A cielo aperto - Il Verde Editoriale

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A cielo aperto - Il Verde Editoriale
GESTIONE TECNICHE ALTERNATIVE DI RACCOLTA DELLE ACQUE PIOVANE
Bacino
per la raccolta
delle acque
meteoriche
nel parco della
Fondazione
Beyeler a Bales,
in Svizzera.
A cielo aperto
Testo e foto di Armelle Varcin, paesaggista, responsabile Dipartimento delle tecniche,
Scuola nazionale superiore del paesaggio, Versailles, Francia. A cura di Francesca Pisani,
agronomo paesaggista
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sistemi interrati per il convogliamento, la
conduzione e la raccolta delle acque
piovane hanno mostrato efficacia e limiti. Nell’ambito degli interventi destinati a prevenire le inondazioni e a migliorare le condizioni
di vita delle popolazioni, le tecniche per la
raccolta delle acque di ruscellamento permettono in primo luogo di ridurre gli effetti causati
dall’impermeabilizzazione dei suoli, contenendo gli effluenti senza incrementare i volumi idrici da gestire nelle stazioni di depurazione. In
secondo luogo, permettono di organizzare
I
▼
Con il graduale aumento dell’urbanizzazione e delle superfici
impermeabilizzate, il problema del convogliamento delle acque
piovane si pone sempre più spesso come emergenza.
Perciò, in Francia vengono proposti innovativi sistemi di raccolta
che si armonizzano al tessuto cittadino, incrementando gli spazi
pubblici, senza sovraccaricare le stazioni di depurazione
GESTIONE
▼
e strutturare gli spazi pubblici, rivalorizzando così il manifestarsi delle stagioni in città.
L’articolo richiama alcuni principi base relativi agli interventi per la regolazione delle acque
piovane a cielo aperto e illustra i differenti tipi
di opere, evidenziando in cosa e come essi
contribuiscano alla qualità della vita: dalla creazione di un’identità locale alla strutturazione
dello spazio che organizza il territorio urbano.
Una scelta politica
prima di tutto
Nel corso di mezzo secolo, l’aumento delle
superfici impermeabilizzate, causato dall’estensione di infrastrutture ed edifici, ha
comportato un considerevole incremento nei
volumi delle acque di ruscellamento. Si ricorda che i centri urbani sono stati preferibilmente insediati nelle vicinanze dei corsi d’acqua,
che costituiscono i canali di scolo naturali delle
città, indipendentemente che le risorse idriche
abbiano o no subito trattamenti preventivi.
Per necessità fondiarie, i nuovi quartieri sono
realizzati al di fuori dei centri storici, lontano
dalle reti e dai canali di scolo già esistenti.
Nel caso di una pioggia pari a 40 mm per
metroquadro di superficie, la cui probabilità di
ritorno è decennale nella regione parigina, l’accumulo idrico su un dato bacino versante crea
disordini che provocano inondazioni e danni
sempre più gravi.
In Europa, dagli anni 1950-1960, a seconda dei paesi, si è sviluppato un nuovo concetto per il convogliamento e la raccolta delle
acque piovane, che rallenta e ritiene le acque
di ruscellamento allo scopo di alleggerire le
reti esistenti e dilazionare l’immissione d’acqua nei canali di scolo, evitandone lo straripamento. Ne sono derivati differenti tipi di
opere, caratterizzati dalla presenza o assenza
di acque permanenti, che permettono di
sovrapporre, in uno stesso sito, funzioni tecniche, spaziali, urbane e ambientali.
Al momento della concezione delle opere,
le domande alle quali occorre rispondere
richiedono, più che problemi tecnici, scelte
politiche: quali rischi sono accettabili in uno
spazio pubblico? Le sistemazioni devono integrare i rischi, comportando, quindi, la necessità, di educare e di sensibilizzare le popolazioni, o devono negare tutte le manifestazioni
legate al clima e porre ogni abitante al di fuori
dell’intero sistema naturale? Chi gestisce e
mantiene queste opere? Le competenze
riguardo allo spazio pubblico devono essere
suddivise tra servizi che non collaborano o
pensate in funzione dell’interesse dei cittadini? Se l’evoluzione delle civiltà occidentali, in
particolare nei confronti dell’ambiente in cui
si vive, porta l’uomo a dimenticare che di
notte fa buio, in inverno fa freddo e in estate
fa caldo, occorre perseguire questa disconnessione tra modo di vita e cicli stagionali?
