Thesis - Envirochange
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRENTO Facoltà di Economia Corso di Laurea in Economia e Commercio Tesi di ricerca POTENZIALITA’ E SOSTENIBILITA’ DELL’UTILIZZO DEGLI AGENTI DI BIOCONTROLLO NELLA COLTIVAZIONE DELLA FRAGOLA IN AMBIENTE MONTANO Relatrice: Prof.ssa Roberta Raffaelli Laureanda: Riccarda Moser Anno accademico 2003-2004 A Ricky Per ricordare questo bellissimo periodo della mia vita che è giunto a termine e per non scordare tutto quello che ho dovuto fare per poter arrivare fino ad oggi. INDICE INTRODUZIONE __________________________________________ 1 1 UNA NUOVA FRONTIERA PER I PROBLEMI FITOSANITARI: GLI AGENTI DI BIOCONTROLLO (BCA) __ 9 1.1 L’uso dei fitofarmaci e la normativa relativa ai livelli massimi di residui di pesticidi ammessi negli alimenti __________________________________ 9 1.2 Gli agenti di biocontrollo ___________________________________________ 15 1.3 I tre approcci principali del controllo biologico ____________________ 19 1.3.1 Metodo classico (importazione) _____________________________ 19 1.3.2 Metodo inondativo (accrescitivo) ____________________________ 20 1.3.3 Metodo conservativo ______________________________________ 20 1.4 Cenni storici del controllo biologico _____________________________ 21 1.5 L’uso dei BCA in programmi attuali di lotta integrata per il controllo di parassiti,malerbe e malattie ____________________________________ 24 1.6 I vantaggi nell’uso dei BCA ____________________________________ 28 1.7 Gli svantaggi nel’uso dei BCA __________________________________ 31 1.7.1 Alcuni effetti ambientali dei BCA ____________________________ 33 1.8 Barriere al successo e alla commercializzazione dei BCA ___________ 35 1.9 Il futuro dei BCA _____________________________________________ 40 2 LA FRAGOLA: DIFESA E MERCATO ____________________ 43 I PARTE: LA DIFESA 2.1 Le principali avversità della fragola ________________________________ 43 I 2.2 Tecniche di coltivazione _______________________________________ 46 2.2.1 Coltivazione in suolo o in pieno campo ________________________ 46 2.2.2 Coltivazione fuori suolo o programmata _______________________ 47 II PARTE :IL MERCATO 2.3 Il mercato mondiale della fragola _______________________________ 49 2.3.1 Il commercio estero _______________________________________ 50 2.4 La coltura della fragola in Italia ___________________________________ 52 2.4.1 Esportazioni e importazioni delle fragole italiane ________________ 52 2.4.2 Consumi italiani delle fragole _______________________________ 54 2.4.3 La redditività di tale comparto _______________________________ 55 2.5 La fragolicoltura in Trentino ______________________________________ 56 2.5.1 I mercati di sbocco della fragola trentina _______________________ 58 2.5.2 Analisi dei costi di produzione e della redditività del settore delle fragole in Trentino La situazione in provincia di Trento ________________ 59 2.5.3 La difesa in provincia di Trento _____________________________ 65 2.5.4 L’A.P.A.S.O. ____________________________________________ 66 3 VALUTAZIONE ECONOMICA__________________________ 69 3.1 La prova in campo ____________________________________________ 73 3.2 Risultati e discussione _________________________________________ 76 4 RILEVAZIONE EMPIRICA SU ALCUNE AZIENDE _______ 81 4.1 Obiettivi, basi teoriche, ipotesi e metodologie di ricerca adottate _____ 81 4.2 La progettazione e la costruzione del questionario ________________ 84 4.3 Analisi e discussione dei risultati della rilevazione empirica ________ 89 4.3.1 Presentazione del campione _________________________________ 90 4.3.2 Informazioni relative alla conoscenza dei BCA _________________ 91 4.3.2.1 Risultati relativi alle caratteristiche percepite dei BCA__________ 95 II 4.3.3 Informazioni relative alla fiducia e all’uso dei BCA nella fragolicoltura trentina __________________________________________ 100 4.3.4 Risultati relativi alle problematiche riscontrate ________________ 104 4.3.5 Risultati relativi alle strategie per promuovere i BCA ____________ 106 CONCLUSIONI _________________________________________ 113 RINGRAZIAMENTI _____________________________________ 123 BIBLIOGRAFIA _________________________________________ 125 ALLEGATI III IV INTRODUZIONE Molto spesso in agricoltura si è portati a parlare di quei fattori, sostanzialmente scientifici e tecnologici, finalizzati all’incremento produttivo. Oggi, però l’agricoltura non può più essere vista solo come un semplice processo produttivo, come in passato, ma deve saper crescere con le nuove esigenze del consumatore e del mercato e saper rispondere delle aspettative sempre più ampie e proiettate al futuro. Essa deve cercare di conciliare contemporaneamente due aspetti ormai fondamentali: l’esigenza economica del produttore, perché l’agricoltura rimane un’attività imprenditoriale e come tale esige un suo giusto reddito, e il mantenimento dell’integrità delle risorse naturali, per assicurare le potenzialità produttive anche alle generazioni future attraverso un'agricoltura sostenibile sia dal punto di vista ambientale sia da quello sociale. Bisogna, quindi, sviluppare tecnologie e pratiche agronomiche e colturali capaci di mantenere o aumentare la qualità del suolo e del prodotto ottenuto e allo stesso tempo di migliorare le prestazioni delle piante e degli animali, riducendo gli scarti produttivi. Si parla quindi di un’agricoltura sostenibile. Ma cosa significa? Concetto di agricoltura sostenibile Dare una definizione di agricoltura sostenibile risulta assai complesso date le numerose definizioni trovate. Pretty (2000) definisce l’agricoltura sostenibile come quell’insieme di tecnologie e pratiche che massimizzano la produttività della terra cercando di minimizzare i danni sia allo stock delle risorse naturali (suolo, acqua, aria e biodiversità) sia alla salute umana (agricoltori ed altri residenti nelle zone rurali, e consumatori). Un’agricoltura, perciò, in grado di preservare l’ambiente utilizzando tecniche adeguate, remunerative e socialmente desiderabili (FAO, 1999). Da quanto sopra emerge, quindi, che la sostenibilità si compone di tre dimensioni: economica, ambientale e sociale (OECD, 1999). 1 • La dimensione economica Essa concerne l’idoneità a salvaguardare una capacità produttiva in grado di soddisfare i bisogni correnti e futuri, attraverso l’uso efficiente delle risorse naturali. In pratica si tratta di massimizzare la produzione dato un insieme fisso di input. • La dimensione ambientale Essa fa riferimento all’abilità di mantenere le risorse naturali in quantità sufficiente, riducendo i possibili danni e favorendo al contempo gli effetti benefici prodotti dall’attività agricola sull’ambiente circostante. Questa dimensione punta, quindi, sui processi di natura biologica, sulla biodiversità e sulla protezione delle risorse genetiche. Essa è generalmente considerata in relazione agli stili di vita umani, cioè al livello di funzioni ambientali richieste per sostenere un particolare stile di vita o al livello di attività economiche (Ekins, 1997). • La dimensione sociale Questa dimensione riguarda l’attitudine a mantenere un’equità sociale, intergenerazionale e intragenerazionale, accettabile nella distribuzione dei redditi (all’interno del settore agricolo e tra tale settore ed il resto dell’economia), nei prezzi equi per produttori e consumatori, nell’equilibrio delle opportunità occupazionali tra aree rurali e urbane. Riflette inoltre la capacità del sistema di supportare adeguatamente i produttori da parte sia delle comunità sociali sia delle istituzioni. Inoltre si riferisce alla capacità di alcune tecniche agronomiche di ridurre il rischio per la salute umana dei consumatori, agricoltori e residenti. L’agricoltura sostenibile si prefigge, in sintesi, l’obiettivo di coltivare in modo efficiente e produttivo preservando e migliorando l’ambiente e le comunità locali, 2 prevedendo il minimo impiego possibile di elementi estranei quali fertilizzanti e pesticidi pur continuando a produrre raccolti con una resa elevata e una buona qualità. Il tutto facendo in modo che gli eventuali effetti nocivi sull’ambiente siano minimizzati e contribuendo a migliorare le condizioni per i membri della comunità locale mediante la creazione di posti di lavoro e la tutela dell’ambiente. Il concetto di agricoltura sostenibile racchiude in sé, quindi, un sistema agricolo economicamente vitale, eco-compatibile e socialmente giusto (Barnett, 1995). In agricoltura, tuttavia, come in ogni altro sistema, la produttività si misura rapportando i risultati ottenuti con i fattori introdotti per ottenere la produzione. Il risultato considerato è perciò solo la resa produttiva delle piante in termini di quantità, anche se la produzione potrebbe causare delle esternalità. Le esternalità possono essere positive o negative e possono influenzare il benessere generale o modificare l’ambiente esterno. Esempi di esternalità negative dovute alla produzione sono: l’inquinamento del terreno e delle falde acquifere dovuto alla deriva dei pesticidi, il rischio per la salute degli essere umani, degli animali e dell’ecosistema. Per avere una misura corretta della sostenibilità di un sistema agricolo bisogna considerare e valutare anche tali esternalità. Gli studi, relativi la valutazione dei costi economici dovuti alle esternalità sull’ambiente e sulla salute umana, sono però ancora pochi, nonostante siano disponibili analisi delle possibili interazioni e dell’incidenza specifica dei pesticidi correlata ai danni ambientali (Steiner et al., 1995). Questo perché molte delle conoscenze base e delle metodologie di ricerca necessarie per capire gli effetti delle esternalità sono ancora in via di sviluppo (Barnett, 1995). Inoltre, anche se alcune di esse possono essere quantificate, la maggior parte di esse coinvolgono beni che non hanno mercato e/o dipendono da controversie su quale sia il valore monetario da attribuire loro (Steiner et al., 1995). In agricoltura, alcune esternalità negative per l’ambiente e per la salute degli esseri viventi derivano dall’applicazione e uso degli antiparassitari necessari per la protezione delle piante contro i patogeni. Per agevolare il processo di valutazione degli effetti negativi associati all’uso dei pesticidi, questi vengono suddivisi in una pluralità di costi (Steiner, 1995): 3 – costi necessari per il controllo chimico: costi per la registrazione dei principi attivi, per la certificazione di un programma di sicurezza e per informare l’agricoltore. – costi dovuti agli effetti acuti e cronici sulla salute dell’uomo – costi ambientali come l’inquinamento, la riduzione dei nemici naturali, la comparsa di nuovi parassiti o di specie più resistenti, la perdita di altri organismi viventi e la morte di alcuni animali domestici. Sono compresi anche i costi relativi al monitoraggio della contaminazione del terreno e delle falde acquifere. Tuttavia, quantificare il loro costo risulta essere un compito molto difficile a causa della diversità delle sostanze chimiche usate nei trattamenti, del loro impatto ambientale, del diverso metodo di applicazione e delle caratteristiche specifiche dell’ambiente in cui sono immesse (Barnett et al., 1995). Inoltre, a tutto ciò si aggiunge anche il fatto che, come risultato della resistenza ai fitofarmaci, il sistema agricolo è attualmente, più incline agli attacchi di nuovi parassiti, al ritorno di vecchi parassiti, alla mortalità dei nemici naturali e all’insorgenza di nuovi parassiti, (Gurr et al., 1998). Lo sviluppo della resistenza verso i pesticidi assieme alla percezione del rischio associato alla modificazione genetica delle piante e la preoccupazione sugli effetti deleteri dei fitofarmaci sull’ambiente e sulla salute umana hanno dato un forte impulso alla ricerca che si è orientata verso lo sviluppo di nuove tecniche e mezzi di difesa sostenibili per la protezione delle piante. Incominciano così a farsi strada nel mondo agricolo tecniche alternative all’uso incondizionato dei fitofarmaci come la lotta integrata, la lotta biologica e l’agricoltura biodinamica. Fra i vari mezzi di difesa della lotta biologica, particolare attenzione è rivolta ai “biocontrol agents”, noti comunemente in Italia con il termine impropriamente tradotto “agenti di biocontrollo”. Essi sono dei microrganismi viventi o vitali 4 (patogeni, insetti, acari predatori, virus degli insetti), naturalmente esistenti nell’ambiente, usati per controllare la popolazione di un organismo non desiderato (parassita) entro una determinata soglia in modo tale che la densità di popolazione del parassita non possa provocare danni alla coltura (Chalet, 2002). Grazie al loro basso impatto ambientale e all’assenza di residui chimici nel prodotto finale, gli agenti di biocontrollo (che d’ora in poi chiameremo BCA) sono uno dei mezzi più promettenti (Pritts, 2000) per il futuro nella difesa delle piante contro patogeni e parassiti, rappresentando una valida alternativa all’uso dei fitofarmaci tradizionali, con notevoli benefici per il consumatore, l’agricoltore e l’ambiente. Tali agenti offrono, infatti, un prodotto più sicuro per il consumatore, poiché essendo microrganismi naturalmente presenti nell’ecosistema, sono in grado di degradarsi e non lasciare residui sui prodotti destinati alla consumazione. Inoltre gli agenti di biocontrollo attualmente disponibili sul mercato sono privi di rischi per la salute umana in quanto sono scelti tra i microrganismi che non producono sostanze pericolose o tossiche per l’uomo. Possedendo una tossicità irrilevante per l’uomo, possono quindi contribuire a ridurre il rischio di intossicazioni acute o croniche per i lavoratori che effettuano i trattamenti in campo. Un ulteriore beneficio per l’agricoltore è costituito dal fatto che generalmente è possibile compiere trattamenti prossimi alla raccolta, in quanto anche il tempo di carenza può essere molto breve o non esistere affatto. Tali agenti hanno, inoltre, un minor impatto sull’ambiente, sulla fertilità del terreno e sulle falde acquifere (Hokkanen & Lynch, 1995). I BCA, oltre ad essere usati in agricoltura biologica, potrebbero essere usati anche là dove i parassiti hanno sviluppato una resistenza ai mezzi di difesa tradizionali, dove l’uso di pesticidi è vietato o sta per esserlo (caso del bromuro di metile1) o dove ancora oggi non esistono tecniche efficienti contro specifici parassiti. Considerando le prospettive di sviluppo di questi nuovi agenti, l’attenzione del ricercatore è rivolta soprattutto all’individuazione di agenti più efficaci nella protezione contro le malattie e allo studio del loro meccanismo d’azione. È necessario, tuttavia, non trascurare alcuni aspetti cruciali come la valutazione 1 Un gas biocida vietato dal 01/01/2005 5 economica sia di una loro introduzione in un sistema di protezione integrata e sia dei possibili vincoli socio-economici legati alla fase di attuazione nell’ambiente agrario che potrebbero impedire o ritardare l’introduzione e l’uso degli stessi nella realtà agricola. L’obiettivo dello studio compiuto è di verificare la potenzialità e la sostenibilità dell’utilizzo di alcuni agenti di biocontrollo nella coltivazione della fragola in ambiente montano, prima attraverso una ricerca bibliografica dei loro benefici e svantaggi ed in seguito mediante sia una valutazione economica degli stessi applicati da soli o in un programma di lotta integrata e sia una rilevazione empirica. L’analisi economica, sviluppata su dati ottenuti da un esperimento compiuto dal Centro SafeCrop presso l’Istituto di San Michele all’Adige nella provincia di Trento, ci porta a valutare alcune differenti tecniche di lotta ai parassiti ( 11 strategie di cui quattro di lotta integrata, tre di BCA e lotta integrata, tre che contemplano l’uso esclusivo di BCA e una che fa da testimone) in termini di costi del trattamento, percentuale di produzione persa e presenza di residui sul prodotto finale. Si analizza quanto esse siano sostenibili sia dal punto di vista economico, sia sociale (per il produttore: qual è la soglia di danno accettabile oltre la quale egli non è disposto a scendere; per il consumatore: un prodotto con minor residuo possibile) e sia dal punto di vista ambientale. In seguito ai risultati ottenuti dalla valutazione economica, si è reso necessario capire come l’uso di tali agenti viene considerato e gestito nella realtà, rimanendo sempre nell’ambito della fragolicoltura trentina. 6 Gli obiettivi della rilevazione empirica sono stati quelli di: • testare il livello di conoscenza riguardante i BCA, • comprendere che cosa può influenzare la fiducia in un metodo di controllo biologico • identificare i problemi che gli agricoltori hanno riscontrato durante l’uso degli stessi • individuare le strategie capaci di catalizzare l’introduzione su ampia scala degli agenti di biocontrollo. La scelta di approfondire l’argomento in un settore particolare come quello della fragola, deriva dalla constatazione che essa rappresenta per la maggioranza dei consumatori uno dei frutti più piacevoli e desiderati, un prodotto dal “fascino particolare” (www.assofruit.com/servizi/fragola.htm) che si colloca sopra gli altri prodotti ortofrutticoli. Un altro motivo che ha spinto lo studio verso tale prodotto è che essa è collocata nella lista dei dieci prodotti da evitare a causa della presenza di residui chimici presenti al momento della raccolta (Ames, 2003). Nello specifico il lavoro è stato suddiviso ed organizzato in quattro capitoli, il cui contenuto è descritto brevemente qui di seguito: Il capitolo 1 riporta le principali caratteristiche degli agenti di biocontrollo, i loro vantaggi, svantaggi e le barriere sia al loro successo sia alla loro commercializzazione su ampia scala. Il capitolo 2 presenta un quadro generale relativo alla difesa e al mercato della coltura della fragola. Nella prima parte, relativa alla difesa, sono descritte le diverse normative in materia di protezione fitosanitaria e di livelli massimi di residui di sostanze chimiche ammessi nel prodotto finale, 7 le principali avversità e le tecniche di coltivazione della coltura della fragola. Nella seconda parte, riguardante il mercato, viene fatto, appunto, un quadro generale del mercato di tale coltura nel mondo, in Europa, in Italia e in Trentino. Inoltre viene valutata la redditività di tale settore in Trentino. Il capitolo 3 è dedicato alla valutazione economica delle diverse strategie di lotta integrata e di lotta biologica utilizzate per controllare una malattia fungina (Sphaerotheca macularis o più comunemente conosciuta come oidio) nella coltivazione della fragola fuori suolo in Trentino. Il capitolo 4 riporta le modalità di svolgimento della rilevazione empirica effettuata e l’analisi dei risultati ottenuti con il questionario. 8 1. UNA NUOVA FRONTIERA PER I PROBLEMI FITOSANITARI: GLI AGENTI DI BIOCONTROLLO (BCA) 1.1 L’uso dei fitofarmaci e la normativa relativa ai livelli massimi di residui di pesticidi ammessi negli alimenti. Fino dagli albori dell’agricoltura, la produttività delle colture è stata minacciata dagli insetti parassiti, dalle malattie provocate da funghi, batteri e virus e dalle erbe infestanti. Si stima che questi parassiti e patogeni possano causare una riduzione delle rese produttive anche pari e oltre al 20% nelle principali colture mondiali (Assante, 1999). Gli agricoltori hanno da sempre cercato, quindi, di ridurre le perdite e di ottenere raccolti più sani. Il mezzo più comune, a partire dagli anni Trenta fino ad oggi, per rispondere a questi problemi, è stato l’uso di prodotti fitosanitari. I prodotti fitosanitari sono sostanze chimiche utilizzate per proteggere i raccolti, appunto, dagli insetti (insetticidi), dalle piante infestanti(diserbanti), dall’attacco dei funghi (fungicidi) e anche da quello dei roditori (ratticidi). Nella agricoltura moderna essi hanno assunto un ruolo di notevole importanza ed hanno permesso di ottenere un notevole incremento nelle rese delle principali colture. Oltre a ciò, si aggiungono altri vantaggi: l’industria alimentare ha avuto a disposizione materia prima di qualità superiore e più uniforme ed il consumatore ha visto una forte riduzione dei costi dei prodotti alimentari (www.eufic.org/it/quick- facts/food_agriculture.htm ). Tuttavia, con l’incremento dei pesticidi, avvenuto soprattutto a partire dalla seconda metà del secolo scorso, è aumentata anche l’esposizione dell’essere umano e dell’ambiente ad un numero elevato di molecole chimiche di sintesi. L’esposizione può essere diretta, come per chi usa i pesticidi nelle operazioni agricole, o indiretta, come per chi vive o frequenta l’ambiente circostante a quello in cui vengono impiegati. Molte delle sostanze chimiche contenute nei fitofarmaci sono tossiche. Per questo l’esposizione continua potrebbe aumentare il rischio di intossicazioni acute o croniche per i lavoratori che li utilizzano. Inoltre i residui 9 superiori ad una soglia di sicurezza nei prodotti destinati al consumo aumentano i rischi per la salute del consumatore. In aggiunta possono essere elencati i rischi ambientali, in particolare l’inquinamento del suolo e delle falde acquifere, la diminuzione della biodiversità e la scomparsa di alcune specie di microrganismi utili (Barnett et al., 1995). A sostegno della rilevanza dei costi dovuti alle esternalità dei pesticidi, riportiamo i risultati di uno studio fatto da Barnett (1995) negli Stati Uniti (Tabella 1). L’ammontare dei costi supera i 1.270 milioni di dollari, una cifra che non passa di certo inosservata e che fa riflettere. Tabella 1: I costi delle esternalità negli Stati Uniti. Esternalità Valore (in milioni di $) Costi di controllo chimico 213 Costi di controllo inquinamento 813 falde acquifere Effetti acuti su salute uomo 61-180 Effetti cronici su salute uomo 61-? Perdita di insetti utili 86-272 Perdita di pesci 3-21 Perdita di vita selvatica 27-2.000 Totale 1.270-3.560+ Fonte: Barnett V., Payne R., Steiner R.A, “Agricultural Sustainability: Economic, Environmental and statistical Considerations”, John Wiley & Sons Ltd, 1995, pag.222. É evidente, quindi, la necessità da parte dei diversi governi di disciplinare in modo sempre più rigido l’applicazione degli antiparassitari in agricoltura mediante l’emanazione di direttive volte a regolamentare l’uso dei pesticidi, a definire degli standard di sicurezza e a garantire il monitoraggio dei residui negli alimenti legati all’uso dei fitofarmaci. Quindi, per rispondere alle crescenti preoccupazioni legate ai potenziali effetti negativi sulla salute umana e sull’ambiente e per ridurre tali rischi, le sostanze chimiche impiegate negli antiparassitari sono sottoposte a rigide 10 procedure sperimentali prima di essere ammesse alla registrazione da parte delle autorità europee o nazionali e quindi prima dell’immissione sul mercato. I test, compiuti durante il processo di registrazione di un antiparassitario, devono dimostrare che il prodotto, alle dosi previste per l’uso: • sia efficace; • non abbia effetti collaterali negativi sugli esseri umani, durante l’utilizzo o in seguito come residuo che possa rimanere nei prodotti alimentari; • non abbia effetti ambientali negativi. L’evoluzione dell’interesse dei consumatori verso la salubrità degli alimenti ha indotto inoltre la Commissione Europea ed i governi nazionali a considerare come priorità strategica il raggiungimento di standard sempre più elevati nell’ambito della sicurezza alimentare. Nell’ottica del raggiungimento di un elevato livello di sicurezza vengono fissati dei livelli massimi di residui di pesticidi ammessi nel prodotto destinato al consumo. I livelli massimi di residui ammessi (dall’inglese Maximum Residues Level, MRL) furono inizialmente stabiliti dalle seguenti Direttive Europee: • la Direttiva del Consiglio 86/362/CEE relativa ai livelli massimi di residui di antiparassitari nei cereali; • la Direttiva del Consiglio 86/363/CEE relativa ai livelli massimi di residui ammessi negli alimenti di origine animale (ossia la carne, il latte e i prodotti derivati); • la Direttiva del Consiglio 90/642/CEE relativa ai livelli massimi di residui di antiparassitari nei prodotti di origine vegetale, inclusi gli ortofrutticoli. Per questi ultimi, la Direttiva della Commissione 79/700/CEE stabiliva 11 anche i metodi di campionamento per il controllo ufficiale dei residui di pesticidi. I limiti fissati dalle direttive sono quelli che risultano coerenti con una buona pratica agricola negli Stati membri e nei paesi terzi da cui i prodotti alimentari sono importati e rappresentano la quantità massima di residuo che può essere tollerata in un prodotto alimentare. I livelli dei residui sono stabiliti, quindi, dopo un’attenta valutazione degli eventuali rischi derivanti ai consumatori di vari gruppi di età e sono ammessi solo se considerati sicuri. Essi hanno lo scopo di tutelare il consumatore, ma va anche ricordato che essi non raggiungono mai i limiti di tossicità. Il limite legale massimo di residui ammessi su una coltura viene stabilito, infatti, in base a studi tossicologici in cui vengono presi in considerazione il NOEL (no effect level) della sostanza, e la ADI (acceptable daily intake) intesa come la quantità di quella sostanza che può essere assunta per l’arco di tutta una vita senza che siano riscontrati effetti nocivi: il valore ottenuto viene a sua volta diviso per un fattore di sicurezza compreso tra 10 e 100 ed è un valore di gran lunga cautelativo. Nel 1991, fu emanata una Direttiva del Consiglio UE 91/414/CEE, riguardante specificatamente l’approvazione e l’impiego dei fitofarmaci e la disposizione degli stessi sul mercato. Secondo la Direttiva 91/414/CEE le sostanze attive dei fitofarmaci devono essere esaminate sotto numerosi aspetti quali: tutela del consumatore, residui, protezione del lavoratore, impatto ambientale, ecotossicologia. Inoltre, prima di autorizzare al commercio un antiparassitario, è necessario dimostrare che sia sicuro sia per gli utilizzatori durante l’applicazione sia per i consumatori e sia per l'ambiente. Questa è stata recepita in Italia con il decreto legislativo n°194 del 17/3/1995, cui sono seguite altre disposizioni a perfezionamento di altre direttive europee sulla stessa tematica. La legge interviene anche a dettare una disciplina generale di impiego, che sostanzialmente obbliga gli utilizzatori dei prodotti fitosanitari: 12 • ad attenersi alle indicazioni riportate in etichetta che dunque ha valore normativo e prescrittivi • ad operare in conformità ai principi di buona pratica agricola (G.U. del 5 febbraio 1997 n°29) • a tener conto dei principi di lotta integrata e guidata (“applicazione razionale di un complesso di misure biologiche, biotecnologiche, chimiche, colturali o di selezione vegetale, con le quali si limita al minimo indispensabile l’impiego di PF per mantenere i parassiti a livelli inferiori a quelli che provocano danni e perdite inaccettabili economicamente”). In seguito, di fronte alle recenti preoccupazioni circa l'adeguato livello di protezione che i livelli massimi di residui di pesticidi ammessi possono dare, la Commissione ha risposto adottando la Direttiva 99/39/CEE. Essa dispone delle limitazioni severe sull'uso degli antiparassitari nella produzione di alimenti soprattutto per gli infanti ed i bambini in giovane età. Attualmente, i limiti massimi di residui ammessi nei prodotti alimentari sono più di 17.000 e sono stati fissati per un totale di 133 principi attivi. Tuttavia, per quelle combinazioni di fitofarmaco/prodotto dove non esiste una soglia comunitaria, la situazione non è uguale per tutti e gli stati membri possono, per proteggere la salute dei consumatori, regolare i MRL al livello nazionale. Nel 2003, per ovviare a questo problema e favorire quindi la commercializzazione dei prodotti, la Commissione ha presentato una proposta per revisionare la legislazione in questa area e per valutare la sicurezza dei limiti posti. Lo scopo è di arrivare a fissare dei livelli comunitari per tutte le combinazioni parassita/prodotto. Passando ai fatti e cioè ai controlli effettuati dalla Commissione, nel 2003 viene pubblicato un rapporto in merito al programma di controllo dei residui dei pesticidi svoltosi nel quinquennio 1996-2000. La relazione mostra i risultati delle analisi fatte su 46.000 campioni di frutta, ortaggi e cereali. Dai controlli effettuati è emerso che il 59% dei campioni non contiene residui rilevabili, mentre il 37% 13 contiene residui rilevabili uguali o sotto il livello massimo di residuo permesso. In media circa il 3,9% dei campioni supera il MRL e l’eccesso varia da 1.3% a 9.1% nei diversi stati membri. Il rapporto rivela inoltre, che nel 18% dei casi analizzati, i residui presenti appartenevano a più di un antiparassitario e che complessivamente c’è stato un aumento dei residui trovati in confronto con gli anni precedenti (per esempio 15% nel 2000; 14% nel 1999) (Commission Report, 2003). In seguito per aggiornare la soglie di MRL, tra il 2001 e il 2003 sono stati riesaminati gli stessi antiparassitari e prodotti considerati nel quinquennio 19962001 (mele, pomodori, lattuga, fragole ed uve da tavola). Dalle analisi si è riscontrato che i residui più frequentemente rilevati sono quelli di fungicidi e insetticidi e che, fra i vari prodotti presi in considerazione, la lattuga e le fragole sono risultati i più problematici. In questi due prodotti, infatti, i residui hanno superato più volte la soglia massima ammessa (nel 3.9% dei casi per la lattuga e nel 3.3% per le fragole). Le fragole sono, quindi, fra i prodotti in cui i residui appaiono più frequentemente fuori norma. Ames (2003) le colloca nella lista dei dieci prodotti da evitare a causa della presenza di residui chimici presenti al momento della raccolta. La ragione è da ricercarsi soprattutto nel tipo di coltivazione che essa richiede. La coltura della fragola impone, infatti, un uso massiccio di pesticidi non solo per aumentare la produzione e ma anche per anticiparla o posticiparla. In Italia, secondo un’indagine svolta da Legambiente (Pesticidi nel piatto, 2002) nel 2001 l’1,8% degli alimenti analizzati risultava irregolare, mentre il 29,8% dei campioni presentava residui, seppur al di sotto del limite fissato dalla legge. Nonostante i numerosi controlli eseguiti sui prodotti agroalimentari, gli scrupolosi test a cui devono essere sottoposte i prodotti fitosanitari prima della loro commercializzazione ed il quadro globalmente tranquillizzante per il consumatore italiano, la ricerca deve aiutare sempre più l’agricoltura moderna a produrre alimenti che promuovano la salute del consumatore e la salvaguardia dell'ambiente senza nel contempo penalizzare la qualità organolettica o la produttività delle colture. 