Pubblicazioni scientifiche

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Pubblicazioni scientifiche
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Editoriale
Malattia Emorroidaria: malattia delle vene?
C.Franceschi
Se noi ammettessimo che la malattia emorroidaria si possa vedere solo nei soggetti predisposti per
un’anomalia primaria della parete venosa associata a problemi della micro-circolazione, dovremmo
ammettere allo stesso tempo, come la clinica ci dimostra quotidianamente, che certi fattori isolati o
raggruppati, siano molto probabilmente necessari per la sua espressione (ipertensione portale,
gravidanza, alimentazione, igene intima, stitichezza).
La responsabilità relativa di ciascuno di questi fattori merita d’essere valutata se vogliamo
abbozzare una prima analisi fisiopatologica.
Se prendessimo in considerazione i più frequenti tra questi fattori (alimentazione, stitichezza, igene
intima) potremmo chiederci come i fattori stessi possano favorire l’espressione della malattia. In
questi casi l’effetto venoso diretto sarebbe meno evidente che durante la gravidanza o l’ipertensione
portale.
L’ipotesi di una doppia aggressione del canale anale, meccanica (stitichezza) e chimica (residui
fecali), merita di essere studiata in maniera più approfondita, dal momento che la mucosa che lo
ricopre risulta essere particolare (mucosa di transizione, come l’oro-faringe). In questo caso il
fattore d’aggressione venosa sarebbe secondario a un attacco della mucosa del canale anale
(infiammazione, infezione).
Resta ancora da provare quest’ipotesi.
Un esperimento semplice consistente nell’idratare il bollo fecale distale, per impedire il
traumatismo della defecazione e per eliminare tutti i residui fecali presenti nel canale anale. Questo
semplice esperimento dovrebbe bastare.
A tal proposito è stato creato uno strumento che permette di immettere un getto d’acqua, capace per
la sua particolare geometria e senza una forte pressione, di penetrare a distanza all’interno del
canale anale. Tutto questo avviene senza l’utilizzo di una cannula invasiva, senza contatto con lo
strumento, e senza più creare spasmi riflessi dello sfintere.
Questo principio di getto “intra-canale anale” a distanza (Intrajet) è stato testato su 30 soggetti
portatori di malattia emorroidaria a diversi gradi di evoluzione, tra i quali una donna incinta.
L’esperimento è consistito in due iniezioni, ognuna delle quali di una durata compresa tra i 3 e i 4
secondi, una precedente e l’altra a seguito di ogni defecazione.
I risultati hanno evidenziato un’efficacia costante e rapida (qualche giorno) nei confronti dei rischi
funzionali (prurito, dolori permanenti, dolori durante la defecazione, stitichezza), ma anche nei
confronti di sanguinamenti e trasudazione, con soppressione degli episodi di trombosi.
Parallelamente il volume delle emorroidi e dei prolassi si è ridotto in modo più graduale,
raggiungendo comunque una riduzione completa in certi soggetti in un periodo variabile tra qualche
settimana e qualche mese. Nei casi più complessi la riduzione, anche se importante, non è stata
completa dopo alcuni mesi di utilizzo.
Cosa rimane della malattia emorroidaria quando i pazienti non soffrono più, non sanguinano più,
non trasudano più e vedono il volume delle loro emorroidi regredire?
*Traduzione libera da pubblicazioni originali
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Article Original
EMORROIDI: MALATTIA DELLE VENE O DI UN QUARTO FATTORE?
TENTATIVO DI UN’ANALISI FISIOPATOLOGICA.
COSEGUENZE TARAPEUTICHE
C.FRANCESCHI (PARIS)
Act.Méd.Int. – Angiologie (8), n° 145, décembre 1991
Un soggetto su tre soffre di emorroidi e questo ci permette di affermare che costituiscono una vera e
propria malattia sociale.
Queste piccole problematiche sepolte nell’ultimo lato dell’intimità, spesso nascoste da coloro che
ne sono afflitti come una tara umiliante confessata al proprio medico con un atteggiamento di
vergognosa sottomissione, non possono lasciare indifferente l’angiologia. Si tratta infatti di vene
gonfie, di trombosi e di sanguinamenti. Ma si tratta veramente di una malattia primitivamente
vascolare?
