tribunale di modena sentenza - fondazione forense modenese
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Circolazione stradale – Cause di sinistri - Ciclomotore – Inversione di marcia – Prove - Omissione di precedenza Urto frontale-laterale con autoveicolo – Velocità eccedente – Sussistenza - Circolazione stradale – Colpa e concorso di colpa - Collisione fra veicoli – Mancata prova liberatoria di entrambi i conducenti – Determinazione del concorso – Danni (mat.civile) – Danno non patrimoniale – Categoria di danno inclusiva del danno morale subiettivo – Non correlabilità all’art.185 cp – Liquidazione equitativa – Danno esistenziale – Ammissibilità – Inclusione nella categoria del danno non patrimoniale – Rif.Leg.artt.2054,2056,2059 cc; Sentenza n. 1521/2006 Pronunziata il 06/06/2006 Depositata il 14/09/2006 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MODENA SEZIONE PRIMA Il Giudice istruttore dott. Giuseppe Pagliani, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile n. 34/99 R. G. promossa da XX - Attore rappresentato e difeso dall'Avv. L. A. Brezigar del Foro di Modena CONTRO Assitalia Assicurazioni - Convenuto rappresentato e difeso dall'Avv. F. Tiezzi del Foro di Modena; E ZZ - Convenuto contumace in punto a: risarcimento danni. All'udienza del 14/3/06 la causa è stata assegnata a decisione, con termine fino al 15/5/06 per il deposito di comparse conclusionali e fino al 5/6/06 per il deposito di repliche, sulle conclusioni precisate dalle parti nel modo seguente: per parte attrice: "Contrariis rejectis, voglia l'On.le Tribunale adito: In via di merito, accertata l'esclusiva responsabilità del Sig.ZZ nel sinistro di cui in premessa, condannare i convenuti in solido al pagamento dei danni subiti dall'attore nella misura di £.226.517.260, o quella diversa somma maggiore o minore che dovesse risultare dovuta in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla data dell'occorso sino all'effettivo saldo In via subordinata, dirsi corresponsabile il Sig. ZZ dei danni subiti dall'attore ex art.2054 II Comma C.C. e condannarsi i convenuti in via solidale al pagamento della somma di £.113.258.630 o di quella maggiore o minor somma che dovesse risultare dovuta in corso di causa in ragione del grado di concorso ivi accertato, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla data dell'occorso sino all'effettivo saldo. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di lite."; per parte convenuta Assitalia Assicurazioni: "Nel merito, respingersi la domanda attrice perché infondata anche nella sua ipotesi subordinata, vinte le spese di lite. In via istruttoria, ha chiesto ammettersi prova per testi a conferma del rapporto della Polizia Stradale di Modena, indicando quali testi gli agenti di PS intervenuti, oltre al Sig. Di Gennaro Nicola a conferma di quanto dallo stesso dichiarato alla Polizia Stradale.". SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. Con atto notificato in data 7 e 8 gennaio 1999, XX conveniva in giudizio avanti il Tribunale di Modena ZZ e il suo assicuratore Assitalia Assicurazioni S.p.a. per sentirli dichiarare tenuti in solido al risarcimento dei danni derivanti da incidente stradale avvenuto il 27/8/94 in via Stradella di Modena. 2. Non si costituiva ZZ il quale veniva dichiarato contumace. Con comparsa depositata si costituiva, invece, in giudizio la Assitalia Assicurazioni S.p.a., sostenendo la colpa esclusiva dell'attore per omessa precedenza nel corso di manovra di repentina inversione di marcia e contestando anche il quantum debeatur, e chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda attorea. 