la leadership - Università degli Studi del Molise

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LA LEADERSHIP
di Massimo FRANCO
Università degli Studi del Molise
Aprile 2007
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La leadership nelle organizzazioni
Il termine leadership è ampiamente utilizzato nel linguaggio corrente tanto da assumere
connotazioni semantiche diverse evocative di altri termini quali autorità, potere, controllo, guida.
Il concetto di leadership risulta quindi complesso, tanto che i diversi tentativi di definizione sono
tutt’altro che univoci.
Dal punto di vista organizzativo la leadership può essere considerata come una variabile di
comportamento che si verifica all'interno di una relazione tra due o più individui. Quando una
persona cerca di influenzare il comportamento di un'altra persona o di un gruppo di persone di fatto
viene esercitata la leadership. La letteratura manageriale ed organizzativa sulla leadership che si è
sviluppata nel tempo è estesa e generalmente orientata a finalità descrittive o normative circa la
ricerca dei caratteri e dei comportamenti ideali di un buon leader. Tuttavia è possibile ricondurre i
numerosi studi a riguardo a tre principali approcci: quello qualitativo, quello situazionale e quello
funzionale.
La prima teoria si basa sull'affermazione "leader si nasce e non si diventa", vale a dire che taluni
individui sono dotati di innate capacità e qualità che favoriscono l'assunzione di un ruolo di
leadership.
Il secondo approccio, quello situazionale, si sviluppa nel secondo dopoguerra quando gli studi sulla
leadership pongono in evidenza che la possibilità di un individuo a divenire capo non è connessa
esclusivamente a delle sue specifiche qualità, ma è funzione di vari fattori legati soprattutto alla
situazione in cui opera. Pertanto, uno stile efficace in una circostanza si rivela non valido a fronte di
condizioni diverse.
Hersey e Blanchard (1984) considerano, ad esempio, i diversi stili di leadership in funzione del
livello di maturità dei collaboratori dell'imprenditore. La maturità dei collaboratori viene definita
come la capacità e disponibilità delle persone ad assumersi le responsabilità di indirizzare il proprio
comportamento. Il leader, per esercitare efficacemente la sua funzione, deve quindi tarare il proprio
stile sulle capacità dei propri collaboratori. La maturità dei collaboratori va considerata in termini
dinamici, pertanto l'abilità del sarà quella di adattare, nelle diverse situazioni, il proprio stile di
leadership combinando in misura diversa un comportamento direttivo (orientamento al compito)
con un comportamento di relazione (orientamento alle relazioni).
E' inoltre importante ricordare la teoria della "contingenza" di Fiedler (1967) la quale collega
l'efficacia della leadership a tre principali variabili: la struttura del compito, la struttura affettiva dei
rapporti tra leader e membri del gruppo (buona o cattiva) e il livello di potere detenuto dal leader. A
seconda della combinazione delle tre variabili si hanno vari atteggiamenti efficaci del leader, che
variano da un'alta permissività ad una forte autorità, in funzione della situazione complessiva in cui
si trova il gruppo. In definitiva, la leadership è una funzione del gruppo e a seconda delle strutture
su cui si basa, dei bisogni e delle necessità del gruppo tende ad assumere due possibili dimensioni:
a) la dimensione dell'"affinità" o "attrazione affettiva" che deve soddisfare le esigenze emotive del
gruppo; b) la dimensione della "differenza di capacità, conoscenze e informazioni" che favorisce il
raggiungimento dell'obiettivo operativo del gruppo (Muti 1986).
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La leadership basata sulla prima dimensione dipende da meccanismi affettivi fortemente variabili ed
instabili e scarsamente correlabili alla capacità operativa del leader. Di contro, la leadership basata
sulla seconda dimensione dipende da fattori più stabili, di carattere prevalentemente cognitivo,
risultando quindi maggiormente correlata alla capacità del leader.
Un'altra definizione di leadership è proposta da Bernard Bass (1975) il quale la definisce come "una
interazione in cui un membro di un gruppo raggiunge il suo scopo, cioè di cambiare il
comportamento degli altri membri".