BASI FISIOPATOLOGICHE: LE IPOTESI
Tre fattori responsabili dei diversi gradi variabili della malattia emorroidaria sono ipotizzati dagli
autori d’oggi giorno (J.C.Sarles e R. Copè per Proctologie, Masson editore).
Un fattore meccanico: si tratterebbe di scivolamento e prolasso delle emorroidi favoriti dalla
lassità della sottomucosa anale e degli elementi muscolo-legamentari di sostegno e provocati per
una spinta della defecazione, spinta per altro più forte e dunque più patogena nei soggetti stitici.
Un fattore vascolare: qui dominano gli shunts arterio-venosi della sottomucosa anale, soprattutto
superficiale e profonda, che si aprono sotto l’effetto di aggressioni alimentari del tubo digerente e
meccaniche della regione ano-rettale, capaci di modificare la vasomotricità pelvica e digestiva e
responsabili degli eritemi e dei sanguinamenti, indipendentemente il più delle volte dalle stesse
emorroidi.
Un fattore sfinteriale: un’iper tonicità sfinteriale di base frequente nei pazienti che soffrono di
emorroidi che provocherebbe paradossalmente il prolasso responsabile delle rettoraggie e
ritarderebbe la reintegrazione mucosa dopo la defecazione rendendo problematica la circolazione di
ritorno per strangolamento.
Gli autori concludono: “pare comunque che queste concezioni etiopatogeniche nuove facciano
apparire le emorroidi come formazioni normali e fino a certi limiti utili”.
Al di là di questi tre fattori che abbiamo appena riportato noi ne proponiamo un quarto che
completandoli senza contraddirli ci sembra determinante non solo per meglio comprendere la
fisiopatologia, ma ancora per trarne delle conseguenze terapeutiche più semplici e più efficaci,
perché secondo alcuni, lo ripetiamo, un soggetto su tre soffrirebbe di emorroidi.
IL QUARTO FATTORE
La malattia emorroidaria sarebbe essenzialmente la conseguenza di una malattia della mucosa
anale, provocata da un’aggressione diretta e doppia, meccanica e chimica (nella quale la seconda è
solo necessaria e sufficiente, mentre la prima è soprattutto aggravante) per un mal funzionamento
della defecazione. Esso è in gran parte legato alle condizioni della vita civilizzata, che lascerebbe
dei residui fecali sulla mucosa del canale anale, poco tollerante ai residui stessi, considerando la sua
natura che la differenzia da quella della mucosa digestiva vera e propria, non solo per la sua
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istologia (epitelio di transizione a partire dalla linea pectinea) ma senz’altro anche per la sua
fisiologia.
Questa malattia della mucosa comprende delle reazioni infiammatorie locali responsabili dell’iper
vascolarizzazione, delle veniti, le trombosi emorroidarie e delle fragilità della mucosa alle
aggressioni meccaniche (ragadi, sanguinamenti) e batteriche (trasudamenti, ascessi).
Perché questa mucosa anale sarebbe più “fragile” rispetto al tubo digerente a queste aggressioni?
Possiamo ipotizzare come abbiamo detto che non si tratta, come succede nella mucosa oro-faringea,
di una mucosa digestiva, ma di una mucosa di transizione (cf l’embriologie) che mal tollererebbe i
residui fecali, anche se in piccola quantità (influenza particolarmente nociva di certi alimenti). Il
peperoncino che brucia in bocca attraversa in silenzio l’intestino e provoca un’acutizzazione
dell’infiammazione anale il giorno successivo, avrebbe senza dubbio lo stesso effetto, ma
immediatamente, se fosse direttamente introdotto nel canale anale. Pertanto la defecazione
fisiologica ideale porterebbe ad un’evacuazione “perfetta”, senza nessun residuo nel canale anale.
Basterebbe dunque che questa funzione non venisse perfettamente compiuta perché la mucosa si
ammalasse. Questo è senza dubbio il problema. Infatti le abitudini create dalla civilizzazione
favoriscono la stasi fecale rettale e la disidratazione del bolo fecale distale, motivo per il quale
l’evacuazione non è solo meccanicamente aggressiva per il canale ma lascia dei residui in esso.
In più questa stasi favorirebbe una macerazione intrarettale nella quale i prodotti andrebbero a
stazionare oltre la linea pectinea. Il circolo vizioso sarebbe così attivato e l’irritazione del canale
provocherebbe a sua volta problemi per l’evacuazione.