3. All'udienza di trattazione compariva unicamente l'attore, sicché il tentativo di conciliazione risultava impossibile. La causa veniva istruita mediante acquisizione dei documenti prodotti, assunzione di prova testimoniale e consulenza tecnica d'ufficio medico legale. All'udienza dei 14/3/06 venivano quindi precisate le conclusioni sopra trascritte, con i termini indicati in epigrafe per il deposito di conclusionali e memorie di replica. MOTIVI DELLA DECISIONE 4. Va osservato, anzitutto, che in atti risultano inconfutabili alcune circostanze di fatto concernenti lo svolgimento dell'incidente ed in particolare che il 27/8/94 l'attore, alla guida del proprio ciclomotore, stava effettuando manovra di inversione di marcia su via Stradella a Modena, quando veniva urtato dalla vettura condotta dal convenuto ZZ, riportando lesioni personali. Questa dinamica è inconfutabile sulla base degli accertamenti della Polizia stradale, e ciò non per il valore probatorio delle valutazioni effettuate dagli operanti o dell'assunzione di informazioni dagli stessi assunte, ma per gli accertamenti di fatto dei verbalizzanti, che fanno prova fino a querela di falso, ed altre risultanze obiettive. In particolare, si ricava dalle tracce dell'incidente lasciate in loco dai veicoli e dai danni obiettivamente riscontrabili sui veicoli stessi. Infatti, dai rilievi allegati all'informativa della Polizia Stradale e in particolare dall'esame della planimetria prodotta in atti, risultano varie circostanze precise. Sul punto delle condizioni di tempo e luogo dell'incidente è accertato che si trattava di orario notturno (22.30), in assenza di illuminazione della strada; le condizioni atmosferiche sono definite come tempo sereno con buona visibilità; le condizioni della strada sono descritte come asfaltata ed asciutta; dall'esame degli atti si ricava in particolare che il tratto di strada in questione é pianeggiante e curvilineo sulla destra con visuale libera e sottoposto a limite di velocità di 50 km/h; la larghezza della strada non supera i quattro metri ed è ad unica carreggiata doppio senso, con banchina intransitabile; la direzione di marcia del convenuto era Modena-Formigine. Ulteriori circostanze degne di rilievo sono che la vettura, dopo l'urto, presentava i seguenti danni: gruppo ottico anteriore sinistro frantumato; griglia anteriore danneggiata e targa anteriore danneggiata e abrasa; cofano anteriore abraso e danneggiato nella parte centrale ondulato nella parte centrale sinistra e superficie nella parte centrale sinistra, cristallo anteriore incrinato nella parte centrale sinistra, paraurti anteriore danneggiato; il veicolo era in condizioni generali, per il resto, di efficienza, a parte i danni subiti nell'incidente. Il motociclo del convenuto recava i seguenti danni: manubrio piegato parte destra; indicatori di direzione frantumati; danni al pedanino laterale sinistro, danni vari di strisciamento laterale sinistro. È certo, quindi, che l'impatto é avvenuto tra la parte anteriore sinistra dell'autovettura e la parte laterale sinistra del ciclomotore. Non si è trattato di un tamponamento, inteso come urto esclusivamente da tergo: come descritto dalla Polizia stradale, l'urto è stato frontale-laterale. 5. L'unico teste sentito non è stato di particolare utilità non avendo assistito direttamente all'incidente; A.L. ha dichiarato: «Non ricordo a modo i fatti perché sono passati dieci anni. Io seguivo il mio amico con il mio ciclomotore e non ho visto esattamente il momento dell'impatto, però ho sentito chiaramente una frenata della vettura e il rumore dell'impatto, e poi ho visto il ciclomotore che finiva nel capo adiacente la strada. era a terra. Io mi sono fermato dietro l'automobile, la strada è stretta e non mi sono affiancato. Ero a una ventina di metri e al momento dell'impatto c'era una curva. (...) La vettura mi aveva appena superato. Non ho sentito clacson». Questa deposizione è solo parzialmente attendibile già per la stessa premessa del testimone, che afferma di non ricordare bene i fatti; inoltre non fornisce certezze sulla dinamica dell'incidente, non essendo, in particolare, incompatibile con l'effettuazione di una manovra di inversione di marcia da parte di XX; infine, l'effettuazione della manovra di inversione di marcia risulta dalle dichiarazioni rese nell'immediatezza dei fatti da Nicola Di Gennaro e verbalizzate dalla Polizia stradale, dichiarazioni che, pur non costituendo prova piena, sono valutabili come prova indiziaria e sono soggette - ai sensi dell'art. 116 C.p.c. - alla libera valutazione del giudice (cfr. Cass. III, 14/ 12/02, n. 17949). Ulteriore conferma della compatibilità della riferita dinamica è fornita dalla consulenza tecnica d'ufficio espletata, non solo per la risposta a specifico quesito, ma anche e soprattutto perché la lesione documentata in capo all'attore è la frattura della tibia sinistra. 