Oltre il confine

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Oltre il confine
ILENIA BELLEZZA
Oltre il
confine
Ilenia Bellezza
Oltre il Confine
Youcanprint Self-Publishing
Titolo | Oltre il confine
Autrice | Ilenia Bellezza
Immagine di copertina | www.creatio.it
ISBN | 978-88-91108-94-4
www.ileniabellezza.it
www.oltre-il-confine.it
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A Fabio, mio marito
Padrone del mio cuore
ragione della mia vita
Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo
peccato e sarai innocente.
William Shakespeare
I
Ho sempre fantasticato sul mio futuro, pur non avendo le idee
chiare. Mi piace pensarmi diversa da ora, più sicura, più saggia,
più consapevole di quello che vorrei fare o raggiungere nella vita.
Sono convinta che sia la chiave per essere veramente felici e in
pochi possono dire di esserlo.
Guardo i miei genitori seduti in macchina di fronte a me e la
mente mi riporta a quando avevo solo sei anni. L’immagine è
sempre la stessa, siamo in viaggio per raggiungere mia nonna
Ginevra a Como. Mia madre legge il giornale ad alta voce mentre
mio padre ascolta attentamente ogni singola parola, come se
pendesse dalle sue labbra. Questa per me è l’espressione della
felicità.
«Sabrina… siamo quasi arrivati.»
Mi fa l'occhiolino mio padre dallo specchietto retrovisore.
Non ci abbiamo messo molto, abitiamo a Milano a un’ora di
macchina da Como ma, anche se i chilometri che dividono queste
due città sono pochi, vi è un abisso tra l’una e l’altra.
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Considero Como il mio rifugio, la pantofola comoda da mettere
appena sento il bisogno di rilassarmi. L’azzurro del lago, il verde
dei boschi, la brezza leggera dei monti hanno sempre cullato la
mia mente da sognatrice. Un vero angolo di paradiso che mi ha
sempre permesso di ampliare la mente con una spinta in più che
rende tutto quasi vero e raggiungibile.
Anche se gli anni passano e crescendo molte cose cambiano, io
non ho mai smesso di sognare ad occhi aperti, ma oggi, oltre a
sognare, mi batte anche forte il cuore. È da diverse estati che
sono lontana da Como, più o meno da quando ho iniziato il liceo.
E in questi anni la nonna ha trovato un’altra sistemazione con
lavoro compreso. Non so bene come sia andata, ma Flora,
un'amica d’infanzia di mia madre, era alla ricerca di una persona
affidabile che la aiutasse nella gestione di una proprietà di
famiglia. Una villa, poco lontano dal centro di Cernobbio.
Penso che la scelta sia caduta su mia nonna perchè Flora in
gioventù era molto amica con mia madre. Ma dopo che i miei
genitori si sono sposati e nello stesso anno trasferiti a Milano, si
sono perse di vista.
Quando i miei, insieme alla nonna, hanno deciso di intraprendere
un viaggio in America, si è posto il problema di chi potesse
sostituirla. Considerando che Flora contava su di un aiuto per
alcune serate di beneficenza, senza indugiare mi sono fatta avanti.
Questo lavoro mi permetterà di pagarmi da sola le spese per la
vacanza a Londra che vorrei fare con la mia amica Samantha. Una
scelta condivisa solo in parte dai miei genitori.
Nonostante sia una persona riflessiva e piuttosto diffidente,
hanno sempre paura che prenda delle strade sbagliate. Temono
che cambi, che mi allontani da loro, ma li amo così tanto che il
solo pensiero mi fa sorridere. Credo sia normale per ogni
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genitore alle prese con i cambiamenti nella vita dei propri figli.
Ma io ho bisogno di questo spazio, di fare nuove esperienze, ne
sento la necessità, ed è il momento giusto. Mi sono diplomata da
poco al Liceo Scientifico e per la prima volta dopo anni ho di
fronte un’estate senza pensieri. Mi sono sempre dedicata agli studi
tralasciando ogni tipo di distrazione per raggiungere il mio
obiettivo: l’Università di Medicina e Chirurgia di Pavia. Ma negli
ultimi giorni, calata la tensione degli esami, ho iniziato ad avere
dei dubbi. Non so il perché, forse il lungo percorso universitario,
l’impegno economico per i miei genitori o probabilmente il
semplice bisogno di staccare la spina, e Como aggiunto alla
compagnia di Samantha è il mio toccasana.
È esattamente un anno che non la vedo e, anche se ci sentiamo
sempre, non è esattamente la stessa cosa abitando in due città
diverse. La nostra amicizia risale alle prime estati che passavo a
Como e, nonostante sia più grande di me di tre anni, abbiamo un
rapporto unico. Mi capisce, mi ascolta ma soprattutto mi consiglia
e l’idea di poter vivere un periodo così lungo, qui e vicino a lei, mi
fa emozionare. Come da piccola alla Vigilia di Natale, quando
sotto l’albero c’era un regalo enorme che non vedevo l’ora di
aprire. Ma questa volta posso dire che una sorpresa così grande
proprio non la immaginavo...
Oltrepassiamo il cancello di ingresso percorrendo il viale che
affianca un giardino con alberi di acero, siepi e fiori di un rosa
acceso che spicca dal verde intenso del prato. La villa è
imponente, una struttura del Settecento di un bianco angelico con
ampie finestre.
Parcheggiamo la macchina e con soggezione scendiamo.
«Sabrina!»
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Sento la voce di mia nonna, mi giro e la vedo venirmi incontro
attraversando il cortile. Indossa il suo completo preferito tinta
ghiaccio e mi rivolge un sorriso acceso di una dolcezza che
raramente si dimentica.
«Ciao nonna!»
Che bello vederla, abbracciarla e sentire il suo profumo.
«Tesoro, quanto mi sei mancata» dice stringendomi forte.
«Anche tu.»
«Fatti guardare» si scosta tenendomi ferma per le spalle. «Come ti
sei fatta bella.»
«Sono sempre io.»
La ragazza semplice della porta accanto.
«Quanto mi piacciono i tuoi capelli biondi. Assomigli a tua madre
quando aveva la tua età.»
Ci assomigliamo davvero molto, spesso ci scambiano per sorelle,
ma io mi vedo così diversa. Lei è molto più femminile, più donna.
Mentre io invece passo il tempo sempre immersa nei libri.
«Lisa, finalmente siete arrivati.»
