Non voglio ammettere che ti amo

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Non voglio ammettere che ti amo
Barbara Perucca
NON VOGLIO
AMMETTERE CHE
TI AMO
Edizioni
Helicon
NON VOGLIO AMMETTERE CHE TI AMO
Ogni riferimento a persone esistenti
o a fatti realmente accaduti è puramente casuale
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Il Sole declinava lentamente all’orizzonte: era già sera.
Con la macchina gli ultimi metri: ecco il cancello ... posteggiato!
“Finalmente la nuova casa! E l’inizio di una nuova vita ...”
così pensava Elena, con un sospiro di sollievo, dopo aver tirato il freno a mano.
Iniziava già a respirare un’aria diversa, lontano dallo smog
della città e dallo stress della sua vita passata, la sua storia con
Giuseppe, ormai un capitolo chiuso definitivamente: la fine
di una convivenza di quasi due anni, per poi capire che non
era lui la persona che avrebbe voluto accanto tutta la vita. Ma
quanto c’era voluto per capirlo? E meno male che ancora non
si erano sposati! E lei sempre a pensare che forse era solo
stress, e che quello che non sopportava di lui ... insomma col
tempo ci sarebbe passata sopra ...
E invece finalmente la rivelazione! E come aveva potuto poi
lui tradirla così con una sua collega d’ufficio ...
Quante volte era stata presa in giro dagli uomini! Era stanca, stanca di lottare per qualcuno per poi vederlo andarsene
così ... E lei che lo amava ancora? Ma forse no, forse era stato meglio così, lei non lo amava, gli voleva un bene infinito
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e aveva confuso quel grande sentimento di stima e amicizia
per amore, ma quello no, non lo era ... e dopo due anni non
avevano già più niente da dirsi, finita la voglia l’uno dell’altro,
quella complicità nel cercarsi sempre, i giochi dell’intimità di
coppia ...
Eppure non si era accorta di niente: lui lentamente era cambiato, era tornato ad uscire di più la sera, partite a calcio con
gli amici, cene ... Per Elena che usciva quasi tutte le sere era
normale, ma per lui che era un vero pantofolaio ... ma lei lo
aveva interpretato come un segno positivo perché lo vedeva
più socievole, più sorridente ... Tutto sommato faceva bene a
non restare sempre rinchiuso in casa, e spesso da solo quando
non uscivano insieme ... Mai avrebbe potuto sospettare che
quelle sue uscite così frequenti in realtà portassero un nome
di donna: Stefania, una ragazza acqua e sapone che lavorava
nel suo studio, ma che era da poco inserita nel giro dell’azienda ...
“Perché? Cosa ha lei che io non ho? Perché non gli bastavo
più?
Quante donne si faranno queste domande.” pensava Elena.
“Pazienza ... la vita continua ...”
E certo a lei non mancava la grinta e la forza di ricominciare
tutto da capo.
Si era trovata una casettina appena fuori città, un vicinato tranquillo e poco rumoroso, tanto con la macchina anche
d’inverno ci avrebbe messo poco ad arrivare al lavoro ...
Poi lì finalmente aveva un orticello tutto suo e poteva anche
permettersi di tenere un cane! Sì, il migliore amico dell’uomo,
che almeno lui, speri non ti tradisca ...
Il problema di Elena era che di persone serie ne aveva co-
nosciute tante nel corso della sua vita movimentata, ma era
sempre andata dietro alle persone sbagliate, sempre cercando
chi non la meritava ... perché?
Lei che era sempre leale e fedele e per gli altri dava l’anima ...
Le rose ai porci, a volte si diceva, quando realizzava che
quello che aveva fatto era buttato al vento.