Entrambi gli approcci, qualitativo e situazionale, tuttavia, tendono a concentrare l'attenzione sulle
caratteristiche della persona, più che sul modo in cui l'individuo svolge il suo ruolo di leader. In
base a tale osservazione è possibile individuare un terzo approccio, definibile funzionale, che
identifica le funzioni di un leader in relazione a dei bisogni base comuni a tutte le situazioni di
leadership. Secondo tale approccio la leadership è funzione di bisogni che emergono principalmente
dal gruppo, dagli individui e dal compito attribuito. Un efficace leader, quindi, nelle sue attività di
definizione degli obiettivi, pianificazione, comunicazione, supporto, controllo e valutazione, dovrà
prendere in considerazione le tre tipologie di bisogno ed armonizzarle tra loro. Pertanto si può
affermare che, secondo tale impostazione, il modo migliore per accrescere l'efficienza in un gruppo
è proprio quello di mutare i modi di agire dei membri.
Ronald Lippit e Ralph White (1960), ad esempio, condussero nell'ambito della scuola di Kurt
Lewin un'interessante serie di esperimenti per individuare le reazioni di un gruppo di lavoro a
seconda del comportamento del proprio capo. In particolare furono esaminate le reazioni del gruppo
a tre tipologie di leadership: quella "autoritaria", quella "permissiva" e quella "democratica". Nel
primo caso, il leader si comportava dirigendo i membri del gruppo con grande fermezza, assumendo
piena responsabilità nell'assegnare compiti ai membri, lodandoli e condannandoli arbitrariamente
senza spiegare il perché e senza delineare l'intero piano di lavoro. Le reazioni erano di due tipi, a
seconda della personalità che caratterizzava i partecipanti del gruppo. Quando essi avevano una
personalità "forte", la reazione era di tipo aggressivo e il gruppo mostrava un atteggiamento ribelle
verso il leader e verso gli estranei al gruppo. Quando invece i membri del gruppo erano dotati di
una personalità "debole", la reazione era di tipo apatico ed il gruppo mostrava una stretta
dipendenza dal leader accompagnata da una mancanza di rapporti di amicizia tra i membri e una
forte demotivazione al lavoro di équipe.
Nel caso di leadership "accomodante", il leader svolgeva una funzione prevalentemente passiva
lasciando al gruppo un'ampia libertà di comportamento. I membri del gruppo reagivano a questo
tipo di "guida" con scarsi risultati nel lavoro dovuti ad un forte sbandamento dell'attività del gruppo
ed all'assenza di coordinamento. Veniva a costituirsi così il "leader di fatto": uno dei componenti il
gruppo assumeva di fatto tale funzione, rendendo l'attività più coordinata, pur con i limiti dovuti ad
una mancanza di competenze e preparazione specifica.
Nel terzo caso infine, con un tipo di leadership "democratica" il leader favoriva discussioni e
decisioni di gruppo ponendosi allo stesso livello dei membri e delineava le fasi necessarie per
raggiungere gli obiettivi assegnati al gruppo rendendo partecipi i singoli componenti. In tal caso si
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riscontrava un lavoro costante con dei rapporti personali ed amichevoli e la presenza di un'elevata
motivazione a impiegare i processi di comunicazione in modo da servire meglio gli interessi e gli
obiettivi del gruppo.
Lippitt osservava che "la differenza fondamentale in questi tre tipi di leadership è l'allocazione della
funzione di formazione delle decisioni: questa viene individuata nel leader in caso di situazione
"autocratica"; nell'individuo, in caso di leadership "permissiva"; nel gruppo, in caso di leadership
"democratica".
Anche secondo Tannenbaum e Schmidt (1958) è possibile individuare una gamma di modelli di
comportamento che caratterizzano differenti tipi di leadership. In questo caso l'attenzione si
focalizza su due dimensioni, l'uso dell'autorità da parte del leader e l'area di coinvolgimento dei
membri del gruppo, la cui combinazione dà luogo a "stili di leadership" diversi. Agli estremi della
gamma si individuano due stili opposti (Figura 5).
Fig.5 - Un continuum degli stili di leadership
Leadership
partecipativa
Leadership
autocratica
(orientamento
al compito)
(orientamento
alle relazioni)
Uso dell'autorità da
parte del leader
Coinvolgimento dei
componenti del gruppo
Il leader
prende la
decisione e
l'annuncia
Il leader
"vende" la
decisione
Il leader
presenta
idee e
stimola le
domande
Il leader
presenta
una
possibile
decisione
soggetta a
modifica
Il leader
presenta il
problema,
raccoglie i
suggerimenti,
prende la
decisione
Il leader
definisce i
limiti; chiede
al gruppo di
prendere la
decisione
Il leader
permette ai
componenti
entro dei limiti
stabiliti dal
superiore
Il primo estremo è caratterizzato da un tipo di leadership (autocratico) nel quale il leader ricopre un
forte ruolo direttivo sia nel proporre gli scopi del gruppo sia nel pianificare e dirigere le attività dei
membri del gruppo. Il leader autocratico inoltre delega poche delle funzioni di leadership ai membri
del gruppo.