GLI ELEMENI DI PROVA
È sempre difficile fornire una prova diretta di un’ipotesi. Ciò nonostante una prova indiretta può a
volte farla diventare possibile. Se un trattamento riuscisse chiaramente a far sparire le aggressioni
meccaniche e chimiche della mucosa anale, portando alla guarigione sostenuta dei sintomi
funzionali e fisici della malattia emorroidaria, quella sarebbe la prova indiretta.
MATERIALI E METODI
A tal proposito abbiamo elaborato un sistema che permetta da una parte di contrastare l’aggressione
meccanica idratando il bolo fecale distale prima della defecazione e dall’altra parte elimini i residui
fecali conseguenti alla stessa.
Abbiamo fatto anche si che il sistema non risulti aggressivo chimicamente e meccanicamente, ne
contaminante.
Dovrebbe alla fine essere di semplice utilizzo quotidiano e non scomodo.
Il principio consiste nel far penetrare nel canale anale un getto d’acqua erogato a distanza dall’ano
da un’attrezzatura esterna, senza dunque contatto ne contaminazione, di una pressione abbastanza
lieve da non traumatizzare ne andare oltre il basso retto, di una forma e direzione particolari in
modo che sia penetrante.
Questo getto è immesso prima e a seguito della defecazione per una durata di 4-6 secondi.
Il dispositivo è composto da una canna legata all’alimentazione dell’acqua attraverso un tubo
fornito di un rubinetto che possiede una maniglia piegato a 40° nella sua estremità, in modo che
posto sotto l’ano col paziente seduto sul water, l’orifizio d’uscita del liquido vada a finire dentro il
canale anale. Questo orifizio è composto da una fessura particolare che produce un getto piatto e
rettangolare nel quale la punta si forma a 25 mm dall’orifizio in modo che il contatto di questo
punto focale del getto con l’orifizio anale assicuri una facile penetrazione (anche se il getto è un po’
decentrato), per un risciacquo efficace del canale anale e del basso retto senza andare oltre. Questa
piccola quantità d’acqua viene dunque completamente e rapidamente evacuata. Questa forma di
getto così particolare permette una penetrazione facile ed indolore ad una pressione poco elevata.
Infatti i getti per doccino oppure i getti cilindrici richiedono una pressione molto più alta per
penetrare e possono allora essere traumatizzanti e troppo penetranti (nota 1, figura 2).
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Le cannulazioni sono poco igeniche e soprattutto traumatizzanti per il canale. Per questa ragione
l’estremità della cannula presenta un grosso anello per impedire l’inserimento. Inoltre la maniglia
presenta un piccolo contenitore nel quali è possibile immettere dei farmaci.
Il dispositivo Intrajet è stato distribuito per un anno a 30 soggetti portatori di malattia emorroidaria
a diversi stati.
Non è stato aggiunto per questo esperimento nessun farmaco nel contenitore, ne somministrata
nessuna medicazione per via locale o generale.
Lo strumento è stato utilizzato quotidianamente sostituendo i precedenti metodi di igene intima. È
stato utilizzato prima e dopo la defecazione dai pazienti stitici e solo in alcuni soggetti non stitici.
RISULTATI
I risultati sono stati completi e costanti nei confronti dei dolori, dei sanguinamenti, del prurito e
della trasudazione in alcuni giorni, e non c’è stata più recidiva di trombosi.
Il prolasso è regredito completamente nei casi meno gravi in alcune settimane. Per gli stadi IV, la
regressione è risultata dell’80% nei casi più gravi in 2 mesi.
COMMENTI
Questo studio, anche se preliminare, sembra supportare l’importanza di questa “fattore mucoso”
della malattia emorroidaria, anche se la stessa non riuscirebbe da sola a spiegare tutti gli aspetti
della malattia (preponderanza evidente dell’ipertensione portale nel paziente cirrotico,
dell’ipertensione pelvica e dell’ipotonia venosa nella donna incinta, anche se l’unica paziente
incinta con emorroidi di questo gruppo ha presentato una rapida regressione dei sintomi che i
trattamenti medici precedenti non avevano risolto).
La teoria mostra che il punto di partenza della malattia sarebbe intra canale anale e mucoso, giacchè
i pazienti avevano già utilizzato precedentemente e senza successo lavaggi esterni, e solo il lavaggio
intra canale anale ha mostrato efficicacia.