Eppure la vita è fatta così: non sempre si può vincere, spesso si cade ... L’importante non è non cadere, ma rialzarsi sempre: perché se non ti rialzi più è finita, getti la spugna e smetti
di lottare ... La vita è unica, una sola carta che va giocata bene
fino alla fine ... Elena lo sapeva, e anche se non voleva confessare a se stessa quanto stesse soffrendo, però voleva andare avanti e superare quel momento di panico e di vuoto che
l’aveva sorpresa così, togliendole il respiro, quella mattina che
era rientrata dal lavoro prima di pranzo, e che non aveva avvisato lui che sarebbe ripassata da casa prima di andare a sbrigare altre commissioni in città ... Che errore fatale, ma quale
salvezza!!! Aprendo la porta di casa, subito si era accorta che
c’era qualcosa che non quadrava, e l’odore di un’estranea era
stato un istinto primitivo fortissimo, l’aveva percepito subito
... e non c’era stato niente da fare, no, non poteva proprio calmarsi: tutti e due fuori di casa così come erano ... e poi lui era
rientrato poco dopo, ma solo per dirle addio, perché lei non
voleva sentire ragioni, si sentiva tradita ed oltraggiata nel più
profondo dell’animo, dall’unico uomo al mondo ormai che le
doveva essere fedele, doveva essere il suo riferimento, la sua
sicurezza mentre si muoveva a testa alta nel mondo, dentro di
sé lei sapeva di non essere sola ... adesso no, non più. Adesso
doveva di nuovo fare i conti con quella parola, solitudine, che
affascina con la sua libertà sconfinata, ma spaventa e paralizza
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regalandoti un’impotenza senza fiato e senza forze di azione.
Il mondo ancora non l’aveva vista, e tutta la rabbia che aveva avrebbe dovuto sprigionare una quantità di energia tale da
smuovere tutto ciò che la circondava ... Lei era forte, e lo sapeva. Doveva solo volere un po’ più di bene a se stessa, quello
sì, perché alla fine lasciarsi è sempre un fallimento ... Perché
finisce un amore? Lei pensava sempre fosse colpa sua, il suo
carattere intrattabile, con le sue uscite irritanti che avrebbero
fatto perdere la pazienza pure ad un santo!
Ed ecco che la prima cosa che fece, quando arrivò agli sportelli della cucina, fu vedere se c’era un pacco di biscotti su cui
potersi buttare ... Niente ... del resto la casa era nuovissima!
Lei prima inquilina! Che sciocca: come poteva esserci roba in
dispensa? Meglio così, almeno la tentazione passava ... sì perché il suo sfogo spesso era quello ... si puniva così, con il cibo
che un po’ si forzava ad ingurgitare ... poteva essere un pacco
di biscotti o una scatoletta di tonno: non faceva differenza ...
Com’era buono quell’odore di nuovo ... lì tra quelle pareti
appena imbiancate, in quelle stanze vuote e luminose ...
Chissà cosa stava facendo Giuseppe in quel momento ...
magari era con lei, e di nascosto si scambiavano complici
sguardi di intesa tra i banchi dell’ufficio ...
“È andata così ...” e un sospiro le uscì sonoro dai polmoni,
dal profondo del cuore ...
Il principe azzurro?
Elena ci credeva come si crede alla favola di Babbo Natale ...
“Ma no, ma forse sì, esiste davvero, ma non il mio, non per ora
... adesso no ... ancora è lontano ... ma non è che ha smarrito
il mio indirizzo? Ma guarda che ho cambiato casa ... sono qui!
Chissà se lo sa che mi sono lasciata con Giuseppe ...
Lo aspetterò, e so che non tarderà a venire perché la vita ti
offre sempre una via di riscatto, e si può sempre risalire ...”
Lei aveva ben toccato il fondo ...
Ora era lì ...
Si lasciò cadere pesantemente sul divano, ancora con indosso il cappotto di velluto ...
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Neanche il tempo di sedersi, e squillò il telefono ...
“Pronto?”
“Buongiorno, la chiamo ... dalla porta accanto! Sono il suo
miglior vicino di casa!”
“Buongiorno ... ma scusi, perché migliore?”
“Perché sono l’unico ... Gli altri inquilini hanno affittato
l’alloggio, ma attualmente è disabitato, per il momento non
c’è nessuno, a me hanno lasciato solo le chiavi, nel caso ci fosse urgente bisogno di qualcosa, sa un’emergenza qualunque,
non si sa mai...”
“Di solito le presentazioni non si facevano faccia a faccia?
È assurdo che continuiamo a parlare e a spendere di bolletta
se davvero basta trovarsi in cortile ...”
“No ... è che ... non volevo disturbarla ...”
Dopo neanche cinque minuti, erano già di sotto che chiacchieravano vivacemente ...
Lui si chiamava Niccolò, era in quell’appartamento da ormai cinque anni da quando si era separato dalla moglie.
Da allora aveva cambiato molto le sue abitudini: era diventato decisamente espansivo e socievole, e non si faceva più
tanti problemi nemmeno per rivolgere parola agli estranei ...