Sento una voce femminile alle nostre spalle. Mi scosto da mia
nonna e vedo finalmente Flora. Una donna bellissima dai lunghi
capelli neri e occhi verdi. Non riesco a smettere di guardare le sue
mani che si muovono come in una danza. Le unghie laccate di
rosso, come il colore del suo rossetto. Una donna raffinata che
non si risparmia in abbracci. Sta tenendo stretta da così a lungo
mia madre che rimaniamo tutti in silenzio, quasi a contemplare
questa immagine.
«Come sono contenta di avervi qui» si guarda attorno e per la
prima volta incrocio i suoi occhi. «Tu devi essere Sabrina, tua
nonna mi ha parlato tanto di te.»
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Allungo una mano per presentarmi ma lei anticipa i miei
movimenti abbracciandomi. Mi paralizzo.
Dopo alcuni secondi si scosta per guardarmi. «Hai degli occhi
stupendi... verde smeraldo... chissà a quanti ragazzi farai girare la
testa.»
Io far girare la testa? Mi viene quasi da ridere.
«Non credo tu sia cosciente della tua bellezza» mi accarezza il
viso teneramente in risposta alla mia espressione incredula.
Arrossisco.
«Venite vi offro un caffè, credo che abbiate ancora qualche
minuto prima di andar via» dice Flora lasciandomi andare.
«Molto volentieri» risponde mio padre educato.
Si incamminano davanti a me, ed io rimango ferma per alcuni
secondi mentre vedo mia nonna avvicinarsi e prendermi sotto
braccio. È entusiasta di mostrarmi dove vive, mentre io confusa,
sto ancora cercando di capire in cosa mi sia cacciata.
Ci spalanca la porta una cameriera dai capelli rossi e dal viso
paffutello, vestita con una divisa azzurra ed un grembiule bianco
ricamato.
«Rosi, ci accomodiamo nel salotto» l’avvisa Flora.
«Sì, signora» risponde servizievole.
Appena entrata rimango basita. Vedo cameriere ovunque, tutte
vestite uguali, indaffarate a pulire e a lucidare con estrema
diligenza. Un’enorme scala di marmo bianco riflette la luce
dell’ingresso, rendendo l’ambiente molto luminoso.
Entriamo in sala, una stanza grande quasi quanto casa mia. Mi
accomodo di fianco ai miei genitori su di un lussuoso divano
color panna, Flora e mia nonna sulle poltrone accanto. Arriva
Rosi a passo spedito appoggiando sul tavolino un vassoio con le
tazzine da caffè ed un piatto colmo di pasticcini che, solo a
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vederli, fanno venire l’acquolina in bocca. Furtiva mi guardo
attorno. Mi incanto nell’osservare l’arredamento moderno. I
mobili, dai colori chiari e dalle linee essenziali, sono in perfetto
contrasto con il parquet in wengè scuro.
Due grandi lampadari dominano sulla stanza. Tende in tessuto
pregiato incorniciano le ampie finestre. Vedo un tavolo in cristallo
alla mia sinistra e di fronte un camino in marmo bianco che ha
mantenuto la sua antica bellezza. Un gusto davvero impeccabile e
giovanile. Molto giovanile. Non me lo aspettavo.
«Sono proprio contenta Lisa che ci siamo riviste dopo così tanti
anni.»
«Sì, anche io Flora, mi fa piacere trovarti bene.»
«È grazie a tua madre, mi ha tolto molti pensieri da quando è qui.
Ma non parliamo di me ditemi di voi» cambia discorso, «Riccardo,
quanto pensate di stare via?» chiede a mio padre mentre gli porge
la tazzina di caffè.
«Più o meno due mesi, il viaggio che vogliamo fare è abbastanza
impegnativo, considerando che Lisa vuole avere anche il tempo di
fare un po’ di shopping. Conosci meglio di me i vizi delle donne»
borbotta come al solito.
«Eccome se li conosco e non si può negarle un simile piacere.»
«Lo so bene» sbuffa sapendo di non avere altra scelta.
Mia madre non tornerà mai a casa a mani vuote ed io sono
contenta visto che una buona parte di quello che comprerà andrà
a me. Abbiamo gusti simili, forse è il vantaggio di assomigliarci
così tanto e non solo fisicamente.
«Sono davvero contenta di averti qui Sabrina. Come avrai notato
al momento è tutto sottosopra in vista della serata di beneficenza,
un evento a cui tengo in modo particolare e questa villa si presta
benissimo per l’occasione.»
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«Capisco» dico nell’intento di darmi un tono, anche se in realtà
capisco ben poco, non so cosa mi aspetti e non voglio far
trapelare la mia insicurezza.
«Abbiamo assunto uno staff eccezionale. Avrai modo di
conoscerlo nei prossimi giorni. Ti ho riservato una stanza nella
villa. Ho pensato che fosse la scelta migliore visto l’enorme
lavoro che abbiamo da fare.»
Alle sue parole mia nonna la guarda accigliata. Non si pronuncia,
ma capisco che c’è qualcosa che non le torna.
«Ho preferito così Ginevra. La tua dependance non verrà
utilizzata. Penso che Lisa sia più contenta di saperla qui piuttosto
che sola alle porte della proprietà» sorride ma senza coinvolgere
gli occhi che rimangono vigili e attenti.
«Certo... sicuramente... grazie Flora» risponde mia madre
titubante vedendo l’espressione non molto convinta di mia
nonna.
«Spero che non interferisca con le regole della casa. Nemmeno la
servitù alloggia nella villa, rimarrebbe comunque sola» interviene
mia nonna dopo un lungo silenzio.
Perché sola, Flora non abita qui? Non capisco.
«No, non sarà sola, ho chiesto a Rosi e ad altre due cameriere di
fermarsi.»
«Non credo sia una buona idea, ho ricevuto ordini ben precisi
sull’amministrazione della casa e…»
«Ginevra non intendo discutere con te di questo» dice con calma
prendendo un profondo respiro. «Mi occuperò io della gestione
della casa in tua assenza e per quanto mi riguarda le regole si
possono accantonare, viste le circostanze. E poi non vedo perchè
non farlo, sono felice di poterla ospitare. Sarà un’ulteriore
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ricompensa per l’aiuto che mi darà» dice lanciandomi uno
sguardo.
Accidenti! È una donna che sa il fatto suo. Ha ammutolito mia
nonna in due secondi. Deve piacerle il controllo perché mi dà la
sensazione di essere una perfezionista. Mia madre, palesemente
più tranquilla, sorride compiaciuta di sapermi nelle sue mani.
