EsperienzeEuropee FPFrancia

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EsperienzeEuropee FPFrancia
Confederazione Generale Italiana del Lavoro
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Esperienze Europee
La Formazione Professionale in Francia
Visita di studio CEDEFOP
Parigi, 26 / 30 marzo 2001
La visita di studio, organizzata dal CEDEFOP nella Regione dell’Ile de France a Parigi dal 26 al 30
marzo 2001, è stata per una delegazione di esperti europei l’occasione per conoscere ed
approfondire da vicino il sistema francese di "formazione professionale per gli adulti" .
Il primo dato saliente concerne la forte valenza della FP come architrave di un sistema fortemente
integrato e strutturato nel raccordo tra educazione e politiche attive per il lavoro.
Infatti, nel paese transalpino il primo accordo interprofessionale in materia di formazione
professionale e continua risale a più di 30 anni fa.
Nel 1971 le "Leggi Arnoux" hanno recepito i punti qualificanti definiti nella negoziazione tra le parti
sociali l’anno precedente, che sono stati i seguenti:
• contribuzione obbligatoria delle imprese (pari all’1,5% del salario nelle aziende superiori a 10
addetti e ad una quota tra lo 0,15% e lo 0,25% per quelle più piccole) a sostegno delle attività di
FC;
• gestione paritetica dei fondi nazionali, che hanno il compito di raccogliere e di canalizzare le
risorse per i piani formativi aziendali e territoriali.
Per fare un confronto, basta pensare che nel nostro Paese siamo pervenuti a tali esiti soltanto con
il Patto sociale del 1998, che peraltro sta avendo una concreta attuazione in merito in questa fase,
grazie ai nuovi organismi bilaterali.
Da tutti gli incontri – sia di quelli con istituzioni pubbliche sia di quelli con enti o associazioni sociali
– è emersa l’acquisizione convinta del principio della Comunità Europea: fare della longlife learning
(apprendimento per tutto l’arco della vita) un diritto individuale delle persone e dei lavoratori,
trasferibile e garantito collettivamente. In tal senso, va riconosciuto che nella pratica quotidiana si
riscontra in modo reale una priorità politica e sociale: la valorizzazione delle risorse umane come
fattore strategico delle iniziative per lo sviluppo e per la competitività della Francia.
L’integrazione fra le istituzioni scolastiche e le forze produttive, tra la formazione iniziale e quella
professionale viene realizzata attraverso programmi e metodologie, che in qualche modo
cominciamo ad intravedere anche in Italia con l’avvio della riforma della scuola dell’autonomia e
del decentramento, che fa perno su alcune innovazioni fondamentali (come il riordino dei cicli,
l’obbligo formativo a 18 anni, il nuovo apprendistato) .
Nel Liceo Tecnico "Denis Diderot" – una scuola modello e ricca di servizi educativi – ci è stato
esposto il modello di funzionamento di un Centro Greta, che organizza a livello territoriale progetti
e piani di educazione per gli adulti, sulla base di stages , dei fabbisogni formativi e delle esigenze
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professionali delle imprese (con analisi ed indagini che vengono aggiornate ogni 5 anni), sostenuti
con risorse finanziarie comunitarie, dello stato e della regione.
In modo particolare, quello che più ha colpito la nostra attenzione è stato il sistema avanzato di
"validation" (cioè di valutazione e di certificazione) delle attività – sulla base di uno standard di
qualità, definito DAVA . Tutto ciò porta gli utenti a conseguire dei diplomi (riconosciuti), che vanno
da 3 a 5 livelli di alta specializzazione sulla base di corsi dai 15 ai 18 mesi di durata, che offrono
buoni contenuti di conoscenze e di competenze e che garantiscono ottime chances per il mercato
del lavoro locale (ma anche per quello nazionale ed europeo). Non a caso, tali attestati vengono
riconosciuti come crediti formativi validi per tutto il sistema educativo francese, ma anche sul piano
comunitario.
La partecipazione delle imprese e dei lavoratori ai fondi paritetici per la formazione continua –
obbligatoria per legge – è evidenziata da due dati: in Francia oltre l’1,80% del PIL viene investito
nei piani formativi aziendali e territoriali (a fronte dello 0,60% del nostro Paese) . Inoltre, un
lavoratore attivo su tre partecipa ad azioni di FC. E va ricordato che proprio su queste tematiche, in
questi giorni si è aperto un nuovo tavolo di confronto tra Medem (la confindustria francese) e le
organizzazioni sindacali – che qui sono articolate in 5 grandi confederazioni – sulla base di un
nuovo progetto per una "rifondazione sociale".