Lei d’altra parte era al limite del logorroico ... Due secondi
in casa da sola ... veramente troppo ... troppo silenzio ... do-
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veva rimediare subito!
“Sa che è davvero simpatico? Parto bene ... intanto un vicino carino! Se mi si rompe qualcosa almeno so a chi rivolgermi
per il primo soccorso ... Ma davvero lei si occupa di riparazioni? Ripara davvero tutto?”
“Diciamo che ho inventato io il mio mestiere: in pratica
prendo quello che la gente butterebbe via e vedo se gli si può
far qualcosa ... ma questo per hobby ... ma mi dia pure del tu
... mi sento a disagio quando mi danno del lei ...”
“Ok, allora la stessa cosa per te: dammi del tu!”
“Ti dicevo ... quello è un hobby, seriamente faccio il gigolò ...”
“Ma ... come ...”
“Sì, l’appartamento vuoto in realtà è mio, ci organizzo i miei
incontri “ricreativi”, così mi piace chiamarli ...”
“Sì, c’è molto da “ricreare”... Immagino le donne che verranno da lei ...”
“In che senso?”
“Suvvia ... mi ha capito ...”
“Intanto, se smette di darmi del lei ...”
“Allora anche tu, va bene così? Dicevi? Non che giudichi
male chi fa quello che fai tu, ma il mio giudizio va su chi si
rivolge a te ...”
“In realtà la mia è una clientela molto selezionata, si tratta
sempre più o meno delle stesse persone, e quando ho qualche
nuova entrata, prima organizzo delle cene per approfondire
la conoscenza.”
“Ma perché? Che bisogno hai di conoscere le persone con
cui ...”
“Puoi dirlo, non mi offendo ... vado a letto? In realtà vedi ...”
E qui Elena storceva sempre di più il naso e pensava: “Ma
cosa **** sta dicendo?”
“Devi capire il motivo per cui queste donne, anzi queste
signore, si rivolgono a me ...
Sono persone frustrate che non hanno nessuno, o che non
vengono comprese da chi hanno accanto, donne magari in
carriera, ma con una famiglia da portare avanti e magari un
marito vecchio stampo che piuttosto che stirarsi una camicia,
la porta a lavare in tintoria ...”
“Il mio fid ... ex fidanzato, lui si lavava e si stirava la roba da
solo, non c’è mica bisogno di una laurea per farlo ... vabbè che
aveva anche quella ...”
“Sì ma torniamo al nostro discorso, mi fa piacere del tuo ex,
nel senso per lui che è di aperte vedute, ma ti volevo finire di
spiegare, anche perché sennò alla fine ... non vorrei tu avessi
un’idea sbagliata di me ... Te la sei già fatta vero? Normale ...
Pensa, pensa come se io fossi uno psicologo ... Il problema di
queste donne è che hanno perso non solo il dialogo vero con
la loro dolce metà, ma anche il dialogo fisico, del corpo, che
ne è una diretta conseguenza ... quello che fanno con me è
solo riscoprire che a toccare il loro corpo, in fondo, loro desiderano solo loro marito ... Sono come dei corsi, dove innanzi
tutto imparano a riscoprire la sensazione di essere desiderate
... Se ti senti apprezzato già parti da tre gradini più in alto,
poi passo per passo riscoprono il proprio corpo, e con una
persona che non conosce le linee delle loro curve, capiscono
meglio cosa desiderano, non si sentono condizionate perché
io non sono qui per criticarle o giudicarle, ma solo per dir loro
di non punirsi e non punire i loro mariti né a parole né a gesti.
Devono capire che fare l’amore dovrebbe essere un gesto
d’amore e non un esame, o un obbligo matrimoniale ormai di
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routine come lavarsi i denti.”
“Ma se loro alla fine capiscono che in realtà non vogliono
il loro marito? È mai successo per esempio che qualcuna si
innamorasse di te?”
“No ... anche perché poi devi sapere ... insomma i loro mariti spesso lo sanno che vengono da me ...”
“Come lo sanno?!?!”
“Sì, ne sono al corrente, ma fa parte del gioco, serve per
riaccendere in loro quel pizzico di gelosia che si perde, e per
capire che chi hanno accanto è lì oggi, ma domani potrebbe
anche non esserci ...”
