Oggetti e collezioni museali

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Oggetti e collezioni museali
Il ruolo dell’oggetto nell’apprendimento attivo
Franca Zuccoli
Seminario di formazione per operatori museali
11 giugno 2007
I Greci dicevano che la meraviglia
è l’inizio del sapere e allorché
cessiamo di meravigliarci corriamo
il rischio di cessare di sapere.
Ernst H. Gombrich
“Le cose hanno vita propria,”
proclamava lo zingaro con aspro accento,
“si tratta soltanto di risvegliargli l’anima.”
Gabriel Garcίa Márquez,
Cent’anni di solitudine1
1
Gabriel Garcίa Márquez, Cent’anni di solitudine, (Cien años de soledad, Editorial Sudamericana, Buenos Aires,
1967) trad. it. di Enrico Cicogna, Feltrinelli, Milano, 1968, p. 9.
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Cosa dal latino caū sam “causa , questione” quindi “affare” e
questo significato si affianca a rēs “cosa, affare” e lo sostituisce
nella lingua parlata;
voce di tradizione popolare con monottongazione di au, rispetto a
causa nella forma caosa sec. XII; Sabatini, Coletti, Il nuovo
dizionario italiano, Firenze, Giunti, 1997.
Cosa, parte, aspetto della realtà, materiale o ideale, concreta o
astratta e sim., dal latino caūsa(m) ‘causa’, che, attraverso il senso
di ‘affare’ sostituisce rēs;
Manlio Cortellazzo, Paolo Zolli, Dizionario etimologico della
lingua italiana,Bologna, Zanichelli, 1979.
Cosa dal latino causa, che attraverso il senso di ‘affare’ prende il
valore di res ‘cosa’;
Giacomo Devoto Gian Carlo Oli, Dizionario della lingua italiana,
Firenze, Le Monnier, 2004.
Causa rimanda a un atto relazionale, a una presa di posizione,
di possesso e di confronto con altri, termine di scambio pratico,
gestione di qualche fatto economico che implica atti concreti.
Come se le cose per loro natura avessero la qualità di
stabilire relazioni tra gli esseri umani, di rendere concrete
queste relazioni. Le “cause”, gli “affari”, consentono di non
restare distanti, permettono di avere una presa, di tenere la
relazione con gli altri.1
1
Franco La Cecla, Non è cosa. Vita affettiva degli oggetti, Milano, Editrice A. coop. Sezione
Elèuthera, 1998, (ristampa) 2002, p. 20.
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Sappiamo bene come le cose che ci circondano
abbiano delle caratteristiche mutevoli: una pietra
può essere un sasso o un bene prezioso, un reperto
archeologico o l’unico ricordo che ci rimane di una
patria.
Ma anche in sé, nello sforzo di contemplare un
albero per sé o una statua, un bicchiere o
un’automobile, le cose rivelano una inesauribilità di
storie, di trame, di relazioni.1
1
Franco La Cecla, Non è cosa. Vita affettiva degli oggetti, Milano, Editrice A. coop. Sezione
Elèuthera, 1998, (ristampa) 2002, p. 27.
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oggetto come stupore e meraviglia,
oggetto come rappresentazione del spazio esterno e sua
rassicurazione,
oggetto come disimpegno e nascondimento,
oggetto come testimonianza e memoria tangibile,
oggetto come possesso concreto,
oggetto come ologramma e miniaturizzazione del
mondo,
oggetto come gioco,
oggetto come scambio
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Eppure il bambino viene a noi con questo intimo
desiderio di metterci in grembo la cosa che ha trovato
e che serra nella manina; quasi che, così riscaldato,
l’oggetto gli dia la nozione di se stesso. Il bambino ha
caro tutto ciò che entra nella piccola cerchia del suo
mondo e che, per quanto poco, allarghi per lui questo
mondo. La minima cosa è per lui una nuova
scoperta.1
1
Friedrich Fröebel, L’educazione dell’uomo (Die Menschenerzeiehung), (a cura di Flores
D’Arcais), trad. it di Margherita Brivio e Winfried Böhm, ed.italiana Firenze, La Nuova Italia,
1993, p. 55.
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L’approccio delle sorelle Agazzi al mondo del bambino, tiene
in forte considerazione l’aspetto il piano della concretezza, della
realtà in cui è immerso.
Tra i vari materiali proposti perché il gioco si faccia aspetto
fondamentalmente educativo nella crescita dei bambini, e qui la
riflessione le porta a suddividere il materiale didattico in due
grandi categorie: materiale per gli esercizi di vita pratica e per il
gioco, materiale per la discriminazione sensoriale e per
l’avviamento delle osservazioni e per la prima educazione
linguistica.
