Didattica del Diritto privato_metodologia e modelli d`insegnamento

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Didattica del Diritto privato_metodologia e modelli d`insegnamento
R.SCAGLIONI
4. Metodologie e modelli d’insegnamento per il diritto privato
4 Metodologie e modelli d’insegnamento per il diritto privato
(IV lezione del corso di Didattica del Diritto Privato)
On line
GUIDELINE
Mappa concettuale
Contesto d’apprendimento
Nodi disciplinari
Competenze obiettivo
Metodologie d’insegnamento
Valutazione
Programmazione didattica
IL CASO: Cronaca di una giovane insegnante di sostegno alla sua prima esperienza1
Il mio primo giorno è cominciato con due ore in una classe quarta. L’impatto è stato forte, mi
sono trovata di fronte ad una realtà che non immaginavo, forse non ricordavo: classica lezione
frontale cattedratica (e fin qui nulla di strano), studenti attenti, in totale silenzio, partecipativi,
interessati. Non so, forse la lontananza dall’ambiente scolastico e questi “media” che ci
propongono una scuola sempre più assimilabile ad un riformatorio piuttosto che ad un
ambiente votato all’apprendimento e alla cultura, mi avevano preparata al peggio. E invece?
Sembrava del tutto simile ad un contesto universitario, a quei corsi frequentati da poche
persone che stimolano l’atteggiamento partecipativo. A dire la verità la docente era la classica
prof. vecchio stampo. Spiegava “a braccio” argomenti di una certa complessità che
sembravano compresi dai più. Erano due ore di economia su una buona parte del programma
già svolto dopo poche settimane. L’insegnante aveva appena consegnato il compito corretto.
La prova era di sola teoria ed era andata complessivamente bene. La lezione era poi proseguita
1
Liberamente adattato da uno scritto su un’esperienza reale di una specializzanda iscritta ai corsi ordinari
SSIS
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con la spiegazione frontale. Fatto sta che la classe dava l’apparenza di essere una “classemodello”. Ero a tratti intimorita da cotanta attenzione e partecipazione, tanto più che (ahimè
confesso) gli argomenti spiegati dalla docente a tratti erano ostici persino per me.
Con il passare del tempo scoprii una situazione impensabile quel primo giorno. Ebbi modo di
parlare con i ragazzi, i quali vedendomi forse quasi come una loro coetanea e disponibile al
dialogo mi misero di fronte le loro critiche. Scoprii che più di metà della classe andava a
“ripetizioni” e alcuni di loro si sfogarono con me nel dirmi che la professoressa (tra l’altro alla
fine della sua carriera di insegnante) aveva un atteggiamento autoritario che non permetteva
loro di esprimere perplessità circa le modalità di insegnamento. Capii sin da subito, ed ebbi
modo di verificare poi, che la docente era preparata e aveva alla spalle molta esperienza ma
che non aveva una visione didattica del suo sapere. Per non parlare delle ore in laboratorio
d’informatica (che in quella scuola erano previste in quasi tutte le discipline scientifiche),
durante le quali i ragazzi erano lasciati completamente in balia di loro stessi. Fu proprio
durante le ore di laboratorio che ebbi modo di parlare con loro. Mi accorsi che la loro
attenzione era apparente e potei constatare che commettevano numerosi errori che non
venivano sistematicamente corretti. Quando chiesi: “Ma la professoressa non passa a
correggere?” Mi risposero che passava a chiedere come procedeva il loro lavoro, ma che di
computer la “prof.” non capiva un gran chè e che di casi concreti non ne avevano mai
affrontati in classe.
4.1
L’approccio metodologico: il “come” dell’insegnamento
Guideline
Nella lezione precedente sono state individuate le competenze che costituiscono gli obiettivi
d’apprendimento dell’insegnamento del diritto privato nella scuola secondaria superiore.
Riprendendo una delle domande guida formulate all’inizio del corso con la quale ci si chiedeva
quali fossero le strategie per impostare e condurre l’azione didattica destinata agli adolescenti
in ambito scolastico, ci si appresta ora a riflettere sul metodo d’insegnamento nella didattica e
a passare in rassegna alcune opzioni metodologiche cui si può fare riferimento per essere
efficaci nell’insegnamento del diritto privato.
Si è già avuto modo di dire come oggi l'insegnamento sia un processo incentrato sul discente e
sul contesto in cui egli vive ed opera. Tale visione pone al centro della fase di apprendimento
non solo, e non tanto, i programmi e le discipline di studio, ma anche - ed anzi soprattutto - i
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giovani, che devono essere aiutati a crescere e a diventare persone complete, sul piano
culturale, sociale e professionale2.
Affinché ciò avvenga, è necessario che il docente abbia ben presente il suo ruolo e la sua
funzione3, che consiste non solo nell'aiutare gli studenti ad acquisire una certa padronanza in
ordine alle conoscenze del curricolo tradizionale, ma anche nel creare un ambiente sociorelazionale capace di favorire e promuovere un apprendimento significativo4. Il docente deve
essere in grado di condurre il discente ad una comprensione profonda e non superficiale della
disciplina; circostanza che nell’ambito delle scienze pedagogiche si ritiene possa essere
perseguita attraverso la creazione di un ambiente sociale capace di favorire i processi di
apprendimento per ricerca ed euristici. Lo sviluppo delle competenze sociali dei discenti è
quindi alla base della qualità dell’apprendimento da essi stessi conseguito: apprendere, in
sostanza, non è un’esperienza individuale, ma è un’esperienza di relazione.
4.2 L’interazione sociale nell’apprendimento
L'interazione
fra
i
soggetti
costituisce,
come
detto,
un
requisito
indispensabile
per
l'apprendimento. L’esperienza sociale veicola un potenziale didattico che l’insegnante è
chiamato a valorizzare: il ché significa non tanto che il docente deve favorire la socialità fra i
soggetti - compito
questo maggiormente sentito nei cicli scolastici dall’infanzia alla
preadolescenza - quanto piuttosto che egli deve partire dal dato di fatto che detta socialità
esiste, per così dire, in natura e che, di conseguenza, va promossa e potenziata nella sua
attitudine a facilitare i processi d’apprendimento. La socialità diventa in questo modo
strumento
di
conoscenza,
potenziale
cognitivo,
catalizzatore
d’apprendimento.
Questa
riflessione porta ad un capovolgimento di prospettiva dell’insegnamento, molte volte infatti, la
scuola superiore considera il dato sull’attitudine alla socialità dei discenti come un qualcosa di
separato dalla dimensione cognitiva. È necessario invece sfruttare la socialità già esistente fra
gli individui per potenziare le loro competenze cognitive.
L'apprendimento, infatti, è un processo prima di tutto intersoggettivo, in quanto nasce e si
sviluppa attraverso l'interazione sociale (informazioneÆ docente ÅÆ mezzo ÅÆ discente), per
poi essere fatto proprio sul piano individuale, privato, intrasoggettivo. È allora chiaro che il
docente, se vuole favorire l'apprendimento, deve diventare ideatore, costruttore e facilitatore
di situazioni sociali: l'apprendimento, se vuole essere significativo, deve prima essere
2
Quando quest’ultimo obiettivo sia compreso negli obiettivi del piano di studi superiori (istituti tecnici e
professionali)
3
La questione che si pone in questo ragionamento è la nota dialettica fra la funzione di trasmissione di
saperi e di mediazione didattica
4
Umberto Tenuta sostiene in un suo scritto: “La scuola deve porre come suo obiettivo prioritario,
essenziale, fondamentale, la promozione della gioia di imparare e di fare, la gioia di autorealizzarsi, la
gioia di vivere” , La gioia di imparare / La gioia di insegnare; Le Fotografie a colori dei nostri alunni, Il
Bisogno di Autorealizzazione, in Metodologia&Didattica: http://www.edscuola.it/archivio/didattica/index.html
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sperimentato insieme5 per poi essere, in un secondo momento, interiorizzato da ciascun
soggetto.