6. Dalle risultanze obiettive di causa, quindi, si ricava che il ciclomotore, al momento dell'impatto, non era posto longitudinalmente alla strada, nel senso di marcia dell'autoveicolo, ma era posto trasversalmente alla carreggiata. Questa ricostruzione è incompatibile con quella sostenuta da parte attrice volta ad escludere una manovra di inversione di marcia da parte dell'attore XX ed è, invece, compatibile proprio con l'effettuazione della predetta manovra di inversione di marcia. Un ulteriore elemento attiene al punto d'urto che, diversamente da quanto sostenuto da parte attrice, non può definirsi presunto, essendo stato accertato in modo obiettivo dagli operanti della Polizia stradale intervenuti, ed individuato nel lato sinistro della carreggiata rispetto all'andamento di marcia della vettura. D'altra parte si tratta di strada stretta ad unica carreggiata con banchina intransitabile, nella quale basta ben poco per oltrepassare la mezzeria. Non può essere seguito, quindi, il ragionamento di parte attrice secondo cui la manovra di inversione di marcia va esclusa perché, se davvero XX si fosse trovato già sul lato sinistro della carreggiata rispetto alla direzione di marcia dell'auto, questa avrebbe ben potuto sfilare sulla destra: in realtà, proprio la considerazione svolta dalla Difesa attorea, fa emergere la fondatezza della ricostruzione basata sull'inversione di marcia del ciclomotore, in quanto, proprio la circostanza che la vettura sia andata a finire sul ciglio sinistro della carreggiata, e che le tracce di frenata si dirigano verso sinistra, documenta che il conducente ha tentato di evitare a sinistra un ostacolo che gli si è parato improvvisamente di traverso nel tratto curvilineo, manovra che sarebbe stata astrattamente corretta ma che, purtroppo, ha condotto all'impatto, in quanto, contemporaneamente, il ciclomotore, nell'effettuare la manovra di inversione, si stava a sua volta spostando nella medesima direzione, cioè a sinistra rispetto alla direzione della vettura. Con la descritta ricostruzione dei luoghi, infatti, se il ciclomotore avesse proceduto diritto in direzione di Formigine, come sostenuto da parte attrice, è evidente che l'impatto non sarebbe avvenuto in quel punto, ed anzi non sarebbe affatto avvenuto. 7. Va, poi, rilevato, che al mancato evitamento dell'ostacolo ha contribuito la velocità tenuta dall'autoveicolo, che non può dirsi adeguata alle specifiche condizioni di strada, illuminazione ed andamento curvilineo; ciò non tanto perché si è rivelata, a posteriori, inidonea ad evitare un ostacolo, come sostenuto da parte attrice, ma sulla base di elementi oggettivi. Le tracce lasciate dall'autoveicolo sull'asfalto di un'energica frenata, udita anche dal testimone, sono state misurate nove metri da un lato e quattordici e mezzo dall'altro, il che corrisponde ad una velocità effettiva compresa tra i cinquanta ed oltre sessanta chilometri all'ora: velocità indiscutibilmente inadeguata alle condizioni di tempo e luogo, oltre che superiore al limite massimo consentito in quel tratto di strada. Ove si tenga conto, infatti, che il convenuto viaggiava su una stretta via di campagna priva di illuminazione, in un tratto curvilineo ed in condizioni di luogo ed orario (sera d'estate) nel quale è ampiamente prevedibile la presenza di altri veicoli nella medesima, o contraria direzione, una velocità effettiva superiore ai cinquanta chilometri all'ora, oltre che integrare colpa specifica, configura anche colpa generica per imprudenza, in quanto inadeguata ad evitare eventuali ostacoli o, comunque, a fronteggiare situazioni di emergenza; essendo di tutta evidenza che una velocità minore avrebbe consentito l'arresto del veicolo o l'evitamento dell'ostacolo. La velocità dei veicoli deve essere regolata in base a tutte le circostanze di qualsiasi natura, in modo da non costituire pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose e causa di disordine