La terra senza maghi2
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La terra senza maghi2
La terra senza maghi Allaria, nelle Terre Mediane, dodicesimo secolo dopo le Torri “Tutte le ragazze sono egoiste.” Una storia di Gaia Alcuni mesi dopo… 2. Verenike si appoggiò al davanzale della finestra della grande stanza bianca ed osservò le onde lucenti frangersi in quieti marosi nella calda primavera del golfo di Allaria1. Le era andata ancora meglio di quando avesse preventivato quando, non sapeva più se per ribellione o semplice ripicca, aveva lasciato il mulino per andare alla Quinta Casa: se doveva andare a lavorare come una schiava o essere la concubina di un vecchio, si era detta allora, tanto valeva che andasse a fare la prostituta; almeno sarebbe vissuta nella Città, avrebbe indossato bei vestiti e sarebbe stata ragionevolmente libera. Ma quando era stata introdotta in quella casa nessuna delle più anziane, Dorato Fiore di Loto, Komuke2 o Berike3, aveva parlato di darle una “camera” o di metterla sulla strada. Avrebbe imparato altre cose, le avevano detto, era una delle poche fanciulle di campagna che quei tempi senza amore per l’arte avevano reso idonee a diventare un’artista, e poi, se avesse avuto il desiderio di diventare una vera danzatrice sacra lo sarebbe divenuta, altrimenti, le aveva detto con un sorriso Dorato Fiore di Loto, ci sarebbe sempre stato bisogno di una donna dalla cultura raffinata, come istitutrice delle fanciulle che andavano ai Templi per la loro istruzione o altro, non escludendo a priori il matrimonio con qualche cittadino, magari ricco, anche se quest’idea faceva venire a Verenike la pelle d’oca per il ribrezzo4. «Niko? Niko5? Dove sei, sai che dobbiamo leggere insieme, oggi!» Naomike6, figlia di una suonatrice della Casa, aveva due anni meno di lei, ma sapeva leggere e scrivere perfettamente, ed aveva letto quasi tutti i libri della biblioteca del Tempio. «Niko? Ah, eccoti! Guardavi il mare? Cosa c’è, qualcosa di interessante?» La ragazza scura dai capelli neri e crespi come molti abitanti della città si sporse dalla finestra, osservando le onde ed il porto con una curiosità famelica che ben presto fu frustrata. «Ma non c’è niente!» sbottò. Per alcuni tratti, sebbene la superasse così tanto in cultura da poterle fare da maestra, la giovane cittadina era più ingenua di Verenike. «So che ai ragazzi della Terza Casa piace guardare il mare in tempesta, ma oggi è calmo! Forse…» 1 Oggi il golfo di Allaria è un po’ meno vasto che ai tempi di questa storia, per colpa dei detriti portati dal fiume Allar, deviato dai khali per l’agricoltura. 2 Komuke significa “onda fuggente” 3 Berike significa “girasole”. Questo nome, assai poco comune, veniva spesso scelto dalle donne che abbandonavano il nome della propria famiglia per darsi all’arte. 4 Non era inusuale che le artiste si sposassero, anche se normalmente questo non coincideva con la professione di danzatrice sacra. I mariti non erano praticamente mai dei Signori, a meno che non volessero una quarta o quinta moglie, ma i cittadini potevano accettare volentieri una sposa che non fosse istruita nella Quarta Casa ma almeno portasse a casa qualche soldo. La posizione della sposa di un cittadino era, per una donna educata normalmente, assai preferibile a quella della moglie di un Signore o di un latifondista. 5 Usare il nome “Verenike” era considerato di cattivo augurio, così come altri. 