I fattori scatenanti classici trovano in quest’ipotesi la loro spiegazione nel senso che possono
aggressivi per la mucosa anale, chimicamente (alimenti aggressivi, macerazioni da sedentarietà,
irritazioni a seguito di episodi di diarrea) e/o meccanicamente (stitichezza) ma anche
secondariamente (casi particolari di dilatazione venosa primaria – gravidanza, ipertensione portale che modificando la configurazione del canale anale compromettono un’evacuazione completa dei
residui fecali, scatenando il circolo vizioso). Da notare che la sola iniezione di risciacquo intra
canale anale, dopo la defecazione, è stata sufficiente nei pazienti non stitici, fatto che tende a
rafforzare la preponderanza del fattore chimico e mucoso.
In aggiunta possiamo formulare l’ipotesi complementare che la patologia anale locale, associata o
indipendente dalla malattia emorroidaria (ragade, fistole, ascessi - di origine ghiandolare-criptica -,
prurito) potrebbe essere provocata dallo stesso processo fisiopatologico e avere lo stesso
atteggiamento preventivo e terapeutico.
Possiamo supporre che questa tecnica di igene potrebbe anche ridurre notevolmente l’incidenza
delle cisti nella donna evitando la contaminazione delle zone intime.
Non possiamo non pensare che questi metodi d’igene semplici e di un costo sociale irrisorio che
potrebbero sostituire i “bains de siège” più scomodi, meno igenici e meno efficaci così come altri
lavaggi insufficienti e traumatizzanti con la carta, potrebbero entrare nelle abitudini della vita
quotidiana riducendo considerevolmente l’incidenza di patologie scomode, costose e molto diffuse;
allo stesso tempo questi metodi d’igene dovrebbero permettere una diagnosi più precoce di malattie
tumorali nelle quali la sintomatologia non potrebbe più nascondersi dietro queste affezioni benigne
più o meno nascoste.
In conclusione per il suo carattere indolore non traumatizzante e non contaminante il sistema
Intrajet potrebbe senza dubbio migliorare il confort della somministrazione intra rettale di
medicamenti nei pazienti che ne hanno bisogno.
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Così la malattia emorroidaria, conseguenza probabile di un disordine della defecazione
fisiopatologica ideale e generata dalle abitudini della civilizzazione, potrebbe essere prevenuta e
corretta con un semplice metodo d’igene che questa stessa civilizzazione rende facile grazie
all’avvento dell’acqua corrente domestica ad una pressione sufficiente e all’invenzione di un vettore
addizionale adattato.
Si potrebbero dunque correggere gli effetti degli inconvenienti della civilizzazione attraverso i
prodotti delle sue stesse conquiste?
*Traduzione libera da pubblicazioni originali
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VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA E DELLA TOLLERANZA DI UN NUOVO
TRATTAMENTO PER LE EMORROIDI SINTOMATICHE: INTRAJET
B.Vergerau**R.Clement**M.Massonneau***C.Franceschi****
M.C.D. – 1995 - 24 – 109/111
INTRODUZIONE
Le emorroidi farebbero soffrire un soggetto su tre e costituiscono una vera malattia sociale. Lo
studio IJ-301 aveva come obiettivo la valutazione della tolleranza e dell’efficacia di Intrajet per i
casi di emorroidi sintomatiche. Intrajet è un dispositivo che permette l’introduzione d’acqua dentro
il canale anale mediante un getto la cui particolarità principale è quella di essere penetrante ad una
pressione moderata senza cannulazione ne contatto dell’attrezzo con il perineo. Quest’azione
diventa possibile grazie alle caratteristiche di focalizzazione ed orientamento del getto.
Questo studio aveva un approccio fisiopatologico e teneva in conto l’intolleranza della mucosa del
canale anale ai residui fecali anche se minimi (c.Franceschi).
MATERIALI E METODI
Il principio d’Intrajet
Abbiamo elaborato un sistema che permette da una parte d’impedire l’aggressione meccanica
idratando il bolo fecale distale prima della defecazione e dall’altra parte di eliminare i residui fecali
conseguenti alla defecazione senza aggressione chimica o meccanica ne rischio di contaminazione.