14 1.2 Gli agenti di biocontrollo Abbiamo appena visto come la salvaguardia della salute umana e dell’ambiente in cui viviamo sia una delle maggiori priorità della società attuale. Oltre a ridurre l’uso degli antiparassitari in agricoltura, i governi, in collaborazione con gli enti di ricerca, stanno nel contempo ricercando e sperimentando delle alternative valide ed efficienti alle sostanze chimiche nella protezione delle colture. Fra queste la più promettente sembra essere l’uso di metodi di controllo (o difesa) biologico. I metodi di difesa biologica si basano sulla manipolazione di nemici naturali, come predatori, parassitoidi o patogeni, per ridurre o sopprimere la popolazione dei parassiti, malerbe e patogeni dannosi (Chalet, 2002). La motivazione pratica del controllo biologico (d’ora in poi per indicarlo useremo la sigla BC) sta nel limitare la crescita del parassita/patogeno mantenendolo sotto la soglia del danno economico, principalmente attraverso l'azione combinata degli agenti di biocontrollo (BCA) e una varietà di altri fattori: abiotici, biotici, agronomici e varietali. Un agente di biocontrollo può essere, quindi, un predatore, un parassita o una malattia che andrà ad attaccare l’insetto o il parassita pericoloso per la pianta. Esso può agire in diversi modi: • nutrendosi del parassita/patogeno (iperparassitismo); • competendo con parassita/patogeno per lo spazio e/o nutrimento (l’agente si sviluppa più velocemente del parassita, colonizza l’ambiente vegetale e servendosi delle sostanze alimentari, ne impedisce l’insediamento); • mediante effetti tossici diretti e indiretti verso il parassita/patogeno, attraverso il rilascio di sostanze antibiotiche e/o tossine; • mediante l’induzione di meccanismi di difesa nella pianta. 15 Per comprendere chiaramente il potenziale che tali agenti hanno sulla regolazione della popolazione e quindi il controllo biologico, è importante capire alcuni concetti di base di biologia e di ecologia della popolazione. In particolare è fondamentale conoscere la dinamica di sviluppo della popolazione, i fattori regolatori della stessa e la concorrenza potenziale fra ed all'interno delle diverse specie dell’ecosistema. Tali informazioni sono necessarie per una chiara comprensione della difesa biologica come alternativa possibile alle strategie più tradizionali usate nell’azienda agraria per la protezione nei confronti di malattie ed insetti. • Aumento della popolazione in assenza dei fattori regolatori E’ noto che tutti gli organismi viventi sono portati a moltiplicarsi in modo esponenziale. Prendiamo, ad esempio, le mosche, che sono una prova eccellente di questo fatto. Se supponiamo che una mosca ha una vita media (dall'uovo all'adulto) di circa 10 giorni ed ogni femmina può fare circa 120 uova, la prole risultante in appena tre mesi da questa singola femmina potrebbe essere superiore a circa 325 trilioni. Se dovessimo allineare tutti gli individui risultanti longitudinalmente, la linea delle mosche (che ammettono una lunghezza media di 7 millimetri) circonderebbe l'Equatore 57.000 volte (http://www.wes.army.mil/el/aqua/apis/biocontrol/html/apis_bio.html, 2002). Questo tipo di aumento incontrollato della popolazione è conosciuto come sviluppo esponenziale. Per fortuna sia le mosche che gli altri organismi viventi non raggiungono mai livelli così elevati e dannosi. La motivazione è da ricercarsi in molti fattori che, agendo assieme, regolano le popolazioni e fanno in modo che queste rimangano entro una certa soglia ecologica. La soglia ecologica è la popolazione sotto cui una specie causa pericolo o danno ecologico distruggendo dei processi ecologici e/o interessando altre popolazioni di specie che invece sono desiderabili. 16 • Fattori che regolano la densità di una popolazione: abiotici e biotici In riferimento agli agenti di biocontrollo e ai parassiti, i biologi riconoscono due categorie di fattori che regolano la popolazione di un organismo. Questi fattori sono distinti in abiotici e biotici e ognuno di essi agisce in modo diverso sulla popolazione. I fattori abiotici includono fattori come il tempo, il clima, la disponibilità di un riparo e le barriere geografiche. I fattori biotici invece includono le interazioni fra i membri della stessa specie (concorrenza intraspecifica) così come le interazioni con differenti specie (concorrenza interspecifica). La concorrenza interspecifica include gli effetti regolatori sui predatori attraverso interazioni con gli altri individui delle altre specie presenti. Nel momento in cui una popolazione inizia ad espandersi oltre un certo limite, gli individui della stessa specie cominciano a competere per le stesse risorse quali il cibo, il riparo, i luoghi di deposizione delle uova, ecc... L’interazione interspecifica tende ad essere il fattore più importante per mantenere la popolazione sotto la soglia ecologica detta anche capacità di carico (Figura 1). Per contro, i fattori abiotici quali gli uragani, condizioni atmosferiche particolari, le alte temperature, le variazioni nel clima ed il cambiamento nei mezzi di protezione possono ridurre le popolazioni a livelli molto bassi o minimi, al punto tale in cui, per esempio, la popolazione del parassita può essere addirittura eliminata. In conclusione, si può riassumere che entrambe le classi di fattori regolatori, interagiscono entro una popolazione e lavorano assieme per mantenere il livello sotto la soglia. Il grado di validità dal punto di vista operativo dei fattori è data dalla loro efficacia nel mantenere la popolazione sotto la capacità di carico. Sebbene i fattori abiotici possano influenzare queste fluttuazioni, quelli più efficaci sembrano essere quelli biologici. Gli agenti di biocontrollo (parassiti, agenti patogeni e predatori), così come la concorrenza interspecifica, possono agire insieme per regolare validamente le popolazioni sotto la capacità di carico. 17 Figura 1: Come viene regolata la capacità di carico dalla concorrenza interspecifica Fonte: www.wes.army.mil/el/aqua/apis/biocontrol/html/apis_bio.html, 2002 Un esempio è dato dall'introduzione di un BCA (ad es. un insetto) su una pianta, in assenza di altre specie differenti che agiscono per mantenere la popolazione in equilibrio. Tipicamente, prima dell'introduzione, i livelli della popolazione del parassita oscillano in modo abbastanza ampio intorno alla sua densità media. Dopo che gli insetti sono stati introdotti, le fluttuazioni della popolazione tendono a diventare sempre più piccole fino ad un punto in cui l'effetto netto è la riduzione della densità caratteristica (Figura 2). Si è osservato che un andamento simile è presente ogni volta che viene introdotto un agente di biocontrollo (www.wes.army.mil/el/aqua/apis/biocontrol/html/apis_bio.html, 2002). Figura 2: Come si comporta la popolazione del parassita colpito dagli agenti di biocontrollo Fonte: www.wes.army.mil/el/aqua/apis/biocontrol/html/apis_bio.html, 2002 18 Per esempio, il seguente grafico rappresenta uno studio fatto su una popolazione di una pianta infestante acquatica in Loussiana negli ultimi 20 anni. Grafico 1: L’effetto degli agenti di biocontrollo contro un’infestante acquatica. Fonte: www.wes.army.mil/el/aqua/apis/biocontrol/html/apis_bio.html, 2002 Si nota, immediatamente, che le grandi fluttuazioni nello sviluppo della pianta sono avvenute subito dopo i rilasci degli agenti di biocontrollo. Mentre i livelli della popolazione dei BCA andava aumentando, le fluttuazioni sono andate progressivamente riducendosi, con un effetto drastico di riduzione della densità generale di queste infestanti in Loussiana. 1.3 I tre approcci principali del controllo biologico La lotta biologica coinvolge, come abbiamo visto, l’uso naturale di predatori, parassiti e malattie per controllare i parassiti. Ci sono tre modi principali per usare i BCA contro la popolazione di parassiti e/o insetti non desiderati. 1.3.1 Metodo classico (importazione) Esso si basa sulla ricerca nel paese d’origine o in un’area da cui proviene un parassita, introdotto casualmente in nuovo luogo, di alcuni dei nemici naturali che 19 nel luogo d’origine sono in grado di attaccarlo e mantenerlo sotto la soglia di danno ecologico. In seguito alla facilità negli spostamenti e al maggior movimento di persone e merci, il rischio d’importazione di nuovi parassiti in aree indenni è in rapido incremento. Non sempre purtroppo assieme all’insetto dannoso o alla malattia vengono importati i sui predatori/parassiti. Se i nuovi organismi introdotti causano delle perdite, l’introduzione di alcuni dei loro nemici naturali può diventare un metodo importante per ridurne il danno. Per favorirne l’adattamento, i BCA usati nel controllo biologico sono normalmente ottenuti da una regione climaticamente simile all’area in cui poi saranno rilasciati. Questa strategia è valida per massimizzare il tasso di insediamento/colonizzazione degli agenti nell’area di utilizzo, garantendone l’aumento della popolazione dopo essere stati introdotti (Chalet L.D., 2002). 1.3.2 Metodo inondativo (accrescitivo) E’ un metodo utilizzato per aumentare la popolazione di un nemico naturale. Ciò può essere fatto producendo in massa un parassita in un laboratorio e rilasciandolo nel campo a tempo opportuno. Un'altra tecnica si basa sulla selezione di un BCA più efficace nel controllo biologico e sulla sua introduzione nell’ambiente. Gli agenti di biocontrollo prodotti in massa possono essere liberati nel momento in cui il parassita è più suscettibile e debole, o in numeri elevati in modo da possedere un vantaggio numerico rispetto al parassita da combattere. Tuttavia tale metodo, al contrario sia di quello classico sia di quello conservativo in seguito descritto, implica una continua introduzione e non fornisce una soluzione permanente. 1.3.3 Metodo conservativo Implica l’identificazione di tutti quei fattori che limitano l'efficacia di un nemico naturale e di cambiarli in favore della specie favorevole. La conservazione dei nemici naturali comprende sia i fattori di riduzione che interferiscono con i nemici naturali sia le risorse necessarie che li aiutano. 20 Il futuro, se eticamente accettato, potrebbe essere rappresentato dalla manipolazione genetica sia di agenti autoctoni che esogeni (con questo termine ci riferiamo agli agenti importati con il metodo classico) per aumentare la loro efficacia contro i parassiti ed una loro successiva introduzione nell’ambiente. 1.4 Cenni storici del controllo biologico Una struttura cronologica, in cui si possa vedere lo sviluppo dei vari approcci metodologici del BCA, è utile per considerare come gli input empirici e teorici hanno influenzato l’uso dei BCA. I primi tentativi dell’uomo di controllare i parassiti che attaccavano le colture e le piante ornamentali, possono fornirci i primi concetti di base e la comprensione del controllo biologico. Scarsi sono i dati storici riguardanti le prime tecniche di lotta biologica. L’uso più antico di tale metodo di difesa è da identificarsi con la comprensione che molte specie di organismi viventi controllano altri animali e piante più nocivi, sia nutrendosi di essi, sia concorrendo per le risorse di cui hanno bisogno per sopravvivere. Uno dei primi tentativi di usare un altro organismo vivente per controllare biologicamente una specie parassita o dannosa potrebbe essere il seguente. I primi agricoltori avevano osservato che determinati uccelli, topi e altri roditori erano attratti dai tantissimi insetti presenti nei loro raccolti. Osservando e analizzando il comportamento di alcuni piccoli felini che si alimentavano di questi roditori, gli agricoltori sono arrivati al primo uso del controllo biologico tramite l'addomesticazione del gatto. In seguito, dal 900 d.C. i Cinesi avevano cominciato ad introdurre una determinata specie di formiche predatrici negli agrumeti per proteggere gli aranci dal verme della frutta. Bisogna però arrivare fino al 1762 per avere il primo esempio documentato di introduzione di un agente di biocontrollo per controllare e gestire una specie parassita. Essa è avvenuta quando una specie di uccelli (lo storno triste) è stato 21 trasportato dall’India nelle isole Mauritius per controllare le locuste (Hanlon, 2004). L'uso del controllo biologico, come alternativa ai mezzi di difesa possibili nella lotta contro i parassiti, ha cominciato ad essere accettato solo intorno alla metà del diciannovesimo secolo. Da qui in poi ha preso il via, in Europa occidentale, l'uso degli agenti biologici quali le vespe, le libellule, i ragni e le coccinelle per controllare una varietà di parassiti. Esempio pratico, ma purtroppo fallimentare di quegli anni, fu il trasporto internazionale dall'America alla Francia di un acaro per controllare la filossera (malattia che colpiva i portainnesti dei vitigni europei)(http://www.wes.army.mil/el/aqua/apis/biocontrol/html/apis_bio.html, 2002). Altro caso, questa volta positivo, che mostrava la diffusione a livello mondiale di tale metodo fu quello di un’industria californiana di agrumi che stava subendo delle perdite a causa di un'infezione acuta delle piante dovuta ad un tipo di insetto (cocciniglia cotonosa “cottony cushion scale”). Probabilmente questo insetto originario dell’Australia fu introdotto casualmente in California assieme alle piante d’agrumi. Per capire l’origine della malattia, fu proposto ad un entomologo di indagare sui nemici potenziali di tale insetto nel luogo d'origine, in altre parole in Australia. Egli trovò un nemico naturale, la coccinella, e introducendo l'insetto nelle coltivazioni infestate della California, vide che in pochi mesi le infezioni furono ridotte drasticamente. Con la seconda guerra mondiale, con la scoperta del DDT nel 1939 da parte di Paul Mueller e fino al 1962, incomincia, per così dire, il periodo della diffusione della difesa chimica, durante il quale la lotta biologica ha ricevuto poco o nessun supporto. Dal 1962 in poi, fino ad oggi, prende invece via il periodo caratterizzato dalla lotta integrata in agricoltura. Questo metodo di controllo è un programma in cui fa il massimo uso di fattori biologici, ambientali e agronomici per ridurre la probabilità degli attacchi di patogeni e per garantire un ambiente sano stimolando i meccanismi di autoregolamentazione del sistema agrario. Durante il primo decennio del ventesimo secolo, il concetto di lotta integrata dei parassiti divenne chiaro e univoco e fu oggetto di studio e promozione da parte di molti ricercatori. 22 Inoltre, durante questo periodo il controllo biologico (con i suoi tre approcci: classico, inondativo e conservativo) divenne sempre più importante come alternativa per ridurre la resistenza ai fitofarmaci, che andava progressivamente sviluppandosi. Si fece ricorso alla sperimentazione sia per selezionare agenti migliori dal punto di vista dell’efficacia sia per aumentare la loro probabilità di successo. Si abbandonò l’approccio chiamato “shotgun”, dove venivano rilasciati tutti gli agenti disponibili in un solo momento nella speranza di ottenere qualche tipo di controllo e si passò al rilascio di agenti più stabili nell’esercitare il controllo dei parassiti per cui erano stati scelti. Il tasso di successo del controllo mediante i BCA aumentò dal 6,6% degli anni Cinquanta al 10,9% degli anni Settanta, fino ad un 14,5% negli anni ’80. Questo trend fu influenzato, inoltre, sia dalla teoria ecologica (Hokkanen e Pimentel, 1984) che dagli studi effettuati per la selezione degli agenti. Secondo Hokkanen e Pimentel, l’impatto di un dato BCA sulla popolazione parassita e sulla pianta che lo “ospita”, diminuisce nel tempo come risultato della convivenza che si ha con il parassita e con il meccanismo di difesa attuato dalla pianta. A causa di tal effetto, ritenevano che gli agenti avrebbero avuto un’azione più forte contro un parassita verso cui loro non erano mai stati esposti. Ci si attendeva quindi che un BCA, importato dall’Europa, potesse avere un maggior impatto sui parassiti autoctoni degli Stati Uniti rispetto a quelli che avevano convissuto nello stesso ambiente. Questa ipotesi si basava su un’analisi di dati relativi ad un agente di biocontrollo che aveva riportato un tasso di successo del 75%. Tuttavia successive analisi mostrarono tassi assai meno alti con l’uso di BCA coevoluti con il patogeno. Negli anni Novanta i dati relativi all’efficacia della lotta biologica erano ancora positivi, ma si registrò un calo nell’efficacia che portò il tasso di successo a stabilizzarsi attorno al 10,8%. 23 1.5 L’uso dei BCA in programmi attuali di lotta integrata per il controllo di parassiti, malerbe e malattie Un metodo per intensificare l’uso degli agenti di controllo biologico è l’integrazione di questi in un programma di controllo ecocompatibile. Infatti l’utilizzo delle tecnologie attuali di difesa biologica, con una maggior integrazione a livello operativo con le procedure convenzionali, può portare all’ottenimento di un maggior grado di soppressione dei parassiti. Nonostante questo richieda maggior partecipazione da parte dell’agricoltore, il maggior controllo ottenuto e la riduzione dell'uso dei prodotti chimici ne compensano lo sforzo. Tuttavia, prima di introdurre un BCA in un programma di lotta integrata bisognerebbe avere una buona conoscenza del sistema gestionale delle colture e della complessità di parassiti che si andrà a trattare. Una gestione agronomica accurata è, infatti, un fattore critico per assicurare che la scelta, il momento d’applicazione e la dose del BCA siano corretti per quella specifica situazione. Quindi se si vogliono usare correttamente e con successo tali agenti in un programma di lotta integrata (IPM), bisogna identificare il parassita ed i nemici naturali, valutare il livello della popolazione dei parassiti e dei nemici naturali, acquistare i nemici naturali specifici e appropriati, liberarli correttamente e controllarne l'efficacia. Possiamo schematizzare tale percorso in quattro punti importanti: 1) conoscenza, 2) indagine e 3) rilascio e 4) intervento. • La conoscenza Acquisire una conoscenza completa e pratica del metodo costituisce l’elemento più importante per aumentare le probabilità di successo. Le informazioni base dovrebbero essere: – la conoscenza degli organismi autoctoni o introdotti che si alimentano delle piante infestanti o parassiti (identificazione delle loro abitudini e dei possibili danni) 24 – la conoscenza di come gli agenti che si vuole introdurre nel nuovo ambiente sono scoperti nel loro paese d'origine ed infine come sono liberati negli altri paesi – la comprensione base del meccanismo del controllo biologico comprendendo le teorie ecologiche, la biologia della popolazione, ecc. – i benefici e gli svantaggi dell'uso del biocontrollo. Mentre molte di queste informazioni possono sembrare superflue, la maggior parte, se non tutte, potranno permettere di migliorare questa tecnica di controllo e incrementarne l’uso. • L’indagine Il secondo punto è sviluppare un programma sistematico per esaminare le infezioni della pianta. Ricerche, analisi e indagini periodiche sono importanti per valutare sia il livello della popolazione degli agenti introdotti ed il loro impatto potenziale, che il livello della popolazione del parassita. La valutazione dei numeri e degli effetti sulle due popolazioni, potrà portare ad una visione più chiara e permettere di giudicare meglio i passi successivi necessari per conservare o aumentare gli agenti presenti e per rettificare la situazione in tempo. Tali informazioni non sono facili da raccogliere. Il metodo più semplice, per esaminare il livello di un’infezione, è quello di valutare in campo la presenza o l'assenza degli agenti, siano essi autoctoni o introdotti. Questo può essere fatto facilmente grazie alle osservazioni visive, valutando la presenza dell’organismo, o i danni causati dall’infezione. Il controllo attento dello sviluppo demografico del parassita è un fattore determinante nella lotta integrata con i BCA, sia perché permette di prevedere i possibili problemi fitosanitari, sia perché il controllo biologico dei parassiti funziona meglio come metodo preventivo che curativo. In pratica se sono introdotti nella coltura prima di un'infezione, possono impedire alla popolazione parassita di svilupparsi a livelli tali da danneggiare la produzione prevista. Se invece si attende che i 25 parassiti diventino un problema, l’effetto dei BCA sarà trascurabile. Di conseguenza l’identificazione esatta del problema e del parassita è molto più importante per il controllo biologico che nel caso in cui si usino insetticidi. In aggiunta i BCA agiscono, solitamente, contro uno specifico parassita al contrario dei mezzi chimici tradizionali, che colpiscono un ampio spettro di individui. L’indagine, quindi, porta nel lungo periodo ad una conoscenza più approfondita del sito e, oltre a ciò, accresce la consapevolezza dei benefici pratici di questa tecnica di controllo. • Il rilascio e l’intervento. Una volta che è stato determinato il problema fitosanitario da affrontare, e dopo aver selezionato i nemici naturali da usare, il passo successivo è quello di rilasciarli. Il momento del rilascio dei BCA è il fattore più critico e il primo passo essenziale per raggiungere il successo del controllo biologico, sia se usato come unico mezzo di difesa che in un programma di lotta integrata. Al pari di tutti gli organismi viventi, i BCA hanno specifici requisiti e limiti per la loro sopravvivenza. Le condizioni dell’area in cui saranno liberati gli agenti dovrebbero essere prese in considerazione prima del rilascio. Per esempio, alcune specie di acari predatori agiscono meglio in ambienti caldi e asciutti mentre altre hanno una maggior efficacia con un alto tasso di umidità. Oppure può capitare che temperature troppo elevate causino la mortalità degli agenti, riducendone il numero attivo nell’attaccare il parassita. Altri BCA, invece, sono influenzati dal periodo dell'anno in cui vengono rilasciati e di conseguenza possono essere meno efficaci se applicati nella stagione sbagliata. Il momento della giornata in cui vengono rilasciati può essere altrettanto importante, soprattutto se il rilascio deve essere fatto all'aperto o in una serra. La luce stessa, infatti, può avere un effetto dannoso sui nemici naturali. Alcuni agenti invece ritardano o rallentano la propria riproduzione e sviluppo se l'illuminazione non è sufficiente, ad esempio nei mesi invernali. Come regola generale, i rilasci dovrebbero essere fatti a 26 temperature basse (al mattino presto o in serata), in condizioni atmosferiche favorevoli e in un periodo dell'anno favorevole allo sviluppo del BCA. Inoltre quando si liberano determinati tipi di BCA, come gli insetti, potrebbe essere consigliabile confinarli sulle piante infestate cosicché possano ambientarsi in pochi giorni. La fase del rilascio diventa particolarmente delicata quando si includono i nemici naturali in un programma di lotta integrata, in quanto dobbiamo considerare più approfonditamente l’uso dell'antiparassitario. Trattare con i fitofarmaci chimici potrebbe interferire e, in alcuni casi eliminare o vanificare, l’azione degli agenti, e quindi l’efficacia di un programma di difesa. Alcune ricerche hanno indicato che alcuni diserbanti hanno degli effetti, seppur indiretti, sugli agenti di biocontrollo. Poiché gli agenti sono legati alla pianta per alimentarsi e ripararsi, tutti i cambiamenti che coinvolgono la pianta avranno un effetto su essi. In quei luoghi, in cui si intende applicare un controllo di tipo biologico, si dovrebbero prendere tutte le precauzioni necessarie per minimizzare l’effetto delle applicazioni chimiche sui BCA. Questo è possibile evitando di trattare parte delle piante cosicché possono fungere da zone di conservazione per gli agenti, oppure effettuando trattamenti localizzati sulle zone infestate. Tuttavia tali zone di conservazione devono essere controllate periodicamente per assicurarsi che non stiano invece contribuendo all'infestazione generale della pianta. Quando il trattamento con pesticidi è necessario, è importante usare quelli con il minor impatto sugli agenti e sulla flora e fauna utile. Dopo che il rilascio è stato effettuato, è importante assicurarsi che i BCA si siano insediati in numero sufficiente. Un’analisi retrospettiva della letteratura (Crawley, 1986; Julien, 1987) investiga sui fattori creduti capaci di influenzare l’insediamento dei BCA. Questa analisi predice che la probabilità di stabilirsi di un BCA aumenta all’aumentare del numero di individui rilasciati (Hall and Ehler, 1979; Pimm, 1991; Cameron et al., 1993; Hopper and Roush, 1993) e mostra che un rilascio di un numero di BCA inferiore a 800 individui avrà difficoltà a insediarsi. 27 Altri esperti per esempio Bierne (1975) and Hopper and Roush (1993) suggeriscono non meno di 1000 individui per sito, mentre Cock (1986) consiglia di cominciare con piccoli rilasci di poche centinaia e incrementare poi il numero solo se i rilasci con pochi insetti falliscono. Questa evidenza empirica è supportata dal modello matematico di Haccou e Iwasa (1996). E’ stato usato anche un approccio sperimentale per sviluppare un protocollo scientifico per determinare un numero ottimale di insetti da rilasciare. Tuttavia consigliare il numero di insetti da rilasciare in un programma di BC rimane estremamente difficile e variabile. 1.6 I vantaggi nell’uso dei BCA Ci sono innumerevoli vantaggi nell'uso del controllo biologico sia se impiegato da solo, sia come componente di un programma di lotta integrata. • L’incorporazione del controllo biologico in un programma di lotta integrata riduce, prima di tutto, il rischio legale, ambientale e per la salute pubblica provocato dalle sostanze chimiche e aumenta la qualità e la salubrità dei prodotti. Essendo i BCA microrganismi naturalmente presenti in natura, possono degradarsi e non lasciare residui sui prodotti destinati alla consumazione. Il rischio alimentare è così notevolmente ridotto. In aggiunta, sono privi di rischi per la salute umana in quanto sono scelti tra quelli che non producono sostanze antibiotiche o tossiche per l’uomo e, anzi, portano anche ad una riduzione dei costi per la salute di chi utilizza i pesticidi. L’agricoltore, facendo i trattamenti antiparassitari, corre un rischio addizionale. • I BCA non danneggiano l’ambiente e la qualità dell’acqua. Riducono gli impatti negativi sulla fertilità del terreno e il pericolo della perdita della biodiversità, migliorando nel contempo l’immagine del settore agricolo. 28 • Offrono un’economica alternativa ad alcuni fitofarmaci. Ad esempio possono attualmente prevenire danni economici dovuti al ragnetto rosso delle colture di ribes e lampone altrimenti inevitabili (nostra rilevazione). • Al contrario della maggior parte dei fitofarmaci che hanno un largo spettro d’azione e uccidono un ampia gamma di insetti e altri animali, i nemici naturali sono molto specifici verso un particolare parassita. In questo modo altri insetti utili, animali o esseri umani non vengono contaminati o danneggiati dal loro uso. • Offrono un controllo più duraturo rispetto ad altre tecnologie. Controllo realizzato perché gli agenti di biocontrollo si comportano come se il metodo di controllo, specifico al parassita, fosse continuamente presente ed agisse costantemente. Quando i livelli della popolazione del parassita sulla pianta sono elevati, ci sarà un aumento corrispondente nel livello della popolazione dei BCA. Gli agenti persistono anche a bassi livelli e continuano ad esercitare il controllo o la pressione regolatrice. • Hanno un costo del controllo a volte inferiore a quello delle tecniche convenzionali. Al contrario dei metodi convenzionali che si basano sull’uso continuo di sostanze chimiche, gli agenti di biocontrollo, dopo essere stati rilasciati all'inizio del programma in numero sufficiente da permettere un insediamento, aumentano naturalmente e cominciano ad attaccare la popolazione obiettivo. Quindi l'alto costo iniziale cioè di introduzione, rilascio e insediamento dei BCA viene compensato dal valore di controllo raggiunto e mantenuto per molti anni dopo il rilascio iniziale. Un esempio eccellente del risparmio di costi è l’introduzione di un BCA, per il controllo di un’infestante (Alternanthera philoxeroides) negli Stati Uniti negli anni Sessanta. Alcuni studiosi, presso la Waterways Experiment Station (WES) in Mississippi, hanno visto che con l’uso dei BCA si ha un notevole risparmio di costi per-acro per quanto riguarda la difesa. Confrontando i costi per acro del 29 controllo biologico con altri metodi, hanno riscontrato che la spesa per il controllo meccanico e chimico era rispettivamente 192 e 32 volte superiore ai costi connessi con l'uso di BCA. Inoltre, il controllo biologico si è dimostrato duraturo nel tempo e ciò ha permesso di ridurre i costi di milioni di dollari (Grafico 2). Grafico 2: Il confronto dei diversi costi per metodi diversi per combattere l’infestante acquatica Alternanthera philoxeroides Fonte: www.wes.army.mil/el/aqua/apis/biocontrol/html/apis_bio.html, 2002 Tuttavia, è importante rendersi conto che l’efficacia di un programma IPM integrato con i BCA non dipende soltanto dal controllo biologico ma anche da tutte le altre tecnologie disponibili. La scelta di quale tecnica usare dipende dallo specifico piano d'azione. In molti casi le tecniche di biocontrollo non possono offrire un controllo totale e quindi devono essere integrate o sostituite da altre procedure. 