Vorrei potermi sentire anch’io così rilassata.
Tra una chiacchiera e l’altra il tempo è volato e senza
accorgercene è giunto per loro il momento di partire, l’aereo per
Chicago li sta aspettando.
Usciamo in cortile.
Mio padre mi abbraccia protettivo, solleticandomi la guancia con
la barba.
«Mi raccomando Sabrina, sii giudiziosa come sempre.»
«Non sto andando in guerra, fino a prova contraria chi andrà in
giro per il mondo siete voi» rispondo ironica per sdrammatizzare.
«Hai capito cosa intendo.»
«Lo so papà! State tranquilli e divertitevi.»
Non c’è nulla di cui preoccuparsi, più al sicuro di così c’è solo la
prigione.
Mia madre si avvicina. «Tieni sempre il telefono con te, se non
posso chiamarti ti mando una e-mail o un messaggio. Okay?»
«Certo.»
So già che mi mancherà da morire.
«Mi raccomando, per qualsiasi cosa chiamaci. Non mi fare stare in
pensiero» mi guarda apprensiva.
«Non ti preoccupare, è l’ultima cosa che voglio.»
«Ti voglio bene» mormora.
Io mi sciolgo e l’abbraccio.
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«Ti voglio bene anch’io» la stringo forte e appena sento
l’emozione prendere il sopravvento la lascio andare. Non voglio
mettermi a piangere.
«State tranquilli, è in ottime mani» si fa avanti Flora.
«Lo sappiamo bene» risponde mia madre, convinta più di quanto
non fosse all’inizio. Ma chi mi sorprende è mia nonna che
pensierosa continua a non dire nulla. Forse ha paura che,
alloggiando nella villa, ficchi il naso in cose che non mi
riguardano.
«Stai tranquilla nonna, mi limiterò a stare nel mio spazio.»
«Lo so… lo so» e mi accarezza il viso con occhi dolci. «Non ho
dubbi su questo. Sei una cara ragazza ma mi raccomando stai
attenta.»
«Non ti preoccupare.»
Spero di averla convinta, perché non ho intenzione di creare
problemi o rischiare di farle perdere il lavoro.
Salgono in macchina. Sento una stretta al cuore nel vederli andar
via. È la prima volta che ci separiamo per un periodo così lungo
e, anche se mi rifugerò nell’amicizia di Samantha, sarò comunque
sola. È una sfida con me stessa che sento il bisogno di affrontare.
Li seguo con lo sguardo fino al cancello. Mi sbraccio per salutarli
e mentre lo faccio noto una piccola dependance alle porte della
proprietà. Forse è lì che alloggiava mia nonna ed effettivamente è
isolata. Non credo mi sarebbe piaciuto.
«Vieni Sabrina, ti mostro la tua stanza.»
Prima di salire ne approfitta e mi fa fare un giro panoramico della
villa. Passiamo dal salone principale e, attraverso una porta
finestra, sbuchiamo nel giardino sul retro.
«Qui è dove allestiremo i tavoli per la cena» spiega Flora.
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«È molto… spazioso» riesco solo a dire, colpita dalla piscina di
trenta metri e dall’immenso parco circondato da fiori e aceri.
«È l’ideale visto il numero degli invitati. Dai miei calcoli dovremo
utilizzare quindici tavoli rotondi da otto posti. Li farò sistemare
attorno alla piscina» fa qualche passo avanti. «Lì, ho pensato di
mettere il palco» e indica l’angolo destro del giardino.
«Il palco?»
«Sì, presenterò il progetto di beneficenza con un video e una serie
dettagliata di foto. È necessario dare una visione precisa di cosa
andremo a realizzare.»
«Capisco.»
Non ho capito un bel niente ma a forza di dirlo finisce che me ne
convinco.
Rientriamo in sala.
«Da questa parte c’è la cucina.»
La seguo come un’ombra. Per me la cucina è un territorio
estraneo sotto ogni punto di vista. A parte il caffè non so
prepararmi nemmeno un uovo. Dovrei mettermi di impegno ma
ogni volta che provo a tagliuzzare delle verdure finisco per
affettare anche le mie dita e non credo siano un ingrediente
segreto.
«Che meraviglia» mormoro.
Mi aspettavo di trovare una cucina professionale di un ristorante,
tutta in acciaio, invece anche qui la modernità non manca. I tratti
decisi e i colori scuri delle ante mi fanno pensare a un gusto
maschile. C’è un’isola al centro della stanza, con sgabelli neri e un
piano di lavoro a specchio, che sembra disorientare non solo me
ma anche le cameriere. Si aggirano smarrite, cercando il
necessario per preparare la cena. Non devo essere la sola a entrare
per la prima volta in questa cucina.
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«Lasciamole lavorare» dice Flora invitandomi a seguirla fuori dalla
stanza.
Proseguiamo con il giro. Mi mostra altri due salotti molto più
piccoli della sala principale che a confronto sembra una pista di
pattinaggio. Saliamo al primo piano in direzione della mia stanza.
È la prima porta a destra del lungo corridoio.
Provo un certo sollievo nell’essere così vicina alle scale. Nel caso
tentassi di evadere dalla prigione a cinque stelle, non perderei
troppo tempo a raggiungere la porta per uscire. Il pensiero mi fa
sorridere.
Per fortuna Flora non mi sta guardando. Penserebbe che ho
qualche rotella fuori posto, e sinceramente sono io la prima a
dubitare di me stessa. Come ho potuto pensare di sostituire mia
nonna?
«Spero che la camera ti piaccia» dice Flora aprendomi la porta.
Camera?! Questa dalle mie parti è più un mini appartamento.
Due ampie finestre illuminano gradevolmente l'ambiente. Vicino
a un mobile bar in legno scuro trovo un divano tortona e una
poltrona girevole grigio perla. Alle mie spalle un letto a
baldacchino, nero dalle linee essenziali, affianca un armadio a
muro. Il bagno, l'unica porta alla sinistra della stanza, colpisce per
il grande specchio dalla cornice dorata e per l'ampio piano in
marmo bianco con mobiletti in tinta. Ci sono una vasca
idromassaggio e una doccia angolare. Potrei tranquillamente
rimanere in questa camera per due mesi senza uscire.
Ripensandoci non sarà così difficile restare qui.
«È stupenda» sorrido timidamente.
