Thesis - Envirochange

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Thesis - Envirochange
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRENTO
Facoltà di Economia
Corso di Laurea in Economia e Commercio
Tesi di ricerca
POTENZIALITA’ E SOSTENIBILITA’
DELL’UTILIZZO DEGLI AGENTI DI
BIOCONTROLLO NELLA COLTIVAZIONE
DELLA FRAGOLA IN AMBIENTE MONTANO
Relatrice:
Prof.ssa Roberta Raffaelli
Laureanda:
Riccarda Moser
Anno accademico 2003-2004
A Ricky
Per ricordare questo bellissimo periodo della mia vita che è giunto a termine e
per non scordare tutto quello che ho dovuto fare per poter arrivare fino ad oggi.
INDICE
INTRODUZIONE __________________________________________ 1
1
UNA NUOVA FRONTIERA PER I PROBLEMI
FITOSANITARI: GLI AGENTI DI BIOCONTROLLO (BCA) __ 9
1.1 L’uso dei fitofarmaci e la normativa relativa ai livelli massimi di residui
di pesticidi ammessi negli alimenti __________________________________ 9
1.2 Gli agenti di biocontrollo ___________________________________________ 15
1.3 I tre approcci principali del controllo biologico ____________________ 19
1.3.1 Metodo classico (importazione) _____________________________ 19
1.3.2 Metodo inondativo (accrescitivo) ____________________________ 20
1.3.3 Metodo conservativo ______________________________________ 20
1.4 Cenni storici del controllo biologico _____________________________ 21
1.5 L’uso dei BCA in programmi attuali di lotta integrata per il controllo
di parassiti,malerbe e malattie ____________________________________ 24
1.6 I vantaggi nell’uso dei BCA ____________________________________ 28
1.7 Gli svantaggi nel’uso dei BCA __________________________________ 31
1.7.1 Alcuni effetti ambientali dei BCA ____________________________ 33
1.8 Barriere al successo e alla commercializzazione dei BCA ___________ 35
1.9 Il futuro dei BCA _____________________________________________ 40
2 LA FRAGOLA: DIFESA E MERCATO ____________________ 43
I PARTE: LA DIFESA
2.1 Le principali avversità della fragola ________________________________ 43
I
2.2 Tecniche di coltivazione _______________________________________ 46
2.2.1 Coltivazione in suolo o in pieno campo ________________________ 46
2.2.2 Coltivazione fuori suolo o programmata _______________________ 47
II PARTE :IL MERCATO
2.3 Il mercato mondiale della fragola _______________________________ 49
2.3.1 Il commercio estero _______________________________________ 50
2.4 La coltura della fragola in Italia ___________________________________ 52
2.4.1 Esportazioni e importazioni delle fragole italiane ________________ 52
2.4.2 Consumi italiani delle fragole _______________________________ 54
2.4.3 La redditività di tale comparto _______________________________ 55
2.5 La fragolicoltura in Trentino ______________________________________ 56
2.5.1 I mercati di sbocco della fragola trentina _______________________ 58
2.5.2 Analisi dei costi di produzione e della redditività del settore delle
fragole in Trentino La situazione in provincia di Trento ________________ 59
2.5.3 La difesa in provincia di Trento _____________________________ 65
2.5.4 L’A.P.A.S.O. ____________________________________________ 66
3
VALUTAZIONE ECONOMICA__________________________ 69
3.1 La prova in campo ____________________________________________ 73
3.2 Risultati e discussione _________________________________________ 76
4
RILEVAZIONE EMPIRICA SU ALCUNE AZIENDE _______ 81
4.1 Obiettivi, basi teoriche, ipotesi e metodologie di ricerca adottate _____ 81
4.2 La progettazione e la costruzione del questionario ________________ 84
4.3 Analisi e discussione dei risultati della rilevazione empirica ________ 89
4.3.1 Presentazione del campione _________________________________ 90
4.3.2 Informazioni relative alla conoscenza dei BCA _________________ 91
4.3.2.1 Risultati relativi alle caratteristiche percepite dei BCA__________ 95
II
4.3.3 Informazioni relative alla fiducia e all’uso dei BCA nella
fragolicoltura trentina __________________________________________ 100
4.3.4 Risultati relativi alle problematiche riscontrate ________________ 104
4.3.5 Risultati relativi alle strategie per promuovere i BCA ____________ 106
CONCLUSIONI _________________________________________ 113
RINGRAZIAMENTI _____________________________________ 123
BIBLIOGRAFIA _________________________________________ 125
ALLEGATI
III
IV
INTRODUZIONE
Molto spesso in agricoltura si è portati a parlare di quei fattori, sostanzialmente
scientifici e tecnologici, finalizzati all’incremento produttivo. Oggi, però
l’agricoltura non può più essere vista solo come un semplice processo produttivo,
come in passato, ma deve saper crescere con le nuove esigenze del consumatore e
del mercato e saper rispondere delle aspettative sempre più ampie e proiettate al
futuro. Essa deve cercare di conciliare contemporaneamente due aspetti ormai
fondamentali: l’esigenza economica del produttore, perché l’agricoltura rimane
un’attività imprenditoriale e come tale esige un suo giusto reddito, e il
mantenimento dell’integrità delle risorse naturali, per assicurare le potenzialità
produttive anche alle generazioni future attraverso un'agricoltura sostenibile sia
dal punto di vista ambientale sia da quello sociale.
Bisogna, quindi, sviluppare tecnologie e pratiche agronomiche e colturali capaci di
mantenere o aumentare la qualità del suolo e del prodotto ottenuto e allo stesso
tempo di migliorare le prestazioni delle piante e degli animali, riducendo gli scarti
produttivi. Si parla quindi di un’agricoltura sostenibile. Ma cosa significa?
Concetto di agricoltura sostenibile
Dare una definizione di agricoltura sostenibile risulta assai complesso date le
numerose definizioni trovate. Pretty (2000) definisce l’agricoltura sostenibile
come quell’insieme di tecnologie e pratiche che massimizzano la produttività della
terra cercando di minimizzare i danni sia allo stock delle risorse naturali (suolo,
acqua, aria e biodiversità) sia alla salute umana (agricoltori ed altri residenti nelle
zone rurali, e consumatori). Un’agricoltura, perciò, in grado di preservare
l’ambiente utilizzando tecniche adeguate, remunerative e socialmente desiderabili
(FAO, 1999).
Da quanto sopra emerge, quindi, che la sostenibilità si compone di tre dimensioni:
economica, ambientale e sociale (OECD, 1999).
1
•
La dimensione economica
Essa concerne l’idoneità a salvaguardare una capacità produttiva in grado di
soddisfare i bisogni correnti e futuri, attraverso l’uso efficiente delle risorse
naturali. In pratica si tratta di massimizzare la produzione dato un insieme
fisso di input.
•
La dimensione ambientale
Essa fa riferimento all’abilità di mantenere le risorse naturali in quantità
sufficiente, riducendo i possibili danni e favorendo al contempo gli effetti
benefici prodotti dall’attività agricola sull’ambiente circostante. Questa
dimensione punta, quindi, sui processi di natura biologica, sulla
biodiversità e sulla protezione delle risorse genetiche. Essa è generalmente
considerata in relazione agli stili di vita umani, cioè al livello di funzioni
ambientali richieste per sostenere un particolare stile di vita o al livello di
attività economiche (Ekins, 1997).
•
La dimensione sociale
Questa dimensione riguarda l’attitudine a mantenere un’equità sociale,
intergenerazionale e intragenerazionale, accettabile nella distribuzione dei
redditi (all’interno del settore agricolo e tra tale settore
ed il resto
dell’economia), nei prezzi equi per produttori e consumatori, nell’equilibrio
delle opportunità occupazionali tra aree rurali e urbane. Riflette inoltre la
capacità del sistema di supportare adeguatamente i produttori da parte sia
delle comunità sociali sia delle istituzioni.
Inoltre si riferisce alla capacità di alcune tecniche agronomiche di ridurre il
rischio per la salute umana dei consumatori, agricoltori e residenti.
L’agricoltura sostenibile si prefigge, in sintesi, l’obiettivo di coltivare in modo
efficiente e produttivo preservando e migliorando l’ambiente e le comunità locali,
2
prevedendo il minimo impiego possibile di elementi estranei quali fertilizzanti e
pesticidi pur continuando a produrre raccolti con una resa elevata e una buona
qualità. Il tutto facendo in modo che gli eventuali effetti nocivi sull’ambiente
siano minimizzati e contribuendo a migliorare le condizioni per i membri della
comunità locale mediante la creazione di posti di lavoro e la tutela dell’ambiente.
Il concetto di agricoltura sostenibile racchiude in sé, quindi, un sistema agricolo
economicamente vitale, eco-compatibile e socialmente giusto (Barnett, 1995).
In agricoltura, tuttavia, come in ogni altro sistema, la produttività si misura
rapportando i risultati ottenuti con i fattori introdotti per ottenere la produzione. Il
risultato considerato è perciò solo la resa produttiva delle piante in termini di
quantità, anche se la produzione potrebbe causare delle esternalità. Le esternalità
possono essere positive o negative e possono influenzare il benessere generale o
modificare l’ambiente esterno. Esempi di esternalità negative dovute alla
produzione sono: l’inquinamento del terreno e delle falde acquifere dovuto alla
deriva dei pesticidi, il rischio per la salute degli essere umani, degli animali e
dell’ecosistema.
Per avere una misura corretta della sostenibilità di un sistema agricolo bisogna
considerare e valutare anche tali esternalità. Gli studi, relativi la valutazione dei
costi economici dovuti alle esternalità sull’ambiente e sulla salute umana, sono
però ancora pochi, nonostante siano disponibili analisi delle possibili interazioni e
dell’incidenza specifica dei pesticidi correlata ai danni ambientali (Steiner et al.,
1995). Questo perché molte delle conoscenze base e delle metodologie di ricerca
necessarie per capire gli effetti delle esternalità sono ancora in via di sviluppo
(Barnett, 1995). Inoltre, anche se alcune di esse possono essere quantificate, la
maggior parte di esse coinvolgono beni che non hanno mercato e/o dipendono da
controversie su quale sia il valore monetario da attribuire loro (Steiner et al.,
1995).
In agricoltura, alcune esternalità negative per l’ambiente e per la salute degli esseri
viventi derivano dall’applicazione e uso degli antiparassitari necessari per la
protezione delle piante contro i patogeni.
Per agevolare il processo di valutazione degli effetti negativi associati all’uso dei
pesticidi, questi vengono suddivisi in una pluralità di costi (Steiner, 1995):
3
– costi necessari per il controllo chimico: costi per la registrazione dei
principi attivi, per la certificazione di un programma di sicurezza e per
informare l’agricoltore.
– costi dovuti agli effetti acuti e cronici sulla salute dell’uomo
– costi ambientali come l’inquinamento, la riduzione dei nemici naturali, la
comparsa di nuovi parassiti o di specie più resistenti, la perdita di altri
organismi viventi e la morte di alcuni animali domestici. Sono compresi
anche i costi relativi al monitoraggio della contaminazione del terreno e
delle falde acquifere.
Tuttavia, quantificare il loro costo risulta essere un compito molto difficile a causa
della diversità delle sostanze chimiche usate nei trattamenti, del loro impatto
ambientale, del diverso metodo di applicazione e delle caratteristiche specifiche
dell’ambiente in cui sono immesse (Barnett et al., 1995).
Inoltre, a tutto ciò si aggiunge anche il fatto che, come risultato della resistenza ai
fitofarmaci, il sistema agricolo è attualmente, più incline agli attacchi di nuovi
parassiti, al ritorno di vecchi parassiti, alla mortalità dei nemici naturali e
all’insorgenza di nuovi parassiti, (Gurr et al., 1998). Lo sviluppo della resistenza
verso i pesticidi assieme alla percezione del rischio associato alla modificazione
genetica delle piante e la preoccupazione sugli effetti deleteri dei fitofarmaci
sull’ambiente e sulla salute umana hanno dato un forte impulso alla ricerca che si è
orientata verso lo sviluppo di nuove tecniche e mezzi di difesa sostenibili per la
protezione delle piante.
Incominciano così a farsi strada nel mondo agricolo tecniche alternative all’uso
incondizionato dei fitofarmaci come la lotta integrata, la lotta biologica e
l’agricoltura biodinamica.
Fra i vari mezzi di difesa della lotta biologica, particolare attenzione è rivolta ai
“biocontrol agents”, noti comunemente in Italia con il termine impropriamente
tradotto “agenti di biocontrollo”. Essi sono dei microrganismi viventi o vitali
4
(patogeni, insetti, acari predatori, virus degli insetti), naturalmente esistenti
nell’ambiente, usati per controllare la popolazione di un organismo non desiderato
(parassita) entro una determinata soglia in modo tale che la densità di popolazione
del parassita non possa provocare danni alla coltura (Chalet, 2002).
Grazie al loro basso impatto ambientale e all’assenza di residui chimici nel
prodotto finale, gli agenti di biocontrollo (che d’ora in poi chiameremo BCA) sono
uno dei mezzi più promettenti (Pritts, 2000) per il futuro nella difesa delle piante
contro patogeni e parassiti, rappresentando una valida alternativa all’uso dei
fitofarmaci tradizionali, con notevoli benefici per il consumatore, l’agricoltore e
l’ambiente.
Tali agenti offrono, infatti, un prodotto più sicuro per il consumatore, poiché
essendo microrganismi naturalmente presenti nell’ecosistema, sono in grado di
degradarsi e non lasciare residui sui prodotti destinati alla consumazione. Inoltre
gli agenti di biocontrollo attualmente disponibili sul mercato sono privi di rischi
per la salute umana in quanto sono scelti tra i microrganismi che non producono
sostanze pericolose o tossiche per l’uomo. Possedendo una tossicità irrilevante per
l’uomo, possono quindi contribuire a ridurre il rischio di intossicazioni acute o
croniche per i lavoratori che effettuano i trattamenti in campo. Un ulteriore
beneficio per l’agricoltore è costituito dal fatto che generalmente è possibile
compiere trattamenti prossimi alla raccolta, in quanto anche il tempo di carenza
può essere molto breve o non esistere affatto. Tali agenti hanno, inoltre, un minor
impatto sull’ambiente, sulla fertilità del terreno e sulle falde acquifere (Hokkanen
& Lynch, 1995).
I BCA, oltre ad essere usati in agricoltura biologica, potrebbero essere usati anche
là dove i parassiti hanno sviluppato una resistenza ai mezzi di difesa tradizionali,
dove l’uso di pesticidi è vietato o sta per esserlo (caso del bromuro di metile1) o
dove ancora oggi non esistono tecniche efficienti contro specifici parassiti.
Considerando le prospettive di sviluppo di questi nuovi agenti, l’attenzione del
ricercatore è rivolta soprattutto all’individuazione di agenti più efficaci nella
protezione contro le malattie e allo studio del loro meccanismo d’azione. È
necessario, tuttavia, non trascurare alcuni aspetti cruciali come la valutazione
1
Un gas biocida vietato dal 01/01/2005
5
economica sia di una loro introduzione in un sistema di protezione integrata e sia
dei possibili vincoli socio-economici legati alla fase di attuazione nell’ambiente
agrario che potrebbero impedire o ritardare l’introduzione e l’uso degli stessi nella
realtà agricola.
L’obiettivo dello studio compiuto è di verificare la potenzialità e la sostenibilità
dell’utilizzo di alcuni agenti di biocontrollo nella coltivazione della fragola in
ambiente montano, prima attraverso una ricerca bibliografica dei loro benefici e
svantaggi ed in seguito mediante sia una valutazione economica degli stessi
applicati da soli o in un programma di lotta integrata e sia una rilevazione
empirica.
L’analisi economica, sviluppata su dati ottenuti da un esperimento
compiuto dal Centro SafeCrop presso l’Istituto di San Michele all’Adige
nella provincia di Trento, ci porta a valutare alcune differenti tecniche di
lotta ai parassiti ( 11 strategie di cui quattro di lotta integrata, tre di BCA e
lotta integrata, tre che contemplano l’uso esclusivo di BCA e una che fa da
testimone) in termini di costi del trattamento, percentuale di produzione
persa e presenza di residui sul prodotto finale. Si analizza quanto esse siano
sostenibili sia dal punto di vista economico, sia sociale (per il produttore:
qual è la soglia di danno accettabile oltre la quale egli non è disposto a
scendere; per il consumatore: un prodotto con minor residuo possibile) e sia
dal punto di vista ambientale.
In seguito ai risultati ottenuti dalla valutazione economica, si è reso
necessario capire come l’uso di tali agenti viene considerato e gestito nella
realtà, rimanendo sempre nell’ambito della fragolicoltura trentina.
6
Gli obiettivi della rilevazione empirica sono stati quelli di:
•
testare il livello di conoscenza riguardante i BCA,
•
comprendere che cosa può influenzare la fiducia in un metodo di controllo
biologico
•
identificare i problemi che gli agricoltori hanno riscontrato durante l’uso
degli stessi
•
individuare le strategie capaci di catalizzare l’introduzione su ampia scala
degli agenti di biocontrollo.
La scelta di approfondire l’argomento in un settore particolare come quello della
fragola, deriva dalla constatazione che essa rappresenta per la maggioranza dei
consumatori uno dei frutti più piacevoli e desiderati, un prodotto dal “fascino
particolare” (www.assofruit.com/servizi/fragola.htm) che si colloca sopra gli altri
prodotti ortofrutticoli. Un altro motivo che ha spinto lo studio verso tale prodotto è
che essa è collocata nella lista dei dieci prodotti da evitare a causa della presenza
di residui chimici presenti al momento della raccolta (Ames, 2003).
Nello specifico il lavoro è stato suddiviso ed organizzato in quattro capitoli, il cui
contenuto è descritto brevemente qui di seguito:
Il capitolo 1 riporta le principali caratteristiche degli agenti di biocontrollo,
i loro vantaggi, svantaggi e le barriere sia al loro successo sia alla loro
commercializzazione su ampia scala.
Il capitolo 2 presenta un quadro generale relativo alla difesa e al mercato
della coltura della fragola. Nella prima parte, relativa alla difesa, sono
descritte le diverse normative in materia di protezione fitosanitaria e di
livelli massimi di residui di sostanze chimiche ammessi nel prodotto finale,
7
le principali avversità e le tecniche di coltivazione della coltura della
fragola. Nella seconda parte, riguardante il mercato, viene fatto, appunto,
un quadro generale del mercato di tale coltura nel mondo, in Europa, in
Italia e in Trentino. Inoltre viene valutata la redditività di tale settore in
Trentino.
Il capitolo 3 è dedicato alla valutazione economica delle diverse strategie di
lotta integrata e di lotta biologica utilizzate per controllare una malattia
fungina (Sphaerotheca macularis o più comunemente conosciuta come
oidio) nella coltivazione della fragola fuori suolo in Trentino.
Il capitolo 4 riporta le modalità di svolgimento della rilevazione empirica
effettuata e l’analisi dei risultati ottenuti con il questionario.
8
1.
UNA
NUOVA
FRONTIERA
PER
I
PROBLEMI
FITOSANITARI: GLI AGENTI DI BIOCONTROLLO (BCA)
1.1 L’uso dei fitofarmaci e la normativa relativa ai livelli massimi
di residui di pesticidi ammessi negli alimenti.
Fino dagli albori dell’agricoltura, la produttività delle colture è stata minacciata
dagli insetti parassiti, dalle malattie provocate da funghi, batteri e virus e dalle
erbe infestanti. Si stima che questi parassiti e patogeni possano causare una
riduzione delle rese produttive anche pari e oltre al 20% nelle principali colture
mondiali (Assante, 1999). Gli agricoltori hanno da sempre cercato, quindi, di
ridurre le perdite e di ottenere raccolti più sani. Il mezzo più comune, a partire
dagli anni Trenta fino ad oggi, per rispondere a questi problemi, è stato l’uso di
prodotti fitosanitari.
I prodotti fitosanitari sono sostanze chimiche utilizzate per proteggere i raccolti,
appunto, dagli insetti (insetticidi), dalle piante infestanti(diserbanti), dall’attacco
dei funghi (fungicidi) e anche da quello dei roditori (ratticidi). Nella agricoltura
moderna essi hanno assunto un ruolo di notevole importanza ed hanno permesso di
ottenere un notevole incremento nelle rese delle principali colture. Oltre a ciò, si
aggiungono altri vantaggi: l’industria alimentare ha avuto a disposizione materia
prima di qualità superiore e più uniforme ed il consumatore ha visto una forte
riduzione
dei
costi
dei
prodotti
alimentari
(www.eufic.org/it/quick-
facts/food_agriculture.htm ).
Tuttavia, con l’incremento dei pesticidi, avvenuto soprattutto a partire dalla
seconda metà del secolo scorso, è aumentata anche l’esposizione dell’essere
umano e dell’ambiente ad un numero elevato di molecole chimiche di sintesi.
L’esposizione può essere diretta, come per chi usa i pesticidi nelle operazioni
agricole, o indiretta, come per chi vive o frequenta l’ambiente circostante a quello
in cui vengono impiegati. Molte delle sostanze chimiche contenute nei fitofarmaci
sono tossiche. Per questo l’esposizione continua potrebbe aumentare il rischio di
intossicazioni acute o croniche per i lavoratori che li utilizzano. Inoltre i residui
9
superiori ad una soglia di sicurezza nei prodotti destinati al consumo aumentano i
rischi per la salute del consumatore. In aggiunta possono essere elencati i rischi
ambientali, in particolare l’inquinamento del suolo e delle falde acquifere, la
diminuzione della biodiversità e la scomparsa di alcune specie di microrganismi
utili (Barnett et al., 1995).
A sostegno della rilevanza dei costi dovuti alle esternalità dei pesticidi, riportiamo
i risultati di uno studio fatto da Barnett (1995) negli Stati Uniti (Tabella 1).
L’ammontare dei costi supera i 1.270 milioni di dollari, una cifra che non passa di
certo inosservata e che fa riflettere.
Tabella 1: I costi delle esternalità negli Stati Uniti.
Esternalità
Valore (in milioni di $)
Costi di controllo chimico
213
Costi di controllo inquinamento 813
falde acquifere
Effetti acuti su salute uomo
61-180
Effetti cronici su salute uomo
61-?
Perdita di insetti utili
86-272
Perdita di pesci
3-21
Perdita di vita selvatica
27-2.000
Totale
1.270-3.560+
Fonte: Barnett V., Payne R., Steiner R.A, “Agricultural Sustainability: Economic, Environmental
and statistical Considerations”, John Wiley & Sons Ltd, 1995, pag.222.
É evidente, quindi, la necessità da parte dei diversi governi di disciplinare in modo
sempre più rigido l’applicazione degli antiparassitari in agricoltura mediante
l’emanazione di direttive volte a regolamentare l’uso dei pesticidi, a definire degli
standard di sicurezza e a garantire il monitoraggio dei residui negli alimenti legati
all’uso dei fitofarmaci. Quindi, per rispondere alle crescenti preoccupazioni legate
ai potenziali effetti negativi sulla salute umana e sull’ambiente e per ridurre tali
rischi, le sostanze chimiche impiegate negli antiparassitari sono sottoposte a rigide
10
procedure sperimentali prima di essere ammesse alla registrazione da parte delle
autorità europee o nazionali e quindi prima dell’immissione sul mercato.
I test, compiuti durante il processo di registrazione di un antiparassitario, devono
dimostrare che il prodotto, alle dosi previste per l’uso:
•
sia efficace;
•
non abbia effetti collaterali negativi sugli esseri umani, durante l’utilizzo o
in seguito come residuo che possa rimanere nei prodotti alimentari;
•
non abbia effetti ambientali negativi.
L’evoluzione dell’interesse dei consumatori verso la salubrità degli alimenti ha
indotto inoltre la Commissione Europea ed i governi nazionali a considerare come
priorità strategica il raggiungimento di standard sempre più elevati nell’ambito
della sicurezza alimentare. Nell’ottica del raggiungimento di un elevato livello di
sicurezza vengono fissati dei livelli massimi di residui di pesticidi ammessi nel
prodotto destinato al consumo.
I livelli massimi di residui ammessi (dall’inglese Maximum Residues Level, MRL)
furono inizialmente stabiliti dalle seguenti Direttive Europee:
•
la Direttiva del Consiglio 86/362/CEE relativa ai livelli massimi di residui
di antiparassitari nei cereali;
•
la Direttiva del Consiglio 86/363/CEE relativa ai livelli massimi di residui
ammessi negli alimenti di origine animale (ossia la carne, il latte e i
prodotti derivati);
•
la Direttiva del Consiglio 90/642/CEE relativa ai livelli massimi di residui
di antiparassitari nei prodotti di origine vegetale, inclusi gli ortofrutticoli.
Per questi ultimi, la Direttiva della Commissione 79/700/CEE stabiliva
11
anche i metodi di campionamento per il controllo ufficiale dei residui di
pesticidi.
I limiti fissati dalle direttive sono quelli che risultano coerenti con una buona
pratica agricola negli Stati membri e nei paesi terzi da cui i prodotti alimentari
sono importati e rappresentano la quantità massima di residuo che può essere
tollerata in un prodotto alimentare.
I livelli dei residui sono stabiliti, quindi, dopo un’attenta valutazione degli
eventuali rischi derivanti ai consumatori di vari gruppi di età e sono ammessi solo
se considerati sicuri. Essi hanno lo scopo di tutelare il consumatore, ma va anche
ricordato che essi non raggiungono mai i limiti di tossicità. Il limite legale
massimo di residui ammessi su una coltura viene stabilito, infatti, in base a studi
tossicologici in cui vengono presi in considerazione il NOEL (no effect level)
della sostanza, e la ADI (acceptable daily intake) intesa come la quantità di quella
sostanza che può essere assunta per l’arco di tutta una vita senza che siano
riscontrati effetti nocivi: il valore ottenuto viene a sua volta diviso per un fattore
di sicurezza compreso tra 10 e 100 ed è un valore di gran lunga cautelativo.
Nel 1991, fu emanata una Direttiva del Consiglio UE 91/414/CEE, riguardante
specificatamente l’approvazione e l’impiego dei fitofarmaci e la disposizione degli
stessi sul mercato.
Secondo la Direttiva 91/414/CEE le sostanze attive dei fitofarmaci devono essere
esaminate sotto numerosi aspetti quali: tutela del consumatore, residui, protezione
del lavoratore, impatto ambientale, ecotossicologia. Inoltre, prima di autorizzare al
commercio un antiparassitario, è necessario dimostrare che sia sicuro sia per gli
utilizzatori durante l’applicazione sia per i consumatori e sia per l'ambiente.
Questa è stata recepita in Italia con il decreto legislativo n°194 del 17/3/1995, cui
sono seguite altre disposizioni a perfezionamento di altre direttive europee sulla
stessa tematica.
La legge interviene anche a dettare una disciplina generale di impiego, che
sostanzialmente obbliga gli utilizzatori dei prodotti fitosanitari:
12
•
ad attenersi alle indicazioni riportate in etichetta che dunque ha valore
normativo e prescrittivi
•
ad operare in conformità ai principi di buona pratica agricola (G.U. del 5
febbraio 1997 n°29)
•
a tener conto dei principi di lotta integrata e guidata (“applicazione
razionale di un complesso di misure biologiche, biotecnologiche, chimiche,
colturali o di selezione vegetale, con le quali si limita al minimo
indispensabile l’impiego di PF per mantenere i parassiti a livelli inferiori a
quelli che provocano danni e perdite inaccettabili economicamente”).
In seguito, di fronte alle recenti preoccupazioni circa l'adeguato livello di
protezione che i livelli massimi di residui di pesticidi ammessi possono dare, la
Commissione ha risposto adottando la Direttiva 99/39/CEE. Essa dispone delle
limitazioni severe sull'uso degli antiparassitari nella produzione di alimenti
soprattutto per gli infanti ed i bambini in giovane età.
Attualmente, i limiti massimi di residui ammessi nei prodotti alimentari sono più
di 17.000 e sono stati fissati per un totale di 133 principi attivi. Tuttavia, per
quelle combinazioni di fitofarmaco/prodotto dove non esiste una soglia
comunitaria, la situazione non è uguale per tutti e gli stati membri possono, per
proteggere la salute dei consumatori, regolare i MRL al livello nazionale. Nel
2003, per ovviare a questo problema e favorire quindi la commercializzazione dei
prodotti, la Commissione ha presentato una proposta per revisionare la
legislazione in questa area e per valutare la sicurezza dei limiti posti. Lo scopo è
di
arrivare
a
fissare
dei
livelli
comunitari
per
tutte
le
combinazioni
parassita/prodotto.
Passando ai fatti e cioè ai controlli effettuati dalla Commissione, nel 2003 viene
pubblicato un rapporto in merito al programma di controllo dei residui dei
pesticidi svoltosi nel quinquennio 1996-2000. La relazione mostra i risultati delle
analisi fatte su 46.000 campioni di frutta, ortaggi e cereali. Dai controlli effettuati
è emerso che il 59% dei campioni non contiene residui rilevabili, mentre il 37%
13
contiene residui rilevabili uguali o sotto il livello massimo di residuo permesso. In
media circa il 3,9% dei campioni supera il MRL e l’eccesso varia da 1.3% a 9.1%
nei diversi stati membri. Il rapporto rivela inoltre, che nel 18% dei casi analizzati,
i
residui
presenti
appartenevano
a
più
di
un
antiparassitario
e
che
complessivamente c’è stato un aumento dei residui trovati in confronto con gli
anni precedenti (per esempio 15% nel 2000; 14% nel 1999) (Commission Report,
2003).
In seguito per aggiornare la soglie di MRL, tra il 2001 e il 2003 sono stati
riesaminati gli stessi antiparassitari e prodotti considerati nel quinquennio 19962001 (mele, pomodori, lattuga, fragole ed uve da tavola). Dalle analisi si è
riscontrato che i residui più frequentemente rilevati sono quelli di fungicidi e
insetticidi e che, fra i vari prodotti presi in considerazione, la lattuga e le fragole
sono risultati i più problematici. In questi due prodotti, infatti, i residui hanno
superato più volte la soglia massima ammessa (nel 3.9% dei casi per la lattuga e
nel 3.3% per le fragole).
Le fragole sono, quindi, fra i prodotti in cui i residui appaiono più frequentemente
fuori norma. Ames (2003) le colloca nella lista dei dieci prodotti da evitare a causa
della presenza di residui chimici presenti al momento della raccolta. La ragione è
da ricercarsi soprattutto nel tipo di coltivazione che essa richiede. La coltura della
fragola impone, infatti, un uso massiccio di pesticidi non solo per aumentare la
produzione e ma anche per anticiparla o posticiparla.
In Italia, secondo un’indagine svolta da Legambiente (Pesticidi nel piatto, 2002)
nel 2001 l’1,8% degli alimenti analizzati risultava irregolare, mentre il 29,8% dei
campioni presentava residui, seppur al di sotto del limite fissato dalla legge.
Nonostante i numerosi controlli eseguiti sui prodotti agroalimentari, gli scrupolosi
test a cui devono essere sottoposte i prodotti fitosanitari prima della loro
commercializzazione ed il quadro globalmente tranquillizzante per il consumatore
italiano, la ricerca deve aiutare sempre più l’agricoltura moderna a produrre
alimenti che promuovano la salute del consumatore e la salvaguardia dell'ambiente
senza nel contempo penalizzare la qualità organolettica o la produttività delle
colture.