All'estremo opposto si trova invece un tipo di leadership nel quale il leader ha un ruolo
"permissivo", condividendo le funzioni di leadership con i membri del gruppo, incoraggiandoli a
partecipare alla definizione degli obiettivi ed alla pianificazione e direzione delle attività di gruppo.
Tra i due estremi é possibile individuare numerosi stili di leadership determinati dalla diversa
combinazione tra l'uso dell'autorità da parte del leader e il coinvolgimento dei componenti del
gruppo.
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Rensis Likert (1973) cercò di trarre dalle numerose ricerche sulla leadership e sugli stili ad essa
collegati una teoria generale giungendo alla conclusione che l'efficienza di un gruppo è tanto più
elevata quanto più partecipativo è lo stile di leadership adottato dal suo capo.
Quindi il leader di un gruppo deve essere scelto con estrema cura. La sua abilità direttiva e di
coordinamento dovrebbe essere talmente evidente che egli, con tutta probabilità, emergerebbe come
tale in qualsiasi situazione non strutturata. Per aumentare le probabilità di scegliere persone in
possesso di un'alta competenza nella leadership, l'organizzazione dovrebbe valutare il contesto di
riferimento, affinché possa operare una scelta su di una persona che presenti le caratteristiche
richieste.
Un altro aspetto essenziale del ruolo del leader di un gruppo è quello di stabilire dei collegamenti
tra i diversi gruppi dell'organizzazione e tra il gruppo e l'intera organizzazione. Il leader deve
evitare di concentrare il suo sforzo esclusivamente sul gruppo, perdendo contatto ed influenza con il
resto dell’organizzazione, ma al tempo stesso non deve essere polarizzato sul livello superiore
rischiando di perdere i contatti con il gruppo di appartenenza. Ad esempio, la funzione di
collegamento del leader fa di esso un punto essenziale delle comunicazioni ascendenti e discendenti
nell'azienda, comunicazioni sulle quali si articolano tutte le attività ad ogni livello. Un buon leader
deve essere capace di influenzare le decisioni del gruppo superiore, riportando in modo pertinente e
determinato le opinioni del proprio gruppo; deve al tempo stesso esercitare un'influenza notevole
sui componenti del proprio gruppo, in modo da integrare completamente gli obiettivi ed i
programmi in quelli più generali dell'azienda ed ottenere buoni risultati.
Il concetto di leadership è strettamente collegato a quello di potere, in quanto quest’ultimo può
rappresentare uno dei mezzi mediante il quale il leader influenza i suoi collaboratori o un gruppo di
lavoro.
John French e Bertram Raven (1959) definivano il potere come la potenziale capacità di modificare
conoscenze, comportamenti ed emozioni di un'altra persona. Gli stessi autori individuarono altresì
quattro principali tipologie su cui è possibile basare il potere nelle relazioni tra componenti di un
gruppo:
• Potere di gratifica o ricompensa, quando una persona percepisce che un'altra è in grado di
offrirgli una ricompensa (impiegato - capo ufficio).
• Potere coercitivo, quando una persona percepisce che l'altra può punirla (padre-figlio).
• Potere di legittimazione, quando una persona percepisce che un'altra ha un diritto legittimo di
imporgli la propria volontà, per esempio nel rapporto tra capo e subordinato.
• Potere della conoscenza, quando una persona percepisce che un'altra persona è in possesso di
specifiche abilità e conoscenze (tecnico specializzato e operaio generico) e ne accetta i
condizionamenti decisionali.
• Potere di guida quando una persona si identifica in un'altra e si riconosce ed immedesima nella
stessa. Un tipico esempio è dato dal collaboratore che imita il suo capo nei comportamenti o
nell'abbigliamento indipendentemente dalla relazione di autorità gerarchica formale. Questa
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forma di potere, per la sua stessa natura, può comprendere alcune delle altre tipologie
precedentemente illustrate.
