A proposito della discriminazione verso i musulmani

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A proposito della discriminazione verso i musulmani
A proposito della discriminazione verso i musulmani
Redattore sociale, 13.0228/05/2009
Molte in Europa le discriminazioni a danno della minoranza musulmana. Sono molte di più di quelli
denunciate. È quanto emerge dal secondo rapporto Eu-Midis. Un musulmano su 3 dichiara di aver subito un
atto discriminatorio; l'11% sostiene di essere stato vittima di un crimine razziale
BRUXELLES/VIENNA – Anche per la minoranza musulmana i casi di discriminazione sono molti di
più di quelli effettivamente denunciati alle autorità o alla Ong: è quanto emerge dal secondo
rapporto Eu-Midis su discriminazione e crimini razziali nei confronti di gruppi di immigrati e di
minoranze etniche pubblicato dall’Agenzia europea per i diritti fondamentali (Fra). Il primo aveva
riguardato i rom. Un musulmano su tre tra quelli interpellati dichiara di aver subito un atto
discriminatorio nei 12 mesi precedenti l’intervista (condotta da Gallup), mentre l’11% sostiene di
essere stato vittima di un vero e proprio crimine razziale. Ma la grande maggioranza (79%) di
questi incidenti non viene riportato, soprattutto per mancanza di fiducia in istituzioni e autorità
governative e non governative, dato che si ritiene che una denuncia non cambierebbe la situazione
(per 59% degli intervistati) oppure perché la discriminazione viene vissuta come un fatto abituale
che fa percepire una denuncia come superflua (per il 38%). Una tendenza più accentuata per le
persone di recente migrazione: il 41% degli interpellati musulmani maschi privi di cittadinanza
ritiene di essere stato vittima di discriminazione, contro il 27% degli uomini musulmani in possesso
della cittadinanza. Ma la discriminazione nei confronti della minoranza musulmana non viene
percepita come dovuta al credo religioso ma piuttosto all’origine etnica (l’indagine ha riguardato
musulmani arabi, turchi e balcanici). Infatti è emerso che vestire abiti tradizionali (come ad
esempio il velo per le donne) non aumenta la probabilità di subire discriminazioni, e solo il 10%
degli intervistati dichiara di essere stato discriminato per la propria fede. Le forze di polizia
vengono viste con sfiducia, soprattutto dai giovani. Uno su quattro è stato fermato per un controllo
nei 12 mesi precedenti l’inchiesta: tra questi, il 40% ritiene che i controlli fossero dovuti soltanto
all’origine etnica. Le discriminazioni avvengono principalmente nel settore dell’occupazione, una
fatto che per il direttore della Fra, Morten Kjaerum, può rappresentare uno dei principali ostacoli
all’integrazione. Per Kjaerum, i risultati dell’indagine portano con loro un buon numero di domande
importanti: «C'è un'accettazione passiva della discriminazione considerata parte della vita? In che
modo ciò influisce sull'integrazione sociale e sulla coesione della comunità? Che cosa si può fare
per aumentare la fiducia nelle autorità pubbliche e nella polizia? Le autorità pubbliche hanno una
responsabilità precisa nel sostenere il processo d'integrazione; e questa include sensibilizzare
maggiormente i cittadini sui loro diritti. Tutte le vittime del razzismo devono avere accesso alla
giustizia, non solo in teoria ma anche in pratica». I prossimi due rapporti Eu-Midis saranno
pubblicati in autunno e riguarderanno l’applicazione della legge anti-discriminazioni e la
conoscenza dei propri diritti. (mm).
Italia tra i paesi più intolleranti verso i musulmani Rapporto Eu-Midis: dalla ricerca del lavoro alla possibilità di
ottenere un prestito i nordafricani registrano le più alte percentuali di discriminazione percepita rispetto agli
altri 13 paesi analizzati
BRUXELLES/VIENNA – È l’Italia uno dei paesi a dimostrarsi più intollerante verso i musulmani, o
meglio, verso i migranti nordafricani. È quanto emerge da un’analisi dei dati riguardanti la penisola
contenuti nel rapporto Eu-Midis sui musulmani pubblicato oggi dall’Agenzia europea per i diritti
fondamentali (Fra). I nordafricani presenti in Italia registrano le più alte percentuali di
discriminazione percepita rispetto agli altri 13 paesi coperti dall’inchiesta Fra nelle nove aree
d’indagine, riguardanti settori che spaziano dalla ricerca di un lavoro alla possibilità di ottenere un
prestito bancario. L’Italia registra i livelli di discriminazione più alti in quasi tutti i nove ambiti. Per
quanto riguarda il lavoro, il 39% degli intervistati in Italia dichiara di essere stato discriminato
durante la ricerca di un impiego, mentre per il 33% ciò è avvenuto sul luogo di lavoro. I dati italiani
si distaccano negativamente da quelli degli altri paesi europei anche per quanto riguarda il settore
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privato e azioni quotidiane banali come recarsi al bar (31% di casi di discriminazione nei 12 mesi
precedenti l’indagine contro il 15% registrato in Finlandia, terza nella graduatoria condotta da Malta
col 33%, anche se nel piccolo arcipelago la situazione è resa particolare dagli sbarchi dei numerosi
richiedenti asilo) o in un negozio (30% degli intervistati contro il 15% per i musulmani sub sahariani
in Finlandia), ma anche settori fondamentali come l’accesso al prestito (25% contro il 5% dei sub
sahariani in Danimarca e Finlandia), agli alloggi (29%, contro il 13% registrato in Spagna, seconda
in graduatoria), alla sanità (26%, contro il 20% registrato dagli africani a Malta, anche se pure
questo dato è influenzato dagli sbarchi), ai servizi sociali (24% contro il 10% dei sub sahariani in
Danimarca e dei Turchi in Germania) ed educazione (23% contro l’11% dei turchi in Germania e
Danimarca). Visti questi dati che spiccano così negativamente dalla media europea, la Fra non
può fare altro che raccomandare alle autorità italiane l’adozione di politiche specifiche per questo
gruppo. Italia in primis e Spagna in secondo luogo si distaccano per l’alta incidenza dell’ethinc
prolifing, ovvero la tendenza delle forze di polizia nel fermare le persone per controlli sulla sola
base della loro origine etnica. In Italia il 74% degli intervistati che sono stati fermati dalla polizia nei
12 mesi precedenti l’intervista (ovvero il 28% tra questi, una percentuale inferiore a quelle di
Spagna, 42%, o Francia, 44%) dichiara che ciò sia avvenuto a causa dell’origine etnica (74% in
Spagna). L’ethnic profiling percepito aumenta considerevolmente nei controlli agli aeroporti: l’86%
dei nordafricani ritiene di essere stato controllato a causa della propri etnia al momento di varcare
le frontiere italiane. (mm)
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