6 Naomike significa “Stella Marina”. Anche questo era un nome che spesso veniva preso dalle donne che abbandonavano il nome della propria famiglia. Un lampo di malizia brillò negli occhi verdi di Naomike, che si portò le mani sui fianchi e guardò in tralice la sua giovane amica. «Stavi pensando a uno dei ragazzi della Terza Casa, non è vero? Dimmi chi è! E’ Arish? E’Hiss? Oppure… scommetto che si tratta di Less7!» «Non te lo dirò mai!» sbottò Verenike «Dovrai scoprirlo da sola chi è il ragazzo che mi piace!». «D’accordo!» sbottò Naomike guardandola con gli occhi neri brillanti di sfida, poi l’afferrò per un braccio e la trascinò fuori dalla stanza8. «Devi ancora imparare a leggere come si deve e a scrivere in un modo decente! Vuoi che Talen9 e le altre pensino che tu sia rozza e che io sia una pessima insegnante? E che mi dici di quel libro di Ushike Ranka10 che ti avevo prestato? Scommetto che non l’hai nemmeno sfogliato! Ma ti costringerò a leggere quattro interi capitoli di geografia, Verenike figlia di Magos… oppure a dirmi chi è il ragazzo che ti piace!» Non c’era nessun ragazzo, naturalmente; anzi, non molto naturalmente, perché Verenike sapeva che una sua coetanea già da un anno aveva iniziato una relazione con un ragazzo del Popolo Marino11, e ormai non mancava molto al giorno in cui il loro amore di adolescenti si sarebbe trasformato in qualcosa di più serio. Ma lei non aveva nessuno, neanche uno dei tanti giovani della città che le piacesse anche solo un pochino, e questo la faceva sentire maledettamente strana, soprattutto nella Casa delle artiste. Forse era troppo giovane come aveva detto Komuke quando le aveva espresso la sua preoccupazione, ma Verenike sapeva che c’era qualcosa che non andava, e questa strada l’avrebbe portata dritta dritta a fare la fine di Ushike, la donna che aveva scritto il libro prestatole da Naomike e che lei cercava disperatamente di leggere, una maestra fine e rispettata, ma che in tutta la sua vita non aveva mai fatto che dipingere, insegnare a delle ragazze della Casa delle artiste e scrivere libri pieni d’amore e di vuoto allo stesso tempo. E se Verenike era andata via dalla casa di Nar era stato, vedendolo con il senno di poi, anche per il desiderio di fare qualcosa di speciale, qualcosa che lei poteva e voleva fare, per vedere il mondo al di fuori di una casa e di un villaggio. 7 Mentre i nomi femminili tendevano ad avere un significato non sempre era così per i nomi dei maschi, soprattutto se fin da piccoli erano stati consegnati alla Terza Casa per seguire la carriera di soldato. Mentre Arish significa “Delfino”, infatti, gli altri due sono stati concepiti appositamente per poter essere pronunciati velocemente in un ordine. Spesso i bambini consegnati alla Terza Casa erano figli illegittimi dei Signori, oppure i figli delle mogli di minore importanza, che i padri consegnavano ai soldati senza dar loro nome, prima che compissero due anni di vita, perché non insidiassero il rango dei figli più importanti. 8 L’aspetto fisico di Naomike può essere quello di una cittadina, ma è notevolmente simile a quello di una appartenente all’etnia dei Signori. 9 “Talen” è l’abbreviazione familiare di Dorato Fiore di Loto. 10 Ushike Ranka, “Sottile Raggio della Luna Nascente”, autrice anche di alcuni libri per le ragazze della Quinta Casa, era una pittrice su stoffa. Le artiste venivano incoraggiate ad ogni arte. Come l’arte della profezia, anche le arti estetiche venivano di solito riservate alle donne, perché gli uomini servissero i Signori in modi considerati più produttivi e più consoni. Ciò non toglie che esistessero anche artisti maschi, che a volte venivano istruiti di nascosto nella Quinta Casa. 11 Il Popolo Marino sono i Kalisi, che ancora conservano questo nome. Le leggi dei Signori vietavano loro di insediarsi ad Allaria, ma poiché erano utili per i loro contatti commerciali potevano fermarsi al porto, purché ripartissero una volta terminati i loro affari. Oltre qual mare, magari, come le artiste facevano quando compivano i loro viaggi avventurosi, come aveva fatto Dorato Fiore di Loto, una donna dal nome tanto esotico da aver bisogno di un soprannome, arrivata a una terra oltre il mare, in quello che la donna chiamava soltanto “il lontano nord”. Naomike la stava tirando per la manica come una maestra bambina, ed era quasi riuscita a sfilarle il vestito quando, proprio nel mezzo del corridoio lungo cui la stava trascinando apparvero come dal niente due figure. La ragazza bruna scattò