14
1.2 Gli agenti di biocontrollo
Abbiamo appena visto come la salvaguardia della salute umana e dell’ambiente in
cui viviamo sia una delle maggiori priorità della società attuale. Oltre a ridurre
l’uso degli antiparassitari in agricoltura, i governi, in collaborazione con gli enti di
ricerca, stanno nel contempo ricercando e sperimentando delle alternative valide
ed efficienti alle sostanze chimiche nella protezione delle colture. Fra queste la più
promettente sembra essere l’uso di metodi di controllo (o difesa) biologico.
I metodi di difesa biologica si basano sulla manipolazione di nemici naturali, come
predatori, parassitoidi o patogeni, per ridurre o sopprimere la popolazione dei
parassiti, malerbe e patogeni dannosi (Chalet, 2002).
La motivazione pratica del controllo biologico (d’ora in poi per indicarlo useremo
la sigla BC) sta nel limitare la crescita del parassita/patogeno mantenendolo sotto
la soglia del danno economico, principalmente attraverso l'azione combinata degli
agenti di biocontrollo (BCA) e una varietà di altri fattori: abiotici, biotici,
agronomici e varietali.
Un agente di biocontrollo può essere, quindi, un predatore, un parassita o una
malattia che andrà ad attaccare l’insetto o il parassita pericoloso per la pianta.
Esso può agire in diversi modi:
•
nutrendosi del parassita/patogeno (iperparassitismo);
•
competendo con parassita/patogeno per lo spazio e/o nutrimento (l’agente si
sviluppa più velocemente del parassita, colonizza l’ambiente vegetale e
servendosi delle sostanze alimentari, ne impedisce l’insediamento);
•
mediante effetti tossici diretti e indiretti verso il parassita/patogeno,
attraverso il rilascio di sostanze antibiotiche e/o tossine;
•
mediante l’induzione di meccanismi di difesa nella pianta.
15
Per comprendere chiaramente il potenziale che tali agenti hanno sulla regolazione
della popolazione e quindi il controllo biologico, è importante capire alcuni
concetti di base di biologia e di ecologia della popolazione. In particolare è
fondamentale conoscere la dinamica di sviluppo della popolazione, i fattori
regolatori della stessa e la concorrenza potenziale fra ed all'interno delle diverse
specie dell’ecosistema. Tali informazioni sono necessarie per una chiara
comprensione della difesa biologica come alternativa possibile alle strategie più
tradizionali usate nell’azienda agraria per la protezione nei confronti di malattie ed
insetti.
• Aumento della popolazione in assenza dei fattori regolatori
E’ noto che tutti gli organismi viventi sono portati a moltiplicarsi in modo
esponenziale. Prendiamo, ad esempio, le mosche, che sono una prova eccellente di
questo fatto. Se supponiamo che una mosca ha una vita media (dall'uovo
all'adulto) di circa 10 giorni ed ogni femmina può fare circa 120 uova, la prole
risultante in appena tre mesi da questa singola femmina potrebbe essere superiore
a circa 325 trilioni. Se dovessimo allineare tutti gli individui risultanti
longitudinalmente, la linea delle mosche (che ammettono una lunghezza media di
7
millimetri)
circonderebbe
l'Equatore
57.000
volte
(http://www.wes.army.mil/el/aqua/apis/biocontrol/html/apis_bio.html, 2002).
Questo tipo di aumento incontrollato della popolazione è conosciuto come
sviluppo esponenziale. Per fortuna sia le mosche che gli altri organismi viventi
non raggiungono mai livelli così elevati e dannosi. La motivazione è da ricercarsi
in molti fattori che, agendo assieme, regolano le popolazioni e fanno in modo che
queste rimangano entro una certa soglia ecologica. La soglia ecologica è la
popolazione sotto cui una specie causa pericolo o danno ecologico distruggendo
dei processi ecologici e/o interessando altre popolazioni di specie che invece sono
desiderabili.
16
• Fattori che regolano la densità di una popolazione: abiotici e biotici
In riferimento agli agenti di biocontrollo e ai parassiti, i biologi riconoscono due
categorie di fattori che regolano la popolazione di un organismo. Questi fattori
sono distinti in abiotici e biotici e ognuno di essi agisce in modo diverso sulla
popolazione. I fattori abiotici includono fattori come il tempo, il clima, la
disponibilità di un riparo e le barriere geografiche. I fattori biotici invece
includono le interazioni fra i membri della stessa specie (concorrenza
intraspecifica) così come le interazioni con differenti specie (concorrenza
interspecifica). La concorrenza interspecifica include gli effetti regolatori sui
predatori attraverso interazioni con gli altri individui delle altre specie presenti.
Nel momento in cui una popolazione inizia ad espandersi oltre un certo limite, gli
individui della stessa specie cominciano a competere per le stesse risorse quali il
cibo, il riparo, i luoghi di deposizione delle uova, ecc... L’interazione
interspecifica tende ad essere il fattore più importante per mantenere la
popolazione sotto la soglia ecologica detta anche capacità di carico (Figura 1).
Per contro, i fattori abiotici quali gli uragani, condizioni atmosferiche particolari,
le alte temperature, le variazioni nel clima ed il cambiamento nei mezzi di
protezione possono ridurre le popolazioni a livelli molto bassi o minimi, al punto
tale in cui, per esempio, la popolazione del parassita può essere addirittura
eliminata.
In conclusione, si può riassumere che entrambe le classi di fattori regolatori,
interagiscono entro una popolazione e lavorano assieme per mantenere il livello
sotto la soglia. Il grado di validità dal punto di vista operativo dei fattori è data
dalla loro efficacia nel mantenere la popolazione sotto la capacità di carico.
Sebbene i fattori abiotici possano influenzare queste fluttuazioni, quelli più
efficaci sembrano essere quelli biologici.
Gli agenti di biocontrollo (parassiti, agenti patogeni e predatori), così come la
concorrenza interspecifica, possono agire insieme per regolare validamente le
popolazioni sotto la capacità di carico.
17
Figura 1: Come viene regolata la capacità di carico dalla concorrenza interspecifica
Fonte: www.wes.army.mil/el/aqua/apis/biocontrol/html/apis_bio.html, 2002
Un esempio è dato dall'introduzione di un BCA (ad es. un insetto) su una pianta, in
assenza di altre specie differenti che agiscono per mantenere la popolazione in
equilibrio. Tipicamente, prima dell'introduzione, i livelli della popolazione del
parassita oscillano in modo abbastanza ampio intorno alla sua densità media. Dopo
che gli insetti sono stati introdotti, le fluttuazioni della popolazione tendono a
diventare sempre più piccole fino ad un punto in cui l'effetto netto è la riduzione
della densità caratteristica (Figura 2). Si è osservato che un andamento simile è
presente
ogni
volta
che
viene
introdotto
un
agente
di
biocontrollo
(www.wes.army.mil/el/aqua/apis/biocontrol/html/apis_bio.html, 2002).
Figura 2: Come si comporta la popolazione del parassita colpito dagli agenti di biocontrollo
Fonte: www.wes.army.mil/el/aqua/apis/biocontrol/html/apis_bio.html, 2002
18
Per esempio, il seguente grafico rappresenta uno studio fatto su una popolazione di
una pianta infestante acquatica in Loussiana negli ultimi 20 anni.
Grafico 1: L’effetto degli agenti di biocontrollo contro un’infestante acquatica.
Fonte: www.wes.army.mil/el/aqua/apis/biocontrol/html/apis_bio.html, 2002
Si nota, immediatamente, che le grandi fluttuazioni nello sviluppo della pianta
sono avvenute subito dopo i rilasci degli agenti di biocontrollo. Mentre i livelli
della popolazione dei BCA andava aumentando, le fluttuazioni sono andate
progressivamente riducendosi, con un effetto drastico di riduzione della densità
generale di queste infestanti in Loussiana.
1.3 I tre approcci principali del controllo biologico
La lotta biologica coinvolge, come abbiamo visto, l’uso naturale di predatori,
parassiti e malattie per controllare i parassiti. Ci sono tre modi principali per usare
i BCA contro la popolazione di parassiti e/o insetti non desiderati.
1.3.1 Metodo classico (importazione)
Esso si basa sulla ricerca nel paese d’origine o in un’area da cui proviene un
parassita, introdotto casualmente in nuovo luogo, di alcuni dei nemici naturali che
19
nel luogo d’origine sono in grado di attaccarlo e mantenerlo sotto la soglia di
danno ecologico. In seguito alla facilità negli spostamenti e al maggior movimento
di persone e merci, il rischio d’importazione di nuovi parassiti in aree indenni è in
rapido incremento. Non sempre purtroppo assieme all’insetto dannoso o alla
malattia vengono importati i sui predatori/parassiti. Se i nuovi organismi introdotti
causano delle perdite, l’introduzione di alcuni dei loro nemici naturali può
diventare un metodo importante per ridurne il danno. Per favorirne l’adattamento, i
BCA usati nel controllo biologico sono normalmente ottenuti da una regione
climaticamente simile all’area in cui poi saranno rilasciati. Questa strategia è
valida per massimizzare il tasso di insediamento/colonizzazione degli agenti
nell’area di utilizzo, garantendone l’aumento della popolazione dopo essere stati
introdotti (Chalet L.D., 2002).
1.3.2 Metodo inondativo (accrescitivo)
E’ un metodo utilizzato per aumentare la popolazione di un nemico naturale. Ciò
può essere fatto producendo in massa un parassita in un laboratorio e rilasciandolo
nel campo a tempo opportuno. Un'altra tecnica si basa sulla selezione di un BCA
più efficace nel controllo biologico e sulla sua introduzione nell’ambiente. Gli
agenti di biocontrollo prodotti in massa possono essere liberati nel momento in cui
il parassita è più suscettibile e debole, o in numeri elevati in modo da possedere un
vantaggio numerico rispetto al parassita da combattere. Tuttavia tale metodo, al
contrario sia di quello classico sia di quello conservativo in seguito descritto,
implica una continua introduzione e non fornisce una soluzione permanente.
1.3.3 Metodo conservativo
Implica l’identificazione di tutti quei fattori che limitano l'efficacia di un nemico
naturale e di cambiarli in favore della specie favorevole. La conservazione dei
nemici naturali comprende sia i fattori di riduzione che interferiscono con i nemici
naturali sia le risorse necessarie che li aiutano.
20
Il
futuro,
se
eticamente
accettato,
potrebbe
essere
rappresentato
dalla
manipolazione genetica sia di agenti autoctoni che esogeni (con questo termine ci
riferiamo agli agenti importati con il metodo classico) per aumentare la loro
efficacia contro i parassiti ed una loro successiva introduzione nell’ambiente.
1.4 Cenni storici del controllo biologico
Una struttura cronologica, in cui si possa vedere lo sviluppo dei vari approcci
metodologici del BCA, è utile per considerare come gli input empirici e teorici
hanno influenzato l’uso dei BCA.
I primi tentativi dell’uomo di controllare i parassiti che attaccavano le colture e le
piante ornamentali, possono fornirci i primi concetti di base e la comprensione del
controllo biologico.
Scarsi sono i dati storici riguardanti le prime tecniche di lotta biologica. L’uso più
antico di tale metodo di difesa è da identificarsi con la comprensione che molte
specie di organismi viventi controllano altri animali e piante più nocivi, sia
nutrendosi di essi, sia concorrendo per le risorse di cui hanno bisogno per
sopravvivere. Uno dei primi tentativi di usare un altro organismo vivente per
controllare biologicamente una specie parassita o dannosa potrebbe essere il
seguente. I primi agricoltori avevano osservato che determinati uccelli, topi e altri
roditori erano attratti dai tantissimi insetti presenti nei loro raccolti. Osservando e
analizzando il comportamento di alcuni piccoli felini che si alimentavano di questi
roditori, gli agricoltori sono arrivati al primo uso del controllo biologico tramite
l'addomesticazione del gatto.
In seguito, dal 900 d.C. i Cinesi avevano cominciato ad introdurre una determinata
specie di formiche predatrici negli agrumeti per proteggere gli aranci dal verme
della frutta.
Bisogna però arrivare fino al 1762 per avere il primo esempio documentato di
introduzione di un agente di biocontrollo per controllare e gestire una specie
parassita. Essa è avvenuta quando una specie di uccelli (lo storno triste) è stato
21
trasportato dall’India nelle isole Mauritius per controllare le locuste (Hanlon,
2004).
L'uso del controllo biologico, come alternativa ai mezzi di difesa possibili nella
lotta contro i parassiti, ha cominciato ad essere accettato solo intorno alla metà del
diciannovesimo secolo. Da qui in poi ha preso il via, in Europa occidentale, l'uso
degli agenti biologici quali le vespe, le libellule, i ragni e le coccinelle per
controllare una varietà di parassiti. Esempio pratico, ma purtroppo fallimentare di
quegli anni, fu il trasporto internazionale dall'America alla Francia di un acaro per
controllare
la
filossera (malattia
che colpiva
i portainnesti
dei
vitigni
europei)(http://www.wes.army.mil/el/aqua/apis/biocontrol/html/apis_bio.html,
2002).
Altro caso, questa volta positivo, che mostrava la diffusione a livello mondiale di
tale metodo fu quello di un’industria californiana di agrumi che stava subendo
delle perdite a causa di un'infezione acuta delle piante dovuta ad un tipo di insetto
(cocciniglia cotonosa “cottony cushion scale”). Probabilmente questo insetto
originario dell’Australia fu introdotto casualmente in California assieme alle
piante d’agrumi. Per capire l’origine della malattia, fu proposto ad un entomologo
di indagare sui nemici potenziali di tale insetto nel luogo d'origine, in altre parole
in Australia. Egli trovò un nemico naturale, la coccinella, e introducendo l'insetto
nelle coltivazioni infestate della California, vide che in pochi mesi le infezioni
furono ridotte drasticamente.
Con la seconda guerra mondiale, con la scoperta del DDT nel 1939 da parte di
Paul Mueller e fino al 1962, incomincia, per così dire, il periodo della diffusione
della difesa chimica, durante il quale la lotta biologica ha ricevuto poco o nessun
supporto. Dal 1962 in poi, fino ad oggi, prende invece via il periodo caratterizzato
dalla lotta integrata in agricoltura. Questo metodo di controllo è un programma in
cui fa il massimo uso di fattori biologici, ambientali e agronomici per ridurre la
probabilità degli attacchi di patogeni e per garantire un ambiente sano stimolando i
meccanismi di autoregolamentazione del sistema agrario.
Durante il primo decennio del ventesimo secolo, il concetto di lotta integrata dei
parassiti divenne chiaro e univoco e fu oggetto di studio e promozione da parte di
molti ricercatori.
22
Inoltre, durante questo periodo il controllo biologico (con i suoi tre approcci:
classico, inondativo e conservativo) divenne sempre più importante come
alternativa per ridurre la resistenza ai fitofarmaci, che andava progressivamente
sviluppandosi. Si fece ricorso alla sperimentazione sia per selezionare agenti
migliori dal punto di vista dell’efficacia sia per aumentare la loro probabilità di
successo. Si abbandonò l’approccio chiamato “shotgun”, dove venivano rilasciati
tutti gli agenti disponibili in un solo momento nella speranza di ottenere qualche
tipo di controllo e si passò al rilascio di agenti più stabili nell’esercitare il
controllo dei parassiti per cui erano stati scelti. Il tasso di successo del controllo
mediante i BCA aumentò dal 6,6% degli anni Cinquanta al 10,9% degli anni
Settanta, fino ad un 14,5% negli anni ’80.
Questo trend fu influenzato, inoltre, sia dalla teoria ecologica (Hokkanen e
Pimentel, 1984) che dagli studi effettuati per la selezione degli agenti.
Secondo Hokkanen e Pimentel, l’impatto di un dato BCA sulla popolazione
parassita e sulla pianta che lo “ospita”, diminuisce nel tempo come risultato della
convivenza che si ha con il parassita e con il meccanismo di difesa attuato dalla
pianta. A causa di tal effetto, ritenevano che gli agenti avrebbero avuto un’azione
più forte contro un parassita verso cui loro non erano mai stati esposti. Ci si
attendeva quindi che un BCA, importato dall’Europa, potesse avere un maggior
impatto sui parassiti autoctoni degli Stati Uniti rispetto a quelli che avevano
convissuto nello stesso ambiente.
Questa ipotesi si basava su un’analisi di dati relativi ad un agente di biocontrollo
che aveva riportato un tasso di successo del 75%. Tuttavia successive analisi
mostrarono tassi assai meno alti con l’uso di BCA coevoluti con il patogeno.
Negli anni Novanta i dati relativi all’efficacia della lotta biologica erano ancora
positivi, ma si registrò un calo nell’efficacia che portò il tasso di successo a
stabilizzarsi attorno al 10,8%.
23
1.5 L’uso dei BCA in programmi attuali di lotta integrata per il
controllo di parassiti, malerbe e malattie
Un metodo per intensificare l’uso degli agenti di controllo biologico è
l’integrazione di questi in un programma di controllo ecocompatibile. Infatti
l’utilizzo delle tecnologie attuali di difesa biologica, con una maggior integrazione
a livello operativo con le procedure convenzionali, può portare all’ottenimento di
un maggior grado di soppressione dei parassiti. Nonostante questo richieda
maggior partecipazione da parte dell’agricoltore, il maggior controllo ottenuto e la
riduzione dell'uso dei prodotti chimici ne compensano lo sforzo.
Tuttavia, prima di introdurre un BCA in un programma di lotta integrata
bisognerebbe avere una buona conoscenza del sistema gestionale delle colture e
della complessità di parassiti che si andrà a trattare. Una gestione agronomica
accurata è, infatti, un fattore critico per assicurare che la scelta, il momento
d’applicazione e la dose del BCA siano corretti per quella specifica situazione.
Quindi se si vogliono usare correttamente e con successo tali agenti in un
programma di lotta integrata (IPM), bisogna identificare il parassita ed i nemici
naturali, valutare il livello della popolazione dei parassiti e dei nemici naturali,
acquistare i nemici naturali specifici e appropriati, liberarli correttamente e
controllarne l'efficacia. Possiamo schematizzare tale percorso in quattro punti
importanti: 1) conoscenza, 2) indagine e 3) rilascio e 4) intervento.
• La conoscenza
Acquisire una conoscenza completa e pratica del metodo costituisce l’elemento
più importante per aumentare le probabilità di successo. Le informazioni base
dovrebbero essere:
– la conoscenza degli organismi autoctoni o introdotti che si alimentano delle
piante infestanti o parassiti (identificazione delle loro abitudini e dei
possibili danni)
24
– la conoscenza di come gli agenti che si vuole introdurre nel nuovo ambiente
sono scoperti nel loro paese d'origine ed infine come sono liberati negli
altri paesi
– la
comprensione
base
del
meccanismo
del
controllo
biologico
comprendendo le teorie ecologiche, la biologia della popolazione, ecc.
– i benefici e gli svantaggi dell'uso del biocontrollo.
Mentre molte di queste informazioni possono sembrare superflue, la maggior
parte, se non tutte, potranno permettere di migliorare questa tecnica di controllo
e incrementarne l’uso.
• L’indagine
Il secondo punto è sviluppare un programma sistematico per esaminare le
infezioni della pianta. Ricerche, analisi e indagini periodiche sono importanti
per valutare sia il livello della popolazione degli agenti introdotti ed il loro
impatto potenziale, che il livello della popolazione del parassita. La valutazione
dei numeri e degli effetti sulle due popolazioni, potrà portare ad una visione più
chiara e permettere di giudicare meglio i passi successivi necessari per
conservare o aumentare gli agenti presenti e per rettificare la situazione in
tempo.
Tali informazioni non sono facili da raccogliere. Il metodo più semplice, per
esaminare il livello di un’infezione, è quello di valutare in campo la presenza o
l'assenza degli agenti, siano essi autoctoni o introdotti. Questo può essere fatto
facilmente
grazie
alle
osservazioni
visive,
valutando
la
presenza
dell’organismo, o i danni causati dall’infezione. Il controllo attento dello
sviluppo demografico del parassita è un fattore determinante nella lotta
integrata con i BCA, sia perché permette di prevedere i possibili problemi
fitosanitari, sia perché il controllo biologico dei parassiti funziona meglio come
metodo preventivo che curativo. In pratica se sono introdotti nella coltura prima
di un'infezione, possono impedire alla popolazione parassita di svilupparsi a
livelli tali da danneggiare la produzione prevista. Se invece si attende che i
25
parassiti diventino un problema, l’effetto dei BCA sarà trascurabile. Di
conseguenza l’identificazione esatta del problema e del parassita è molto più
importante per il controllo biologico che nel caso in cui si usino insetticidi. In
aggiunta i BCA agiscono, solitamente, contro uno specifico parassita al
contrario dei mezzi chimici tradizionali, che colpiscono un ampio spettro di
individui.
L’indagine, quindi, porta nel lungo periodo ad una conoscenza più approfondita
del sito e, oltre a ciò, accresce la consapevolezza dei benefici pratici di questa
tecnica di controllo.
• Il rilascio e l’intervento.
Una volta che è stato determinato il problema fitosanitario da affrontare, e dopo
aver selezionato i nemici naturali da usare, il passo successivo è quello di
rilasciarli. Il momento del rilascio dei BCA è il fattore più critico e il primo
passo essenziale per raggiungere il successo del controllo biologico, sia se usato
come unico mezzo di difesa che in un programma di lotta integrata. Al pari di
tutti gli organismi viventi, i BCA hanno specifici requisiti e limiti per la loro
sopravvivenza. Le condizioni dell’area in cui saranno liberati gli agenti
dovrebbero essere prese in considerazione prima del rilascio. Per esempio,
alcune specie di acari predatori agiscono meglio in ambienti caldi e asciutti
mentre altre hanno una maggior efficacia con un alto tasso di umidità. Oppure
può capitare che temperature troppo elevate causino la mortalità degli agenti,
riducendone il numero attivo nell’attaccare il parassita.
Altri BCA, invece, sono influenzati dal periodo dell'anno in cui vengono
rilasciati e di conseguenza possono essere meno efficaci se applicati nella
stagione sbagliata. Il momento della giornata in cui vengono rilasciati può
essere altrettanto importante, soprattutto se il rilascio deve essere fatto
all'aperto o in una serra. La luce stessa, infatti, può avere un effetto dannoso sui
nemici naturali. Alcuni agenti invece ritardano o rallentano la propria
riproduzione e sviluppo se l'illuminazione non è sufficiente, ad esempio nei
mesi invernali. Come regola generale, i rilasci dovrebbero essere fatti a
26
temperature basse (al mattino presto o in serata), in condizioni atmosferiche
favorevoli e in un periodo dell'anno favorevole allo sviluppo del BCA.
Inoltre quando si liberano determinati tipi di BCA, come gli insetti, potrebbe
essere
consigliabile
confinarli
sulle
piante
infestate
cosicché
possano
ambientarsi in pochi giorni.
La fase del rilascio diventa particolarmente delicata quando si includono i
nemici naturali in un programma di lotta integrata, in quanto dobbiamo
considerare più approfonditamente l’uso dell'antiparassitario. Trattare con i
fitofarmaci chimici potrebbe interferire e, in alcuni casi eliminare o vanificare,
l’azione degli agenti, e quindi l’efficacia di un programma di difesa.
Alcune ricerche hanno indicato che alcuni diserbanti hanno degli effetti, seppur
indiretti, sugli agenti di biocontrollo. Poiché gli agenti sono legati alla pianta
per alimentarsi e ripararsi, tutti i cambiamenti che coinvolgono la pianta
avranno un effetto su essi. In quei luoghi, in cui si intende applicare un
controllo di tipo biologico, si dovrebbero prendere tutte le precauzioni
necessarie per minimizzare l’effetto delle applicazioni chimiche sui BCA.
Questo è possibile evitando di trattare parte delle piante cosicché possono
fungere da zone di conservazione per gli agenti, oppure effettuando trattamenti
localizzati sulle zone infestate. Tuttavia tali zone di conservazione devono
essere controllate periodicamente per assicurarsi che non stiano invece
contribuendo all'infestazione generale della pianta. Quando il trattamento con
pesticidi è necessario, è importante usare quelli con il minor impatto sugli
agenti e sulla flora e fauna utile.
Dopo che il rilascio è stato effettuato, è importante assicurarsi che i BCA si
siano insediati in numero sufficiente.
Un’analisi retrospettiva della letteratura (Crawley, 1986; Julien, 1987) investiga
sui fattori creduti capaci di influenzare l’insediamento dei BCA. Questa analisi
predice che la probabilità di stabilirsi di un BCA aumenta all’aumentare del
numero di individui rilasciati (Hall and Ehler, 1979; Pimm, 1991; Cameron et
al., 1993; Hopper and Roush, 1993) e mostra che un rilascio di un numero di
BCA inferiore a 800 individui avrà difficoltà a insediarsi.
27
Altri esperti per esempio Bierne (1975) and Hopper and Roush (1993)
suggeriscono non meno di 1000 individui per sito, mentre Cock (1986)
consiglia di cominciare con piccoli rilasci di poche centinaia e incrementare poi
il numero solo se i rilasci con pochi insetti falliscono. Questa evidenza empirica
è supportata dal modello matematico di Haccou e Iwasa (1996). E’ stato usato
anche un approccio sperimentale per sviluppare un protocollo scientifico per
determinare un numero ottimale di insetti da rilasciare. Tuttavia consigliare il
numero di insetti da rilasciare in un programma di BC rimane estremamente
difficile e variabile.
1.6 I vantaggi nell’uso dei BCA
Ci sono innumerevoli vantaggi nell'uso del controllo biologico sia se impiegato da
solo, sia come componente di un programma di lotta integrata.
•
L’incorporazione del controllo biologico in un programma di lotta integrata
riduce, prima di tutto, il rischio legale, ambientale e per la salute pubblica
provocato dalle sostanze chimiche e aumenta la qualità e la salubrità dei
prodotti. Essendo i BCA microrganismi naturalmente presenti in natura,
possono degradarsi e non lasciare residui sui prodotti destinati alla
consumazione. Il rischio alimentare è così notevolmente ridotto. In
aggiunta, sono privi di rischi per la salute umana in quanto sono scelti tra
quelli che non producono sostanze antibiotiche o tossiche per l’uomo e,
anzi, portano anche ad una riduzione dei costi per la salute di chi utilizza i
pesticidi. L’agricoltore, facendo i trattamenti antiparassitari, corre un
rischio addizionale.
•
I BCA non danneggiano l’ambiente e la qualità dell’acqua. Riducono gli
impatti negativi sulla fertilità del terreno e il pericolo della perdita della
biodiversità, migliorando nel contempo l’immagine del settore agricolo.
28
•
Offrono un’economica alternativa ad alcuni fitofarmaci. Ad esempio
possono attualmente prevenire danni economici dovuti al ragnetto rosso
delle colture di ribes e lampone altrimenti inevitabili (nostra rilevazione).
•
Al contrario della maggior parte dei fitofarmaci che hanno un largo spettro
d’azione e uccidono un ampia gamma di insetti e altri animali, i nemici
naturali sono molto specifici verso un particolare parassita. In questo modo
altri insetti utili, animali o esseri umani non vengono contaminati o
danneggiati dal loro uso.
•
Offrono un controllo più duraturo rispetto ad altre tecnologie. Controllo
realizzato perché gli agenti di biocontrollo si comportano come se il metodo
di controllo, specifico al parassita, fosse continuamente presente ed agisse
costantemente. Quando i livelli della popolazione del parassita sulla pianta
sono elevati, ci sarà un aumento corrispondente nel livello della
popolazione dei BCA. Gli agenti persistono anche a bassi livelli e
continuano ad esercitare il controllo o la pressione regolatrice.
•
Hanno un costo del controllo a volte inferiore a quello delle tecniche
convenzionali. Al contrario dei metodi convenzionali che si basano sull’uso
continuo di sostanze chimiche, gli agenti di biocontrollo, dopo essere stati
rilasciati all'inizio del programma in numero sufficiente da permettere un
insediamento, aumentano naturalmente e cominciano ad attaccare la
popolazione obiettivo. Quindi l'alto costo iniziale cioè di introduzione,
rilascio e insediamento dei BCA viene compensato dal valore di controllo
raggiunto e mantenuto per molti anni dopo il rilascio iniziale.
Un esempio eccellente del risparmio di costi è l’introduzione di un BCA, per il
controllo di un’infestante (Alternanthera philoxeroides) negli Stati Uniti negli anni
Sessanta. Alcuni studiosi, presso la Waterways Experiment Station (WES) in
Mississippi, hanno visto che con l’uso dei BCA si ha un notevole risparmio di
costi per-acro per quanto riguarda la difesa. Confrontando i costi per acro del
29
controllo biologico con altri metodi, hanno riscontrato che la spesa per il controllo
meccanico e chimico era rispettivamente 192 e 32 volte superiore ai costi connessi
con l'uso di BCA. Inoltre, il controllo biologico si è dimostrato duraturo nel tempo
e ciò ha permesso di ridurre i costi di milioni di dollari (Grafico 2).
Grafico 2: Il confronto dei diversi costi per metodi diversi per combattere l’infestante acquatica
Alternanthera philoxeroides
Fonte: www.wes.army.mil/el/aqua/apis/biocontrol/html/apis_bio.html, 2002
Tuttavia, è importante rendersi conto che l’efficacia di un programma IPM
integrato con i BCA non dipende soltanto dal controllo biologico ma anche da
tutte le altre tecnologie disponibili. La scelta di quale tecnica usare dipende dallo
specifico piano d'azione. In molti casi le tecniche di biocontrollo non possono
offrire un controllo totale e quindi devono essere integrate o sostituite da altre
procedure.
30
1.7 Gli svantaggi nell’uso dei BCA
Il controllo biologico, come tutti gli altri mezzi di difesa impiegati in agricoltura,
comporta dei rischi. È importante considerare ad ogni modo che l’impatto del loro
uso va sempre confrontato con il rischio di trattare i parassiti con altri mezzi (ad
es. usando i pesticidi) o non usandone affatto. Ad esempio, questa ultima scelta,
porterebbe nella maggior parte dei casi a perdite economiche e/o ad impatti
ambientali non indifferenti.
Alcuni aspetti della lotta biologica precedentemente analizzati, possono però
essere letti in due modi, come le due facce della stessa medaglia, rappresentando
allo stesso tempo sia un vantaggio che uno svantaggio.
Gli svantaggi riscontrati possono essere elencati:
•
Il controllo biologico tramite i BCA necessita a volte di lunghi periodi
affinché si possano verificarne gli effetti positivi. Nel caso del metodo
classico sono necessari in media dai 5 ai 10 anni dai rilasci iniziali prima
che sia realizzato un controllo efficace. Inoltre spesso i risultati non sono
cosi evidenti e veloci come quelli che si ottengono usando i fitofarmaci
chimici.