Era anche necessario che questo sistema fosse di utilizzo semplice, quotidiano, comodo ed
economico. Il principio d’Intrajet è quello di far penetrare nel canale anale un getto d’acqua
immesso a distanza dall’ano da uno strumento esterno senza dunque contatto ne contaminazione, di
una pressione abbastanza contenuta, in modo da non traumatizzare ne di andare al di là del basso
retto. Questo oggetto ha inoltre una forma ed una direzione particolari che permettono al getto di
essere penetrante. Esso è immesso prima e/o dopo la defecazione per una durata di 4-6 secondi.
Il dispositivo Intrajet è composto da una cannula connessa all’alimentazione dell’acqua attraverso
un tubo flessibile, e fornito di una valvola che possiede una manopola a 40° nella sua estremità, in
modo che posto sotto la zona perineale dal paziente seduto sul water l’orifizio d’uscita del liquido
di lavaggio dall’estremità si trovi frontalmente e direzionato rispetto al canale anale. Questo orifizio
è costituito da una fessura particolare dal momento che rende il getto piatto e triangolare con una
punta che si forma a 25 mm dall’orifizio.
Protocollo IJ-301
Lo studio IJ-301 ha ottenuto l’accordo del CCPPRB della Pitié Salpétrière nel 1992, è durato 16
mesi e si è ultimato nel novembre 1993. Questo studio si è svolto sotto la responsabilità scientifica
del dottor Bertrand Vergeau, primario del reparto di endoscopia digestiva dell’ospedale
d’Instruction des Armées Bégin. E’ stato necessario l’utilizzo di una metodologia originale dal
momento che si trattava di una idro-terapia e non di un medicamento, non essendo stato possibile
l’uso di un placebo. E’ stato dunque deciso di testare due getti d’acqua differenti:
- Un getto a pressione moderata, orientato e non focalizzato, al posto del placebo: si trattava
di un doccino anale modificato. I doccini non hanno mai dimostrato un’azione terapeutica in
protocolli di questo tipo.
- Un Intrajet che possiede un getto a pressione contenuta, orientata e focalizzata e permette un
lavaggio esterno equivalente a quello precedente ma associato ad un lavaggio interno del
canale anale.
L’esperimento IJ-301 è stato eseguito in doppio ceco con placebo, ne il medico ne il paziente
potevano sapere quale dei due getti era a loro disposizione. Per questo il protocollo imponeva al
medico, dalla prima visita, una presentazione dello studio al paziente senza esplicitare una possibile
penetrazione. Dopo l’accordo firmato dal paziente, un Intrajet senza la cannula terminale veniva
installato nel giro di una giornata. Il medico rivisitava il paziente al terzo giorno, gli consegnava
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una busta sigillata e randomizzata contenente sia una cannula di getto esterna o una cannula Intrajet
con effetti esterni e interni. Il primo esame era molto completo ed il paziente accettava di
sottomettersi ad un esame proctologico e anoscopico completo a Giorni-3, G+1, G+15 e G+90.
Popolazione
La popolazione studiata comprendeva trentuno pazienti con emorroidi sintomatiche che avevano
acconsentito a far parte dello studio. Uno dei pazienti ha deciso dopo tre giorni di non partecipare
più. La scelta di una visita medica aveva come obiettivo quello di testare l’efficacia di Intrajet in
una popolazione severamente affetta che aveva già subito diversi trattamenti precedenti. Venti
pazienti presentavano disturbi quotidiani importanti o molto importanti e ventisei pazienti
soffrivano di emorroidi da più di dieci anni.
Il gruppo che ha ricevuto solo il getto esterno era composto di sedici pazienti.
Il gruppo che ha ricevuto Intrajet era composto da quindici pazienti.
Entrambi i gruppi erano equivalenti in ciò che riguardava i criteri d’età, di sesso, di peso e di altezza
e non presentavano differenze statisticamente significative.
Risultati
Nei confronti del criterio principale che era il miglioramento globale percepito dal paziente, il 53%
(8/15) dei pazienti sotto trattamento Intrajet ha espresso dal 15esimo giorno che il miglioramento
globale era importante o molto importante, contro solamente un 25% (4/16) nel gruppo sotto
trattamento con getto esterno, p<0.001 (Fig1). Uno dei pazienti che riceveva solo il getto esterno
descriveva già quest’azione come più efficace che un semplice doccino da bagno che usava
precedentemente. A 90 giorni, la soddisfazione globale nei confronti di Intrajet si manteneva.
