L`Eco di Bergamo - Editrice Missionaria Italiana
Transcript
L`Eco di Bergamo - Editrice Missionaria Italiana
L’ECO DI BERGAMO 48 SABATO 12 SETTEMBRE 2015 Cultura C’era una volta Twitter [email protected] Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani www.ecodibergamo.it TERTULLIANO Quei due colpi contro don Sandro prete dei poveri Martire. Nel 1991 il sacerdote di Gromo San Marino veniva ucciso dai guerriglieri. A dicembre sarà beato Don Sandro Dordi con alcuni bambini della sua parrocchia in Perù GIORGIO FORNONI Ero arrivato in Perù per salutare padre Giovanni Bigoni, missionario monfortano di Ardesio e amico d’infanzia. Provenivo dalla Colombia, dove avevo filmato le attività illegali legate alla coltivazione di coca nella zona controllata dalla guerriglia ai confini con il Venezuela. Anche lì i miei contatti più preziosi si erano rivelati quelli dei missionari, coloro che da sempre vivono alle periferie del mondo la vita quotidiana degli emarginati e dei poveri. A Lima, avevo incontrato padre Giovanni Bigoni, «padre Johnny» come lo conoscono da quelle parti, nella sede dei Monfortani. Improvvisamente arrivò una telefonata e la notizia esplose come una bomba tra le mura di quell’ austero edificio. «Hanno ucciso don Sandro!» Si sapeva ancora poco, ma quello che era certo era che un commando di Sendero Luminoso aveva sequestrato e ucciso don Sandro Dordi, parroco di Santa, uno dei tanti paesi della costa peruviana affidati alle cure dei missionari italiani. Dopo la prima reazione di sgomento, l’istinto era stato quello di raggiungere subito quel posto. Avevo noleggiato un’auto e con due missionari e una suora, eravamo partiti in direzione di Chimbote, 400 chilometri più a nord. Erano i tempi in cui la sera scattava una sorta di coprifuoco in tutte le zone dove era presente Sendero Luminoso. Molte regioni Appena uscito La sua vita in un libro di don Bellini Segnaliamo l’uscita in libreria del volume «Sandali che profumano di Vangelo – Alessandro Dordi, martirio di un prete missionario”» di Arturo Bellini, edito dalla casa editrice Marcianum Press. Il Perù segna la tappa matura e definitiva del suo sacerdozio. Il 25 agosto 1991, mentre torna dalla celebrazione della messa in un villaggio della comunità di Santa, diocesi di Chimbote in Perù, Sendero Luminoso farà giustizia della sua carità con due colpi di arma da fuoco. Gli assassini non potevano sapere che così sarebbe «fiorita» la sua testimonianza tanto da giungere al riconoscimento del martirio, mentre i leader del movimento rivoluzionario confessavano la loro incapacità di leggere i segni positivi della sua azione e del suo servizio ai poveri. Tra i suoi amici padre Gustavo Gutierrez che al Convegno Missionario Nazionale di Sacrofano (novembre 2014) ha detto: «Voglio anche ringraziare per la presenza di tanti missionari italiani nel mio Paese, tra i quali ho molti amici. Ho conosciuto molto bene don Sandro Dordi e sono stato molto vicino alla terribile vicenda della sua morte». erano addirittura off-limits per turisti e giornalisti, rese pericolose da bande armate di rapinatori e guerriglieri. Arrivammo a Santa che era già buio e ci recammo subito nella chiesa del paese, dove era stato portato il corpo di don Sandro. Quella era stata la sua chiesa e un folla immensa si era già radunata per salutarlo. La bara era vegliata da quattro giovani e la gente attorno pregava, piangeva, portava fiori. Ricordo tanti, tantissimi fiori raccolti nei campi, la piazza antistante ne era piena. Molti fedeli venivano anche da lontano. La notizia dell’attentato aveva già raggiunto le trenta comunità della parrocchia sparse nelle campagne attorno a Santa. Don Sandro era disteso nella bara ancora aperta, vestito con il camice bianco e la stola. Aveva in volto un’espressione di estrema sofferenza. Gli avevano sparato due colpi, uno in testa e uno al cuore, un’esecuzione in piena regola che non gli aveva lasciato scampo. Era il pomeriggio del 25 agosto 1991. Don Sandro con una Toyota gialla si stava recando nella solitaria frazione di Vinzos, dove era atteso una volta al mese per celebrare la messa. Dietro una curva, aveva trovato la strada sbarrata da alcune grosse pietre e dovette fermarsi. Due terroristi balzarono fuori dai cespugli. Erano armati. Victor Tolentino, era