Secondo Kaye6 (1991), “collaborare” (co-labore) vuol dire lavorare insieme, il che implica una
condivisione di compiti, e una esplicita intenzione di "aggiungere valore" - per creare
qualcosa di nuovo o differente attraverso un processo collaborativo deliberato e strutturato, in
contrasto con un semplice scambio di informazioni o esecuzione di istruzioni. Un'ampia
definizione di apprendimento collaborativo potrebbe essere l'acquisizione da parte degli
individui di conoscenze, abilità o atteggiamenti che sono il risultato di un'interazione di gruppo,
o, detto più chiaramente, un apprendimento individuale come risultato di un processo di
gruppo….7
Per verificare in modo empirico ma efficace la validità di quanto asserito si è strutturata la
verifica descritta nella scheda che segue:
A scuola
Si è scelto di affrontare il medesimo argomento affidato alla stesso docente in tre classi
parallele classe V-A, V-B, V-C. La classe V-A ha risultati d’apprendimento nel primo
quadrimestre mediamente migliori di un punto decimale rispetto alla V-C che dimostra
problemi di profitto più evidenti rispetto alle altre due. La V-B si colloca a metà strada:
V-A voto medio I Quadrimestre: 7; insufficienze: 0 ; voti uguali o superiori a 8: 32%
V-B voto medio I Quadrimestre 6,7; insuff.: 6, di cui 1 grave; voti uguali o sup. a 8: 29%
V-C voto medio I Quadrimestre 6; insuff.: 7, di cui 5 gravi; voti uguali o sup. a 8: 23%
Alle classi V-B e V-C viene assegnato un lavoro di gruppo sullo stesso modulo didattico; le
classi vengono divise in gruppi e ogni gruppo si deve occupare di una parte definita dal
docente; ciascun gruppo deve preparare un abstract e una sequenza di domande (chiuse e
aperte) per verificare quanto appreso: la collaborazione deve produrre un risultato concreto.
Infine ad uno studente per ciascuna di queste due classi viene dato il compito di sintetizzare i
diversi abstract in un unico documento che sarà la “tesina” sul tema affrontato. La prova di
verifica sarà una prova strutturata costruita sulla base delle tesine preparate e delle domande
formulate.
La classe V-A rappresenta il gruppo di contrasto: in questa classe, quella con risultati di
profitto mediamente più alti, un gruppo di tre volontari saranno i soli che si occuperanno di
fare un lavoro per l’intera classe e che esporranno in una lezione tenuta da loro e supportata
5
L’insieme interpersonale minimo è costituito dalla coppia docente-discente (riprodotta anche nel
rapporto fortemente mediato fra autore-lettore di un testo).
6
Kaye A. R., Learning Together Apartn Proocedings of the NATO Advanced Research Workshop on
Collaborative Learning and Computer Conferencing, Series F.: Computer and System Sciences. vol.90,
Springer-Verlag, Berlin, 1991
7
Corso Principi della Didattica e dell’educazione Ambientale – SSIS Veneto, 2001
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dal docente, con l’utilizzo di slide in ppt che avranno precedentemente predisposto. Tutti gli
altri quindi avranno un’esperienza di apprendimento individuale.
Prima della prova strutturata (del tutto analoga nelle tre classi) viene consegnata a tutti la
dispensa risultante dal lavoro di tutte e tre le classi, che il docente ha avuto cura di omologare
in un’unica versione. Alla prova di verifica le tre classi arrivano quindi in condizioni diverse, in
particolare la V-A ha avuto modo di apprendere con maggiore attenzione alla lezione frontale e
non ha prodotto (se non per il gruppo di tre studenti che ha svolto l’approfondimento) alcun
materiale, ma ha studiato sulla stessa dispensa; le altre due con maggior investimento in
lavori di gruppo e con la produzione di materiali originali sia come relazione che come
domande di verifica.
Risultati della verifica:
V-A (la classe che partiva con prerequisiti migliori): voto medio 6,2; voti almeno 8: 0 %
V-B : ………………………………………………………………………….voto medio 6,9; voti almeno 8: 21%
V-C (la classe con maggiori problemi di profitto):….voto medio 6,3; voti almeno 8: 16%
La classe con livelli di partenza migliori ha conseguito i risultati più modesti, non solo nei valori
medi, ma anche nelle prove migliori, superata anche dalla classe che aveva i maggiori
problemi di profitto. Le difficoltà per la classe potenzialmente migliore si sono riscontrate nel
rispondere a domande che richiedevano l’applicazione, insieme ai saperi formali conseguiti, di
alcuni saperi ingenui che facilmente potevano essere utilizzati per effettuare analogie,
collegamenti raffronti.
Quali sono allora le scelte che l’insegnante deve fare per promuovere le situazioni d’aula che
meglio possono favorire l’apprendimento in ambiente sociale?
Atteggiamenti educativi che
vanno in questa direzione sono: predisporre strategie e metodologie interazionali nel gruppo
classe; prendere decisioni in base al feedback intersoggettivo; adattare gli interventi al mutare
delle situazioni; risolvere al meglio eventuali conflitti e tensioni createsi all'interno della classe;
organizzare lezioni che stimolino l'attenzione e l'interesse degli studenti sollecitando i diversi
stili cognitivi; cogliere ed interpretare i segni di situazioni di disagio o le cause di
comportamenti scorretti; esprimere uno stile comunicativo e relazionale idoneo a rendere lo
studente promotore, artefice e regolatore del proprio apprendimento.
4.3
Obiettivo-contenuto-metodo: le scelte dell’insegnare
Nella lezione precedente, sulla base dei dati assunti in relazione al contesto d’apprendimento
ed ai nodi disciplinari, è stato possibile ipotizzare una serie di conseguenze sullo sviluppo della
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disciplina per il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento, espressi nelle competenze che
concorrono a formare il profilo educativo, culturale e professionale specifico di ogni indirizzo di
studi. Tali conseguenze possono essere disposte in forma di tavola di programmazione a
lettura differenziata: nodo-contesto-obiettivo vs. obiettivo-contesto-contenuto-nodo.
Alla matrice nodi-contesto-obiettivi/competenze è ora il momento di affiancare le azioni e le
metodologie per realizzarle.
PROBLEM POSING
-
Di quale processo, di quale risultato è responsabile il docente di Diritto?
-
Di quale processo si fa carico l'insegnante quando lavora in classe?
E di quale processo si
fa carico quando chiede qualcosa alla classe?