Come era vera quella frase ... lei che si vedeva ormai sposata ... tradita così ... ma forse un po’, ora che ci pensava, era
anche colpa sua ... col tempo i loro momenti di intimità erano
diventati sempre meno, d’altra parte lei aveva anche una vita
impossibile ... poi in effetti ... sempre lo stesso cliché che si
ripeteva ogni volta ... e lui che insisteva sempre ... anche quando lei non aveva tempo e magari doveva uscire dopo mezz’ora ... E lui che ne approfittava di quei momenti di cambio di
vestiti, in cui lei sostava sognante per qualche decina di minuti
davanti all’armadio, in lingerie ... e magari a volte doveva cambiar pure quella quando alla fine, in mezzo alle varie prove di
combinazioni, optava per una maglia bianca ... il reggiseno
non poteva certo essere nero ... alla fine però ...
E qui Niccolò colse lo sguardo assorto di lei.
Alla fine però era anche bello, quando lui la spingeva contro la parete dell’armadio, e magari le faceva cadere di mano
i pantaloni o la camicetta che aveva deciso di indossare ... e la
baciava ... e lei si ritirava sempre, un po’ scocciata che era di
fretta, ma alla fine cedeva ... perché sì ... lo amava ...
Per la prima volta stava usando questo verbo al passato ...
“Ma io lo amo ancora ... no?”
Per la prima volta cominciò ad insinuarsi nella sua mente
il pensiero che adesso, dopo tutto quello che era successo,
come si era comportato, le bugie ... No, adesso non doveva
amarlo più ...
Sentì una fitta allo stomaco ... sì, era il suo fisico che si ribellava ... il conflitto era ancora forte, i suoi sentimenti, il suo
animo scosso da tutto, tutto successo troppo in fretta .... ancora le capitava di sognare che in realtà aveva solo immaginato tutto, che non era vero niente, che lui l’amava e lei aveva
creduto ... aveva avuto paura di perderlo ...
“Scusa ... ti sta squillando il telefono ...”
“A me? Ah ... davvero ... grazie, sì, grazie ...”
Elena, impacciata per quella improvvisa chiamata, riuscì a
prendere al volo il telefono che ancora squillava.
“Pronto? Oh ... ma ... ciao ... come stai?”
“Ho saputo che hai cambiato casa e che oggi andavi ad
inaugurarla ... com’è? Ti piace?”
“Bellissima ... grazie, ma ancora ... sono arrivata da poco ...
tu piuttosto?”
E cercò di ricomporsi cercando di riprendere un tono più
freddo e distaccato, ma in parte i suoi sentimenti ancora la
tradivano, non voleva fargli capire che ancora lui per lei era
qualcuno ... Giuseppe doveva lentamente e giustamente sparire dalla sua vita e dissolversi nella sabbia in cui era caduto
con le sue stesse mani, non solo colpevole, ma pure perseverante nell’errore e convinto della strada intrapresa ...
Ma che andasse pure a quel paese! “Fai come ti pare, ora
non mi tocchi più ...”
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Ma sapeva che non era vero ...
“Sono arrivato ora a casa e ti volevo dire che ho incontrato
tua madre, mi ha chiamato ... voleva vedermi ... mi ha dato ...
il regalo di compleanno!!! Quello che tu non mi avevi fatto,
direi giustamente .... però, c’è un piccolo problema ...”
“Cioè?”
“È un viaggio ... prenotato a nome mio e ... tuo ...”
“Come mio e tuo?”
“Sì, tua mamma sperava di riavvicinarci ...”
“Ma perché si impiccia sempre della mia vita?”
“Ok ... ok ...”
E intanto il mezzo sorriso dell’inizio telefonata era completamente sparito.
“Non ti preoccupare, vado io in agenzia e sistemo tutto ...
domani però, oggi fammi riprendere dal trasloco ... devono
ancora arrivare i camion con la roba ...”
“Va bene, però, se non ti dispiace, vorrei passare anch’io in
agenzia.”
“Ok.”
“In agenzia, la solita vero? Che si stupirà di vederci in separazione credo ... pazienza! Che ore facciamo? Va bene le 11?
Così facciamo con calma.”
“Benissimo.”
“Allora a domani. Ciao. Buon pomeriggio ...”
“Grazie ... anche a te.”
