MONTALE_Ossi di seppia

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MONTALE_Ossi di seppia
E. Montale, Ossi di seppia (1925 e successive edizioni)
1^ ed. Gobetti 1925 (poesie fra '21 e '24);
2^ ed. Ribet 1928 (aggiunge 6 poesie e modifica struttura)
Vi confluiscono componenti molto eterogenee:
a) elementi provenienti dalla lettura e rimeditazione delle poetiche avanguardie coeve, in
particolare della poesia crepuscolare e dell'espressionismo di Sbarbaro e Rebora;
b) tendenze simboliste franco-belghe e italiane – Pascoli e D'Annunzio;
c) critica alle avanguardie e restaurazione antiavanguardistica promossa da Baretti (rivista “Il
Baretti”) e dalla rivista “La Ronda”, d'impronta classicistica.
Il 1925 è di per sé una data emblematica, a cavallo fra avanguardie e il codiddetto 'ritorno
all'ordine' degli anni Trenta. L'opera è dunque anche testimonianza di un equilibrio difficile e in
realtà dinamico, con esiti anche contrastanti fra loro.
Titolo: l'immagine marina degli ossi di seppia è d'origine dannunziana (Alcyone) e viene
interpretata in modo dialettico: gli ossi o galleggiano felici nel mare – simbolo della vita – o ne
sono respinti a terra come inutili residui. Questa duplicità di senso è rappresentata dall'antitesi
mare – terra che percorre tutta l'opera: il mare rappresenta la natura, la vita, la felicità; la terra è
esclusione, privazione, sacrificio, ma anche luogo in cui si realizzano i rapporti sociali e
l'impegno etico dell'uomo; il poeta si ritrae come uno “della razza di quelli” che restano a terra,
escluso dalla vita e dalla gioia, spaesato.
Sviluppo dell'opera: la prima situazione, relativa alle speranze giovanili e al senso di
beatitudine panica che l'immersione nella natura comporta (di ascendenza, di nuovo,
dannunziana), va rarefacendosi nel corso dell'opera, in cui la seconda immagine e di
conseguenza la situazione che esprime tendono a prevalere. Il libro si presenta così come una
sorta di romanzo di formazione dall'incanto al disincanto (l'espressione 'romanzo' è di Montale
a definire i primi tre libri).
Costituisce il tema di fondo la dialettica fra questi elementi antitetici, che si risolve, almeno
temporaneamente o meglio intermittentemente, nell'accettazione stoica del proprio destino e
nella scelta morale dell'impegno etico a fronteggiarlo, valorizzando e valendosi di ciò che di
positivo e costruttivo emerge nella vita: appare possibile, infatti, anche in momenti imprevisti,
un'epifania, una rivelazione, una sorta di miracolo laico che mostra la vita dove non la si
attende (es. l'oro e il profumo dei limoni nell'omonima poesia).
La realtà appare disarmonica, frammentaria, residuale, desolata. Analoga la condizione
soggettiva dell'io, che deve accettare l'una e l'altra “senza viltà”: così si chiude Incontro, v.54,
unica poesia del 1926, che chiude anche la propria sezione e l'opera nell'edizione del '28.
Il disincanto e l'accettazione severa della realtà come è (come non ricordare lo Sbarbaro di
Taci, anima stanca...?) produce il definitivo allontanamento e superamento del simbolismo,
dopo averlo profondamente attraversato. La poetica si definisce nella scelta antieloquente di
uno stile aspro e sempre più secco, antisimbolista, antidannunziana (comparabile solo all'ultimo
Leopardi del ciclo di Aspasia e della Ginestra1). Gli stilemi, il lessico aulici e classicmiglior
istici sopravvivono sono per cozzare programmaticamente con situaizioni, temi, toni e termini
bassi, prosastici: alto e basso convivono per stridere, gli oggetti tendono a prevalere nella loro
concretezza di cose, raccogliendo la miglior lezione dei crepuscolari e dei vociani. E nello
stesso tempo gli oggetti, campeggiando in spazi troppo vuoti o troppo pieni che ne mostrano
l'esistenza di 'cosa' finiscono con l'assumere anche un valore metafisico, emblematico : questo
appare chiarissimo nelle poesie più tarde, posteriori al '24.
Struttura: 4 sezioni: Movimenti – Ossi di seppia – Mediterraneo – Meriggi e ombre
1 È stato Pier Vincenzo Mengaldo a studiare più di altri questo parallelo (Poeti italiani del Novecento,
Milano, Mondadori , 1978, pp. 523-4)
Ossi di seppia - 1
Movimenti: opposizioni mare / terra, natura / città, infanzia /maturità; “movimento”
allude alla speranza di un possibile accordo – sia musicale sia di conseguenza
esistenziale – con la natura;
• Ossi di seppia: domina il motivo dello “scarto”, dell'osso di seppia abbandonato sulla
spiaggia; la terra raccoglie un ingorgo casuale di residui, di cose disarticolate, caotiche;
dominano l'umanità l'atonia, la depressione, a cui si contrappongono solo la “divina”
indifferenza (questo significano le immagini della “statua”, della “nuvola”, del “falco
alto levato” di Spesso il male di vivere ho incontrato), uno sguardo chiaroveggente (la
comprensione e l'accettazione della realtà). Il poeta non può interpretare questo magma,
può solo dire ciò che NON siamo, ciò che NON vogliamo (cfr. Non chiederci la
parola). È evidente qui la lezione di Leopardi. I testi sono tutti brevi e molto
concentrati.