uno dei due catechisti che erano con lui in quei tragici secondo. Era an- Il prete di Gromo in primo piano, dietro di lui monsignor Lino Belotti e (a sinistra) monsignor Mario Gorini 1 Rievoca i fatti Giorgio Fornoni, che arrivò sul luogo subito dopo l’agguato mortale 1 Un commando di Sendero Luminoso aveva ucciso don Sandro. La gente piangeva cora sotto choc, ma riuscì a raccontarmi: «L’intenzione era quella di far salire padre Sandro sul retro della macchina. Probabilmente volevano ucciderlo da qualche altra parte. Il padre non volle però muoversi. Si limitò ad alzare le braccia ripetendo la frase «No, per favore». Nient’altro, solo queste parole ripetute tre volte: «No, per favore, no». Lo tirarono fuori a forza e lui continuava a ripetere quelle parole. Poi l’assalitore fece due passi indietro, alzò la pistola ed esplose due colpi, alla testa e al cuore». Tolentino faticava a parlare, lo ricordo bene. Mi disse: «Subito dopo si rivolsero a noi, ci sbat- L'INTERVISTA MONS. JESÚS DELGADO. segretario del beato Óscar Arnulfo padre Grande, magari l’anno prossimo. So che il Papa desidererebbe officiare personalmente questa cerimonia, visitando il Salvador». «Romero, dalla carità alla giustizia» GIULIO BROTTI ertamente per molti anni nella Chiesa siamo stati responsabili del fatto che molte persone vedevano in essa un’alleata dei potenti in campo economico e politico, che contribuiva quindi a formare questa società ingiusta in cui viviamo». Così scriveva Óscar Arnulfo Romero, proclamato beato lo scorso 23 maggio. «Ma diciamo grazie al Signore – aggiun- «C rRZSEerdH/OQ4UaG3hR4zalRNpvSHtPrdTVonZvOyV4= geva - che continua senza sosta a chiamare i suoi figli alla conversione. E la Chiesa salvadoregna sta cercando di convertirsi al Vangelo». Aveva per titolo «La voce dei senza voce: il beato Óscar Romero» l’incontro che si è tenuto giovedì sera presso il Centro Congressi Giovanni XXIII, su iniziativa del BergamoFestival «Fare la pace» e in collaborazione con l’Editrice Missionaria Italiana. A portare una testimonianza sull’arcive- scovo di San Salvador ucciso «in odio alla fede» mentre celebrava l’Eucaristia, il 24 marzo 1980, è stato il sacerdote Jesús Delgado, già suo segretario particolare, che ha curato una raccolta di brani dall’epistolario privato di Romero, «La Chiesa non può stare zitta. Scritti inediti 1977-1980» (con prefazione dell’arcivescovo Vincenzo Paglia, Emi, pp. 144, euro 13, ebook euro 8,49). Monsignor Delgado, che nell’incontro di giovedì è stato intervi- stato dal superiore del Patronato San Vincenzo don Davide Rota, ha partecipato alle indagini storiche per la causa di beatificazione dello stesso Romero e per quella di un collaboratore e amico dell’arcivescovo, il gesuita Rutilio Grande, assassinato nel 1977 a causa del suo impegno a favore dei poveri. «Papa Francesco – riferisce Delgado - ha espresso la volontà che si possa giungere il prima possibile alla beatificazione di terono nel cassone della jeep e partirono a tutta velocità. Si fermarono solo una volta, vicino a un ponte, per caricare altri che li aspettavano. Ricordo bene le ultime parole che ci dissero: “Non ce l’abbiamo con voi, ma con i preti”. Poi, finalmente, ci lasciarono scendere e sparirono». Per quasi vent’anni, la lotta armata dei rivoluzionari di Sendero Luminoso era stata l’incubo del Perù. Il movimento era nato ispirato dalla dottrina marxista, per combattere la corruzione e l’ingiustizia del governo centrale, ma si era poi avvitato in una spirale di violenza e atrocità che aveva trovato come prima vittima proprio la popola- L’epistolario di Romero è impressionante non solo per l’ampiezza ma anche per la profondità dei suoi testi: si interessa ai drammi di mogli lasciate dai mariti, conforta chi è minacciato dagli «squadroni della morte», va in aiuto a un padre di famiglia in miseria tentato dall’ipotesi del suicidio… Mons. Jesús Delgado FOTO FRAU «Già prima di diventare vescovo monsignor Romero era molto impegnato sui versanti della pastorale della famiglia e del sostegno ai poveri. Era un Robin Hood “per conto di Dio”: chiedeva denaro a molte persone ricche, che 49 L’ECO DI BERGAMO SABATO 12 SETTEMBRE 2015 APPUNTAMENTI Andrea Vitali a Sovere, la Giacobini a Treviglio abato di appuntamenti letterari e libreschi: a Sovere, nel