«Bene, devo fare delle telefonate, sistemati pure. Se hai bisogno di
me, mi trovi in salotto» mi avvisa Flora prima di uscire dalla
stanza.
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Mi guardo attorno ancora incredula, mi sembra impossibile che
sia tutto per me. Trattengo un urlo di gioia e mi getto sul letto. I
cuscini sono soffici e il materasso matrimoniale una vera goduria.
Certo che ritornare nella mia cameretta sarà un trauma, ma poco
importa, ora sono qui e me la godo.
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II
La giornata inizia molto presto alla villa. C’è un gran movimento
e una marea di lavoro da fare. Sono passati ormai tre giorni dal
mio arrivo e non ho ancora trovato il tempo di vedere Samantha.
Però stasera, finalmente, andremo a mangiare una pizza. Mi passa
a prendere per le 20:00, giusto in tempo per fare un inventario
dettagliato con la fiorista. Non immaginavo il lavoro minuzioso
dietro a un evento del genere. La mia agenda, che saggiamente mi
ha regalato Flora, è piena di appuntamenti che si accavallano
all'ultimo minuto. Ma la cosa più incredibile di tutto questo, è che
mi piace. Sì, io Sabrina Baldi, la disorganizzata per eccellenza,
provo piacere nel programmare ogni ora della mia giornata. A
saperlo avrei spinto i miei a fare il viaggio un anno fa, questa
attenta pianificazione mi sarebbe servita per l’ultimo anno di
scuola.
Comunque ora in salotto mi sta aspettando Flora insieme a Lidia,
la proprietaria del catering, per scegliere le tovaglie e dare
un’ultima occhiata al menù. Sono ansiosa di vedere l’anteprima e
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mentre faccio mente locale sulle cose da fare, scendo dalle scale e
involontariamente sbatto addosso a Rosi.
«Mi scusi signorina!» mi dice con voce ansiosa e tremolante.
«No scusami tu Rosi, non ti avevo vista. Va tutto bene?»
È piuttosto agitata.
«Devo correre a preparare la stanza. Il signore… il signore è
tornato.»
«Quale signore?»
«Devo andare prima che salga.»
«Certo vai pure.»
Neanche il tempo di dirglielo e mi supera salendo velocemente gli
ultimi gradini. Diffidente scendo al piano terra. Mi guardo
attorno come per paura di vedermi qualcuno alle spalle. C’è uno
strano silenzio. Mi avvicino al salone principale e tutto tace. Penso
che non ci sia nessuno invece…
«Si può sapere dove sei finito?»
Sento la voce minacciosa di Flora. Una cameriera a passo spedito
mi supera e per poco non urto anche lei. Si precipita nel salone.
«Dov’è Sabrina?» domanda Flora alla cameriera.
Prendo coraggio e mi faccio avanti. «Sono qui.»
La prima persona che vedo è Lidia seduta sul divano con
un’espressione persa e adorante. Fissa qualcosa o qualcuno dalla
parte opposta della stanza.
«Sabrina scusami, puoi continuare tu con Lidia? Io vi raggiungo.»
Perplessa annuisco. Sto morendo dalla curiosità di voltarmi per
seguire gli occhi di Lidia, credo di avere il famoso ‘signore’ alle
spalle. Lidia si alza e, prima che possa anche solo provare a
girarmi, raccoglie le sue cose e velocemente esce dalla stanza.
Ci accomodiamo in un’altra sala. Cerco di mantenere la
concentrazione sul campionario che Lidia, molto gentilmente, mi
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sta mostrando, ma non riesco a fare a meno di pensare a chi
avevo alle spalle.
Passano un paio d’ore, che mi sembrano un’eternità, senza
concludere nulla. Dobbiamo aspettare Flora per le decisioni finali
ma non si è ancora fatta vedere. Mi sto preoccupando e, con la
scusa di andare a prendere da bere, controllo.
La cucina è adiacente alla sala. Mi incammino evitando di fare il
minimo rumore. Passo di fronte alla porta. È socchiusa. Rallento
e allungando l’occhio intravedo la punta delle scarpe di Flora
vicino al tavolino, probabilmente sono seduti. Non si sente nulla.
Proseguo ed entro in cucina, prendo il vassoio con due bicchieri
d’acqua e ripasso, questa volta senza far troppo caso a quello che
succede, ma proprio in quel momento sento una voce maschile
tuonare.
«Che cosa?»
Sobbalzo per lo spavento, rovesciando l’acqua dai bicchieri.
«Stai calmo! Non tollero i tuoi toni!»
«E io non tollero che ti appropri delle mie cose!» continua lui
sbraitando.
«Ora la chiamo.»
Sento i tacchi di Flora rumoreggiare alla mie spalle. Quando mi
giro è già di fronte a me. Il cuore mi batte all’impazzata.
«Bene Sabrina, sei qui, scusami ma avrei bisogno di te.»
È talmente agitata da non vedere che il vassoio che ho in mano è
pieno d’acqua. Mi spinge per entrare in salotto. Cerco di
protestare, ma prima di formulare la frase mi vedo portar via il
vassoio da Rosi, sbucata da non so dove.
Di sobbalzo mi ritrovo nella sala con una strana sensazione di
ansia. Velocemente mi guardo attorno. La stanza sembra vuota,
ma vedo un gomito appoggiato al bracciolo della poltrona di
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Ilenia Bellezza
fronte. Flora ferma al mio fianco mi tiene per le spalle. Valuto
velocemente la distanza tra noi e la poltrona. Più o meno cinque
metri. Spero che sia sufficiente per darmela a gambe.
«Sabrina, ti presento mio nipote Aleksander Savi.»
Suo nipote? Alle sue parole, lui non si alza nemmeno.
«Dov’è Ginevra?» chiede ignorandomi e per quanto sia infastidita
dal suo atteggiamento, non posso che essere sorpresa dal tono
dolce con il quale ha pronunciato il nome di mia nonna.
«È partita con sua figlia per una vacanza.»
«E perché io non sono stato informato?» dice alzando il tono
della voce.
«Perché sei sparito di nuovo, Aleksander» lo rimprovera.
«Bene, ora sono qui e non voglio nessuno tra i piedi, mandala
via.»
Si alza dalla poltrona e finalmente riesco a vederlo. Sempre girato
di spalle va verso il tavolino per versarsi da bere, indossa una
maglietta grigia e un paio di jeans scuri che sottolineano un fisico
atletico e slanciato.