Proprio in questo secondo gruppo, si colloca un insieme
ricchissimo e speciale di materiali che non costano nulla le
cianfrusaglie senza brevetto, preziosissimi nonnulla. [...] Quello
che veniva trovato nelle tasche dei bambini, del popolo
collezionisti di cianfrusaglie entrava di diritto a far parte del
museo della scuola denominato “museo delle cianfrusaglie”, qui
gli oggetti disposti in ordine, non erano pensati per essere
esclusivamente osservati, ma manipolati, utilizzati, copiati.1
1
Eduard Spranger, Il mondo e il pensiero di Froebel, Roma, Armando editore, 1962.
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La definizione e il ruolo del museo nella
società contemporanea non è più, in questi
ultimi anni, un tema riservato ai soli
specialisti. [...] Ci si è resi conto che il
museo, questo deposito di memoria collettiva,
questa banca di oggetti, questo luogo di
conoscenza dell’evoluzione della natura e
dell’uomo, è uno strumento di comunicazione
di massa e di presa di coscienza, tuttora
pressoché inesplorato.1
1
Intervento di Franco Russoli, in apertura della serie di seminari Processo per il museo organizzati
dalla fondazione Rizzoli, Milano, 1975-1976, in Bruno Munari, Il laboratorio per bambini a Brera,
Bologna, Zanichelli, 1981, p. 4. Di Franco Russoli, Il Museo nella società. Analisi, proposte,
interventi 1952-1977, Milano.
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Per definizione, un museo è un’istituzione al
servizio della società e del suo sviluppo ed è
generalmente aperto al pubblico. Il museo deve
cogliere tutte le occasioni di svolgere il suo ruolo di
risorsa educativa utilizzabile da tutti gli strati della
popolazione o dal gruppo specializzato a cui il museo
è rivolto. […] Il museo ha il dovere importante di
attirare a sé nuove e più ampie fasce di pubblico,
proveniente da tutti gli strati della comunità, della
località o del gruppo che ha nei suoi fini di servire, ed
esso deve permettere alla comunità in generale, come
alle persone e ai gruppi specifici che ne fanno parte,
di essere coinvolti nelle sue attività, e di poter
sostenere i suoi obiettivi e la sua politica.1
1
Questa definizione è tratta dallo statuto dell’Icom
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MUSEO
Definizione Icom
istituzione permanente senza scopo di lucro, al
servizio della società e del suo sviluppo, aperta al
pubblico, che effettua ricerche concernenti le
testimonianze materiali dell'uomo e del suo
ambiente, le acquisisce, le conserva, le comunica
e le espone a fini di studio, di educazione e di
diletto.
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Una collezione diviene perciò, in questo
tentativo di circoscrivere e definire1, ogni insieme
di oggetti naturali o artificiali, mantenuti
temporaneamente o definitivamente fuori del
circuito di attività economiche, soggetti ad una
protezione speciale in un luogo chiuso sistemato
a tale scopo, ed esposti allo sguardo del
pubblico.
2
1
La parte non in corsivo è una mia integrazione..
Krzysztof Pomian, voce “Collezione”, in Enciclopedia, Einaudi, Torino, 1978, volume terzo, p.
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2
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Il termine collectioner, la cui etimologia
latina allude ad una cum lectio, e cioè ad una
scelta d’insieme, ma anche ad una comprensione
d’insieme, va dunque inteso come la somma di
capacità
di
percezione
che
consentono
il
godimento percettivo, ma anche intellettuale
della “collezione” nel senso più pieno del
termine.1
1
Maria Clara Ruggieri Tricoli, Maria Désirée Vacirca, L’idea di museo. Archetipi della
comunicazione museale nel mondo antico, Milano, edizioni Lybra immagine, 1998, p. 9.
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Ogni
collezione
presuppone
un
montaggio.
Scegliere/mettere insieme (unico modo fatalmente
ambivalente di tradurre il verbo colligere) sono le
operazioni che presiedono alla sua genesi. La
collezione
originata
dalla
selezione
e
dalla
combinazione, la collezione in quanto discorso,
dunque,
si
distingue
dall’accumulazione
indifferenziata, poiché viene accordata priorità
assoluta all’azione dell’ordinare, del classificare. I
criteri di classificazione possono andare incontro a
modifiche, ma non possono scomparire del tutto senza
comportare l’annientamento della collezione in
quanto tale. Quali che siano tali criteri, essi
innescano un meccanismo seriale in seno al quale
ogni elemento trova una relazione con l’insieme che
lo contiene e che lo definisce1.
1
Victor I. Stoichita, L’invenzione del quadro. Arte, artefici e artifici nella pittura europea
(L’instauration du tableau, Méridiens Klincksieck, 1993) trad. it a cura di Benedetta Sforza,
Milano, Il Saggiatore, 1998, p.110.
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