“Telefonata lunghissima ... Chi era il tuo ex? Te l’ho letto
negli occhi ... poi non volevo ascoltare la conversazione, ma
essendo qui ... le orecchie non me le posso tappare ...”
“Sì era lui ... Mia mamma ha fatto il solito casino ... Pensa
di fare bene e invece ... Prima non entrava mai nella mia vita
privata ... Adesso che ci stiamo lasciando definitivamente, si
sta opponendo con tutte le sue forze, ma se non funziona più
... Io ora ho bisogno di stare un po’ da sola ...”
“Ma non dicevi di essere sempre sincera ...?”
“Sì perché?”
“Perché questa frase che hai appena detto non corrisponde
a verità.”
“E tu che ne sai?”
“Perché te lo leggo negli occhi il bisogno immenso di amore che hai e, dall’altra parte, il grande, grandissimo “Bene”
che hai da donare agli altri; si vede che sei una di quelle persone buone e generose.”
“Non faccio l’elemosina.”
“Lo so. Non si dà mai gratuitamente niente: in cambio è la
nostra gioia del cuore.”
“È vero, ma tu ... Non sei tu il primo che si vende?”
“Per me è una gioia poter aiutare le mie clienti, le rendo più
felici e più vive perché la routine, i litigi domestici, tutto quello che non va avvelena se non lo si cambia: bisogna risolvere
i problemi, non accantonarli, altrimenti si accumulano, così è
con le questioni tra due persone ... poi ne risente anche l’amore perché si è frenati da tutti i blocchi e le risposte stizzite
che si sono date ... E spesso la gente litiga e mette il muso per
delle vere stupidaggini ...”
“Sì, devo dire che sembri uno psicologo davvero ... Ti chiederei quasi di analizzarmi ...”
“Non lo posso fare.”
“Perché?”
“Perché ancora emotivamente sei in una fase in cui qualunque risposta ti dessi sortirebbe l’effetto opposto. Avremo
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modo di parlare e di fare autoanalisi ... Ora credo tu abbia da
sistemare un po’ di cose, no?”
“Non ho fretta ... ancora non sono arrivati i camion ... ho
fatto molto prima di loro per la strada, poi dovevano passare
a prendere anche due mobili che avevo fatto ordinare in negozio in città ...”
“Ok, allora posso offrirti un drink?”
“Dove? Nella casa degli appuntamenti?”
“Non la chiamare così: sembra una casa chiusa ...”
“Lo è.”
“Permettimi di risponderti di no. Comunque non lì, ma da
me, a casa mia, se ti fidi ... Vivo da solo ... o meglio, devo
presentarti la mia dolce metà ... una gattina tigrata grigia ... si
chiama Emy, me l’ha regalata una mia cliente che purtroppo è
morta due anni fa dando alla luce la sua seconda figlia, hanno
avuto delle complicanze ed è morta in sala operatoria.”
“Mi dispiace ...”
“La vita ... Però ... fino all’ultimo lei è stata una persona davvero solare, e mi ha sempre ringraziato tanto perché era grazie a me che aveva riscoperto l’amore con suo marito. Non
è per lodarmi, ma davvero so quanto la mia presenza è stata
importante per lei, ogni volta che ci penso, a come era prima
che ci conoscessimo, e a come era diventata dopo ... mi si
allarga il cuore.”
“Sono senza parole ... In questi casi preferisco non fare
commenti perché ogni frase sarebbe incompleta e fuori luogo.”
“Allora che aspetti? Non entri?”
L’appartamento era arredato in maniera davvero originale
... e che luce!
C’era un’armoniosa commistione di antico e moderno: il
caldo color panna del divano si sposava con la lucentezza moderna del tavolino di vetro ...
“Complimenti! Hai davvero gusto! Hai mai pensato di fare
l’arredatore?”
“Dicono che dovrebbe riflettere il carattere ... Ci ho messo
tanto per arrivare a ciò che vedi, ma ogni cosa ha la sua storia
e il suo posto ... Ma vieni, vieni pure ... accomodati ...” E con
un gesto ampio del braccio le indicò il divano.
“Grazie, volentieri perché ora comincio a sentire un po’ la
pesantezza della giornata, e il bello deve ancora arrivare! Tra
poco arriverà la roba: scarica e sistema tutto ... Stasera vorrei
avere il tempo e la voglia di pensare anche a cenare ... C’è un
minimarket in zona? Così mi compro qualcosa ... Frigo ancora sul camion, sai com’è un trasloco ...”