30 1.7 Gli svantaggi nell’uso dei BCA Il controllo biologico, come tutti gli altri mezzi di difesa impiegati in agricoltura, comporta dei rischi. È importante considerare ad ogni modo che l’impatto del loro uso va sempre confrontato con il rischio di trattare i parassiti con altri mezzi (ad es. usando i pesticidi) o non usandone affatto. Ad esempio, questa ultima scelta, porterebbe nella maggior parte dei casi a perdite economiche e/o ad impatti ambientali non indifferenti. Alcuni aspetti della lotta biologica precedentemente analizzati, possono però essere letti in due modi, come le due facce della stessa medaglia, rappresentando allo stesso tempo sia un vantaggio che uno svantaggio. Gli svantaggi riscontrati possono essere elencati: • Il controllo biologico tramite i BCA necessita a volte di lunghi periodi affinché si possano verificarne gli effetti positivi. Nel caso del metodo classico sono necessari in media dai 5 ai 10 anni dai rilasci iniziali prima che sia realizzato un controllo efficace. Inoltre spesso i risultati non sono cosi evidenti e veloci come quelli che si ottengono usando i fitofarmaci chimici. • Non garantiscono un controllo totale del parassita. Le forme meglio documentate di controllo biologico mostrano che solo il 10% dei tentativi hanno avuto successo e che il tasso di successo non è variato molto nell’ultimo secolo (Gelernter et al., 2000) • Gli agenti disponibili sono specifici e quindi attaccano solo determinate specie di insetti o parassiti al contrario dell’ampio spettro coperto dai fitofarmaci, quindi ci potranno essere a volte maggiori costi per il controllo in campo e per la loro applicazione. 31 • Essi sono molto sensibili alle condizioni ambientali che devono essere, come abbiamo già visto, rigorose per il loro successo. • Il controllo biologico necessita di una maggior e accurata gestione e pianificazione delle attività da svolgere. Necessita di maggior tempo, richiede la raccolta e il mantenimento di un numero maggiore di dati, maggior pazienza, maggior educazione e addestramento. Il successo nell’uso dei BCA richiede infatti una maggior comprensione della biologia sia dei parassiti che dei loro antagonisti. • Molti nemici naturali sono molto suscettibili ai fitofarmaci chimici e usarli con successo in un programma di lotta integrata implica una grande cura e attenzione. Infatti, le sostanze chimiche contenute nei pesticidi potrebbero non essere compatibili con tale pratica. • Possono aumentare i costi e richiedere più tempo per frequentare corsi, cercare nuove informazioni, partecipare alle assemblee, cambiare le pratiche di coltivazione e controllare le colture. • I BCA sono organismi viventi mentre i principi attivi dei fitofarmaci hanno un tempo di vita limitato. Mentre i pesticidi sono concentrati sia nel tempo e nello spazio del raccolto, gli agenti possono diffondersi. • Essendo ancora prodotti per un mercato di nicchia, i costi di registrazione e dei test tossicologici sono molto elevati per le aziende produttrici dei formulati commerciali. Gli alti costi dipendono dai necessari e numerosi test compiuti per provarne l’innocuità e l’efficacia nell’applicazione commerciale in quanto i BCA seguono lo stesso protocollo di analisi richiesto per la registrazione delle sostanze chimiche. • Possono mutare o cambiare. La capacità evolutiva dei BCA, li rende tali da adattarsi bene ad ogni situazione, ma tale adattabilità unita con la plasticità 32 genetica che hanno si sono dimostrati fattori potenziali di rischio. Si è riconosciuto che tali agenti possono evolversi rapidamente e adattarsi a nuovi ambienti sfruttando ospiti e habitat nelle loro nuove regioni, portando con sé alcuni effetti negativi (Hokkanen et al., 1995). 1.7.1 Alcuni effetti ambientali dei BCA Come abbiamo citato nel paragrafo precedente, uno degli svantaggi dei BCA è che possono mutare e variare nel tempo. Il controllo biologico, come tutti gli altri mezzi di difesa impiegati in agricoltura, ha avuto problemi e critiche durante il suo sviluppo. Tutti i metodi che riducono la popolazione di un organismo parassita sotto una determinata soglia economica, hanno degli effetti a livello della comunità vivente e possono comportare un rischio ambientale. Un indice di valutazione del successo del controllo dei parassiti è misurare gli effetti diretti e indiretti che tale controllo ha sull’ambiente e sulle specie non target. Poiché la lotta biologica viene vista e percepita così “naturale”, si assume spesso che sia sana e sicura per l’ambiente (Lai,1988; U.S.Congress, 1995; Bathon, 1996; McEvoy, 1996; Jervis, 1997). Per questa ragione, troppo spesso, gli effetti degli agenti non sono controllati e/o, se ci sono, non vengono documentati (Simberloff e Stilino, 1996; Tramoggia, 1998). Evidenze dell’impatto ambientale dei BCA furono disponibili molto presto (Perkins, 1897: Tothill et al., 1930) ma vennero spesso ignorate. Tuttavia, nell’ultimo decennio i biologi si sono sempre più preoccupati degli effetti negativi che i BCA possono provocare (Howarth, 1983 e 1991). Il potenziale impatto ambientale dei BCA può variare dalle interferenze triviali cha causano effetti nel lungo periodo alla popolazione “non target” (diminuzione di specie utili) ai possibili gravi impatti economici ed ambientali quale l’estinzione di una specie comune o rara di organismi. Tali potenziali impatti variano a seconda essi siano causati da BCA autoctoni o esotici. Gli effetti dell’uso di BCA nativi sono generalmente reversibili e 33 prevedibili rispetto a quelli esotici. Il sistema dovrebbe tornare normalmente alle condizioni precedenti al trattamento al termine del rilascio. Questo perché i BCA nativi sono influenzati dai loro stessi nemici naturali e il loro effetto diminuisce nel tempo. Gli effetti dei BCA esotici, a differenza di quelli nativi, possono invece essere più dannosi. Spesso l’effetto del loro rilascio non è reversibile: tali BCA riproducendosi, possono diffondersi lontano dal punto di rilascio, aumentando il rischio potenziale di esposizione ai loro effetti degli organismi non-target. Nonostante ci siano pochi studi fatti a riguardo, ci sono prove che documentano gli effetti dannosi dovuti all’introduzione e al rilascio di BCA esotici (Loope e Helweg, 2004). Ad esempio alcuni parassitoidi rilasciati per il controllo delle larve della farfalla della canna da zucchero (sugarcane moths) hanno attaccato alcune specie di farfalle locali (Gagne e Howarth, 1982). Nelle Hawaii e in altre isole del Pacifico un determinato tipo di serpente (il brown tree snake) ha avuto un ruolo determinante nell’estinzione di 9 specie su 11 di uccelli nativi (Savidge, 1987). Secondo alcuni ricercatori, tali impatti ambientali probabilmente andranno ad intensificarsi. Poiché il controllo biologico è visto come una soluzione a molti degli indesiderabili effetti degli antiparassitari, specialmente quelli legati alla sicurezza umana e alla resistenza sviluppata dei parassiti verso i prodotti chimici (Waage e Greathead, 1998; Rosen e DeBach, 1991; U.S.Congress, 1995), ciò ha portato molti governi a importare e rilasciare molti BCA nell’ambiente (Frank e MCCoy, 1994; Hunter, 1994). Tuttavia ciò ha incoraggiato anche alcune aziende private a farlo e, nonostante il tutto venga fatto con le migliori intenzioni, esso può avere, come abbiamo visto, delle conseguenze negative (Howarth, 1991; Simberloff e Stiling, 1996). Conseguenze che, nel caso di privati, potrebbero essere ancora più disastrose, dato che spesso si tratta di introduzioni clandestine, fatte con poco o nessun supporto di ricerca. Per minimizzare il rischio di effetti negativi, si è reso perciò necessario lo sviluppo di un codice internazionale di comportamento per la pratica introduzione di nemici naturali per i BCA esotici. Codice che è stato sviluppato dalla FAO nel 1996. 34 Il processo d’introduzione può essere considerato come una serie di passi da compiersi susseguenti, ma con reiterazione, finché il processo non è concluso. Il processo consiste nel riconoscere se c’è un problema potenziale, compiendo degli studi pre-rilascio, nello scegliere quali sono i parassiti che si vogliono colpire con l’agente introdotto e quale è l’agente più efficace e allo stesso tempo sicuro da rilasciare; e si conclude con degli studi post-rilascio per determinare l’efficacia del metodo scelto e monitorare la diffusione nelle aree vicine e sugli organismi non-target. Nella pratica però il processo risulta essere molto più difficile e costoso. Esso richiede un costo non indifferente di lavoro, ricerca, requisiti di spazio e rischio di perdere la produzione. Inoltre necessita di fondi e investimenti cospicui per compiere tutti i passi elencati. Il rischio potenziale dei BCA può essere ridotto anche stimolando la ricerca, l’addestramento, e abbassando i costi di registrazione. Infatti, molti dei BCA, non sono venduti come biopesticidi, ma come promotori della crescita delle piante, stimolanti o condizionatori del terreno. I produttori di BCA, quindi, non rivendicando l’azione di controllo che tali agenti hanno, evitano i costi di registrazione e tutti quei costi necessari per valutarne l’efficacia, la tossicità e l’impatto ambientale. Tuttavia, così facendo, rischiano di immettere sul mercato, prodotti ad alto rischio per la salute umana e per l’ambiente soprattutto in quei casi dove non c’è abbastanza conoscenza a riguardo. 1.8 Barriere al successo e alla commercializzazione dei BCA Il controllo biologico, e con esso la produzione ed uso dei BCA, non hanno ancora trovato una propria dimensione sul mercato per la protezione e il controllo dei parassiti, malerbe e malattie delle piante. Il successo di tale metodo è, infatti, ostacolato da diversi fattori. Il mercato dei BCA, come si può intuire, è un mercato di nicchia, specializzato, che non si è ancora realizzato a causa, prima di tutto, dell’assenza di forti incentivi per sviluppare tali agenti e scoraggiare i pesticidi e 35 le sostanze chimiche e di altre barriere che rendono difficile non solo l’introduzione ma anche il successo di tali agenti. Analizziamo in seguito alcune delle limitazioni riscontrate nella loro diffusione commerciale. • La mancanza e la scarsità di infrastrutture La mancanza e la scarsità di infrastrutture che possano facilitare le conoscenze e le nuove tecnologie ai diretti interessati come gli agricoltori. I programmi per il controllo biologico variano, infatti, secondo il livello di professionalità degli agricoltori. Per esempio, l’uso di biopesticidi non sarà adottato se i beneficiari potenziali hanno una scarsa comprensione dei parassiti o della biologia dei nemici naturali e identificazione (cioè sono incapaci di relazionare le densità dei parassiti con i danni o con le perdite di raccolto) e sono poco disposti a modificare le pratiche correnti per incoraggiare l’attività dei BCA. Di conseguenza la formazione, l’educazione dei beneficiari (agricoltori o proprietari), delle cooperative (consulenti) e anche di coloro che regolano tale settore, è spesso il primo passo necessario per ridurre i problemi che impediscono l’adozione di un corretto impiego dei BCA. Lo sviluppo di un piano di attuazione su scala regionale che comprende protocolli per stabilire, distribuire e per valutare gli effetti dei BCA verso i parassiti target è importante e potrebbe aiutare a definire meglio gli obiettivi e lo scopo dei progetti di ricerca. Inoltre l’atteggiamento della maggior parte dei consumatori non sembra aiutare in quanto piuttosto incoerente: essi domandano da un lato prodotti completamente liberi da residui chimici ma dall’altro non sono ancora pronti a pagare un prezzo più alto per questi (Rovesti et al., 2000). 36 • La mancanza di dati I progetti di controllo biologico di solito durano anni, ma durante questo periodo possono sorgere delle priorità istituzionali o del governo che possono far terminare il progetto prima che sia stato completato. Le stime post-rilascio del BCA non sostituiscono gli studi pre-rilascio e sono importanti per sviluppare una piena conoscenza della loro azione e ottenere quindi un maggiore livello di successo. In pratica però questo processo risulta essere molto difficile, anche perché fino ad oggi non ci sono modelli che ci aiutino a predire l’impatto dei BCA prima del loro rilascio. Usare dei modelli per selezionare dei BCA prima del rilascio rimane un obiettivo per il futuro a causa delle mancanza di conoscenze correnti su cui possano basarsi le predizioni. Il problema della scarsità di dati rimane quindi uno dei problemi maggiori. • La disponibilità di altre alternative valide ed efficienti La disponibilità di nuovi pesticidi di sintesi a bassa tossicità, possono diminuire la domanda e la disponibilità di finanziare lo sviluppo e la messa in pratica dei BCA. I fenomeni di sviluppo di popolazioni del patogeno o parassita resistente ai pesticidi suggerisce che la lotta biologica dovrebbe essere considerato anche nei casi in cui altri metodi siano attualmente disponibili. • Limiti intrinseci della lotta biologica Il successo della lotta biologica si ha quando si porta sotto una soglia di densità economicamente accettabile la popolazione dei parassiti. A questo punto un secondo parassita potrebbe sostituire il primo e da qui nascerebbe la domanda di un ulteriore programma di controllo biologico, in un ciclo senza fine. Evitare questo circolo vizioso è possibile, ma non sempre fattibile. Tale problema potrebbe essere limitato se l’agente non fosse visto come la panacea per tutti i 37 mali, ma come un metodo aggiuntivo che, se usato in un programma di lotta integrata, può portare ad un controllo sostenibile dei parassiti. • La valutazione del rischio e i costi di registrazione Uno dei più grandi ostacoli alla commercializzazione è la valutazione del rischio. I BCA devono, infatti, dimostrarsi sicuri attraverso dei test tossicologici sia per l’uomo sia per tutti gli altri organismi che non costituiscono il loro obiettivo. Queste prove sono necessarie e indispensabili per arrivare alla registrazione del prodotto. Ma i costi per compiere tali test sono elevati e spesso le piccole-medie aziende non possono affrontarli. L’abbattimento dei costi di produzione e quindi una semplificazione del processo di registrazione che attualmente è lo stesso delle ben più tossiche molecole chimiche, è fondamentale e cruciale per tali agenti che ancora non attraggono sufficienti investimenti. A questo, si aggiunge l’assenza di una procedura di registrazione unificata a livello internazionale. Spesso i BCA possono essere venduti solo nel paese in cui sono registrati, a causa dei differenti requisiti richiesti in ogni nazione e della preoccupazione riguardante il rilascio di microrganismi non indigeni. Può accadere che si facciano più volte le stesse valutazioni del rischio, con metodiche solo leggermente diverse. In questo campo, il supporto istituzionale diventa di assoluta importanza sia per lo sviluppo e l’esecuzione dei progetti che hanno come oggetto i BCA, che per esercitare pressione o per far approvare programmi legislativi e regolamentare l’uso dei BCA. In riferimento al nostro Paese, non è mai stato sviluppato un protocollo specifico e ad hoc per la registrazione degli agenti microbiologici (Rovesti & Lovati, 2000). • La difficoltà nell’uso I BCA devono essere facili da usare e convenienti dal punto di vista economico altrimenti non potranno mai raggiungere il mercato o essere usati dai produttori 38 agricoli. L’esperienza nel campo agrochimico, non è sufficiente per valutare un investimento e non è nemmeno semplice seguire i trend socio-economici come l’espansione delle aziende agricole biologiche, la crescente sensibilità pubblica verso i rischi per la salute e per l’inquinamento ambientale. Il tipo di formulazione e il materiale d’imballaggio deve essere simile a quello con cui il produttore è abituato. I distributori dovrebbero pensare a questi problemi allo stesso modo di come lo fanno per i prodotti tradizionali. Ad esempio, l’imballaggio dovrebbe essere fatto nelle stesse misure standard e tipi di contenitori simili a quelli dei comuni pesticidi. Anche il progresso in questo campo è lento soprattutto perché i produttori dei BCA sono spesso piccole-medie imprese che hanno risorse limitate per uno sviluppo e marketing completo dei prodotti. Un’azienda competitiva deve impegnare fondi per assicurarsi che il prodotto raggiunga il mercato e lo conquisti in modo stabile. Non è sufficiente limitarsi alla vendita, ma è necessario offrire assistenza e seguire il consumatore affinché il prodotto sia usato e applicato in modo corretto. • La scarsa efficacia Una delle maggiori limitazioni all’uso dei BCA è la scarsa efficacia osservata nel controllo quando l’agente viene utilizzato in serre di grandi dimensioni e/o in campo. Le analisi per le forme meglio documentate di controllo biologico mostrano che solo il 10% dei tentativi ha avuto successo e che questo tasso non è variato molto nell’ultimo secolo (Gelernter et al., 2000). Questo può derivare, come abbiamo già visto, da molte cause che riflettono la natura biologica di questi microrganismi di controllo. Essenzialmente l’organismo deve prima sopravvivere all’applicazione, poi stabilirsi nell’ambiente finché non ottiene il controllo del patogeno/parassita. In questo periodo il BCA deve sopravvivere ai cambiamenti climatici e all’azione dei microrganismi indigeni competitori. Spesso però, gli agenti di biocontrollo sono sviluppati e testati in vitro e quindi mal sopportano il nuovo ambiente e il tasso di fallimento può essere alto. 39 La risposta a tale problema è che i processi di selezione e sviluppo dei BCA vengano effettuati considerando l’ambiente in cui verranno introdotti. Devono quindi essere fatte più sperimentazioni in campo fin dagli stati iniziali di ricerca e sviluppo. È necessario trovare formulazioni che aumentino l’efficacia dei BCA proteggendoli contro l’essiccazione e le radiazioni ultraviolette e identificare mediante prove in campo le razze più virulente e antagoniste e nel contempo meno dannose per l’ambiente. • La competizione commerciale dei pesticidi Oggigiorno sono ancora troppo elevate le somme di denaro investite nella produzione di sostanze chimiche. Questo mercato è ancora fortemente appetibile per gli investitori grazie alle sue rendite soddisfacenti e sicure. È doveroso quindi ricordare quanto Hokkanen (1995) disse: “L’uso di pesticidi è promosso qualche volta sotto una gran pressione di vendita, senza rispetto del bisogno o delle possibili conseguenze e spesso ignorando l’ecologia dell’ecosistema che è spesso distrutta”. 1.9 Il futuro dei BCA Gli agenti di biocontrollo possono essere considerati secondo due ottiche: da un lato potrebbero essere visti come ideali e accettabili dal punto di vista ambientale e dovrebbero essere usati indipendentemente dai costi e dalla reale efficacia; dall’altro essi potrebbero essere considerati inefficaci, troppo costosi e inaffidabili. Lo sviluppo dei BCA dipende molto dalla percezione del bisogno, dal livello di incentivi per il loro sviluppo e dall’abilità delle compagnie produttrici di superare i limiti e i colli di bottiglia nella ricerca e sviluppo. Oltre a ciò deve essere trovato il modo per renderli più facili e pratici da usare. La riduzione dei costi di produzione di tali prodotti rimane però l’aspetto cruciale. Solo così gli agenti di difesa biologica possono diventare competitivi sul mercato. 40 Inoltre il futuro degli agenti di biocontrollo può dipendere molto dal modo in cui verranno posizionati sul mercato. Si possono intravedere tre possibilità. • La prima opzione è quella di sostituire completamente il mercato dei pesticidi chimici. Scegliendo tale via, dobbiamo preparaci a competere con i pesticidi di sintesi che sono stati usati fino ad oggi. Ciò implica che i BCA dovrebbero sradicare le infezioni latenti o comunque uccidere tutti i patogeni presenti. Tuttavia, ad esempio i lieviti, che non hanno un’azione sistemica e non possono coprire tutta la superficie del frutto, non offrono un controllo completo. • La seconda opzione è di immettere tali prodotti nella categoria dei naturali e biologici e offrire i prodotti ottenuti con tale metodo come prodotto a valore aggiunto. Purtroppo questo mercato è ancora molto ristretto e molto meno considerato rispetto a quello dei prodotti convenzionali. • La terza possibilità, la più interessante, è di usarli in combinazione con i pesticidi in un programma di lotta integrata, per ridurre e limitare l’uso di questi ultimi. Anche qui sono presenti delle difficoltà da superare. Infatti, i BCA si trovano a competere in termini di efficacia contro i prodotti convenzionali. Inoltre non c’è una differenziazione tra i prodotti agroalimentari così ottenuti da quelli ottenuti con la lotta integrata. A ciò si aggiunge la considerazione che, una volta che il prodotto è ottenuto in questo modo, sarà poi difficile identificarlo in una categoria specifica e distinguerlo da un normale prodotto proveniente dalla lotta integrata. In sintesi, come per tutte le tecniche, anche lo sviluppo e l’implementazione di programmi alternativi, come l’uso degli agenti di biocontrollo, per la protezione delle piante necessitano di tempo, investimenti e di ri-educazione. Affinché l’utilizzo dei BCA possa avvenire senza diseconomie e in condizioni competitive rispetto ai concorrenti, è essenziale che tale settore possa disporre di strutture agili ed efficienti in grado di fornire i servizi per farsi conoscere sul mercato globale: 41 ricerca e sperimentazione per un’innovazione e un miglioramento continui, assistenza tecnica agronomica e gestionale, consulenza per l’aggregazione e l’accesso alle informazioni da parte dei consumatori, formazione e informazione, promozione, facilitazioni per ricomposizioni e miglioramenti fondiari e una rete di servizi volta a facilitare i rapporti non solo con gli altri comparti della filiera, ma anche con gli altri settori produttivi. 42 2. LA FRAGOLA: DIFESA E MERCATO I PARTE: LA DIFESA 2.1 Le principali avversità della fragola Numerose sono le malattie della fragola presenti in Italia. Esse possono essere provocate da batteri, funghi e virus. Acari ed insetti possono provocare inoltre ingenti perdite di produzione. In seguito si elencheranno le principali avversità che interessano la coltura della fragola e i possibili mezzi di difesa e controllo dell’infezione verificatasi (Maas, 1998): • Batteriosi – Maculatura angolare (Xantomonas fargariae): è una malattia da quarantena che implica l’obbligo di distruzione del materiale infetto. Tale batteriosi è controllata agronomicamente attraverso la copertura con tunnel e l’impiego di prodotti rameici. • Funghi – Oidio (Sphaerotheca macularis): colpisce in modo specifico la fragola coltivata sotto tunnel. Infatti, esso rappresenta la principale malattia fungina delle colture sotto protezione. I frutti rimangono più chiari con i semi che sporgono dalla superficie, cioè i semi tendono a sollevarsi rispetto all’epidermide invece di rimanere infossati. La difesa dell’oidio si attua programmando una serie di trattamenti preventivi e non ci sono problemi se la malattia viene controllata adeguatamente nelle fasi iniziali. 43 – Botrite (Botrytis cinerea): è il principale problema della fragola senza copertura. In serra bastano elevati vapori di umidità associati a uno scarso ricambio d’aria. Un ottimo contenimento del fenomeno si ottiene grazie alla copertura dei tunnel con polietilene. La lotta chimica si attua con prodotti specifici. – Antracnosi (Colletothricum acutatum): è un fungo molto pericoloso perché attacca tutti gli organi della pianta. Un aspetto grave di tale malattia è rappresentato dal fatto che i sintomi sulla frutta si possono manifestare in post-raccolta con grave danno commerciale. Il sistema agronomico più efficace è la coltivazione della fragola sotto copertura antipioggia. – Marciume acquoso (Rhizopus nigricans): è un classico fungo dal comportamento parassitario nei riguardi dei tessuti del frutto. I danni in post-raccolta possono essere ingenti. Inoltre, molti principi attivi utilizzati contro altre avversità hanno un effetto collaterale contro questa malattia. – Rizoctonia (Rhizoctonia fragariae): tale malattia è molto diffusa: le piante colpite presentano uno sviluppo ridotto e un minor numero di foglie ed infiorescenze. Tale avversità è particolarmente temuta nella coltivazione fuori suolo della fragolina di bosco. – Marciume bruno (Phytophthora cactorum): il patogeno attacca in qualsiasi fase e la manifestazione di tale malattia è tipica della fragola di pieno campo quando i frutti toccano terra oppure nei fuori suolo quando i frutti vengono a contatto con la torba. – Vaiolatura (Micosphaerella fragariae): è una delle più comuni avversità della fragola. In caso di forti attacchi può indebolire la pianta e ridurre la produzione dell’anno seguente. Il danno è dato da un indebolimento progressivo della pianta e la riduzione della produzione. Generalmente non 44 sono necessari trattamenti specifici poiché tale malattia viene contenuta dalla normale difesa praticata nei fragoleti. Infatti per prevenire l’esplosione della malattia è sufficiente di solito il rinnovo frequente dell’impianto ed un’adeguata rotazione. – Maculatura bruna: questa malattia fungina non causa gravi danni. Le coperture con polietilene dei fragoleti evitando la bagnatura riducono la pericolosità. Generalmente non sono necessari trattamenti specifici poiché tale malattia viene contenuta dalla normale difesa praticata nei fragoleti. • Acari – Tarsonema (Tarsonemus pallidus): la presenza di tale acaro alla ripresa vegetativa fa assumere alla pianta un aspetto nanizzato. La difesa è molto difficoltosa, perché i prodotti autorizzati non esplicano una sufficiente efficacia. – Acaro rosso e giallo: tali acari sono uno dei problemi parassitari più gravi nella coltivazione della fragola sotto tunnel, dove trovano le condizioni ideali per insediarsi. Nel programmare la difesa acaricida è opportuno considerare che l’arma chimica spesso non sortisce gli effetti desiderati: gli acari sviluppano infatti facilmente forme di resistenza ai principi attivi impiegati. Strategico risulta invece creare un equilibrio all’interno del fragoleto con trattamenti insetticidi mirati e selettivi. • Insetti – Oziorrinco: questo insetto faceva danni spesso nei ristoppi di fragola in peno campo, nelle zone classiche della fragolicoltura. Con l’introduzione del fuori suolo in torba c’è stata una recrudescenza di questo parassita, che riesce a svilupparsi anche nutrendosi di radici morte o semplici filamenti di torba. 45 – Elateridi: è un classico parassita della fragola in pieno campo. Non risultano, comunque, essere un problema nella fragola fuori suolo. – Maggiolini: essi sono un problema nella coltura a pieno campo, mentre nel fuori solo la loro presenza è sporadica. – Moscerini della torba: questi sono venuti alla ribalta in seguito all’introduzione della coltura fuori suolo in torba. La difesa è possibile e di facile attuazione con insetticidi autorizzati che devono arrivare a contatto con la torba. Nella pratica odierna, il programma di difesa per la protezione della fragola prevede 12 trattamenti. È un numero, tuttavia, che varia a seconda sia delle condizioni ambientali della zona investita a fragola sia delle condizioni climatiche che si presentano nelle diverse fasi di sviluppo della pianta: dal trapianto alla postraccolta. Comunemente essi si basano sull’uso di sostanze chimiche quali il penconazole, azoxystrobin, fenarimol, miclobutanil e sostanze organiche quali lo zolfo. Il programma mira a controllare soprattutto l’oidio, la rizoctonia, la botrite e gli acari. 2.2 Tecniche di coltivazione La buona riuscita di un impianto di fragola è legata alla corretta gestione delle tecniche produttive, all’andamento climatico stagionale ed è condizionata in maniera decisiva dalla scelta del tipo di pianta. Al momento in Italia le tecniche più usate per la coltura della fragola sono due: fragola in suolo o fuori suolo. 2.2.1 Coltivazione in suolo o in pieno campo La coltivazione in pieno campo si basa sul trapianto di piante di fragola direttamente nel terreno. Essa non richiede particolari strutture e gli investimenti 46 iniziali necessari sono di molto inferiori a quelli necessari per la coltivazione fuori suolo. Il principale problema di questa tecnica è dato da un fenomeno noto come “stanchezza del terreno” provocato dalla lunga presenza e dal ripetere la coltivazione delle stessa coltura sullo stesso appezzamento. La fertilità risulta ridotta e la coltura è spesso infestata da parassiti animali e vegetali. Per evitare tale fenomeno bisognerebbe effettuare una rotazione colturale piuttosto lunga, almeno 6-7 anni e poi ritornare a produrre fragole. L’unica alternativa possibile è rappresentata dalla fumigazione: un procedimento utile per distruggere funghi e insetti dannosi mediante l’uso di gas biocida, come ad esempio il bromuro di metile. Tuttavia tale procedura ha forti impatti ambientali in termini di inquinamento e, il suo impiego è soggetto a forti limitazioni. 