«Lei non va da nessuna parte. Rimarrà qui fino a quando sua
nonna non tornerà.»
Si blocca e lentamente si gira verso di me. «Sua nonna?» sussurra
guardandomi, e io in quell’attimo rimango folgorata dai suoi
occhi azzurri e dalla sua incredibile bellezza. Ha un viso marcato
e splendidi capelli castani portati con cura. Non credo di aver mai
visto nessuno di più bello.
Sbatto le palpebre diverse volte prima di rendermi conto di aver
catturato la sua attenzione.
«Sì, è la nipote di Ginevra.»
A malapena sento le parole di Flora. Il cuore mi batte frenetico
nel petto.
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«In questa casa ci sono delle regole. Regole ben precise e mi fa
specie che Ginevra abbia permesso alla nipote di stare qui» lancia
un’occhiata fulminea a Flora.
«Infatti lei non voleva. Sono stata io, mi è sembrato più educato
farla restare in villa piuttosto che segregarla nella dependance.»
Quindi questa è casa sua?
«Segregarla nella dependance. Non sia mai» dice con voce
sprezzante posando il bicchiere sul tavolino. «La prossima volta
abbi il buon gusto di rispettare le mie regole» e nervoso esce dalla
stanza.
Tanto bello quanto arrogante, non c’è che dire.
«Perdonalo Sabrina, è un ragazzo difficile» e si passa una mano
sulla fronte per sorreggere i suoi pensieri.
«Va tutto bene» mento.
La verità è che non va bene per niente. Non mi sono mai sentita
così fuori posto in vita mia.
«Vedrai che non gli darai fastidio. Le vostre camere sono distanti,
non lo sentirai nemmeno.»
«Flora, per evitare disagi, posso stare da un’amica» dico veloce
pensando all’unica soluzione possibile, perché la dependance è
fuori discussione più dello stare qui. «Si chiama Samantha, abita a
Como, ci vediamo proprio stasera e…»
Appena elabora le mie parole mi blocca, forse non mi stava
ascoltando.
«Assolutamente non se ne parla Sabrina! Non ho nessuna
intenzione di mandarti a casa di persone che non conosco per
colpa di mio nipote» e scatta come morsa da una zanzara.
«Non sarebbero estranei.»
«Non se ne parla.»
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Ilenia Bellezza
«Ma Flora, io non sapevo che questa fosse la casa di tuo nipote,
mia nonna non mi ha detto nulla, è imbarazzante e mi sentirei a
disagio qui…»
Una sagoma alle mie spalle la distrae. Forse è Rosi. Mi giro e
trovo Aleksander. Una morsa allo stomaco. Ha sentito tutto e
dall’espressione dei suoi occhi mi sembra offeso. Cosa pretende
che lo ringrazi per il cortese benvenuto?
«Volevo informare la mia ospite che sto per uscire, sicuramente
questo la tranquillizzerà» sottolinea con arroganza.
Sposto subito lo sguardo impacciata. Ma nel distogliere gli occhi,
riesco a trovare il coraggio di rispondergli.
«Dopo il caloroso benvenuto sfido chiunque a rimanere
tranquillo.»
Cala il silenzio. Flora spiazzata mi osserva con uno strano
luccichio di compiacimento negli occhi. Aleksander non risponde
e quando raccolgo il coraggio necessario per guardarlo e
misurare la sua collera, mi stupisco nel vedere sulle sue labbra un
accenno di sorriso.
Lo sto divertendo? Come… Com’è possibile che lo diverta?
Probabilmente mi sta prendendo in giro e gli riesce bene visto
che non so più cosa pensare. Abbasso di nuovo lo sguardo.
Entra una cameriera. «Signora Flora mi scusi ma Lidia chiede di
lei.»
Oh no! Non andartene.
«Scusatemi» ed esce, lasciandomi sola con Aleksander.
E adesso cosa faccio. Cosa gli dico? Fisso impacciata la punta dei
miei piedi.
«Gradirei essere guardato. Fino a prova contraria sei in casa mia.»
Cosa? Proprio lui parla.
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Oltre il confine
«Detto dalla stessa persona che non si è alzata quando ci hanno
presentati, ha un po’ del ridicolo» e incrocio i suoi occhi.
All’istante scivolo in uno scambio di sguardi. Le sue labbra si
piegano in un sorriso audace, affascinante. Come un felino si fa
avanti lentamente, esaminandomi da una distanza di sicurezza che
si fa sempre più corta. I capelli gli cadono sulla fronte lasciando
piccoli spazi fulminei ai suoi occhi azzurri. Le labbra
deliziosamente disegnate, armoniose e perfette, il mento marcato
e mascolino. Come sono arrivata ad analizzare il suo viso? Sono
infastidita e riesce comunque a catturarmi. Lo ammetto. Sì, sei
bello ma non abbocco.
Incrocia le braccia, fermandosi a un metro da me. Oddio…
Flora… dove sei? Neanche il tempo di pensarlo ed eccola di
ritorno.
«Scusatemi ma…»
Si blocca in mezzo alla sala. Pensava di trovarci a metri di distanza
invece a malapena riesco a vederla sovrastata dalla figura di
Aleksander.
«Stavate facendo conoscenza?» la sua voce è dubbiosa.
Aleksander si gira verso di lei. «Sì, conoscenza. Sei arrivata giusto
in tempo. Devo andare.»
Senza aggiungere altro esce lasciando una leggera scia di profumo
inebriante alle sue spalle.
«Aspetta Aleksander...»
Ma è troppo tardi. Dopo alcuni secondi sentiamo il motore di
un’auto percorrere il viale.
«Ho bisogno di sedermi» mormoro accomodandomi sul divano.
Flora mi raggiunge. Sono stravolta e indebolita da questo faccia a
faccia.
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Ilenia Bellezza
«Non ti preoccupare Sabrina, continua con il nostro lavoro, a mio
nipote ci penserò io.»
La guardo perplessa. «Non voglio sembrare irriconoscente ma
dopo tutto questa è casa sua, e io sono un’intrusa.»
«No affatto, sono io che ti ho chiesto di rimanere e sinceramente
Sabrina i capricci di mio nipote possono attendere. Se devo
considerare cosa ho fatto per questa casa, è più mia che sua.
Quindi non ti sentire un’intrusa.»
Non so cosa rispondere.
«Vedrai andrà tutto bene. Questo disagio passerà appena vi
conoscerete meglio.»
Conoscerlo meglio? Mi vuole morta? A malapena reggerei un
minuto.