•
Non garantiscono un controllo totale del parassita. Le forme meglio
documentate di controllo biologico mostrano che solo il 10% dei tentativi
hanno avuto successo e che il tasso di successo non è variato molto
nell’ultimo secolo (Gelernter et al., 2000)
•
Gli agenti disponibili sono specifici e quindi attaccano solo determinate
specie di insetti o parassiti al contrario dell’ampio spettro coperto dai
fitofarmaci, quindi ci potranno essere a volte maggiori costi per il controllo
in campo e per la loro applicazione.
31
•
Essi sono molto sensibili alle condizioni ambientali che devono essere,
come abbiamo già visto, rigorose per il loro successo.
•
Il controllo biologico necessita di una maggior e accurata gestione e
pianificazione delle attività da svolgere. Necessita di maggior tempo,
richiede la raccolta e il mantenimento di un numero maggiore di dati,
maggior pazienza, maggior educazione e addestramento. Il successo
nell’uso dei BCA richiede infatti una maggior comprensione della biologia
sia dei parassiti che dei loro antagonisti.
•
Molti nemici naturali sono molto suscettibili ai fitofarmaci chimici e usarli
con successo in un programma di lotta integrata implica una grande cura e
attenzione. Infatti, le sostanze chimiche contenute nei pesticidi potrebbero
non essere compatibili con tale pratica.
•
Possono aumentare i costi e richiedere più tempo per frequentare corsi,
cercare nuove informazioni, partecipare alle assemblee, cambiare le
pratiche di coltivazione e controllare le colture.
•
I BCA sono organismi viventi mentre i principi attivi dei fitofarmaci hanno
un tempo di vita limitato. Mentre i pesticidi sono concentrati sia nel tempo
e nello spazio del raccolto, gli agenti possono diffondersi.
•
Essendo ancora prodotti per un mercato di nicchia, i costi di registrazione e
dei test tossicologici sono molto elevati per le aziende produttrici dei
formulati commerciali. Gli alti costi dipendono dai necessari e numerosi
test compiuti per provarne l’innocuità e l’efficacia nell’applicazione
commerciale in quanto i BCA seguono lo stesso protocollo di analisi
richiesto per la registrazione delle sostanze chimiche.
•
Possono mutare o cambiare. La capacità evolutiva dei BCA, li rende tali da
adattarsi bene ad ogni situazione, ma tale adattabilità unita con la plasticità
32
genetica che hanno si sono dimostrati fattori potenziali di rischio. Si è
riconosciuto che tali agenti possono evolversi rapidamente e adattarsi a
nuovi ambienti sfruttando ospiti e habitat nelle loro nuove regioni, portando
con sé alcuni effetti negativi (Hokkanen et al., 1995).
1.7.1 Alcuni effetti ambientali dei BCA
Come abbiamo citato nel paragrafo precedente, uno degli svantaggi dei BCA è che
possono mutare e variare nel tempo. Il controllo biologico, come tutti gli altri
mezzi di difesa impiegati in agricoltura, ha avuto problemi e critiche durante il suo
sviluppo. Tutti i metodi che riducono la popolazione di un organismo parassita
sotto una determinata soglia economica, hanno degli effetti a livello della
comunità vivente e possono comportare un rischio ambientale.
Un indice di valutazione del successo del controllo dei parassiti è misurare gli
effetti diretti e indiretti che tale controllo ha sull’ambiente e sulle specie non
target.
Poiché la lotta biologica viene vista e percepita così “naturale”, si assume spesso
che sia sana e sicura per l’ambiente (Lai,1988; U.S.Congress, 1995; Bathon, 1996;
McEvoy, 1996; Jervis, 1997). Per questa ragione, troppo spesso, gli effetti degli
agenti non sono controllati e/o, se ci sono, non vengono documentati (Simberloff e
Stilino, 1996; Tramoggia, 1998). Evidenze dell’impatto ambientale dei BCA
furono disponibili molto presto (Perkins, 1897: Tothill et al., 1930) ma vennero
spesso ignorate.
Tuttavia, nell’ultimo decennio i biologi si sono sempre più preoccupati degli
effetti negativi che i BCA possono provocare (Howarth, 1983 e 1991).
Il potenziale impatto ambientale dei BCA può variare dalle interferenze triviali
cha causano effetti nel lungo periodo alla popolazione “non target” (diminuzione
di specie utili) ai possibili gravi impatti economici ed ambientali quale l’estinzione
di una specie comune o rara di organismi.
Tali potenziali impatti variano a seconda essi siano causati da BCA autoctoni o
esotici. Gli effetti dell’uso di BCA nativi sono generalmente reversibili e
33
prevedibili rispetto a quelli esotici. Il sistema dovrebbe tornare normalmente alle
condizioni precedenti al trattamento al termine del rilascio. Questo perché i BCA
nativi sono influenzati dai loro stessi nemici naturali e il loro effetto diminuisce
nel tempo.
Gli effetti dei BCA esotici, a differenza di quelli nativi, possono invece essere più
dannosi. Spesso l’effetto del loro rilascio non è reversibile: tali BCA
riproducendosi, possono diffondersi lontano dal punto di rilascio, aumentando il
rischio potenziale di esposizione ai loro effetti degli organismi non-target.
Nonostante ci siano pochi studi fatti a riguardo, ci sono prove che documentano gli
effetti dannosi dovuti all’introduzione e al rilascio di BCA esotici (Loope e
Helweg, 2004). Ad esempio alcuni parassitoidi rilasciati per il controllo delle larve
della farfalla della canna da zucchero (sugarcane moths) hanno attaccato alcune
specie di farfalle locali (Gagne e Howarth, 1982). Nelle Hawaii e in altre isole del
Pacifico un determinato tipo di serpente (il brown tree snake) ha avuto un ruolo
determinante nell’estinzione di 9 specie su 11 di uccelli nativi (Savidge, 1987).
Secondo alcuni ricercatori, tali impatti ambientali probabilmente andranno ad
intensificarsi. Poiché il controllo biologico è visto come una soluzione a molti
degli indesiderabili effetti degli antiparassitari, specialmente quelli legati alla
sicurezza umana e alla resistenza sviluppata dei parassiti verso i prodotti chimici
(Waage e Greathead, 1998; Rosen e DeBach, 1991; U.S.Congress, 1995), ciò ha
portato molti governi a importare e rilasciare molti BCA nell’ambiente (Frank e
MCCoy, 1994; Hunter, 1994). Tuttavia ciò ha incoraggiato anche alcune aziende
private a farlo e, nonostante il tutto venga fatto con le migliori intenzioni, esso può
avere, come abbiamo visto, delle conseguenze negative (Howarth, 1991;
Simberloff e Stiling, 1996). Conseguenze che, nel caso di privati, potrebbero
essere ancora più disastrose, dato che spesso si tratta di introduzioni clandestine,
fatte con poco o nessun supporto di ricerca.
Per minimizzare il rischio di effetti negativi, si è reso perciò necessario lo
sviluppo di un codice internazionale di comportamento per la pratica introduzione
di nemici naturali per i BCA esotici. Codice che è stato sviluppato dalla FAO nel
1996.
34
Il processo d’introduzione può essere considerato come una serie di passi da
compiersi susseguenti, ma con reiterazione, finché il processo non è concluso.
Il processo consiste nel riconoscere se c’è un problema potenziale, compiendo
degli studi pre-rilascio, nello scegliere quali sono i parassiti che si vogliono
colpire con l’agente introdotto e quale è l’agente più efficace e allo stesso tempo
sicuro da rilasciare; e si conclude con degli studi post-rilascio per determinare
l’efficacia del metodo scelto e monitorare la diffusione nelle aree vicine e sugli
organismi non-target.
Nella pratica però il processo risulta essere molto più difficile e costoso. Esso
richiede un costo non indifferente di lavoro, ricerca, requisiti di spazio e rischio di
perdere la produzione. Inoltre necessita di fondi e investimenti cospicui per
compiere tutti i passi elencati.
Il rischio potenziale dei BCA può essere ridotto anche stimolando la ricerca,
l’addestramento, e abbassando i costi di registrazione. Infatti, molti dei BCA, non
sono venduti come biopesticidi, ma come promotori della crescita delle piante,
stimolanti o condizionatori del terreno. I produttori di BCA, quindi, non
rivendicando l’azione di controllo che tali agenti hanno, evitano i costi di
registrazione e tutti quei costi necessari per valutarne l’efficacia, la tossicità e
l’impatto ambientale. Tuttavia, così facendo, rischiano di immettere sul mercato,
prodotti ad alto rischio per la salute umana e per l’ambiente soprattutto in quei casi
dove non c’è abbastanza conoscenza a riguardo.
1.8 Barriere al successo e alla commercializzazione dei BCA
Il controllo biologico, e con esso la produzione ed uso dei BCA, non hanno ancora
trovato una propria dimensione sul mercato per la protezione e il controllo dei
parassiti, malerbe e malattie delle piante. Il successo di tale metodo è, infatti,
ostacolato da diversi fattori. Il mercato dei BCA, come si può intuire, è un mercato
di nicchia, specializzato, che non si è ancora realizzato a causa, prima di tutto,
dell’assenza di forti incentivi per sviluppare tali agenti e scoraggiare i pesticidi e
35
le sostanze chimiche e di altre barriere che rendono difficile non solo
l’introduzione ma anche il successo di tali agenti.
Analizziamo in seguito alcune delle limitazioni riscontrate nella loro diffusione
commerciale.
•
La mancanza e la scarsità di infrastrutture
La mancanza e la scarsità di infrastrutture che possano facilitare le conoscenze
e le nuove tecnologie ai diretti interessati come gli agricoltori. I programmi per
il controllo biologico variano, infatti, secondo il livello di professionalità degli
agricoltori. Per esempio, l’uso di biopesticidi non sarà adottato se i beneficiari
potenziali hanno una scarsa comprensione dei parassiti o della biologia dei
nemici naturali e identificazione (cioè sono incapaci di relazionare le densità
dei parassiti con i danni o con le perdite di raccolto) e sono poco disposti a
modificare le pratiche correnti per incoraggiare l’attività dei BCA. Di
conseguenza la formazione, l’educazione dei beneficiari (agricoltori o
proprietari), delle cooperative (consulenti) e anche di coloro che regolano tale
settore, è spesso il primo passo necessario per ridurre i problemi che
impediscono l’adozione di un corretto impiego dei BCA. Lo sviluppo di un
piano di attuazione su scala regionale che comprende protocolli per stabilire,
distribuire e per valutare gli effetti dei BCA verso i parassiti target è importante
e potrebbe aiutare a definire meglio gli obiettivi e lo scopo dei progetti di
ricerca.
Inoltre l’atteggiamento della maggior parte dei consumatori non sembra aiutare
in
quanto
piuttosto
incoerente:
essi
domandano
da
un
lato
prodotti
completamente liberi da residui chimici ma dall’altro non sono ancora pronti a
pagare un prezzo più alto per questi (Rovesti et al., 2000).
36
•
La mancanza di dati
I progetti di controllo biologico di solito durano anni, ma durante questo
periodo possono sorgere delle priorità istituzionali o del governo che possono
far terminare il progetto prima che sia stato completato. Le stime post-rilascio
del BCA non sostituiscono gli studi pre-rilascio e sono importanti per
sviluppare una piena conoscenza della loro azione e ottenere quindi un
maggiore livello di successo. In pratica però questo processo risulta essere
molto difficile, anche perché fino ad oggi non ci sono modelli che ci aiutino a
predire l’impatto dei BCA prima del loro rilascio.
Usare dei modelli per selezionare dei BCA prima del rilascio rimane un
obiettivo per il futuro a causa delle mancanza di conoscenze correnti su cui
possano basarsi le predizioni. Il problema della scarsità di dati rimane quindi
uno dei problemi maggiori.
• La disponibilità di altre alternative valide ed efficienti
La disponibilità di nuovi pesticidi di sintesi a bassa tossicità, possono diminuire
la domanda e la disponibilità di finanziare lo sviluppo e la messa in pratica dei
BCA. I fenomeni di sviluppo di popolazioni del patogeno o parassita resistente
ai pesticidi suggerisce che la lotta biologica dovrebbe essere considerato anche
nei casi in cui altri metodi siano attualmente disponibili.
•
Limiti intrinseci della lotta biologica
Il successo della lotta biologica si ha quando si porta sotto una soglia di densità
economicamente accettabile la popolazione dei parassiti. A questo punto un
secondo parassita potrebbe sostituire il primo e da qui nascerebbe la domanda di
un ulteriore programma di controllo biologico, in un ciclo senza fine. Evitare
questo circolo vizioso è possibile, ma non sempre fattibile. Tale problema
potrebbe essere limitato se l’agente non fosse visto come la panacea per tutti i
37
mali, ma come un metodo aggiuntivo che, se usato in un programma di lotta
integrata, può portare ad un controllo sostenibile dei parassiti.
• La valutazione del rischio e i costi di registrazione
Uno dei più grandi ostacoli alla commercializzazione è la valutazione del
rischio. I BCA devono, infatti, dimostrarsi sicuri attraverso dei test tossicologici
sia per l’uomo sia per tutti gli altri organismi che non costituiscono il loro
obiettivo. Queste prove sono necessarie e indispensabili per arrivare alla
registrazione del prodotto. Ma i costi per compiere tali test sono elevati e spesso
le piccole-medie aziende non possono affrontarli.
L’abbattimento dei costi di produzione e quindi una semplificazione del
processo di registrazione che attualmente è lo stesso delle ben più tossiche
molecole chimiche, è fondamentale e cruciale per tali agenti che ancora non
attraggono sufficienti investimenti.
A questo, si aggiunge l’assenza di una procedura di registrazione unificata a
livello internazionale. Spesso i BCA possono essere venduti solo nel paese in
cui sono registrati, a causa dei differenti requisiti richiesti in ogni nazione e
della preoccupazione riguardante il rilascio di microrganismi non indigeni. Può
accadere che si facciano più volte le stesse valutazioni del rischio, con
metodiche solo leggermente diverse.
In questo campo, il supporto istituzionale diventa di assoluta importanza sia per
lo sviluppo e l’esecuzione dei progetti che hanno come oggetto i BCA, che per
esercitare pressione o per far approvare programmi legislativi e regolamentare
l’uso dei BCA. In riferimento al nostro Paese, non è mai stato sviluppato un
protocollo specifico e ad hoc per la registrazione degli agenti microbiologici
(Rovesti & Lovati, 2000).
• La difficoltà nell’uso
I BCA devono essere facili da usare e convenienti dal punto di vista economico
altrimenti non potranno mai raggiungere il mercato o essere usati dai produttori
38
agricoli. L’esperienza nel campo agrochimico, non è sufficiente per valutare un
investimento e non è nemmeno semplice seguire i trend socio-economici come
l’espansione delle aziende agricole biologiche, la crescente sensibilità pubblica
verso i rischi per la salute e per l’inquinamento ambientale.
Il tipo di formulazione e il materiale d’imballaggio deve essere simile a quello
con cui il produttore è abituato. I distributori dovrebbero pensare a questi
problemi allo stesso modo di come lo fanno per i prodotti tradizionali. Ad
esempio, l’imballaggio dovrebbe essere fatto nelle stesse misure standard e tipi
di contenitori simili a quelli dei comuni pesticidi.
Anche il progresso in questo campo è lento soprattutto perché i produttori dei
BCA sono spesso piccole-medie imprese che hanno risorse limitate per uno
sviluppo e marketing completo dei prodotti.
Un’azienda competitiva deve impegnare fondi per assicurarsi che il prodotto
raggiunga il mercato e lo conquisti in modo stabile. Non è sufficiente limitarsi
alla vendita, ma è necessario offrire assistenza e seguire il consumatore affinché
il prodotto sia usato e applicato in modo corretto.
• La scarsa efficacia
Una delle maggiori limitazioni all’uso dei BCA è la scarsa efficacia osservata
nel controllo quando l’agente viene utilizzato in serre di grandi dimensioni e/o
in campo. Le analisi per le forme meglio documentate di controllo biologico
mostrano che solo il 10% dei tentativi ha avuto successo e che questo tasso non
è variato molto nell’ultimo secolo (Gelernter et al., 2000).
Questo può derivare, come abbiamo già visto, da molte cause che riflettono la
natura biologica di questi microrganismi di controllo. Essenzialmente
l’organismo
deve
prima
sopravvivere
all’applicazione,
poi
stabilirsi
nell’ambiente finché non ottiene il controllo del patogeno/parassita. In questo
periodo il BCA deve sopravvivere ai cambiamenti climatici e all’azione dei
microrganismi indigeni competitori. Spesso però, gli agenti di biocontrollo sono
sviluppati e testati in vitro e quindi mal sopportano il nuovo ambiente e il tasso
di fallimento può essere alto.
39
La risposta a tale problema è che i processi di selezione e sviluppo dei BCA
vengano effettuati considerando l’ambiente in cui verranno introdotti. Devono
quindi essere fatte più sperimentazioni in campo fin dagli stati iniziali di ricerca
e sviluppo. È necessario trovare formulazioni che aumentino l’efficacia dei
BCA proteggendoli contro l’essiccazione e le radiazioni ultraviolette e
identificare mediante prove in campo le razze più virulente e antagoniste e nel
contempo meno dannose per l’ambiente.
•
La competizione commerciale dei pesticidi
Oggigiorno sono ancora troppo elevate le somme di denaro investite nella
produzione di sostanze chimiche. Questo mercato è ancora fortemente
appetibile per gli investitori grazie alle sue rendite soddisfacenti e sicure. È
doveroso quindi ricordare quanto Hokkanen (1995) disse: “L’uso di pesticidi è
promosso qualche volta sotto una gran pressione di vendita, senza rispetto del
bisogno o delle possibili conseguenze e spesso ignorando l’ecologia
dell’ecosistema che è spesso distrutta”.
1.9 Il futuro dei BCA
Gli agenti di biocontrollo possono essere considerati secondo due ottiche: da un
lato potrebbero essere visti come ideali e accettabili dal punto di vista ambientale
e dovrebbero essere usati indipendentemente dai costi e dalla reale efficacia;
dall’altro essi potrebbero essere considerati inefficaci, troppo costosi e
inaffidabili.
Lo sviluppo dei BCA dipende molto dalla percezione del bisogno, dal livello di
incentivi per il loro sviluppo e dall’abilità delle compagnie produttrici di superare
i limiti e i colli di bottiglia nella ricerca e sviluppo. Oltre a ciò deve essere trovato
il modo per renderli più facili e pratici da usare. La riduzione dei costi di
produzione di tali prodotti rimane però l’aspetto cruciale. Solo così gli agenti di
difesa biologica possono diventare competitivi sul mercato.
40
Inoltre il futuro degli agenti di biocontrollo può dipendere molto dal modo in cui
verranno posizionati sul mercato. Si possono intravedere tre possibilità.
•
La prima opzione è quella di sostituire completamente il mercato dei
pesticidi chimici. Scegliendo tale via, dobbiamo preparaci a competere con
i pesticidi di sintesi che sono stati usati fino ad oggi. Ciò implica che i BCA
dovrebbero sradicare le infezioni latenti o comunque uccidere tutti i
patogeni presenti. Tuttavia, ad esempio i lieviti, che non hanno un’azione
sistemica e non possono coprire tutta la superficie del frutto, non offrono un
controllo completo.
•
La seconda opzione è di immettere tali prodotti nella categoria dei naturali
e biologici e offrire i prodotti ottenuti con tale metodo come prodotto a
valore aggiunto. Purtroppo questo mercato è ancora molto ristretto e molto
meno considerato rispetto a quello dei prodotti convenzionali.
•
La terza possibilità, la più interessante, è di usarli in combinazione con i
pesticidi in un programma di lotta integrata, per ridurre e limitare l’uso di
questi ultimi. Anche qui sono presenti delle difficoltà da superare. Infatti, i
BCA si trovano a competere in termini di efficacia contro i prodotti
convenzionali. Inoltre non c’è una differenziazione tra i prodotti
agroalimentari così ottenuti da quelli ottenuti con la lotta integrata. A ciò si
aggiunge la considerazione che, una volta che il prodotto è ottenuto in
questo modo, sarà poi difficile identificarlo in una categoria specifica e
distinguerlo da un normale prodotto proveniente dalla lotta integrata.
In sintesi, come per tutte le tecniche, anche lo sviluppo e l’implementazione di
programmi alternativi, come l’uso degli agenti di biocontrollo, per la protezione
delle piante necessitano di tempo, investimenti e di ri-educazione. Affinché
l’utilizzo dei BCA possa avvenire senza diseconomie e in condizioni competitive
rispetto ai concorrenti, è essenziale che tale settore possa disporre di strutture agili
ed efficienti in grado di fornire i servizi per farsi conoscere sul mercato globale:
41
ricerca e sperimentazione per un’innovazione e un miglioramento continui,
assistenza tecnica agronomica e gestionale, consulenza per l’aggregazione e
l’accesso alle informazioni da parte dei consumatori, formazione e informazione,
promozione, facilitazioni per ricomposizioni e miglioramenti fondiari e una rete di
servizi volta a facilitare i rapporti non solo con gli altri comparti della filiera, ma
anche con gli altri settori produttivi.
42
2. LA FRAGOLA: DIFESA E MERCATO
I PARTE: LA DIFESA
2.1 Le principali avversità della fragola
Numerose sono le malattie della fragola presenti in Italia. Esse possono essere
provocate da batteri, funghi e virus. Acari ed insetti possono provocare inoltre
ingenti perdite di produzione.
In seguito si elencheranno le principali avversità che interessano la coltura della
fragola e i possibili mezzi di difesa e controllo dell’infezione verificatasi (Maas,
1998):
• Batteriosi
– Maculatura angolare (Xantomonas fargariae): è una malattia da quarantena
che implica l’obbligo di distruzione del materiale infetto. Tale batteriosi è
controllata agronomicamente attraverso la copertura con tunnel e l’impiego
di prodotti rameici.
• Funghi
– Oidio (Sphaerotheca macularis): colpisce in modo specifico la fragola
coltivata sotto tunnel. Infatti, esso rappresenta la principale malattia
fungina delle colture sotto protezione. I frutti rimangono più chiari con i
semi che sporgono dalla superficie, cioè i semi tendono a sollevarsi rispetto
all’epidermide invece di rimanere infossati. La difesa dell’oidio si attua
programmando una serie di trattamenti preventivi e non ci sono problemi se
la malattia viene controllata adeguatamente nelle fasi iniziali.
43
– Botrite (Botrytis cinerea): è il principale problema della fragola senza
copertura. In serra bastano elevati vapori di umidità associati a uno scarso
ricambio d’aria. Un ottimo contenimento del fenomeno si ottiene grazie alla
copertura dei tunnel con polietilene. La lotta chimica si attua con prodotti
specifici.
– Antracnosi (Colletothricum acutatum): è un fungo molto pericoloso perché
attacca tutti gli organi della pianta. Un aspetto grave di tale malattia è
rappresentato dal fatto che i sintomi sulla frutta si possono manifestare in
post-raccolta con grave danno commerciale. Il sistema agronomico più
efficace è la coltivazione della fragola sotto copertura antipioggia.
– Marciume acquoso (Rhizopus nigricans): è un classico fungo dal
comportamento parassitario nei riguardi dei tessuti del frutto. I danni in
post-raccolta possono essere ingenti. Inoltre, molti principi attivi utilizzati
contro altre avversità hanno un effetto collaterale contro questa malattia.
– Rizoctonia (Rhizoctonia fragariae): tale malattia è molto diffusa: le piante
colpite presentano uno sviluppo ridotto e un minor numero di foglie ed
infiorescenze. Tale avversità è particolarmente temuta nella coltivazione
fuori suolo della fragolina di bosco.
– Marciume bruno (Phytophthora cactorum): il patogeno attacca in qualsiasi
fase e la manifestazione di tale malattia è tipica della fragola di pieno
campo quando i frutti toccano terra oppure nei fuori suolo quando i frutti
vengono a contatto con la torba.
– Vaiolatura (Micosphaerella fragariae): è una delle più comuni avversità
della fragola. In caso di forti attacchi può indebolire la pianta e ridurre la
produzione dell’anno seguente. Il danno è dato da un indebolimento
progressivo della pianta e la riduzione della produzione. Generalmente non
44
sono necessari trattamenti specifici poiché tale malattia viene contenuta
dalla normale difesa praticata nei fragoleti. Infatti per prevenire
l’esplosione della malattia è sufficiente di solito il rinnovo frequente
dell’impianto ed un’adeguata rotazione.
– Maculatura bruna: questa malattia fungina non causa gravi danni. Le
coperture con polietilene dei fragoleti evitando la bagnatura riducono la
pericolosità. Generalmente non sono necessari trattamenti specifici poiché
tale malattia viene contenuta dalla normale difesa praticata nei fragoleti.
• Acari
– Tarsonema (Tarsonemus pallidus): la presenza di tale acaro alla ripresa
vegetativa fa assumere alla pianta un aspetto nanizzato. La difesa è molto
difficoltosa, perché i prodotti autorizzati non esplicano una sufficiente
efficacia.
– Acaro rosso e giallo: tali acari sono uno dei problemi parassitari più gravi
nella coltivazione della fragola sotto tunnel, dove trovano le condizioni
ideali per insediarsi. Nel programmare la difesa acaricida è opportuno
considerare che l’arma chimica spesso non sortisce gli effetti desiderati: gli
acari sviluppano infatti facilmente forme di resistenza ai principi attivi
impiegati. Strategico risulta invece creare un equilibrio all’interno del
fragoleto con trattamenti insetticidi mirati e selettivi.
•
Insetti
– Oziorrinco: questo insetto faceva danni spesso nei ristoppi di fragola in
peno campo, nelle zone classiche della fragolicoltura. Con l’introduzione
del fuori suolo in torba c’è stata una recrudescenza di questo parassita, che
riesce a svilupparsi anche nutrendosi di radici morte o semplici filamenti di
torba.
45
– Elateridi: è un classico parassita della fragola in pieno campo. Non
risultano, comunque, essere un problema nella fragola fuori suolo.
– Maggiolini: essi sono un problema nella coltura a pieno campo, mentre nel
fuori solo la loro presenza è sporadica.
– Moscerini della torba: questi sono venuti alla ribalta in seguito
all’introduzione della coltura fuori suolo in torba. La difesa è possibile e di
facile attuazione con insetticidi autorizzati che devono arrivare a contatto
con la torba.
Nella pratica odierna, il programma di difesa per la protezione della fragola
prevede 12 trattamenti. È un numero, tuttavia, che varia a seconda sia delle
condizioni ambientali della zona investita a fragola sia delle condizioni climatiche
che si presentano nelle diverse fasi di sviluppo della pianta: dal trapianto alla postraccolta. Comunemente essi si basano sull’uso di sostanze chimiche quali il
penconazole, azoxystrobin, fenarimol, miclobutanil e sostanze organiche quali lo
zolfo. Il programma mira a controllare soprattutto l’oidio, la rizoctonia, la botrite e
gli acari.
2.2 Tecniche di coltivazione
La buona riuscita di un impianto di fragola è legata alla corretta gestione delle
tecniche produttive, all’andamento climatico stagionale ed è condizionata in
maniera decisiva dalla scelta del tipo di pianta. Al momento in Italia le tecniche
più usate per la coltura della fragola sono due: fragola in suolo o fuori suolo.
2.2.1 Coltivazione in suolo o in pieno campo
La coltivazione in pieno campo si basa sul trapianto di piante di fragola
direttamente nel terreno. Essa non richiede particolari strutture e gli investimenti
46
iniziali necessari sono di molto inferiori a quelli necessari per la coltivazione fuori
suolo. Il principale problema di questa tecnica è dato da un fenomeno noto come
“stanchezza del terreno” provocato dalla lunga presenza e dal ripetere la
coltivazione delle stessa coltura sullo stesso appezzamento. La fertilità risulta
ridotta e la coltura è spesso infestata da parassiti animali e vegetali. Per evitare
tale fenomeno bisognerebbe effettuare una rotazione colturale piuttosto lunga,
almeno 6-7 anni e poi ritornare a produrre fragole. L’unica alternativa possibile è
rappresentata dalla fumigazione: un procedimento utile per distruggere funghi e
insetti dannosi mediante l’uso di gas biocida, come ad esempio il bromuro di
metile. Tuttavia tale procedura ha forti impatti ambientali in termini di
inquinamento e, il suo impiego è soggetto a forti limitazioni.
2.2.2 Coltivazione fuori suolo o programmata
Se si includono le malattie e gli insetti precedentemente elencati, si può vedere
come, rispetto a quella in suolo, la coltivazione della fragola fuori suolo
rappresenta una tecnica agronomica totalmente innovativa. Questo metodo è stato
importato dal Nord Europa e prevede lo sviluppo dell’apparato radicale delle
piante di fragola in sacchi o vasi di torba situati in una vaschetta posta su dei
tralicci, vale a dire, fuori suolo e bagnati da una soluzione fertirrigante. Il motivo
dell’introduzione e sviluppo di questo metodo è stato quello di trovare
un’alternativa, o meglio una risposta concreta al grave problema della stanchezza
del terreno. Con questa tecnica la contaminazione di eventuali patogeni (botrite e
marciumi del frutto), non può diffondersi come invece avviene nelle colture
tradizionali in suolo. Uno dei maggiori vantaggi è quello di poter programmare le
produzioni e quindi di poter scegliere di produrre fragole in modo anticipato o
posticipato rispetto alla stagione naturale, permettendo all’agricoltore una buona
remunerazione, in quanto si hanno prezzi migliori sui mercati. Essa consente,
mettendo a dimora piante già parzialmente sviluppate (ingrossate), di avere la
prima produzione di frutti dopo 50 – 60 giorni dopo il trapianto. Un altro
vantaggio associato è la brevità del ciclo che permette di realizzare due cicli di
47
produzioni annuali. La realizzazione del doppio ciclo dipende tuttavia dalle
condizioni ambientali in cui si opera. Un altro beneficio che tale tecnica consente
è l’alta resa per unità di superficie.
In Italia, tale tecnica si sta diffondendo principalmente al nord. La superficie
nazionale investita in coltura protetta è stabile ed è attualmente pari al 77% del
totale (Tabella 1).
Per contro, questo tipo di coltura presenta delle nuove problematiche rispetto alle
colture tradizionali. Le strutture di copertura e di sostegno dei sacchi e
dell’impianto di fertirrigazione hanno costi molto elevati. La scelta del tipo di
substrato, dell’acqua irrigua da usare; la composizione della sostanza nutritiva ed
il suo smaltimento o eventuale riciclaggio ed infine il tipo di pianta e la data del
trapianto possono portare problemi, in quanto una scelta sbagliata potrebbe
provocare ingenti perdite per l'agricoltore. Inoltre, tale tecnica è favorisce, a causa
del caldo secco che si crea all’interno del tunnel, l’insorgenza di oidio e acari
(Molinari & Vinante, 2001). I trattamenti chimici nei confronti dell’oidio fino ad
ora utilizzati, sono necessari per contenere tale malattia fungina. Tuttavia, essi
lasciano dei residui nel prodotto finale: come ad esempio l’azoxystrobin. Con
l’utilizzo dei nuovi mezzi di difesa, come l’uso degli agenti di biocontrollo, si
vuole andare ad eliminare il rischio di presenza di residui di principi attivi chimici
superiori alle soglie di legge.