Se
l’insegnante,
ad
esempio,
focalizza
la
sua
attenzione
prevalentemente
sull'esito
dell'interrogazione, della verifica scritta o dell'esame finale (voto) la sua azione sarà volta8 non
tanto
al conseguimento di un apprendimento significativo - che è il fine ultimo a cui ogni
insegnamento dovrebbe tendere e condurre, e che è certamente misurabile con il “voto” quanto piuttosto ad una riproduzione, da parte del discente, di ciò che si è imparato, senza la
presa in considerazione di alcun processo di rielaborazione, anche critica, del materiale
appreso9.
Quella che ci si è posti è una domanda chiave per comprendere la questione metodologica, che
è, più d’ogni altra, frutto delle scelte didattiche del docente. Scelte spesso esercitate
disponendo di un limitato spettro di possibilità, a causa della fisiologica tendenza a riprodurre
l’impostazione accademica frontale, che ancor oggi costituisce, specialmente nelle discipline
giuridiche, il principale modello di riferimento per l’insegnamento.
Detto questo è allora possibile riformulare l'interrogativo posto in precedenza, chiedendosi più
propriamente:
PROBLEM POSING
-
Di quale processo, di quale risultato è responsabile il docente di Diritto?
-
Quali scelte didattiche riescono a far sì che l'apprendimento sia significativo?
-
In dette scelte e nel risultato che ne consegue, che ruolo hanno il metodo e la valutazione
(prossimo modulo)?
8
Qui si estremizza la situazione per meglio comprendere il processo mentale di attenzione
E’ noto a tutti gli studenti, e a tutti i genitori di studenti – si confida sia noto quindi anche agli
insegnanti – che è meglio dire ciò che l’insegnante vuole che si dica, piuttosto che dire ciò che è frutto
delle proprie riflessioni, anche critiche, anche errate.
9
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4.4
4. Metodologie e modelli d’insegnamento per il diritto privato
La metodologia didattica: significato e caratteristiche
nell’insegnamento del diritto privato
Metodo e programmazione didattica
PROBLEM POSING
Cosa sono i metodi didattici?
I metodi didattici rappresentano modalità procedurali (messe in atto dal docente) per
agevolare l’apprendimento significativo di quanto egli offre attraverso l’attività d’insegnamento
E cos’è la metodologia?
La metodologia è il “parlare”, il “discutere”, il “riflettere su”, il “tener conto dei” METODI
Sostenere che i metodi didattici rappresentano modalità procedurali messe in atto dal docente
per l'apprendimento significativo, equivale a sostenere che l'impostazione metodologica
caratterizza in modo decisivo la proposta complessiva del docente di contenuti e metodi, di
valori e strategie, di visioni del mondo e tecniche operative10.
Sotto questo aspetto, la metodologia è strettamente legata alla programmazione e, si può dire,
ne determina le scelte a tal punto che è difficile stabilire quale delle due venga prima, e quale
dopo:
PROBLEM POSING
-
Si programma in un certo modo perché si padroneggia un determinato metodo o si sceglie
un metodo perché si è deciso di programmare in un certo modo?
-
E ancora: come fa un docente a programmare se non conosce a fondo la gamma dei
metodi da utilizzare? E come è possibile usare un metodo se non si è prevista una
programmazione che lo organizzi e lo scandisca temporalmente?
L'impostazione metodologica, quindi, non afferisce solamente all'azione del presentare
adeguatamente i contenuti, ma riguarda anche le scelte relative al cosa far fare (materiali-
10
Tessaro F., Corso “Processi e metodologie dell’insegnamento” , SSIS Veneto
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4. Metodologie e modelli d’insegnamento per il diritto privato
task) ai destinatari dell'azione formativa, al ruolo di docente e discenti nel processo
d’apprendimento, al come verificare e valutare il raggiungimento degli obiettivi
(perché la
programmazione della valutazione determina le scelte operative funzionali a perseguire un
certo obiettivo), alla motivazione da dare per il raggiungimento di quell'obiettivo (efficacia del
processo di apprendimento/insegnamento).
Metodologia e mediazione interpretativa dell’insegnante: due approcci distinti
Per determinare queste scelte è di centrale rilevanza, ancora una volta, la questione della
mediazione didattica11, che è anche mediazione interpretativa e passa attraverso la personale
percezione che il docente/mediatore ha del suo ruolo e della funzione della disciplina insegnata
nella formazione degli studenti.
E’ così allora che se:
Æ il diritto è un insieme di norme istituite dal legislatore, ciascuna correlata in modo più o
meno organico alle altre, tutte insieme costituenti l’ordinamento giuridico,
sarà richiesto ai discenti di conoscere il contenuto della norma per poterlo utilizzare nella vita
lavorativa o nello studio universitario successivo alla scuola superiore.
Un
apprendimento
di
questo
tipo,
che
potremmo
definire
riferibile
al
principio
dell’utilità/spendibilità/concretezza dei saperi, sarà maggiormente orientato all’aspetto tecnicogiuridico.
Gli approcci metodologici saranno verosimilmente in questo caso:
A. in un quadro di apprendimento deduttivo, la lezione frontale seguita dalla lettura della
norma e da esemplificazioni e casi pratici, sul modello della lezione accademica;
B. in un quadro d’apprendimento induttivo, l’analisi dei casi, delle sentenze e degli atti
normativi, per cogliere le implicazioni procedurali e strumentali, seguite dalla lezione che
illustra nel dettaglio i processi da mettere in atto per il rispetto delle disposizioni
precettive.
L’apprendimento, con l’approccio di tipo deduttivo (ipotesi A.) sarà per lo più impersonale: il
discente condurrà la propria esperienza d’apprendimento
sul terreno della solitudine;
l’insegnante trasmetterà le nozioni e gli allievi le apprenderanno, molto spesso in modo
passivo.
Nella seconda ipotesi, apprendimento induttivo, lo strumento dello studio di caso, sentenza,
atto, risulterà certamente meno impersonale, ma, in questa visione della funzione del diritto,
sarà quasi sempre uno studio guidato dal docente o dal libro di testo12. Di fatto anche qui il
discente conduce l’esperienza di apprendimento sul piano della terzietà, nella non soggettività,
11
Cerri R., 2005, op.cit.
Il docente presenta un caso e guida la classe alla sua soluzione, per tentativi e correggendo eventuali
errori di percorso in una lezione che è sì dialogata, ma con una forte componente direttiva, si priva in
questo modo il discente di procedere per scoperta.
12
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difficilmente si sentirà autore del proprio apprendimento, più facilmente si sentirà spettatore,
nella migliore delle ipotesi spettatore partecipe.
Un’alternativa a questi approcci è quella di rendere lo studio del diritto più aderente alla realtà
che lo studente e l’insegnante vivono, partendo dalla constatazione che
Æ la vita è fatta molto spesso di diritto il quale è presente in molti aspetti della nostra esistenza,
e pone questioni fondamentali, offre delle risposte, a volte anticipa e a volte rincorre i tempi.
Il diritto diventa allora vivo e stimolante ricco di quelle risposte che negli adolescenti nascono e
prepotentemente escono come una sorta di esigenza, quasi fisica, di capire il mondo13.
4.5
La funzione della metodologia didattica nell’insegnamento del diritto
privato
La funzione principale della scelta metodologica è quindi quella di rendere vivo e stimolante il
diritto.
Vivo perché permea la vita della società civile, stimolante perché pone tutti di fronte a
domande che indagano il senso profondo delle cose.
