sviluppo di nuove tecnologie, anche tramite interventi di finanziamento pubblico e di abbattimento delle me con un approccio corretto ed efficiente, sarà possibile cogliere le opportunità di questa sfida, in Italia e nel Mondo. ■ barriere burocratiche autorizzative esistenti. La sfida per la lotta al cambiamento climatico è ambiziosa, ma se i decisori pubblici e le imprese riusciranno a lavorare insie*Enel MARZO/APRILE 2009