2.2.2 Coltivazione fuori suolo o programmata Se si includono le malattie e gli insetti precedentemente elencati, si può vedere come, rispetto a quella in suolo, la coltivazione della fragola fuori suolo rappresenta una tecnica agronomica totalmente innovativa. Questo metodo è stato importato dal Nord Europa e prevede lo sviluppo dell’apparato radicale delle piante di fragola in sacchi o vasi di torba situati in una vaschetta posta su dei tralicci, vale a dire, fuori suolo e bagnati da una soluzione fertirrigante. Il motivo dell’introduzione e sviluppo di questo metodo è stato quello di trovare un’alternativa, o meglio una risposta concreta al grave problema della stanchezza del terreno. Con questa tecnica la contaminazione di eventuali patogeni (botrite e marciumi del frutto), non può diffondersi come invece avviene nelle colture tradizionali in suolo. Uno dei maggiori vantaggi è quello di poter programmare le produzioni e quindi di poter scegliere di produrre fragole in modo anticipato o posticipato rispetto alla stagione naturale, permettendo all’agricoltore una buona remunerazione, in quanto si hanno prezzi migliori sui mercati. Essa consente, mettendo a dimora piante già parzialmente sviluppate (ingrossate), di avere la prima produzione di frutti dopo 50 – 60 giorni dopo il trapianto. Un altro vantaggio associato è la brevità del ciclo che permette di realizzare due cicli di 47 produzioni annuali. La realizzazione del doppio ciclo dipende tuttavia dalle condizioni ambientali in cui si opera. Un altro beneficio che tale tecnica consente è l’alta resa per unità di superficie. In Italia, tale tecnica si sta diffondendo principalmente al nord. La superficie nazionale investita in coltura protetta è stabile ed è attualmente pari al 77% del totale (Tabella 1). Per contro, questo tipo di coltura presenta delle nuove problematiche rispetto alle colture tradizionali. Le strutture di copertura e di sostegno dei sacchi e dell’impianto di fertirrigazione hanno costi molto elevati. La scelta del tipo di substrato, dell’acqua irrigua da usare; la composizione della sostanza nutritiva ed il suo smaltimento o eventuale riciclaggio ed infine il tipo di pianta e la data del trapianto possono portare problemi, in quanto una scelta sbagliata potrebbe provocare ingenti perdite per l'agricoltore. Inoltre, tale tecnica è favorisce, a causa del caldo secco che si crea all’interno del tunnel, l’insorgenza di oidio e acari (Molinari & Vinante, 2001). I trattamenti chimici nei confronti dell’oidio fino ad ora utilizzati, sono necessari per contenere tale malattia fungina. Tuttavia, essi lasciano dei residui nel prodotto finale: come ad esempio l’azoxystrobin. Con l’utilizzo dei nuovi mezzi di difesa, come l’uso degli agenti di biocontrollo, si vuole andare ad eliminare il rischio di presenza di residui di principi attivi chimici superiori alle soglie di legge. Nell’ultimo decennio, i progressi compiuti nelle tecniche di coltivazione, come il passaggio dalla coltivazione in suolo a quella fuori suolo, e di gestione fitosanitaria della fragola, hanno consentito di migliorare l’efficienza degli impianti e di ridurre sensibilmente l’impatto ambientale, limitando i trattamenti e le quantità applicabili di principio attivo, la distribuzione e la degradazione del prodotto fitosanitario. Questo grazie anche alla disponibilità di nuovi fitofarmaci a minor tossicità ed alle sperimentazioni condotte che hanno permesso di trasferire delle innovazioni interessanti nella pratica. 48 2. LA FRAGOLA: DIFESA E MERCATO II PARTE: IL MERCATO 2.3 Il mercato mondiale della fragola Il mercato mondiale della fragola può essere stimato sulla base delle statistiche fornite dalla FAO (Tabella 1), guadando alle produzioni coinvolte e alle superfici investite a fragola. Secondo la FAO tra il 1997-2003 il trend della superficie coltivata a fragola è stato in netta crescita, salendo dai 208.000 ettari nel 1997 ai circa 230.000 nel 2001, registrando un netto decremento solo nel 2002 (Macchi, 2004). Il trend della produzione mondiale è stato, invece, in progressivo aumento fino al 2002, subendo un calo del 2.5% circa nel 2003. Nella graduatoria mondiale dei Paesi produttori del 2003, gli Stati Uniti si confermano al primo posto con oltre 830.000 tonnellate di fragole prodotte, pari al 25% del totale, seguito dalla Spagna con 260.000 tonnellate (10% della produzione mondiale), che si conferma al primo posto come produttore europeo di fragole. Al terzo posto troviamo la Corea (209.000 t) seguita dal Giappone, dalla Polonia e dall’Italia che si colloca quindi al 6° posto con una produzione annua in notevole aumento. Tra i Paesi emergenti si conferma un buon trend di crescita in Marocco ed in Egitto sia in termini di superficie che di produzione. In generale i principali Paesi produttori mostrano elevate rese. Unica eccezione è rappresentata dalla Polonia che, nonostante abbia una superficie investita pari a più del doppio rispetto a quella degli USA, produce circa un quinto della produzione statunitense. 49 Tabella 1: Principali Paesi produttori di fragole e relative quantità prodotte (in tonnellate) tonnellate rango Anno 1999 2000 2001 2002 2003 % sul totale (media 99-03) 1 Stati Uniti 831.258 862.828 749.520 893.670 835.300 26% 2 Spagna 377.527 343.105 326.000 328.700 262.500 10% 3 Korea 152.481 180.501 202.966 209.938 209.938 6% 4 Giappone 203.100 205.300 208.600 210.500 208.000 6% 5 Polonia 178.211 171.314 242.118 154.830 160.000 6% 6 Italia 185.852 195.661 184.314 150.890 7 Messico 137.736 141.130 130.688 142.245 150.261 4% 115.000 129.000 125.000 130.000 145.000 4% Turchia 129.000 130.000 117.000 120.000 120.000 4% Germania 109.194 104.279 110.130 110.000 110.000 3% Altri 739.703 812.226 782.416 798.067 805.541 25% Totale 3.159.062 3.274.341 3.178.752 3.248.840 3.165.314 100% 8 9 10 Federazione Russa 158.774 5% Fonte: FAO, CSO – www.csoservizi.com 2.3.1 Il commercio estero: esportazioni ed importazioni In base alle statistiche commerciali sempre fornite dalla FAO (Tabella 2), il volume totale delle esportazioni mondiali di fragole fresche tra il 1997 e il 2002 si è aggirato mediamente tra le 460.000 e le 520.000 tonnellate evidenziando un trend costante o in lieve aumento (Macchi, 2004). La Spagna risulta essere il principale esportatore mondiale con quasi 200.000 tonnellate medie, pari a circa il 40% dei volumi esportati. Seguono a distanza gli Stati Uniti che tendono, comunque, a potenziare progressivamente la loro presenza sui mercati. Messico e Belgio si confermano al terzo e quarto posto con quote che sfiorano il 7%. Mentre l’Italia, che fino alla fine degli anni Novanta, si posizionava al secondo posto nella classifica, ha progressivamente diminuito la propria quota fino a collocarsi al quinto posto con il 6% del totale. Guardando invece alle importazioni (Tabella 3), il primo paese importatore a livello mondiale è la Germania con circa 111.000 tonnellate di prodotto importato 50 pari al 23% del totale. Seguono la Francia, Canada, Stati Uniti, Regno Unito, Italia, Belgio e Austria. Tabella 2: Esportazioni mondiali di fragole Dati tonnellate rango 1998 1999 2000 2001 2002 208.765 214.171 195.336 212.081 184.668 1 Spagna 2 Stati Uniti 50.343 57.500 63.095 58.554 71.719 3 Messico 26.693 44.918 35.049 30.910 37.419 4 Belgio 32.338 36.302 39.553 32.572 34.145 5 Italia 52.383 45.666 36.119 32.975 27.291 6 Francia 13.839 16.243 27.749 18.683 21.933 7 Indonesia 0 38 5 115 24.801 8 Marocco 9.293 16.396 21.701 17.824 21.751 9 Polonia 17.818 24.437 10.888 62.481 16.506 10 Olanda 10.828 14.890 17.096 12.542 12.846 Totale 461.502 505.967 468.935 516.186 485.288 1998 1999 2000 2001 2002 141.299 133.650 125.259 143.336 111.297 Fonte: FAO Tabella 3: Importazioni mondiali di fragole Dati tonnellate rango 1 Germania 2 Francia 70.687 80.987 88.506 82.293 91.169 3 Canada 37.488 45.678 50.135 45.524 56.551 4 Stati Uniti 26.376 43.001 34.580 32.061 40.791 5 Regno Unito 36.316 23.512 29.047 28.493 36.657 6 Italia 16.627 22.643 26.872 22.750 24.166 7 Belgio 21.278 24.729 24.295 26.033 21.987 8 Austria 27.499 23.336 18.870 22.173 17.615 9 Messico 3.894 5.436 10.913 9.630 13.745 10 Olanda 16.798 16.397 14.058 12.086 13.001 Totale 448.570 479.766 482.795 490.745 493.797 Fonte: FAO 51 2.4 La coltura della fragola in Italia In Italia questa coltura interessa una superficie pari a circa 6.000 ettari, da cui si ottiene una produzione superiore alle 130.000 tonnellate. Il primato produttivo spetta alla Campania, da dove proviene il 32% del raccolto nazionale; seguono Emilia-Romagna (15%), Basilicata (15%), Veneto (12%), Piemonte (10%) e Lazio (7%). Come abbiamo visto, anche nel nostro Paese, già da alcuni anni si sta registrando un progressivo ridimensionamento di tale coltura, la cui superficie si è ridotta dai 5.000 ettari del 1999 ai 4.000 ha nel 2003 e ai 3.900 ha nel 2004. Anche se tutte le principali zone di produzione hanno concorso alla flessione, Piemonte, Emilia-Romagna e Basilicata continuano a segnare variazioni negative di oltre il 10% annuo. Si nota invece una certa stabilità in Trentino-AltoAdige e un incremento in Calabria (più 7%). 2.4.1 Esportazioni e importazioni delle fragole italiane Dalle statistiche fornite dall’Istat (Tabella 4), si nota, in linea con l’andamento produttivo, un trend negativo delle esportazioni scendendo dalle 55.000 tonnellate del 1997 alle 27.000 t del 2002 e alle 22.000 t nel 2003 con una flessione addirittura pari al 60%. La maggior parte del prodotto italiano esportato è concentrato verso pochi Paesi Europei ma con quote in continua flessione (87% nel 1997 contro un 75% nel 2002). Il principale acquirente delle fragole italiane è la Germania che negli ultimi anni ha però diminuito la propria quota (di circa un 30% rispetto alla fine degli anni Novanta) a causa sia della concorrenza esercitata dai Paesi vicini che per l’aumento del prodotto interno. La restante parte dell’export italiano (30% circa) è rivolta principalmente verso Austria e Svizzera. Le importazioni italiane (Tabella 5) invece nello stesso periodo sono aumentate del 70% e provengono per il 60% dalla Spagna, seguita dalla Francia con poco meno del 30%. Le importazioni dal Nord Africa, che si prospettavano in sensibile aumento, non sono aumentate. 52 Negli ultimi anni quindi si sono verificati veloci mutamenti che hanno portato il saldo commerciale delle fragole, tradizionalmente positivo, ad attenuarsi sempre più fino a diventare addirittura negativo nel 2003. L’importanza della fragolicoltura rimane comunque evidente se si confrontano i volumi esportati e importati con i valori monetari in gioco (Macchi, 2004). Il valore complessivo delle esportazioni, viste le contrazioni avvenute, è andato progressivamente diminuendo passando da 86 milioni di euro nel 1997 a 41 nel 2003 con una contrazione pari al 50% circa. Il prezzo medio d’esportazione, nello stesso periodo, è perciò passato da 1,57 €/Kg nel 1997 ai 1,85 €/Kg nel 2003. Il valore delle importazioni ha registrato invece un aumento da 22 a 41milioni di euro. Il prezzo medio d’importazione è sceso nel periodo 1997-2001 e poi ed è risalito fino a toccare 1,75 €/Kg nel 2003 (Macchi E., 2004). Tabella 4: Esportazioni in Italia per paese di destinazione (%) 100% 4% 3% 3% 3% 90% 10% 11% 13% 13% 80% 10% 70% 12% 11% 17% 5% 5% 21% 20% 14% 14% 9% 10% 13% 12% 15% 15% 60% (%) 3% 15% 11% 50% 14% 40% 30% 65% 62% 61% 58% 52% 50% 2001 2002 20% 47% 10% 0% 1997 Germania 1998 Austria 1999 2000 Altri Unione Europea Svizzera Altri Europa Extra UE Fonte: Elaborazioni CSO su dati Instat, CSO – www.csoservizi.com 53 2003 Altri paesi Tabella 5: Importazioni in Italia per paese d'origine (%) 100% 1% 90% 8% 80% 12% 1% 8% 19% 2% 5% 3% 4% 27% 28% 63% 63% 4% 3% 4% 3% 3% 4% 27% 27% 62% 62% 20% 70% (%) 60% 50% 40% 75% 70% 70% 30% 20% 10% 0% 1997 Spagna 1998 Francia 1999 Paesi Bassi 2000 Germania 2001 Altri Unione Europea 2002 Nord Africa 2003 Altri paesi Fonte: Elaborazioni CSO su dati Instat, CSO – www.csoservizi.com 2.4.2 Consumi italiani delle fragole I consumi domestici delle fragole, visti come acquisti effettuati da parte del consumatore finale e non dagli agenti intermedi come la ristorazione e dai piccoli trasformatori, rappresentano il 2% della spesa totale dell’ortofrutta. A differenza del consumo degli altri ortofrutticoli, che negli ultimi anni ha subito una recessione del 10% (Testoni & Lovati, 2004), la dimensione del mercato al dettaglio delle fragole, in Italia, è andato progressivamente espandendosi. Nel periodo 2000-2003 si è evidenziato un aumento del 19% e il consumo ha raggiunto la quota delle 72.000 tonnellate portando così il consumo medio per famiglia da 12,4 kg nel 2000 a 15,9 kg nel 2003. Oltre l’80% del prodotto viene acquistato nei supermercati da aprile a giugno con tendenza ad aumentare tra maggio e giugno. Un ulteriore 13% è acquistato tra luglio e settembre mentre nei mesi autunnali e invernali il consumo si riduce notevolmente (Testoni & Lovati, 2004). Tale concentrazione di consumi è in 54 relazione sia all’elevata disponibilità di prodotto con buone caratteristiche organolettiche presente sul mercato nei mesi primaverili e sia ai prezzi più contenuti con i quali viene offerto al consumatore. I prezzi raggiungono valori minimi tra aprile e agosto, mentre sono molto più elevati nei mesi invernali dove possono risultare addirittura raddoppiati. Il consumo di fragole, nel nostro Paese, avviene soprattutto nel Nord dove viene acquistato circa il 50% del totale. Seguono il Sud e le isole con oltre il 30% e il Centro che ha una quota d’acquisto pari al 20% circa. In riferimento al livello dei prezzi al consumatore nel periodo 1999 – 2003, è netto il suo progressivo aumento (10% in più tra il 1999 e il 2000, un ulteriore 7% tra il 2001 e il 2002 e ancora un incremento del 10% tra il 2002 e 2003) attestandosi su un prezzo medio annuo di 3,2 euro al chilo (Macchi, 2004). 2.4.3 La redditività di tale comparto In Italia, la coltura della fragola si dimostra essere interessante e proficua dal punto di vista economico. A questo riguardo, il Centro Servizi Ortofrutticoli (CSO) di Ferrara, in collaborazione con il Dipartimento di Economia e Ingegneria agrarie dell'Università di Bologna, ha effettuato una ricerca tecnico-economica con lo scopo di quantificare i costi di produzione e la redditività delle fragole non solo in Italia, ma anche in Spagna, Germania e Francia. L'indagine ha evidenziato risultati positivi a livello di profitto per tutte le aree prese in esame, pur con differenziazioni a volte sostanziali, tra le diverse aree. In Spagna la fragola fornisce all'imprenditore agricolo un profitto pari a 4.300 €/ha, mentre in Francia di 12.870 €/ha e in Germania 456 €/ha (CSO, 2004). In Italia, essa offre un margine di redditività maggiore rispetto a molti dei paesi concorrenti come ad esempio la Germania o la Spagna. Il profitto medio per ettaro si aggira attorno ai 10.731 €/ha, variando dai 7.272 €/ha per la coltura in pieno campo di Forlì-Cesena, ai 14.191 €/ha per la fragola coltivata sotto tunnel in provincia di Salerno. Questo risultato è ottenuto soprattutto grazie alle elevate rese 55 per ettaro, ottenute con un’alta specializzazione della tecnica colturale, e grazie al maggior livello qualitativo (Borghi S., 2004). 2.5 La fragolicoltura in Trentino La fragolicoltura negli ambienti di montagna delle regioni settentrionali italiane attualmente rappresenta solo poco più del 10% del totale delle superfici investita a fragola. Ed è quasi tutta concentrata in Piemonte e in Trentino-Alto Adige. La produzione trentina si attesta all’incirca sulle 3.500 tonnellate nel 2002 (Tabella 6), rappresentando a livello nazionale l’1,7%. L’andamento della produzione, come si deduce dalla tabella, ha registrato un deciso incremento con un 40% di produzione in più rispetto al 2001. Tabella 6: Produzione di fragole in Trentino nel periodo 1998-2002 Fragola 1998(q) 1999(q) 2000(ha) 2000(q) 2001(ha) 2001(q) 2002(ha) 2002(q) 20.150 25.940 123 29.360 108 25.000 125 35.000 Fonte: Rapporto agricoltura 2002 pag. 86 Nell’intera regione la superficie investita a fragola si aggira attorno ai 280 ettari ed è principalmente concentrata in Valsugana e nell’Altopiano di Pinè, ad altitudini variabili tra i 400 e i 1.200 metri. Gli impianti localizzati alle altitudini più basse (Valsugana a 4-5.000 metri s.l.m. sono generalmente finalizzati ad un doppio ciclo di produzione autunnale–estiva utilizzando la stessa pianta (di tipo tradizionale: A, A+). Le piante vengono trapiantate in agosto per una produzione autunnale, poi le stesse, vengono pulite e messe a dimora durante l’inverno, cioè vengono fatte svernare, o in campagna o in una cella frigo. La primavera successiva si effettuerà il trapianto di queste piante che forniranno, di fatto, una seconda produzione a partire dalla fine di maggio. Invece per gli impianti realizzati a quote più elevate come sull’Altopiano di Pinè è adottata la cosiddetta tecnica della coltura programmata a ciclo unico o monociclo. Essa prevede la programmazione di trapianti “ a scalare” di piante fatte ingrossare in vivaio 56 nell’autunno precedente (Trayplant o GWB) da fine aprile a fine luglio. La produzione di fragole avverrà quindi progressivamente (dal trapianto alla raccolta passano 60 giorni) durante tutto il periodo estivo. Entrambe le coltivazioni sono realizzate principalmente in fuori suolo (90% della superficie trentina) con varietà unifere. Di queste, la più importante è la varietà “Elsanta” con quasi il 90% di presenza, seguita dalla “Marmolada” che si è dimostrata particolarmente adatta al clima trentino e alla tecnica colturale del fuori suolo (Molinari & Vinante, 2001). In Trentino, infatti, la tecnica del fuori suolo, in grado di programmare la produzione, ha quasi completamente sostituito le tradizionali colture di varietà rifiorenti che fornivano frutti di bassa qualità (Tabella 7 & Grafico 1), soprattutto in concomitanza degli innalzamenti termici estivi e non erano in grado di fronteggiare la concorrenza dei frutti della varietà provenienti dalle colture fuori suolo del Nord Europa. Inoltre questo progressivo passaggio dalla fragola in pieno campo alla coltivazione in fuori suolo è stato provocato dal divieto di usare il bromuro di metile (Molinari & Vinante, 2001). Tabella 7: Superfici (ha) coltivate a fragola in tunnel e in pieno campo nel quadriennio 1999-2002 in Trentino Coltura protetta Trentino AltoAdige Totale Italia % Pieno campo Totale 1999 2000 2001 2002 1999 2000 2001 2002 1999 2000 2001 2002 85 85 130 133 60 65 104 107 145 150 234 240 3.443 3.279 3.072 3.159 1.484 1.430 1.347 1.097 4.927 4.709 4.419 4.254 2,5 2,6 4,2 4,2 4,0 4,5 7,7 9,8 2,9 3,2 5,3 5,6 Fonte: Cso – Ferrara 57 Grafico 1: Superfici (ha) coltivate a fragola in tunnel e in pieno campo nel quadriennio 1999-2002 in Trentino 600 superfici (ha) 500 400 Totale 300 Coltura in pieno campo 200 Coltura fuori suolo 100 0 1999 2000 anno 2001 2002 Fonte: nostra elaborazione 2.5.1 I mercati di sbocco della fragola trentina Anche se le superfici investite a fragola sono limitate, l’importanza a livello commerciale è notevole in quanto i produttori trentini, finalizzando le produzioni al periodo estivo, hanno fatto in modo che, proprio da questi ambienti, arrivassero sul mercato le uniche produzioni nel periodo estivo-autunnale, dalla prima decade di giugno fino alla prima decade di ottobre. Grazie a questa caratteristica e all’espansione della tecnica del fuori suolo, il prodotto trentino ha potuto affermarsi su molti mercati nazionali ed anche europei. Analizzando i mercati si osserva che circa il 65-70% della produzione trentina si colloca nel Nord Italia, il 17-20% nel Centro Italia, il 2-3% nel Sud Italia e il 10% all’estero prevalentemente in Germania e, in misura marginale, in Austria e Svezia (Rapporto agricoltura, 2002). 58 2.5.2 Analisi dei costi di produzione e della redditività del settore delle fragole in Trentino Visto l’interessante profitto ottenuto in Italia, abbiamo voluto verificare quale fosse il margine di redditività nella Provincia di Trento. Come nostro riferimento, abbiamo preso un’azienda media di 1.000 m² di fragole coltivate in fuori suolo e a ciclo unico. La metodologia usata è stata di consultare alcune riviste tecniche del settore e di intervistare alcuni tecnici (6) sia privati sia appartenenti alla cooperativa APASO ed al Centro di Assistenza Tecnica (C.A.T.) dell’Istituto Agrario di San Michele a/A e alcune aziende di fragole situate nell’Altopiano di Pinè, riguardo ai costi dei materiali usati e alle ore necessarie per gestire, secondo una normale pratica agricola, un impianto di fragole di 1.000 m². La ricerca è stata particolarmente difficile e così pure la raccolta dei dati, soprattutto quelli riguardanti le ore necessarie. La ragione è facilmente intuibile. Essendo quello dell’agricoltore un lavoro autonomo, le ore dedicate alla normale gestione non vengono conteggiate. Abbiamo quindi analizzato ogni singola attività e cercato di capire quante ore fossero necessarie per compierla. Di grande aiuto sono stati i tecnici e quegli agricoltori che, non riuscendo a svolgere tutto il lavoro da soli, hanno assunto dei dipendenti. In questo modo si è potuto risalire alle ore effettuate. Il primo passo della nostra analisi è stato quello di calcolare i costi necessari per gestire tale impianto in un anno. Raccolti i dati e dopo aver fatto la media, abbiamo costruito, usando il programma Excel di Windows, delle tabelle che ci hanno permesso di ottenere il costo medio totale della nostra azienda di riferimento. Prima di tutto abbiamo dovuto quantificare i costi fissi necessari all’avviamento di un’azienda di 1.000 m² di fragole coltivate fuori suolo (Tabella 8). Ipotizzando che il terreno sia di proprietà dell’agricoltore, i costi fissi comprendono il costo per la sistemazione del terreno e il costo della struttura. La struttura si compone in: tunnel antipioggia, reti antigrandine, teli per la copertura, tralicci e vari supporti l’impianto di fertirrigazione all’interno del tunnel. Il totale di tali costi ammonta a circa 8.120 €/ 1.000 m²)(Tabella 1). 59 Tabella 8: Il valore degli investimenti iniziali necessari per avviare la produzione fuori suolo e sotto tunnel di fragole su 1.000 m² in Trentino COMPONENTE CARATTERISTICHE Tunnel Sistemaz. Terreno Reti anti-grandine Telo copertura microsprinkler Traliccio/Supporti Centrale idrica TOTALE Fonte: nostra elaborazione €/mq tunnel tipo antipioggia leggero ( Laser, squadratura, picchettatura max ombreggiante 30% polietilene additivato spessore 0,20 €/1000mq 2,31 0,50 0,30 0,44 0,10 2,47 2,00 Sospese in Ferro dosatori, vasche, etc. 2.310 500 300 440 100 2.470 2.000 8.120 Incluse nei costi fissi, sono anche le vaschette in cui verranno trapiantate le piante di fragola. Sia la struttura che le vaschette possono essere viste come un investimento iniziale e quindi ammortizzabili in un periodo di tempo rispettivamente di 10 e cinque anni. Per la determinazione annuale dei costi (Tabella 10), sarebbe uno sbaglio conteggiare l’importo totale che ci porterebbe ad una stima sbagliata della reale redditività. Nel nostro calcolo, abbiamo perciò usato le quote annuali. Dopodiché sono stati misurati i costi variabili come gli antiparassitari, le piante di fragola, il fabbisogno idrico, le sostanze nutritive necessarie per la fertirrigazione, le spese generali e i contributi e tasse che l’agricoltore deve pagare. Infine sono state inseriti i costi del lavoro necessario per compiere le normali attività per la gestione e manutenzione dell’impianto quali: preparare la serra e coprirla con il nylon, trapiantare le piantine di fragola nelle vaschette precedentemente riempite di torba, separare gli steli, pulire gli stoloni che porteranno il frutto, sfalciare l’erba, effettuare i trattamenti, svuotare le vaschette a fine ciclo e infine togliere il nylon. Dal conteggio delle ore di lavoro sono escluse quelle dedicate al controllo e quelle necessarie alla raccolta. Le prime in quanto difficili da stimare a causa della loro dipendenza dalla discrezionalità dell’agricoltore. Le seconde perché dipendono sia dalla produzione annuale delle piante che può variare tra lo zero e i 500 grammi per pianta e sia dalla resa oraria, cioè la quantità di fragole raccolte in un’ora (Kg/h). 60 Dalla somma di entrambi i costi, fissi e variabili, e relativi al lavoro deriva il costo totale per la gestione di un impianto simile: circa 10.900 euro/1.000 m². Il passo successivo è stato quello di calcolare il ricavo, moltiplicando il prezzo al chilo (P/Kg) liquidato al produttore per i grammi ottenuti per pianta (g/pianta) per il numero di piante presenti nell’impianto (9.000p/1.000 m²). Sono state ipotizzate più soluzioni variando sia il prezzo al produttore che la produzione per pianta. Ad esempio, se il prezzo liquidato al produttore è pari a 4,5 €/kg e la resa produttiva per pianta è di circa 3,5 etti, il ricavo per 1.000 m² sarà pari a 14.175 euro (Tabella 9). Al ricavo ottenuto è stato sottratto, quindi, il costo complessivo, 10.900 €/1.000 m² e il costo delle ore necessarie per la raccolta. Secondo gli intervistati la resa oraria media di raccolta è pari a circa 15 kg/h, ma essa può variare notevolmente e raggiungere anche i 25 kg/h. Riprendendo il nostro esempio, la produzione annuale sarà data da 350 g/pianta per 9.000 vale a dire 3.150 kg/1.000 m². Per raccogliere tale produzione saranno necessarie perciò 210 ore. Se il costo orario per la raccolta è pari a 6.50 €/h, il costo complessivo della raccolta sarà pari a 1.365 €/1.000 m². Il profitto ottenuto sarà perciò di 1914 €/1.000 m² circa. Tabella 9: Esempio di come viene calcolato il guadagno nella Tabella 9 g/pianta Ricavo/1000m2 Ricavokg/1000m2 Ore costo/1000m2 raccolta/1000m2 * 350 14.175 3.278,6 3.150,0 210,0 Euro*h/1000m2 Ricavo-costocosto raccolta/1000m2 1.365,0 1.913,6 * nel nostro esempio si calcolano 15 kg di fragole raccolte in un'ora Sintetizzando tale procedimento in un’unica formula e mantenendo fisso il valore della resa oraria (15 kg/h), abbiamo creato un quadro comprensivo di diversi scenari (Tabella 11). Se, come nel nostro esempio, il produttore riceve 4,5 €/kg, egli avrà un ottimo profitto, che se comparato con quelli ottenuti mediamente in Italia e negli altri Paesi Europei, dimostra quanto sia proficua tale coltura nella nostra zona. Se, invece, il prezzo medio liquidato al produttore è pari a 3 €/kg, la maggior parte dei fragolicoltori trentini subiranno delle forti perdite. Caso purtroppo che si è 61 verificato nel 2004 a causa delle condizioni climatiche primaverili particolarmente sfavorevoli a tale coltura. Infatti il ritardo di raccolta verificatosi, ha permesso alle produzioni di altri Paesi, come la Germania, Svizzera e Slovenia di arrivare sul mercato quando in Italia era ancora in atto la fase di raccolta. In aggiunta, la stagione fresca ha permesso alla Spagna di rimanere sul mercato con un prodotto accettabile. I prezzi, quindi, sono andati progressivamente diminuendo quando ancora doveva arrivare sul mercato il 25-30% della produzione. 62 Tabella 10: Il costo necessario per la coltivazione della fragola in un impianto fuori suolo e a ciclo unico Costi di coltivazione per un impianto di fragole coltivate fuori suolo a ciclo unico Euro /1000M² Struttura (amm. 10 anni) (serre; tralicci; impianto irrigazione, ecc.) 812 Vaschetta (amm. 5 anni) 390,00 Torba (0,06*18.000 litri) 1080 Trattamenti di difesa (12) 38.41 Fertirrigazione ( 6 vasche a 50 euro l’una) 300,00 Irrigazione 180 €/pianta N° 0,31 4500 0,19 4500 Piante GWB A+ 1395,00 855,00 Spese generali (trattore, gasolio, luce, e varie) 1760 Imposte, tasse e contributi 2500 TOTALE MATERIALE / 1.000 M² Manodopera * (Euro 6,50 / ora) 9310.41 ore / 1.000 M2 preparazione serre trapianto taglio erba separare steli pulizia stoloni manutazione e diverse svuotamento mettere e togliere la copertura trattamenti 32 65 10 25 10 20 30 40 12 208,00 422,50 65,00 162,50 65,00 130,00 195,00 260,00 78,00 * escluso il controllo effettuato costantemente dall'agricoltore TOTALE MANODOPERA / 1.000 M² TOTALE COSTI/ 1.000 M² 63 1586,00 10896,41 Produzione / pianta (grammi) Tabella 11: Valori dei possibili guadagni di un produttore di Elsanta in fuori suolo, sotto tunnel e a ciclo unico. Costi /1000 M2 (escl raccolta) Netto risultato / M2 con vari prezzi e varie produzione (monociclo) N° di piante / 1.000 M² Prezzo (Euro) al kilo liquidato al produttore g/pianta 2,4 2,5 2,6 2,8 3,0 3,1 3,5 3,7 4,0 4,5 5,0 -8241,4 -8106,4 -7971,4 -7701,4 -7431,4 -7296,4 -6756,4 -6486,4 -6081,4 -5406,4 -4731,4 150 -8064,4 -7920,4 -7776,4 -7488,4 -7200,4 -7056,4 -6480,4 -6192,4 -5760,4 -5040,4 -4320,4 160 -7887,4 -7734,4 -7581,4 -7275,4 -6969,4 -6816,4 -6204,4 -5898,4 -5439,4 -4674,4 -3909,4 170 -7710,4 -7548,4 -7386,4 -7062,4 -6738,4 -6576,4 -5928,4 -5604,4 -5118,4 -4308,4 -3498,4 180 -7533,4 -7362,4 -7191,4 -6849,4 -6507,4 -6336,4 -5652,4 -5310,4 -4797,4 -3942,4 -3087,4 190 -7356,4 -7176,4 -6996,4 -6636,4 -6276,4 -6096,4 -5376,4 -5016,4 -4476,4 -3576,4 -2676,4 200 -7179,4 -6990,4 -6801,4 -6423,4 -6045,4 -5856,4 -5100,4 -4722,4 -4155,4 -3210,4 -2265,4 210 -6825,4 -6618,4 -6411,4 -5997,4 -5583,4 -5376,4 -4548,4 -4134,4 -3513,4 -2478,4 -1443,4 230 -6648,4 -6432,4 -6216,4 -5784,4 -5352,4 -5136,4 -4272,4 -3840,4 -3192,4 -2112,4 -1032,4 240 -6471,4 -6246,4 -6021,4 -5571,4 -5121,4 -4896,4 -3996,4 -3546,4 -2871,4 -1746,4 -621,4 250 -6294,4 -6060,4 -5826,4 -5358,4 -4890,4 -4656,4 -3720,4 -3252,4 -2550,4 -1380,4 -210,4 260 -6117,4 -5874,4 -5631,4 -5145,4 -4659,4 -4416,4 -3444,4 -2958,4 -2229,4 -1014,4 200,6 270 -5940,4 -5688,4 -5436,4 -4932,4 -4428,4 -4176,4 -3168,4 -2664,4 -1908,4 -648,4 611,6 280 -5763,4 -5502,4 -5241,4 -4719,4 -4197,4 -3936,4 -2892,4 -2370,4 -1587,4 -282,4 1022,6 290 -5586,4 -5316,4 -5046,4 -4506,4 -3966,4 -3696,4 -2616,4 -2076,4 -1266,4 83,6 1433,6 300 -5409,4 -5130,4 -4851,4 -4293,4 -3735,4 -3456,4 -2340,4 -1782,4 -945,4 449,6 1844,6 310 -5232,4 -4944,4 -4656,4 -4080,4 -3504,4 -3216,4 -2064,4 -1488,4 -624,4 815,6 2255,6 320 -5055,4 -4758,4 -4461,4 -3867,4 -3273,4 -2976,4 -1788,4 -1194,4 -303,4 1181,6 2666,6 330 -4878,4 -4572,4 -4266,4 -3654,4 -3042,4 -2736,4 -1512,4 -900,4 17,6 1547,6 3077,6 340 -4701,4 -4386,4 -4071,4 -3441,4 -2811,4 -2496,4 -1236,4 -606,4 338,6 1913,6 3488,6 350 -4524,4 -4200,4 -3876,4 -3228,4 -2580,4 -2256,4 -960,4 -312,4 659,6 2279,6 3899,6 360 -4347,4 -4014,4 -3681,4 -3015,4 -2349,4 -2016,4 -684,4 -18,4 980,6 2645,6 4310,6 370 -4170,4 -3828,4 -3486,4 -2802,4 -2118,4 -1776,4 -408,4 275,6 1301,6 3011,6 4721,6 380 -3993,4 -3642,4 -3291,4 -2589,4 -1887,4 -1536,4 -132,4 569,6 1622,6 3377,6 5132,6 390 -3816,4 -3456,4 -3096,4 -2376,4 -1656,4 -1296,4 143,6 863,6 1943,6 3743,6 5543,6 400 -2931,4 -2526,4 -2121,4 -1311,4 -501,4 -96,4 1523,6 2333,6 3548,6 5573,6 7598,6 450 64 10.896,41 9.000,00 reso orario raccolta (kg) 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 15,0 2.5.3 La difesa in provincia di Trento Nella provincia di Trento, simultaneamente a quanto avviene in Europa, si assiste ad un crescente interesse verso forme di agricoltura orientata a produzioni di elevata qualità, ridotto impatto ambientale e non lascino la presenza di residui nel prodotto al momento della raccolta. La legge regola gli aspetti più importanti in materia di utilizzo dei prodotti antiparassitari. L’Ufficio Fitosanitario della Provincia di Trento applica le direttive comunitarie a carattere fitosanitario, recepite nell’ordinamento nazionale, ed agisce in coordinamento con il Servizio Fitosanitario Centrale presente presso il Ministero dell’Agricoltura. In provincia di Trento, già a partire dal 1989, gli stessi produttori agricoli, organizzati in strutture associative, hanno sottoscritto dei protocolli di autodisciplina che riassumono un complesso di norme tecniche ed agronomiche che consentono di ottenere produzioni di alta qualità, nel rispetto dell’ambiente e a salvaguardia della salute di chi produce e di chi consuma il prodotto. Inoltre, in attuazione del D.P.R. 290 del 23 aprile 2001, è entrato in vigore l’obbligo, per tutti gli agricoltori e per tutte le colture, di tenere una regolare compilazione di un registro, detto “quaderno di campagna”, in cui vengono registrati i trattamenti effettuati e l’avversità a cui sono diretti. I protocolli di autodisciplina sottoscritti sono sei e riguardano: - il settore frutticolo - un gruppo di alimenti quali: ortaggi, fragola, piccoli frutti e mais da polenta; - il settore vitivinicolo; - il settore foraggero, zootecnico e lattiero caseario; - il settore itticolo; - la grappa. Il settore frutticolo è stato il primo ad aderire al codice di autodisciplina per una produzione integrata e attualmente la maggior parte della produzione è ottenuta nel rispetto delle norme contenute nello specifico disciplinare. L’ente a cui fanno capo i controllo è l’Associazione Produttori Ortofrutticoli Trentini (A.P.O.T.). Tale associazione ha sviluppato un programma di controlli da 65 effettuare per verificare la presenza di residui e quanti di essi eccedono i limiti ammessi. Nel corso del 2002, per il comparto dei piccoli frutti e della fragola, il piano dei controlli ha portato al prelievo di 120 campioni di piccoli frutti. Il 96,7% di questi campioni sono risultati conformi alle norme previste dal disciplinare di produzione. Secondo il rapporto i quattro campioni risultati non conformi non sono stati commercializzati. A fronte di tale analisi, tale settore ha individuato delle soluzioni agronomiche per limitare i trattamenti nelle colture minori (fragola, ribes, lamponi e more) quali la scelta di sostituire la “protezione chimica” con la “protezione fisica” come ad esempio i tunnel (strutture metalliche che fanno da barriere alle piogge e alle derive di fitofarmaci usati nelle vicinanze). Inoltre, per incentivare la riduzione di sostanze chimiche in agricoltura, il Regolamento 92/2078/ CEE è stato sostituito dagli articoli 22-24 del Reg. 99/1257/CEE che nel Piano di sviluppo rurale 2000-2006 della P.A.T., si identificano nella misura detta “F(6)” delle Misure agroambientali. Tale misura F(6) si pone l’obiettivo di fornire agli agricoltori degli aiuti volti a compensare le perdite di reddito conseguenti all’applicazione di metodi di produzione più compatibili con l’ambiente o ad incentivare il mantenimento di pratiche estensive al fine di tutelare lo spazio rurale e le peculiarità paessagistiche e naturalistiche del territorio provinciale. 