• Mediterraneo è un poemetto unitario in 9 movimenti, che descrivono il passaggio dal
cantare il mare come patria sognata alla coscienza del distacco, ribellione alla
soggezione al sogno impossibile, crescita e maturazione; il destino è accettato nella sua
durezza, superando la nostalgia e abbracciando l'impegno etico e civile. Poeticamente,
l'uccisione simbolica del padre è il superamento delle movenze dannunziane e la
crescita di un ritmo e un linguaggio nuovi e antimelodici.
• Meriggi e ombre contiene i testi più lunghi e impegnativi, da Fine dell'infanzia a
Incontro. Emerge sempre più netta la figura femminile (spesso una giovane perduta o
morta, Annetta o Arletta), che costituisce un'apertura positiva, un “varco nella rete”.
Ritornerà prepotente nella raccolta successiva, le Occasioni. L'impegno civile cede il
passo a un ripiegamento esistenziale. Sono gli anni difficilissimi del fascismo
affermato.
***
Giudizi critici:
•
1) Gli Ossi di seppia nascono al cospetto del natio paesaggio ligure; lo stesso poeta.
presentando la sua opera in Svezia, ha ricordato la «bellezza scarna, scabra, qflucinante» della
sua terra, aggiungendo: «Per istinto io tentai un verso che aderisse ad ogni fibra di quel suolo»
- su di un terreno fecondato dalle esperienze più alte e complesse della poesia italiana ed
europea fra '800 e '900 (in particolare la 'linea ligure' di Roccatagliata Ceccardi. Sbarbaro,
Boine).
2) «Psicologicamente e ideologica mente - ha scritto il Mengaldo - gli Ossi sono dominati da
una volontà di negazione [...] e di imperterrito confronto con la 'necessità' che ci stringe, la
quale si vuole stoica ed ascetica: su posizioni filosofiche che certo partono dal contingentismo
di Boutroux ma che non è azzardato definire pre-esistenzialistiche, e nelle quali si riflette
anche, rovesciata in superbo auto-isolamento, l'emarginazione della buona borghesia liberale
da parte di una società che stava per divenire fascista; ed ecco allora i motivi del 'male di
vivere', dell'indifferenza e atonia vitale, del 'delirio d'immobilità', della passività e automatismo
dell'io (già in parte sbarbariani). 'Sono un albero bruciato dallo scirocco anzi tempo' scrive
Montale a Svevo nel '26, con formulazione commoventemente vicina a quella di Leopardi agli
amici toscani: e Leopardi è già e resterà, fuori di ogni recupero grammaticale e rondesco, ma
per assimilazione intima, una delle sue bussole decisive». A questa novità di contenuti
corrisponde un sostanziale «conservatorismo formale», «in uno spontaneo accordo con la
tradizione che si lascia alle spalle ogni tentazione avanguardistica, mirando a sistemare la
novità etica e psicologica in un quadro di forme autorizzate [...]. Ne fa fede il linguaggio che
molto deve a Pascoli e ancor più forse a D'Annunzio, ed è intensamente legato alla tradizione
ligure [...] e più in generale al vocianesimo, giusta una marcata tendenza all'espressionismo
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stilistico che, entro la tradizione più remota, lo connetterà sempre piuttosto a Dante che a
Petrarca (in antitesi alla linea Ungaretti-ermetismo)».
3) Che cosa significò la poesia di Montale per le giovani generazioni nel periodo fra le due
guerre? Così risponde Carlo Salinari (critico letterario, ma anche pratagonista di primo piano
della Resistenza): «Nella situazione storica del fascismo e del progressivo addensarsi delle nubi
della seconda grande tragedia mondiale, la disperazione di Montale ci appariva congeniale,
senza mai presentarsi come una forma di evasione dalla realtà che ci circondava e dalle
responsabilità che essa ci imponeva. La sua poesia dava voce alla nostra profonda infelicità, ma
ci ammoniva a guardarla in faccia con coraggio e a non sperare consolazioni [...]. Per questo
noi, accanto alla funzione antiletteraria della poesia di Montale, apprezzavamo il suo valore di
poesia-testimonianza, di poesia, cioè, che aveva bandito ogni elemento di liberazione e di
sfogo, che non voleva più avere una funzione di confessione o di commento a determinati stati
d'animo, ma era sempre la narrazione diretta e precisa di un documento di vita».
4) E ancora a proposito dell'eccezionale influsso esercitato da Montale sui contemporanei
(anche su poeti di lui più anziani come Saba e Ungaretti) è testimonianza significativa, fra
tante, questo passo tratto dal romanzo di Vasco Pratolini Allegoria e derisione (1966) - un
dialogo tra il protagonista e una donna nella Firenze del 1935 : «Non puoi conoscerlo, è uno di
'Solaria' mentre la tua educazione è spaventosamente vociana. Sei irrecuperabile, ho paura.
Legato a dei conformismi anche se il più delle volte corrispondono a verità, trattandosi di
autentici poeti. Ma lui, Montale, io non so come sia fatto, certamente è bellissimo e triste e
arguto come Foscolo come Puskin e come Leopardi messi insieme. Non dà risposte, capisci?
Nella sua poesia non c'è né Dio né angelicità né tragedia né maledizione, oppure c'è tutto di
tutto questo se vuoi, pone delle ipotesi, degli interrogativi ma non è concettoso. La sua forza
consiste nel dire 'non così non così', un modo di rifiutare che comprende ogni cosa per cui ogni
cosa diventa preziosa. L'eroe per lui è morto, lui scava, ossia ti presenta la vena, sta a te
scavare. E sotto i gesti che lui delinea scoprire i sentimenti, sotto i sentimenti le ragioni, sotto le
ragioni ancora il dubbio».
(eugeniomontale.xoom.it/txt_ossi.html)
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