QUESTIONS
Cosa regola le situazioni di maggior disagio (ingiustizie, abusi, violenze) se non il diritto; in
base a quali accordi sono stati raggiunti traguardi quali la pace, la democrazia, la libertà di
pensiero e d’espressione, il progresso scientifico regolato sull’uomo, se non in base ad un
diritto che ne definisce le regole e ne delimita gli abusi? Come si potrà intervenire per regolare
i complessi e articolati processi d’industrializzazione e di consumo di massa che stanno
mettendo a dura prova la sostenibilità del progresso umano, se non con il diritto?
Di fronte a questi argomenti non c’è adolescente né adulto capace di restare insensibile; in
modo più o meno efficace si riescono a toccare le “corde” della motivazione di fondo che
13
G.Zagrebelsky-G.Oberto-G.Stalla-C.Trucco,Compendio di Diritto, Guida per l’insegnante Le Monnier p.3 ss.
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4. Metodologie e modelli d’insegnamento per il diritto privato
muove al bisogno di conoscenze, al bisogno di colmare distanze culturali e sociali avvertite
quando il discente viene messo di fronte a queste realtà. Qui sta l’immenso fascino e la
capacità di seduzione della disciplina giuridica che è norma perché è costretta ad esserlo, in
quanto deve necessariamente essere codificata14, ma è, insieme, svelamento di un valore e di
qualcosa
che
è
profondamente
connaturato
all’esistenza
umana.
Senza
sconfinare
nell’insegnamento della filosofia del diritto è comunque possibile appassionare alla disciplina
giuridica riconducendo il sapere giuridico alla sua ragione d’esistenza.
La metodologia didattica ha, quindi, la funzione di creare le condizioni, interne ed esterne al
discente, che attivano e facilitano le operazioni intellettuali necessarie per assimilare e
riorganizzare i contenuti nella propria struttura cognitiva”15.
Ciò avviene ad esempio, quando si pone allo studente una domanda capace di suscitare degli
interrogativi, capace di far emergere dei bisogni fino a quel momento inespressi (condizioni
interne) o quando in classe si utilizza il computer, il videoproiettore, internet per far navigare
gli studenti sui siti web del Parlamento Italiano o delle raccolte delle sentenze su casi
realmente accaduti (condizioni esterne);
o, ancora, quando si accompagna la classe ad
assistere ad un processo penale (condizioni esterne) o si assiste ad un question time
videotrasmesso su un tema che sia, o che sia stato (in registrata), vicino agli studenti, o
ancora quando si segue una ricostruzione di un caso di abuso o ingiustizia di particolare
interesse16.
Se si analizzano gli esempi appena illustrati, è facile intuire che la metodologia non può, di per
se stessa, trasferire conoscenze e dunque contenuti, essa può invece creare e/o favorire le
condizioni grazie alle quali le conoscenze si trasformano in apprendimento significativo, in
competenza, in atteggiamento, in comportamento, in padronanza.
Il metodo didattico deve porsi quindi l’obiettivo di riuscire nella difficile impresa di mobilitare il
discente a mettere in gioco le competenze che ha già disponibili ed a mettere alla prova le
proprie capacità di elaborare soluzioni a problemi nuovi: qui si gioca sulla leva motivazionale in
forza della quale il soggetto che apprende viene spinto - usando anche il desiderio, il piacere,
l'agio in situazione - a mettersi in discussione. Il che vuol dire anche usare le proprie capacità
di ascolto, collaborare con gli altri per un risultato comune, risolvere problemi,
rimuovere
ostacoli.
14
Il problema della codifica è uno dei temi che più si presta ad un lavoro interdisciplinare con la lingua
italiana (ma anche in alcuni passaggi di diritto comparato con le lingua straniere)
15
Si pensi, come già detto, al ruolo giocato dai saperi spontanei od ingenui ed all'incardinamento dei
saperi scientifici in esperienze vissute, che si sono sistematizzate in saperi spontanei più o meno
consapevoli
16
Si veda la raccolta di casi su www.report.rai.it
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SITUAZIONI PROFESSIONALI
Esempio di una situazione capace di far leva sulla motivazione:
Focus sulle norme da applicare e sul collegamento fra la vita reale e la materia normata dal
codice
Situazione 1
Hai appena comprato un telefono cellulare. (Come lo chiama il Codice Civile: cosa-oggettobene; cerca nel codice quale di questi termini viene utilizzato)
che presenta un difetto
(abbiamo appena studiato i contratti in generale, i vizi, l'evizione e le garanzie a favore del
compratore). Cosa fai? In gruppo descrivete con un diagramma i diversi passaggi e gli articoli
di legge che intendete applicare.
Situazione 2
Mentre guardi il tuo film preferito compare la pubblicità della suoneria più di moda del
momento, che viene data gratuitamente in promozione. Tu decidi di fare il numero 48888 per
averla gratis.
Che atto hai compiuto? Hai comprato qualcosa? Hai sottoscritto un contratto? Che tipo di
contratto?
In entrambi le esercitazioni agli studenti vengono dati i materiali e le fonti di informazione per
analizzare tutti gli aspetti della questione - compresi quelli che non sono stati trattati in classe
- affinché essi possano trarre le loro conclusioni, deduzioni ed inferenze.
Nella relazione con gli altri fattori o momenti dell’attività didattica, il metodo va considerato
come elemento strettamente connesso al contesto, ai contenuti (nodi disciplinari) e, infine agli
obiettivi
formativi
(conoscenze,
competenze,
padronanze,
profilo
educativo,
culturale
professionale in uscita). La relazione con queste variabili, in buona parte mutevoli nel tempo e
nello spazio17, rende difficile stabilire a priori quale fra tutti sia il metodo più efficace: non è
aprioristicamente più valido il cooperative learning, rispetto all’intervista, o ancora rispetto alla
lezione dialogata. E’ solo il confronto con la complessità della realtà sui cui si deve intervenire
(a priori ed a posteriori), che fornisce le informazioni necessarie per definire/validare una
determinata metodologia didattica. Il che significa che metodi validi in determinate circostanze
possono non esserlo in altre.
17
Tempo: età diverse, metodi diversi. Ludico nella preadolescenza più collegato al mondo degli adulti a
fine percorso di studi superiori. Spazio: indirizzi diversi metodologie diverse: licei approccio analitico
riflessivo, istituti professionali approccio più legato alla spendibilità dei saperi.
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4. Metodologie e modelli d’insegnamento per il diritto privato
Si può pertanto affermare che nell’insegnamento del diritto privato non vi sono metodi
aprioristicamente
validi
per
ogni
situazione
didattica,
ma
vi
sono,
invece,
metodi
maggiormente efficaci in determinate situazioni, che è necessario ogni volta confrontare con
contesto, contenuti e obiettivi
in funzione dei quali devono essere declinati ed adattati.
Insegnare con “Metodo” significa, quindi, pensare e ri-pensare integralmente la propria azione
docente, agirla, verificarne l'efficacia, l'efficienza, la validità.
4.6
L’analisi metodologica
Dopo aver adeguatamente approfondito l’apprendimento come esperienza sociale in una
visione costruttivista, dapprima, e il significato e la funzione del metodo nella didattica poi,
vediamo ora di domandarci:
PROBLEM POSING
Esiste un metodo efficace per scegliere il metodo d’insegnamento più efficace?
La domanda, che sembra avvitarsi su se stessa, cerca una risposta che permetta all’insegnante
di valutare e scegliere quale sia il metodo da applicare per ottenere i risultati di apprendimento
migliori.