2.5.4 L’APASO Le realtà produttive provinciali si dividono tra le cooperative e i privati e sono diffuse un po’ ovunque su tutto il territorio provinciale. Le maggiori cooperative sono l’Associazione produttori agricoli S. Orsola, la cooperativa frutticoltori C 4 e l’Alpefrutta Group situate a Pergine, la cooperativa Levico Frutta a Levico e la cooperativa Agri 90 a Storo. Tra queste un’attenzione particolare merita l’Associazione Produttori Agricoli Sant’Orsola S.c.a.r.l (APASO), nata come associazione volontaria nel 1975 e costituita come cooperativa nel 1979. Si tratta di un’associazione di produttori agricoli specializzati nella coltivazione dei piccoli frutti quali lamponi, more, ribes 66 rosso e bianco, mirtilli giganti, mirtilli e fragoline di bosco, uva spina, ciliegie ed altra frutta, e delle fragole estive. I produttori associati, che nel 2004 sfioravano i 1.500, praticano la loro attività nelle valli del Trentino. Essi sono distribuiti in Valsugana, Valle dei Mocheni, Altopiano di Pinè, Valle di Cembra e Altopiano della Vigolana. Inoltre, L’APASO è leader in Italia per la produzione di fragole e piccoli frutti: basti pensare che nel 2003 i quintali di fragole conferite presso l’Apaso sono stati oltre i 20.000 quintali e che il valore di tale produzione è oltre i 30 milioni di euro (Ioriatti, 2004). La Cooperativa inoltre si impegna per il miglioramento qualitativo del prodotto, attraverso il perseguimento della qualità integrale, per la salvaguardia dell’ambiente e valorizzazione del territorio locale. Inoltre è particolarmente attenta alla sicurezza della produzione obbligando tutti i relativi soci ad adottare un protocollo abbastanza restrittivo di lotta integrata (Protocolli di autodisciplina). In questo modo, sia il rispetto dell’ambiente sia la salute dei consumatori viene garantito attraverso un uso razionale e il più possibile limitato di prodotti chimici. 67 68 3. LA VALUTAZIONE ECONOMICA DI UNA SPERIMENTAZIONE IN CAMPO DEI BCA SU FRAGOLA Come abbiamo visto, gli agenti di biocontrollo (BCA) sono diventati uno dei mezzi di difesa più promettenti da sviluppare per ridurre l'uso degli antiparassitari chimici sia contro gli insetti che le malattie. Anche se alcune sperimentazioni hanno dimostrato chiaramente il loro potenziale contro alcune malattie specifiche, l'uso su vasta scala del biocontrollo non è ancora stato adottato nei sistemi di produzione commerciali (Ellis, 2003). I motivi possono essere divisi in due blocchi: 1- le ragioni comuni a tutte le altre strategie di lotta integrata (IPM) e 2 le ragioni specifiche per i metodi di controllo biologici. Relativamente al primo blocco, Aitken et al. (1995) hanno evidenziato il peso che hanno sia la scarsa comunicazione che la mancanza di lavoro di squadra, nel determinare le cause dell’insuccesso dei progetti di IPM. Riguardo al secondo blocco di ragioni ricordiamo alcuni degli svantaggi già visti nei capitoli precedenti, quali un maggior costo dei trattamenti, maggiori perdite del rendimento, una minor shelf-life ed effetti ambientali possibili che potrebbero colpire anche organismi che non sono l’obiettivo specifico del controllo. Per catalizzare l’introduzione e l’uso di tali agenti si rende, quindi, principalmente necessario incrementarne il successo. Ma come si definisce successo di un tale metodo? Secondo Hoffmann (1995) il successo può essere: 1) completo quando non sono richiesti o usati altri metodi di controllo, almeno nelle aree in cui gli agenti vengono stabiliti 2) sostanziale quando altri metodi sono necessari ma lo sforzo richiesto è ridotto (ad es. a riduzione dell’uso di pesticidi o una loro minor applicazione) 69 3) trascurabile quando, nonostante i danni dovuti agli agenti, il controllo della malattia dipende ancora da altre misure di difesa. In sintesi, per misurare il grado di successo bisogna stimare i risultati finali. Questo è possibile facendo una valutazione dei costi e benefici ottenuti con l’uso dei BCA con quelli che si sarebbero potuti ottenere con un altro metodo di difesa, riconducendoli nella stessa struttura di valutazione. Tale stima è il primo passo ed anche il più importante in un programma di controllo biologico perché i benefici economici, ecologici e sociologici possono essere dimostrati e pubblicizzati e i dati ottenuti possono giustificare l’investimento economico fatto e portare a nuovi finanziamenti che possano così supportare nuovi progetti e ricerche. Finora gli studi fatti indicano che i benefici ottenuti dai progetti di controllo biologico che hanno avuto successo superano i costi per la loro attuazione. Il centro australiano per la ricerca internazionale per l’agricoltura (ACIAR Australian Center for International Agricultural Research) ha seguito 10 progetti in cui sono stati usati gli agenti di biocontrollo. Di questi solo quattro sono risultati vincenti. È stato calcolato il rapporto benefici/costi per tutti i 10 progetti interessati e il risultato è stato di 13,4 cioè ad un’unità di costo corrispondono 13,4 unità di benefici, nonostante, ripetiamolo, solo quattro fossero vincenti ( Lubulwa e McMeniman, 1998). Tuttavia, la maggior parte dei metodi usati per stimare gli effetti dell’uso dei BCA si basano sull’efficacia tecnica cioè sul confronto della densità della popolazione di parassiti attaccati dal BCA con una non esposta. Secondo Gelernter e Lomer (2000) per arrivare a quantificare in modo corretto il contributo di tali agenti bisogna misurare e valutare altri aspetti oltre a questo, che comunque resta quello base. 70 I criteri suggeriti sono: 1- L’efficacia tecnica Si ha quando il patogeno controlla l’insetto a o sotto la soglia economica. Per i patologi la riduzione di parassiti serve per dimostrare che il BCA ha causato la mortalità attesa; mentre per il coltivatore è una misura della riduzione dei danni alla produzione. 2- L’efficacia pratica Si ha quando il BCA: – agisce come o meglio delle altre pratiche agricolturali per il controllo dei parassiti, assicurando almeno un’ uguale o maggior resa – è facile da usare – non è costoso in termini monetari. Nel consumatore finale l’abilità di un BCA di mantenere la popolazione dei parassiti sotto una determinata soglia economica potrebbe essere insignificante se c’è un altro prodotto o pratica disponibile che dà un controllo maggiore. Inoltre sono necessari maggior tempo, sforzo o denaro affinché il BCA provveda ad un controllo accettabile, allora diventa ovviamente meno allettante. 3- La commerciabilità e profittabilità Si ha se le imprese generano profitto sufficiente per sostenere il loro interesse in tale metodo di difesa. 4- La sostenibilità Secondo i due studiosi Gelernter e Lomer questo termine starebbe ad indicare la capacità dell’agente di insediarsi e di sopravvivere nell’ambiente in cui viene introdotto. 71 Tuttavia, in questa tesi noi useremo tale concetto in un’altra accezione e cioè il metodo deve dimostrarsi sostenibile sotto tutte le tre seguenti dimensioni: • economica: gli agenti di biocontrollo devono avere costi accettabili • sociale: ridurre il rischio per la salute sia del consumatore, grazie alla presenza di residui non determinabili, che dell’agricoltore grazie al minor numero di trattamenti fatti. • ambientale: non ridurre la biodiversità o altri organismi utili 5- Esternalità Si hanno quando il BCA migliora la sicurezza dell’ambiente, dell’uomo e degli altri microorganismi non-target o migliora la qualità e/o quantità del cibo. Inoltre aumenta il valore del terreno perché il sistema di coltura è di nuovo proficuo e/o gli sforzi di conservazione aumentano la qualità dell’habitat. Alcuni di questi tipi benefici sono, tuttavia, difficili da quantificare dal punto di vista monetario. In particolare quindi, la valutazione di un programma integrato con i BCA dovrebbe andare oltre l’efficacia tecnica, cioè la riduzione della popolazione del parassita sotto la soglia economica, e considerare altri fattori quale l’efficacia pratica, l’attuabilità commerciale, la sostenibilità e le esternalità (Gelernter e Lomer, 2000). In questa prospettiva, lo scopo del nostro studio è di valutare alcune differenti tecniche di lotta ai parassiti per proteggere le coltivazioni di fragola in Trentino. L’analisi è stata sviluppata su dati ottenuti da un esperimento compiuto dal centro SafeCrop presso l’Istituto di San Michele all’Adige nella provincia di Trento. 72 3.1 La prova in campo Il centro SafeCrop ha condotto degli esperimenti in campo, durati due anni, su due appezzamenti coltivati a fragola associati alla cooperativa di Sant'Orsola. Le prove in campo sono state effettuate in due posizioni simili del Trentino (Cirè e Canezza), sulla cultivar più usata nella coltivazione fuori suolo (Elsanta). In queste circostanze e cioè nella coltura della fragola fuori suolo e sotto tunnel, la malattia fungina più pericolosa rimane, come abbiamo visto, l’oidio (Sphaerotheca macularis), che nella pratica tradizionale viene controllato soprattutto mediante trattamenti chimici. Per poter contenere la malattia entro una soglia accettabile, ne sono richiesti almeno sei-sette per ogni ciclo. Sono state sperimentate undici strategie differenti (di cui un testimone non trattato), sui due luoghi secondo un disegno a blocchi ripartito con scelta casuale con tre repliche. Ogni blocco conteneva 24 piante. Conseguentemente sono stati introdotti sia un acaro parassita sia alcuni microrganismi-non target (cioè che non fossero l’obiettivo del controllo) per testare rispettivamente sia l’efficacia delle strategie sia il loro impatto ambientale. Dagli studi fatti dal centro, l’oidio si è sviluppato in modo simile in entrambe le posizioni, anche se a Cirè, a causa delle temperature più alte, si è manifestato con un po’ più di ritardo rispetto a Canezza. Per valutare la percentuale di frutti infetti o colpiti dall’oidio e quindi, per calcolare l’incidenza e la gravità della malattia, ogni settimana sono stati effettuati dei campionamenti di 20 frutti per blocco. Le dieci strategie sperimentate si differenziano secondo i diversi principi attivi usati, mentre il numero di trattamenti (7) e la sincronizzazione di trattamento (ogni 7 giorni) sono gli stessi. Tra queste si possono identificare tre gruppi (Tabella 1): A) quattro strategie di lotta integrata (IPM)(1, 2, 4, 7); B) tre strategie di IPM integrate con gli agenti di biocontrollo (3, 5, 6) e C) tre strategie basate solamente su BCA (8, 9, 10). 73 Tabella 1: La diversificazione delle strategie in base che esse siano tradizionali, integrate con BCA o solo di biocontrollo. 1 2 3 4 5 6 raccolta Canezza 09/07/2003 16/07/2003 23/07/2003 30/07/2003 06/08/2003 13/08/2003 20/08/2003 Cirè 30/07/2003 06/08/2003 13/08/2003 20/08/2003 27/08/2003 03/09/2003 10/09/2003 1 IPM 1 Azoxy. penconazole penconazole Sulphur Azoxy. Sulphur Sulphur 2 IPM 2 Fenarimol penconazole azoxystrobin Sulphur Sulphur Azoxy. Sulphur 4 IPM sulphur1 Azoxy. Penconazole Sulphur Sulphur Sulphur Sulphur Sulphur 7 IPM sulphur2 Azoxy. Penconazole Heliosoufre Heliosoufre Heliosoufre Heliosoufre Heliosoufre 3 IPM 1BCA Azoxy. Sulphur penconazole Azoxy AQ10 AQ10 AQ10 5 IPM 2BCA Azoxy. Tricodex Tricodex Tricodex Tricodex Azoxy. AQ10 6 IPM 2BCA+ Azoxy. penconazole Tricodex Tricodex Tricodex AQ 10 AQ 10 8 BCA Trichod Trichodex Trichodex Trichodex Trichodex Trichodex Trichodex Trichodex 9 BCA AQ10 AQ 10 AQ 10 AQ 10 AQ 10 AQ 10 AQ 10 AQ 10 10 BCA B. subtilis B. subtilis B. subtilis B. subtilis B. subtilis B. subtilis B. subtilis B. subtilis Il nostro interesse rivolto soprattutto verso il secondo gruppo, cioè l’insieme delle tre IPM integrate con l’uso dei BCA (Tabella 2). Tabella 2: La sequenza dei principi attivi usati nella strategia di 3 IPM ha integrato con BCA Strategies 1 2 3 3 IPM 1BCA Azoxy. Sulphur 5 IPM 2BCA Azoxy. Trichodex 6 IPM 2BCA+ Azoxy. 4 5 6 Harvest Penconazole Azoxy. AQ10 AQ10 AQ10 Trichodex Trichodex Trichodex Azoxy. AQ10 Penconazole Trichodex Trichodex Trichodex AQ10 AQ10 È utile evidenziare la differenza che c’è tra le diverse strategie in termini di numero di sostanze chimiche utilizzate e della sequenza dei trattamenti effettuati. In particolare, le strategie 5 e 6 includono soltanto due trattamenti chimici, mentre nella strategia 3 più della metà sono chimici. La strategia 6 è l’unica, invece, che, già a partire da quattro settimane precedenti la raccolta, non usa sostanze chimiche. Ai fini dell’analisi, vengono considerati solo tre fattori: la quantità di trattamenti contro l’oidio, l'incidenza dei frutti persi (perdita della resa) ed i residui degli 74 antiparassitari (azoxystrobin) trovati sulle fragole al tempo della raccolta. Le fragole sono state analizzate anche per individuare i residui dell’altra sostanza chimica usata, il penconazole, ma tale principio attivo non è stato rilevato. Primo passo per l’analisi è stato quello di informarsi riguardo ai prezzi di mercato dei fungicidi usati nell'esperimento e di calcolare il costo di un programma convenzionale di difesa. Assunto che il prodotto è stato diluito a basso dosaggio con la proporzione di 80 litri / 1000m2 , si è calcolato il costo dei trattamenti per ogni strategia usata nella sperimentazione ed il costo medio dei trattamenti fungicidi attualmente suggeriti dal servizio di assistenza tecnica ai coltivatori della fragola situati in quella zona (Tabella 3). Il programma di difesa convenzionale suggerito comprende 12 trattamenti a dosaggio di 90 litri / 1000m2 ed ha un costo medio pari a 38,41 Euro per 1000 m2. Tabella 3: Prezzi di mercato delle diverse strategie. Costo Trattamento Strategia 1 IPM 1 34,728 2 IPM 2 17,224 4 IPM sulphur1 19,384 7 IPM sulphur2 8,584 3 IPM 1BCA 24,262 5 IPM 2BCA 65,429 6 IPM 2BCA+ 55,334 8 BCA Trichodex 96,81 9 BCA AQ10 33,11 10 BCA B. subtilis 26,88 11 Non trattato 0 12 Convenzionale 38,41 €/1000 m totale 2 Intervistando alcuni tecnici e agricoltori, abbiamo valutato la normale perdita media di frutti (la perdita di resa che è risultata essere pari al 5% sul totale della produzione. 75 3.2 Risultati e discussione Secondo l’accezione di sostenibilità da noi utilizzata, la prima dimensione da discutere è quella economica. In primo luogo, abbiamo guardato alla differenza in termini di redditi e costi per ogni strategia attuata. Dal lato del reddito, abbiamo dovuto limitare la nostra analisi alle quantità perse a causa dell'attuale impossibilità di quantificare un “premio” (in termini di prezzo) per le fragole ottenute con IPM integrato con BCA. Dal lato dei costi, si è calcolato il costo delle strategie in termini di trattamenti. La Tabella 4 rappresenta le undici strategie rispetto ai tre fattori prima menzionati: 1) la perdita media di resa, 2) il costo dei trattamenti e 3) la presenza dei residui (azoxystrobin). Tabella 4: Costi, Perdite e Residui nelle diverse strategie 0 Costo T Strategia €/1000 m2 Costo lavoro Costo totale % perdita %perdita Residui Canezza Cirè Canezza 1 IPM 1 34,73 45,5 80,23 3,33 0 0,25 0,32 2 IPM 2 17,22 45,5 62,72 0 0 0,35 0,4 4 IPM sulphur1 19,38 45,5 64,88 10 8,33 0 0 7 IPM sulphur2 8,58 45,5 54,08 10 13,33 0 0 3 IPM 1BCA 24,26 45,5 69,76 5 5 0,15 0,15 5 IPM 2BCA 65,43 45,5 110,93 11,67 6,67 0 0 6 IPM 2BCA+ 55,33 45,5 100,83 8,33 3,33 0 0 8 BCA Trichodex 96,81 45,5 142,31 50 60 0 0 9 BCA AQ10 33,11 45,5 78,61 100 66,66 0 0 10 BCA B. subtilis. 26,88 45,5 72,38 88,33 86,66 0 0 11 Non trattamento 0 0 0 100 100 0 0 12 Convenzionale 78 116,42 5 5 38,41 Residui Cirè Lo studio (Tabella 4) evidenzia come le strategie 8 e 9, dove si usano solo i BCA non abbiano offerto una protezione abbastanza buona per la fragola contro l’oidio. L’uso dei BCA in un programma IPM (strategie 3,5 e 6) può, invece, raggiungere 76 un buon livello di controllo e nel contempo ridurre il numero di trattamenti chimici. Inoltre, due di queste strategie (5 e 6) non presentano residui rilevabili sul prodotto alla raccolta. Cosa che non emerge dalla tabella, ma che è un risultato importante da sottolineare, è che l’uso degli agenti favorisce la biodiversità. Infatti, al termine degli esperimenti condotti, si è visto che i BCA non hanno avuto effetti indesiderati sui microrganismi non target rilasciati nell’ambiente prima del rilascio dei BCA (Pertot, 2004). Valutiamo ora, in modo più dettagliato, le diverse strategie. Nel grafico (Grafico 1a) sottostante, abbiamo rappresentato le strategie secondo le tre dimensioni per Cirè, il luogo che si è dimostrato, economicamente parlando, più interessante da analizzare. Infatti, a parità di costi, la percentuale di prodotto perso per tale località è più bassa. Grafico 1: Le diverse strategie di difesa secondo le tre dimensioni per il sito Cirè. Fonte: Raffaelli et al., 2004) 77 Considerando come soglia di riferimento il costo medio dei trattamenti calcolato in 38.41 Euro/1000 m2 e una perdita media di resa pari al 5% (figura 1a) ci si rende conto che soltanto le strategie 1, 2 e 3 sono incluse nella regione ammissibile. La strategia 3 integrata con un BCA offre dei buoni risultati dal punto di vista economico ma presenta dei residui al tempo della raccolta. Dal diagramma di dispersione possiamo notare che entrambe le strategie 4 e 7 si avvicinano alla nostra regione ammissibile. La strategia 4 (IPM sulphur1) presenta residui non determinabili, un costo dimezzato rispetto ad un trattamento reale ma una perdita pari al doppio (10%) di quella ottenuta con metodo tradizionale. La strategia 7 (IPM sulphur2) ha un costo ridotto del 77,7 % rispetto alla pratica convenzionale, residui non determinabili ma una perdita riscontrata pari al doppio in località Canezza, e quasi triplicata in Cirè. Tuttavia, se nei costi conteggiamo anche il valore del tempo speso per applicare i fungicidi (1 ora per ogni trattamento ad un costo di 6.5 Euro), il costo complessivo dei trattamenti aumenta drasticamente. La figura 1b mostra che cosa accade se spostiamo la linea di riferimento della nostra regione ammissibile verso l’alto per poter comprendere tali costi. Ora la nostra soglia si attesta sul nuovo costo complessivo medio per 12 trattamenti che è pari a 116.42 Euro. Come conseguenza del numero differente di trattamenti (7 nell'esperimento contro i 12 effettuato normalmente), la strategia 6 diventa molto interessante da tutti e tre i punti di vista di cui si compone la sostenibilità. Da quello economico perché rientra nella nuova regione ammissibile. Dal punto di vista ambientale e sociale perché 1- garantisce l'assenza di input chimici nelle quattro settimane prima della raccolta, 2- i trattamenti chimici sono ridotti e 3- non presenta residui determinabili. Di conseguenza possiamo definire questa strategia come completamente sostenibile. Affermazione che vale almeno nei casi con le stesse circostanze registrate in Cirè. Al contrario, nell'esperimento in Canezza (Grafico 2), anche se la strategia 6 si trova sotto la soglia di riferimento (pari al costo complessivo medio) essa mostra una perdita di resa pari al 8.33%, quindi superiore a quella media accettabile. 78 Grafico 2: Le diverse strategie di difesa secondo le tre dimensioni per il sito Canezza Fonte: nostra elaborazione Ciò non significa automaticamente che essa sia insostenibile ma anzi sottolinea uno dei fattori più importanti per la sostenibilità dell’uso dei BCA: la valorizzazione della sicurezza del prodotto così ottenuto. Data la crescente disponibilità a pagare per prodotti più sicuri (Siikamäki, 1997), diventa fondamentale trovare dei meccanismi di differenziazione che garantiscono un prezzo- premio a quegli agricoltori, che producono prodotti più sicuri usando meno antiparassitari, compensandoli della maggior perdita di prodotto. Infatti è già stato dimostrato nella letteratura che l'integrazione verticale porta a minori residui finali (Kilmer et al., 2001) e che la convinzione del leader all'interno di un'organizzazione è fondamentale per il successo dei progetti IPM (Gelernter e Lomer, 2000). Nel caso trentino, la cooperativa di Sant'Orsola, che già trae beneficio da una posizione leader nel mercato, opera già alcune strategie per assicurare un prezzopremio ai produttori. Essa finanzia, infatti, parte dei costi per l’acquisto di tali agenti. Dall’intervista fatta al direttore dell’APASO, il finanziamento può arrivare fino al 50%. 79 Inoltre, dal momento che, il costo degli antiparassitari ha un’incidenza non significativa sulla determinazione del costo totale, come si deduce dall’analisi relativa ai costi di coltivazione della fragola fuori suolo (1,1%) (cfr. paragrafo 2.5.2), le cooperative in genere dovrebbero essere incentivate a spingere verso il metodo del controllo biologico, anche se ciò comporta un leggero incremento nelle spese. Rimane importante rimarcare il fatto che una riduzione dell'uso degli input chimici grazie ai BCA, implica non soltanto prodotti più sicuri per i consumatori ma anche una maggior sicurezza sul posto di lavoro per i coltivatori e, infine, una qualità di vita migliore per i residenti. I risultati di questo esperimento ci permettono di concludere che l’introduzione e l’uso degli agenti di biocontrollo può avvenire a breve. In questo il meccanismo di differenziazione ed un premium-price hanno un ruolo chiave. Inoltre questi aspetti sono fondamentali anche per interiorizzare la crescente sostenibilità ambientale e garantire la sostenibilità dal punto di vista economico. Tuttavia, sia una maggior ricerca interdisciplinare che numerosi esperimenti e prove in campo sono ancora necessari (Raffaelli et al., 2004). 80 4. RILEVAZIONE EMPIRICA 4.1 Obiettivi e metodologie di ricerca adottate Nell’ultima parte di questo lavoro si è voluto valutare la reale conoscenza dei BCA e la loro sostenibilità riportate nei capitoli precedenti, e vedere se trovano conferma da un punto di vista empirico. Per fare questo è stato formulato un questionario rivolto a 2 macrogruppi: produttori di fragole che risiedono in zone montane del Trentino (Baselga di Pinè e Valle dei Mocheni) e tecnici e dirigenti (della cooperativa APASO e del Centro di Assistenza Tecnica dell’Istituto Agrario di San Michele). Entrambi i gruppi operano nel settore agricolo e soprattutto nella fragolicoltura. Gli obiettivi centrali, in base ai quali è stato predisposto il questionario e sui quali si è focalizzata la ricerca, possono essere riassunti nelle tre seguenti dimensioni: 1. Individuare la conoscenza oggettiva degli agenti di biocontrollo (BCA) in generale e nei tre gruppi. 2. Valutare come nella realtà lavorativa viene considerato e gestito l’uso dei BCA. 3. Valutare in generale e confrontare quali siano le problematiche riscontrate nell’uso dei BCA e quali siano i suggerimenti per incrementarne la diffusione e l’applicazione. Prima di esporre i principali aspetti osservati tramite rilevazione empirica, descriverò brevemente come è stata predisposta ed affrontata la rilevazione empirica. Qualsiasi ricerca empirica strutturata e formalizzata implica una serie di decisioni teoriche e metodologiche iniziali. In particolare, prima di poter partire con l’attività di predisposizione del questionario, di raccolta dei dati e di analisi dei risultati, è necessario pianificare in modo chiaro e specifico alcuni aspetti quali: 1) 81 le fondamenta teoriche della ricerca, 2) le ipotesi derivanti da queste, 3) la metodologia e 4) il metodo empirico da impiegare nello studio (Silverman, 2000). In questa analisi, il fenomeno analizzato è stato essenzialmente l’uso dei BCA in agricoltura e in particolare nel settore della fragolicoltura nell’ambiente montano trentino. Le fondamenta teoriche dello studio empirico svolto e la chiarezza degli obiettivi da perseguire sono essenziali per fornire una base concreta e organizzata alla ricerca, per darle stimolo e per consentire di guardare al fenomeno secondo una prospettiva ben chiara e formalizzata. Solo in questo modo è possibile costruire un questionario con domande pertinenti e focalizzate ed analizzare in seguito le risposte, rispetto ad una base teorica precisa e precedentemente predisposta. Il secondo aspetto sopra ricordato, da definire in maniera specifica prima di iniziare la stesura del questionario, è dato dall’insieme delle ipotesi da testare o generare. Per quanto riguarda lo studio qui presentato, le ipotesi che ho voluto verificare tramite rilevazione empirica possono essere riassunte dalle seguenti ipotesi: 1°Ipotesi: una maggior informazione (scientifica, descrittiva, promozionale) spinge ad un maggior uso dei BCA 2°Ipotesi: in genere le caratteristiche negative di tale metodo sono percepite maggiormente di quelle positive. 3° Ipotesi: i produttori hanno problematiche riguardanti l’uso dei BCA diverse da quello dei tecnici. Andiamo ora ad analizzare gli ultimi due aspetti (3 e 4) che sono il tipo di metodologia e di metodo da usare nello studio empirico. Con il primo termine ci si riferisce a come verrà analizzato il fenomeno, ovvero se esso sarà analizzato mediate una ricerca di tipo quantitativo o qualitativo, mentre il secondo fa riferimento alla specifica tecnica di ricerca che verrà usata. 82 La scelta di questi due aspetti non può essere fatta casualmente, ma deve avvenire secondo delle considerazioni precise sul tipo di problema considerato nello studio e sulle caratteristiche specifiche che distinguono i due approcci sopra menzionati. Per ciò che riguarda la metodologia e il metodo usati nella rilevazione qui presentata, ho scelto di effettuare una ricerca di tipo qualitativo; la raccolta dei dati è avvenuta attraverso un questionario semi strutturato che è stato condotto faccia a faccia e in un caso telefonicamente, ad un numero limitato (32 soggetti) di produttori e tecnici, per cui l’analisi dei risultati non è stata condotta con metodi statistici, ma con semplice rilevazione e comparazione empirica delle risposte ottenute. Nonostante il campione analizzato non sia rappresentativo in termini di numero di soggetti, lo potrebbe essere in termini percentuali della superficie coltivata a fragole in Trentino (circa il 40%). L’approccio semi-strutturato consente tramite le interviste d’esplorare nel modo più ampio possibile uno o più argomenti. Nonostante tale metodologia renda difficile la generalizzazione dei risultati ricavati, si è ritenuto opportuno seguire tale approccio visto l’interesse per comprendere meglio come i soggetti intervistati si pongono, in base alle loro esperienze e opinioni personali, nei confronti delle tematiche sopraindicate. Sono stati formulati due tipi di questionari, uno indirizzato ai produttori e l’altro ai tecnici. La motivazione che ha spinto a fare due questionari sta nel voler valutare il passaggio di conoscenze e nozioni tra i tecnici, dirigenti e gli agricoltori. Inoltre è utile per poter confrontare le differenti problematiche tra i due gruppi. Quello riguardante gli agricoltori è stato diviso in due parti. La prima, riguardante la loro conoscenza la valutazione dei BCA, è completamente strutturata, con domande a risposte chiuse, mentre la seconda contiene domande aperte riguardanti le problematiche e i suggerimenti. Questo per evitare di influenzare l’intervistato, indirizzandolo sulle risposte più desiderabili. (Corbetta, 1999). La diversità nelle risposte raccolte nella seconda parte del questionario, ha reso difficile l’interpretazione, la classificazione delle informazioni e la produzione di inferenze sull’intera popolazione. La mancanza di scelte già predisposte, ha però consentito di scoprire in maniera molto naturale e informale aspetti interessanti e 83 profondi, permettendo di acquisire una conoscenza più ampia e dettagliata su come tale metodo di difesa venga affrontato. 