Nell’ultimo decennio, i progressi compiuti nelle tecniche di coltivazione, come il
passaggio dalla coltivazione in suolo a quella fuori suolo, e di gestione
fitosanitaria della fragola, hanno consentito di migliorare l’efficienza degli
impianti e di ridurre sensibilmente l’impatto ambientale, limitando i trattamenti e
le quantità applicabili di principio attivo, la distribuzione e la degradazione del
prodotto fitosanitario. Questo grazie anche alla disponibilità di nuovi fitofarmaci a
minor tossicità ed alle sperimentazioni condotte che hanno permesso di trasferire
delle innovazioni interessanti nella pratica.
48
2. LA FRAGOLA: DIFESA E MERCATO
II PARTE: IL MERCATO
2.3 Il mercato mondiale della fragola
Il mercato mondiale della fragola può essere stimato sulla base delle statistiche
fornite dalla FAO (Tabella 1), guadando alle produzioni coinvolte e alle superfici
investite a fragola.
Secondo la FAO tra il 1997-2003 il trend della superficie coltivata a fragola è stato
in netta crescita, salendo dai 208.000 ettari nel 1997 ai circa 230.000 nel 2001,
registrando un netto decremento solo nel 2002 (Macchi, 2004).
Il trend della produzione mondiale è stato, invece, in progressivo aumento fino al
2002, subendo un calo del 2.5% circa nel 2003.
Nella graduatoria mondiale dei Paesi produttori del 2003, gli Stati Uniti si
confermano al primo posto con oltre 830.000 tonnellate di fragole prodotte, pari al
25% del totale, seguito dalla Spagna con 260.000 tonnellate (10% della produzione
mondiale), che si conferma al primo posto come produttore europeo di fragole. Al
terzo posto troviamo la Corea (209.000 t) seguita dal Giappone, dalla Polonia e
dall’Italia che si colloca quindi al 6° posto con una produzione annua in notevole
aumento. Tra i Paesi emergenti si conferma un buon trend di crescita in Marocco
ed in Egitto sia in termini di superficie che di produzione.
In generale i principali Paesi produttori mostrano elevate rese. Unica eccezione è
rappresentata dalla Polonia che, nonostante abbia una superficie investita pari a
più del doppio rispetto a quella degli USA, produce circa un quinto della
produzione statunitense.
49
Tabella 1: Principali Paesi produttori di fragole e relative quantità prodotte (in tonnellate)
tonnellate
rango
Anno
1999
2000
2001
2002
2003
% sul totale
(media 99-03)
1
Stati Uniti
831.258
862.828
749.520
893.670
835.300
26%
2
Spagna
377.527
343.105
326.000
328.700
262.500
10%
3
Korea
152.481
180.501
202.966
209.938
209.938
6%
4
Giappone
203.100
205.300
208.600
210.500
208.000
6%
5
Polonia
178.211
171.314
242.118
154.830
160.000
6%
6
Italia
185.852
195.661
184.314
150.890
7
Messico
137.736
141.130
130.688
142.245
150.261
4%
115.000
129.000
125.000
130.000
145.000
4%
Turchia
129.000
130.000
117.000
120.000
120.000
4%
Germania
109.194
104.279
110.130
110.000
110.000
3%
Altri
739.703
812.226
782.416
798.067
805.541
25%
Totale
3.159.062
3.274.341
3.178.752
3.248.840
3.165.314
100%
8
9
10
Federazione
Russa
158.774
5%
Fonte: FAO, CSO – www.csoservizi.com
2.3.1 Il commercio estero: esportazioni ed importazioni
In base alle statistiche commerciali sempre fornite dalla FAO (Tabella 2), il
volume totale delle esportazioni mondiali di fragole fresche tra il 1997 e il 2002 si
è aggirato mediamente tra le 460.000 e le 520.000 tonnellate evidenziando un
trend costante o in lieve aumento (Macchi, 2004).
La Spagna risulta essere il principale esportatore mondiale con quasi 200.000
tonnellate medie, pari a circa il 40% dei volumi esportati. Seguono a distanza gli
Stati Uniti che tendono, comunque, a potenziare progressivamente la loro presenza
sui mercati. Messico e Belgio si confermano al terzo e quarto posto con quote che
sfiorano il 7%. Mentre l’Italia, che fino alla fine degli anni Novanta, si
posizionava al secondo posto nella classifica, ha progressivamente diminuito la
propria quota fino a collocarsi al quinto posto con il 6% del totale.
Guardando invece alle importazioni (Tabella 3), il primo paese importatore a
livello mondiale è la Germania con circa 111.000 tonnellate di prodotto importato
50
pari al 23% del totale. Seguono la Francia, Canada, Stati Uniti, Regno Unito,
Italia, Belgio e Austria.
Tabella 2: Esportazioni mondiali di fragole
Dati tonnellate
rango
1998
1999
2000
2001
2002
208.765
214.171
195.336
212.081
184.668
1
Spagna
2
Stati Uniti
50.343
57.500
63.095
58.554
71.719
3
Messico
26.693
44.918
35.049
30.910
37.419
4
Belgio
32.338
36.302
39.553
32.572
34.145
5
Italia
52.383
45.666
36.119
32.975
27.291
6
Francia
13.839
16.243
27.749
18.683
21.933
7
Indonesia
0
38
5
115
24.801
8
Marocco
9.293
16.396
21.701
17.824
21.751
9
Polonia
17.818
24.437
10.888
62.481
16.506
10
Olanda
10.828
14.890
17.096
12.542
12.846
Totale
461.502
505.967
468.935
516.186
485.288
1998
1999
2000
2001
2002
141.299
133.650
125.259
143.336
111.297
Fonte: FAO
Tabella 3: Importazioni mondiali di fragole
Dati tonnellate
rango
1
Germania
2
Francia
70.687
80.987
88.506
82.293
91.169
3
Canada
37.488
45.678
50.135
45.524
56.551
4
Stati Uniti
26.376
43.001
34.580
32.061
40.791
5
Regno Unito
36.316
23.512
29.047
28.493
36.657
6
Italia
16.627
22.643
26.872
22.750
24.166
7
Belgio
21.278
24.729
24.295
26.033
21.987
8
Austria
27.499
23.336
18.870
22.173
17.615
9
Messico
3.894
5.436
10.913
9.630
13.745
10
Olanda
16.798
16.397
14.058
12.086
13.001
Totale
448.570
479.766
482.795
490.745
493.797
Fonte: FAO
51
2.4 La coltura della fragola in Italia
In Italia questa coltura interessa una superficie pari a circa 6.000 ettari, da cui si
ottiene una produzione superiore alle 130.000 tonnellate. Il primato produttivo
spetta alla Campania, da dove proviene il 32% del raccolto nazionale; seguono
Emilia-Romagna (15%), Basilicata (15%), Veneto (12%), Piemonte (10%) e Lazio
(7%). Come abbiamo visto, anche nel nostro Paese, già da alcuni anni si sta
registrando un progressivo ridimensionamento di tale coltura, la cui superficie si è
ridotta dai 5.000 ettari del 1999 ai 4.000 ha nel 2003 e ai 3.900 ha nel 2004.
Anche se tutte le principali zone di produzione hanno concorso alla flessione,
Piemonte, Emilia-Romagna e Basilicata continuano a segnare variazioni negative
di oltre il 10% annuo. Si nota invece una certa stabilità in Trentino-AltoAdige e un
incremento in Calabria (più 7%).
2.4.1 Esportazioni e importazioni delle fragole italiane
Dalle statistiche fornite dall’Istat (Tabella 4), si nota, in linea con l’andamento
produttivo, un trend negativo delle esportazioni scendendo dalle 55.000 tonnellate
del 1997 alle 27.000 t del 2002 e alle 22.000 t nel 2003 con una flessione
addirittura pari al 60%. La maggior parte del prodotto italiano esportato è
concentrato verso pochi Paesi Europei ma con quote in continua flessione (87%
nel 1997 contro un 75% nel 2002). Il principale acquirente delle fragole italiane è
la Germania che negli ultimi anni ha però diminuito la propria quota (di circa un
30% rispetto alla fine degli anni Novanta) a causa sia della concorrenza esercitata
dai Paesi vicini che per l’aumento del prodotto interno. La restante parte
dell’export italiano (30% circa) è rivolta principalmente verso Austria e Svizzera.
Le importazioni italiane (Tabella 5) invece nello stesso periodo sono aumentate
del 70% e provengono per il 60% dalla Spagna, seguita dalla Francia con poco
meno del 30%. Le importazioni dal Nord Africa, che si prospettavano in sensibile
aumento, non sono aumentate.
52
Negli ultimi anni quindi si sono verificati veloci mutamenti che hanno portato il
saldo commerciale delle fragole, tradizionalmente positivo, ad attenuarsi sempre
più fino a diventare addirittura negativo nel 2003.
L’importanza della fragolicoltura rimane comunque evidente se si confrontano i
volumi esportati e importati con i valori monetari in gioco (Macchi, 2004).
Il valore complessivo delle esportazioni, viste le contrazioni avvenute, è andato
progressivamente diminuendo passando da 86 milioni di euro nel 1997 a 41 nel
2003 con una contrazione pari al 50% circa. Il prezzo medio d’esportazione, nello
stesso periodo, è perciò passato da 1,57 €/Kg nel 1997 ai 1,85 €/Kg nel 2003.
Il valore delle importazioni ha registrato invece un aumento da 22 a 41milioni di
euro. Il prezzo medio d’importazione è sceso nel periodo 1997-2001 e poi ed è
risalito fino a toccare 1,75 €/Kg nel 2003 (Macchi E., 2004).
Tabella 4: Esportazioni in Italia per paese di destinazione (%)
100%
4%
3%
3%
3%
90%
10%
11%
13%
13%
80%
10%
70%
12%
11%
17%
5%
5%
21%
20%
14%
14%
9%
10%
13%
12%
15%
15%
60%
(%)
3%
15%
11%
50%
14%
40%
30%
65%
62%
61%
58%
52%
50%
2001
2002
20%
47%
10%
0%
1997
Germania
1998
Austria
1999
2000
Altri Unione Europea
Svizzera
Altri Europa Extra UE
Fonte: Elaborazioni CSO su dati Instat, CSO – www.csoservizi.com
53
2003
Altri paesi
Tabella 5: Importazioni in Italia per paese d'origine (%)
100%
1%
90%
8%
80%
12%
1%
8%
19%
2%
5%
3%
4%
27%
28%
63%
63%
4%
3%
4%
3%
3%
4%
27%
27%
62%
62%
20%
70%
(%)
60%
50%
40%
75%
70%
70%
30%
20%
10%
0%
1997
Spagna
1998
Francia
1999
Paesi Bassi
2000
Germania
2001
Altri Unione Europea
2002
Nord Africa
2003
Altri paesi
Fonte: Elaborazioni CSO su dati Instat, CSO – www.csoservizi.com
2.4.2 Consumi italiani delle fragole
I consumi domestici delle fragole, visti come acquisti effettuati da parte del
consumatore finale e non dagli agenti intermedi come la ristorazione e dai piccoli
trasformatori, rappresentano il 2% della spesa totale dell’ortofrutta.
A differenza del consumo degli altri ortofrutticoli, che negli ultimi anni ha subito
una recessione del 10% (Testoni & Lovati, 2004), la dimensione del mercato al
dettaglio delle fragole, in Italia, è andato progressivamente espandendosi. Nel
periodo 2000-2003 si è evidenziato un aumento del 19% e il consumo ha raggiunto
la quota delle 72.000 tonnellate portando così il consumo medio per famiglia da
12,4 kg nel 2000 a 15,9 kg nel 2003.
Oltre l’80% del prodotto viene acquistato nei supermercati da aprile a giugno con
tendenza ad aumentare tra maggio e giugno. Un ulteriore 13% è acquistato tra
luglio e settembre mentre nei mesi autunnali e invernali il consumo si riduce
notevolmente (Testoni & Lovati, 2004). Tale concentrazione di consumi è in
54
relazione sia all’elevata disponibilità di prodotto con buone caratteristiche
organolettiche presente sul mercato nei mesi primaverili e sia ai prezzi più
contenuti con i quali viene offerto al consumatore. I prezzi raggiungono valori
minimi tra aprile e agosto, mentre sono molto più elevati nei mesi invernali dove
possono risultare addirittura raddoppiati.
Il consumo di fragole, nel nostro Paese, avviene soprattutto nel Nord dove viene
acquistato circa il 50% del totale. Seguono il Sud e le isole con oltre il 30% e il
Centro che ha una quota d’acquisto pari al 20% circa.
In riferimento al livello dei prezzi al consumatore nel periodo 1999 – 2003, è netto
il suo progressivo aumento (10% in più tra il 1999 e il 2000, un ulteriore 7% tra il
2001 e il 2002 e ancora un incremento del 10% tra il 2002 e 2003) attestandosi su
un prezzo medio annuo di 3,2 euro al chilo (Macchi, 2004).
2.4.3 La redditività di tale comparto
In Italia, la coltura della fragola si dimostra essere interessante e proficua dal
punto di vista economico.
A questo riguardo, il Centro Servizi Ortofrutticoli
(CSO) di Ferrara, in collaborazione con il Dipartimento di Economia e Ingegneria
agrarie dell'Università di Bologna, ha effettuato una ricerca tecnico-economica con
lo scopo di quantificare i costi di produzione e la redditività delle fragole non solo
in Italia, ma anche in Spagna, Germania e Francia.
L'indagine ha evidenziato risultati positivi a livello di profitto per tutte le aree
prese in esame, pur con differenziazioni a volte sostanziali, tra le diverse aree.
In Spagna la fragola fornisce all'imprenditore agricolo un profitto pari a 4.300
€/ha, mentre in Francia di 12.870 €/ha e in Germania 456 €/ha (CSO, 2004).
In Italia, essa offre un margine di redditività maggiore rispetto a molti dei paesi
concorrenti come ad esempio la Germania o la Spagna. Il profitto medio per ettaro
si aggira attorno ai 10.731 €/ha, variando dai 7.272 €/ha per la coltura in pieno
campo di Forlì-Cesena, ai 14.191 €/ha per la fragola coltivata sotto tunnel in
provincia di Salerno. Questo risultato è ottenuto soprattutto grazie alle elevate rese
55
per ettaro, ottenute con un’alta specializzazione della tecnica colturale, e grazie al
maggior livello qualitativo (Borghi S., 2004).
2.5 La fragolicoltura in Trentino
La fragolicoltura negli ambienti di montagna delle regioni settentrionali italiane
attualmente rappresenta solo poco più del 10% del totale delle superfici investita a
fragola. Ed è quasi tutta concentrata in Piemonte e in Trentino-Alto Adige.
La produzione trentina si attesta all’incirca sulle 3.500 tonnellate nel 2002
(Tabella 6), rappresentando a livello nazionale l’1,7%.
L’andamento della produzione, come si deduce dalla tabella, ha registrato un
deciso incremento con un 40% di produzione in più rispetto al 2001.
Tabella 6: Produzione di fragole in Trentino nel periodo 1998-2002
Fragola
1998(q)
1999(q)
2000(ha)
2000(q)
2001(ha)
2001(q)
2002(ha)
2002(q)
20.150
25.940
123
29.360
108
25.000
125
35.000
Fonte: Rapporto agricoltura 2002 pag. 86
Nell’intera regione la superficie investita a fragola si aggira attorno ai 280 ettari
ed è principalmente concentrata in Valsugana e nell’Altopiano di Pinè, ad
altitudini variabili tra i 400 e i 1.200 metri. Gli impianti localizzati alle altitudini
più basse (Valsugana a 4-5.000 metri s.l.m. sono generalmente finalizzati ad un
doppio ciclo di produzione autunnale–estiva utilizzando la stessa pianta (di tipo
tradizionale: A, A+). Le piante vengono trapiantate in agosto per una produzione
autunnale, poi le stesse, vengono pulite e messe a dimora durante l’inverno, cioè
vengono fatte svernare, o in campagna o in una cella frigo. La primavera
successiva si effettuerà il trapianto di queste piante che forniranno, di fatto, una
seconda produzione a partire dalla fine di maggio. Invece per gli impianti
realizzati a quote più elevate come sull’Altopiano di Pinè è adottata la cosiddetta
tecnica della coltura programmata a ciclo unico o monociclo. Essa prevede la
programmazione di trapianti “ a scalare” di piante fatte ingrossare in vivaio
56
nell’autunno precedente (Trayplant o GWB) da fine aprile a fine luglio. La
produzione di fragole avverrà quindi progressivamente (dal trapianto alla raccolta
passano 60 giorni) durante tutto il periodo estivo.
Entrambe le coltivazioni sono realizzate principalmente in fuori suolo (90% della
superficie trentina) con varietà unifere. Di queste, la più importante è la varietà
“Elsanta” con quasi il 90% di presenza, seguita dalla “Marmolada” che si è
dimostrata particolarmente adatta al clima trentino e alla tecnica colturale del fuori
suolo (Molinari & Vinante, 2001). In Trentino, infatti, la tecnica del fuori suolo, in
grado di programmare la produzione, ha quasi completamente sostituito le
tradizionali colture di varietà rifiorenti che fornivano frutti di bassa qualità
(Tabella 7 & Grafico 1), soprattutto in concomitanza degli innalzamenti termici
estivi e non erano in grado di fronteggiare la concorrenza dei frutti della varietà
provenienti dalle colture fuori suolo del Nord Europa. Inoltre questo progressivo
passaggio dalla fragola in pieno campo alla coltivazione in fuori suolo è stato
provocato dal divieto di usare il bromuro di metile (Molinari & Vinante, 2001).
Tabella 7: Superfici (ha) coltivate a fragola in tunnel e in pieno campo nel quadriennio 1999-2002 in
Trentino
Coltura protetta
Trentino
AltoAdige
Totale
Italia
%
Pieno campo
Totale
1999
2000
2001
2002
1999
2000
2001
2002
1999
2000
2001
2002
85
85
130
133
60
65
104
107
145
150
234
240
3.443
3.279
3.072
3.159
1.484
1.430
1.347
1.097
4.927
4.709
4.419
4.254
2,5
2,6
4,2
4,2
4,0
4,5
7,7
9,8
2,9
3,2
5,3
5,6
Fonte: Cso – Ferrara
57
Grafico 1: Superfici (ha) coltivate a fragola in tunnel e in pieno campo nel quadriennio 1999-2002 in
Trentino
600
superfici (ha)
500
400
Totale
300
Coltura in pieno campo
200
Coltura fuori suolo
100
0
1999
2000 anno 2001
2002
Fonte: nostra elaborazione
2.5.1 I mercati di sbocco della fragola trentina
Anche se le superfici investite a fragola sono limitate, l’importanza a livello
commerciale è notevole in quanto i produttori trentini, finalizzando le produzioni
al periodo estivo, hanno fatto in modo che, proprio da questi ambienti, arrivassero
sul mercato le uniche produzioni nel periodo estivo-autunnale, dalla prima decade
di giugno fino alla prima decade di ottobre.
Grazie a questa caratteristica e all’espansione della tecnica del fuori suolo, il
prodotto trentino ha potuto affermarsi su molti mercati nazionali ed anche europei.
Analizzando i mercati si osserva che circa il 65-70% della produzione trentina si
colloca nel Nord Italia, il 17-20% nel Centro Italia, il 2-3% nel Sud Italia e il 10%
all’estero prevalentemente in Germania e, in misura marginale, in Austria e Svezia
(Rapporto agricoltura, 2002).
58
2.5.2 Analisi dei costi di produzione e della redditività del settore
delle fragole in Trentino
Visto l’interessante profitto ottenuto in Italia, abbiamo voluto verificare quale
fosse il margine di redditività nella Provincia di Trento.
Come nostro riferimento, abbiamo preso un’azienda media di 1.000 m² di fragole
coltivate in fuori suolo e a ciclo unico.
La metodologia usata è stata di consultare alcune riviste tecniche del settore e di
intervistare alcuni tecnici (6) sia privati sia appartenenti alla cooperativa APASO
ed al Centro di Assistenza Tecnica (C.A.T.) dell’Istituto Agrario di San Michele
a/A e alcune aziende di fragole situate nell’Altopiano di Pinè, riguardo ai costi dei
materiali usati e alle ore necessarie per gestire, secondo una normale pratica
agricola, un impianto di fragole di 1.000 m². La ricerca è stata particolarmente
difficile e così pure la raccolta dei dati, soprattutto quelli riguardanti le ore
necessarie. La ragione è facilmente intuibile. Essendo quello dell’agricoltore un
lavoro autonomo, le ore dedicate alla normale gestione non vengono conteggiate.
Abbiamo quindi analizzato ogni singola attività e cercato di capire quante ore
fossero necessarie per compierla. Di grande aiuto sono stati i tecnici e quegli
agricoltori che, non riuscendo a svolgere tutto il lavoro da soli, hanno assunto dei
dipendenti. In questo modo si è potuto risalire alle ore effettuate.
Il primo passo della nostra analisi è stato quello di calcolare i costi necessari per
gestire tale impianto in un anno. Raccolti i dati e dopo aver fatto la media,
abbiamo costruito, usando il programma Excel di Windows, delle tabelle che ci
hanno permesso di ottenere il costo medio totale della nostra azienda di
riferimento.
Prima di tutto abbiamo dovuto quantificare i costi fissi necessari all’avviamento di
un’azienda di 1.000 m² di fragole coltivate fuori suolo (Tabella 8). Ipotizzando che
il terreno sia di proprietà dell’agricoltore, i costi fissi comprendono il costo per la
sistemazione del terreno e il costo della struttura. La struttura si compone in:
tunnel antipioggia, reti antigrandine, teli per la copertura, tralicci e vari supporti
l’impianto di fertirrigazione all’interno del tunnel. Il totale di tali costi ammonta a
circa 8.120 €/ 1.000 m²)(Tabella 1).
59
Tabella 8: Il valore degli investimenti iniziali necessari per avviare la produzione fuori suolo e
sotto tunnel di fragole su 1.000 m² in Trentino
COMPONENTE
CARATTERISTICHE
Tunnel
Sistemaz. Terreno
Reti anti-grandine
Telo copertura
microsprinkler
Traliccio/Supporti
Centrale idrica
TOTALE
Fonte: nostra elaborazione
€/mq
tunnel tipo antipioggia leggero (
Laser, squadratura, picchettatura
max ombreggiante 30%
polietilene additivato spessore 0,20
€/1000mq
2,31
0,50
0,30
0,44
0,10
2,47
2,00
Sospese in Ferro
dosatori, vasche, etc.
2.310
500
300
440
100
2.470
2.000
8.120
Incluse nei costi fissi, sono anche le vaschette in cui verranno trapiantate le piante
di fragola. Sia la struttura che le vaschette possono essere viste come un
investimento
iniziale
e
quindi
ammortizzabili
in
un
periodo
di
tempo
rispettivamente di 10 e cinque anni.
Per la determinazione annuale dei costi (Tabella 10), sarebbe uno sbaglio
conteggiare l’importo totale che ci porterebbe ad una stima sbagliata della reale
redditività. Nel nostro calcolo, abbiamo perciò usato le quote annuali.
Dopodiché sono stati misurati i costi variabili come gli antiparassitari, le piante di
fragola, il fabbisogno idrico, le sostanze nutritive necessarie per la fertirrigazione,
le spese generali e i contributi e tasse che l’agricoltore deve pagare.
Infine sono state inseriti i costi del lavoro necessario per compiere le normali
attività per la gestione e manutenzione dell’impianto quali: preparare la serra e
coprirla con il nylon, trapiantare le piantine di fragola nelle vaschette
precedentemente riempite di torba, separare gli steli, pulire gli stoloni che
porteranno il frutto, sfalciare l’erba, effettuare i trattamenti, svuotare le vaschette a
fine ciclo e infine togliere il nylon. Dal conteggio delle ore di lavoro sono escluse
quelle dedicate al controllo e quelle necessarie alla raccolta. Le prime in quanto
difficili da stimare a causa della loro dipendenza dalla discrezionalità
dell’agricoltore. Le seconde perché dipendono sia dalla produzione annuale delle
piante che può variare tra lo zero e i 500 grammi per pianta e sia dalla resa oraria,
cioè la quantità di fragole raccolte in un’ora (Kg/h).
60
Dalla somma di entrambi i costi, fissi e variabili, e relativi al lavoro deriva il costo
totale per la gestione di un impianto simile: circa 10.900 euro/1.000 m².
Il passo successivo è stato quello di calcolare il ricavo, moltiplicando il prezzo al
chilo (P/Kg) liquidato al produttore per i grammi ottenuti per pianta (g/pianta) per
il numero di piante presenti nell’impianto (9.000p/1.000 m²). Sono state ipotizzate
più soluzioni variando sia il prezzo al produttore che la produzione per pianta. Ad
esempio, se il prezzo liquidato al produttore è pari a 4,5 €/kg e la resa produttiva
per pianta è di circa 3,5 etti, il ricavo per 1.000 m² sarà pari a 14.175 euro (Tabella
9).
Al ricavo ottenuto è stato sottratto, quindi, il costo complessivo, 10.900 €/1.000
m² e il costo delle ore necessarie per la raccolta. Secondo gli intervistati la resa
oraria media di raccolta è pari a circa 15 kg/h, ma essa può variare notevolmente e
raggiungere anche i 25 kg/h. Riprendendo il nostro esempio, la produzione annuale
sarà data da 350 g/pianta per 9.000 vale a dire 3.150 kg/1.000 m². Per raccogliere
tale produzione saranno necessarie perciò 210 ore. Se il costo orario per la raccolta
è pari a 6.50 €/h, il costo complessivo della raccolta sarà pari a 1.365 €/1.000 m².
Il profitto ottenuto sarà perciò di 1914 €/1.000 m² circa.
Tabella 9: Esempio di come viene calcolato il guadagno nella Tabella 9
g/pianta Ricavo/1000m2 Ricavokg/1000m2 Ore
costo/1000m2
raccolta/1000m2
*
350
14.175
3.278,6
3.150,0
210,0
Euro*h/1000m2
Ricavo-costocosto
raccolta/1000m2
1.365,0
1.913,6
* nel nostro esempio si calcolano 15 kg di fragole raccolte in un'ora
Sintetizzando tale procedimento in un’unica formula e mantenendo fisso il valore
della resa oraria (15 kg/h), abbiamo creato un quadro comprensivo di diversi
scenari (Tabella 11). Se, come nel nostro esempio, il produttore riceve 4,5 €/kg,
egli avrà un ottimo profitto, che se comparato con quelli ottenuti mediamente in
Italia e negli altri Paesi Europei, dimostra quanto sia proficua tale coltura nella
nostra zona.
Se, invece, il prezzo medio liquidato al produttore è pari a 3 €/kg, la maggior parte
dei fragolicoltori trentini subiranno delle forti perdite. Caso purtroppo che si è
61
verificato nel 2004 a causa delle condizioni climatiche primaverili particolarmente
sfavorevoli a tale coltura. Infatti il ritardo di raccolta verificatosi, ha permesso alle
produzioni di altri Paesi, come la Germania, Svizzera e Slovenia di arrivare sul
mercato quando in Italia era ancora in atto la fase di raccolta. In aggiunta, la
stagione fresca ha permesso alla Spagna di rimanere sul mercato con un prodotto
accettabile. I prezzi, quindi, sono andati progressivamente diminuendo quando
ancora doveva arrivare sul mercato il 25-30% della produzione.
62
Tabella 10: Il costo necessario per la coltivazione della fragola in un impianto fuori suolo e a ciclo unico
Costi di coltivazione per un impianto di fragole coltivate
fuori suolo a ciclo unico
Euro /1000M²
Struttura (amm. 10 anni) (serre; tralicci; impianto irrigazione, ecc.)
812
Vaschetta (amm. 5 anni)
390,00
Torba (0,06*18.000 litri)
1080
Trattamenti di difesa (12)
38.41
Fertirrigazione ( 6 vasche a 50 euro l’una)
300,00
Irrigazione
180
€/pianta N°
0,31
4500
0,19
4500
Piante
GWB
A+
1395,00
855,00
Spese generali (trattore, gasolio, luce, e varie)
1760
Imposte, tasse e contributi
2500
TOTALE MATERIALE / 1.000 M²
Manodopera * (Euro 6,50 / ora)
9310.41
ore / 1.000 M2
preparazione serre
trapianto
taglio erba
separare steli
pulizia stoloni
manutazione e diverse
svuotamento
mettere e togliere la copertura
trattamenti
32
65
10
25
10
20
30
40
12
208,00
422,50
65,00
162,50
65,00
130,00
195,00
260,00
78,00
* escluso il controllo effettuato costantemente dall'agricoltore
TOTALE MANODOPERA / 1.000 M²
TOTALE COSTI/ 1.000 M²
63
1586,00
10896,41
Produzione / pianta (grammi)
Tabella 11: Valori dei possibili guadagni di un produttore di Elsanta in fuori suolo, sotto tunnel e a ciclo unico.
Costi /1000 M2 (escl raccolta)
Netto risultato / M2 con vari prezzi e varie produzione (monociclo)
N° di piante / 1.000 M²
Prezzo (Euro) al kilo liquidato al produttore
g/pianta
2,4
2,5
2,6
2,8
3,0
3,1
3,5
3,7
4,0
4,5
5,0
-8241,4 -8106,4 -7971,4 -7701,4 -7431,4 -7296,4 -6756,4 -6486,4 -6081,4 -5406,4 -4731,4
150
-8064,4 -7920,4 -7776,4 -7488,4 -7200,4 -7056,4 -6480,4 -6192,4 -5760,4 -5040,4 -4320,4
160
-7887,4 -7734,4 -7581,4 -7275,4 -6969,4 -6816,4 -6204,4 -5898,4 -5439,4 -4674,4 -3909,4
170
-7710,4 -7548,4 -7386,4 -7062,4 -6738,4 -6576,4 -5928,4 -5604,4 -5118,4 -4308,4 -3498,4
180
-7533,4 -7362,4 -7191,4 -6849,4 -6507,4 -6336,4 -5652,4 -5310,4 -4797,4 -3942,4 -3087,4
190
-7356,4 -7176,4 -6996,4 -6636,4 -6276,4 -6096,4 -5376,4 -5016,4 -4476,4 -3576,4 -2676,4
200
-7179,4 -6990,4 -6801,4 -6423,4 -6045,4 -5856,4 -5100,4 -4722,4 -4155,4 -3210,4 -2265,4
210
-6825,4 -6618,4 -6411,4 -5997,4 -5583,4 -5376,4 -4548,4 -4134,4 -3513,4 -2478,4 -1443,4
230
-6648,4 -6432,4 -6216,4 -5784,4 -5352,4 -5136,4 -4272,4 -3840,4 -3192,4 -2112,4 -1032,4
240
-6471,4 -6246,4 -6021,4 -5571,4 -5121,4 -4896,4 -3996,4 -3546,4 -2871,4 -1746,4 -621,4
250
-6294,4 -6060,4 -5826,4 -5358,4 -4890,4 -4656,4 -3720,4 -3252,4 -2550,4 -1380,4 -210,4
260
-6117,4 -5874,4 -5631,4 -5145,4 -4659,4 -4416,4 -3444,4 -2958,4 -2229,4 -1014,4 200,6
270
-5940,4 -5688,4 -5436,4 -4932,4 -4428,4 -4176,4 -3168,4 -2664,4 -1908,4 -648,4
611,6
280
-5763,4 -5502,4 -5241,4 -4719,4 -4197,4 -3936,4 -2892,4 -2370,4 -1587,4 -282,4 1022,6
290
-5586,4 -5316,4 -5046,4 -4506,4 -3966,4 -3696,4 -2616,4 -2076,4 -1266,4
83,6
1433,6
300
-5409,4 -5130,4 -4851,4 -4293,4 -3735,4 -3456,4 -2340,4 -1782,4 -945,4
449,6
1844,6
310
-5232,4 -4944,4 -4656,4 -4080,4 -3504,4 -3216,4 -2064,4 -1488,4 -624,4
815,6
2255,6
320
-5055,4 -4758,4 -4461,4 -3867,4 -3273,4 -2976,4 -1788,4 -1194,4 -303,4 1181,6 2666,6
330
-4878,4 -4572,4 -4266,4 -3654,4 -3042,4 -2736,4 -1512,4 -900,4
17,6
1547,6 3077,6
340
-4701,4 -4386,4 -4071,4 -3441,4 -2811,4 -2496,4 -1236,4 -606,4
338,6
1913,6 3488,6
350
-4524,4 -4200,4 -3876,4 -3228,4 -2580,4 -2256,4 -960,4 -312,4
659,6
2279,6 3899,6
360
-4347,4 -4014,4 -3681,4 -3015,4 -2349,4 -2016,4 -684,4
-18,4
980,6
2645,6 4310,6
370
-4170,4 -3828,4 -3486,4 -2802,4 -2118,4 -1776,4 -408,4
275,6
1301,6 3011,6 4721,6
380
-3993,4 -3642,4 -3291,4 -2589,4 -1887,4 -1536,4 -132,4
569,6
1622,6 3377,6 5132,6
390
-3816,4 -3456,4 -3096,4 -2376,4 -1656,4 -1296,4 143,6
863,6
1943,6 3743,6 5543,6
400
-2931,4 -2526,4 -2121,4 -1311,4 -501,4
-96,4
1523,6 2333,6 3548,6 5573,6 7598,6
450
64
10.896,41
9.000,00
reso orario
raccolta (kg)
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
15,0
2.5.3 La difesa in provincia di Trento
Nella provincia di Trento, simultaneamente a quanto avviene in Europa, si assiste
ad un crescente interesse verso forme di agricoltura orientata a produzioni di
elevata qualità, ridotto impatto ambientale e non lascino la presenza di residui nel
prodotto al momento della raccolta.