«Si è fatto tardi, sono quasi le 19:00. Sbaglio o stasera devi
uscire?» dice guardando l’orologio al polso.
«Sì, infatti… fra un po’ arriva Samantha» la mia voce risuona
debole e impacciata.
«Vai allora e divertiti» mi sorride forse nell’intento di
incoraggiarmi, ma io non contraccambio.
Non riesco a trovare nulla per cui essere allegra. Grazie a questa
scaramuccia famigliare, abbiamo rimandato l’incontro con la
fiorista per domani mattina alle nove e quindi non posso
permettermi di stare un po’ di più con Samantha. E dire che ne
avevo proprio bisogno dopo l’incontro con Aleksander.
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III
Sono in piedi fuori in giardino che attendo l’arrivo di Samantha.
Guardo l’orologio che segna le 20:18. I piedi battono per terra a
ritmo della mia impazienza.
Due fanali, puntati verso la villa, mi fanno sperare che sia lei, ma
la macchina, un istante dopo, prosegue lungo la strada. Prendo il
cellulare per chiamarla ma sento un colpo di clacson. Un braccio
si sporge dal finestrino seguito da una testa piena di riccioli
castano scuro. È Samantha che mi saluta. Mi sono sempre piaciuti
i suo capelli voluminosi, così diversi dai miei lisci e biondi.
Corro fuori dal cancello e salgo sulla Fiat 500 azzurro chiaro, che
i suoi le hanno regalato per il diploma. Una macchina comoda
soprattutto per i parcheggi, che sono proprio il suo punto debole.
«Ciao Sabrina!» urla di gioia.
«Ciao!» mi getto nel suo abbraccio.
«Non ci credo ancora che tu sia qui!»
«Nemmeno io.»
«Ho un sacco di cose da raccontarti» mi fa l’occhiolino e mette la
prima.
27
Ilenia Bellezza
Sfrecciamo verso il ristorante e iniziamo a parlare con molta
naturalezza, come se ci vedessimo tutti i giorni, invece è passato
un anno dall’ultima volta che è venuta a trovarmi a Milano. Il
rapporto che abbiamo è unico proprio per la distanza che non ha
mai intaccato la nostra amicizia. Sono così felice di essere con lei
che mi pento di non aver organizzato prima questa serata.
Da quando sono salita in macchina ha iniziato a raccontarmi le
ultime cose successe in questi giorni. Per riassumerle basta dire
‘Tommaso’, un ragazzo che ha conosciuto la scorsa estate in un
locale della zona. Lavorava come barista per guadagnare un po’ di
soldi per una vacanza a Ibiza. È successo tutto molto
velocemente, tanto che ha deciso di seguirlo. Sono tornati
innamoratissimi e da allora stanno pianificando il futuro insieme.
Invidio la sua sicurezza, ha così le idee chiare, a differenza mia
che sono piena di dubbi.
«Sei così silenziosa, non mi racconti nulla?» mi guarda con i suoi
grandi occhi marroni.
«Non volevo interromperti.»
«Hai ragione, parlo sempre troppo. Dai, dimmi qualcosa di te.
Come va alla villa?»
Alla sua domanda sospiro pesantemente.
«Brutto segno. Cosa succede?»
Abbassa il volume della radio.
«Sinceramente non lo so» giocherello pensierosa con la cerniera
della borsa. «Stasera è arrivato all’improvviso il nipote di Flora.
Ha detto a sua zia che non mi vuole fra i piedi. Sarà difficile far
passare due mesi.»
«Che cafone. Ma come si è permesso?»
«Vorrei saperlo anch’io.»
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Oltre il confine
Dopo qualche minuto di silenzio riparte alla carica. «Vieni a stare
da me» la sua non è una domanda.
«Flora non vuole, devo per forza stare lì.»
«È carino almeno?» mi chiede con un sorriso malizioso.
Scoppio a ridere, è più forte di lei. Ogni volta che c’è di mezzo un
ragazzo mi chiede sempre se è carino e io le rispondo di rimando
che non l’ho notato, ma questa volta è diverso.
«Molto» e arrossisco.
«Molto?» chiede sbalordita.
«Sì, molto» giro gli occhi consapevole di aver innescato una
bomba. «Solo perché è carino non significa che mi piaccia» e così
preciso subito come stanno le cose.
«Hai detto molto, è diverso da carino.»
«Peccato che sia anche particolarmente antipatico e sgarbato.
Messi sulla bilancia il molto pesa come un pugno di briciole.»
Per fortuna in pizzeria i discorsi prendono una piega più
spensierata, anche se l’argomento ‘ragazzi’ rimane sempre in
agguato.
Raccontando della serata di beneficenza precipitiamo su un
argomento delicato per Samantha. Il matrimonio. Si vogliono
sposare il prossimo anno. Non le ho mai detto quello che penso
su questo argomento, non voglio condizionarla e poi chi sono io
per dirle che sta correndo? Quindi mi limito ad assecondarla. È
così felice ogni volta che parla di lui che mi intenerisce.
«Oh no! Sono già le undici» borbotto guardando il cellulare.
«Devi già andare?»
«Purtroppo sì, domani mi devo alzare presto.»
«Va bene dai, ci rifacciamo appena sarai più libera.»
Spero presto...
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Ilenia Bellezza
Mi riaccompagna alla villa e la saluto con la promessa di non far
passare altri tre giorni prima di rivederla.
Mentre cammino lungo il cortile, le scrivo un messaggio per
ringraziarla della serata. Quando alzo gli occhi sulla villa però
rimango sorpresa nel vedere molte luci accese. Passo dopo passo
mi avvicino e, oltre alle luci, noto sagome distinte attraverso le
tende del salone. Di fronte alla porta di ingresso perdo alcuni
secondi nel cercare le chiavi, ma Rosi mi anticipa aprendomi la
porta.
«Bentornata signorina.»
«Grazie Rosi.»
Entro osservando le dinamiche da lontano e quando mi giro per
chiederle spiegazioni lei non c’è già più. Si muovono così veloci le
cameriere da pensare che utilizzino porte nascoste.
Ansiosa mi avvicino per capire in che cosa mi stia cacciando. Da
quando è arrivato Aleksander questa casa ha perso la sua
tranquillità.
«Devi parlare con noi prima di tutto, siamo la tua famiglia.»