e di intralcio per la circolazione, e deve essere particolarmente moderata nelle ore notturne, ma deve essere anche commisurata alle condizioni di visibilità consentite dai fari anabbaglianti, in modo che il conducente possa essere sempre in grado di arrestare il veicolo di fronte a qualsiasi ostacolo alla distanza alla quale può giungere la sua visuale (Cass. pen., sez. IV, 29/11/82); inoltre la velocità di un veicolo che proceda in tempo di notte deve essere costantemente proporzionata allo spazio corrispondente al campo di visibilità al fine di consentire al suo conducente di eseguire utilmente una manovra di arresto, considerato anche il tempo psicotecnico, nel caso si profili un ostacolo improvviso (Cass. pen., sez. IV, 19/11/82); in altri termini, il conducente ha l'obbligo di marciare in ora notturna a velocità tale da permettere l'arresto entro lo spazio di visibilità consentito dai dispositivi di illuminazione in funzione, per evitare di determinare una immanente ed insuperabile situazione di pericolo di urto contro persone o cose occasionalmente presenti lungo la traiettoria di avanzamento del veicolo. Poste tali premesse, è evidente che una velocità come quella risultante dall'istruttoria impedisce di ottemperare adeguatamente all'obbligo di avvistamento degli altri veicoli, contravviene all'obbligo di prudenza in quanto impedisce di porre in essere efficaci manovre di emergenza, ed incide significativamente sui tempi psicotecnici di reazione in caso di avvistamento di un ostacolo, e, dunque, sull'entità delle conseguenze dell'incidente. 8. Nel caso di specie, può dirsi, dunque, che l'obbligo di prevedere le imprudenze altrui non é stato compiutamente assolto, o addirittura non é stato assolto l'obbligo di avvistamento, e ciò non in base ad una valutazione presuntiva, ma in base a precise risultanze di causa, come pure non è stato assolto all'obbligo di fare tutto il possibile per evitare il danno perché, appunto, il conducente non era in condizione di farlo a causa della propria condotta pregressa; ciò convince anche del fatto che, attesa la situazione concreta, l'incidente non è interamente riconducibile alla repentinità della manovra dell'attore che, peraltro, ha omesso la dovuta precedenza ed ha creato intralcio. La ricostruzione della dinamica é quindi possibile in termini di più che soddisfacente approssimazione. Residua qualche elemento oggettivo di incertezza inerente soltanto la velocità della manovra eseguita dal ciclomotore (non descritta da alcuno) e, conseguentemente, l'attribuibilità di una percentuale di colpa al conducente convenuto. Parte convenuta deduce, infatti, la responsabilità esclusiva dell'attore, o comunque l'attribuibilità di una percentuale minima di colpa al convenuto, poiché l'attore avrebbe posto in essere una manovra talmente repentina da rendere inevitabile l'evento. Come si è visto, però, questa ricostruzione è smentita dai dati obiettivi. 9. Sulla base delle esposte circostanze e considerazioni, dunque, va rilevato che nel caso di specie nessuno dei due conducenti ha fornito la prova liberatoria di cui all'art. 2054, I° c., C.c., in quanto, dai dati acquisiti agli atti, si traggono indicazioni ai fini della ricostruzione della dinamica dell'evento che consentono una ricostruzione esauriente in fatto ma non conducente ad un'attribuzione esclusiva di responsabilità del sinistro all'uno od all'altro conducente ed anzi sono individuabili i rispettivi ambiti di colpa. Conseguentemente, occorre procedere a determinare in concreto il grado di colpa dei conducenti di entrambi i veicoli. Le risultanze di causa suffragano, come rilevato, proprio l'opinione che l'evento è la risultante di due condotte colpose convergenti: non vi è dubbio che all'omessa concessione di precedenza si è sovrapposta violazione del dovere di prudenza nella guida da parte dell'altro conducente, e la violazione del limite specifico di velocità, soprattutto in considerazione del fatto che entrambi i conducenti hanno l'obbligo di fare tutto il possibile per evitare il danno (art. 2054, I c., C.c.). 