4.2 La progettazione e la costruzione del questionario Una volta scelte le basi teoriche e metodologiche su cui fondare la ricerca e dopo aver definito gli obiettivi e le ipotesi da perseguire e testare attraverso esso, il passo successivo è quello di progettare e costruire effettivamente il questionario (Corbetta, 1999). Nell’elaborazione dei quesiti da sottoporre agli intervistati ho fatto riferimento in particolare ai principi di semplicità, comprensibilità, oggettività ed infine utilità. Particolare importanza è stata data al non influenzare l’intervistato con le aspettative soggettive del ricercatore. Ciascuna domanda e risposta ed ogni parola contenuta nelle stesse, è stata accuratamente scelta in modo d’essere immediatamente chiara, priva d’ambiguità, con la minor possibilità di indurre in errore gli intervistati o di influenzarne in qualche modo le loro opinioni e risposte. Essendo inoltre la partecipazione all’indagine volontaria, ho cercato di suscitare l’interesse degli intervistati attraverso la presentazione del mio studio e la formulazione stessa del questionario, in modo da ottenere una maggior collaborazione e una più elevata attendibilità, validità e veridicità nelle risposte. In relazione alle regole seguite nella stesura del questionario, si è cercato prima di tutto di ordinare la successione delle domande secondo dei criteri psicologici (Corbetta, 1999): si è passati da argomenti più generali, di facile ed immediata risposta, ad aspetti sempre più specifici, dettagliati e complessi (dalle conoscenza alle problematiche e quindi ai suggerimenti), lasciando alla fine del questionario le domande aperte in cui i soggetti sono più liberi nell’esprimere le proprie opinioni. Le informazioni relative agli intervistati sono state chieste alla fine, nell’ultima parte, per evitare di dare l’idea di invadere la privacy e quindi di ottenere riposte sfuggenti, meno veritiere o un atteggiamento di disagio e di avversione già dall’inizio. 84 Un’altra regola importante, da rispettare nella progettazione del questionario, è quella di evitare di formulare domande e risposte tendenziose o devianti. Infatti, come ricordato sopra, alcune risposte sono state lasciate aperte e libere, in modo da evitare informazioni distorte e poco realistiche, soprattutto nel caso in cui l’intervistato non abbia una specifica opinione o conoscenza in merito a quell’interrogativo. Nelle domande in cui si chiedeva di attribuire un peso alle possibilità presentate, l’esistenza di dubbi o la mancanza di un’adeguata conoscenza dell’aspetto considerato, è stata ovviata inserendo nella scala di valutazione la risposta “non so”. Infine per ottenere delle informazioni uniformi, oltre alla ricerca e all’uso di una terminologia semplice e chiara, ho associato a ciascuna domanda delle indicazioni brevi ma esaustive sul come dare le risposte, illustrando ad esempio di volta in volta quante alternative segnare o quando è necessario usare la scala dei valori per ponderare le proprie scelte. Per effettuare qualsiasi tipo di ricerca tramite questionario è necessario passare attraverso una serie di fasi ben precise, non sempre sequenziali. Qui di seguito riporterò brevemente la descrizione di ciascuna di esse, mostrando anche come queste siano state svolte durante il mio studio. • Costruzione del questionario Una volta esplorato, individuato e progettato il contenuto e la struttura del questionario, si può procedere con la sua costruzione vera e propria. Si deve partire dallo schema generale delle informazioni desiderate (obiettivi da raggiungere, ipotesi da testare) per arrivare ad una struttura specifica, contenente tutte le domande necessarie per analizzare ogni aspetto dell’oggetto di ricerca. A questo punto è possibile procedere con la progettazione in dettaglio ovvero con l’assunzione di una serie di decisioni specifiche sulle domande da porre e sulle risposte da associare alle stesse, sulle parole esatte da usare, sulla sequenza delle domande, sulla loro 85 disposizione nel questionario e sull’eventuale aggiunta di istruzioni e di indicazioni per l’intervistato, il tutto tenendo conto dei principi e delle regole ricordate sopra. Per capire quali domande sottoporre agli intervistati, sulla base degli obiettivi, ho preparato una lista di argomenti generali da discutere in profondità sia con la responsabile del Centro SafeCrop che con la mia relatrice, individuando quali argomenti suscitavano maggior interesse e discussione. Si è passato poi alla stesura della prima versione del questionario in collaborazione con il Centro SafeCrop e con il supporto di un esperto della comunicazione. Questa ha richiesto parecchi giorni, poiché si è dovuto considerare contemporaneamente molti aspetti, sia di contenuto che di forma. Ogni domanda è stata elaborata nel dettaglio, valutata in termini di scopo, oggettività e comprensibilità. Quest’ultima è stata garantita dalla scelta accurata delle parole, del linguaggio e dall’aggiunta di indicazioni brevi ma esaustive. Durante la fase di costruzione è fondamentale sottoporre ad una o più prove quanto elaborato (compiere un pre-test) per poter mettere a punto, il contenuto e la forma delle domande, la loro sequenza e disposizione. Perciò si è testato la “forma” del questionario, ovvero la sua struttura in termini di disposizione e sequenza delle domande, chiarezza e lunghezza delle stesse, presentando la prima versione alla responsabile del Centro, la dottoressa Ilaria Pertot che si è resa disponibile per la lettura del questionario e la correzione “formale” dello stesso. In seguito si è rielaborato quanto già fatto arrivando così alla seconda versione del questionario. Dopo averne migliorato la forma si è testato il contenuto sottoponendo il questionario a due produttori agricoli non appartenenti al gruppo degli intervistati. In seguito ai suggerimenti e alle proposte ricavate dalle prove pilota si è giunti alla stesura della versione finale (vedi allegati n°1, 2, 3). • Campionamento, contatto e raccolta dei dati. Questa fase si svolge dopo aver costruito il questionario. Questa fase comporta la scelta degli intervistati e del loro numero, le decisioni in merito al dove e al 86 come effettuare le interviste e circa quale metodo usare per selezionare il campione. Per quanto riguarda lo studio effettuato si è cercato di contattare i dirigenti, tecnici operanti in settori diversi (pubblico e privato) e fragolicoltori che coprissero le tre tipologie: piccoli, medi e grandi produttori. Per piccoli s’intende coloro che lavorano a tempo parziale in azienda e hanno una coltura inferiore ai 3.000 m2 ; per medi coloro che lavorano a tempo parziale ma con dimensioni dell’azienda comprese tra 5.000 m e 1,5 ha. Ed infine per grandi produttori coloro che vivono sulla fragolicoltura impiegandosi a tempo pieno in questa attività e ricavandone il reddito principale. È stato dato maggior peso al gruppo dei produttori (22 intervistati contro i 10 soggetti del secondo gruppo, comprendenti tecnici e dirigenti APASO e del C.A.T.), poiché sono loro i consumatori finali dei BCA. Quindi per valutare la sostenibilità di una possibile introduzione i tali prodotti, si è reso necessario analizzare in modo più approfondito tale gruppo. Inizialmente l’idea era di svolgere l’indagine su un numero bilanciato d’aziende appartenenti a queste 3 tipologie. Intervistando il tecnico specializzato nel settore della fragolicoltura presso la cooperativa Sant’Orsola emerge che il numero di produttori di fragole sono 130. Questi, che coltivano oltre alla fragola anche altre colture minori, possono essere divisi in tre categorie in base al tempo speso in azienda e alle dimensioni dell’azienda stessa. 65 sono giudicati piccoli produttori, che lavorano part-time nell’azienda e coltivano in media sotto i 3.000 m2 di fragole. 45 sono medi, lavorano parttime o a tempo pieno e le loro aziende variano tra i 5.000 m2 e 1.5 ha. I restanti soci (20) sono grandi produttori, lavorano a tempo pieno e la superficie coltivata si aggira in media tra i 3-4 ha. La superficie totale coperta a fragole dai 130 soci si attesta sui 60 ha circa. All’inizio era stato deciso di intervistare 9 grandi produttori, 18 medi e 9 piccoli. Successivamente però, la difficoltà nel reperire i diversi produttori e/o la scarsa disponibilità nel partecipare, ha comportato l’inevitabile squilibrio presente da questo punto di vista nel campione di intervistati. 87 Nello studio sono stati, quindi, intervistati solo 20 soci della cooperativa (8 grandi, 3 piccoli e 9 medi) e 2 privati (che rientrano nella prima fascia). La superficie analizzata dal questionario è di 50 ha circa (38 ha appartenenti ai soci e 12 ai privati). Vista la superficie totale in Trentino coltivata a fragola pari a 125 ha (Rapporto agricoltura 2002), il nostro campione copre circa il 40% della superficie investita a fragole e i dati che emergono possono essere considerati rappresentativi per tale settore. Per quanto riguarda gli aspetti pratici dell’individuazione e del contatto degli intervistati si è seguita la seguente procedura. In primis è stato raggiunto il direttore dell’APASO per sottoporgli il questionario e per chiedergli il permesso di poter contattare i produttori stessi, mostrandogli il differente questionario e spiegandogli gli obiettivi della ricerca. Di seguito sono stati contattati i tecnici dell’A.P.A.S.O. (tre soggetti) tramite telefono, per verificarne la disponibilità a rispondere al questionario e per fornire loro una descrizione generale degli obiettivi e degli aspetti centrali della ricerca. Una volta accertata la disponibilità, è avvenuta la compilazione nel loro ufficio. Inoltre il tecnico specializzato in fragolicoltura ha fornito, facendo già egli stesso una selezione nomi e numeri telefonici dei produttori appartenenti alle tre tipologie. È seguita poi la ricerca di tutti i produttori selezionati via telefono. Qui sono stati riscontrati alcuni problemi. Primo fra tutti quello legato alla diffidenza e al disinteresse delle persone: in ben tredici casi, infatti, mi è stata rifiutata la disponibilità di partecipare. Il secondo problema è legato proprio alla disponibilità stessa di poter fare il colloquio visto che le interviste sono state svolte nel periodo di raccolta delle fragole. Questo ha portato spesso a svolgere il questionario nell’ora di pranzo o dopo cena e nei campi. Lo svolgimento delle interviste è avvenuto prevalentemente di persona e la durata della conversazione è stata mediamente di una quarantina di minuti. Nei casi in cui si è potuto raggiungere l’intervistato a casa si è potuto approfondire la tematica BCA e Fragole in modo molto più dettagliato e ciò ha permesso di comprendere meglio i loro problemi, dubbi e aspettative. 88 • Analisi dei dati. L’ultima fase di questo processo prevede la sistemazione e standardizzazione delle informazioni ed infine l’analisi delle risposte. Le risposte ottenute sono state schematizzate e rese omogenee per consentirne l’analisi e la valutazione delle informazioni ricavate. 4.3 Analisi e discussione dei risultati della rilevazione empirica L’analisi dei risultati, riportata qui di seguito, è stata svolta facendo riferimento agli obiettivi e alle ipotesi presentate precedentemente. Essa si fonda prevalentemente sul confronto tra le risposte ottenute con le interviste. Per questo ogni qualvolta risulta necessario, vengono specificate le differenze riscontrate. Il programma statistico utilizzato è Statgraphics (Manugistic, 2000). Per l’analisi dei 32 questionari è stato seguito un determinato percorso che ha permesso di comprendere meglio la conoscenza e l’uso degli agenti di biocontrollo da parte dei fragolicoltori trentini (Figura 1). Prima di tutto viene analizzato il campione per vedere le caratteristiche dei vari soggetti intervistati. Di seguito è stata analizzata la conoscenza del campione relativa ai BCA osservando: - le fonti da cui il campione ha tratto le proprie informazioni - le caratteristiche conosciute dei BCA. Conseguentemente è stata considerata la fiducia che il campione nutre verso tale metodo e da che cosa essa è determinata. Infine si è giunti allo studio degli aspetti più interessanti per la nostra ricerca quali le problematiche riscontrate durante l’applicazione e uso degli agenti di biocontrollo e quali siano le strategie più appropriate per catalizzarne l’uso su ampia scala in agricoltura. 89 Figura 1: Il percorso d’analisi delle variabili riscontrate nello studio Campione Conoscenza Fonti Caratteristiche Fiducia Problematiche Supporto Strategie 4.3.1 Presentazione del campione Il campione analizzato comprende: 1 dirigente, 9 tecnici e 22 produttori. Tra i produttori: 3 sono piccoli, 9 medi e 8 grandi (di cui 2 privati, cioè non soci della cooperativa APASO). Come è stato già detto in precedenza viene dato, in questo studio, maggior peso ai produttori. I dati relativi ai 22 intervistati del primo gruppo mostrano ciò che segue. Per quanto riguarda l’età si notano due raggruppamenti principali. Il 27% ha un’età inferiore ai 30 anni, mentre il 45% ha un’età compresa tra i 40 e 50 anni. Per quanto riguarda la base culturale, il 32% non ha un diploma di medie superiori, un altro 32% possiede un diploma agrario, un altro 23% ha conseguito altri diplomi e il 13% è laureato in materie non agrarie. Il 63% dei produttori è impegnato in azienda a tempo pieno e ne ricava da essa la principale fonte di reddito. Per quanto riguarda la dimensione delle aziende: la superficie media coltivata a fragola è di 2.2 ha. I grandi produttori (45%) hanno in media una superficie coltivata media 90 pari a 3.5 ha, quelli medi (40%) ne possiedono in media 1,5 ha e infine quelli piccoli (13%) coltivano in media sotto i 5.000 m2 di fragole. Grafico 1: Composizione del campione 30 20 10 0 % Produttori Tecnici Dirigente Grafico 2: Età dei produttori 20-30 30-40 40-50 50-60 60-70 60,00 40,00 % 20,00 0,00 Età Grafico 3: Grado d’istruzione dei 22 Grafico 4: Suddivisione dei produttori produttori. secondo la superficie coltivata a fragola. 40,00 30,00 20,00 % 10,00 0,00 nessun diploma 60,00 diploma agrario 40,00 % 20,00 altro diploma altre laurea grado istruzione Grande Medio Piccolo 0,00 Dimensione produttori laurea agraria 4.3.2 Informazioni relative alla conoscenza dei BCA Ad ogni soggetto intervistato è stato chiesto di indicare quali fossero le sue fonti d’informazione tra quelle elencate ed è stata data la possibilità di aggiungerne altre attraverso l’opzione “altro”. Ciò che si ricava dal grafico (Grafico 5), rappresentativo delle risposte, è che le fonti sono eterogenee perché distribuite su più canali di informazione. 91 Grafico 5: Fonti informative 80 pubblicazioni scientifiche internazionali 70 IASMA 60 articoli di ricerca IASMA 50 riviste nazionali 40 % 30 riviste locali media (TV, radio, web, etc...) 20 CAT (Centro Assistenza Tecnica) 10 uffici provinciali altro (Apaso) 0 Fonte: nostra elaborazione Un primo dato che emerge è che il 65-70% degli intervistati attinge la propria conoscenza dalle riviste locali e nazionali, quali “L’Informatore Agrario”, “Terra Trentina” e “Il Contadino”. Segue un 62,5% che trae le proprie informazioni dal Centro di Assistenza Tecnica dell’Istituto Agrario di San Michele. Seguono in ordine d’importanza le altre fonti: il bollettino IASMA con il 50%, articoli di ricerca IASMA e APASO con il 43%, i media con il 34% e le pubblicazioni scientifiche internazionali con il 28%. La prima considerazione utile in merito è che le riviste locali, come “Terra Trentina”, sono gratuite e distribuite su tutto il territorio Trentino, arrivando ogni mese direttamente alle famiglie degli agricoltori. Tale dato conferma che il servizio è valido, viene letto e che tale rivista tratta tematiche nuove come i BCA, focalizzando l’attenzione sul loro basso impatto ambientale e sul consumatore. La seconda considerazione, in merito alle fonti riguarda l’opzione “altro”. Infatti, vista l’appartenenza della maggioranza dei produttori alla cooperativa APASO, si è deciso nella formulazione del questionario, di non citare volontariamente tale associazione come mezzo di divulgazione in quanto l’appartenenza poteva risultare fattore di distorsione positiva verso tale fonte. Lasciando la possibilità 92 all’intervistato di scrivere in tale opzione altre fonti, si scopre che ben il 43% del campione ha dichiarato l’assistenza offerta dall’APASO. Per misurare quanto il soggetto fosse informato in termini di numero di fonti di riferimento, si sono introdotte tre categorie in cui il soggetto viene classificato, secondo il grado d’informazione rilevato, nel seguente modo: 1. “molto” informato se ha barrato 7 o più fonti; 2. “mediamente” informato se ha barrato tra le 4 e le 7 fonti; 3. “poco” informato se ha segnato meno di 4 fonti. Dallo studio è emerso che il 43% del campione è poco informato, il 41% è mediamente informato e solo un 16% è molto informato. Si è voluto poi verificare, attraverso un’analisi della covarianza multifattoriale (ANCOVA), se alcune caratteristiche del campione influenzavano il numero di fonti citate (Figura 2). Figura 2: Analisi della covarianza multifattoriale 2 per la variabile “numero di fonti” Dimensioni azienda Superficie a fragola b^=-0,03; p = 0,03 ( 3) b^= 0,68; p = 0,09 Numero di fonti citate (R 2 = 41%) Età Titolo di studio b^=-0,05; p = 0,15 p = 0,14 Il risultato della ricerca mostra come solo la variabile “dimensioni dell’azienda” influenzi significativamente e in modo indiretto il numero di fonti (p = 0,03). Si vuole sottolineare quindi, che all’aumentare delle dimensioni dell’azienda, il numero di fonti diminuisce. Questo potrebbe essere supportato dal fatto che 2 L’analisi della covarianza multifattoriale consente di analizzare il legame di dipendenza tra una variabile quantitativa (numero di fonti) e più variabili esplicative che siano sia quantitative (dimensioni, superficie, età) che qualitative (titolo di studio). 3 Statisticamente una relazione è significativa solo se il p-value è minore di 0,05. Se questo supera il valore di 0,1, significa che tra le due variabili non c’è relazione. Con il simbolo b^ si indica il coefficiente angolare della retta che lega le due variabili. 93 l’agricoltore che ha più terreno e più lavoro dedica meno tempo alla lettura di articoli o giornali (Grafico 6). Grafico 6 : Relazione tra dimensioni dell’azienda e il numero di fonti Component+Residual Plot for numero di fonti component numero di effect fonti 5,5 3,5 1,5 -0,5 -2,5 -4,5 0 3 6 9 12 15 18 dimensioni Fonte: nostra elaborazione Tra le altre variabile può essere analizzata la variabile superficie anche se, ripetiamolo, non è significativa, cioè all’aumentare di questa, il numero di fonti citate tendenzialmente non aumenta (Grafico 7). In altre parole, anche se la coltura della fragola presenta maggiori problemi rispetto alle altre colture minori, quali ribes, more o lamponi, l’agricoltore non tende a leggere più articoli. Grafico 7: Relazione tra la superficie coltivata a fragola e il numero di fonti Component+Residual Plot for numero di fonti numero di fonti component effect 5,2 3,2 1,2 -0,8 -2,8 -4,8 0 2 4 6 superficie Fonte: nostra elaborazione 94 8 La valutazione della qualità del servizio informativo offerto dall’APASO e dal C.A.T. mostra come essa sia considerata ad un livello buona-soddisfacente rispettivamente da parte del 54% e dal 44% di coloro che hanno risposto. Una percentuale consistente (23% per APASO, e 12% per ISMAA) non sa quantificare, mentre il restante 23% per APASO e 44% per ISMAA trova il servizio offerto scarso o insoddisfacente. 4.3.2.1 Risultati relativi alle caratteristiche percepite dei BCA La ricerca evidenzia come il campione, in generale, contraddistingue in modo chiaro i BCA dai mezzi di difesa tradizionali. Le caratteristiche maggiormente percepite dagli intervistati sono in ordine di importanza (Grafico 8): • il minor impatto ambientale (84%) • la maggior salubrità del prodotto ottenuto con l’uso dei BCA ( 68%) • la maggior sensibilità dei BCA alle condizioni climatiche ( 68%) • la maggior sicurezza lavorativa per l’agricoltore ( 65%) • il maggior costo di controllo (56%) • il maggior costo del trattamento (53%) • la scarsa efficacia se usati come unico mezzo di difesa (50%) • effetti nel lungo periodo dovuti ad un’azione più lenta (49%) • il rischio di maggior perdite (43%) • la presenza di residui non determinabili (18%) 95 Grafico 8 : Le caratteristiche degli agenti di biocontrollo maggiormente percepite dal campione 90 residui non determinabili 80 minor impatto 70 maggior sicurezza maggior salubrità 60 maggior costo 50 % 40 maggior controllo maggior sensibilità a condizioni ambientali maggior perdite 30 minor efficacia 20 lentezza 10 minor shelf costo trattamento + tempo per il controllo * 0 minor efficacia + maggiori perdite * Caratteristiche * Le due ultime colonne rappresentano la percentuale di intervistati che hanno contrassegnato entrambe le caratteristiche. Si è scelto di unirle in quanto riconducibili allo stesso concetto. Fonte: nostra elaborazione La prima considerazione da fare è che le caratteristiche maggiormente percepite risultano riguardare gli aspetti positivi di tale metodo, cioè il suo basso impatto verso l’ambiente, il consumatore e lo stesso agricoltore. È interessante rilevare come una delle caratteristiche fondamentali dei BCA, cioè la presenza di residui non determinabili nel prodotto finale al tempo della raccolta, non sia invece percepita come tale dal campione. Ciò rileva ancora una scarsa considerazione della presenza di residui nei prodotti agricoli da parte degli agricoltori, che però, se interpellati in qualità di consumatori, identificano queste caratteristiche come vantaggio nell’applicazione dei BCA. Questo dato evidenzia, inoltre, che l’informazione pubblica sui BCA punti molto sulla salubrità e sicurezza dei prodotti agricoli ottenibili con il loro uso, senza però spiegarne a fondo le basi tecnico-scientifiche. 96 La terza considerazione è che se si comprende sotto un’unica voce i costi dovuti sia al metodo inteso come trattamento che per il tempo speso per effettuare i controlli prima e dopo il trattamento, si nota come essi diventino una caratteristica saliente (81%). Ciò è indice che anche i produttori considerano il tempo utilizzato nel controllo (che in questo metodo ha un ruolo chiave) una spesa. Anche in questo caso si è cercato di capire se ci fosse relazione tra il numero di caratteristiche dei BCA segnate e il grado di istruzione degli intervistati. L’analisi dice che non c’è molta differenza tra coloro che non hanno conseguito un diploma e coloro che lo hanno, indipendentemente dalla scuola frequentata. Si nota, inoltre, che chi ha conseguito una laurea (non agraria), ha segnato meno caratteristiche. Guardando poi alle risposte date alla domanda su quali BCA fossero conosciuti questo emerge quanto segue (Grafico 9). I BCA maggiormente conosciuti sono i feromoni sessuali, i nematodi, gli acari e gli insetti predatori. Tali agenti sono conosciuti grazie anche all’ampio uso che viene fatto in viticoltura e in frutticoltura, due settori importanti nell’agricoltura trentina. Seguono il Bacillus Thuringiensis, l’AQ10 e la Beauveria bassiana. Grafico 9 : Descrizione di quali siano i BCA conosciuti 100 non conosco bassiana bacillus AQ10 tricodex feromoni nematodi predatori virus altro 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 BCA Fonte: nostra elaborazione 97 È stata applicata l’analisi della covarianza multifattoriale, precedentemente fatta per il numero di fonti, anche per il numero di caratteristiche e il risultato mostra come sia il titolo di studio (Grafico 10) sia l’età non abbiano un’influenza significativa sul numero di caratteristiche segnate. Grafico 10: La relazione tra quante caratteristiche segnate e il titolo di studio conseguito 2 titolo studio 0 1 2 4 frequency 1,6 1,2 0,8 0,4 0 0 2 3 4 5 7 6 8 9 10 11 quante caratteristiche Fonte: nostra elaborazione Inoltre si è verificato se la dimensione dell’azienda e la superficie investita a fragola potessero influenzare il numero di caratteristiche dei BCA (Figura 3). Emerge, come per il numero di fonti, che solo la variabile “dimensioni dell’azienda” influenza in modo diretto e significativo il numero di caratteristiche percepite (Grafico 11). All’aumentare dell’azienda corrisponde tendenzialmente un numero maggiore di caratteristiche dei BCA. Questo potrebbe dipendere dal fatto che gli agricoltori, nonostante leggano meno, indirizzino la lettura verso articoli che trattino o sviluppino delle possibili alternative ai trattamenti convenzionali. Figura 3: Relazione tra il numero di caratteristiche percepite e la dimensione dell’azienda e la superficie coltivata a fragola Dimensioni azienda b^= 0,40; p = 0,04 Superficie a fragola b^=- 0,57; p = 0,20 Numero di caratteristiche (R²= 20,5%) 98 component effect numero di caratteristiche Grafico 11: Relazione tra le dimensioni aziendali e il numero di caratteristiche. 6 4 2 0 -2 -4 -6 0 3 6 9 12 15 18 dimensioni Fonte: nostra elaborazione Si è indagato poi sulla possibile relazione tra reddito e numero di caratteristiche. Dal Grafico 12 sembra che ad un maggior reddito corrisponda mediamente una maggior conoscenza relativa ai mezzi di difesa possibili. Una conferma potrebbe essere data dal fatto che chi ha come unica fonte di guadagno la fragolicoltura o altra coltura, si informa maggiormente per contrastare anche con più metodi, patogeni, insetti e malattie e ciò che potrebbe compromettere la resa finale. quante caratteristiche Grafico 12: Relazione tra quante caratteristiche e il reddito 12 10 8 6 4 2 0 0 1 reddito Fonte: nostra elaborazione 99 L’analisi è proseguita studiando la relazione tra il numero di fonti e il numero di caratteristiche (Grafico 13). Questo per vedere se chi è maggiormente informato tende a conoscere un maggiore numero di caratteristiche dei BCA. Grafico 13: Relazione tra quante caratteristiche e il numero di fonti b^ = 0,17 Numero di fonti Numero di caratteristiche quante caratteristiche p = 0,44 R2 = 2% 12 10 8 6 4 2 0 0 2 4 6 8 10 numero di fonti Fonte: nostra elaborazione Dalla regressione semplice e dal grafico si può capire che le due variabili non sono correlate. 4.3.3 Informazioni relative alla fiducia e uso dei BCA nella fragolicoltura trentina Per l’analisi di questi due aspetti viene considerato solo il gruppo dei produttori in quanto sono loro i principali fruitori dei BCA. I risultati che emergono in merito alla “fiducia” sono i seguenti: 100 • il 23% non ha fiducia, ma di questi, il 13% li usa o li ha usati in precedenza. • il 77 % degli agricoltori ha fiducia La fiducia negli agenti di biocontrollo è data in generale dall’esperienza positiva personale (69%), dal fatto che l’APASO, la cooperativa di cui sono soci, informa e promuove tali agenti (50%) e solo in modo marginale dalla pubblicità positiva che viene fatta (Grafico 14). Grafico 14: Perché i produttori hanno fiducia nei BCA 80 70 60 precedente esperienza positiva 50 % 40 30 promozione organizzazione pubblicità positiva 20 10 0 Perché SI Fonte: nostra elaborazione Una prima considerazione in merito porta ad una rivalutazione dell’importanza del servizio informativo visto che questo non determina un maggior grado di fiducia. Anzi tale studio evidenzia come i produttori credono nell’efficacia dei BCA solo dopo aver testato i prodotti e solo dopo aver avuto un’esperienza positiva. Una seconda considerazione riguarda l’associazione di cui fanno parte la maggioranza dei produttori intervistati. L’APASO, nella promozione di tali agenti, ha un ruolo chiave e, come si vede, il 50% dei produttori ha fiducia attraverso l’azione di promozione svolta dalla cooperativa. Vengono ora considerate le strategie adottate dall’APASO per motivare il produttore all’uso dei BCA. L’APASO informa e promuove, sviluppando progetti e/o attività sperimentali, finanziando fino al 50% il costo per l’acquisto dei BCA e offrendo un’assistenza costante e gratuita per ridurre il fattore d’errore di applicazione. Per promuovere la 101 sperimentazione di tali agenti, l’APASO rimborsa (nei primi 2 anni) fino al 100% un’eventuale perdita economica dovuta all’uso dei BCA. La mancanza di fiducia, di coloro che non credono nell’efficacia di tale metodo integrato in un IPM, è determinata da 3 fattori: l’esperienza negativa, la paura di perdere parte della produzione e quindi parte del reddito e la maggior fiducia nei mezzi di difesa chimica tradizionali. Inoltre l’analisi riconferma, riprendendo il discorso dell’influenza dell’informazione, che sia la scarsità della stessa che la pubblicità negativa, non sono fattori che riducono la fiducia. Si analizza ora l’esperienza reale dei produttori che hanno risposto “si” alla domanda sull’uso dei BCA. Dallo studio emerge che l’82% di chi applica tale metodo, lo usa nella coltivazione dei piccoli frutti, e solo il 47% nella fragolicoltura. In merito si può dire che i produttori intervistati si occupano di entrambe le colture, ma ricavano il proprio reddito principale dalla fragolicoltura. Essendo i produttori una categoria considerata “risk-adverse”, preferiscono probabilmente provare o usare tali agenti su una coltura minore in modo tale da non compromettere il profitto dell’azienda. Inoltre sono incentivati ad usare maggiormente i BCA sui piccoli frutti perché non ci sono altri mezzi di difesa disponibili sul mercato, mentre per la difesa della fragola i fitofarmaci sono diffusi e risultano essere il metodo più efficace. Per di più i risultati su queste colture minori (Grafico 15) sono più incentivanti di quelli riscontrati sulla fragola (Grafico 16). Grafico 15: Risultati dell’uso di BCA Grafico 16: Risultati dell’uso di BCA su su altre colture fragola 60 60 50 non significativi 40 50 40 incoraggianti % 30 scoraggianti 20 % 30 incoraggianti 20 scoraggianti non risponde 10 non significativi 10 non risponde 0 0 Risultati su fragola risultati per altre colture Fonte: nostra elaborazione Fonte: nostra elaborazione 102 Alla domanda contro quali patogeni gli intervistati hanno usato o usano i BCA in fragolicoltura, la maggioranza dei produttori ha indicato l’oziorrinco (62,5%) acari e tripidi (25%). Contro l’oidio, la malattia fungina più problematica in quanto crea i maggiori danni alle colture di fragole fuori suolo sotto tunnel, non si evidenziano esperienze da parte dei produttori (Grafico 17). Grafico 17: Contro cosa sono usati i BCA Grafico 18: Contro cosa sono usati i BCA da parte da parte dei produttori dei tecnici 70 60 50 40 % 30 20 10 0 80 oidio oidio botrite acari tripidi oziorinco 60 %40 acari tripidi 20 oziorinco 0 contro cosa? contro cosa? Fonte: nostra elaborazione botrite Fonte: nostra elaborazione L’analisi rileva una differenza significativa tra produttori e tecnici. E’ evidente come i tecnici, al contrario dei produttori, usano o probabilmente testano i BCA soprattutto contro l’oidio e gli acari (Grafico 18). Tale discrepanza può essere interpretata ipotizzando da una parte che i tecnici stiano seguendo dei progetti in cui venga sperimentato l’uso dei BCA contro tale malattia; dall’altra che i produttori preferiscano utilizzare i BCA contro le avversità minori delle fragole piuttosto che usarli contro malattie più difficili da debellare come l’oidio. 