La legge regola gli aspetti più importanti in materia di utilizzo dei prodotti
antiparassitari. L’Ufficio Fitosanitario della Provincia di Trento applica le
direttive comunitarie a carattere fitosanitario, recepite nell’ordinamento nazionale,
ed agisce in coordinamento con il Servizio Fitosanitario Centrale presente presso il
Ministero dell’Agricoltura.
In provincia di Trento, già a partire dal 1989, gli stessi produttori agricoli,
organizzati
in
strutture
associative,
hanno
sottoscritto
dei
protocolli
di
autodisciplina che riassumono un complesso di norme tecniche ed agronomiche
che consentono di ottenere produzioni di alta qualità, nel rispetto dell’ambiente e a
salvaguardia della salute di chi produce e di chi consuma il prodotto. Inoltre, in
attuazione del D.P.R. 290 del 23 aprile 2001, è entrato in vigore l’obbligo, per tutti
gli agricoltori e per tutte le colture, di tenere una regolare compilazione di un
registro, detto “quaderno di campagna”, in cui vengono registrati i trattamenti
effettuati e l’avversità a cui sono diretti.
I protocolli di autodisciplina sottoscritti sono sei e riguardano:
- il settore frutticolo
- un gruppo di alimenti quali: ortaggi, fragola, piccoli frutti e mais da polenta;
- il settore vitivinicolo;
- il settore foraggero, zootecnico e lattiero caseario;
- il settore itticolo;
- la grappa.
Il settore frutticolo è stato il primo ad aderire al codice di autodisciplina per una
produzione integrata e attualmente la maggior parte della produzione è ottenuta nel
rispetto delle norme contenute nello specifico disciplinare.
L’ente a cui fanno capo i controllo è l’Associazione Produttori Ortofrutticoli
Trentini (A.P.O.T.). Tale associazione ha sviluppato un programma di controlli da
65
effettuare per verificare la presenza di residui e quanti di essi eccedono i limiti
ammessi. Nel corso del 2002, per il comparto dei piccoli frutti e della fragola, il
piano dei controlli ha portato al prelievo di 120 campioni di piccoli frutti. Il 96,7%
di questi campioni sono risultati conformi alle norme previste dal disciplinare di
produzione. Secondo il rapporto i quattro campioni risultati non conformi non
sono stati commercializzati. A fronte di tale analisi, tale settore ha individuato
delle soluzioni agronomiche per limitare i trattamenti nelle colture minori (fragola,
ribes, lamponi e more) quali la scelta di sostituire la “protezione chimica” con la
“protezione fisica” come ad esempio i tunnel (strutture metalliche che fanno da
barriere alle piogge e alle derive di fitofarmaci usati nelle vicinanze).
Inoltre, per incentivare la riduzione di sostanze chimiche in agricoltura, il
Regolamento 92/2078/ CEE è stato sostituito dagli articoli 22-24 del Reg.
99/1257/CEE che nel Piano di sviluppo rurale 2000-2006 della P.A.T., si
identificano nella misura detta “F(6)” delle Misure agroambientali. Tale misura
F(6) si pone l’obiettivo di fornire agli agricoltori degli aiuti volti a compensare le
perdite di reddito conseguenti all’applicazione di metodi di produzione più
compatibili con l’ambiente o ad incentivare il mantenimento di pratiche estensive
al fine di tutelare lo spazio rurale e le peculiarità paessagistiche e naturalistiche
del territorio provinciale.
2.5.4 L’APASO
Le realtà produttive provinciali si dividono tra le cooperative e i privati e sono
diffuse un po’ ovunque su tutto il territorio provinciale. Le maggiori cooperative
sono l’Associazione produttori agricoli S. Orsola, la cooperativa frutticoltori C 4 e
l’Alpefrutta Group situate a Pergine, la cooperativa Levico Frutta a Levico e la
cooperativa Agri 90 a Storo.
Tra queste un’attenzione particolare merita l’Associazione Produttori Agricoli
Sant’Orsola S.c.a.r.l (APASO), nata come associazione volontaria nel 1975 e
costituita come cooperativa nel 1979. Si tratta di un’associazione di produttori
agricoli specializzati nella coltivazione dei piccoli frutti quali lamponi, more, ribes
66
rosso e bianco, mirtilli giganti, mirtilli e fragoline di bosco, uva spina, ciliegie ed
altra frutta, e delle fragole estive.
I produttori associati, che nel 2004 sfioravano i 1.500, praticano la loro attività
nelle valli del Trentino. Essi sono distribuiti in Valsugana, Valle dei Mocheni,
Altopiano di Pinè, Valle di Cembra e Altopiano della Vigolana.
Inoltre, L’APASO è leader in Italia per la produzione di fragole e piccoli frutti:
basti pensare che nel 2003 i quintali di fragole conferite presso l’Apaso sono stati
oltre i 20.000 quintali e che il valore di tale produzione è oltre i 30 milioni di euro
(Ioriatti, 2004).
La Cooperativa inoltre si impegna per il miglioramento qualitativo del prodotto,
attraverso
il
perseguimento
della
qualità
integrale,
per
la
salvaguardia
dell’ambiente e valorizzazione del territorio locale. Inoltre è particolarmente
attenta alla sicurezza della produzione obbligando tutti i relativi soci ad adottare
un protocollo abbastanza restrittivo di lotta integrata (Protocolli di autodisciplina).
In questo modo, sia il rispetto dell’ambiente sia la salute dei consumatori viene
garantito attraverso un uso razionale e il più possibile limitato di prodotti chimici.
67
68
3.
LA
VALUTAZIONE
ECONOMICA
DI
UNA
SPERIMENTAZIONE IN CAMPO DEI BCA SU FRAGOLA
Come abbiamo visto, gli agenti di biocontrollo (BCA) sono diventati uno dei
mezzi di difesa più promettenti da sviluppare per ridurre l'uso degli antiparassitari
chimici sia contro gli insetti che le malattie. Anche se alcune sperimentazioni
hanno dimostrato chiaramente il loro potenziale contro alcune malattie specifiche,
l'uso su vasta scala del biocontrollo non è ancora stato adottato nei sistemi di
produzione commerciali (Ellis, 2003). I motivi possono essere divisi in due
blocchi: 1- le ragioni comuni a tutte le altre strategie di lotta integrata (IPM) e 2 le ragioni specifiche per i metodi di controllo biologici. Relativamente al primo
blocco, Aitken et al. (1995) hanno evidenziato il peso che hanno sia la scarsa
comunicazione che la mancanza di lavoro di squadra, nel determinare le cause
dell’insuccesso dei progetti di IPM.
Riguardo al secondo blocco di ragioni ricordiamo alcuni degli svantaggi già visti
nei capitoli precedenti, quali un maggior costo dei trattamenti, maggiori perdite
del rendimento, una minor shelf-life ed effetti ambientali possibili che potrebbero
colpire anche organismi che non sono l’obiettivo specifico del controllo.
Per catalizzare l’introduzione e l’uso di tali agenti si rende, quindi, principalmente
necessario incrementarne il successo. Ma come si definisce successo di un tale
metodo?
Secondo Hoffmann (1995) il successo può essere:
1) completo quando non sono richiesti o usati altri metodi di controllo, almeno
nelle aree in cui gli agenti vengono stabiliti
2) sostanziale
quando altri metodi sono necessari ma lo sforzo richiesto è
ridotto (ad es. a riduzione dell’uso di pesticidi o una loro minor
applicazione)
69
3) trascurabile quando, nonostante i danni dovuti agli agenti, il controllo della
malattia dipende ancora da altre misure di difesa.
In sintesi, per misurare il grado di successo bisogna stimare i risultati finali.
Questo è possibile facendo una valutazione dei costi e benefici ottenuti con l’uso
dei BCA con quelli che si sarebbero potuti ottenere con un altro metodo di difesa,
riconducendoli nella stessa struttura di valutazione.
Tale stima è il primo passo ed anche il più importante in un programma di
controllo biologico perché i benefici economici, ecologici e sociologici possono
essere
dimostrati
e
pubblicizzati
e
i dati
ottenuti
possono
giustificare
l’investimento economico fatto e portare a nuovi finanziamenti che possano così
supportare nuovi progetti e ricerche.
Finora gli studi fatti indicano che i benefici ottenuti dai progetti di controllo
biologico che hanno avuto successo superano i costi per la loro attuazione. Il
centro australiano per la ricerca internazionale per l’agricoltura (ACIAR
Australian Center for International Agricultural Research) ha seguito 10 progetti in
cui sono stati usati gli agenti di biocontrollo. Di questi solo quattro sono risultati
vincenti. È stato calcolato il rapporto benefici/costi per tutti i 10 progetti
interessati e il risultato è stato di 13,4 cioè ad un’unità di costo corrispondono 13,4
unità di benefici, nonostante, ripetiamolo, solo quattro fossero vincenti ( Lubulwa
e McMeniman, 1998).
Tuttavia, la maggior parte dei metodi usati per stimare gli effetti dell’uso dei BCA
si basano sull’efficacia tecnica cioè sul confronto della densità della popolazione
di parassiti attaccati dal BCA con una non esposta.
Secondo Gelernter e Lomer (2000) per arrivare a quantificare in modo corretto il
contributo di tali agenti bisogna misurare e valutare altri aspetti oltre a questo, che
comunque resta quello base.
70
I criteri suggeriti sono:
1- L’efficacia tecnica
Si ha quando il patogeno controlla l’insetto a o sotto la soglia economica.
Per i patologi la riduzione di parassiti serve per dimostrare che il BCA ha
causato la mortalità attesa; mentre per il coltivatore è una misura della
riduzione dei danni alla produzione.
2- L’efficacia pratica
Si ha quando il BCA:
– agisce come o meglio delle altre pratiche agricolturali per il controllo
dei parassiti, assicurando almeno un’ uguale o maggior resa
– è facile da usare
– non è costoso in termini monetari. Nel consumatore finale l’abilità di un
BCA di mantenere la popolazione dei parassiti sotto una determinata
soglia economica potrebbe essere insignificante se c’è un altro prodotto
o pratica disponibile che dà un controllo maggiore. Inoltre sono
necessari maggior tempo, sforzo o denaro affinché il BCA provveda ad
un controllo accettabile, allora diventa ovviamente meno allettante.
3- La commerciabilità e profittabilità
Si ha se le imprese generano profitto sufficiente per sostenere il loro
interesse in tale metodo di difesa.
4- La sostenibilità
Secondo i due studiosi Gelernter e Lomer questo termine starebbe ad
indicare la capacità dell’agente di insediarsi e di sopravvivere nell’ambiente
in cui viene introdotto.
71
Tuttavia, in questa tesi noi useremo tale concetto in un’altra accezione e
cioè il metodo deve dimostrarsi sostenibile sotto tutte le tre seguenti
dimensioni:
•
economica: gli agenti di biocontrollo devono avere costi accettabili
•
sociale: ridurre il rischio per la salute sia del consumatore, grazie alla
presenza di residui non determinabili, che dell’agricoltore grazie al minor
numero di trattamenti fatti.
•
ambientale: non ridurre la biodiversità o altri organismi utili
5- Esternalità
Si hanno quando il BCA migliora la sicurezza dell’ambiente, dell’uomo e
degli altri microorganismi non-target o migliora la qualità e/o quantità del
cibo. Inoltre aumenta il valore del terreno perché il sistema di coltura è di
nuovo proficuo e/o gli sforzi di conservazione aumentano la qualità
dell’habitat. Alcuni di questi tipi benefici sono, tuttavia, difficili da
quantificare dal punto di vista monetario.
In particolare quindi, la valutazione di un programma integrato con i BCA
dovrebbe andare oltre l’efficacia tecnica, cioè la riduzione della popolazione del
parassita sotto la soglia economica, e considerare altri fattori quale l’efficacia
pratica, l’attuabilità commerciale, la sostenibilità e le esternalità (Gelernter e
Lomer, 2000).
In questa prospettiva, lo scopo del nostro studio è di valutare alcune differenti
tecniche di lotta ai parassiti per proteggere le coltivazioni di fragola in Trentino.
L’analisi è stata sviluppata su dati ottenuti da un esperimento compiuto dal centro
SafeCrop presso l’Istituto di San Michele all’Adige nella provincia di Trento.
72
3.1 La prova in campo
Il centro SafeCrop ha condotto degli esperimenti in campo, durati due anni, su due
appezzamenti coltivati a fragola associati alla cooperativa di Sant'Orsola.
Le prove in campo sono state effettuate in due posizioni simili del Trentino (Cirè e
Canezza), sulla cultivar più usata nella coltivazione fuori suolo (Elsanta). In
queste circostanze e cioè nella coltura della fragola fuori suolo e sotto tunnel, la
malattia fungina più pericolosa rimane, come abbiamo visto, l’oidio (Sphaerotheca
macularis), che nella pratica tradizionale viene controllato soprattutto mediante
trattamenti chimici. Per poter contenere la malattia entro una soglia accettabile, ne
sono richiesti almeno sei-sette per ogni ciclo.
Sono state sperimentate undici strategie differenti (di cui un testimone non
trattato), sui due luoghi secondo un disegno a blocchi ripartito con scelta casuale
con tre repliche. Ogni blocco conteneva 24 piante. Conseguentemente sono stati
introdotti sia un acaro parassita sia alcuni microrganismi-non target (cioè che non
fossero l’obiettivo del controllo) per testare rispettivamente sia l’efficacia delle
strategie sia il loro impatto ambientale. Dagli studi fatti dal centro, l’oidio si è
sviluppato in modo simile in entrambe le posizioni, anche se a Cirè, a causa delle
temperature più alte, si è manifestato con un po’ più di ritardo rispetto a Canezza.
Per valutare la percentuale di frutti infetti o colpiti dall’oidio e quindi, per
calcolare l’incidenza e la gravità della malattia, ogni settimana sono stati effettuati
dei campionamenti di 20 frutti per blocco.
Le dieci strategie sperimentate si differenziano secondo i diversi principi attivi
usati, mentre il numero di trattamenti (7) e la sincronizzazione di trattamento (ogni
7 giorni) sono gli stessi. Tra queste si possono identificare tre gruppi (Tabella 1):
A) quattro strategie di lotta integrata (IPM)(1, 2, 4, 7); B) tre strategie di IPM
integrate con gli agenti di biocontrollo (3, 5, 6) e C) tre strategie basate solamente
su BCA (8, 9, 10).
73
Tabella 1: La diversificazione delle strategie in base che esse siano tradizionali, integrate con
BCA o solo di biocontrollo.
1
2
3
4
5
6
raccolta
Canezza
09/07/2003
16/07/2003
23/07/2003
30/07/2003
06/08/2003
13/08/2003
20/08/2003
Cirè
30/07/2003
06/08/2003
13/08/2003
20/08/2003
27/08/2003
03/09/2003
10/09/2003
1
IPM 1
Azoxy.
penconazole
penconazole
Sulphur
Azoxy.
Sulphur
Sulphur
2
IPM 2
Fenarimol
penconazole
azoxystrobin
Sulphur
Sulphur
Azoxy.
Sulphur
4
IPM sulphur1
Azoxy.
Penconazole
Sulphur
Sulphur
Sulphur
Sulphur
Sulphur
7
IPM sulphur2
Azoxy.
Penconazole
Heliosoufre
Heliosoufre
Heliosoufre
Heliosoufre
Heliosoufre
3
IPM 1BCA
Azoxy.
Sulphur
penconazole
Azoxy
AQ10
AQ10
AQ10
5
IPM 2BCA
Azoxy.
Tricodex
Tricodex
Tricodex
Tricodex
Azoxy.
AQ10
6
IPM 2BCA+
Azoxy.
penconazole
Tricodex
Tricodex
Tricodex
AQ 10
AQ 10
8
BCA Trichod
Trichodex
Trichodex
Trichodex
Trichodex
Trichodex
Trichodex
Trichodex
9
BCA AQ10
AQ 10
AQ 10
AQ 10
AQ 10
AQ 10
AQ 10
AQ 10
10
BCA B. subtilis B. subtilis
B. subtilis
B. subtilis
B. subtilis
B. subtilis
B. subtilis
B. subtilis
Il nostro interesse rivolto soprattutto verso il secondo gruppo, cioè l’insieme delle
tre IPM integrate con l’uso dei BCA (Tabella 2).
Tabella 2: La sequenza dei principi attivi usati nella strategia di 3 IPM ha integrato con BCA
Strategies
1
2
3
3 IPM 1BCA
Azoxy.
Sulphur
5 IPM 2BCA
Azoxy.
Trichodex
6 IPM 2BCA+
Azoxy.
4
5
6
Harvest
Penconazole Azoxy.
AQ10
AQ10
AQ10
Trichodex
Trichodex
Trichodex
Azoxy.
AQ10
Penconazole Trichodex
Trichodex
Trichodex
AQ10
AQ10
È utile evidenziare la differenza che c’è tra le diverse strategie in termini di
numero di sostanze chimiche utilizzate e della sequenza dei trattamenti effettuati.
In particolare, le strategie 5 e 6 includono soltanto due trattamenti chimici, mentre
nella strategia 3 più della metà sono chimici. La strategia 6 è l’unica, invece, che,
già a partire da quattro settimane precedenti la raccolta, non usa sostanze
chimiche.
Ai fini dell’analisi, vengono considerati solo tre fattori: la quantità di trattamenti
contro l’oidio, l'incidenza dei frutti persi (perdita della resa) ed i residui degli
74
antiparassitari (azoxystrobin) trovati sulle fragole al tempo della raccolta. Le
fragole sono state analizzate anche per individuare i residui dell’altra sostanza
chimica usata, il penconazole, ma tale principio attivo non è stato rilevato.
Primo passo per l’analisi è stato quello di informarsi riguardo ai prezzi di mercato
dei fungicidi usati nell'esperimento e di calcolare il costo di un programma
convenzionale di difesa. Assunto che il prodotto è stato diluito a basso dosaggio
con la proporzione di 80 litri / 1000m2 , si è calcolato il costo dei trattamenti per
ogni strategia usata nella sperimentazione ed il costo medio dei trattamenti
fungicidi attualmente suggeriti dal servizio di assistenza tecnica ai coltivatori della
fragola situati in quella zona (Tabella 3). Il programma di difesa convenzionale
suggerito comprende 12 trattamenti a dosaggio di 90 litri / 1000m2 ed ha un costo
medio pari a 38,41 Euro per 1000 m2.
Tabella 3: Prezzi di mercato delle diverse strategie.
Costo
Trattamento
Strategia
1
IPM 1
34,728
2
IPM 2
17,224
4
IPM sulphur1
19,384
7
IPM sulphur2
8,584
3
IPM 1BCA
24,262
5
IPM 2BCA
65,429
6
IPM 2BCA+
55,334
8
BCA Trichodex
96,81
9
BCA AQ10
33,11
10
BCA B. subtilis
26,88
11
Non trattato
0
12
Convenzionale
38,41
€/1000 m
totale
2
Intervistando alcuni tecnici e agricoltori, abbiamo valutato la normale perdita
media di frutti (la perdita di resa che è risultata essere pari al 5% sul totale della
produzione.
75
3.2 Risultati e discussione
Secondo l’accezione di sostenibilità da noi utilizzata, la prima dimensione da
discutere è quella economica. In primo luogo, abbiamo guardato alla differenza in
termini di redditi e costi per ogni strategia attuata. Dal lato del reddito, abbiamo
dovuto limitare la nostra analisi alle quantità perse a causa dell'attuale
impossibilità di quantificare un “premio” (in termini di prezzo) per le fragole
ottenute con IPM integrato con BCA. Dal lato dei costi, si è calcolato il costo delle
strategie in termini di trattamenti.
La Tabella 4 rappresenta le undici strategie rispetto ai tre fattori prima menzionati:
1) la perdita media di resa, 2) il costo dei trattamenti e 3) la presenza dei residui
(azoxystrobin).
Tabella 4: Costi, Perdite e Residui nelle diverse strategie
0
Costo
T
Strategia
€/1000 m2
Costo
lavoro
Costo
totale
% perdita %perdita Residui
Canezza Cirè
Canezza
1
IPM 1
34,73
45,5
80,23
3,33
0
0,25
0,32
2
IPM 2
17,22
45,5
62,72
0
0
0,35
0,4
4
IPM sulphur1
19,38
45,5
64,88
10
8,33
0
0
7
IPM sulphur2
8,58
45,5
54,08
10
13,33
0
0
3
IPM 1BCA
24,26
45,5
69,76
5
5
0,15
0,15
5
IPM 2BCA
65,43
45,5
110,93
11,67
6,67
0
0
6
IPM 2BCA+
55,33
45,5
100,83
8,33
3,33
0
0
8
BCA Trichodex
96,81
45,5
142,31
50
60
0
0
9
BCA AQ10
33,11
45,5
78,61
100
66,66
0
0
10 BCA B. subtilis. 26,88
45,5
72,38
88,33
86,66
0
0
11 Non trattamento 0
0
0
100
100
0
0
12 Convenzionale
78
116,42
5
5
38,41
Residui
Cirè
Lo studio (Tabella 4) evidenzia come le strategie 8 e 9, dove si usano solo i BCA
non abbiano offerto una protezione abbastanza buona per la fragola contro l’oidio.
L’uso dei BCA in un programma IPM (strategie 3,5 e 6) può, invece, raggiungere
76
un buon livello di controllo e nel contempo ridurre il numero di trattamenti
chimici. Inoltre, due di queste strategie (5 e 6) non presentano residui rilevabili sul
prodotto alla raccolta.
Cosa che non emerge dalla tabella, ma che è un risultato importante da
sottolineare, è che l’uso degli agenti favorisce la biodiversità. Infatti, al termine
degli esperimenti condotti, si è visto che i BCA non hanno avuto effetti
indesiderati sui microrganismi non target rilasciati nell’ambiente prima del rilascio
dei BCA (Pertot, 2004).
Valutiamo ora, in modo più dettagliato, le diverse strategie.
Nel grafico (Grafico 1a) sottostante, abbiamo rappresentato le strategie secondo le
tre dimensioni per Cirè, il luogo che si è dimostrato, economicamente parlando,
più interessante da analizzare. Infatti, a parità di costi, la percentuale di prodotto
perso per tale località è più bassa.
Grafico 1: Le diverse strategie di difesa secondo le tre dimensioni per il sito Cirè.
Fonte: Raffaelli et al., 2004)
77
Considerando come soglia di riferimento il costo medio dei trattamenti calcolato in
38.41 Euro/1000 m2 e una perdita media di resa pari al 5% (figura 1a) ci si rende
conto che soltanto le strategie 1, 2 e 3 sono incluse nella regione ammissibile. La
strategia 3 integrata con un BCA offre dei buoni risultati dal punto di vista
economico ma presenta dei residui al tempo della raccolta. Dal diagramma di
dispersione possiamo notare che entrambe le strategie 4 e 7 si avvicinano alla
nostra regione ammissibile. La strategia 4 (IPM sulphur1) presenta residui non
determinabili, un costo dimezzato rispetto ad un trattamento reale ma una perdita
pari al doppio (10%) di quella ottenuta con metodo tradizionale. La strategia 7
(IPM sulphur2) ha un costo ridotto del 77,7 % rispetto alla pratica convenzionale,
residui non determinabili ma una perdita riscontrata pari al doppio in località
Canezza, e quasi triplicata in Cirè.
Tuttavia, se nei costi conteggiamo anche il valore del tempo speso per applicare i
fungicidi (1 ora per ogni trattamento ad un costo di 6.5 Euro), il costo complessivo
dei trattamenti aumenta drasticamente. La figura 1b mostra che cosa accade se
spostiamo la linea di riferimento della nostra regione ammissibile verso l’alto per
poter comprendere tali costi.
Ora la nostra soglia si attesta sul nuovo costo complessivo medio per 12
trattamenti che è pari a 116.42 Euro. Come conseguenza del numero differente di
trattamenti (7 nell'esperimento contro i 12 effettuato normalmente), la strategia 6
diventa molto interessante da tutti e tre i punti di vista di cui si compone la
sostenibilità. Da quello economico perché rientra nella nuova regione ammissibile.
Dal punto di vista ambientale e sociale perché 1- garantisce l'assenza di input
chimici nelle quattro settimane prima della raccolta, 2- i trattamenti chimici sono
ridotti e 3- non presenta residui determinabili. Di conseguenza possiamo definire
questa strategia come completamente sostenibile. Affermazione che vale almeno
nei casi con le stesse circostanze registrate in Cirè.
Al contrario, nell'esperimento in Canezza (Grafico 2), anche se la strategia 6 si
trova sotto la soglia di riferimento (pari al costo complessivo medio) essa mostra
una perdita di resa pari al 8.33%, quindi superiore a quella media accettabile.
78
Grafico 2: Le diverse strategie di difesa secondo le tre dimensioni per il sito Canezza
Fonte: nostra elaborazione
Ciò non significa automaticamente che essa sia insostenibile ma anzi sottolinea
uno dei fattori più importanti per la sostenibilità dell’uso dei BCA: la
valorizzazione della sicurezza del prodotto così ottenuto. Data la crescente
disponibilità a pagare per prodotti più sicuri (Siikamäki, 1997), diventa
fondamentale trovare dei meccanismi di differenziazione che garantiscono un
prezzo- premio a quegli agricoltori, che producono prodotti più sicuri usando
meno antiparassitari, compensandoli della maggior perdita di prodotto. Infatti è già
stato dimostrato nella letteratura che l'integrazione verticale porta a minori residui
finali (Kilmer et al., 2001) e che la convinzione del leader all'interno di
un'organizzazione è fondamentale per il successo dei progetti IPM (Gelernter e
Lomer, 2000).
Nel caso trentino, la cooperativa di Sant'Orsola, che già trae beneficio da una
posizione leader nel mercato, opera già alcune strategie per assicurare un prezzopremio ai produttori. Essa finanzia, infatti, parte dei costi per l’acquisto di tali
agenti. Dall’intervista fatta al direttore dell’APASO, il finanziamento può arrivare
fino al 50%.
79
Inoltre, dal momento che, il costo degli antiparassitari ha un’incidenza non
significativa sulla determinazione del costo totale, come si deduce dall’analisi
relativa ai costi di coltivazione della fragola fuori suolo (1,1%) (cfr. paragrafo
2.5.2), le cooperative in genere dovrebbero essere incentivate a spingere verso il
metodo del controllo biologico, anche se ciò comporta un leggero incremento nelle
spese.
Rimane importante rimarcare il fatto che una riduzione dell'uso degli input chimici
grazie ai BCA, implica non soltanto prodotti più sicuri per i consumatori ma anche
una maggior sicurezza sul posto di lavoro per i coltivatori e, infine, una qualità di
vita migliore per i residenti.
I risultati di questo esperimento ci permettono di concludere che l’introduzione e
l’uso degli agenti di biocontrollo può avvenire a breve. In questo il meccanismo di
differenziazione ed un premium-price hanno un ruolo chiave. Inoltre questi aspetti
sono fondamentali anche per interiorizzare la crescente sostenibilità ambientale e
garantire la sostenibilità dal punto di vista economico.
Tuttavia, sia una maggior ricerca interdisciplinare che numerosi esperimenti e
prove in campo sono ancora necessari (Raffaelli et al., 2004).
80
4. RILEVAZIONE EMPIRICA
4.1 Obiettivi e metodologie di ricerca adottate
Nell’ultima parte di questo lavoro si è voluto valutare la reale conoscenza dei BCA
e la loro sostenibilità riportate nei capitoli precedenti, e vedere se trovano
conferma da un punto di vista empirico.
Per fare questo è stato formulato un questionario rivolto a 2 macrogruppi:
produttori di fragole che risiedono in zone montane del Trentino (Baselga di Pinè e
Valle dei Mocheni) e tecnici e dirigenti (della cooperativa APASO e del Centro di
Assistenza Tecnica dell’Istituto Agrario di San Michele). Entrambi i gruppi
operano nel settore agricolo e soprattutto nella fragolicoltura. Gli obiettivi
centrali, in base ai quali è stato predisposto il questionario e sui quali si è
focalizzata la ricerca, possono essere riassunti nelle tre seguenti dimensioni:
1. Individuare la conoscenza oggettiva degli agenti di biocontrollo (BCA) in
generale e nei tre gruppi.
2. Valutare come nella realtà lavorativa viene considerato e gestito l’uso dei
BCA.
3. Valutare in generale e confrontare quali siano le problematiche riscontrate
nell’uso dei BCA e quali siano i suggerimenti per incrementarne la diffusione e
l’applicazione.
Prima di esporre i principali aspetti osservati tramite rilevazione empirica,
descriverò brevemente come è stata predisposta ed affrontata la rilevazione
empirica.