10. La prova liberatoria prevista dal predetto articolo è, infatti, rigorosa, e non ammette di essere superata facilmente, sulla base di risultanze parziali: essa richiede il positivo accertamento dell'assenza di ogni possibile addebito (Corte di cassazione 26/10/92, n° 11610), e non può derivare dal semplice accertamento del maggior grado di certezza raggiunta in ordine alla colpa dell'altro conducente. In particolare, se è vero che l'accertamento di colpa esclusiva di un conducente libera l'altro dall'onere probatorio in questione (Corte di cassazione 11/4/88, n° 2834; 17/6/93, n° 6750), é peraltro chiaro che nel caso di specie non ricorre simile situazione, né può dirsi che solo il comportamento di uno dei due conducenti sia in nesso eziologico esclusivo con l'evento (Corte di cassazione 21/7/89, n° 3439; 23/8/90, n° 8622). Sulla base delle considerazioni esposte, si stima equo valutare i rispettivi ambiti di colpa in ragione del 60% a carico dell'attore e nel 40% a carico del conducente dell'autoveicolo convenuto. Logica conseguenza sarà la riduzione, nei limiti della percentuale sopra indicata, di quanto liquidato a titolo di risarcimento, nei confronti dell'attore. Una volta affermata la responsabilità di ZZ in qualità di proprietario resta poi affermata anche la solidale responsabilità della convenuta compagnia assicuratrice. 11. In ordine alla quantificazione dei danni, parte attrice ha chiesto il risarcimento del danno, consistente in: a) danno patrimoniale per lucro cessante da invalidità temporanea; b) danno biologico da inabilità temporanea totale e da invalidità permanente parziale; c) danno morale; d) danno esistenziale. Quanto al danno patrimoniale, non possono essere riconosciute le somme richieste non essendo il soggetto percettore di reddito: quanto al danno patrimoniale temporaneo, infatti, in giurisprudenza si ritiene, con orientamento condivisibile, che in ipotesi di lesioni provocate da fatto illecito (e quindi anche da circolazione stradale) va negata la liquidazione del danno patrimoniale da "lucro cessante", durante il periodo dell'invalidità temporanea, al danneggiato studente e non percettore di reddito, in quanto "non può esserci mancato guadagno se non c'è guadagno" (Cfr. Cass. III, 28/4/97, n. 3635). 12. Spetta al danneggiato la liquidazione del danno alla persona, di cui al punto b), danno da qualificarsi senz'altro come ingiusto ai sensi degli artt. 32 Cost. e 2043 C.c., perché lesivo del diritto alla salute ed alla integrità psicofisica. La liquidazione di tale danno, non esistendo criteri sicuri ed attendibili per la valutazione del valore biologico dell'uomo, non può che essere condotta in via equitativa. Alla luce dei principi fissati in materia dalla Corte costituzionale, deve ritenersi che il danno biologico sia liquidabile secondo parametri equitativi che tengono conto oltre che dell'età, del sesso e di ogni altro indice sociale, culturale ed estetico che consente di adeguare in concreto il risarcimento al fatto. Ad integrare la valutazione equitativa del giudice soccorre inoltre la consulenza tecnica d'ufficio (immune da vizi logici ed esauriente sui quesiti proposti, e le risultanze della quale, sorrette da adeguata motivazione e frutto di congrua analisi della documentazione sanitaria versata in atti e di quanto direttamente constatato dal consulente nel corso della visita del danneggiato, sono di sicura affidabilità), che ha accertato che la lesione ha prodotto una invalidità temporanea assoluta di sei mesi ed una invalidità temporanea parziale di due mesi, nonché la sussistenza di postumi a carattere permanente (consistenti in esiti di frattura scomposta ed esposta della dialisi tibiale sinistra) quantificabili in una riduzione dell'integrità psicofisica nell'ordine del 12% (dodici per cento). Per la valutazione equitativa del danno biologico ai sensi dell'art. 2056 C.c., preso atto dell'orientamento ormai consolidato della Corte di cassazione secondo cui non può essere utilizzato come parametro di riferimento il criterio del triplo della pensione sociale minima (cfr. ad es. Cass. 8/1/99, n. 101), può farsi riferimento alla tabella elaborata dal Tribunale di Milano, ampiamente utilizzata sul territorio nazionale, e