Sento la voce di Flora, per fortuna è ancora qui. Decido di
salutare prima di andare in camera. Faccio per bussare e mi
blocco sentendo Aleksander. «Non ho niente da dire. Ormai
dovreste esserci abituati.»
«Aleksander sei il solo erede di questa famiglia, hai delle
responsabilità. Non comportarti come tuo padre per favore.»
«Non osare nominare mio padre!»
I toni si scaldano.
«Aleksander calmati! Non siamo venuti qui per litigare» si innalza
una voce maschile.
«Siete venuti qui per ficcare il naso.»
«Siamo venuti qui per parlare del tuo futuro» ribatte l’uomo.
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Oltre il confine
«Della mia vita decido da solo.»
«E dell’azienda cosa ci dici? La getterai al vento come stai
gettando la tua vita?» di nuovo Flora.
«Tu non sai un bel nulla di me» ruggisce.
«Non usare quel tono con tua zia.»
«Voi non usate quel tono con me. Non sono più un bambino e
troppo spesso ve lo dimenticate. Mi credete uno stupido ma lo so
che la serata di beneficenza è solo una scusa per curiosare.»
«No, non è così» si affretta Flora.
«Allora perché qui? Sentivi la mancanza di questa casa? Forse non
l’hai sfruttata abbastanza quando ne hai avuto l’occasione?»
«Sono qui perché speravo di coinvolgerti ma tu come al solito mi
hai ignorata. Questa casa è l’ultimo appiglio che mi è rimasto per
avere un contatto con te, per sapere se stai bene e…» la sua voce
si affievolisce. «Se mi comporto così è solo perché ho paura, non
vogliamo rischiare di perderti come…»
«Come chi?» grida Aleksander e io dallo spavento spingo
involontariamente la porta facendola spalancare.
Pietrificata rimango ferma sul ciglio con un’espressione afflitta e
colpevole. «Bu-buona sera… scusatemi non volevo
interrompervi» dico osservando un uomo con una folta barba e
capelli brizzolati camminare pensieroso per la stanza. Indossa un
elegante completo grigio scuro, con cravatta nera e scarpe in tinta.
«Sabrina entra pure.»
Si alza Flora dalla poltrona venendomi incontro. Aleksander è
seduto sul divano immerso nei suoi pensieri. I gomiti appoggiati
alle gambe, le mani unite vicino alla bocca, ma quando sente il
mio nome il suo sguardo si proietta su di me.
«Stavo andando a dormire, volevo solo salutare. Non vorrei…»
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Ilenia Bellezza
«Niente affatto» dice Flora avvicinandosi al mio fianco. «Stai
davvero molto bene vestita così. Questo colore ti dona.»
«Ah! Grazie» rispondo osservandomi.
Mi sono solo messa i tacchi e un vestito verde acqua che ho
comprato principalmente perché mi piaceva il colore. Non mi è
parso così di effetto, ma forse mi sbaglio.
«Vieni, ti presento mio marito Victor Savi.»
Mi avvicino per presentarmi e quando incrocio i suoi occhi
rimango colpita dall’incredibile somiglianza con quelli di
Aleksander. I capelli scuri e il profilo del viso invece sono diversi.
Probabilmente il padre di Aleksander è suo fratello, visto anche il
cognome che porta.
Lui mi osserva scrutandomi attentamente. È un uomo tutto di un
pezzo, con una certa rigidità che si percepisce solo guardandolo.
Non mi sembra particolarmente simpatico ma del resto
nemmeno suo nipote, forse una qualità in comune agli uomini di
questa famiglia.
«Sabrina Baldi» e gli stringo la mano con energia.
La stretta di mano dice molto di una persone e io non voglio
sembrare una ragazza senza spina dorsale. Lui continua a
guardarmi e dopo alcuni istanti mi sorride garbatamente senza
lasciarsi andare a considerazioni. Un uomo di poche parole.
«Sabrina è la nipote di Ginevra» precisa Flora.
Questa frase sembra ogni volta una rivelazione per loro. Quando
sanno che sono sua nipote mi guardano con occhi diversi, meno
sospettosi direi, come se si aspettassero chissà cosa dalle persone
estranee a questa casa.
Insistono perché mi accomodi sul divano vicino ad Aleksander.
Lo guardo e il morso allo stomaco riprende a torturarmi. Sono
con le spalle al muro e fingendomi disinvolta mi siedo accanto a
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Oltre il confine
lui. Evito di rivolgergli lo sguardo perché questo significherebbe
parlargli e non saprei cosa dirgli.
Aleksander rimane silenzioso mentre scambio qualche battuta
con Flora e Victor, seduti sulla poltrona di fronte a noi. Ma
quando lo vedo alzarsi, perdo subito la concentrazione e inizio a
osservarlo. Si sta versando da bere dal tavolino di fronte.
Ha braccia muscolose, schiena larga, un fisico proporzionato e
non gonfiato da ore estenuanti di palestra. Ha più le linee di un
modello da copertina e credo che non ci sia nulla di più sexy. Non
riesco a fare a meno di guardarlo. Bisogna ammettere che è
davvero bello. Chi riuscirebbe a resistergli? Per fortuna è
scorbutico, non so come mi comporterei se fosse anche solo
vagamente piacevole.
Sospiro e sposto lo sguardo da lui, fingendo di ascoltare la
conversazione, quando Aleksander mi rivolge la parola. «Vuoi
qualcosa da bere?» dice piano con voce profonda e seducente.
Ammutolita, guardo il mio bicchiere che effettivamente è vuoto e
prima di sembrare un’impacciata rispondo «Sì, grazie» con un filo
di voce.
Allungo il braccio per porgerglielo. Si gira verso di me, si avvicina
e nel prendere il bicchiere afferra anche la mia mano. Un contatto
di pochi secondi che mi attraversa il corpo come una scarica
elettrica. Istintiva alzo lo sguardo e alla vista dei suoi occhi azzurri
i miei pensieri si sfaldano.
Prende il bicchiere, lo appoggia sul tavolino, e mentre versa il
cocktail preparato da Rosi, mi lancia una lunga occhiata attraverso
le folte ciglia. Ho la bocca completamente asciutta.
Come un falco pronto a studiare la sua prossima preda, ritorna da
me. Mi irrigidisco pronta al contatto, ma quando le sue dita mi
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Ilenia Bellezza
accarezzano la mano, un'altra scarica elettrica mi coglie comunque
impreparata.
«Scusami la domanda Sabrina, ma sono troppo curiosa. Hai il
ragazzo?»