Disegnare lo spazio tenendo in considerazione il fatto che esiste un rischio identificato rappresenta anche un modo efficace per
prevenirne i disordini.
Le tecniche alternative per il convogliamento e la raccolta delle acque pluviali a cielo
aperto, e gli interventi per la regolazione delle
acque di ruscellamento a cielo aperto ne
rappresentano un esempio. Essi prendono in
prestito alle tecniche agricole alcune pratiche
ancestrali e integrano i concetti dell’arte dei
giardini. Consistono nel raccogliere, per
gravità, le acque di ruscellamento e nel trattenerle, al fine di assicurare l’infiltrazione della
risorsa idrica nel terreno, o di dilazionarne la
redistribuzione nelle reti. Queste tecniche sono
razionali, ovvero si impongono per la loro
logica prima di ogni teorizzazione, procedendo per empirismo. Rappresentano una rispo-
Sopra, da sinistra, nella periferia parigina,
zona inondabile rinverdita per la raccolta
delle acque piovane; sistema di pendenze
e rilievi per smaltire precipitazioni
abbondanti; bacino di raccolta
che armonizza tessuto urbano e rurale.
sta diretta e nel contempo simultanea ai fattori costrittivi, quali scorrimento, tenuta e straripamento, e agli obiettivi. Spesso, rilevano gesti
elementari, in particolare scavare e spostare
materiali. Sono sempre pensate per realizzare un’economia di mezzi e ricercare la massima efficacia, inserendosi il più vicino possibile al terreno, adattandosi alla sua topografia. Ne consegue l’adeguamento tra la forma
e la funzione, aspetto che giustifica la forma
stessa. Ne deriva un’armonia certa con l’insieme del sito. Esse, inoltre, sono caratterizzate da tracce di gesti semplici che conferiscono alle opere una dimensione umana e
creano un legame con gli utenti e con coloro
che semplicemente le osservano.
In generale, le opere vernacolari, originarie
del luogo, raccolgono tutti questi pregi. Gli
interventi per il convogliamento e la raccolta
delle acque piovane, trattate nell’articolo, si
inseriscono nella continuità di queste pratiche.
Esistono due grandi famiglie di opere: i
bacini d’acqua, la cui variazione potenziale
del livello idrico, differenza tra il livello di
piena e il livello più basso, permette di creare una riserva in acqua in relazione alle caratteristiche delle piogge di riferimento; i bacini secchi o zone inondabili, che, riempiendosi in presenza di piogge eccezionali, modificano temporaneamente la loro destinazione
d’uso. Quest’ultima tipologia impone l’accettazione, da parte delle popolazioni, delle variazioni d’uso, qualunque sia la probabilità
dell’evento meteorologico.
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GESTIONE
I bacini d’acqua
I bacini secchi
o zone inondabili
▼
Si possono distinguere le zone geologiche
di infiltrazione da altre tipologie di aree inondabili, caratterizzate da una forma a conca per
ricevere temporaneamente l’acqua. Sono
dotate di volumi ben definiti, associati a declivi e a superfici piane in successione, sepa45 • ACER 6/2007
Bacini di raccolta delle acque piovane
e non solo: il biotopo di Gallarate
L
e opere di compensazione
realizzate nel 2005 per lo
scalo intermodale di Gallarate,
in provincia di Varese, offrono
un interessante esempio di bacini di raccolta delle acque piovane in grado di captare anche i
liquidi nocivi provenienti dallo
scalo. Il risultato è un biotopo di
elevato valore naturalistico.
L’impianto è stato studiato e dimensionato per raccogliere e dividere le acque piovane di prima e seconda pioggia, stoccarle in vasche separate per il recapito in fognatura delle prime e
la reimmissione in falda delle
seconde. La raccolta e divisione
delle acque di prima e seconda
pioggia, permette di inviare queste ultime al biotopo che viene
così alimentato dallo scalo,
creando una virtuosa interdipendenza tra l’opera tecnologica e l’area rinaturalizzata. Il passaggio attraverso le vasche consente di regolare la velocità di
afflusso e di chiudere, in caso di
incidente, la canalizzazione verso il biotopo, in modo tale che nessun inquinante finisca
nei bacini. Il fondo del biotopo è impermeabilizzato solo
in parte. Così viene garantita un’altezza d’acqua minima
durante tutto l’anno. L’acqua in eccedenza s’infiltra nel
sottosuolo. I bacini sono stati progettati in modo che il
primo detenga un’efficace funzione di fitodepurazione.