sicuramente utilizzabile in un contesto - non solo dal punto di vista geografico ma anche da quello socio-economico - per molti aspetti non dissimile da quello milanese, come la provincia di Modena (quanto a costo della vita, durata media della stessa, livello di occupazione). Detta tabella, com'è noto, espone valori unitari in base al punto di invalidità (di carattere indicativo) differenziati a seconda dell'età del leso e della percentuale di invalidità accertata con criteri medico-legali e suscettibili, in ogni caso, di essere adeguati al caso concreto - secondo l'insegnamento della Corte di cassazione - con l'utilizzo di altri parametri equitativi (quali il ricorrere di menomazioni aventi diversa natura, incidenti sul piano estetico ovvero che impediscono funzioni più specifiche; oppure l'incidenza della lesione su soggetto già affetto da invalidità preesistente) ovvero pienamente valido; o, ancora, la diversa età della vittima, ove essa appaia significativa in relazione al tipo di lesione, tenuto conto che i correttivi tabellari inerenti all'età non presentano variazioni significative in ampie fasce di età). Tenuto, quindi, conto degli elementi sopra indicati, nella fattispecie appare anzitutto equo liquidare, tenuto conto dell'epoca del fatto, €. 65,00 per ogni giorno di invalidità totale temporanea e la metà di detta somma per ogni giorno di invalidità parziale temporanea. Per quanto riguarda l'invalidità parziale permanente, sulla base della consulenza tecnica d'ufficio essa viene stimata nel 12%. Nella fattispecie, dunque, secondo il predetto criterio del calcolo di valutazione a punto, tenuto conto del predetto grado di invalidità e dell'età della vittima all'epoca dell'evento dannoso (anni 14 e mesi 1), la determinazione della cifra per detto titolo di danno consta dunque in €. 28.476,80. 13. Quanto al danno morale, l'esame del materiale probatorio descritto ai punti precedenti consente di affermare con certezza l'illiceità anche penale del comportamento del conducente del veicolo convenuto e la sussistenza degli elementi del reato di lesioni personali colpose in danno dell'attore, sia sotto il profilo materiale (condotta, evento, nesso di causalità) che sotto quello psicologico (“suitas” e colpevolezza in senso ampio), ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli art. 2059 C.c. e 185 C.p., nel senso che l'evento di cui è causa ha prodotto anche un rilevante danno non patrimoniale. Quest'ultimo è stato inteso come danno morale subiettivo, adottando una concezione riduttiva del danno non patrimoniale, definito come «l'ingiusto perturbamento dello stato d'animo del soggetto offeso» (cfr. Corte costituzionale n° 184/86) ed attribuendo al relativo risarcimento il significato di un ristoro per le sofferenze morali derivanti da fatti dannosi particolarmente offensivi, nonché per i patimenti fisici intesi come sofferenza somatica non accompagnata da alterazioni della funzionalità organica (cfr. Corte di cassazione n° 6512/86). Secondo una ricostruzione evoluta, espressa da recente giurisprudenza di legittimità avallata dalla Corte costituzionale con sent. n. 233/2003, il danno non patrimoniale va inteso come categoria ampia, all'interno della quale il danno morale subiettivo va distinto dagli altri pregiudizi, diversi ed ulteriori, che conseguono alla lesione di un interesse costituzionalmente protetto della persona, anche indipendentemente dalla ricorrenza degli estremi di reato (Cass. III, 31/5/03, nn. 8827 ed 8828). Questo danno non patrimoniale conseguente alla ingiusta lesione di un interesse costituzionalmente protetto inerente la persona non è soggetto, ai fini della risarcibilità, al limite della riserva di legge correlata all'art. 185 C.p. e non presuppone la qualifica di illecito come reato (Cass. nn. 8827/03 e 8828/03 cit.). Anche, comunque, nell'ottica di questa seconda lettura, costituzionalmente orientata, dell'art. 2059 C.c., nel caso di specie non sussistono dubbi sulla risarcibilità dell'illecita lesione degli interessi della persona; nel caso concreto, comunque, come si è visto, ricorrono gli estremi di reato. La valutazione di detto danno é da