In questo paragrafo ci occuperemo quindi dell’analisi metodologica, attraverso la quale è
possibile determinare con relativa approssimazione quali siano le metodologie più adatte ed
efficaci da utilizzare.
Nell’analisi metodologica si possono distinguere due momenti chiave dell’azione docente:
ƒ
il momento della progettazione metodologica, una fase della programmazione, nella
quale vengono considerate esclusivamente per le implicazioni legate alla scelta
metodologica con la quale intervenire,
ƒ
l’azione d’aula, nella quale la metodologia da teorizzata passa ad essere praticata.
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4. Metodologie e modelli d’insegnamento per il diritto privato
4.6.1 La progettazione metodologica
La progettazione: momento delle ipotesi
La progettazione può essere definita come il momento delle ipotesi perché quando ci troviamo
ad avere di fronte una classe nuova, ma anche quando lavoriamo già da tempo con i discenti,
è necessario mettere in discussione i metodi precedentemente utilizzati, magari analizzando la
validità, l'efficacia e la funzionalità di soluzioni già sperimentate sul campo o, viceversa,
trovando nuove opzioni sulla base di stimoli formativi o novità in campo didattico e/o
disciplinare.
Le variabili della progettazione metodologica sono:
a. Motivazione del docente
b. Competenze del docente e del team teaching
c. Caratteristiche della disciplina
d. Informazioni sulla classe
e. Strutture e materiali a disposizione
a. Motivazione del docente
La motivazione del docente è fondamentale nella determinazione del metodo poiché è proprio
in funzione della sua personale motivazione, che l’insegnante è disposto a sperimentare e
ricercare, a mettersi in discussione e a progettare. E’ noto come basse motivazioni siano causa
di metodologie desuete e cristallizzate, di procedure che si riproducono nel tempo senza essere
mai modificate. La mancanza di risultati d’apprendimento, da sola, non basta a muovere al
cambiamento, è necessario motivare i docenti ad applicare metodi efficaci e validi.
Un fattore importante di impulso alla motivazione del docente è quello dalla valutazione del
suo lavoro. Nella scuola italiana non esiste, di fatto, una sistematica ed efficace valutazione del
lavoro degli insegnanti18, che non sono quindi motivati, su questo piano, a progettare con
determinati standard e a mettere in moto meccanismi di ricerca e di sperimentazione
metodologica.
18
In realtà esistono due tipi di valutazione del lavoro dell’insegnante: 1) quella del dirigente che
sovrintende ai risultati formativi che la scuola è in grado di far conseguire agli studenti; 2) quella dei
sistemi di rilevazione dei risultati Invalsi, che arriva a rilevare e misurare determinate competenze. Ciò
che tuttavia si riscontra è che gli insegnanti non avvertono queste tipologie di valutazione come
valutazioni della qualità del proprio lavoro, e non traggono da esse che pochi e insufficienti stimoli ad
intervenire sul proprio metodo d’insegnamento.
52
R.SCAGLIONI
4. Metodologie e modelli d’insegnamento per il diritto privato
Un secondo fondamentale fattore motivante è rappresentato dall'agio, o disagio, professionale.
In base a questo fattore se un insegnante, sostenuto da una valida motivazione di fondo19,
sperimenta,
nell’esercizio
della
sua
professione,
disagio
da
mancanza
di
risultati
d’apprendimento, è spinto alla ricerca di una soluzione anche, forse soprattutto, ripensando le
metodologie utilizzate; se prova agio e ottiene dei risultati di apprendimento soddisfacenti,
riceve un segnale di conferma della validità della sua azione didattica.
Il disagio professionale, se si colloca in un quadro culturale-professionale adeguato20, diventa
un fattore motivante, mobilitante, che muove alla curiosità del nuovo, che mette alla ricerca di
metodologie differenti e di nuove conoscenze, con il risultato di portare spesso a migliorare la
qualità del proprio lavoro.
C’è tuttavia anche un diverso tipo di disagio ambientale, per così dire “deprimente”.
Quest’ultimo fa perdere fiducia nelle proprie possibilità, scoraggia di fronte all’ostacolo e
spesso spinge a rifugiarsi nell’indifferenza o nella negazione del problema. Un tale disagio non
supportato da adeguate competenze in campo didattico e metodologico rende la percezione di
non essere affatto in grado di governare i processi, di non avere la possibilità di cambiare la
situazione. In queste condizioni è spesso riscontrabile il ricorso al ruolo: l’insegnante si mette
in cattedra assume il modello della lezione frontale, ha un atteggiamento autoritario, che da
l’impressione che sia effettivamente in grado di tenere il polso della situazione ed ottenere, ad
esempio, il silenzio dalla classe, che in effetti alla fine diventa l’unico obiettivo raggiunto.
Sarebbe utile ed interessante addentrarsi più a fondo nell’argomento della motivazione del
docente, ma forse richiederebbe un differente contesto dottrinale ed interlocutori diversi. Si è
scelto di limitarsi a sottolineare come la motivazione del docente sia uno degli elementi
d’impulso o limitanti fondamentali nella scelta del metodo.
b. Competenze del singolo insegnante e del team teaching
Nella scelta del metodo più efficace è evidentemente fondamentale che il docente sia
adeguatamente formato ed abbia a disposizione una gamma di alternative praticabili fra le
quali scegliere quelle più adatte all’uso. Questo fattore dipende in gran parte dalla formazione
iniziale e continua del docente e dalla presenza di una comunità di pratica disciplinare capace
19
In Franta H., le motivazioni di fondo autentiche che muovono gli insegnanti sul piano psicologico ad
instaurare relazioni significative sono di diversi tipi: a) l’eros pedagogico; b) l’amore pedagogico; c) la
ricerca di contatto socio-affettivo; d) la responsabilità educativa relazionale; e) l’engagement basato sulla
consapevolezza del ruolo educativo; f) la solidarietà sociale. Per differenziare le altre motivazioni da
quelle autentiche Franta usa il termine di pseudomotivazioni. Franta H., Atteggiamenti dell’educatore,
LAS, Roma, 1995 pp.81-82
20
Entrano in gioco in questo caso molte variabili assai complesse: la cultura di fondo sull’elaborazione
dell’insuccesso e della frustrazione, l’approccio all’innovazione, le competenze nelle strategie di
interpretazione e soluzione dei problemi, l’atteggiamento di ricerca, ed altre variabili estremamente
eterogenee di difficile previsione e controllo.
53
R.SCAGLIONI
4. Metodologie e modelli d’insegnamento per il diritto privato
di supportare il docente nel percorso di life-long learning nel quale ciascun docente dovrebbe
essere inserito. Anche in questo caso, tuttavia, non c’è alcun obbligo, né alcuna spinta
motivazionale organizzativa (progetto di carriera in ambito didattico o di ricerca, valorizzazione
delle competenze didattiche) che induca il docente ad attrezzarsi in tal senso.