“Se non sono troppo molesto, potresti venire qui a mangiare qualcosa, così con la scusa ci facciamo compagnia ...”
“Ma ... niente clienti stasera?”
“No, nessuna: serata libera.”
“Allora visto che ormai già un po’ ci siamo conosciuti ...
buona occasione per approfondire ...
Certo che però sei strano ... ripensavo al tuo “lavoro” di
volontariato/beneficenza a pagamento ...”
“Non ti va giù la cosa, vero?”
“No, non è quello ... anzi ... sì, hai ragione ... sono cose che
non riesco a capire ...”
“Cosa ti posso offrire da bere?”
“Un bicchier d’acqua volentieri ... grazie ...”
La cucina era vicino all’ingresso.
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“Posso venire a curiosare? Così almeno vedo con cosa verrò avvelenata stasera ... Scherzo!”
“Vieni, vieni ...”
La cucina era moderna, metallica, efficientissima: dal forno
a microonde al tostapane, non mancava davvero niente. Si vedeva solo un sacchetto del pane, vicino alla zona fornelli, poi
il vassoio della frutta con qualche mela rossa e gialla, il resto
era tutto ben nascosto tra credenza e frigorifero.
“Allora a che ora stasera? Ma devo venire in abito da sera?”
chiese Elena mentre aveva già buttato giù mezzo bicchiere di
acqua: che sete che aveva!
“Le 9 va bene?”
“Ok ... a dopo allora ... grazie!” rispose Elena finendo poi
l’acqua e lasciando il bicchiere vuoto su un ripiano.
Niccolò la accompagnò alla porta salutandola poi con un
lieve sorriso, un’increspatura delle labbra che aveva un tono
pacato, quasi riflessivo, come se mentre la salutava volesse entrare dentro il suo sguardo per leggervi qualcosa, oltre a quel
ciao, detto a bassa voce prima di sparire dentro il portone.
Tornò quindi nel suo appartamento e chiuse lentamente la
porta dietro di sé. Ora doveva pensare alla cena e incominciò
subito con i preparativi.
I furgoni arrivarono poco dopo, e meno male che ancora
Elena non si era buttata sotto la doccia, ma aveva avuto la
buona idea di provare a sentire dove fossero ... Quando stava
per telefonare li sentì arrivare da lontano, riattaccò il telefono
e tornò fuori per accoglierli.
“Perfetto ... questo lasciatelo pure qui. Grazie ... Allora al
prossimo trasloco!”
Ora sì, ora poteva rilassarsi, anche se erano già quasi le 8 ...
“La cena! Ma perché gli ho detto di sì ... sarei sinceramente
andata a letto molto più volentieri! Sono a pezzi!”
L’acqua della doccia era calda e abbondante: un vero recupero! Adesso era quasi pronta ...
Un filo di trucco, una sistemata ai capelli ...
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Niccolò la aspettava sulla porta con una rosa rossa in mano.
“E questa da dove viene?” chiese Elena sospettosa di tanta
galanteria.
“Ce l’avevo ... mi avanzava ... stasera nessuna cliente ...
Scherzo! Ho il mio amico che fa il fioraio e visto che doveva
passare in zona gli ho chiesto se me ne portava una ... La
regina dei fiori, una bella rosa rossa per una altrettanto bella
donna.”
“Grazie ... non so che dire ...” E mentre lo diceva avvicinò il
volto al fiore, inspirando poi a pieni polmoni il suo profumo
intenso, inebriante.
La sala da pranzo era avvolta da una luce soffusa, lume di
candela, sembrava un ristorantino, niente era fuori posto, e
regnavano l’accoglienza e il silenzio della casa d’intorno.
“Siediti ...”
Niccolò sparì in cucina, ritornando poi subito con una bottiglia di vino bianco, un elegante Greco di Tufo delle Cantine
Antonio Caggiano.
“È di suo gradimento il vino?”
“Ottimo ... Alla fine mi porti anche il conto?”
“Ma non pagavi “in natura”? Scherzo ... ci rifaremo, vorrà
dire che prossima volta mi ospiti tu, poi non conoscendo i
tuoi gusti non sapevo neanche bene cosa prepararti, o meglio
ero indeciso tra un paio di alternative ...”