Per approfondimenti si rimanda all’articolo “Biotopo tecnologico” pagina 65-69, ACER 6/2006.
Gioia Gibelli
Sono disegnati come “piane” d’acqua e
sono alimentati, direttamente o indirettamente, tramite reti secondarie. Le variazioni nei
livelli idrici potenziali permettono di raccogliere piogge con differenti caratteristiche e in
base ai rischi scelti nel dimensionamento, per
cui, in funzione dei volumi eccezionali
dell’acqua di ruscellamento da immagazzinare, gli argini e le sponde, che circondano il
piano d’acqua, saranno più o meno ampi.
Lo spazio libero, destinato, a seconda dei
casi, alla percezione visiva da parte del pubblico o all’uso, sarà tanto più esteso quanto più si
tratterà di raccogliere piogge eccezionali.
Nelle città francesi di nuovo insediamento,
dove sono stati realizzati bacini d’acqua per
la raccolta delle piogge da temporali, con
l’obiettivo di prevenire i rischi (che hanno una
frequenza pari a cinquanta-sessanta anni)
sono così stati creati spazi molto estesi che
segnano l’identità dei luoghi e offrono ampi
spazi aperti agli abitanti.
Studi di ecologia mettono sotto accusa
questo tipo di opere. In effetti, la lama d’acqua superficiale, creata artificialmente, riscaldandosi, rischia di causare sconvolgimenti
ecologici a livello dell’ambiente recettore, nel
quale il bacino si riversa. Inoltre, questo tipo
di intervento richiede disponibilità di superfici fondiarie, difficili da reperire negli interventi contemporanei di urbanistica.
Dall’alto, il bacino
di raccolta delle acque
articolato in due vasche
che, oltre a contenerle,
ne comportano
la fitodepurazione
e la loro reimmissione
in fognatura o in falda.
GESTIONE
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rati da un’altezza variabile da 13-17 cm,
equivalente all’alzata di un gradino, a 40-45
cm, pari a quella di una panca. Tali opere
offrono l’opportunità di realizzare spazi
pubblici con un buon livello di qualità della
vita, assicurando la funzione tecnica di
raccolta della risorsa idrica.
Le zone d’infiltrazione vengono frequentemente trattate con la medesima varietà di
soluzioni degli spazi urbani.
La necessità tecnica di mantenere un grado
di porosità comporta l’uso di materiali a tessitura granulosa, con grandi volumi interstiziali, vuoti. Si incontrano tutte le tipologie di
granulometrie: dall’inclusione di ciottoli allo
strato di pozzolana o di sabbia.
A volte, in situazioni particolari, si ricorre
all’impiego di calcestruzzo e di rivestimenti
drenanti. Negli spazi pubblici vengono così
reintrodotti i materiali granulosi, un tempo
scomparsi e sostituiti da materiali fini che
permettono la circolazione di carrozzine e il
passaggio di mezzi per la pulizia.
La realizzazione di bacini secchi, destinati
a creare zone inondate solo temporaneamente, si accompagna a una terminologia condivisa da diversi paesi e comunità sociali.
Queste opere rappresentano, per natura, spazi
incavati rispetto al livello del suolo.
La gestione di questi declivi, nell’ambito
di uno spazio pubblico, presuppone che siano
prevenute eventuali cadute ovvero che siano
realizzate superfici piane caratterizzate da una
leggera inclinazione. Di conseguenza, essi si
compongono di conche dalle forme addolcite, fatta eccezione per le zone inondabili
esclusivamente geologiche, le quali, tuttavia,
sono meno frequenti rispetto alle zone inondabili inerbite. Queste ultime si scompongono in “onde” e in “ondulazioni” di maggiore o minore estensione.
Le forme a conca addolcita sono ampiamente utilizzate nelle strutture che accompagnano i percorsi pedonali e le aree di sosta,
mediante la realizzazione di noue e wadi A),
cioè di ampi fossati di infiltrazione o di ritenzione, poco profondi, frequentemente inerbiti, in grado di stoccare le acque di ruscellamento prima che vengano smaltite nella rete
idraulica. È una tecnica molto semplice nella
concezione e nella messa in opera; è poco
costosa e non comporta la sistemazione di
ampie superfici di terreno, non richiede l’uso
di materiali specifici ma si avvale dei materiali utilizzati per gli interventi attinenti i suoli
e l’arredo urbano.