103 4.3.4 Risultati relativi alle problematiche riscontrate Alla fine del questionario è stato chiesto di citare quali fossero state le maggiori problematiche riscontrate nell’uso dei BCA. Nel questionario rivolto ai produttori tale risposta è stata lasciata libera, sia per non influenzare con risposte desiderabili il soggetto intervistato, sia per poter avere un quadro dei problemi pratici più comuni. Il problema più sentito, come si nota nel grafico (Grafico 19) da parte dei produttori è quello legato al tempo speso per fare dei controlli in campo. Il controllo preventivo è necessario per poter vedere se si stanno sviluppando malattie o infezioni di parassiti nella coltura e quindi per agire in tempo per poter curare la malattia. Anche il controllo dopo il rilascio dei BCA è importante per vedere se la popolazione degli agenti liberata è abbastanza numerosa, se si è stabilita ed ha cominciato ad essere offensiva contro il parassita trovato e quindi efficace. Il secondo problema accertato è quello relativo all’efficacia del prodotto. I produttori hanno riscontrato un controllo totale scarso e non sufficiente a contrastare l’infezione che ha portato, in alcuni casi, a delle perdite di produzione. Terzo problema, legato ai primi due, è il tempismo. Secondo gli agricoltori è difficile stabilire il momento adatto per il rilascio e spesso, secondo la loro esperienza, anche un piccolo ritardo può portare a gravi danni alla coltura. Inoltre se l’infezione è acuta o la popolazione di parassiti ha raggiunto densità consistenti, l’effetto del controllo biologico risulta essere inesistente. Seguono in ordine di importanza i problemi legati alla sensibilità dei BCA alle condizioni ambientali e climatiche del sito, al costo del trattamento, alla dispersione degli agenti se liberati in serre aperte e infine all’applicazione. 104 Grafico 19: Problematiche riscontrate nell’uso dei BCA secondo i produttori 45 40 costo del trattamento 35 troppo tempo per il controllo 30 sensibilità alle condizioni ambientali 25 % 20 dispersione dei BCA nell'ambiente 15 tempismo 10 no controllo totale 5 Problemi d'applicazione 0 PROBLEMATICHE Fonte: nostra elaborazione Nel questionario rivolto ai tecnici, tale domanda era invece a risposta chiusa e chiedeva di barrare quali fossero i problemi maggiori riscontrati nell’adottare/proporre i BCA. Dal loro punto di vista (Grafico 20), la principale problematica nell’adottare i BCA è la loro bassa efficacia, associata ad un controllo non soddisfacente della malattia. Infatti, come si evince anche dall’analisi fatta relativamente ai costi per la coltivazione della fragola fuorisuolo, basta un piccolo calo di produzione per vedere dimezzato il proprio guadagno o addirittura per subire una perdita. Seguono, in ordine di importanza, aspetti più difficili da riscontrare e valutare obiettivamente, come la mancanza di un mercato differenziato per prodotti ottenuti con tali metodi e la difficoltà nel contraddistinguere il prodotto così ottenuto da quelli già presenti sul mercato. Seguono la scarsa comprensione del valore aggiunto da parte dei consumatori assieme alla diffidenza dei produttori. Diffidenza che si esprime in un comportamento di negazione quando un fitofarmaco non funziona, spingendoli a provare un’alternativa sempre nello stesso settore. Al contrario, dopo aver provato un BCA e aver avuto un feed-back 105 negativo, essi non provano un altro agente, ma si focalizzano sull’uso di prodotti chimici, perdendo la disponibilità verso alternative di controllo biologico. Di consistenza minore, ma pur sempre degni di nota, risultano i problemi legati sia alla scarsità di dati sulla dimostrazione dell’efficacia che al tempismo. Grafico 20: Problematiche riscontrate sui BCA secondo i tecnici 60 scarsi dati 50 costo del trattamento 40 non c'è controllo totale % 30 diffidenza da parte dei produttori non c'è comprensione del valore aggiunto da parte dei consumatori non c'è mercato per i prodotti così ottenuti non c'è differenziazione 20 10 tempismo 0 PROBLEMATICHE Fonte: nostra elaborazione 4.3.5 Risultati relativi alle strategie per promuovere i BCA Dopo aver esaminato la conoscenza e l’applicazione dei BCA, le problematiche riscontrate, vengono ora analizzate le strategie proposte dai produttori per promuovere i BCA. In un’ottica globale si è cercato di vedere da una parte quali sono i servizi offerti dall’APASO e dall’assistenza tecnica per introdurre i BCA, dall’altra si è cercato di individuare quali servizi i produttori ritenessero opportuni, per catalizzare l’introduzione in ampi termini di metodi di controllo biologico. L’APASO offre diversi e interessanti servizi ai propri associati. Oltre ad informare direttamente i soci nelle assemblee ed offrire un’assistenza tecnica gratuita, tale 106 associazione promuove attivamente l’uso dei BCA in agricoltura finanziando, come attività ordinaria, parte del costo per l’acquisto di tali agenti (pari al 50%). Inoltre per le attività sperimentali, per il primo o al massimo per i primi due anni della sperimentazione, essa rimborsa fino al 100% della perdita subita, oltre al rimborso dei costi iniziali. Tuttavia essa crede poco praticabile, se non addirittura controproducente, dal punto di vista promo-pubblicitario, utilizzare la difesa come argomento di promozione del differenziazione prodotto di trattato mercato. con Ritiene, gli agenti invece, la di biocontrollo salubrità un e di elemento fondamentale per la stabilità del settore dei piccoli frutti e della fragola. Infatti tale fattore, insieme con la qualità, è il principale prerequisito per un’attività commerciale sostenibile nel tempo. I tecnici del C.A.T. e il Centro stesso hanno sviluppato e partecipato a progetti e attività sperimentali per testare l’uso di tali agenti e solo dopo aver testato la loro efficacia e aver visto, tramite analisi, che non lasciano residui sul prodotto finale informano e promuovono attivamente l’uso dei BCA. Inoltre ritengono che sia utile, per motivare il produttore all’utilizzo, offrire un’assistenza in campo costante per ridurre il fattore d’errore nell’applicazione, finanziare parte dell’alto costo iniziale e sostenere una campagna di sensibilizzazione a favore di prodotti con residuo non determinabile. Vengono ora individuati, attraverso la valutazione e il confronto delle risposte, quali siano i servizi aggiuntivi che vorrebbero i produttori (Grafico 21), e le strategie su cui bisogna puntare, secondo loro, per catalizzare l’uso dei BCA (Grafico 22). 107 Grafico 21: Dove è necessario un supporto aggiuntivo per l’uso di BCA, secondo i produttori 100 maggior assistenza 90 80 maggiori dati su efficacia BCA 70 maggior informazione su BCA 60 % maggior ricerca relativa ai BCA 50 40 maggior sperimentazione e prove in campo training 30 20 10 maggiori iniziative rigurdanti l'uso di BCA 0 Tipo di supporto Fonte: nostra elaborazione Dal grafico (Grafico 21) emerge come il 69% dei produttori vorrebbe, prima di tutto, una maggior assistenza tecnica. Questo servizio è sentito particolarmente importante in quanto i tecnici possono portare alla riduzione d’errore nell’applicazione dei BCA, seguendo e istruendo gli agricoltori sul come fare. Inoltre possono consigliare il metodo migliore, sotto tutti i punti di vista, per combattere i parassiti. Segue la richiesta di maggiori dati e informazioni circa l’efficacia dimostrata dei BCA, di una maggior ricerca e prove in campo. La lettura di tale dato si dimostra alquanto difficile, in quanto come si è visto precedentemente, comunque, un servizio informativo non porta ad una maggior fiducia nel prodotto. Probabilmente, di fronte a dati certi di risultati positivi, l’atteggiamento dei produttori potrebbe cambiare. Guardiamo ora alle strategie, proposte dagli agricoltori, che dovrebbero essere messe in atto per catalizzare l’introduzione e l’uso degli agenti di biocontrollo BCA (Grafico 22). La maggior parte dei produttori crede che, per promuovere l’uso dei BCA, sia necessaria, prima di tutto, una maggior informazione, relativa gli aspetti pratici dell’uso, cioè in che modo, quando e in che condizioni climatiche usarli, 108 applicarli, in che numero rilasciarli, come usarli in un programma di lotta integrata ed ecc.. Anche dati dimostranti l’efficacia reale dei BCA possono dare una spinta all’introduzione di tali agenti. Di pari importanza è sentita, da parte dei produttori, la necessità di ridurre i costi economici di tale mezzo di difesa. Infatti, finché sul mercato si troveranno prodotti chimici più efficaci e a minor costo dei BCA, essi preferiranno acquistare proprio quelli. Un’altra strategia è quella di richiamare l’attenzione sul basso impatto ambientale e sulla maggior salubrità del prodotto ottenuto attraverso l’uso di tale metodo. Seguono altre strategie interessanti quali: sensibilizzare il consumatore, differenziare il prodotto sul mercato, offrire un prezzo maggiore a quei produttori che usano tale metodo, garantire al produttore un’uguale resa in campo, “addestrare” i produttori attraverso l’assistenza, registrare un maggior numero di prodotti e renderli quindi più reperibili sul mercato. Grafico 22: Come promuovere i BCA da parte dei produttori 30 riducendo i costi differenziando il prodotto 25 aumentando il prezzo di vendita garantendo maggiori o uguali rese 20 dando maggior informazione % aumentandone la reperibilità 15 dimostrandone l'efficacia reale puntando su salubrità e ambiente 10 registrando più ADB Training 5 sensibilizzando il consumatore facendo maggiori prove in campo 0 Strategie Fonte: nostra elaborazione 109 Occorre vedere, inoltre, se il numero di problematiche riscontrate può influire sul numero di strategie citate. Cioè se all’aumentare dei problemi conosciuti o avuti durante l’uso, il numero di strategie citate per risolverli tendono ad aumentare (Grafico 23). Grafico 23: Regressione semplice tra la variabile numero di problematiche e il numero di strategie b^ = 0,03 Numero di problematiche Numero di strategie ^ a = 0,90 R2 = 0,08% numero di strategie component effect Component+Residual Plot for numero di strategie 2,5 1,5 0,5 -0,5 -1,5 0 0,4 0,8 1,2 1,6 2 numero di problematiche Il risultato di tale analisi mostra come non ci sia relazione tra le due variabili. Separatamente, si può inoltre studiare la relazione tra il numero di fonti (Grafico 24) e il numero di caratteristiche (Grafico 25), da una parte e il numero di strategie dall’altra, supponendo che una maggior conoscenza dei BCA possa portare ad un numero maggiore di strategie conosciute per promuoverne l’uso (Figura 3). Figura 3: Relazione multipla tra le variabili “numero di fonti” e “numero di caratteristiche” e la variabile dipendente numero di strategie Numero di fonti b^ =-0,10; p=0,15 Numero di caratteristiche b^ = -0,01; p=0,87 Numero di strategie (R²= 10,5%) 110 Grafico 24: Relazione tra il numero di fonti e il numero di strategie numero di strategie component effect Component+Residual Plot for numero di strategie 3,8 2,8 1,8 0,8 -0,2 -1,2 0 2 4 6 8 10 numero di fonti Grafico 25: Relazione tra il numero di caratteristiche e il numero di strategie numero di strategie component effect Component+Residual Plot for numero di strategie 3,5 2,5 1,5 0,5 -0,5 -1,5 0 2 4 6 8 10 12 quante caratteristiche L’analisi effettuata mostra che in entrambi i casi le relazioni non sono significative e quindi la conoscenza acquisita non spiega il numero di strategie segnate. 111 112 CONCLUSIONI FINALI In questo scritto sono state presentate e analizzate le potenzialità e sostenibilità degli agenti di biocontrollo sulla coltivazione della fragola in ambiente trentino. Nell’ultimo decennio, si è visto come le direttive ed i regolamenti europei sono andati progressivamente a disciplinare in modo sempre più rigido l’applicazione di fitofarmaci per la protezione delle piante e a fissare i limiti massimi di residui di sostanze chimiche ammessi negli alimenti diretti al consumo, ponendo al primo posto la tutela della salute umana e la salvaguardia dell’ambiente. Infatti, l’uso degli antiparassitari contro parassiti e patogeni delle colture, ha portato, oltre all’incremento delle rese e della qualità delle colture trattate, all’inquinamento del suolo e delle falde acquifere ed una riduzione e mutazione della biodiversità dell’ecosistema a causa della perdita di alcuni microorganismi e insetti utili (Barnett et al., 1995). Inoltre esso ha aumentato il rischio di intossicazioni acute e croniche per l’uomo: per l’agricoltore che direttamente applica i prodotti antiparassitari, per coloro che risiedono nelle vicinanze e per il consumatore a causa della potenziale presenza di residui negli alimenti consumati (Steiner, 1995). Per questo la Commissione Europea e i vari stati nazionali, in collaborazione con gli enti di ricerca, promuovono la riduzione dell’uso dei principi chimici utilizzati, controllano e aggiornano continuamente i livelli massimi di residui di pesticidi ammessi nei beni destinati al consumo (Commission Report, 2003). Allo stesso tempo si indirizza la ricerca e la sperimentazione verso alternative valide ed efficienti per la protezione delle colture. Fra queste la più promettente sembra essere l’utilizzo degli agenti di biocontrollo. In questo lavoro ho cercato, quindi, di indagare, descrivere e analizzare le fondamenta, le potenzialità, gli svantaggi di questo metodo di difesa e le barriere che ostacolano e rallentano un suo ampio uso in agricoltura, come alternativa ai trattamenti convenzionali fino ad ora basati sull’uso di sostanze chimiche. Ognuno di questi aspetti è stato ampliamente esplorato, anche mediante una valutazione economica ed una rilevazione empirica, in modo da valutarne l’attuabilità 113 economica, la conoscenza, le problematiche reali riscontrate dagli agricoltori e le eventuali soluzioni e strategie da attuare per implementare tale metodo. I vantaggi individuati, nell’applicazione di tali agenti come alternativa, sono molteplici e qui di seguito verranno ricordati i più importanti: – I BCA riducono il rischio ambientale provocato dalle sostanze chimiche. Essendo microrganismi naturalmente presenti in natura, capaci di degradarsi, e grazie al loro specifico spettro d’azione che colpisce solo il parassita-target, gli impatti negativi sulla fertilità del terreno e il pericolo della perdita della biodiversità sono limitati; – Essi riducono il rischio di intossicazione per l’agricoltore, poiché sono scelti tra quelli che non producono sostanze antibiotiche o tossiche per l’uomo; – Essi riducono il rischio alimentare per il consumatore dal momento che non lasciano residui sui prodotti destinati al consumo, aumentando la qualità e la salubrità dei prodotti; – Essi offrono un’economica alternativa ad alcuni fitofarmaci e possono prevenire danni economici dovuti al ragnetto rosso delle colture di ribes e lampone altrimenti inevitabili. Per contro dalla ricerca compiuta, emergono alcuni svantaggi connessi al loro uso. La necessità di un lungo periodo per poterne verificare gli effetti positivi dei BCA; la mancanza di garanzia di un controllo totale del parassita; il potenziale rischio ambientale connesso ad alcuni agenti di biocontrollo, che possono evolversi rapidamente e adattarsi a nuovi ambienti, attaccando organismi-non target; la necessità di una maggior e accurata gestione e pianificazione delle attività da svolgere sono i maggiori. L’uso dei BCA, infatti, necessita di maggior tempo e controllo, richiede la raccolta e il mantenimento di un numero maggiore di dati, maggior pazienza, maggior educazione e addestramento, aumentando di conseguenza i costi connessi a tali attività. Dallo studio effettuato è emerso che i benefici derivanti dall’uso dei BCA sono di gran lunga superiori ai costi associati. Secondo l’ACIAR (Australian Center for 114 International Agricultural Research) il rapporto benefici costi sarebbe pari a 13,4. Se si considera che tale risultato è ottenuto su dati relativi a 10 progetti, di cui solo quattro avevano avuto successo, è evidente il vantaggio che ne trae l’uomo, la società e l’ambiente dall’uso dei BCA. Tuttavia, lo sviluppo e l’introduzione su ampia scala di questa interessante e valida alternativa sono rallentati e ostacolati da molte barriere che ne ritardano l’entrata sul mercato. La scarsità di infrastrutture che formino, educhino non solo gli agricoltori e le cooperative a cui essi fanno a capo, ma anche il consumatore; la mancanza di stime significative relative ad una comprovata efficacia dei BCA, la disponibilità di nuovi pesticidi di sintesi a bassa tossicità e biodegradabili, gli alti costi connessi alla registrazione e l’assenza di una procedura di registrazione unificata a livello internazionale, la scarsa informazione ed un’insufficiente assistenza offerta dai rivenditori sono solo alcuni dei “colli di bottiglia”. Il maggior ostacolo rimane, comunque, l’elevato utilizzo di sostanze chimiche di sintesi, favorito dal prezzo relativamente basso e stimolato dal “giro” commerciale così vasto e proficuo che è difficile limitare gli investimenti verso tale settore. Di seguito si passa a presentare un quadro della coltura della fragola. La scelta di questa coltura deriva dal fatto che essa rappresenta per la maggioranza dei consumatori un prodotto dal “fascino particolare” ma che, purtroppo, si colloca nella lista dei dieci prodotti da evitare a causa della presenza di residui chimici. Sono state descritte e analizzate le principali avversità, i vari metodi di coltivazione (in suolo e fuori suolo) ed il mercato di tale frutto sia a livello generale che in riferimento alla realtà trentina. I maggiori problemi fitosanitari riscontrati sono riconducibili all’oidio, botrite, rizoctonia e acari. Tra questi particolare attenzione richiede l’oidio che, ad esempio, in Trentino risulta essere la malattia fungina più pericolosa per la coltivazione della fragola fuori suolo. Una successiva valutazione dei costi e quindi della redditività di tale comparto mostra come in Trentino tale coltura sia particolarmente proficua (19.140 €/ha) rispetto sia alla redditività media riscontrata in Italia (10.731 €/ha) sia a quella di molti altri paesi europei (Spagna e Germania). Questo risultato è ottenuto soprattutto grazie alle elevate rese per ettaro, ottenute con un’alta specializzazione della tecnica colturale; grazie all’eccellente livello qualitativo e al fatto che da 115 questi ambienti, arrivino sul mercato le uniche produzioni nel periodo estivoautunnale che permettono di ottenere prezzi particolarmente interessanti per l’agricoltore. Inoltre sul territorio trentino opera l’azienda leader in Italia per la produzione e commercializzazione del comparto dei piccoli frutti e della fragola: l’APASO. Ciò che ha permesso di collegare gli agenti di biocontrollo e la coltura della fragola è la constatazione che essa è uno dei frutti più graditi dal consumatore e che i residui dei fitofarmaci trovati su questo alimento hanno superato la soglia massima di residuo ammesso dalla legislazione comunitari a causa dei numerosi trattamenti antiparassitari (12) a cui è sottoposto. Si è realizzata, quindi, una valutazione economica con lo scopo di capire quanto sia attuabile e fattibile l’uso dei BCA nel panorama trentino, usando i dati di alcune sperimentazioni, condotte in due siti trentini (Cirè e Canezza) con diverse condizioni ambientali e pressione della malattia, relative all’uso di agenti di biocontrollo sulla fragola Vengono confrontate 10 strategie differenti, basate su una diversa sequenza dei principi attivi chimici e agenti di biocontrollo, in funzione del costo dei trattamenti effettuati, inteso come prezzo dei prodotti più il costo del lavoro per effettuarli, della perdita di produzione subita e del residuo finale nel prodotto. Dalla valutazione è emerso che le strategie che usano come unico mezzo di difesa gli agenti di biocontrollo (Trichodex, AQ10 e Serenade) non offrono una protezione sufficiente contro l’oidio per la fragola e non possono costituire, al momento attuale, un’alternativa accettabile da parte dell’agricoltore a livelli commercialmente soddisfacenti. Invece, una delle strategie miste (la numero 6), che utilizza una sequenza di principi attivi chimici di sintesi integrata con trattamenti a base di agenti di controllo biologico, non solo rappresenta un’ottima alternativa applicabile ma è anche sostenibile sotto tutte le tre dimensioni: ambientale, sociale ed economica. In uno dei due siti (Cirè) essa raggiunge un buon livello di controllo, in quanto la perdita di produzione è moderata e pari al 3.3%, riduce il numero di trattamenti chimici, non presenta residui determinabili nel prodotto finale e, aspetto più importante, ha un costo inferiore rispetto al programma convenzionale. Al contrario, nell'esperimento in Canezza, la stessa 116 strategia “6” mostra una perdita di resa pari al 8.33%, quindi superiore a quella media accettabile (5%). Questo non implica automaticamente che sia insostenibile ma sottolinea uno dei fattori più importanti per la sostenibilità dell’uso dei BCA: la valorizzazione della sicurezza del prodotto così ottenuto. Data la crescente disponibilità a pagare per prodotti più sicuri (Siikamäki, 1997), diventa fondamentale trovare dei meccanismi di differenziazione che garantiscono un prezzo-premio a quegli agricoltori che producono prodotti più sicuri usando meno antiparassitari, compensandoli della maggior perdita di prodotto. La letteratura mette in rilievo come l'integrazione verticale porta a minori residui finali (Kilmer et al., 2001) e che la convinzione del leader all'interno di un'organizzazione è fondamentale per il successo dei questi progetti (Gelernter e Lomer, 2000). A questo riguardo, è importante sottolineare che, nel caso trentino, la cooperativa di Sant'Orsola opera già alcune strategie per assicurare un prezzo-premio ai produttori. Essa finanzia, infatti, parte dei costi per l’acquisto di tali agenti. Dall’intervista fatta al direttore dell’APASO, si deduce che il finanziamento può arrivare fino al 50%. Inoltre risulta che nella provincia di Trento sono già in atto delle misure agroambientali volte a compensare l’agricoltore delle perdite di reddito conseguenti all’applicazione di metodi di produzione più compatibili con l’ambiente. Inoltre, come emerge dall’analisi relativa ai costi e alla redditività della coltivazione della fragola, il costo degli antiparassitari ha un’incidenza non significativa sulla determinazione del costo totale (1,1%). Questo dato di fatto potrebbe costituire una spinta ulteriore verso l’uso di questi metodi, che fino ad ora, hanno come uno dei maggiori svantaggi quello dell’alto costo dei prodotti. I risultati della valutazione ci permettono, quindi, di dedurre che l’estensione dell’uso degli agenti di biocontrollo su vasta scala potrebbe avvenire a breve. In questo, il meccanismo di differenziazione ed un premium-price potrebbero svolgere un ruolo chiave e nel contempo, permettono di garantire la sostenibilità di questo metodo dal punto di vista economico. Considerata l’efficacia dell’uso dei BCA collocati in un programma di lotta integrata nel controllo dell’oidio per la fragola, si è reso opportuno condurre uno studio per capire e comprendere quanto queste tecniche possono essere applicate al mondo reale. 117 Lo scopo, quindi, della rilevazione empirica è stato, inizialmente, quello di valutare, nel panorama dei fragolicoltori trentini, sia la conoscenza attuale dei BCA e sia come viene considerato e percepito l’uso di tali agenti nella realtà, poi quello di comprendere e analizzare quali siano le problematiche generali riscontrate nell’uso degli agenti ed infine quali possano essere i suggerimenti e le strategie per catalizzare la diffusione e l’applicazione dei BCA su ampia scala. I risultati della rilevazione, realizzata mediante un questionario somministrato nell’autunno del 2004, ad un campione rappresentativo di 32 soggetti comprendenti produttori di fragole e tecnici, sono presentati brevemente qui di seguito. – Per quanto concerne il livello di conoscenza relativo agli agenti di biocontrollo e alla loro percezione da parte del mondo produttivo agricolo, le principali caratteristiche associate sono state sia quelle legate ai benefici ambientali ed ad una maggior sicurezza (il minor impatto ambientale e la maggior salubrità dei prodotti), ma anche aspetti negativi come il loro maggior costo e alla loro difficoltà di applicazione (dipendenza eccessiva, per quanto riguarda l’efficacia, dalle condizioni ambientale). È importante sottolineare come una delle caratteristiche fondamentali degli agenti, cioè la presenza di residui non determinabili nel prodotto finale al tempo della raccolta, non sia percepita come tale dal campione. Ciò rileva ancora una scarsa attenzione alla presenza di residui nei prodotti agricoli da parte degli agricoltori, che però, se interpellati in qualità di consumatori, identificano come vantaggio nell'applicazione dei BCA. Questo dato evidenzia, inoltre, che l’informazione pubblica sugli agenti di biocontrollo dovrebbe puntare molto sulla salubrità e sicurezza dei prodotti agricoli ottenibili con il loro uso, spiegandone a fondo le basi tecnico-scientifiche. – La ricerca mostra poi, che la fiducia non è data dalla pubblicità positiva o dalle informazioni fornite da riviste tecniche o dai media, ma piuttosto dall’esperienza personale positiva. Ciò dimostra quanto sia importante per l’operatore agricolo poter sperimentare personalmente o vedere risultati 118 concreti in campo, sia per conoscere, sia per superare la diffidenza verso nuovi approcci tecnici. In questo contesto, l’assistenza tecnica e le associazioni di produttori acquistano un ruolo chiave, perché adottando una strategia di attuazione di prove dimostrative anche in aziende private, possono permettere il rapido superamento della diffidenza nei confronti di nuove tecniche e permetterne la rapida diffusione nella pratica agricola quotidiana. – La terza analisi è relativa alle problematiche riscontate durante l’uso degli agenti di biocontrollo. Essa mostra come per gli agricoltori i vincoli più importanti siano: l’impossibilità di controllare totalmente la malattia solo mediante l’uso di BCA, l’eccessivo tempo da dedicare ai trattamenti e ai controlli, il costo elevato dei BCA rispetto ai principi attivi chimici e il tempismo necessario per intervenire in modo efficace. Questi aspetti negativi, se non saranno risolti dal mondo tecnico-scientifico, costituiranno un forte fattore limitante l’introduzione e l’uso degli BCA su ampia scala. – L’analisi riguardante le strategie e i suggerimenti, che i produttori hanno segnalato come opportune per promuovere i BCA, evidenzia, per prima cosa, la necessità di una maggior informazione relativa all’uso pratico dei BCA. Le tecniche e la tempistica di applicazione, le condizioni climatiche in cui è possibile utilizzarli, i dosaggi e l’integrazione nei programmi di difesa integrata sono le informazioni maggiormente richieste. Anche risultati sperimentali che dimostrino l’efficacia reale dei BCA possono dare una spinta all’introduzione di tali agenti. Di pari importanza è sentita, da parte dei produttori, la necessità di ridurre i costi economici di tale mezzo di difesa. Infatti, finché sul mercato si troveranno prodotti chimici più efficaci e a minor costo dei BCA, gli agricoltori preferiranno acquistare quelli. Un’altra strategia per promuoverne lo sviluppo è quella di richiamare l’attenzione sul basso impatto ambientale e sulla maggior sicurezza e salubrità del prodotto ottenuto attraverso l’uso di tale metodo. Seguono altre strategie interessanti per promuovere i BCA, quali: 119 sensibilizzare il consumatore, differenziare sul mercato il prodotto ottenuto con uso di BCA, garantire un prezzo maggiore per i prodotti degli agricoltori che usano tale metodo, garantire all’agricoltore un’uguale resa economica anche con compensazioni per eventuali perdite di produzione, “addestrare” i produttori all’uso dei BCA attraverso l’assistenza, registrare un maggior numero di prodotti e renderli più facilmente reperibili sul mercato. Dai risultati dello studio effettuato, è importante porre in rilievo alcuni considerazioni. Infatti, anche se i mezzi di difesa biologici per il controllo di parassiti, malerbe e malattie possono comportare un maggior lavoro ed essere apparentemente meno efficienti dei prodotti fitosanitari, essi potrebbero portare a: • metodi di produzione più sostenibili almeno dal punto di vista ambientale e sociale: un minor impatto ambientale e la riduzione degli input chimici, l’ottenimento di prodotti alimentari più sicuri per i consumatori ma anche una riduzione del rischio sul posto di lavoro per i coltivatori e, infine, una qualità di vita migliore per i residenti nelle aree ad agricoltura intensiva; • ad un possibile aumento di reddito per i produttori grazie al premio per non usare i pesticidi e per produrre in modo organico. In conclusione è importante sottolineare il fatto che un adeguato inserimento dei BCA in agricoltura sarebbe possibile percorrendo parallelamente tre strategie: • incrementare la ricerca applicata orientata all’aumento dell’efficacia ed affidabilità degli agenti; • valutare dal punto di vista economico l’introduzione dei BCA collocati in un programma di lotta integrata (IPM); 120 • considerare gli attori del contesto sociale in cui si opera: quanto e a che condizioni gli imprenditori agricoli e le associazione dei produttori siano disposti ad introdurre e utilizzare gli agenti di biocontrollo e agire sui vincoli socio-economici che ne limitano l’uso. Resta importante rimarcare il fatto che queste strategie non potranno essere implementate su ampia scala finché non saranno risolte le problematiche riscontrate dagli agricoltori in campo e attuate a “monte” alcune strategie che catalizzino l’introduzione e l’uso di tali agenti in agricoltura. È necessaria quindi un’adeguata attenzione al ruolo delle istituzioni e dei soggetti coinvolti, adottando un approccio di tipo partecipativo nel quale l’intera popolazione sia partner attivo nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. In sintesi, come per tutte le tecniche, anche lo sviluppo e l’implementazione di programmi alternativi, come l’uso degli agenti di biocontrollo, per la protezione delle piante necessitano di tempo, investimenti e di ri-educazione. Affinché l’utilizzo dei BCA possa avvenire senza diseconomie e in condizioni competitive rispetto ai concorrenti, è essenziale che tale settore possa disporre di strutture agili ed efficienti in grado di fornire i servizi per farsi conoscere sul mercato globale: ricerca e sperimentazione per un’innovazione e un miglioramento continui, assistenza tecnica agronomica e gestionale, consulenza per l’aggregazione e l’accesso alle informazioni da parte dei consumatori, formazione e informazione, promozione, facilitazioni per ricomposizioni e miglioramenti fondiari e una rete di servizi volta a facilitare i rapporti non solo con gli altri comparti della filiera, ma anche con gli altri settori produttivi. La ricerca in agricoltura, soprattutto quella relativa agli agenti di controllo biologico, necessita, quindi, di una maggiore interdisciplinarietà e collaborazione con le scienze economiche e sociali, sia per poter superare i “colli di bottiglia” che ancora impediscono l’introduzione e il collocamento di tali agenti su ampia scala sia per identificare i possibili mercati di sbocco e gli usi alternativi degli stessi. 