Come è stato sottolineato in un moderno centro di FP (Batiment Formation Institut, al cui confronto
impallidirebbero tanti enti ed agenzie della nostra regione), l’offerta formativa viene contraddistinta
da tre elementi:
• alta qualità dei contenuti e delle competenze professionalizzanti, grazie a metodologie di
alternanza tra teoria e pratica, con stages aziendali ed anche all’estero, per imparare la lingua
inglese; nonché grazie all’impiego diffuso delle nuove tecnologie per la e-learning e per la
formazione a distanza;
• opportunità di piani e di progetti formativi personali, grazie a concedi individuali di formazione,
con garanzie economiche e normative;
• sistema di certificazione della qualità, che rilascia dei veri e propri "contratti di qualificazione"
professionale, riconosciuti e sollecitati dalle aziende (soprattutto in relazione all’evoluzione
dell’economia della conoscenza e delle innovazioni nell’organizzazione del lavoro).
A tal riguardo, è risultato ancora più stimolante conoscere il sistema di definizione dei bilanci di
competenza, che è stato stabilito per legge a partire dal 1992. Si tratta di un procedimento
alquanto originale (non solo rispetto alla realtà italiana, dove si è cominciato a porre questa
esigenza soltanto negli ultimi mesi, in relazione al nuovo canale della formazione integrata tecnicosuperiore), sia per il modo sia per i soggetti che lo attuano.
Nel CIBC (Centro Interistituzionale di Bilanci di Competenza, che è una associazione privata,
riconosciuta dallo stato, con finalità pubbliche) viene organizzata l’accoglienza per ascoltare e
definire il bilancio individuale delle competenze acquisite dalla singola persona (che può essere un
lavoratore attivo ma anche un giovane in cerca di prima occupazione o un soggetto socialmente
più debole), sulla cui base costruire un orientamento per un progetto formativo e per un nuovo
percorso occupazionale.
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In tal modo viene sancito il diritto individuale al bilancio di competenze.
Infatti, attraverso l’analisi delle sue competenze professionali e personali, nonché delle sue
motivazioni, con tale strumento si fa il punto delle esperienze fatte, vengono individuati i risultati
conseguiti. In base a questi dati è possibile definire un progetto professionale, che può
comprendere o meno una attività di formazione .
E proprio l’esperienza di questo centro parigino ci porta ad evidenziare uno degli aspetti più
significativi dell’integrazione di sistema, che fa la forza e contraddistingue la politica di
valorizzazione delle risorse umane in quel Paese. Ci riferiamo alla capillare rete di strutture e di
associazioni che si battono per limitare l’esclusione sociale, che vanno dai moderni centri per
l’impiego ad enti vari ed associazioni che operano sul territorio, con il contributo attivo di soggetti
pubblici e privati.
Ne sono un esempio , da un lato, l’associazione "Obiettivo occupazione", costituita a St Denis
(grosso centro della periferia industriale della capitale); dall’altro, le strutture per l’innovazione a
sostegno dello sviluppo locale, per la creazione di nuove imprese (incubatori), che sono diffuse in
tutta la Francia.
Da queste realtà si possono trarre spunti e riflessioni, di cui far tesoro in realtà a ritardo di sviluppo,
come quelle di alcune aree del nostro Mezzogiorno, che ancora stentano a far decollare i
necessari processi di riforma e di decentramento, a partire da quelli decisivi dei nuovi servizi per
l’impiego, che sono chiamati a svolgere non più solo compiti di tipo burocratico, ma funzioni ben
più rilevanti e complesse per l’accoglienza, l’orientamento ed il tutoraggio sia per l’avvio al lavoro
sia per attuare provvedimenti innovativi come quelli per l’obbligo formativo, per il nuovo
apprendistato e per la riorganizzazione dei Centri Territoriali per l’educazione permanente.
In conclusione, non vanno tralasciati gli aspetti più critici e problematici emersi dagli incontri. In
particolar modo, anche qui in materia di FC è emersa una forte disuguaglianza tra le grandi e
piccole imprese, in quanto queste ultime – così come avviene anche in Italia – mostrano maggiori
difficoltà e resistenze a promuovere e gestire piani formativi ( su questo punto una forte critica è
stata avanzata da parte della CGT al modo di gestione dei fondi paritetici).
Infine, è apparsa evidente una certa rigidità nelle relazioni sindacali, che sono ancora fortemente
centralizzate, a scapito della negoziazione e della concertazione tra le parti sociali e le istituzioni a
livello locale e regionale (ad eccezione della formazione iniziale e della definizione dei fabbisogni
professionali).
Su questo aspetto, la nostra esperienza della programmazione negoziata e dei patti territoriali
rappresenta certamente un’esperienza più avanzata nel quadro delle politiche comunitarie di
sviluppo locale e di innovazione.
Pasquale Iorio
Formazione e Ricerca CGIL Campania
Napoli, 31 marzo 2001
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