Qualsiasi ricerca empirica strutturata e formalizzata implica una serie di decisioni
teoriche e metodologiche iniziali. In particolare, prima di poter partire con
l’attività di predisposizione del questionario, di raccolta dei dati e di analisi dei
risultati, è necessario pianificare in modo chiaro e specifico alcuni aspetti quali: 1)
81
le fondamenta teoriche della ricerca, 2) le ipotesi derivanti da queste, 3) la
metodologia e 4) il metodo empirico da impiegare nello studio (Silverman, 2000).
In questa analisi, il fenomeno analizzato è stato essenzialmente l’uso dei BCA in
agricoltura e in particolare nel settore della fragolicoltura nell’ambiente montano
trentino.
Le fondamenta teoriche dello studio empirico svolto e la chiarezza degli obiettivi
da perseguire sono essenziali per fornire una base concreta e organizzata alla
ricerca, per darle stimolo e per consentire di guardare al fenomeno secondo una
prospettiva ben chiara e formalizzata. Solo in questo modo è possibile costruire un
questionario con domande pertinenti e focalizzate ed analizzare in seguito le
risposte, rispetto ad una base teorica precisa e precedentemente predisposta.
Il secondo aspetto sopra ricordato, da definire in maniera specifica prima di
iniziare la stesura del questionario, è dato dall’insieme delle ipotesi da testare o
generare.
Per quanto riguarda lo studio qui presentato, le ipotesi che ho voluto verificare
tramite rilevazione empirica possono essere riassunte dalle seguenti ipotesi:
1°Ipotesi: una maggior informazione (scientifica, descrittiva, promozionale)
spinge ad un maggior uso dei BCA
2°Ipotesi: in genere le caratteristiche negative di tale metodo sono percepite
maggiormente di quelle positive.
3° Ipotesi: i produttori hanno problematiche riguardanti l’uso dei BCA
diverse da quello dei tecnici.
Andiamo ora ad analizzare gli ultimi due aspetti (3 e 4) che sono il tipo di
metodologia e di metodo da usare nello studio empirico. Con il primo termine ci si
riferisce a come verrà analizzato il fenomeno, ovvero se esso sarà analizzato
mediate una ricerca di tipo quantitativo o qualitativo, mentre il secondo fa
riferimento alla specifica tecnica di ricerca che verrà usata.
82
La scelta di questi due aspetti non può essere fatta casualmente, ma deve avvenire
secondo delle considerazioni precise sul tipo di problema considerato nello studio
e sulle caratteristiche specifiche che distinguono i due approcci sopra menzionati.
Per ciò che riguarda la metodologia e il metodo usati nella rilevazione qui
presentata, ho scelto di effettuare una ricerca di tipo qualitativo; la raccolta dei
dati è avvenuta attraverso un questionario semi strutturato che è stato condotto
faccia a faccia e in un caso telefonicamente, ad un numero limitato (32 soggetti) di
produttori e tecnici, per cui l’analisi dei risultati non è stata condotta con metodi
statistici, ma con semplice rilevazione e comparazione empirica delle risposte
ottenute. Nonostante il campione analizzato non sia rappresentativo in termini di
numero di soggetti, lo potrebbe essere in termini percentuali della superficie
coltivata a fragole in Trentino (circa il 40%).
L’approccio semi-strutturato consente tramite le interviste d’esplorare nel modo
più ampio possibile uno o più argomenti.
Nonostante tale metodologia renda difficile la generalizzazione dei risultati
ricavati, si è ritenuto opportuno seguire tale approccio visto l’interesse per
comprendere meglio come i soggetti intervistati si pongono, in base alle loro
esperienze e opinioni personali, nei confronti delle tematiche sopraindicate.
Sono stati formulati due tipi di questionari, uno indirizzato ai produttori e l’altro ai
tecnici.
La motivazione che ha spinto a fare due questionari sta nel voler valutare il
passaggio di conoscenze e nozioni tra i tecnici, dirigenti e gli agricoltori. Inoltre è
utile per poter confrontare le differenti problematiche tra i due gruppi.
Quello riguardante gli agricoltori è stato diviso in due parti. La prima, riguardante
la loro conoscenza la valutazione dei BCA, è completamente strutturata, con
domande a risposte chiuse, mentre la seconda contiene domande aperte riguardanti
le problematiche e i suggerimenti. Questo per evitare di influenzare l’intervistato,
indirizzandolo sulle risposte più desiderabili. (Corbetta, 1999).
La diversità nelle risposte raccolte nella seconda parte del questionario, ha reso
difficile l’interpretazione, la classificazione delle informazioni e la produzione di
inferenze sull’intera popolazione. La mancanza di scelte già predisposte, ha però
consentito di scoprire in maniera molto naturale e informale aspetti interessanti e
83
profondi, permettendo di acquisire una conoscenza più ampia e dettagliata su come
tale metodo di difesa venga affrontato.
4.2 La progettazione e la costruzione del questionario
Una volta scelte le basi teoriche e metodologiche su cui fondare la ricerca e dopo
aver definito gli obiettivi e le ipotesi da perseguire e testare attraverso esso, il
passo successivo è quello di progettare e costruire effettivamente il questionario
(Corbetta, 1999).
Nell’elaborazione dei quesiti da sottoporre agli intervistati ho fatto riferimento in
particolare ai principi di semplicità, comprensibilità, oggettività ed infine utilità.
Particolare importanza è stata data al non influenzare l’intervistato con le
aspettative soggettive del ricercatore.
Ciascuna domanda e risposta ed ogni parola contenuta nelle stesse, è stata
accuratamente scelta in modo d’essere immediatamente chiara, priva d’ambiguità,
con la minor possibilità di indurre in errore gli intervistati o di influenzarne in
qualche modo le loro opinioni e risposte. Essendo inoltre la partecipazione
all’indagine volontaria, ho cercato di suscitare l’interesse degli intervistati
attraverso la presentazione del mio studio e la formulazione stessa del
questionario, in modo da ottenere una maggior collaborazione e una più elevata
attendibilità, validità e veridicità nelle risposte.
In relazione alle regole seguite nella stesura del questionario, si è cercato prima di
tutto di ordinare la successione delle domande secondo dei criteri psicologici
(Corbetta, 1999): si è passati da argomenti più generali, di facile ed immediata
risposta, ad aspetti sempre più specifici, dettagliati e complessi (dalle conoscenza
alle problematiche e quindi ai suggerimenti), lasciando alla fine del questionario le
domande aperte in cui i soggetti sono più liberi nell’esprimere le proprie opinioni.
Le informazioni relative agli intervistati sono state chieste alla fine, nell’ultima
parte, per evitare di dare l’idea di invadere la privacy e quindi di ottenere riposte
sfuggenti, meno veritiere o un atteggiamento di disagio e di avversione già
dall’inizio.
84
Un’altra regola importante, da rispettare nella progettazione del questionario, è
quella di evitare di formulare domande e risposte tendenziose o devianti. Infatti,
come ricordato sopra, alcune risposte sono state lasciate aperte e libere, in modo
da evitare informazioni distorte e poco realistiche, soprattutto nel caso in cui
l’intervistato non abbia una specifica opinione o conoscenza in merito a
quell’interrogativo.
Nelle domande in cui si chiedeva di attribuire un peso alle possibilità presentate,
l’esistenza di dubbi o la mancanza di un’adeguata conoscenza dell’aspetto
considerato, è stata ovviata inserendo nella scala di valutazione la risposta “non
so”.
Infine per ottenere delle informazioni uniformi, oltre alla ricerca e all’uso di una
terminologia semplice e chiara, ho associato a ciascuna domanda delle indicazioni
brevi ma esaustive sul come dare le risposte, illustrando ad esempio di volta in
volta quante alternative segnare o quando è necessario usare la scala dei valori per
ponderare le proprie scelte.
Per effettuare qualsiasi tipo di ricerca tramite questionario è necessario passare
attraverso una serie di fasi ben precise, non sempre sequenziali. Qui di seguito
riporterò brevemente la descrizione di ciascuna di esse, mostrando anche come
queste siano state svolte durante il mio studio.
•
Costruzione del questionario
Una volta esplorato, individuato e progettato il contenuto e la struttura del
questionario, si può procedere con la sua costruzione vera e propria. Si deve
partire dallo schema generale delle informazioni desiderate (obiettivi da
raggiungere, ipotesi da testare) per arrivare ad una struttura specifica,
contenente tutte le domande necessarie per analizzare ogni aspetto dell’oggetto
di ricerca.
A questo punto è possibile procedere con la progettazione in dettaglio ovvero
con l’assunzione di una serie di decisioni specifiche sulle domande da porre e
sulle risposte da associare alle stesse, sulle parole esatte da usare, sulla
sequenza
delle
domande,
sulla
loro
85
disposizione
nel
questionario
e
sull’eventuale aggiunta di istruzioni e di indicazioni per l’intervistato, il tutto
tenendo conto dei principi e delle regole ricordate sopra.
Per capire quali domande sottoporre agli intervistati, sulla base degli obiettivi,
ho preparato una lista di argomenti generali da discutere in profondità sia con
la responsabile del Centro SafeCrop che con la mia relatrice, individuando
quali argomenti suscitavano maggior interesse e discussione.
Si è passato poi alla stesura della prima versione del questionario in
collaborazione con il Centro SafeCrop e con il supporto di un esperto della
comunicazione. Questa ha richiesto parecchi giorni, poiché si è dovuto
considerare contemporaneamente molti aspetti, sia di contenuto che di forma.
Ogni domanda è stata elaborata nel dettaglio, valutata in termini di scopo,
oggettività e comprensibilità. Quest’ultima è stata garantita dalla scelta
accurata delle parole, del linguaggio e dall’aggiunta di indicazioni brevi ma
esaustive.
Durante la fase di costruzione è fondamentale sottoporre ad una o più prove
quanto elaborato (compiere un pre-test) per poter mettere a punto, il contenuto
e la forma delle domande, la loro sequenza e disposizione. Perciò si è testato la
“forma” del questionario, ovvero la sua struttura in termini di disposizione e
sequenza delle domande, chiarezza e lunghezza delle stesse, presentando la
prima versione alla responsabile del Centro, la dottoressa Ilaria Pertot che si è
resa disponibile per la lettura del questionario e la correzione “formale” dello
stesso. In seguito si è rielaborato quanto già fatto arrivando così alla seconda
versione del questionario. Dopo averne migliorato la forma si è testato il
contenuto sottoponendo il questionario a due produttori agricoli non
appartenenti al gruppo degli intervistati. In seguito ai suggerimenti e alle
proposte ricavate dalle prove pilota si è giunti alla stesura della versione finale
(vedi allegati n°1, 2, 3).
•
Campionamento, contatto e raccolta dei dati.
Questa fase si svolge dopo aver costruito il questionario. Questa fase comporta
la scelta degli intervistati e del loro numero, le decisioni in merito al dove e al
86
come effettuare le interviste e circa quale metodo usare per selezionare il
campione.
Per quanto riguarda lo studio effettuato si è cercato di contattare i dirigenti,
tecnici operanti in settori diversi (pubblico e privato) e fragolicoltori che
coprissero le tre tipologie: piccoli, medi e grandi produttori. Per piccoli
s’intende coloro che lavorano a tempo parziale in azienda e hanno una coltura
inferiore ai 3.000 m2 ; per medi coloro che lavorano a tempo parziale ma con
dimensioni dell’azienda comprese tra 5.000 m e 1,5 ha. Ed infine per grandi
produttori coloro che vivono sulla fragolicoltura impiegandosi a tempo pieno in
questa attività e ricavandone il reddito principale. È stato dato maggior peso al
gruppo dei produttori (22 intervistati contro i 10 soggetti del secondo gruppo,
comprendenti tecnici e dirigenti APASO e del C.A.T.), poiché sono loro i
consumatori finali dei BCA. Quindi per valutare la sostenibilità di una
possibile introduzione i tali prodotti, si è reso necessario analizzare in modo
più approfondito tale gruppo.
Inizialmente l’idea era di svolgere l’indagine su un numero bilanciato
d’aziende appartenenti a queste 3 tipologie. Intervistando il tecnico
specializzato nel settore della fragolicoltura presso la cooperativa Sant’Orsola
emerge che il numero di produttori di fragole sono 130. Questi, che coltivano
oltre alla fragola anche altre colture minori, possono essere divisi in tre
categorie in base al tempo speso in azienda e alle dimensioni dell’azienda
stessa. 65 sono giudicati piccoli produttori, che lavorano part-time nell’azienda
e coltivano in media sotto i 3.000 m2 di fragole. 45 sono medi, lavorano parttime o a tempo pieno e le loro aziende variano tra i 5.000 m2 e 1.5 ha. I restanti
soci (20) sono grandi produttori, lavorano a tempo pieno e la superficie
coltivata si aggira in media tra i 3-4 ha. La superficie totale coperta a fragole
dai 130 soci si attesta sui 60 ha circa.
All’inizio era stato deciso di intervistare 9 grandi produttori, 18 medi e 9
piccoli.
Successivamente però, la difficoltà nel reperire i diversi produttori e/o la scarsa
disponibilità nel partecipare, ha comportato l’inevitabile squilibrio presente da
questo punto di vista nel campione di intervistati.
87
Nello studio sono stati, quindi, intervistati solo 20 soci della cooperativa (8
grandi, 3 piccoli e 9 medi) e 2 privati (che rientrano nella prima fascia). La
superficie analizzata dal questionario è di 50 ha circa (38 ha appartenenti ai
soci e 12 ai privati). Vista la superficie totale in Trentino coltivata a fragola
pari a 125 ha (Rapporto agricoltura 2002), il nostro campione copre circa il
40% della superficie investita a fragole e i dati che emergono possono essere
considerati rappresentativi per tale settore.
Per quanto riguarda gli aspetti pratici dell’individuazione e del contatto degli
intervistati si è seguita la seguente procedura. In primis è stato raggiunto il
direttore dell’APASO per sottoporgli il questionario e per chiedergli il
permesso di poter contattare i produttori stessi, mostrandogli il differente
questionario e spiegandogli gli obiettivi della ricerca.
Di seguito sono stati contattati i tecnici dell’A.P.A.S.O. (tre soggetti) tramite
telefono, per verificarne la disponibilità a rispondere al questionario e per
fornire loro una descrizione generale degli obiettivi e degli aspetti centrali
della ricerca. Una volta accertata la disponibilità, è avvenuta la compilazione
nel loro ufficio.
Inoltre il tecnico specializzato in fragolicoltura ha fornito, facendo già egli
stesso una selezione nomi e numeri telefonici dei produttori appartenenti alle
tre tipologie.
È seguita poi la ricerca di tutti i produttori selezionati via telefono. Qui sono
stati riscontrati alcuni problemi. Primo fra tutti quello legato alla diffidenza e
al disinteresse delle persone: in ben tredici casi, infatti, mi è stata rifiutata la
disponibilità di partecipare. Il secondo problema è legato proprio alla
disponibilità stessa di poter fare il colloquio visto che le interviste sono state
svolte nel periodo di raccolta delle fragole. Questo ha portato spesso a svolgere
il questionario nell’ora di pranzo o dopo cena e nei campi. Lo svolgimento
delle interviste è avvenuto prevalentemente di persona e la durata della
conversazione è stata mediamente di una quarantina di minuti. Nei casi in cui
si è potuto raggiungere l’intervistato a casa si è potuto approfondire la tematica
BCA e Fragole in modo molto più dettagliato e ciò ha permesso di
comprendere meglio i loro problemi, dubbi e aspettative.
88
•
Analisi dei dati.
L’ultima fase di questo processo prevede la sistemazione e standardizzazione
delle informazioni ed infine l’analisi delle risposte.
Le risposte ottenute sono state schematizzate e rese omogenee per consentirne
l’analisi e la valutazione delle informazioni ricavate.
4.3 Analisi e discussione dei risultati della rilevazione empirica
L’analisi dei risultati, riportata qui di seguito, è stata svolta facendo riferimento
agli obiettivi
e alle ipotesi
presentate
precedentemente. Essa
si
fonda
prevalentemente sul confronto tra le risposte ottenute con le interviste. Per questo
ogni qualvolta risulta necessario, vengono specificate le differenze riscontrate. Il
programma statistico utilizzato è Statgraphics (Manugistic, 2000).
Per l’analisi dei 32 questionari è stato seguito un determinato percorso che ha
permesso di comprendere meglio la conoscenza e l’uso degli agenti di biocontrollo
da parte dei fragolicoltori trentini (Figura 1). Prima di tutto viene analizzato il
campione per vedere le caratteristiche dei vari soggetti intervistati.
Di seguito è stata analizzata la conoscenza del campione relativa ai BCA
osservando:
- le fonti da cui il campione ha tratto le proprie informazioni
- le caratteristiche conosciute dei BCA.
Conseguentemente è stata considerata la fiducia che il campione nutre verso tale
metodo e da che cosa essa è determinata.
Infine si è giunti allo studio degli aspetti più interessanti per la nostra ricerca quali
le problematiche riscontrate durante l’applicazione e uso degli agenti di
biocontrollo e quali siano le strategie più appropriate per catalizzarne l’uso su
ampia scala in agricoltura.
89
Figura 1: Il percorso d’analisi delle variabili riscontrate nello studio
Campione
Conoscenza
Fonti
Caratteristiche
Fiducia
Problematiche
Supporto
Strategie
4.3.1 Presentazione del campione
Il campione analizzato comprende: 1 dirigente, 9 tecnici e 22 produttori. Tra i
produttori: 3 sono piccoli, 9 medi e 8 grandi (di cui 2 privati, cioè non soci della
cooperativa APASO).
Come è stato già detto in precedenza viene dato, in questo studio, maggior peso ai
produttori.
I dati relativi ai 22 intervistati del primo gruppo mostrano ciò che segue. Per
quanto riguarda l’età si notano due raggruppamenti principali. Il 27% ha un’età
inferiore ai 30 anni, mentre il 45% ha un’età compresa tra i 40 e 50 anni. Per
quanto riguarda la base culturale, il 32% non ha un diploma di medie superiori, un
altro 32% possiede un diploma agrario, un altro 23% ha conseguito altri diplomi e
il 13% è laureato in materie non agrarie. Il 63% dei produttori è impegnato in
azienda a tempo pieno e ne ricava da essa la principale fonte di reddito. Per quanto
riguarda la dimensione delle aziende: la superficie media coltivata a fragola è di
2.2 ha. I grandi produttori (45%) hanno in media una superficie coltivata media
90
pari a 3.5 ha, quelli medi (40%) ne possiedono in media 1,5 ha e infine quelli
piccoli (13%) coltivano in media sotto i 5.000 m2 di fragole.
Grafico 1: Composizione del campione
30
20
10
0
%
Produttori
Tecnici
Dirigente
Grafico 2: Età dei produttori
20-30
30-40
40-50
50-60
60-70
60,00
40,00
%
20,00
0,00
Età
Grafico 3: Grado d’istruzione dei 22
Grafico 4: Suddivisione dei produttori
produttori.
secondo la superficie coltivata a fragola.
40,00
30,00
20,00
%
10,00
0,00
nessun diploma
60,00
diploma agrario
40,00
%
20,00
altro diploma
altre laurea
grado istruzione
Grande
Medio
Piccolo
0,00
Dimensione produttori
laurea agraria
4.3.2 Informazioni relative alla conoscenza dei BCA
Ad ogni soggetto intervistato è stato chiesto di indicare quali fossero le sue fonti
d’informazione tra quelle elencate ed è stata data la possibilità di aggiungerne altre
attraverso l’opzione “altro”. Ciò che si ricava dal grafico (Grafico 5),
rappresentativo delle risposte, è che le fonti sono eterogenee perché distribuite su
più canali di informazione.
91
Grafico 5: Fonti informative
80
pubblicazioni scientifiche internazionali
70
IASMA
60
articoli di ricerca IASMA
50
riviste nazionali
40
%
30
riviste locali
media (TV, radio, web, etc...)
20
CAT (Centro Assistenza Tecnica)
10
uffici provinciali
altro (Apaso)
0
Fonte: nostra elaborazione
Un primo dato che emerge è che il 65-70% degli intervistati attinge la propria
conoscenza dalle riviste locali e nazionali, quali “L’Informatore Agrario”, “Terra
Trentina” e “Il Contadino”. Segue un 62,5% che trae le proprie informazioni dal
Centro di Assistenza Tecnica dell’Istituto Agrario di San Michele. Seguono in
ordine d’importanza le altre fonti: il bollettino IASMA con il 50%, articoli di
ricerca IASMA e APASO con il 43%, i media con il 34% e le pubblicazioni
scientifiche internazionali con il 28%.
La prima considerazione utile in merito è che le riviste locali, come “Terra
Trentina”, sono gratuite e distribuite su tutto il territorio Trentino, arrivando ogni
mese direttamente alle famiglie degli agricoltori. Tale dato conferma che il
servizio è valido, viene letto e che tale rivista tratta tematiche nuove come i BCA,
focalizzando l’attenzione sul loro basso impatto ambientale e sul consumatore.
La seconda considerazione, in merito alle fonti riguarda l’opzione “altro”. Infatti,
vista l’appartenenza della maggioranza dei produttori alla cooperativa APASO, si
è deciso nella formulazione del questionario, di non citare volontariamente tale
associazione come mezzo di divulgazione in quanto l’appartenenza poteva
risultare fattore di distorsione positiva verso tale fonte. Lasciando la possibilità
92
all’intervistato di scrivere in tale opzione altre fonti, si scopre che ben il 43% del
campione ha dichiarato l’assistenza offerta dall’APASO.
Per misurare quanto il soggetto fosse informato in termini di numero di fonti di
riferimento, si sono introdotte tre categorie in cui il soggetto viene classificato,
secondo il grado d’informazione rilevato, nel seguente modo:
1. “molto” informato se ha barrato 7 o più fonti;
2. “mediamente” informato se ha barrato tra le 4 e le 7 fonti;
3. “poco” informato se ha segnato meno di 4 fonti.
Dallo studio è emerso che il 43% del campione è poco informato, il 41% è
mediamente informato e solo un 16% è molto informato. Si è voluto poi verificare,
attraverso un’analisi della covarianza multifattoriale (ANCOVA), se alcune
caratteristiche del campione influenzavano il numero di fonti citate (Figura 2).
Figura 2: Analisi della covarianza multifattoriale 2 per la variabile “numero di fonti”
Dimensioni azienda
Superficie a fragola
b^=-0,03; p = 0,03 ( 3)
b^= 0,68; p = 0,09
Numero di fonti citate (R 2 = 41%)
Età
Titolo di studio
b^=-0,05; p = 0,15
p = 0,14
Il risultato della ricerca mostra come solo la variabile “dimensioni dell’azienda”
influenzi significativamente e in modo indiretto il numero di fonti (p = 0,03). Si
vuole sottolineare quindi, che all’aumentare delle dimensioni dell’azienda, il
numero di fonti diminuisce. Questo potrebbe essere supportato dal fatto che
2
L’analisi della covarianza multifattoriale consente di analizzare il legame di dipendenza tra una
variabile quantitativa (numero di fonti) e più variabili esplicative che siano sia quantitative
(dimensioni, superficie, età) che qualitative (titolo di studio).
3
Statisticamente una relazione è significativa solo se il p-value è minore di 0,05. Se questo
supera il valore di 0,1, significa che tra le due variabili non c’è relazione. Con il simbolo b^ si
indica il coefficiente angolare della retta che lega le due variabili.
93
l’agricoltore che ha più terreno e più lavoro dedica meno tempo alla lettura di
articoli o giornali (Grafico 6).
Grafico 6 : Relazione tra dimensioni dell’azienda e il numero di fonti
Component+Residual Plot for numero di fonti
component
numero di effect
fonti
5,5
3,5
1,5
-0,5
-2,5
-4,5
0
3
6
9
12
15
18
dimensioni
Fonte: nostra elaborazione
Tra le altre variabile può essere analizzata la variabile superficie anche se,
ripetiamolo, non è significativa, cioè all’aumentare di questa, il numero di fonti
citate tendenzialmente non aumenta (Grafico 7). In altre parole, anche se la coltura
della fragola presenta maggiori problemi rispetto alle altre colture minori, quali
ribes, more o lamponi, l’agricoltore non tende a leggere più articoli.
Grafico 7: Relazione tra la superficie coltivata a fragola e il numero di fonti
Component+Residual Plot for numero di fonti
numero di fonti
component
effect
5,2
3,2
1,2
-0,8
-2,8
-4,8
0
2
4
6
superficie
Fonte: nostra elaborazione
94
8
La valutazione della qualità del servizio informativo offerto dall’APASO e dal
C.A.T. mostra come essa sia considerata ad un livello buona-soddisfacente
rispettivamente da parte del 54% e dal 44% di coloro che hanno risposto. Una
percentuale consistente (23% per APASO, e 12% per ISMAA) non sa quantificare,
mentre il restante 23% per APASO e 44% per ISMAA trova il servizio offerto
scarso o insoddisfacente.
4.3.2.1
Risultati relativi alle caratteristiche percepite dei BCA
La ricerca evidenzia come il campione, in generale, contraddistingue in modo
chiaro i BCA dai mezzi di difesa tradizionali. Le caratteristiche maggiormente
percepite dagli intervistati sono in ordine di importanza (Grafico 8):
•
il minor impatto ambientale (84%)
•
la maggior salubrità del prodotto ottenuto con l’uso dei BCA ( 68%)
•
la maggior sensibilità dei BCA alle condizioni climatiche ( 68%)
•
la maggior sicurezza lavorativa per l’agricoltore ( 65%)
•
il maggior costo di controllo (56%)
•
il maggior costo del trattamento (53%)
•
la scarsa efficacia se usati come unico mezzo di difesa (50%)
•
effetti nel lungo periodo dovuti ad un’azione più lenta (49%)
•
il rischio di maggior perdite (43%)
•
la presenza di residui non determinabili (18%)
95
Grafico 8 : Le caratteristiche degli agenti di biocontrollo maggiormente percepite dal campione
90
residui non determinabili
80
minor impatto
70
maggior sicurezza
maggior salubrità
60
maggior costo
50
%
40
maggior controllo
maggior sensibilità a condizioni ambientali
maggior perdite
30
minor efficacia
20
lentezza
10
minor shelf
costo trattamento + tempo per il controllo *
0
minor efficacia + maggiori perdite *
Caratteristiche
* Le due ultime colonne rappresentano la percentuale di intervistati che hanno contrassegnato
entrambe le caratteristiche. Si è scelto di unirle in quanto riconducibili allo stesso concetto.
Fonte: nostra elaborazione
La prima considerazione da fare è che le caratteristiche maggiormente percepite
risultano riguardare gli aspetti positivi di tale metodo, cioè il suo basso impatto
verso l’ambiente, il consumatore e lo stesso agricoltore.
È interessante rilevare come una delle caratteristiche fondamentali dei BCA, cioè
la presenza di residui non determinabili nel prodotto finale al tempo della raccolta,
non sia invece percepita come tale dal campione.
Ciò rileva ancora una scarsa considerazione della presenza di residui nei prodotti
agricoli da parte degli agricoltori, che però, se interpellati in qualità di
consumatori, identificano queste caratteristiche come vantaggio nell’applicazione
dei BCA. Questo dato evidenzia, inoltre, che l’informazione pubblica sui BCA
punti molto sulla salubrità e sicurezza dei prodotti agricoli ottenibili con il loro
uso, senza però spiegarne a fondo le basi tecnico-scientifiche.
96
La terza considerazione è che se si comprende sotto un’unica voce i costi dovuti
sia al metodo inteso come trattamento che per il tempo speso per effettuare i
controlli prima e dopo il trattamento, si nota come essi diventino una caratteristica
saliente (81%). Ciò è indice che anche i produttori considerano il tempo utilizzato
nel controllo (che in questo metodo ha un ruolo chiave) una spesa.
Anche in questo caso si è cercato di capire se ci fosse relazione tra il numero di
caratteristiche dei BCA segnate e il grado di istruzione degli intervistati.
L’analisi dice che non c’è molta differenza tra coloro che non hanno conseguito un
diploma e coloro che lo hanno, indipendentemente dalla scuola frequentata. Si
nota, inoltre, che chi ha conseguito una laurea (non agraria), ha segnato meno
caratteristiche.
Guardando poi alle risposte date alla domanda su quali BCA fossero conosciuti
questo emerge quanto segue (Grafico 9).
I BCA maggiormente conosciuti sono i feromoni sessuali, i nematodi, gli acari e
gli insetti predatori. Tali agenti sono conosciuti grazie anche all’ampio uso che
viene fatto in viticoltura e in frutticoltura, due settori importanti nell’agricoltura
trentina. Seguono il Bacillus Thuringiensis, l’AQ10 e la Beauveria bassiana.
Grafico 9 : Descrizione di quali siano i BCA conosciuti
100
non conosco
bassiana
bacillus
AQ10
tricodex
feromoni
nematodi
predatori
virus
altro
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
BCA
Fonte: nostra elaborazione
97
È stata applicata l’analisi della covarianza multifattoriale, precedentemente fatta
per il numero di fonti, anche per il numero di caratteristiche e il risultato mostra
come sia il titolo di studio (Grafico 10) sia l’età non abbiano un’influenza
significativa sul numero di caratteristiche segnate.
Grafico 10: La relazione tra quante caratteristiche segnate e il titolo di studio conseguito
2
titolo studio
0
1
2
4
frequency
1,6
1,2
0,8
0,4
0
0
2
3
4
5
7
6
8
9
10
11
quante caratteristiche
Fonte: nostra elaborazione
Inoltre si è verificato se la dimensione dell’azienda e la superficie investita a
fragola potessero influenzare il numero di caratteristiche dei BCA (Figura 3).
Emerge, come per il numero di fonti, che solo la variabile “dimensioni
dell’azienda” influenza in modo diretto e significativo il numero di caratteristiche
percepite (Grafico 11). All’aumentare dell’azienda corrisponde tendenzialmente un
numero maggiore di caratteristiche dei BCA. Questo potrebbe dipendere dal fatto
che gli agricoltori, nonostante leggano meno, indirizzino la lettura verso articoli
che trattino o sviluppino delle possibili alternative ai trattamenti convenzionali.
Figura 3: Relazione tra il numero di caratteristiche percepite e la dimensione dell’azienda e la
superficie coltivata a fragola
Dimensioni azienda
b^= 0,40; p = 0,04
Superficie a fragola
b^=- 0,57; p = 0,20
Numero di caratteristiche (R²= 20,5%)
98
component
effect
numero
di caratteristiche
Grafico 11: Relazione tra le dimensioni aziendali e il numero di caratteristiche.
6
4
2
0
-2
-4
-6
0
3
6
9
12
15
18
dimensioni
Fonte: nostra elaborazione
Si è indagato poi sulla possibile relazione tra reddito e numero di caratteristiche.
Dal Grafico 12 sembra che ad un maggior reddito corrisponda mediamente una
maggior conoscenza relativa ai mezzi di difesa possibili. Una conferma potrebbe
essere data dal fatto che chi ha come unica fonte di guadagno la fragolicoltura o
altra coltura, si informa maggiormente per contrastare anche con più metodi,
patogeni, insetti e malattie e ciò che potrebbe compromettere la resa finale.
quante caratteristiche
Grafico 12: Relazione tra quante caratteristiche e il reddito
12
10
8
6
4
2
0
0
1
reddito
Fonte: nostra elaborazione
99
L’analisi è proseguita studiando la relazione tra il numero di fonti e il numero di
caratteristiche (Grafico 13). Questo per vedere se chi è maggiormente informato
tende a conoscere un maggiore numero di caratteristiche dei BCA.