cortile di Palazzo Silvestri (via sen. Silvestri, 1), alle 20,45 , per Fiato ai Libri appuntamento con Andrea Vitali e i Sulutumana in «Durante la notte e il mattino». Il fortunato incontro tra la scrittura di Vitali e la musica dei Sulutuma- S na dà vita a uno spettacolo intenso e lieve al tempo stesso, dove narrazione e musica, storie e canzoni si alternano e si intrecciano. I protagonisti dei racconti letti si muovono in spazi reali e immaginari alla ricerca di un’alba che possa sconfiggere le tenebre e rivelarne i misteri, in una sorta di moderna «Odissea». Ingresso libero fino ad esaurimento posti. AlCircolinodiCittàAlta(vicolo Sant’Agata, 19) alle 17 Tiziana Antico presenta il suo libro «Gatti raccontano». A Treviglio Libri, alle 17,15 sotto i portici di via Matteotti Silvana Giacobinipresentailsuoromanzo «Questo sole ti proteggerà» (Cairo). Don Sandro prega su una tomba Insieme al vescovo mons. Piazzi. Don Sandro Dordi è il secondo da destra della prima fila dietro al vescovo Insieme al vescovo Oggioni Un bel primo piano del missionario bergamasco 1 I rivoluzionari marxisti scivolavano verso la violenza politica e il narcotraffico 1 I missionari erano uno dei pochi punti di riferimento per una popolazione stremata zione civile. Gli abitanti dei villaggi più sperduti della costa e della sierra erano schiacciati tra le imposizioni di Sendero e la controguerriglia dei militari governativi, senza alcuna possibilità di restare neutrali. Negli ultimi anni, si era creato anche un nefasto intreccio tra l’attività di Sendero Luminoso e il narcotraffico, che ruotava intorno alla coltivazione della coca. In questo scenario, i missionari apparivano come uno dei pochi punti di riferimento per una popolazione stremata e sottoposta a infiniti soprusi. Pochi mesi prima dell’uccisione di don Sandro Dordi, nella stessa diocesi di Chimbote, era- Con un amico no stati uccisi due frati francescani polacchi. Oggi, a distanza di 24 anni, Papa Francesco si appresta a proclamare beati i tre martiri. Insieme alla vittima più illustre della violenza contro la Chiesa di quegli anni, monsignor Oscar Romero, assassinato durante la messa nella cattedrale di San Salvador il 24 marzo 1980. La data del 25 agosto 1991, il giorno del martirio di padre Dordi, è entrata ormai nel calendario religioso della parrocchia di Santa. Per i poveri campesinos della valle di Chimbote, quella è la notte del dolore. del ricordo incancellabile di «padre Sandro», il prete buono, il sacer- lo ammiravano perché vedevano in lui un sacerdote “all’antica”; con quei soldi acquistava beni di prima di necessità e li distribuiva ai contadini. Inizialmente, al centro della sua attività pastorale c’era il tema della carità; poi alla carità si aggiunse la giustizia, con il relativo impegno contro i soprusi e le sperequazioni sociali». episcopale latinoamericano aveva fatta propria l’idea di una pastorale a favore “dei più poveri e bisognosi”. Romero temeva che in alcune di queste esperienze si finisse per ragionare secondo categorie marxiste piuttosto che evangeliche. Dopo l’uccisione di padre Grande vi fu una svolta. In un primo tempo, per risolvere le questioni nei rapporti tra lo Stato e la Chiesa Romero si era attenuto allo stile dei vescovi suoi predecessori: si incontrava privatamente con i rappresentanti del governo». Óscar Romero è l’esempio di una santità non riducibile a un’immaginetta devozionale. «Quando divenne arcivescovo di San Salvador, all’inizio del 1977, i rapporti con il clero locale non erano cordiali: in precedenza aveva espresso delle riserve nei riguardi di preti e gruppi che si ispiravano alla conferenza di Medellín del 1968, in cui il Consiglio rRZSEerdH/OQ4UaG3hR4zalRNpvSHtPrNUy6qgCITfU= dote di Gromo San Marino (Gandellino), votato alla vita missionaria e alla causa degli ultimi della Terra, vittima dell’estremismo fanatico di chi non accettava la posizione della Chiesa, schierata apertamente contro il terrorismo. Don Sandro era stato minacciato, forse si aspettava l’esplodere della violenza criminale, ma non si era tirato indietro. «Gringo, el Perù serà su tomba». Questa lugubre scritta era apparsa sui lavatoi di Santa pochi giorni prima dell’agguato. «Si riferiscono a me» aveva confidato padre Dordi ai suoi amici campesinos. Il suo martirio