La scuola italiana di oggi, inoltre, presuppone il conseguimento da parte degli studenti di
obiettivi c.d. trasversali, di natura metacognitiva, dando per scontata, altrimenti non si capisce
come detti obiettivi potrebbero essere raggiunti, la presenza nel docente di competenze tali da
permettergli di scegliere i metodi che meglio contribuiscono al raggiungimento di questi
traguardi educativi. Per competenze trasversali o metacognitive, s’intendono quelle relative
alla capacità di fare analisi, di ricercare informazioni, di mobilitarsi per riorganizzare materiali,
di cooperare con gli altri, ecc., che, come tali, sono comuni a più discipline. Ma il perseguire
obiettivi metacognitivi determina la necessità di utilizzare metodologie adatte e funzionali alla
messa in campo di tali competenze. Anche su questo punto tuttavia nessun meccanismo di
stimolo, se non la personale ed autonoma iniziativa del docente, è previsto. Nella scuola
superiore, fino alla istituzione delle SSIS, non era previsto nessun serio percorso formativo che
avesse titolo per essere così definito21.
Si potrebbe affermare a questo punto, dopo la breve rassegna di questi due fattori, che
l’organizzazione scolastica, ma meglio sarebbe dire “chi la governa”, non riesce a comprendere
che se non si agisce in modo incisivo su motivazione e competenze del docente, non solo il
metodo, ma tutto il quadro del servizio scolastico, rischiano di rimanere in gran parte
cristallizzati e fermi in posizioni desuete e inefficaci sul piano metodologico.
c. Caratteristiche della disciplina e dell’argomento
E’ banale osservare che, nel quadro dell’offerta formativa della scuola, ogni materia
d’insegnamento si presenta diversa dalle altre a causa di specifiche peculiarità che ne
caratterizzano il contenuto. Meno scontato è il fatto che all’interno di ciascuna disciplina ogni
specifico argomento è differente rispetto agli altri, pur presentando elementi disciplinari
comuni. Tale circostanza rende utile, e a volte necessario, fare una progettazione metodologica
differenziata, unità d’apprendimento per unità d’apprendimento22. Ciò porterebbe a pensare
21
Le 40 ore di formazione in anno di prova conseguenti al concorso pubblico per l’abilitazione, non
potevano essere certo ritenute tali. Non può essere qualificata come adeguata alle competenze da
formare la predisposizione di materiali vari (pubblicazioni, proposte di lezioni individuali, estemporanei
corsi di formazione organizzati dai più diversi soggetti) in preparazione del concorso pubblico, che da
solo, in una sola prova (scritta e orale) avrebbe dovuto stabilire se le competenze professionali c’erano
già o non c’erano affatto.
22
Il termine è qui utilizzato nel suo significato scientifico e non normativo. Il d.lgs. 59/2004 infatti, che
utilizza il termine dando ad esso rilevanza giuridica, non è stato applicato a quella che in tale dispositivo
54
R.SCAGLIONI
4. Metodologie e modelli d’insegnamento per il diritto privato
che è la disciplina che determina le scelte dei modelli didattici più funzionali e non l’efficacia dei
metodi. Non bisogna tuttavia dimenticare che lo spettro di metodologie disponibili non è
determinato dalla disciplina, ma deriva dalla ricerca didattica in materia di efficacia dei metodi
d’insegnamento e dall’analisi del contesto, che orienta l’insegnante a strutturare un ventaglio
di possibilità funzionali all’apprendimento, in base alle variabili di contesto23. Le proposte più
oltre articolate cercano di tener conto in modo equilibrato di tutti questi elementi.
d. Informazioni sulla classe
Ogni classe ha una sua specifica identità che determina le condizioni di praticabilità di certe
metodologie piuttosto che di altre. Ci sono classi diligenti, classi creative, classi poco reattive,
ecc.: ogni situazione richiede un esame attento delle condizioni ambientali e relazionali per
determinare quali metodi siano più adatti rispetto ai requisiti di partenza della classe.
In tal senso è opportuno essere consapevoli delle condizioni in cui si trova la classe, ma è
anche necessario attivare iniziative compensative per sviluppare proprio quelle competenze
che in una determinata classe sono poco sviluppate, piuttosto che assecondare le qualità già
presenti. Vi sono classi con maggiori attitudini all’autonomia nel lavoro: in questi contesti il
docente dovrà progettare momenti di verifica per evitare che il lavoro si sviluppi in direzioni
non volute; e classi in cui sono richiesti alti livelli di supporto al docente: in questi casi sarà
necessario costringere gli studenti a ricercare e mobilitare risorse misconosciute e effettuare
azioni di rinforzo all’autostima. Tali differenze sono riscontrabili anche fra un gruppo e l’altro,
anche se molte volte, per evitare di creare differenze troppo marcate i gruppi vengono
predeterminati dal docente e/o negoziati con la classe.
C’è inoltre, nella scelta del metodo, da tener presente se si tratta di una classe nuova o,
invece, di una classe con la quale si è già operato e dove perciò si prosegue un lavoro già
iniziato, in una sorta di continuità.
e. Strutture e materiali a disposizione
Appare banale, ma è nel contempo strategicamente fondamentale, conoscere a fondo quali
condizioni ambientali e strutturali ciascun metodo richiede. Questo fattore è più spesso
limitante che stimolante.
Vediamo un esempio: in Emilia Romagna, nell’a.s. 2006/2007 è stato finanziato un progetto
per l’installazione di lavagne interattive con le quali fare lezione in classe. Un maxischermo ha
normativo veniva definita la scuola del secondo ciclo, che è rimasta ancora oggi la scuola secondaria di II
grado (detta anche scuola secondaria superiore).
23
Basti come esempio citare la variable “docente”: se il docente non conosce un determinato metodo,
non lo utilizzerà!
55
R.SCAGLIONI
4. Metodologie e modelli d’insegnamento per il diritto privato
sostituisce la lavagna, permettendo agli studenti di interagire con le diapositive dal posto
(attraverso un telecomando), di navigare per la ricerca dei materiali sulla rete; all’insegnante è
possibile presentare la lezione con l’ausilio di diapositive e filmati, agli studenti è possibile
preparare brevi presentazioni in situazione.
I materiali a disposizione infine possono essere nuovi o, viceversa, già validati e possono
consistere in fonti normative, fonti di informazione (quotidiani, siti internet, filmati televisivi24,
resoconti parlamentari, libri di testo, enciclopedie, ecc.).
4.6.2 Metodologie attive e non attive
Per meglio formulare la scelta metodologica è bene essere consapevoli di una distinzione cruciale
fra le diverse metodologie utilizzabili:
1. Metodologie non attive (o espositive): lezione magistrale (o frontale), con o senza supporto
visivo;
2. Metodologie attive (o euristiche): richiedere, fare, sperimentare, ricercare, costruire,
partecipare, modificare, inventare, reinterpretare, scoprire, porsi interrogativi, considerare
alternative, cercare e trovare soluzioni (cercare e non trovare soluzioni), cooperare
Metodologie non attive: lezione magistrale o frontale con o senza supporto visivo
Queste metodologie comportano per lo studente un atteggiamento passivo, che non lo vede
come attore-autore del proprio apprendimento. Tale atteggiamento può a volte, e spesso
accade, estrinsecarsi nell'apatia, nell'assenza di scambi visuali, nella mancanza di transfer
comunicativi.