Grafico 13: Relazione tra quante caratteristiche e il numero di fonti
b^ = 0,17
Numero di fonti
Numero di caratteristiche
quante caratteristiche
p = 0,44
R2 = 2%
12
10
8
6
4
2
0
0
2
4
6
8
10
numero di fonti
Fonte: nostra elaborazione
Dalla regressione semplice e dal grafico si può capire che le due variabili non sono
correlate.
4.3.3 Informazioni relative alla fiducia e uso dei BCA nella
fragolicoltura trentina
Per l’analisi di questi due aspetti viene considerato solo il gruppo dei produttori in
quanto sono loro i principali fruitori dei BCA.
I risultati che emergono in merito alla “fiducia” sono i seguenti:
100
•
il 23% non ha fiducia, ma di questi, il 13% li usa o li ha usati in
precedenza.
•
il 77 % degli agricoltori ha fiducia
La fiducia negli agenti di biocontrollo è data in generale dall’esperienza positiva
personale (69%), dal fatto che l’APASO, la cooperativa di cui sono soci, informa e
promuove tali agenti (50%) e solo in modo marginale dalla pubblicità positiva che
viene fatta (Grafico 14).
Grafico 14: Perché i produttori hanno fiducia nei BCA
80
70
60
precedente esperienza positiva
50
% 40
30
promozione organizzazione
pubblicità positiva
20
10
0
Perché SI
Fonte: nostra elaborazione
Una prima considerazione in merito porta ad una rivalutazione dell’importanza del
servizio informativo visto che questo non determina un maggior grado di fiducia.
Anzi tale studio evidenzia come i produttori credono nell’efficacia dei BCA solo
dopo aver testato i prodotti e solo dopo aver avuto un’esperienza positiva.
Una seconda considerazione riguarda l’associazione di cui fanno parte la
maggioranza dei produttori intervistati. L’APASO, nella promozione di tali agenti,
ha un ruolo chiave e, come si vede, il 50% dei produttori ha fiducia attraverso
l’azione di promozione svolta dalla cooperativa.
Vengono ora considerate le strategie adottate dall’APASO per motivare il
produttore all’uso dei BCA.
L’APASO informa e promuove, sviluppando progetti e/o attività sperimentali,
finanziando fino al 50% il costo per l’acquisto dei BCA e offrendo un’assistenza
costante e gratuita per ridurre il fattore d’errore di applicazione. Per promuovere la
101
sperimentazione di tali agenti, l’APASO rimborsa (nei primi 2 anni) fino al 100%
un’eventuale perdita economica dovuta all’uso dei BCA.
La mancanza di fiducia, di coloro che non credono nell’efficacia di tale metodo
integrato in un IPM, è determinata da 3 fattori: l’esperienza negativa, la paura di
perdere parte della produzione e quindi parte del reddito e la maggior fiducia nei
mezzi di difesa chimica tradizionali. Inoltre l’analisi riconferma, riprendendo il
discorso dell’influenza dell’informazione, che sia la scarsità della stessa che la
pubblicità negativa, non sono fattori che riducono la fiducia.
Si analizza ora l’esperienza reale dei produttori che hanno risposto “si” alla
domanda sull’uso dei BCA. Dallo studio emerge che l’82% di chi applica tale
metodo, lo usa nella coltivazione dei piccoli frutti, e solo il 47% nella
fragolicoltura. In merito si può dire che i produttori intervistati si occupano di
entrambe le colture, ma ricavano il proprio reddito principale dalla fragolicoltura.
Essendo i produttori una categoria considerata “risk-adverse”, preferiscono
probabilmente provare o usare tali agenti su una coltura minore in modo tale da
non compromettere il profitto dell’azienda. Inoltre sono incentivati ad usare
maggiormente i BCA sui piccoli frutti perché non ci sono altri mezzi di difesa
disponibili sul mercato, mentre per la difesa della fragola i fitofarmaci sono diffusi
e risultano essere il metodo più efficace.
Per di più i risultati su queste colture minori (Grafico 15) sono più incentivanti di
quelli riscontrati sulla fragola (Grafico 16).
Grafico 15: Risultati dell’uso di BCA
Grafico 16: Risultati dell’uso di BCA su
su altre colture
fragola
60
60
50
non significativi
40
50
40
incoraggianti
% 30
scoraggianti
20
% 30
incoraggianti
20
scoraggianti
non risponde
10
non significativi
10
non risponde
0
0
Risultati su fragola
risultati per altre colture
Fonte: nostra elaborazione
Fonte: nostra elaborazione
102
Alla domanda contro quali patogeni gli intervistati hanno usato o usano i BCA in
fragolicoltura, la maggioranza dei produttori ha indicato l’oziorrinco (62,5%) acari
e tripidi (25%). Contro l’oidio, la malattia fungina più problematica in quanto crea
i maggiori danni alle colture di fragole fuori suolo sotto tunnel, non si evidenziano
esperienze da parte dei produttori (Grafico 17).
Grafico 17: Contro cosa sono usati i BCA
Grafico 18: Contro cosa sono usati i BCA da
parte da parte dei produttori
dei tecnici
70
60
50
40
%
30
20
10
0
80
oidio
oidio
botrite
acari
tripidi
oziorinco
60
%40
acari
tripidi
20
oziorinco
0
contro cosa?
contro cosa?
Fonte: nostra elaborazione
botrite
Fonte: nostra elaborazione
L’analisi rileva una differenza significativa tra produttori e tecnici. E’ evidente
come i tecnici, al contrario dei produttori, usano o probabilmente testano i BCA
soprattutto contro l’oidio e gli acari (Grafico 18). Tale discrepanza può essere
interpretata ipotizzando da una parte che i tecnici stiano seguendo dei progetti in
cui venga sperimentato l’uso dei BCA contro tale malattia; dall’altra che i
produttori preferiscano utilizzare i BCA contro le avversità minori delle fragole
piuttosto che usarli contro malattie più difficili da debellare come l’oidio.
103
4.3.4 Risultati relativi alle problematiche riscontrate
Alla fine del questionario è stato chiesto di citare quali fossero state le maggiori
problematiche riscontrate nell’uso dei BCA. Nel questionario rivolto ai produttori
tale risposta è stata lasciata libera, sia per non influenzare con risposte desiderabili
il soggetto intervistato, sia per poter avere un quadro dei problemi pratici più
comuni.
Il problema più sentito, come si nota nel grafico (Grafico 19) da parte dei
produttori è quello legato al tempo speso per fare dei controlli in campo. Il
controllo preventivo è necessario per poter vedere se si stanno sviluppando
malattie o infezioni di parassiti nella coltura e quindi per agire in tempo per poter
curare la malattia. Anche il controllo dopo il rilascio dei BCA è importante per
vedere se la popolazione degli agenti liberata è abbastanza numerosa, se si è
stabilita ed ha cominciato ad essere offensiva contro il parassita trovato e quindi
efficace.
Il secondo problema accertato è quello relativo all’efficacia del prodotto. I
produttori hanno riscontrato un controllo totale scarso e non sufficiente a
contrastare l’infezione che ha portato, in alcuni casi, a delle perdite di produzione.
Terzo problema, legato ai primi due, è il tempismo. Secondo gli agricoltori è
difficile stabilire il momento adatto per il rilascio e spesso, secondo la loro
esperienza, anche un piccolo ritardo può portare a gravi danni alla coltura. Inoltre
se l’infezione è acuta o la popolazione di parassiti ha raggiunto densità consistenti,
l’effetto del controllo biologico risulta essere inesistente.
Seguono in ordine di importanza i problemi legati alla sensibilità dei BCA alle
condizioni ambientali e climatiche del sito, al costo del trattamento, alla
dispersione degli agenti se liberati in serre aperte e infine all’applicazione.
104
Grafico 19: Problematiche riscontrate nell’uso dei BCA secondo i produttori
45
40
costo del trattamento
35
troppo tempo per il controllo
30
sensibilità alle condizioni ambientali
25
%
20
dispersione dei BCA nell'ambiente
15
tempismo
10
no controllo totale
5
Problemi d'applicazione
0
PROBLEMATICHE
Fonte: nostra elaborazione
Nel questionario rivolto ai tecnici, tale domanda era invece a risposta chiusa e
chiedeva
di
barrare
quali
fossero
i
problemi
maggiori
riscontrati
nell’adottare/proporre i BCA.
Dal loro punto di vista (Grafico 20), la principale problematica nell’adottare i
BCA è la loro bassa efficacia, associata ad un controllo non soddisfacente della
malattia. Infatti, come si evince anche dall’analisi fatta relativamente ai costi per
la coltivazione della fragola fuorisuolo, basta un piccolo calo di produzione per
vedere dimezzato il proprio guadagno o addirittura per subire una perdita.
Seguono, in ordine di importanza, aspetti più difficili da riscontrare e valutare
obiettivamente, come la mancanza di un mercato differenziato per prodotti ottenuti
con tali metodi e la difficoltà nel contraddistinguere il prodotto così ottenuto da
quelli già presenti sul mercato. Seguono la scarsa comprensione del valore
aggiunto da parte dei consumatori assieme alla diffidenza dei produttori.
Diffidenza che si esprime in un comportamento di negazione quando un
fitofarmaco non funziona, spingendoli a provare un’alternativa sempre nello stesso
settore. Al contrario, dopo aver provato un BCA e aver avuto un feed-back
105
negativo, essi non provano un altro agente, ma si focalizzano sull’uso di prodotti
chimici, perdendo la disponibilità verso alternative di controllo biologico.
Di consistenza minore, ma pur sempre degni di nota, risultano i problemi legati sia
alla scarsità di dati sulla dimostrazione dell’efficacia che al tempismo.
Grafico 20: Problematiche riscontrate sui BCA secondo i tecnici
60
scarsi dati
50
costo del trattamento
40
non c'è controllo totale
%
30
diffidenza da parte dei produttori
non c'è comprensione del valore
aggiunto da parte dei consumatori
non c'è mercato per i prodotti così
ottenuti
non c'è differenziazione
20
10
tempismo
0
PROBLEMATICHE
Fonte: nostra elaborazione
4.3.5 Risultati relativi alle strategie per promuovere i BCA
Dopo aver esaminato la conoscenza e l’applicazione dei BCA, le problematiche
riscontrate, vengono ora analizzate le strategie proposte dai produttori per
promuovere i BCA.
In un’ottica globale si è cercato di vedere da una parte quali sono i servizi offerti
dall’APASO e dall’assistenza tecnica per introdurre i BCA, dall’altra si è cercato
di individuare quali servizi i produttori ritenessero opportuni, per catalizzare
l’introduzione in ampi termini di metodi di controllo biologico.
L’APASO offre diversi e interessanti servizi ai propri associati. Oltre ad informare
direttamente i soci nelle assemblee ed offrire un’assistenza tecnica gratuita, tale
106
associazione promuove attivamente l’uso dei BCA in agricoltura finanziando,
come attività ordinaria, parte del costo per l’acquisto di tali agenti (pari al 50%).
Inoltre per le attività sperimentali, per il primo o al massimo per i primi due anni
della sperimentazione, essa rimborsa fino al 100% della perdita subita, oltre al
rimborso dei costi iniziali.
Tuttavia essa crede poco praticabile, se non addirittura controproducente, dal
punto di vista promo-pubblicitario, utilizzare la difesa come argomento di
promozione
del
differenziazione
prodotto
di
trattato
mercato.
con
Ritiene,
gli
agenti
invece,
la
di
biocontrollo
salubrità
un
e
di
elemento
fondamentale per la stabilità del settore dei piccoli frutti e della fragola. Infatti
tale fattore, insieme con la qualità, è il principale prerequisito per un’attività
commerciale sostenibile nel tempo.
I tecnici del C.A.T. e il Centro stesso hanno sviluppato e partecipato a progetti e
attività sperimentali per testare l’uso di tali agenti e solo dopo aver testato la loro
efficacia e aver visto, tramite analisi, che non lasciano residui sul prodotto finale
informano e promuovono attivamente l’uso dei BCA. Inoltre ritengono che sia
utile, per motivare il produttore all’utilizzo, offrire un’assistenza in campo
costante per ridurre il fattore d’errore nell’applicazione, finanziare parte dell’alto
costo iniziale e sostenere una campagna di sensibilizzazione a favore di prodotti
con residuo non determinabile.
Vengono ora individuati, attraverso la valutazione e il confronto delle risposte,
quali siano i servizi aggiuntivi che vorrebbero i produttori (Grafico 21), e le
strategie su cui bisogna puntare, secondo loro, per catalizzare l’uso dei BCA
(Grafico 22).
107
Grafico 21: Dove è necessario un supporto aggiuntivo per l’uso di BCA, secondo i produttori
100
maggior assistenza
90
80
maggiori dati su efficacia BCA
70
maggior informazione su BCA
60
%
maggior ricerca relativa ai BCA
50
40
maggior sperimentazione e prove in
campo
training
30
20
10
maggiori iniziative rigurdanti l'uso di
BCA
0
Tipo di supporto
Fonte: nostra elaborazione
Dal grafico (Grafico 21) emerge come il 69% dei produttori vorrebbe, prima di
tutto, una maggior assistenza tecnica. Questo servizio è sentito particolarmente
importante in quanto
i
tecnici possono portare
alla riduzione d’errore
nell’applicazione dei BCA, seguendo e istruendo gli agricoltori sul come fare.
Inoltre possono consigliare il metodo migliore, sotto tutti i punti di vista, per
combattere i parassiti.
Segue la richiesta di maggiori dati e informazioni circa l’efficacia dimostrata dei
BCA, di una maggior ricerca e prove in campo. La lettura di tale dato si dimostra
alquanto difficile, in quanto come si è visto precedentemente, comunque, un
servizio
informativo
non
porta
ad
una
maggior
fiducia
nel
prodotto.
Probabilmente, di fronte a dati certi di risultati positivi, l’atteggiamento dei
produttori potrebbe cambiare.
Guardiamo ora alle strategie, proposte dagli agricoltori, che dovrebbero essere
messe in atto per catalizzare l’introduzione e l’uso degli agenti di biocontrollo
BCA (Grafico 22).
La maggior parte dei produttori crede che, per promuovere l’uso dei BCA, sia
necessaria, prima di tutto, una maggior informazione, relativa gli aspetti pratici
dell’uso, cioè in che modo, quando e in che condizioni climatiche usarli,
108
applicarli, in che numero rilasciarli, come usarli in un programma di lotta integrata
ed ecc.. Anche dati dimostranti l’efficacia reale dei BCA possono dare una spinta
all’introduzione di tali agenti.
Di pari importanza è sentita, da parte dei produttori, la necessità di ridurre i costi
economici di tale mezzo di difesa. Infatti, finché sul mercato si troveranno prodotti
chimici più efficaci e a minor costo dei BCA, essi preferiranno acquistare proprio
quelli.
Un’altra strategia è quella di richiamare l’attenzione sul basso impatto ambientale
e sulla maggior salubrità del prodotto ottenuto attraverso l’uso di tale metodo.
Seguono
altre
strategie
interessanti
quali:
sensibilizzare
il
consumatore,
differenziare il prodotto sul mercato, offrire un prezzo maggiore a quei produttori
che usano tale metodo, garantire al produttore un’uguale resa in campo,
“addestrare” i produttori attraverso l’assistenza, registrare un maggior numero di
prodotti e renderli quindi più reperibili sul mercato.
Grafico 22: Come promuovere i BCA da parte dei produttori
30
riducendo i costi
differenziando il prodotto
25
aumentando il prezzo di vendita
garantendo maggiori o uguali rese
20
dando maggior informazione
%
aumentandone la reperibilità
15
dimostrandone l'efficacia reale
puntando su salubrità e ambiente
10
registrando più ADB
Training
5
sensibilizzando il consumatore
facendo maggiori prove in campo
0
Strategie
Fonte: nostra elaborazione
109
Occorre vedere, inoltre, se il numero di problematiche riscontrate può influire sul
numero di strategie citate. Cioè se all’aumentare dei problemi conosciuti o avuti
durante l’uso, il numero di strategie citate per risolverli tendono ad aumentare
(Grafico 23).
Grafico 23: Regressione semplice tra la variabile numero di problematiche e il numero di
strategie
b^ = 0,03
Numero di problematiche
Numero di strategie
^
a = 0,90
R2 = 0,08%
numero
di strategie
component
effect
Component+Residual Plot for numero di strategie
2,5
1,5
0,5
-0,5
-1,5
0
0,4
0,8
1,2
1,6
2
numero di problematiche
Il risultato di tale analisi mostra come non ci sia relazione tra le due variabili.
Separatamente, si può inoltre studiare la relazione tra il numero di fonti (Grafico
24) e il numero di caratteristiche (Grafico 25), da una parte e il numero di strategie
dall’altra, supponendo che una maggior conoscenza dei BCA possa portare ad un
numero maggiore di strategie conosciute per promuoverne l’uso (Figura 3).
Figura 3: Relazione multipla tra le variabili “numero di fonti” e “numero di caratteristiche” e la
variabile dipendente numero di strategie
Numero di fonti
b^ =-0,10; p=0,15
Numero di caratteristiche
b^ = -0,01; p=0,87
Numero di strategie (R²= 10,5%)
110
Grafico 24: Relazione tra il numero di fonti e il numero di strategie
numero
di strategie
component
effect
Component+Residual Plot for numero di strategie
3,8
2,8
1,8
0,8
-0,2
-1,2
0
2
4
6
8
10
numero di fonti
Grafico 25: Relazione tra il numero di caratteristiche e il numero di strategie
numero
di strategie
component
effect
Component+Residual Plot for numero di strategie
3,5
2,5
1,5
0,5
-0,5
-1,5
0
2
4
6
8
10
12
quante caratteristiche
L’analisi effettuata mostra che in entrambi i casi le relazioni non sono significative
e quindi la conoscenza acquisita non spiega il numero di strategie segnate.
111
112
CONCLUSIONI FINALI
In questo scritto sono state presentate e analizzate le potenzialità e sostenibilità
degli agenti di biocontrollo sulla coltivazione della fragola in ambiente trentino.
Nell’ultimo decennio, si è visto come le direttive ed i regolamenti europei sono
andati progressivamente a disciplinare in modo sempre più rigido l’applicazione di
fitofarmaci per la protezione delle piante e a fissare i limiti massimi di residui di
sostanze chimiche ammessi negli alimenti diretti al consumo, ponendo al primo
posto la tutela della salute umana e la salvaguardia dell’ambiente. Infatti, l’uso
degli antiparassitari contro parassiti e patogeni delle colture, ha portato, oltre
all’incremento delle rese e della qualità delle colture trattate, all’inquinamento del
suolo e delle falde acquifere ed una riduzione e mutazione della biodiversità
dell’ecosistema a causa della perdita di alcuni microorganismi e insetti utili
(Barnett et al., 1995). Inoltre esso ha aumentato il rischio di intossicazioni acute e
croniche per l’uomo: per l’agricoltore che direttamente applica i prodotti
antiparassitari, per coloro che risiedono nelle vicinanze e per il consumatore a
causa della potenziale presenza di residui negli alimenti consumati (Steiner, 1995).
Per questo la Commissione Europea e i vari stati nazionali, in collaborazione con
gli enti di ricerca, promuovono la riduzione dell’uso dei principi chimici utilizzati,
controllano e aggiornano continuamente i livelli massimi di residui di pesticidi
ammessi nei beni destinati al consumo (Commission Report, 2003). Allo stesso
tempo si indirizza la ricerca e la sperimentazione verso alternative valide ed
efficienti per la protezione delle colture.
Fra queste la più promettente sembra essere l’utilizzo degli agenti di biocontrollo.
In questo lavoro ho cercato, quindi, di indagare, descrivere e analizzare le
fondamenta, le potenzialità, gli svantaggi di questo metodo di difesa e le barriere
che ostacolano e rallentano un suo ampio uso in agricoltura, come alternativa ai
trattamenti convenzionali fino ad ora basati sull’uso di sostanze chimiche. Ognuno
di questi aspetti è stato ampliamente esplorato, anche mediante una valutazione
economica ed una rilevazione empirica, in modo da valutarne l’attuabilità
113
economica, la conoscenza, le problematiche reali riscontrate dagli agricoltori e le
eventuali soluzioni e strategie da attuare per implementare tale metodo.
I vantaggi individuati, nell’applicazione di tali agenti come alternativa, sono
molteplici e qui di seguito verranno ricordati i più importanti:
– I BCA riducono il rischio ambientale provocato dalle sostanze chimiche.
Essendo microrganismi naturalmente presenti in natura, capaci di
degradarsi, e grazie al loro specifico spettro d’azione che colpisce solo il
parassita-target, gli impatti negativi sulla fertilità del terreno e il pericolo
della perdita della biodiversità sono limitati;
– Essi riducono il rischio di intossicazione per l’agricoltore, poiché sono
scelti tra quelli che non producono sostanze antibiotiche o tossiche per
l’uomo;
– Essi riducono il rischio alimentare per il consumatore dal momento che non
lasciano residui sui prodotti destinati al consumo, aumentando la qualità e
la salubrità dei prodotti;
– Essi offrono un’economica alternativa ad alcuni fitofarmaci e possono
prevenire danni economici dovuti al ragnetto rosso delle colture di ribes e
lampone altrimenti inevitabili.
Per contro dalla ricerca compiuta, emergono alcuni svantaggi connessi al loro uso.
La necessità di un lungo periodo per poterne verificare gli effetti positivi dei BCA;
la mancanza di garanzia di un controllo totale del parassita; il potenziale rischio
ambientale connesso ad alcuni agenti di biocontrollo, che possono evolversi
rapidamente e adattarsi a nuovi ambienti, attaccando organismi-non target; la
necessità di una maggior e accurata gestione e pianificazione delle attività da
svolgere sono i maggiori. L’uso dei BCA, infatti, necessita di maggior tempo e
controllo, richiede la raccolta e il mantenimento di un numero maggiore di dati,
maggior
pazienza,
maggior
educazione
e
addestramento,
aumentando
di
conseguenza i costi connessi a tali attività.
Dallo studio effettuato è emerso che i benefici derivanti dall’uso dei BCA sono di
gran lunga superiori ai costi associati. Secondo l’ACIAR (Australian Center for
114
International Agricultural Research) il rapporto benefici costi sarebbe pari a 13,4.
Se si considera che tale risultato è ottenuto su dati relativi a 10 progetti, di cui solo
quattro avevano avuto successo, è evidente il vantaggio che ne trae l’uomo, la
società e l’ambiente dall’uso dei BCA. Tuttavia, lo sviluppo e l’introduzione su
ampia scala di questa interessante e valida alternativa sono rallentati e ostacolati
da molte barriere che ne ritardano l’entrata sul mercato. La scarsità di
infrastrutture che formino, educhino non solo gli agricoltori e le cooperative a cui
essi fanno a capo, ma anche il consumatore; la mancanza di stime significative
relative ad una comprovata efficacia dei BCA, la disponibilità di nuovi pesticidi di
sintesi a bassa tossicità e biodegradabili, gli alti costi connessi alla registrazione e
l’assenza di una procedura di registrazione unificata a livello internazionale, la
scarsa informazione ed un’insufficiente assistenza offerta dai rivenditori sono solo
alcuni dei “colli di bottiglia”. Il maggior ostacolo rimane, comunque, l’elevato
utilizzo di sostanze chimiche di sintesi, favorito dal prezzo relativamente basso e
stimolato dal “giro” commerciale così vasto e proficuo che è difficile limitare gli
investimenti verso tale settore.
Di seguito si passa a presentare un quadro della coltura della fragola. La scelta di
questa coltura deriva dal fatto che essa rappresenta per la maggioranza dei
consumatori un prodotto dal “fascino particolare” ma che, purtroppo, si colloca
nella lista dei dieci prodotti da evitare a causa della presenza di residui chimici.
Sono state descritte e analizzate le principali avversità, i vari metodi di
coltivazione (in suolo e fuori suolo) ed il mercato di tale frutto sia a livello
generale che in riferimento alla realtà trentina. I maggiori problemi fitosanitari
riscontrati sono riconducibili all’oidio, botrite, rizoctonia e acari. Tra questi
particolare attenzione richiede l’oidio che, ad esempio, in Trentino risulta essere la
malattia fungina più pericolosa per la coltivazione della fragola fuori suolo.
Una successiva valutazione dei costi e quindi della redditività di tale comparto
mostra come in Trentino tale coltura sia particolarmente proficua (19.140 €/ha)
rispetto sia alla redditività media riscontrata in Italia (10.731 €/ha) sia a quella di
molti altri paesi europei (Spagna e Germania). Questo risultato è ottenuto
soprattutto grazie alle elevate rese per ettaro, ottenute con un’alta specializzazione
della tecnica colturale; grazie all’eccellente livello qualitativo e al fatto che da
115
questi ambienti, arrivino sul mercato le uniche produzioni nel periodo estivoautunnale che permettono di ottenere prezzi particolarmente interessanti per
l’agricoltore. Inoltre sul territorio trentino opera l’azienda leader in Italia per la
produzione e commercializzazione del comparto dei piccoli frutti e della fragola:
l’APASO.
Ciò che ha permesso di collegare gli agenti di biocontrollo e la coltura della
fragola è la constatazione che essa è uno dei frutti più graditi dal consumatore e
che i residui dei fitofarmaci trovati su questo alimento hanno superato la soglia
massima di residuo ammesso dalla legislazione comunitari a causa dei numerosi
trattamenti antiparassitari (12) a cui è sottoposto.
Si è realizzata, quindi, una valutazione economica con lo scopo di capire quanto
sia attuabile e fattibile l’uso dei BCA nel panorama trentino, usando i dati di
alcune sperimentazioni, condotte in due siti trentini (Cirè e Canezza) con diverse
condizioni ambientali e pressione della malattia, relative all’uso di agenti di
biocontrollo sulla fragola
Vengono confrontate 10 strategie differenti, basate su una diversa sequenza dei
principi attivi chimici e agenti di biocontrollo, in funzione del costo dei
trattamenti effettuati, inteso come prezzo dei prodotti più il costo del lavoro per
effettuarli, della perdita di produzione subita e del residuo finale nel prodotto.
Dalla valutazione è emerso che le strategie che usano come unico mezzo di difesa
gli agenti di biocontrollo (Trichodex, AQ10 e Serenade) non offrono una
protezione sufficiente contro l’oidio per la fragola e non possono costituire, al
momento attuale, un’alternativa accettabile da parte dell’agricoltore a livelli
commercialmente soddisfacenti. Invece, una delle strategie miste (la numero 6),
che utilizza una sequenza di principi attivi chimici di sintesi integrata con
trattamenti a base di agenti di controllo biologico, non solo rappresenta un’ottima
alternativa applicabile ma è anche sostenibile sotto tutte le tre dimensioni:
ambientale, sociale ed economica. In uno dei due siti (Cirè) essa raggiunge un
buon livello di controllo, in quanto la perdita di produzione è moderata e pari al
3.3%, riduce il numero di trattamenti chimici, non presenta residui determinabili
nel prodotto finale e, aspetto più importante, ha un costo inferiore rispetto al
programma convenzionale. Al contrario, nell'esperimento in Canezza, la stessa
116
strategia “6” mostra una perdita di resa pari al 8.33%, quindi superiore a quella
media accettabile (5%). Questo non implica automaticamente che sia insostenibile
ma sottolinea uno dei fattori più importanti per la sostenibilità dell’uso dei BCA:
la valorizzazione della sicurezza del prodotto così ottenuto. Data la crescente
disponibilità a pagare per prodotti più sicuri (Siikamäki, 1997), diventa
fondamentale trovare dei meccanismi di differenziazione che garantiscono un
prezzo-premio a quegli agricoltori che producono prodotti più sicuri usando meno
antiparassitari, compensandoli della maggior perdita di prodotto. La letteratura
mette in rilievo come l'integrazione verticale porta a minori residui finali (Kilmer
et al., 2001) e che la convinzione del leader all'interno di un'organizzazione è
fondamentale per il successo dei questi progetti (Gelernter e Lomer, 2000). A
questo riguardo, è importante sottolineare che, nel caso trentino, la cooperativa di
Sant'Orsola opera già alcune strategie per assicurare un prezzo-premio ai
produttori. Essa finanzia, infatti, parte dei costi per l’acquisto di tali agenti.
Dall’intervista fatta al direttore dell’APASO, si deduce che il finanziamento può
arrivare fino al 50%. Inoltre risulta che nella provincia di Trento sono già in atto
delle misure agroambientali volte a compensare l’agricoltore delle perdite di
reddito conseguenti all’applicazione di metodi di produzione più compatibili con
l’ambiente. Inoltre, come emerge dall’analisi relativa ai costi e alla redditività
della coltivazione della fragola, il costo degli antiparassitari ha un’incidenza non
significativa sulla determinazione del costo totale (1,1%). Questo dato di fatto
potrebbe costituire una spinta ulteriore verso l’uso di questi metodi, che fino ad
ora, hanno come uno dei maggiori svantaggi quello dell’alto costo dei prodotti.
I risultati della valutazione ci permettono, quindi, di dedurre che l’estensione
dell’uso degli agenti di biocontrollo su vasta scala potrebbe avvenire a breve. In
questo, il meccanismo di differenziazione ed un premium-price potrebbero
svolgere un ruolo chiave e nel contempo, permettono di garantire la sostenibilità di
questo metodo dal punto di vista economico.
Considerata l’efficacia dell’uso dei BCA collocati in un programma di lotta
integrata nel controllo dell’oidio per la fragola, si è reso opportuno condurre uno
studio per capire e comprendere quanto queste tecniche possono essere applicate al
mondo reale.
117
Lo scopo, quindi, della rilevazione empirica è stato, inizialmente, quello di
valutare, nel panorama dei fragolicoltori trentini, sia la conoscenza attuale dei
BCA e sia come viene considerato e percepito l’uso di tali agenti nella realtà, poi
quello di comprendere e analizzare quali siano le problematiche generali
riscontrate nell’uso degli agenti ed infine quali possano essere i suggerimenti e le
strategie per catalizzare la diffusione e l’applicazione dei BCA su ampia scala. I
risultati della rilevazione, realizzata mediante un questionario somministrato
nell’autunno del 2004, ad un campione rappresentativo di 32 soggetti
comprendenti produttori di fragole e tecnici, sono presentati brevemente qui di
seguito.
– Per quanto concerne il livello di conoscenza relativo agli agenti di
biocontrollo e alla loro percezione da parte del mondo produttivo agricolo,
le principali caratteristiche associate sono state sia quelle legate ai benefici
ambientali ed ad una maggior sicurezza (il minor impatto ambientale e la
maggior salubrità dei prodotti), ma anche aspetti negativi come il loro
maggior costo e alla loro difficoltà di applicazione (dipendenza eccessiva,
per quanto riguarda l’efficacia, dalle condizioni ambientale). È importante
sottolineare come una delle caratteristiche fondamentali degli agenti, cioè
la presenza di residui non determinabili nel prodotto finale al tempo della
raccolta, non sia percepita come tale dal campione. Ciò rileva ancora una
scarsa attenzione alla presenza di residui nei prodotti agricoli da parte degli
agricoltori, che però, se interpellati in qualità di consumatori, identificano
come vantaggio nell'applicazione dei BCA. Questo dato evidenzia, inoltre,
che l’informazione pubblica sugli agenti di biocontrollo dovrebbe puntare
molto sulla salubrità e sicurezza dei prodotti agricoli ottenibili con il loro
uso, spiegandone a fondo le basi tecnico-scientifiche.