ha segnato il culmine dell’attività terroristica di Sendero Luminoso diretta contro l’opera della Chiesa in Perù, ma anche una grande sconfitta per i fanatici cultori della violenza e della morte. Padre Sandro era arrivato in Perù a 50 anni, nel 1981, come missionario della Comunità del Paradiso di Bergamo, e ne aveva fatto la sua seconda patria. La vita continua, a Gromo San Marino così come a Santa, in Perù. Ma c’è un filo comune che lega ormai indissolubilmente le due diocesi. Sandro Dordi era nato il 22 gennaio del 1931 tra le montagne delle Orobie e quello scenario lo portava sempre nel cuore. Prima destinazione, nel 1954, il Polesine devastato dalla Quando capì che erano loro i mandanti dell’assassinio, cambiò atteggiamento? La gente porta per le strade un ritratto del vescovo Romero ucciso «Sì, affermò che in futuro tutto ciò che desiderava far sapere al tragica alluvione del Po. Sulla piazza di Taglio di Donada sorge oggi un monumento, «Il prete con la bicicletta», ispirato dalla sua attività in quegli anni difficili. Poi venne il villaggio di Le Locle, in Svizzera, la sua seconda terra d’adozione, dove dal 1966 al 1979 il suo impegno fu diretto alla comunità dei lavoratori italiani emigrati in quel Paese. Condivise per 13 anni la loro vita, lavorando anche lui stesso in fabbrica come prete-operaio. «Sono venuto tra voi con una valigia di cartone», ricordava le sue parole un emigrato italiano da me incontrato a Le Locle, «e me ne vado con altre scatole, pur 1 Per i poveri campesinos di Chimbote quella del 25 agosto è la notte del dolore 1 I suoi amici oggi cantano: «È l’alba di un nuovo giorno, padre Sandro, dove sei?» sempre di cartone». La gente semplice di Santa percepì subito la grandezza e il valore del suo martirio. Me ne resi conto durante la prima grande veglia funebre al suo capezzale. Lo volevano santo subito. Ha commentato monsignor Lino Belotti, vicario emerito dell Diocesi di Bergamo e capo della comunità del Paradiso a cui apparteneva anche padre Dordi, «Don Sandro ha “meritato” la sua fine. Nel senso che per quanto dolorosa e tragica, trascende nella gloria del martirio. Non c’è maggior gloria, per un cristiano, di chi dà la propria vita per gli altri». Nella veglia del 25 agosto, sul luogo stesso dell’agguato, si canta una canzone composta dai suoi amici campesinos. «Aveva lasciato la sua famiglia e i suoi cari», dice la canzone, «aveva detto addio alla sua terra. Era venuto qui da noi con amore e generosità, per condividere le nostre fatiche. Aiutava i poveri, cancellava i nostri peccati. La mano di un nemico stroncò la sua vita. È l’alba di un nuovo giorno, padre Sandro dove sei? Cosa faremo senza il tuo aiuto, non vedi che siamo tutti in lacrime perchè non ti vediamo? Ma il tuo popolo continua ad avere speranza e fede, perchè il tuo ricordo resterà sempre vivo nei nostri cuori». ©RIPRODUZIONE RISERVATA governo sarebbe stato detto pubblicamente, dalla “cattedra della verità”, nel corso delle sue omelie domenicali. Queste potevano durare tre, quattro ore; il livello di attenzione era tale che si dovettero rinviare delle partite di calcio, perché la gente rimaneva in cattedrale anziché recarsi allo stadio. Peraltro, intervistato sul significato che per lui aveva avuto la morte di Rutilio Grande, monsignor Romero raccontò che il suo cammino di conversione era iniziato molto tempo prima, fin dal giorno in cui aveva capito di essere “un peccatore”. L’uccisione di padre Grande aveva segnato una tappa di questo percorso: gli aveva suggerito che doveva “lasciarsi convertire dal suo popolo”». Sia Romero sia Bergoglio si sono trovati a vivere in fasi drammatiche della storia dei rispettivi Paesi: mentre in Salvador iniziava la guerra civile, l’Argentina era oppressa da una terribile dittatura militare. Si possono trovare altre analogie tra loro? «Un tratto comune è l’idea, più che di una “teologia”, di una “pastorale della liberazione”, a partire dai bisogni concreti delle persone. Del resto, ho notato che nei suoi discorsi il Papa riprende implicitamente dei passaggi di Romero. Quest’ultimo raccomandava ai suoi preti di non restare chiusi nelle parrocchie, ma di “andare incontro ai campesinos”. Come non pensare agli appelli di Francesco perché la Chiesa si porti “nelle periferie del mondo”?».