Per garantire la presenza di percorsi pedonali su suolo asciutto, le conche sono attrezzate con ponticelli e passerelle, essenzialmente in legno, che permettono di oltrepassare le zone inondate e di assicurare la continuità dello spazio pubblico per le persone a
mobilità ridotta. Inoltre, l’accompagnamento dei dislivelli e le zone di contatto tra le
canalizzazioni e lo spazio realizzato offrono
spesso l’occasione per inserire massi con la
Da sinistra, fossato di raccolta e sistemi di convogliamento delle acque piovane.
Entrambi rappresentano elementi di arredo urbano che definiscono lo spazio.
funzione di contenere le scarpate o di ricoprire i componenti tecnici dell’opera.
I materiali maggiormente utilizzati nelle
zone inondabili inerbite sono la pietra, come
massi e talvolta gabbioni, e il legno, sottoforma di piccole piattaforme e di ponticelli.
Tutto si compie come se questa terminologia fosse associata ai bacini secchi. I riferimenti sono espliciti: il legno e la pietra veicolano un’idea di natura, tipica anche delle
ondulazioni e delle “conche” arricchite con
l’impianto di vegetazione.
Strutturazione urbana
e ritorno alla natura
Le opere descritte prendono in prestito
modelli e riferimenti dall’agricoltura e
dall’arte dei giardini. Un certo numero di
progettisti rivendicano chiaramente questo
tipo di “giardino”, di spazio ricreativo
composto che offre elementi della natura
tramite i materiali, le forme, i simboli.
D’altronde, l’agricoltura è inclusa in
maniera implicita in qualsiasi giardino e, in
particolare, in tutte le tecniche che riguardano la regolazione della conduzione e della
distribuzione dell’acqua.
I termini noue e wadi, utilizzati rispettivamente in Francia e nei Paesi Bassi, evocano
un immaginario assai più vasto rispetto al
semplice concetto di fossato. Essi “fanno
immagine” al di là dell’opera tecnica.
La loro definizione rimane molto sfumata
e non assomiglia al lessico tecnico utilizzato
per le pratiche tradizionali di convogliamento e di raccolta delle acque. Rinviano invece
all’opera in se stessa, sollecitando l’immaginario del pubblico, dei politici e di tutti
coloro che vivono nei dintorni.
Ognuno può creare una propria rappresentazione, a priori positiva; questo atto conferisce un potere associativo presso ogni diversa
tipologia di pubblico.
È interessante osservare come tali opere
contribuiscano a prevenire le inondazioni, e
s’inscrivano nelle pratiche per lo sviluppo
sostenibile, creando spazi di qualità, che
rispondono alle attese di composizione e di
strutturazione degli spazi pubblici, rendendoli
attrattivi e pertinenti in modo duraturo.
Esse partecipano a un’economia dei mezzi
coniugando, con intelligenza tecnica, sistemazione urbana, prevenzione dei rischi e
sviluppo sostenibile.
■
Note
A) Il termine wadi nel nord Africa e in Arabia indica un fossato normalmente asciutto tranne che
nella stagione delle piogge.
Sono escluse da questa riflessione le opere interrate
per la raccolta delle acque piovane, quali: i bacini, dalots (piccoli serbatoi di 2-5 m3 realizzati
di norma in calcestruzzo, posti sotto la carreggiata stradale stoccare le acque di ruscellamento e per rallentarne l’afflusso nella rete idrica), i
chaussées réservoirs (dispositivi composti da
uno strato per lo scorrimento dei veicoli stradali
e da un serbatoio nei quali l’acqua è raccolta
per percolazione attraverso materiale drenante,
che costituisce lo stesso strato della superficie
stradale, o recuperata lateralmente e fatta fluire
nel serbatoio sottostante la carreggiata). Queste
opere non partecipano alla composizione degli
spazi pubblici; esse sono quasi autonome e monofunzionali.
Abstract
Under the sky
With the increase in urbanization and built
on surfaces, the issue of channelling and
collecting rainwater is increasingly becoming
an emergency. Solutions must be found in
harmony with the city fabric, by increasing
public spaces, without overloading water
treatment centres. This article features a
review of various open water collection
systems, conceived with specific attention for
their inclusion in the landscape.
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