Grazie Flora, tempismo perfetto! Avvampo di rossore. Tutti
rimangono in attesa di una mia risposta che arriva lenta e
imbarazzata.
«No... non ho il ragazzo.»
«Scusami, ma mi riesce difficile crederlo, sei così bella.
Probabilmente avrai molti corteggiatori ma nessuno abbastanza
abile. Io alla tua età avevo lo stesso problema. Tanta scelta ma
nessuno che ne valesse la pena.»
«Per fortuna che hai conosciuto me» interviene Victor.
«Non mi far pensare a quando ti ho conosciuto, eri tutt’altro che
interessante, direi piuttosto presuntuoso.»
«Perché sapevo di piacerti» conclude semplicemente come se la
cosa fosse chiara a lui quanto a lei e in effetti deve essere così,
perché si osservano, scambiandosi sguardi che fanno intendere
che tra loro c’è ancora la scintilla della complicità.
Mi colpisce la loro intesa e involontariamente mi giro verso
Aleksander. Quando si accorge che lo sto guardando, lui regge il
mio sguardo, senza battere ciglio, mentre io arrossisco e abbasso
gli occhi di nuovo.
«Diciamo che mi piacevano i tuoi occhi azzurri Victor ma nulla di
più. Non eri il mio tipo, ma ti ho concesso ugualmente l’onore di
uscire con me.»
Riprendo ad ascoltarli, obbligandomi a concentrarmi su di loro.
«Comunque il punto è che la nostra Sabrina è libera, bisogna
trovarle un ragazzo all’altezza.»
«Non è necessario» la blocco subito ma non sembra ascoltarmi.
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Oltre il confine
«Ti presenterò degli ottimi partiti alla cena di beneficenza.»
Sta parlando seriamente?
«Ti ringrazio ma non sono alla ricerca di nessuno in questo
momento, sto bene così» sospiro nervosa.
«Sei difficile di gusti?» insiste.
Come posso uscire da questa situazione?
«Andiamo Flora, probabilmente non ha mai visto un ragazzo
abbastanza carino da farle girare la testa.»
Mi sento punzecchiare dalla frase di Victor, forse si è accorto che
guardavo Aleksander così nell’intento di difendermi alzo le mie
barriere.
«Veramente sono interessata più alla sostanza che alla forma,
perché la bellezza perde velocemente il suo fascino» rispondo a
tono.
«Ben detto!» esclama Flora. «Tua nonna aveva ragione, sei una
ragazza giudiziosa» dice soddisfatta ma io non volevo
impressionarla.
«Sono una ragazza come le altre» rispondo veloce. Questa
situazione inizia a infastidirmi.
«Sabrina, ti posso assicurare che molte lasciano da parte la
sostanza per il piacere della forma» continua lei, «e sentire una
giovane donna parlare così mi fa capire quanto tu sia ponderata.
Una rara combinazione, bella e saggia.»
«Non saprei» alzo le spalle.
«Beh, a sentirti parlare sembrerebbe proprio così, giusto
Aleksander? Sei tu l’esperto in tema di ragazze, illuminaci» dice
Victor lanciandogli uno sguardo.
«Certi discorsi mi annoiano e dovresti saperlo» risponde
freddamente.
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Ilenia Bellezza
«Lo sappiamo bene, nostro nipote non si deve sforzare per avere
una ragazza. Gli basta uno schiocco di dita Sabrina, fai attenzione,
magari funziona anche con te.»
«Victor! Ma cosa stai dicendo?» lo ammonisce Flora.
«La verità!»
«Scusati subito con Sabrina. Lo pretendo Victor.»
«Non è necessario» mormoro.
«Invece si» interviene Aleksander.
«No… davvero non mi sono offesa» lo osservo intimidita mentre
lui mi scruta con attenzione.
«Be' è stato offensivo per me» mormora mentre in sottofondo
Flora e Victor continuano a discutere.
La stanza improvvisamente mi sembra divisa in due. Da una parte
gli animi bollenti di due coniugi e dall’altra gli sguardi silenziosi di
due ragazzi che si osservano. Non so se sia la sua vicinanza a
darmi alla testa o il cocktail che ho appena bevuto.
«È meglio che vada» mormoro alzandomi in piedi.
Ho bisogno di aria fresca e possibilmente di una doccia
ghiacciata.
«Ti accompagno» dice lui alzandosi a sua volta.
«No... non è necessario» mi affretto.
«Insisto» mi fissa.
Sento franare la terra sotto i piedi.
«Sarebbe meglio non lasciarli soli, chissà cosa potrebbero
combinare» provo a sdrammatizzare ma non credo che la battuta
sia riuscita. Lui mi guarda impassibile.
«Conosco la strada... grazie» e abbasso gli occhi per l’ennesima
volta.
«Sabrina te ne stai andando?»
«Sì, Flora, si è fatto tardi.»
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Oltre il confine
«Certo, vai pure. Ti abbiamo trattenuta anche fin troppo. Buona
notte e scusaci ancora.»
«Buona notte.»
Con garbo esco dalla stanza senza far trapelare il mio imbarazzo e
senza più concedere sguardi ad Aleksander. Velocemente risalgo
in camera mia. Entro dentro e do due giri di chiave. Non è mia
abitudine chiudermi in camera ma qualcosa mi ha spinto a farlo.
Mi getto sul letto e affondo il viso tra i cuscini di raso azzurro.
Quel ragazzo…. Dio quanto è bello. Voleva accompagnarmi in
camera e gli ho detto di no. Per fortuna gli ho detto di no.
Mi giro a pancia in su prendendo un profondo respiro.
«Aleksander Savi» mormoro ripensando ai suoi occhi ipnotici e
alle sue labbra carnose. «Cosa mi stai facendo? Prima sei scortese,
poi mi cerchi con gli occhi… quegli occhi...» abbraccio un
cuscino rotolandomi su un fianco. Nessuno mi ha mai guardata in
quel modo. Ho la testa annebbiata dalla sua immagine. Allora
esiste il colpo di fulmine? Perché credo che mi sia appena
successo. Se mi sentisse Samantha so già cosa direbbe: "Sabrina
che perde la testa per un ragazzo, finalmente qualcuno ha
ascoltato le mie preghiere". Peccato che sarà solo una fantasia.
Uno come lui non aspetta di certo me e sarebbe saggio toglierselo
subito dalla testa.
«Aleksander Savi...» Solo a pronunciare il suo nome mi vengono i
brividi.
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