e le tirò su la manica, per poi ravvivarsi i capelli e far brillare sul suo volto uno splendente sorriso. Che certo non era diretto a Komuke. «Eccole qui, dunque, le mie care fanciulle.» disse la donna con l’accento dell’occidente12 «Credo che voi due ancora non vi conosciate… questo è Guantalas13, Niko. Lei è Verenike, l’ultima arrivata della nostra Casa..» «Mi avevano detto che eri molto carina, ma dovresti arrabbiarti con loro perché ti sminuiscono.» iniziò il ragazzo, quindi sorrise. Era bello, pensò Verenike, o meglio si poteva dire ed ammettere che fosse splendido, perché per lei non era che un uomo, ed anche la sua dolce voce ed i suoi complimenti non potevano che annoiarla. «E a me non dici niente?» protestò Naomike «Eppure è da parecchio che non mi vedi!» «Sai che non è stata colpa mia, Sereni14…» Naomike sorrise di nuovo; il sorriso di una dea, si disse Verenike, il sorriso della dea della bellezza e dell’amore che desiderava tanto servire. Era come avvolta da un alone di luce, ed era chiaro che anche Guantalas conosceva quella luce e si faceva illuminare da lei con tutto il suo cuore. Forse non erano propriamente amanti, se non altro perché lei era troppo giovane per gli standard della Città, ma certo fra di loro c’era qualcosa che rasentava la perfezione. Se prima non era stato che un bel giovane senza particolare fascino adesso Guantalas sembrava a sua volta risplendere di luce divina. «Adesso io devo andare, devo fare una cosa.» disse bruscamente Verenike, e, con una rapida ed aggraziata rotazione sui tacchetti dei sandali, si precipitò giù per le prima scale che le riuscì di trovare. 12 L’influenza di Allaria si spingeva così ad ovest da toccare l’Altopiano di Thalia, e perciò esistevano nel suo territorio varianti dialettali. 13 Guantalas è un nome di Kalisi, e come tutti gli altri, se un tempo anche aveva un significato, adesso non è più così pregnante. 14 Sereni significa “Stella Marina” nella lingua dei Kalisi. Dare un nome della propria etnia ad una donna di un’altra etnia significava avere delle intenzioni molto serie nei suoi confronti. 3. Verenike aveva sempre avuto fretta, fretta di crescere ed adesso di entrare nella società, non importava se come danzatrice sacra, pittrice o cortigiana, ma rimanere con Naomike, Guantalas e Komuke la faceva star male troppo profondamente per ignorarlo e cercare di inserirsi nella conversazione. Non si rese conto neppure di dove stava andando finché non vide davanti a sé una delle ampie terrazze sul mare e si appoggiò al parapetto ansimando. Chinò il capo sulle braccia e per la prima volta dopo tanto tempo sentì che aveva voglia di piangere. I suoi capelli rossi, lo sapeva, erano diventati preda della brezza fresca e salata che li faceva sventolare contro il mare ed il cielo immensamente azzurri come uno stendardo della bellezza. Lei era bella, ne era consapevole, Guantalas non aveva assolutamente esagerato con il suo sciocco complimento da marinaio istruito, lei era molto più bella di Naomike, i suoi capelli erano più belli, lo erano i suoi occhi, la sua pelle, il suo corpo. Ed era anche molto meno bambina di quella mocciosa. Eppure la mocciosa dalle gambe troppo magre e gli occhi insignificanti era capace di far pensare a una dea e lei no; avrebbe potuto provarci, avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, schiarire ulteriormente i suoi capelli, valorizzare con trucchi e cosmetici la sua bella pelle e gli occhi violetti, ma anche se tutti gli uomini della grande città le fossero corsi dietro con le mani ricolme di perle e grani d’oro lei sarebbe sempre stata solo una bella donna. «Piccola, che cos’hai?» Verenike non aveva pianto veramente, e ne fu felice quando si voltò verso Komuke. Anche Komuke era bella ed ancora giovane, ma era più vicina a lei, era solo un’esile donna raffinata dai capelli color terra ed il trucco e l’acconciatura perfetti. «Verenike, è per qualcosa che abbiamo fatto noi?» chiese Komuke. «Naomike. Non