121 122 RINGRAZIAMENTI Un sentito ringraziamento va alla Professoressa Roberta Raffaelli, al Professore Gabriele Stoppa e alla dottoressa Ilaria Pertot che mi hanno seguita, aiutata e guidata, durante la preparazione, l’analisi e l’elaborazione dell’intera tesi. Un riconoscimento va ai produttori e ai tecnici del C.A.T. e dell’APASO ai quali ho proposto il questionario e che gentilmente si sono resi disponibili per le interviste. Un grazie a Francesca ed Alessandro con cui ho trascorso questi anni e che hanno letteralmente sopportato me e le mie mille telefonate nei giorni precedenti gli esami, e non solo. Un grazie speciale a Giuliano per avermi capito ed essermi stato vicino senza ostacolare il mio percorso di studi, anche quando ho deciso di partecipare al programma Erasmus. Ringrazio i miei genitori Riccardo e Pia, mia sorella Sara, i miei fratelli, Filippo e Giancarlo, per avermi insegnato ad organizzare il mio tempo (anche se 24 ore sono poche!) e ad essere determinata. Grazie ai miei amici più cari, Mara, Daniela, Martina, Denise, Silvano per essere sempre stati al mio fianco, anche nella burrasca, ricordando loro che ogni promessa è debito. Grazie a tutti i miei colleghi del centro SafeCrop per la pazienza (Daniele & Daniele), il sostegno e l’amicizia dimostratami. Infine ringrazio anche tutti quelli che mi hanno ostacolato perché, così facendo, mi hanno dato la forza di arrivare fino alla fine. Questo lavoro è sostenuto dal Centro SafeCrop, centro per la ricerca e lo sviluppo di tecniche fitosanitarie a basso impatto sull'ambiente e sulla salute del consumatore. 123 124 BIBLIOGRAFIA AA. VV. (1997): Fragola - linee tecniche di produzione integrata. Supplemento a terra e vita, Anno XXXVIII, 26, 21-27 AA. VV. (1998): La fragola verso il 2000. Convegno Nazionale, Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Verona, 13 febbraio 1998 Aitken L., Brough E.J., Norton G.A., Foster J. (1995): Industry and community participation in agricultural extension: an integrated pest management case study. Brisbane, Australia: Cooperative Research Centre for Tropical Pest Management, p.65 Ames G., Born H., Guerena M. (2003): Strawberries: Organic and IPM Options, ATTRA Horticulture Production Guide Assante G. (1999): Uso razionale e guidato dei fitofarmaci. Corso di aggiornamento “Ambiente e sviluppo ecocompatibile: il nord e il sud del mondo a confronto”. 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Bologna, Il Mulino 134 Siti internet consultati http://europa.eu.int/comm/food/fs/ph_ps/pest/intro_en.pdf http://www.actahort.org/books/348/348_1.htm http://www.agr.unian.it/ricerca/prog_ric/cost.htm http://www.agribionotizie.it/rubriche/difesa/semi-pompelmo.htm http://www.depa.unina.it/depa/mast_bio/Difesa.pdf http://www.eufic.org/it/quickfacts/food_agriculture.htm http://www.trentinoagricoltura.it/Psr/Testo_pdf/all1.pdf+metodi+di+coltivazione+del la+fragola+in+trentino&hl=it&ie=UTF-8 http://www.macfrut.com/ita/conv_2003/relazioni/fideghelli/241_maestrelli.htm http://www.sagrafragole.it/coltivazione.htm http://www.wes.army.mil/el/aqua/apis/biocontrol/html/apis_bio.html http://www.wwf.it/news/1332002 9132.asp 135 136 ALLEGATO N°1 ISTITUTO AGRARIO DI S. MICHELE a/ADIGE (Trento) 38010 San Michele all’Adige Via E. Mach 1 Tel. 0461/615111 Fax 0461/615218 Partita IVA 01336050222 Centro SafeCrop BCA e FRAGOLE il punto di vista del produttore. SPIEGAZIONE MOTIVI DELLA RICERCA E DEL QUESTIONARIO Quali pratiche a basso impatto ambientale conosce? 1. Conosce gli agenti di biocontrollo (BCA)? 22) 137 ___________________________ SI (vai alla nr. 2) - NO (vai alla nr. SI 2. Può descriverli brevemente? ____________________________________________________ 3. Quali sono le sue fonti di informazione? Pubblicazioni scientifiche internazionali Bollettino dell’Istituto di S. Michele (IASMA Notizie) Articoli di ricerca dell’Istituto Agrario di S. Michele a/A Riviste di agricoltura nazionali (Terra e vita, Informatore Agrario, etc..) Riviste di agricoltura locali (Terra Trentina, Il Contadino, etc.) Media (TV, Radio, Internet, quotidiani) Assistenza Tecnica Istituto Agrario di San Michele Uffici provinciali/regionali di competenza Altri agricoltori Altro ________________________________________ 4. Come giudica il servizio informativo, riguardante la tematica degli agenti di biocontrollo, offerto dalle seguenti organizzazioni: (1=insodd.; 2=scarso; 3=non so ;4=buono; 5=sodd. APASO |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 5 ASSESSORATO AGRICOLTURA |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 5 ASS. TECNICA |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 5 IST. AGRARIO |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 5 5. L’attività informativa è svolta a titolo Descrittivo e divulgativo Promozionale per favorirne l’introduzione e l’uso Critico nei confronti dell’applicazione su campo Altro __________________________ 138 6. Secondo Lei, ci sono delle caratteristiche proprie che contraddistinguono gli agenti di biocontrollo dai mezzi di difesa tradizionali? (più risposte possibili) Non so – non sono informato Non si differenziano dai mezzi di difesa tradizionali Danno presenza sui prodotti alla raccolta di residui non determinabili C’è un maggior costo del trattamento Ci sono maggiori costi di controllo da parte dell’operatore Hanno un minore impatto ambientale Gli agenti di biocontrollo sono più sensibili alle condizioni climatiche ambientali Garantiscono una maggiore sicurezza lavorativa per l’operatore/agricoltore (assenza di tossicità) Hanno scarsa efficacia come unico mezzo di difesa Garantiscono un prodotto più salubre per il consumatore C’è il rischio di maggiori perdite nella produzione Hanno un’azione più blanda e più lenta rispetto ad un prodotto chimico Limitata shelf life (poco conservabili in quanto vivi) 7. Quali agenti di biocontrollo conosce: Non conosco nomi commerciali Beauveria bassiana Bacillus thuringiensis AQ10 (Ampelomyces quisqualis) Tricodex (Trichoderma harzianum) Feromoni sessuali, confusione sessuale Nematodi entomoparassiti Acari o insetti predatori Virus entomopatogeni (es. carpovirus) Altro ____________________________________ 8. Ha fiducia nell’efficacia dei BCA usati in un protocollo di lotta integrata: SI (vai alla nr. 9)– NO, ma li utilizzo (vai alla nr. 11) NO (vai al nr. 20) SI 9. Se SI, perché: Personale Altrui Precedente esperienza positiva Pubblicità positiva Promozione da parte dell’APASO Partecipazione a progetti o sperimentazioni che hanno / che intendono sviluppare e introdurre l’uso di BCA. Quali? __________________________________________ 139 10. Li Usa? SI (vai al nr. 11) - NO (vai al nr. 20) 11. Per quale/i coltura/e: Fragola Piccoli frutti (lampone, mora, ribes, mirtillo) Melo Vite Orticole Altro ____________________________________ 12. Contro quale malattia/patogeno:___________________________________________________ ________________________________________________________________________ 13. Se ha usato agenti di biocontrollo sulla fragola, per quale patogeno o insetto li ha usati? Non sono informato Oidio Botrite Acari Tripidi Oziorinco Altro ____________________________________ 14. I risultati da lei ottenuti possono essere valutati in modo Incentivanti all’utilizzo Non significativi Scoraggianti l’utilizzo 15. Quali sono i maggiori problemi riscontrati durante l’uso? ________________________________________________________________________ 16. Dove vorrebbe un servizio e/o supporto aggiuntivo? ________________________________________________________________________ 17. Dovendo valutare un’introduzione dei BCA, dove crede che questi possano trovare un ambiente più propenso e con minor difficoltà fra i 5 attori qui di seguito elencati? Org. Produttori (APASO )- Produttori -Mercato-Distribuzione-Consumatori,. Li ordini tenendo conto che il primo sarà quello con maggior propensione e minor difficoltà mentre l’ultimo sarà quello con minor propensione e maggior difficoltà ________________________________________________________________________ 140 18. Secondo lei, per promuovere degli agenti di biocontrollo su cosa si dovrebbe puntare? ________________________________________________________________________ 19. Ritiene che sia giusto fare ricerca e sviluppo in prodotti di tipo non chimico (naturale)? ________________________________________________________________________ 141 NO 20. Se no, perchè? Esperienza negativa altrui Pubblicità negativa Mai provati in precedenza Scarsa informazione dovuta ai media Paura di perdere prodotto Maggior fiducia nei mezzi di difesa chimica 21. Che cosa la può spingere ad usare tali agenti? (più risposte possibili) ________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________ 142 NO 22. Quali sarebbero i vantaggi per cui sarebbe disposto ad introdurre un agente di biocontrollo nella coltura? Riduzione di residui chimici nei prodotti |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 5 Minor costo |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 5 Aumento della biodiversità |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 5 Minore impatto ambientale |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 5 Maggior stabilità dei prodotti naturali alle diverse condizioni ambientali |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 5 Maggiore sicurezza lavorativa per l’operatore/agricoltore |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 5 Maggiore efficacia rispetto ai prodotti chimici come mezzo di difesa |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 5 Minore impatto sulla salute del consumatore |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 5 Effetti positivi a lungo termine |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 5 23. Dove vorrebbe un servizio e/o supporto aggiuntivo? ________________________________________________________________________ 24. Dovendo valutare un’introduzione dei BCA, dove crede che questi possano trovare un ambiente più propenso e con minor difficoltà fra i 5 attori qui di seguito elencati? Org. Produttori (APASO )- Produttori -Mercato-Distribuzione-Consumatori,. Li ordini tenendo conto che il primo sarà quello con maggior propensione e minor difficoltà mentre l’ultimo sarà quello con minor propensione e maggior difficoltà ________________________________________________________________________ 143 25. Secondo lei, per promuovere degli agenti di biocontrollo su cosa si dovrebbe puntare? ________________________________________________________________________ 26. Ritiene che sia giusto fare ricerca e sviluppo in prodotti di tipo non chimico (naturale)? ________________________________________________________________________ 144 Dati dell’intervistato. Genere : Età M F : Titolo di studio ___________________________________________________________ Posizione lavorativa in azienda: _____________________________________________ Dimensioni indicative dell’azienda: __________________________________________ Da quanto tempo coltiva fragole:_____________________________________________ Produttore a tempo pieno parziale Nella sua azienda qual’è l’attività prevalente in termini di tempo e lavoro? _______________________________________________________________________ Quale posizione assume la fragolicoltura? Prevalente Marginale La fragolicoltura è la Sua fonte principale di reddito: 145 SI NO 146 ALLEGATO N°2 ISTITUTO AGRARIO DI S. MICHELE a/ADIGE (Trento) 38010 San Michele all’Adige Via E. Mach 1 Tel. 0461/615111 Fax 0461/615218 Partita IVA 01336050222 Centro SafeCrop FRAGOLE in Trentino il punto di vista dell’APASO SPIEGAZIONE MOTIVI DELLA RICERCA- E DEL QUESTIONARIO 1. L’APASO, come organizzazione leader nel settore dei piccoli frutti, quali strategie promuove per la difesa delle colture? Adozione di un protocollo di lotta integrata Uso dei tradizionali mezzi di difesa (Lotta chimica) Uso di soli prodotti naturali Uso di organismi naturali in un programma di lotta integrata Altro (le descriva) __________________________________________ Non risponde 2. Conosce gli agenti di biocontrollo (BCA)? nr.20) 147 SI (vai al nr.2) NO (vai al SI 3. Può descriverli brevemente? ____________________________________________________ 4. Secondo Lei, ci sono delle caratteristiche proprie che contraddistinguono i BCA dai mezzi di difesa tradizionali? (più risposte possibili) Non so – non sono informato Non si differenziano dai mezzi di difesa tradizionali Presenza di residui non determinabili Maggior costo del trattamento Aumenta la biodiversità Maggiori costi di controllo da parte dell’operatore Minore impatto ambientale Maggior sensibilità alle condizioni climatiche ambientali Maggiore sicurezza lavorativa per l’operatore/agricoltore Bassa efficacia come unico mezzo di difesa Prodotto più salubre del consumatore Maggior perdita di prodotto Effetti a lungo termine Limitata shelf life 5. Quali agenti di biocontrollo conosce: Non conosco nomi commerciali AQ10 Tricodex Feromoni Predatori Altro ____________________________________ 6. Quali sono le sue fonti di informazione? Pubblicazioni scientifiche internazionali Articoli di ricerca dell’Istituto Agrario di S. Michele a/A Assistenza Tecnica Assessorato all’agricoltura Altri agricoltori Riviste di agricoltura (Terra Trentina, Informatore Agrario, Il Contadino, etc..) Media (TV, Radio, Web, quotidiani) Altro ________________________________________ 148 7. Come giudica il servizio informativo, sulla tematica degli agenti di biocontrollo, offerto dalle seguenti organizzazioni: (1=insodd.; 2=scarso……) ASSESSORATO AGRICOLTURA |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 5 ASS. TECNICA |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 5 IST. AGRARIO |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 5 8. L’attività informativa degli enti sopra citati è svolta a titolo Descrittivo e divulgativo Promozionale per favorirne l’introduzione e l’uso Critico nei confronti dell’applicazione su campo Altro __________________________ 9. Come si pone l’APASO nell’ambito di tali agenti ? ( più risposte possibili) Non ha ancora preso in considerazione tale tematica Svolge attività informativa verso i soci Informa e promuove direttamente Ha già sviluppato progetti e/o attività sperimentali Ha intenzione di svilupparne 10. L’APASO non ha adottato/adotta tali agenti perché: Esperienza negativa altrui Esiti negativi di esperimenti in campo riportati in riviste economicoscientifiche Mai provati in precedenza Diffidenza nel proporre un mezzo di difesa con minor efficacia(e quindi maggior perdita di prodotto) rispetto al tradizionale Diffidenza nel proporre un mezzo di difesa con maggior costi Maggior fiducia nei mezzi di difesa chimica 149 11. Quali strategie avete utilizzato/pensate di utilizzare per motivare l’associato e/o produttore all’utilizzo di questo tipo di mezzi di controllo? Maggior prezzo della fragola al kg per il produttore APASO finanzia parte del costo per l’acquisto di tali agenti APASO rimborsa parte della perdita subita dall’uso di tali agenti APASO offre un’assistenza costante gratuita per ridurre il fattore d’errore d’applicazione APASO sostiene una campagna promozionale e di sensibilizzazione a favore di prodotti con residuo non determinabile Altro ________________________________________________________ Nessuna strategia per motivare l’uso Non sono informato 12. APASO ha svolto/svolge indagini e analisi di mercato per valutare un eventuale uso di tali agenti: Si No 13. Se si, quali aspetti sono stati analizzati? __________________________________________________________________ _______________________________________________________________ 14. Con risultati Incentivanti all’utilizzo Non significativi Scoraggianti l’utilizzo 14. Se eventuali progetti e/o attività sperimentali sono già stati effettuati, quali sono stati i risultati? (max due risposte) Incentivanti all’utilizzo Non significativi Scoraggianti l’utilizzo 15. Quali sono le sue considerazioni positive e/o negative durante l’uso/esperimenti dei BCA? 16. Se utilizzate, quali strategie di marketing adottate per proporre/promuovere il prodotto trattato con agenti di biocontrollo ? Come pensate di o avete valorizzato le caratteristiche del prodotto? 150 17. Quali sono i problemi maggiori riscontrati nel adottare/proporre i BCA? Diffidenza dei produttori Scarsa comprensione del valore aggiunto da parte dei consumatori Non c’è mercato per prodotti ottenuti con tali metodi Difficoltà nel contraddistinguere il prodotto così ottenuto da quelli già presenti sul mercato Altro__________________________________________________________ 18. Per la fragola, contro quale patogeno: Non sono informato Oidio Botrite Acari Altro ____________________________________ 19. Dovendo valutare un’introduzione dei BCA, dove crede che questi possano trovare un ambiente più propenso e con minor difficoltà fra i 5 attori qui di seguito elencati? Org. Produttori (APASO )- Produttori -Mercato-Distribuzione-Consumatori,. Li ordini tenendo conto che il primo sarà quello con maggior propensione e minor difficoltà mentre l’ultimo sarà quello con minor propensione e maggior difficoltà 151 NO, NON CONOSCO 20. Definizione BCA. Quali sono le sue impressioni a riguardo? (più risposte possibili) Dalle informazioni fornite, che cosa l’ha colpita di più? __________________________________________________________________ 21. Il ruolo chiave per la promozione di tali agenti, secondo lei, a chi spetta (max 2 risposte)? APASO Assessorato provinciale all’agricoltura Assistenza tecnica Istituto Agrario di San Michele a/A Altro ______________________________ 22. Dalle informazioni fornite, che cosa l’ha colpita di più? Presenza di residui non determinabili |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 Maggior costo |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 Aumenta la biodiversità |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 Maggiori costi di controllo da parte dell’operatore |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 Minore impatto ambientale |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 Maggior sensibilità alle condizioni climatiche ambientali |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 Maggiore sicurezza lavorativa per l’operatore/agricoltore |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 Bassa efficacia come unico mezzo di difesa |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 Minore impatto sulla salute del consumatore |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 Effetti a lungo termine |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 152 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 23. Dovendo valutare un’introduzione dei BCA, dove crede che questi possano trovare un ambiente più propenso e con minor difficoltà fra i 5 attori qui di seguito elencati? Org. Produttori (APASO )- Produttori -Mercato-Distribuzione-Consumatori,. Li ordini tenendo conto che il primo sarà quello con maggior propensione e minor difficoltà mentre l’ultimo sarà quello con minor propensione e maggior difficoltà 153 154 ALLEGATO N°3 ISTITUTO AGRARIO DI S. MICHELE a/ADIGE (Trento) Centro SafeCrop 38010 San Michele all’Adige Via E. Mach 1 Tel. 0461/615111 Fax 0461/615218 Partita IVA 01336050222 FRAGOLE in Trentino il punto di vista del C.A.T. 1. Il C.A.T. quali strategie promuove per la difesa delle colture? Adozione di un protocollo di lotta integrata Uso dei tradizionali mezzi di difesa (Lotta chimica) Uso di soli prodotti naturali (agenti di biocontrollo, estratti vegetali, insetti/acari predatori) Uso di organismi naturali (agenti di biocontrollo, estratti vegetali, insetti/acari predatori) in un programma di lotta integrata Altro (le descriva) __________________________________________ Non risponde 2. Conosce gli agenti di biocontrollo (BCA), cioè quei mezzi di origine naturale (insetti, microrganismi, estratti naturali) che consentono di ridurre sotto una soglia accettabile malattie ed insetti o acari dannosi per le piante? SI (vai al nr.3 ) NO ( vai alla nr.20) 155 SI 3. Può darne una breve descrizione? ____________________________________________________ 4. Secondo Lei, ci sono delle caratteristiche proprie che contraddistinguono gli agenti di biocontrollo dai mezzi di difesa tradizionali? (più risposte possibili) Non so – non sono informato Non si differenziano dai mezzi di difesa tradizionali Danno presenza sui prodotti alla raccolta di residui non determinabili C’è un maggior costo del trattamento Ci sono maggiori costi di controllo da parte dell’operatore Hanno un minore impatto ambientale Gli agenti di biocontrollo sono più sensibili alle condizioni climatiche ambientali Garantiscono una maggiore sicurezza lavorativa per l’operatore/agricoltore (assenza di tossicità) Hanno scarsa efficacia come unico mezzo di difesa Garantiscono un prodotto più salubre per il consumatore C’è il rischio di maggiori perdite nella produzione Hanno un’azione più blanda e più lenta rispetto ad un prodotto chimico Limitata shelf life (poco conservabili in quanto vivi) 5. Quali agenti di biocontrollo conosce: Non conosco nomi commerciali Beauveria bassiana Bacillus thuringiensis AQ10 (Ampelomyces quisqualis) Tricodex (Trichoderma harzianum) Feromoni sessuali, confusione sessuale Nematodi entomoparassiti Acari o insetti predatori Virus entomopatogeni (es. carpovirus) Altro ____________________________________ 6. Quali sono le sue fonti di informazione? Pubblicazioni scientifiche internazionali Bollettino dell’Istituto di S. Michele (IASMA Notizie) Articoli di ricerca dell’Istituto Agrario di S. Michele a/A Riviste di agricoltura nazionali (Terra e vita, Informatore Agrario, etc..) Riviste di agricoltura locali (Terra Trentina, Il Contadino, etc.) 156 Media (TV, Radio, Internet, quotidiani) Assistenza Tecnica Istituto Agrario di San Michele Uffici provinciali/regionali di competenza Altri agricoltori Altro ________________________________________ 7. Come giudica il servizio informativo, sulla tematica degli agenti di biocontrollo, offerto dalle seguenti organizzazioni: (1=insodd.; 2=scarso……) ASSESSORATO |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 5 ALL’AGRICOLTURA ASS. TECNICA |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 5 IST. AGRARIO |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 5 8. L’attività informativa in generali sugli agenti di biocontrollo degli enti sopra citati è svolta in modo Descrittivo e divulgativo Promozionale, per favorirne l’introduzione e l’uso Tende a scoraggiare l’applicazione su campo Altro __________________________ 9. Come si pone il C.A.T. nell’ambito di tali agenti ? ( più risposte possibili) Non ha ancora preso in considerazione tale tematica Ha già sviluppato progetti e/o attività sperimentali Informa e promuove attivamente l’utilizzo Svolge solo attività informativa verso i soci Ha intenzione di sviluppare nuovi progetti e sperimentazioni 10. Quali sono i problemi maggiori riscontrati nel adottare/proporre i BCA? Difficoltà nel controllare malattie ed insetti Costi elevati per i produttori Diffidenza dei produttori Scarsa comprensione del valore aggiunto da parte dei consumatori Non c’è un mercato differenziato per prodotti ottenuti con tali metodi Difficoltà nel contraddistinguere il prodotto così ottenuto da quelli già presenti sul mercato Altro________________________________________________________ 157 11. Se ha consigliato agenti di biocontrollo sulla fragola, per quale patogeno o insetto li ha usati? Non sono informato Oidio Botrite Acari Tripidi Oziorinco Altro ___________________________________ 12. Dovendo valutare un’introduzione dei BCA, dove crede che questi possano trovare un ambiente più propenso e con minor difficoltà fra i 5 attori qui di seguito elencati? Produttor isingoli- Org. Produttori (APASO )-Mercato – Distribuzione Consumatori Li ordini tenendo conto che il primo sarà quello con maggior propensione e minor difficoltà mentre l’ultimo sarà quello con minor propensione e maggior difficoltà 13. Quali strategie secondo Lei sono utili da utilizzare per motivare l’associato e/o produttore all’utilizzo di questo tipo di mezzi di controllo? Maggior prezzo della fragola al kg per il produttore finanziare parte del costo per l’acquisto di tali agenti rimborsare parte della perdita subita dall’uso di tali agenti offrire un’assistenza costante gratuita per ridurre il fattore d’errore d’applicazione sostenere una campagna promozionale e di sensibilizzazione a favore di prodotti con residuo non determinabile Altro _________________________________________________________ Nessuna strategia per motivare l’uso (vai al nr. 18) Non sono informato 14. Il C.AT. ha svolto/svolge indagini e analisi di mercato per valutare un eventuale uso di tali agenti: Si No 15. Se si, quali aspetti sono stati analizzati? ____________________________________________________________________ __________________________________________________________ 158 16. Con risultati Incentivanti all’utilizzo Non significativi Scoraggianti l’utilizzo 17. Se eventuali progetti e/o attività sperimentali sono già stati effettuati, quali sono stati i risultati? (max due risposte) Incentivanti all’utilizzo Non significativi Scoraggianti l’utilizzo 18. Può descrivere i progetti fatti? ____________________________________________________________________ 19. Il C.A.T. non ha adottato/adotta tali metodi perché: Sono tecnicamente inaffidabili Ho maggior fiducia nei mezzi di difesa chimica Diffidenza nel proporre un mezzo di difesa con minor efficacia(e quindi maggior perdita di prodotto) rispetto al tradizionale Diffidenza nel proporre un mezzo di difesa con maggior costi Esperienza negativa altrui Hanno dato esiti negativi in esperimenti in campo riportati in riviste economico-scientifiche Non li ho mai provati in precedenza 159 RISPONDERE SOLO SE NON SI CONOSCONO I BCA 20. Quali sarebbero i vantaggi per cui sarebbe disposto ad introdurre un agente di biocontrollo nella coltura? Riduzione di residui chimici nei prodotti |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 Minor costo |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 Aumento della biodiversità |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 Minore impatto ambientale |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 Maggior stabilità dei prodotti naturali alle diverse condizioni ambientali |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 Maggiore sicurezza lavorativa per l’operatore/agricoltore |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 Maggiore efficacia rispetto ai prodotti chimici come mezzo di difesa |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 Minore impatto sulla salute del consumatore |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 Effetti positivi a lungo termine |__________|__________|__________|__________| 1 2 3 4 160 5 5 5 5 5 5 5 5 5