Le metodologie espositive non attive, rappresentate simbolicamente dalla lezione magistrale,
hanno alcune caratteristiche che le rendono comunque oggetto di scelta metodologica:
ƒ alto livello di sicurezza per il docente,
ƒ basso rischio situazionale
Rassicurano il docente tradizionale, perché egli si ritrova in una situazione che conosce bene,
che non lo mette in difficoltà sul piano del controllo (o almeno questo è quello di cui si è
24
Il cinema offre, ad esempio, un gran numero di lungometraggi sul tema della guerra e dei diritti umani:
per limitarsi ai più recenti si può citare Benvenuti a Sarajevo di M.Winterbottom GB USA 1996 e No Man’s
Land di D. Tanovic Bosnia Erzegovina/Slovenia/Italia/GB/Francia/Belgio 2001. Ancora su problematiche
legate a lavoro e occupazione: Grazie Signora Tatcher di M. Herman (GB/USA, 1996), o I lunedì al sole
(di L. de Aranoa, Spagna/Francia/Italia, 2002)
56
R.SCAGLIONI
4. Metodologie e modelli d’insegnamento per il diritto privato
convinti). La situazione, esercitando una certa autorità, è a basso rischio perché non sono
possibili divagazioni e fughe divergenti.
Nello stesso tempo però tale impostazione metodologica ha i seguenti non trascurabili difetti:
ƒ partecipazione molto bassa dopo un tempo molto limitato,
ƒ bassa qualità dell’apprendimento,
ƒ basso residuo cognitivo a distanza di tempo
Gli stili cognitivi privilegiati sono sempre gli stessi, le intelligenze più formali e convergenti si
trovano a loro agio, mentre la maggior parte dei discenti stenta a reggere ritmi “frontali” per 5
ore al giorno (l’orario scolastico), disperdendo la gran parte delle risorse, che solo i più capaci
riusciranno a recuperare con un faticoso lavoro di studio domestico.
Metodologie attive
Non si vuole sostenere in questa riflessione sulle metodologie che la lezione magistrale non sia
da utilizzare, si vuole suggerire di utilizzare la “lezione”, in letteratura della scienza della
formazione detta anche “esposizione”25, adottando alcuni accorgimenti che la rendano più
partecipata, che comportino un ruolo più attivo del discente, ma anche del docente.
Accorgimenti in gran parte mutuati dalle conoscenze legate alla formazione per adulti26.
Un comportamento attivo può tradursi, ad esempio, nel prendere appunti, nel guardare la
persona che sta parlando, nell'assentire o nel dissentire con cenni del capo od espressioni del
volto su ciò che qualcuno sta dicendo. Ancora: l'atteggiamento attivo può essere qualificato da
verbi come richiedere, fare, sperimentare, ricercare, costruire, partecipare, modificare,
inventare, reinterpretare, scoprire, porsi interrogativi, cercare alternative, cercare e trovare (o
non trovare) soluzioni, cooperare, interagire, comunicare, dialogare, condividere, negoziare,
muoversi, mimare, simulare, attivarsi, prendere l'iniziativa, ecc.. Spesso - ancora troppo
spesso - i docenti, nello svolgimento della loro attività, ricorrono ad azioni non attive che,
come tali, non sono vere e proprie metodologie di insegnamento27. È dunque necessario porsi
seriamente l'interrogativo su che cosa significhi provocare, produrre, apprendimento, per
abituare i ragazzi a partecipare a discussioni guidate, a cercare materiali, a saper distinguere
ciò che è utile da ciò che non serve o che è addirittura dannoso, a saper leggere e guardare
anche con senso critico le varie fonti di informazione.
25
Rotondi M., Facilitare l’apprendere, F Angeli, Milano, 2001, pp. 111 e ss.
Knowles M., Quando l’adulto impara, F.Angeli, Milano 2002; Rotondi M., 2001, op.cit.
27
Si pensi, ad esempio, al docente che entra in aula, segna le assenze sul registro, fa la sua lezione,
riporta sul registro il contenuto della stessa ed, infine, se ne va: che cosa c'è di attivo in questo processo
nel senso che si intende per l'apprendimento? E’ evidente che qui si presenta una situazione estremizzata
negativamente, ma purtroppo in alcuni contesti accade ancora questo.
26
57
R.SCAGLIONI
4. Metodologie e modelli d’insegnamento per il diritto privato
Caratteristiche delle metodologie attive:
ƒ richiedono maggiore flessibilità per il docente,
ƒ sono più complesse da gestire,
ƒ presentano un rischio situazionale divergente,
ƒ richiedono più tempo
Non risulta difficile affermare che le metodologie attive sono le uniche in grado di assicurare un
reale apprendimento spendibile in situazione, partecipato, consapevole, condiviso.
Come scegliere?
Fra i metodi attivi per la didattica si possono elencare, fra gli altri: la ricerca d'aula, il casestudy, gli autocasi, gli in-basket, gli incident, il role-playing, e i giochi di simulazione28. In
basket, incident, role-playing e giochi di simulazione sono più vicini alla pratica (appunto
perché si simulano determinate situazioni), lo studio di caso - come anche la ricerca d'aula - si
pone più vicino alla teoria, consistendo in una ricostruzione teorizzata di una situazione. Sono
ancora più vicini alla pratica gli autocasi, che possono essere anche affrontati come studio di
caso (si vedano gli esempi del ragazzo che sale sull'autobus e timbra il biglietto, stipulando un
contratto di trasporto, o si reca al negozio per acquistare un cd, concludendo un contratto di
compravendita).
La scelta del metodo non può essere casuale. Il metodo è una tappa del percorso di
apprendimento. Si inserisce nella sequenza didattica con un timing preventivato e con finalità
ben definite. é saldamente incardinato al contenuto. Presuppone l'adozione di una specifica
metodologia di preparazione e conduzione.
Si tratta, allora, di operare una scelta a monte, che può essere agevolata dalla conoscenza dei
nodi disciplinari del diritto privato e delle loro ramificazioni, nell'ambito delle quali diventa
relativamente facile scegliere quali aspetti ed argomenti sviluppare con l’utilizzo di una
metodologia piuttosto che un’altra nel corso dell'anno scolastico.
Con questo non si auspica l’abbandono della tradizionale lezione frontale, ciò che invece si
vuole stimolare è piuttosto una trasformazione della lezione magistrale - che, come tale si
presta alla passività - in lezione attiva, dialogata, riflessiva, consentendo così allo studente di
essere autore e artefice del proprio apprendimento. Nel diritto privato poi è fin troppo facile
sostenere che l’apertura di una lezione, anche frontale, può avvalersi quasi sempre di un caso
giuridico, di una situazione simulata, di un problema irrisolto. In questo modo lo studente non
seguirà più la lezione passivamente, poiché egli non è più semplice spettatore, ma attore della
scena che interviene, “si interroga su”, vuole sapere, vuole partecipare, si diverte, si sente
28
Rotondi M., Facilitare l’apprendere, F.Angeli, Milano, 2000
58
R.SCAGLIONI
4. Metodologie e modelli d’insegnamento per il diritto privato
incluso, è oggetto di attenzione, è parte di un gruppo di lavoro, ecc.. Dire che questo è il nodo
centrale che distingue quei docenti che gli studenti definiscono bravi insegnanti è quasi banale.
Ciò che invece non è affatto banale è dire che la scelta delle metodologie attive non può essere
lasciata alla arbitrarietà del servizio scolastico, ma deve essere parte ineludibile delle
competenze di ciascun docente, che ha il legittimo diritto di essere messo in condizioni di
conoscere, governare e padroneggiare ogni metodo che la ricerca didattica sulle metodologie
mette oggi a disposizione della comunità docente.