mi piace.» Era una menzogna, una vera menzogna. Naomike le piaceva abbastanza, in fin dei conti; ma una bugia era tutto ciò che voleva dire, perché sebbene le piacesse non poteva certo dire di amarla. E se non amava e non riusciva ad essere indifferente, allora poteva e voleva soltanto odiare. Komuke guardò la ragazza e poi il mare. «Forse capisco.» sospirò. «Non voglio essere come lei, non mi piace. Tutti quei libri polverosi, quelle storie senza senso, tutta quella… come si chiama?» «Filosofia.» «Non ha niente a che fare con… non ha niente a che fare con me!» Certo non poteva dire che lei voleva solo molti soldi e fare tutto quel che voleva, non era una bella cosa da dire in una Casa dei Sette Templi. Verenike si voltò per un attimo verso il mare. Forse sarebbe stato meglio se avesse accettato quella proposta di matrimonio che nascondeva sotto tante altre cose che quei poveri ingenui di sua madre e del suo rude patrigno non potevano sapere né immaginare. Quando le era stato riferito della proposta di quell’uomo le erano venuti i brividi e si era subito rifiutata, ma forse era stata una sciocca a non accettare. Lo aveva fatto altre volte ed avrebbe potuto benissimo farlo di nuovo. Adesso, però, era troppo tardi: la Casa aveva già mandato dei soldi al suo patrigno, molti soldi le avevano detto, ed era anche probabile che colui che veramente l’aveva voluta avesse già trovato un’altra ragazza carina e fin troppo disponibile da far sposare al suo miserabile figlio. «E Naomike me lo fa pesare così tanto… dice che sono una contadina e che tale rimarrò qualunque cosa faccia, mi corregge sempre e mi fa sentire così stupida…» «Naomike dice questo?» «Sì, ma io non credo di essere così rozza e poco intelligente.» «Non sapevo che fosse così superba. Mi dispiace molto.» Com’era possibile che le credesse? Era solo una bugia dettata dal rancore, ma come era possibile che fosse stata così convincente? Forse, pensò Verenike guardando il proprio seno ormai adulto che sollevava magnificamente la veste di seta azzurra, lo stesso fatto che lei fosse per tutti la figlia del mugnaio sembrava escludere da ciò che poteva dire o fare ogni traccia di malizia. Quella sera stessa, subito dopo la bugia, Naomike era stata punita. Verenike non aveva il minimo rimorso per questo, anzi, il pensiero della punizione che le era stata inflitta l’aveva soltanto fatta ridere, perché non si era trattato né di schiaffi né di colpi di frusta né delle “punizioni” che si divertiva ad infliggere a lei il latifondista quando il suo riso ed il suo orzo venivano macinati in ritardo o se ne perdeva un po’ e Nar mandava semplicemente il maggiore dei suoi garzoni a presentare le sue scuse. Quell’idiota non aveva mai pensato che non da tutti quel particolare garzone potesse essere considerato un garzone15. Ad ogni modo tutto ciò che avevano fatto a quella splendidamente odiosa ragazzina era stato toglierle l’allieva che aveva avuto problemi con lei con la scusa che Verenike era troppo grande per averla come insegnante e che ormai sapeva già leggere e scrivere. Nonostante tutto, pensò spassionatamente la ragazza, la piccola principessina aveva fatto un buon lavoro: in pochi mesi le aveva insegnato quello che nessuno aveva fatto in quasi sedici anni. Qualcuno poi aveva anche detto che Naomike era ancora troppo giovane ed immatura per ricevere l’Iniziazione, e per quello sembrava che la mocciosa avesse sofferto parecchio, più che per aver perso l’allieva. 15 L’errore di Nar è in realtà meno idiota di quanto lo consideri Verenike, perché normalmente le figlie dei contadini, soprattutto se molto giovani, non venivano considerate donne degne di attenzione dai Signori ed i loro diretti sottoposti, i latifondisti, perché considerate creature rozze e simili a maschi. In fondo non era proprio perfetta come le era sembrata e come l’aveva odiata, non era che una ragazza egoista ed arrivista, proprio come lei. Probabilmente tutte le ragazze lo erano.