La conclusione alla quale giungono French e Raven è che quanto maggiori sono le basi su cui un
individuo può fondare il suo potere, tanto maggiore sarà il potere che egli sarà in grado di
esercitare.
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Bibliografia per un approfondimento:
Bass B.M., 1975, Psicologia e guida degli uomini nelle organizzazioni, Angeli, Milano.
Fiedler F.E., 1967, A theory of leadership effectiveness, McGraw-Hill, New York.
Franco M., 1991,I piccoli gruppi strutturati. Impatto sui modelli organizzativi aziendali,
Giappichelli, Torino.
Hersey P., Blanchard K., 1984, Leadership situazionale, Sperling & Kupfer, New York.
Jaques E., 1975, .Autorita' e partecipazione nell'azienda, Angeli, Milano.
Likert R., 1973, Nuovi modelli di direzione aziendale, Angeli, Milano.
Lippitt R., White R.K., 1952, An experimental study of leadership and group life, in Swanson
Mercurio R., Testa F., 2000, Organizzazione. Assetto e relazioni nel sistema di business,
Giappichelli, Torino.
Muti P.G., 1986, Il lavoro di gruppo, Angeli, Milano.
Tannenbaum R., Schmidt W.H., 1958, How to choose a leadership pattern, in Harvard Business
Review, marzo- aprile.
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Istruzioni
Le seguente affermazioni descrivono alcuni aspetti del comportamento come capo.
Risponda a ciascuna voce in relazione al modo in cui più verosimilmente si comporta essendo
a capo di un gruppo di lavoro. Contrassegni con una crocetta "X" in corrispondenza di
ciascuna affermazione quale delle cinque alternative rispecchia meglio le sue modalità di
comportamento come capo:
- Sempre - Frequentemente - Occasionalmente - Raramente - Mai
1. Agisco come portavoce del gruppo
2. Incoraggio il lavoro straordinario
3. Consento ai miei collaboratori una completa libertà
4. Favorisco l'uso di procedure standardizzate
5. Lascio che i miei collaboratori ricorrano alla propria capacita di
giudizio nella soluzione del problemi
6. Cerco dl spingere il mio gruppo a primeggiare nei confronti degli altri
7. Parlo in nome del gruppo
8. Stimolo i miei collaboratori ad un rendimento maggiore
9. Sottopongo le mie idee al gruppo
10. Permetto che i miei collaboratori adottino le modalità di lavoro che
ritengono migliori
11. M'impegno a fondo per fare carriera
12. Tollero ritardi nell'esecuzione del lavoro e indecisioni
13. In presenza dl persone esterne parlo io in nome del gruppo
14. Mantengo un elevato ritmo di vita
15. Affido ai miei collaboratori un lavoro senza particolari prescrizioni e
li lascio liberi di procedere
16. Quando nel gruppo si verificano dei conflitti cerco di comporli
17. Mi lascio "sommergere" dai dettagli
18. Rappresento il gruppo in riunioni esterne
19. Sono riluttante a consentire ai miei collaboratori libertà d'azione
20. Decido io che cosa va fatto e come deve essere fatto
21. Faccio pressioni per aumentare la produzione
22. Delego a qualcuno dei miei collaboratori parte della mia autorità
23. Le cose vanno generalmente secondo le mie previsioni
24. Lascio al gruppo un alto margine di iniziativa
25. Assegno ai membri del gruppo compiti specifici
26. Sono orientato fare cambiamenti
27. Chiedo ai miei collaboratori di lavorare con più impegno
28. Ho fiducia nelle capacità di giudizio dei miei collaboratori
29. Programmo nei dettagli il lavoro da fare
30. Mi rifiuto di dare spiegazioni del mio operato
31. Cerco dl convincere gli altri che le mie idee sono per il loro bene
32. Permetto al gruppo di regolare ll proprio ritmo di lavoro
33. Incoraggio i miei collaboratori a superare gli standards di rendimento
raggiunti
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SFORM _________
SFORM _________
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34. Agisco senza consultarmi con il mio gruppo
35. Pretendo che i miei collaboratori si attengano a norme e regolamenti
precisi
Valutazione del proprio stile di direzione
C=
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SFORM _________
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P=
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Riportare sulla linea di destra il punteggio ottenuto per P, e su quella di sinistra il punteggio
ottenuto per C. Quindi, congiungere i due punti.
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