Il lavoro a casa (studio domestico)
L'azione al di fuori dell'orario scolastico (off-line): è questo un punto particolarmente critico, a
causa delle difficoltà che si incontrano nel definire le strategie più idonee e più efficaci ad
invogliare i ragazzi a studiare a casa. Tale difficoltà è tuttavia il dato di superficie di un
malessere che nasce in classe: se il tempo scuola risulta male utilizzato, certamente lo studio
domestico sarà ugualmente sofferente; ricorrendo invece ad un'adeguata metodologia di
insegnamento e quindi anche di apprendimento saranno stimolati i meccanismi motivazionali
centrati sulle emozioni evocative positive e sulla buona relazione con il docente.
Nella scelta delle attività off-line, l'insegnante di diritto privato- ma ciò vale per ogni
insegnante - deve tener conto del fatto che la disciplina giuridica si affianca ad altre discipline
in un quadro di offerta formativa complessivo che impegna lo studente nel tempo di studio:
sarebbe cioè indispensabile, a livello di consiglio di classe, una concertazione, una
cooperazione attiva, in ultima analisi un coordinamento nei carichi di lavoro e nelle tipologie
differenziate di attività proposte.
Nuove tecnologie- nuove metodologie interattive
Probabilmente, anche nella scuola superiore, così come sta avvenendo in ambito universitario,
si arriverà ad un insegnamento tipo blended teaching, che utilizza la rete internet e le
possibilità da essa offerte per potenziare i risultati d’apprendimento29: ogni docente potrà
strutturare un proprio sito con materiali da lui scelti e organizzare gli accessi che, ad esempio,
potranno essere autorizzati solo in determinati orari e solo a chi raggiungerà determinati
standard ed obiettivi di apprendimento. È questa una modalità metodologica che consente di
apprendere fuori della classe in modo intelligente, strategico, costruttivo e, per gli studenti,
quasi “involontario” e che permette loro di sistematizzare ed organizzare le conoscenze così
acquisite al fine di poterle utilizzare successivamente. Va detto tuttavia che un tale approccio
non può sostituire in tutti i contesti l’apprendimento formale e strutturato, esso può invece
rientrare
in
una
proposta
formativa
dalle
29
metodologie
differenziate
che
combinino
Sarà interessante osservare i cambiamenti nei risultati d’apprendimento, ma ancora di più nei processi
cognitivi e relazionali che mobilitano l’apprendimento: i forum di discussione, le piattaforme aperte a più
contributi, il superamento delle distanze nel lavoro collaborativi attraverso la possibilità di discutere ad
esempio con il proprio docente in videoconferenza, la possibilità di attingere sempre dall’archivio dei
saperi disciplinari strutturati dal docente.
59
R.SCAGLIONI
4. Metodologie e modelli d’insegnamento per il diritto privato
efficacemente presenza e distanza, uso delle misconoscenze e delle abilità sociali, insieme
all’utilizzo delle competenze riflessive e di assimilazione delle informazioni organizzate in modo
elementare e sequenziale (lettura dei testi) abilità sempre da promuovere e sostenere30.
4.6.3 Metodologie attive applicabili all’insegnamento del diritto privato
Dopo quanto abbiamo detto, appare chiaro come sia necessario alternare la lezione dialogata
alle numerose ed altre metodologie di insegnamento/apprendimento attivo e, nel contempo,
riorganizzare la tradizionale lezione d'aula in un contesto attivo di comunicazione in cui
accadono determinati fenomeni inter-relazionali.
Associata a questa lezione teorica il corso propone uno specifico laboratorio nel quale saranno
utilizzate apposite schede d’approfondimento metodologico che illustrano sinteticamente le
caratteristiche delle diverse metodologie didattiche, che si sono dimostrate più funzionali
all’insegnamento delle discipline giuridiche nella scuola.
Per ogni proposta metodologica il corsista potrà proporre nel laboratorio un esempio originale
applicato all’insegnamento del diritto privato.
Le cinque situazioni didattiche che saranno proposte e affrontate, tutte ugualmente valide,
possono essere fra loro alternate con una sequenza distribuita nell'arco di un intero anno
scolastico e programmata in sede di progettazione. Esse sono:
1. La lezione dialogata
2. La didattica dei casi: lo studio di caso e la simulazione
3. La ricerca di gruppo: ricerca d'aula e ricerca sul campo.
4. La discussione di gruppo.
5. La “ricostruzione”: di un testo, di una mappa, di un questionario
Ciascun metodo sarà illustrato in una scheda descrittiva che ne traccia le caratteristiche e le
potenzialità in termini d’apprendimento.
30
Leggere un libro, entrare nella storia viva guidata dalla narrazione sequenziale, è efficace sul piano
emotivo e cognitivo per certi ambiti, per altri si sono dimostrati più efficaci metodi diversi ancor oggi poco
utilizzati.
60
R.SCAGLIONI
4. Metodologie e modelli d’insegnamento per il diritto privato
4.6.4 Metodologia e strumenti didattici
La scelta metodologica implica una scelta degli strumenti:
1. Il libro di testo e le dispense (che ruolo ha il libro?)
2. Il Codice Civile (e le altre fonti normative allegate)
3. I sussidi per la ricerca e la stampa (quotidiano)
4. Gli strumenti per l’elaborazione dei materiali (computer, internet, archivi giuridici, ecc.)
5. La logistica d’aula
6. Gli strumenti per la presentazione dei risultati (aula multimediale, computer + video in
classe, rete)
7. Le tecnologie per la didattica “blended”
Fondamentale risulta la scelta del libro di testo, argomento sul quale sarebbe necessario aprire
una riflessione approfondita, che tuttavia si è scelto di riservare ad una successiva e separata
trattazione. Per necessaria sintesi, in questo corso, non ci è possibile approfondire questi
aspetti il cui esame si rinvia ad un approfondimento personale del corsista o alle fonti riportate
nelle note bibliografiche.
61
R.SCAGLIONI
4. Metodologie e modelli d’insegnamento per il diritto privato
GUIDELINE
In chiusura si riprende il percorso effettuato nel presente modulo:
1) L’approccio metodologico e l’importanza dell’interazione sociale
nell’apprendimento delle discipline giuridiche
2) Significato, caratteristiche e funzione della metodologia
nell’insegnamento del diritto privato nella scuola
3) Analisi metodologica e rassegna delle metodologie più efficaci
(approfondimento nel laboratorio) nell’insegnamento del diritto privato
L’analisi si inserisce nella seconda parte del percorso didattico del corso, così articolato:
Contesto d’apprendimento
Nodi disciplinari
Competenze obiettivo
Metodologie d’insegnamento
Valutazione
Programmazione didattica
Nel prossimo modulo si affronterà il nodo della valutazione degli apprendimenti.
Le schede metodologiche saranno messe a disposizione dei corsisti in occasione della
sessione di laboratorio dedicata alle metodologie
ƒ
Schede di approfondimento sulle metodologie didattiche per l’insegnamento del
diritto privato:
1. La lezione dialogata
2. La didattica dei casi: lo studio di caso e la simulazione
3. La ricerca di gruppo: ricerca d'aula e ricerca sul campo
4. La discussione di gruppo
5. La “ricostruzione”: di un testo, di una mappa, di un questionario
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