condurre necessariamente in sede equitativa ai sensi dell'art. 1226 C.c. e con riferimento a vari criteri, attinenti: alla gravità del fatto e della colpa, all'entità del dolore o paterna d'animo inflitto alla vittima, all'età ed alle condizioni personali degli stessi danneggiati (cfr. anche Cass. III, 24/4/,01, n. 6035, secondo cui "il danno morale va liquidato tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, mentre è inammissibile una liquidazione che faccia riferimento ai "valori medi" liquidati dall'ufficio giudiziario per i casi consimili”). Con riferimento, quindi, ai vari parametri indicati da concorde giurisprudenza (cfr. Cass. n° 774/67, n° 2731/68, n° 1228/81, n° 2396/83, n° 4947/83, n° 9430/87), per valutare e quantificare l'entità delle sofferenze inferte alla vittima di un fatto illecito e conseguentemente l'entità del relativo risarcimento, va rilevato come nel caso di specie il ristoro del patimento dev'essere parametrato ad un fatto dannoso indubbiamente offensivo come la lesione violenta dell'integrità psicofisica. Al fine, inoltre, di adeguare il ristoro al caso particolare, va considerato che, nel caso di danni morali, non potendosi fornire al denaro funzione di corrispettivo dei bene perduto, esso ha semplicemente funzione di un mezzo per ottenere soddisfazioni in sostituzione del dolore ingiustamente provato, di conseguire determinate utilità a lenimento di sofferenze (cfr. Cass. n° 2336/64 e Cass. n° 8827/03, dove si afferma che in questo caso la somma di denaro non è reintegratrice di una diminuzione patrimoniale, ma compensativa di un pregiudizio non economico), e nel caso di specie ciò va rapportato alle conseguenze esistenziali e psicologiche che derivano dalla natura dei postumi delle lesioni al corpo e, in particolare, al volto in un soggetto di giovane età. Operando, quindi, una valutazione equitativa ai sensi dell'art. 1226 C.c., tutto quanto sopra considerato, pare equo nel caso di specie adeguarsi alla valutazione espressa dall'attore, che individua il danno morale nella misura di un terzo della somma liquidata a titolo di danno biologico; criterio che conduce a liquidare la somma di €. 9.253,66. Non risulta, invece, un forzoso mutamento delle abitudini di vita della vittima, elemento che, secondo la stessa impostazione attorea, distingue il danno esistenziale da quello morale. Nessun elemento istruttorio è stato fornito e nessuna istruttoria è stata richiesta in proposito; la stessa consulenza tecnica d'ufficio rileva che la mancanza di documentazione non consente di inferire alcuna valutazione sull'incidenza dei postumi permanenti sulla presunta attività sportiva del soggetto. Pertanto nessuna somma è liquidabile a titolo di danno esistenziale. 14. Sull'insieme della somme dovute al danneggiato vanno aggiunti la rivalutazione (€. 11.814,37) e gli interessi dovuti per il ritardo nella liquidazione, secondo i principi indicati da Corte di cassazione S.U. 17/2/95 n° 1712, nel caso di specie seguendo la progressione periodica annuale, ed ammontanti complessivamente ad €. 22.022,47. L'entità del risarcimento dovuto per i titoli di danno spettanti ad esito dell'istruttoria ammonta, quindi, ad C. 71.567,31; somma che deve essere diminuita del 60% in ragione di quanto esposto al punto 10., in fine, con definitiva determinazione in €. 28.626,92. 15. Le spese di causa seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P. Q. M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, dichiara obbligati e condanna ZZ e la società "Assitalia Assicurazioni S.p.a" in solido tra loro a corrispondere a XX la somma di €. 28.626, 92 a titolo di risarcimento del danno; dichiara altresì obbligati e condanna ZZ e la società "Assitalia Assicurazioni S.p.a" in solido tra loro a rifondere a XX, le spese di giudizio, che liquida in complessivi €. 8.627,23, di cui €. 388,23 per spese, €. 2.239, 00 per competenze ed €. 6.000, 00, per onorari, oltre al rimborso per spese generali, NA e CPA come per legge. Così deciso in Modena, il giorno 6/6/06. Consegnato per il deposito in Cancelleria il 25/07/2006 Il Giudice (Dr. G.Pagliani) Depositata in Cancelleria il 14 SET. 2006