– La ricerca mostra poi, che la fiducia non è data dalla pubblicità positiva o
dalle informazioni fornite da riviste tecniche o dai media, ma piuttosto
dall’esperienza personale positiva. Ciò dimostra quanto sia importante per
l’operatore agricolo poter sperimentare personalmente o vedere risultati
118
concreti in campo, sia per conoscere, sia per superare la diffidenza verso
nuovi approcci tecnici. In questo contesto, l’assistenza tecnica e le
associazioni di produttori acquistano un ruolo chiave, perché adottando una
strategia di attuazione di prove dimostrative anche in aziende private,
possono permettere il rapido superamento della diffidenza nei confronti di
nuove tecniche e permetterne la rapida diffusione nella pratica agricola
quotidiana.
– La terza analisi è relativa alle problematiche riscontate durante l’uso degli
agenti di biocontrollo. Essa mostra come per gli agricoltori i vincoli più
importanti siano: l’impossibilità di controllare totalmente la malattia solo
mediante l’uso di BCA, l’eccessivo tempo da dedicare ai trattamenti e ai
controlli, il costo elevato dei BCA rispetto ai principi attivi chimici e il
tempismo necessario per intervenire in modo efficace. Questi aspetti
negativi, se non saranno risolti dal mondo tecnico-scientifico, costituiranno
un forte fattore limitante l’introduzione e l’uso degli BCA su ampia scala.
– L’analisi riguardante le strategie e i suggerimenti, che i produttori hanno
segnalato come opportune per promuovere i BCA, evidenzia, per prima
cosa, la necessità di una maggior informazione relativa all’uso pratico dei
BCA. Le tecniche e la tempistica di applicazione, le condizioni climatiche
in cui è possibile utilizzarli, i dosaggi e l’integrazione nei programmi di
difesa integrata sono le informazioni maggiormente richieste. Anche
risultati sperimentali che dimostrino l’efficacia reale dei BCA possono dare
una spinta all’introduzione di tali agenti. Di pari importanza è sentita, da
parte dei produttori, la necessità di ridurre i costi economici di tale mezzo
di difesa. Infatti, finché sul mercato si troveranno prodotti chimici più
efficaci e a minor costo dei BCA, gli agricoltori preferiranno acquistare
quelli. Un’altra strategia per promuoverne lo sviluppo è quella di
richiamare l’attenzione sul basso impatto ambientale e sulla maggior
sicurezza e salubrità del prodotto ottenuto attraverso l’uso di tale metodo.
Seguono altre strategie interessanti per promuovere i BCA, quali:
119
sensibilizzare il consumatore, differenziare sul mercato il prodotto ottenuto
con uso di BCA, garantire un prezzo maggiore per i prodotti degli
agricoltori che usano tale metodo, garantire all’agricoltore un’uguale resa
economica anche con compensazioni per eventuali perdite di produzione,
“addestrare” i produttori all’uso dei BCA attraverso l’assistenza, registrare
un maggior numero di prodotti e renderli più facilmente reperibili sul
mercato.
Dai risultati dello studio effettuato, è importante porre in rilievo alcuni
considerazioni. Infatti, anche se i mezzi di difesa biologici per il controllo di
parassiti, malerbe e malattie possono comportare un maggior lavoro ed essere
apparentemente meno efficienti dei prodotti fitosanitari, essi potrebbero portare a:
•
metodi di produzione più sostenibili almeno dal punto di vista ambientale e
sociale: un minor impatto ambientale e la riduzione degli input chimici,
l’ottenimento di prodotti alimentari più sicuri per i consumatori ma anche
una riduzione del rischio sul posto di lavoro per i coltivatori e, infine, una
qualità di vita migliore per i residenti nelle aree ad agricoltura intensiva;
•
ad un possibile aumento di reddito per i produttori grazie al premio per non
usare i pesticidi e per produrre in modo organico.
In conclusione è importante sottolineare il fatto che un adeguato inserimento dei
BCA in agricoltura sarebbe possibile percorrendo parallelamente tre strategie:
•
incrementare la ricerca applicata orientata all’aumento dell’efficacia ed
affidabilità degli agenti;
•
valutare dal punto di vista economico l’introduzione dei BCA collocati in
un programma di lotta integrata (IPM);
120
•
considerare gli attori del contesto sociale in cui si opera: quanto e a che
condizioni gli imprenditori agricoli e le associazione dei produttori siano
disposti ad introdurre e utilizzare gli agenti di biocontrollo e agire sui
vincoli socio-economici che ne limitano l’uso.
Resta importante rimarcare il fatto che queste strategie non potranno essere
implementate su ampia scala finché non saranno risolte le problematiche
riscontrate dagli agricoltori in campo e attuate a “monte” alcune strategie che
catalizzino l’introduzione e l’uso di tali agenti in agricoltura. È necessaria quindi
un’adeguata attenzione al ruolo delle istituzioni e dei soggetti coinvolti, adottando
un approccio di tipo partecipativo nel quale l’intera popolazione sia partner attivo
nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità.
In sintesi, come per tutte le tecniche, anche lo sviluppo e l’implementazione di
programmi alternativi, come l’uso degli agenti di biocontrollo, per la protezione
delle piante necessitano di tempo, investimenti e di ri-educazione. Affinché
l’utilizzo dei BCA possa avvenire senza diseconomie e in condizioni competitive
rispetto ai concorrenti, è essenziale che tale settore possa disporre di strutture agili
ed efficienti in grado di fornire i servizi per farsi conoscere sul mercato globale:
ricerca e sperimentazione per un’innovazione e un miglioramento continui,
assistenza tecnica agronomica e gestionale, consulenza per l’aggregazione e
l’accesso alle informazioni da parte dei consumatori, formazione e informazione,
promozione, facilitazioni per ricomposizioni e miglioramenti fondiari e una rete di
servizi volta a facilitare i rapporti non solo con gli altri comparti della filiera, ma
anche con gli altri settori produttivi. La ricerca in agricoltura, soprattutto quella
relativa agli agenti di controllo biologico, necessita, quindi, di una maggiore
interdisciplinarietà e collaborazione con le scienze economiche e sociali, sia per
poter superare i “colli di bottiglia” che ancora impediscono l’introduzione e il
collocamento di tali agenti su ampia scala sia per identificare i possibili mercati di
sbocco e gli usi alternativi degli stessi.
121
122
RINGRAZIAMENTI
Un sentito ringraziamento va alla Professoressa Roberta Raffaelli, al Professore
Gabriele Stoppa e alla dottoressa Ilaria Pertot che mi hanno seguita, aiutata e
guidata, durante la preparazione, l’analisi e l’elaborazione dell’intera tesi. Un
riconoscimento va ai produttori e ai tecnici del C.A.T. e dell’APASO ai quali ho
proposto il questionario e che gentilmente si sono resi disponibili per le interviste.
Un grazie a Francesca ed Alessandro con cui ho trascorso questi anni e che hanno
letteralmente sopportato me e le mie mille telefonate nei giorni precedenti gli
esami, e non solo.
Un grazie speciale a Giuliano per avermi capito ed essermi stato vicino senza
ostacolare il mio percorso di studi, anche quando ho deciso di partecipare al
programma Erasmus.
Ringrazio i miei genitori Riccardo e Pia, mia sorella Sara, i miei fratelli, Filippo e
Giancarlo, per avermi insegnato ad organizzare il mio tempo (anche se 24 ore
sono poche!) e ad essere determinata.
Grazie ai miei amici più cari, Mara, Daniela, Martina, Denise, Silvano per essere
sempre stati al mio fianco, anche nella burrasca, ricordando loro che ogni
promessa è debito.
Grazie a tutti i miei colleghi del centro SafeCrop per la pazienza (Daniele &
Daniele), il sostegno e l’amicizia dimostratami.
Infine ringrazio anche tutti quelli che mi hanno ostacolato perché, così facendo,
mi hanno dato la forza di arrivare fino alla fine.
Questo lavoro è sostenuto dal Centro SafeCrop, centro per la ricerca e lo sviluppo
di tecniche fitosanitarie a basso impatto sull'ambiente e sulla salute del
consumatore.
123
124
BIBLIOGRAFIA
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terra e vita, Anno XXXVIII, 26, 21-27
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Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Verona, 13 febbraio 1998
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135
136
ALLEGATO N°1
ISTITUTO AGRARIO
DI S. MICHELE a/ADIGE (Trento)
38010 San Michele all’Adige
Via E. Mach 1
Tel. 0461/615111
Fax 0461/615218
Partita IVA 01336050222
Centro SafeCrop
BCA e FRAGOLE
il punto di vista del produttore.
SPIEGAZIONE MOTIVI DELLA RICERCA E DEL QUESTIONARIO
Quali pratiche a basso impatto ambientale conosce?
1. Conosce gli agenti di biocontrollo (BCA)?
22)
137
___________________________
SI (vai alla nr. 2) - NO (vai alla nr.
SI
2. Può descriverli brevemente?
____________________________________________________
3. Quali sono le sue fonti di informazione?
Pubblicazioni scientifiche internazionali
Bollettino dell’Istituto di S. Michele (IASMA Notizie)
Articoli di ricerca dell’Istituto Agrario di S. Michele a/A
Riviste di agricoltura nazionali (Terra e vita, Informatore Agrario, etc..)
Riviste di agricoltura locali (Terra Trentina, Il Contadino, etc.)
Media (TV, Radio, Internet, quotidiani)
Assistenza Tecnica Istituto Agrario di San Michele
Uffici provinciali/regionali di competenza
Altri agricoltori
Altro ________________________________________
4. Come giudica il servizio informativo, riguardante la tematica degli agenti di
biocontrollo, offerto dalle seguenti organizzazioni:
(1=insodd.; 2=scarso; 3=non so ;4=buono; 5=sodd.
APASO
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
5
ASSESSORATO
AGRICOLTURA
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
5
ASS. TECNICA
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
5
IST. AGRARIO
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
5
5. L’attività informativa è svolta a titolo
Descrittivo e divulgativo
Promozionale per favorirne l’introduzione e l’uso
Critico nei confronti dell’applicazione su campo
Altro __________________________
138
6. Secondo Lei, ci sono delle caratteristiche proprie che contraddistinguono gli agenti di
biocontrollo dai mezzi di difesa tradizionali? (più risposte possibili)
Non so – non sono informato
Non si differenziano dai mezzi di difesa tradizionali
Danno presenza sui prodotti alla raccolta di residui non determinabili
C’è un maggior costo del trattamento
Ci sono maggiori costi di controllo da parte dell’operatore
Hanno un minore impatto ambientale
Gli agenti di biocontrollo sono più sensibili alle condizioni climatiche ambientali
Garantiscono una maggiore sicurezza lavorativa per l’operatore/agricoltore
(assenza di tossicità)
Hanno scarsa efficacia come unico mezzo di difesa
Garantiscono un prodotto più salubre per il consumatore
C’è il rischio di maggiori perdite nella produzione
Hanno un’azione più blanda e più lenta rispetto ad un prodotto chimico
Limitata shelf life (poco conservabili in quanto vivi)
7. Quali agenti di biocontrollo conosce:
Non conosco nomi commerciali
Beauveria bassiana
Bacillus thuringiensis
AQ10 (Ampelomyces quisqualis)
Tricodex (Trichoderma harzianum)
Feromoni sessuali, confusione sessuale
Nematodi entomoparassiti
Acari o insetti predatori
Virus entomopatogeni (es. carpovirus)
Altro ____________________________________
8. Ha fiducia nell’efficacia dei BCA usati in un protocollo di lotta integrata: SI (vai alla
nr. 9)– NO, ma li utilizzo (vai alla nr. 11) NO (vai al nr. 20)
SI
9. Se SI, perché:
Personale
Altrui
Precedente esperienza positiva
Pubblicità positiva
Promozione da parte dell’APASO
Partecipazione a progetti o sperimentazioni che hanno / che intendono sviluppare
e introdurre l’uso di BCA. Quali?
__________________________________________
139
10. Li Usa? SI (vai al nr. 11) -
NO (vai al nr. 20)
11. Per quale/i coltura/e:
Fragola
Piccoli frutti (lampone, mora, ribes, mirtillo)
Melo
Vite
Orticole
Altro ____________________________________
12. Contro quale
malattia/patogeno:___________________________________________________
________________________________________________________________________
13. Se ha usato agenti di biocontrollo sulla fragola, per quale patogeno o insetto li ha
usati?
Non sono informato
Oidio
Botrite
Acari
Tripidi
Oziorinco
Altro ____________________________________
14. I risultati da lei ottenuti possono essere valutati in modo
Incentivanti all’utilizzo
Non significativi
Scoraggianti l’utilizzo
15.
Quali sono i maggiori problemi riscontrati durante l’uso?
________________________________________________________________________
16.
Dove vorrebbe un servizio e/o supporto aggiuntivo?
________________________________________________________________________
17.
Dovendo valutare un’introduzione dei BCA, dove crede che questi possano
trovare un ambiente più propenso e con minor difficoltà fra i 5 attori qui di seguito
elencati?
Org. Produttori (APASO )- Produttori -Mercato-Distribuzione-Consumatori,.
Li ordini tenendo conto che il primo sarà quello con maggior propensione e minor
difficoltà mentre l’ultimo sarà quello con minor propensione e maggior difficoltà
________________________________________________________________________
140
18.
Secondo lei, per promuovere degli agenti di biocontrollo su cosa si dovrebbe
puntare?
________________________________________________________________________
19.
Ritiene che sia giusto fare ricerca e sviluppo in prodotti di tipo non chimico
(naturale)?
________________________________________________________________________
141
NO
20. Se no, perchè?
Esperienza negativa altrui
Pubblicità negativa
Mai provati in precedenza
Scarsa informazione dovuta ai media
Paura di perdere prodotto
Maggior fiducia nei mezzi di difesa chimica
21. Che cosa la può spingere ad usare tali agenti? (più risposte possibili)
________________________________________________________________________
________________________________________________________________________
142
NO
22. Quali sarebbero i vantaggi per cui sarebbe disposto ad introdurre un agente di
biocontrollo nella coltura?
Riduzione di residui chimici nei prodotti
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
5
Minor costo
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
5
Aumento della biodiversità
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
5
Minore impatto ambientale
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
5
Maggior stabilità dei prodotti naturali alle diverse condizioni ambientali
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
5
Maggiore sicurezza lavorativa per l’operatore/agricoltore
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
5
Maggiore efficacia rispetto ai prodotti chimici come mezzo di difesa
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
5
Minore impatto sulla salute del consumatore
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
5
Effetti positivi a lungo termine
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
5
23. Dove vorrebbe un servizio e/o supporto aggiuntivo?
________________________________________________________________________
24. Dovendo valutare un’introduzione dei BCA, dove crede che questi possano
trovare un ambiente più propenso e con minor difficoltà fra i 5 attori qui di
seguito elencati?
Org. Produttori (APASO )- Produttori -Mercato-Distribuzione-Consumatori,.
Li ordini tenendo conto che il primo sarà quello con maggior propensione e minor
difficoltà mentre l’ultimo sarà quello con minor propensione e maggior difficoltà
________________________________________________________________________
143
25. Secondo lei, per promuovere degli agenti di biocontrollo su cosa si dovrebbe
puntare?
________________________________________________________________________
26. Ritiene che sia giusto fare ricerca e sviluppo in prodotti di tipo non chimico
(naturale)?
________________________________________________________________________
144
Dati dell’intervistato.
Genere :
Età
M
F
:
Titolo di studio ___________________________________________________________
Posizione lavorativa in azienda: _____________________________________________
Dimensioni indicative dell’azienda: __________________________________________
Da quanto tempo coltiva fragole:_____________________________________________
Produttore a tempo
pieno
parziale
Nella sua azienda qual’è l’attività prevalente in termini di tempo e lavoro?
_______________________________________________________________________
Quale posizione assume la fragolicoltura?
Prevalente
Marginale
La fragolicoltura è la Sua fonte principale di reddito:
145
SI
NO
146
ALLEGATO N°2
ISTITUTO AGRARIO
DI S. MICHELE a/ADIGE (Trento)
38010 San Michele all’Adige
Via E. Mach 1
Tel. 0461/615111
Fax 0461/615218
Partita IVA 01336050222
Centro SafeCrop
FRAGOLE in Trentino
il punto di vista dell’APASO
SPIEGAZIONE MOTIVI DELLA RICERCA- E DEL QUESTIONARIO
1.
L’APASO, come organizzazione leader nel settore dei piccoli frutti, quali strategie
promuove per la difesa delle colture?
Adozione di un protocollo di lotta integrata
Uso dei tradizionali mezzi di difesa (Lotta chimica)
Uso di soli prodotti naturali
Uso di organismi naturali in un programma di lotta integrata
Altro (le descriva) __________________________________________
Non risponde
2.
Conosce gli agenti di biocontrollo (BCA)?
nr.20)
147
SI
(vai al nr.2)
NO (vai al
SI
3. Può descriverli brevemente?
____________________________________________________
4. Secondo Lei, ci sono delle caratteristiche proprie che contraddistinguono i BCA
dai mezzi di difesa tradizionali? (più risposte possibili)
Non so – non sono informato
Non si differenziano dai mezzi di difesa tradizionali
Presenza di residui non determinabili
Maggior costo del trattamento
Aumenta la biodiversità
Maggiori costi di controllo da parte dell’operatore
Minore impatto ambientale
Maggior sensibilità alle condizioni climatiche ambientali
Maggiore sicurezza lavorativa per l’operatore/agricoltore
Bassa efficacia come unico mezzo di difesa
Prodotto più salubre del consumatore
Maggior perdita di prodotto
Effetti a lungo termine
Limitata shelf life
5. Quali agenti di biocontrollo conosce:
Non conosco nomi commerciali
AQ10
Tricodex
Feromoni
Predatori
Altro ____________________________________
6. Quali sono le sue fonti di informazione?
Pubblicazioni scientifiche internazionali
Articoli di ricerca dell’Istituto Agrario di S. Michele a/A
Assistenza Tecnica
Assessorato all’agricoltura
Altri agricoltori
Riviste di agricoltura (Terra Trentina, Informatore Agrario, Il Contadino, etc..)
Media (TV, Radio, Web, quotidiani)
Altro ________________________________________
148
7. Come giudica il servizio informativo, sulla tematica degli agenti di biocontrollo,
offerto dalle seguenti organizzazioni:
(1=insodd.; 2=scarso……)
ASSESSORATO
AGRICOLTURA
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
5
ASS. TECNICA
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
5
IST. AGRARIO
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
5
8. L’attività informativa degli enti sopra citati è svolta a titolo
Descrittivo e divulgativo
Promozionale per favorirne l’introduzione e l’uso
Critico nei confronti dell’applicazione su campo
Altro __________________________
9. Come si pone l’APASO nell’ambito di tali agenti ? ( più risposte possibili)
Non ha ancora preso in considerazione tale tematica
Svolge attività informativa verso i soci
Informa e promuove direttamente
Ha già sviluppato progetti e/o attività sperimentali
Ha intenzione di svilupparne
10. L’APASO non ha adottato/adotta tali agenti perché:
Esperienza negativa altrui
Esiti negativi di esperimenti in campo riportati in riviste economicoscientifiche
Mai provati in precedenza
Diffidenza nel proporre un mezzo di difesa con minor efficacia(e quindi
maggior perdita di prodotto) rispetto al tradizionale
Diffidenza nel proporre un mezzo di difesa con maggior costi
Maggior fiducia nei mezzi di difesa chimica
149
11. Quali strategie avete utilizzato/pensate di utilizzare per motivare l’associato e/o
produttore all’utilizzo di questo tipo di mezzi di controllo?
Maggior prezzo della fragola al kg per il produttore
APASO finanzia parte del costo per l’acquisto di tali agenti
APASO rimborsa parte della perdita subita dall’uso di tali agenti
APASO offre un’assistenza costante gratuita per ridurre il fattore d’errore
d’applicazione
APASO sostiene una campagna promozionale e di sensibilizzazione a favore
di prodotti con residuo non determinabile
Altro ________________________________________________________
Nessuna strategia per motivare l’uso
Non sono informato
12. APASO ha svolto/svolge indagini e analisi di mercato per valutare un eventuale
uso di tali agenti:
Si
No
13. Se si, quali aspetti sono stati analizzati?
__________________________________________________________________
_______________________________________________________________
14. Con risultati
Incentivanti all’utilizzo
Non significativi
Scoraggianti l’utilizzo
14. Se eventuali progetti e/o attività sperimentali sono già stati effettuati, quali sono
stati i risultati? (max due risposte)
Incentivanti all’utilizzo
Non significativi
Scoraggianti l’utilizzo
15. Quali sono le sue considerazioni positive e/o negative durante l’uso/esperimenti
dei BCA?
16. Se utilizzate, quali strategie di marketing adottate per proporre/promuovere il
prodotto trattato con agenti di biocontrollo ? Come pensate di o avete valorizzato
le caratteristiche del prodotto?
150
17. Quali sono i problemi maggiori riscontrati nel adottare/proporre i BCA?
Diffidenza dei produttori
Scarsa comprensione del valore aggiunto da parte dei consumatori
Non c’è mercato per prodotti ottenuti con tali metodi
Difficoltà nel contraddistinguere il prodotto così ottenuto da quelli già presenti
sul mercato
Altro__________________________________________________________
18. Per la fragola, contro quale patogeno:
Non sono informato
Oidio
Botrite
Acari
Altro ____________________________________
19. Dovendo valutare un’introduzione dei BCA, dove crede che questi possano
trovare un ambiente più propenso e con minor difficoltà fra i 5 attori qui di
seguito elencati?
Org. Produttori (APASO )- Produttori -Mercato-Distribuzione-Consumatori,.
Li ordini tenendo conto che il primo sarà quello con maggior propensione e minor
difficoltà mentre l’ultimo sarà quello con minor propensione e maggior difficoltà
151
NO, NON CONOSCO
20. Definizione BCA. Quali sono le sue impressioni a riguardo? (più risposte
possibili) Dalle informazioni fornite, che cosa l’ha colpita di più?
__________________________________________________________________
21. Il ruolo chiave per la promozione di tali agenti, secondo lei, a chi spetta (max 2
risposte)?
APASO
Assessorato provinciale all’agricoltura
Assistenza tecnica
Istituto Agrario di San Michele a/A
Altro ______________________________
22. Dalle informazioni fornite, che cosa l’ha colpita di più?
Presenza di residui non determinabili
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
Maggior costo
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
Aumenta la biodiversità
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
Maggiori costi di controllo da parte dell’operatore
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
Minore impatto ambientale
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
Maggior sensibilità alle condizioni climatiche ambientali
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
Maggiore sicurezza lavorativa per l’operatore/agricoltore
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
Bassa efficacia come unico mezzo di difesa
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
Minore impatto sulla salute del consumatore
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
Effetti a lungo termine
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
152
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
23. Dovendo valutare un’introduzione dei BCA, dove crede che questi possano
trovare un ambiente più propenso e con minor difficoltà fra i 5 attori qui di
seguito elencati?
Org. Produttori (APASO )- Produttori -Mercato-Distribuzione-Consumatori,.
Li ordini tenendo conto che il primo sarà quello con maggior propensione e minor
difficoltà mentre l’ultimo sarà quello con minor propensione e maggior
difficoltà
153
154
ALLEGATO N°3
ISTITUTO AGRARIO
DI S. MICHELE a/ADIGE (Trento)
Centro SafeCrop
38010 San Michele all’Adige
Via E. Mach 1
Tel. 0461/615111
Fax 0461/615218
Partita IVA 01336050222
FRAGOLE in Trentino
il punto di vista del C.A.T.
1. Il C.A.T. quali strategie promuove per la difesa delle colture?
Adozione di un protocollo di lotta integrata
Uso dei tradizionali mezzi di difesa (Lotta chimica)
Uso di soli prodotti naturali (agenti di biocontrollo, estratti vegetali,
insetti/acari predatori)
Uso di organismi naturali (agenti di biocontrollo, estratti vegetali, insetti/acari
predatori) in un programma di lotta integrata
Altro (le descriva) __________________________________________
Non risponde
2. Conosce gli agenti di biocontrollo (BCA), cioè quei mezzi di origine naturale
(insetti, microrganismi, estratti naturali) che consentono di ridurre sotto una soglia
accettabile malattie ed insetti o acari dannosi per le piante?
SI (vai al nr.3 )
NO ( vai alla nr.20)
155
SI
3.
Può darne una breve descrizione?
____________________________________________________
4.
Secondo Lei, ci sono delle caratteristiche proprie che contraddistinguono gli
agenti di biocontrollo dai mezzi di difesa tradizionali? (più risposte possibili)
Non so – non sono informato
Non si differenziano dai mezzi di difesa tradizionali
Danno presenza sui prodotti alla raccolta di residui non determinabili
C’è un maggior costo del trattamento
Ci sono maggiori costi di controllo da parte dell’operatore
Hanno un minore impatto ambientale
Gli agenti di biocontrollo sono più sensibili alle condizioni climatiche
ambientali
Garantiscono una maggiore sicurezza lavorativa per l’operatore/agricoltore
(assenza di tossicità)
Hanno scarsa efficacia come unico mezzo di difesa
Garantiscono un prodotto più salubre per il consumatore
C’è il rischio di maggiori perdite nella produzione
Hanno un’azione più blanda e più lenta rispetto ad un prodotto chimico
Limitata shelf life (poco conservabili in quanto vivi)
5. Quali agenti di biocontrollo conosce:
Non conosco nomi commerciali
Beauveria bassiana
Bacillus thuringiensis
AQ10 (Ampelomyces quisqualis)
Tricodex (Trichoderma harzianum)
Feromoni sessuali, confusione sessuale
Nematodi entomoparassiti
Acari o insetti predatori
Virus entomopatogeni (es. carpovirus)
Altro ____________________________________
6. Quali sono le sue fonti di informazione?
Pubblicazioni scientifiche internazionali
Bollettino dell’Istituto di S. Michele (IASMA Notizie)
Articoli di ricerca dell’Istituto Agrario di S. Michele a/A
Riviste di agricoltura nazionali (Terra e vita, Informatore Agrario, etc..)
Riviste di agricoltura locali (Terra Trentina, Il Contadino, etc.)
156
Media (TV, Radio, Internet, quotidiani)
Assistenza Tecnica Istituto Agrario di San Michele
Uffici provinciali/regionali di competenza
Altri agricoltori
Altro ________________________________________
7. Come giudica il servizio informativo, sulla tematica degli agenti di biocontrollo,
offerto dalle seguenti organizzazioni:
(1=insodd.; 2=scarso……)
ASSESSORATO
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
5
ALL’AGRICOLTURA
ASS. TECNICA
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
5
IST. AGRARIO
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
5
8. L’attività informativa in generali sugli agenti di biocontrollo degli enti sopra citati
è svolta in modo
Descrittivo e divulgativo
Promozionale, per favorirne l’introduzione e l’uso
Tende a scoraggiare l’applicazione su campo
Altro __________________________
9. Come si pone il C.A.T. nell’ambito di tali agenti ? ( più risposte possibili)
Non ha ancora preso in considerazione tale tematica
Ha già sviluppato progetti e/o attività sperimentali
Informa e promuove attivamente l’utilizzo
Svolge solo attività informativa verso i soci
Ha intenzione di sviluppare nuovi progetti e sperimentazioni
10. Quali sono i problemi maggiori riscontrati nel adottare/proporre i BCA?
Difficoltà nel controllare malattie ed insetti
Costi elevati per i produttori
Diffidenza dei produttori
Scarsa comprensione del valore aggiunto da parte dei consumatori
Non c’è un mercato differenziato per prodotti ottenuti con tali metodi
Difficoltà nel contraddistinguere il prodotto così ottenuto da quelli già presenti
sul mercato
Altro________________________________________________________
157
11. Se ha consigliato agenti di biocontrollo sulla fragola, per quale patogeno o insetto
li ha usati?
Non sono informato
Oidio
Botrite
Acari
Tripidi
Oziorinco
Altro ___________________________________
12. Dovendo valutare un’introduzione dei BCA, dove crede che questi possano
trovare un ambiente più propenso e con minor difficoltà fra i 5 attori qui di
seguito elencati?
Produttor isingoli- Org. Produttori (APASO )-Mercato – Distribuzione Consumatori
Li ordini tenendo conto che il primo sarà quello con maggior propensione e minor
difficoltà mentre l’ultimo sarà quello con minor propensione e maggior difficoltà
13.
Quali strategie secondo Lei sono utili da utilizzare per motivare l’associato
e/o produttore all’utilizzo di questo tipo di mezzi di controllo?
Maggior prezzo della fragola al kg per il produttore
finanziare parte del costo per l’acquisto di tali agenti
rimborsare parte della perdita subita dall’uso di tali agenti
offrire un’assistenza costante gratuita per ridurre il fattore d’errore
d’applicazione
sostenere una campagna promozionale e di sensibilizzazione a favore di
prodotti con residuo non determinabile
Altro _________________________________________________________
Nessuna strategia per motivare l’uso (vai al nr. 18)
Non sono informato
14. Il C.AT. ha svolto/svolge indagini e analisi di mercato per valutare un
eventuale uso di tali agenti:
Si
No
15. Se si, quali aspetti sono stati analizzati?
____________________________________________________________________
__________________________________________________________
158
16.
Con risultati
Incentivanti all’utilizzo
Non significativi
Scoraggianti l’utilizzo
17. Se eventuali progetti e/o attività sperimentali sono già stati effettuati, quali
sono stati i risultati? (max due risposte)
Incentivanti all’utilizzo
Non significativi
Scoraggianti l’utilizzo
18. Può descrivere i progetti fatti?
____________________________________________________________________
19.
Il C.A.T. non ha adottato/adotta tali metodi perché:
Sono tecnicamente inaffidabili
Ho maggior fiducia nei mezzi di difesa chimica
Diffidenza nel proporre un mezzo di difesa con minor efficacia(e quindi
maggior perdita di prodotto) rispetto al tradizionale
Diffidenza nel proporre un mezzo di difesa con maggior costi
Esperienza negativa altrui
Hanno dato esiti negativi in esperimenti in campo riportati in riviste
economico-scientifiche
Non li ho mai provati in precedenza
159
RISPONDERE SOLO SE NON SI CONOSCONO I BCA
20. Quali sarebbero i vantaggi per cui sarebbe disposto ad introdurre un agente di
biocontrollo nella coltura?
Riduzione di residui chimici nei prodotti
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
Minor costo
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
Aumento della biodiversità
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
Minore impatto ambientale
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
Maggior stabilità dei prodotti naturali alle diverse condizioni ambientali
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
Maggiore sicurezza lavorativa per l’operatore/agricoltore
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
Maggiore efficacia rispetto ai prodotti chimici come mezzo di difesa
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
Minore impatto sulla salute del consumatore
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
Effetti positivi a lungo termine
|__________|__________|__________|__________|
1
2
3
4
160
5
5
5
5
5
5
5
5
5