Per quanto riguarda i criteri secondari dello studio nessuno è stato statisticamente significativo dal
momento che si tratta di sottogruppi con un numero di pazienti troppo ridotto. Ciò nonostante la
diminuzione del dolore è da notare in tutti e due i gruppi, l’intensità del dolore è globalmente
risultata ridotta a un quarto, la riduzione del prurito è stata anch’essa importante in entrambi i
gruppi (ridotto ad un terzo). Il miglioramento della trasudazione è risultato molto favorevole per
Intrajet (si è ridotto di un 80%) mentre nel gruppo trattato col getto esterno si è ridotto di un 50%.
I pazienti che presentavano diarrea e hanno ricevuto il trattamento con Intrajet non hanno più
accusato il problema. Uno dei pazienti utilizzatore di getto esterno presentava ancora diarrea a 3
mesi. I pazienti che presentavano stitichezza importante che hanno utilizzato Intrajet non hanno più
accusato questa problematica quindici giorni dopo, fatto confermato a tre mesi. Uno dei pazienti
sotto trattamento con getto esterno presentava ancora stitichezza dopo 3 mesi. La scomparsa totale
dei sanguinamenti è stata osservata nel gruppo Intrajet dopo 15 giorni nei sei pazienti che
presentavano il problema. Degli otto pazienti che accusavano questa problematica che hanno
ricevuto il trattamento con getto esterno, quattro presentavano ancora il problema a 15 giorni e uno
a 90 giorni.
Nei confronti dell’evoluzione delle emorroidi sia Intrajet che il lavaggio esterno comportano una
diminuizione moderata delle dimensioni delle emorroidi e anche un’azione sulle marische che non
si può spiegare se non mediante un’azione anti infiammatoria peri-emorroidaria.
Intrajet riduce più rapidamente il prolasso emorroidario con la scomparsa dei casi di prolasso IIb
dopo 15 giorni, contro tre mesi per il lavaggio esterno.
Le emorroidi complicate hanno un beneficio con l’uso di Intrajet dal momento che tre casi su sette
non risultavano più essere complicati a tre mesi, contro nessun miglioramento dei sei casi sotto
lavaggio esterno. Alla fine si assiste a una scomparsa di casi di trombosi dopo 15 giorni in entrambi
i gruppi e soprattutto un’assenza di recidiva durante i 3 mesi di trattamento.
Ci sono stati tre casi in cui i pazienti non hanno più assunto lassativi dopo 15 giorni di trattamento
con Intrajet. Tra queste tre persone due hanno chiaramente associato il miglioramento ad Intrajet.
Altri quattro pazienti hanno interrotto l’assunzione di lassativi dopo tre mesi. Non si sono verificate
interruzioni di assunzioni di lassativi nel gruppo equipaggiato con getto esterno.
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Entrambi i gruppi hanno riportato il facile utilizzo dell’attrezzo dopo 15 giorni e l’eccellente
tolleranza. Non si è verificato nessun incidente che necessitasse un’interruzione di trattamento. Un
paziente ha interrotto il trattamento Intrajet perché, nonostante un beneficio percepito, provava
fastidio durante l’utilizzo, a causa del contatto dell’acqua con le emorroidi.
Conclusione
Intrajet è statisticamente più efficace del lavaggio esterno eseguito con getto orientato ma non
focalizzato (ovvero non penetrante) nei confronti del criterio principale dello studio IJ-301, che era
la soddisfazione globale dei pazienti con effetto rapido dopo 15 giorni.
In relazione ai criteri secondari numerosi elementi risultano a favore di Intrajet, anche se il numero
ridotto di soggetti in ogni gruppo non consente di stabilire una significatività statistica.
Particolarmente Intrajet sembra più efficace per i trasudamenti, che portano ad un invalidamento
nella tolleranza all’alcol. I risultati con Intrajet sono rapidi, certificati nel controllo a 15 giorni e
confermati a lungo termini a tre mesi. Questo studio randomizzato in doppio ceco contro placebo ha
coinvolto pazienti che presentavano una patologia severa e duratura, che si lamentavano spesso di
un distrubo e di fastidio quotidiano. I risultati ottenuti giustificano l’utilizzo di Intrajet nella
patologia emorroidaria e nei diversi problemi associati, in particolare la stitichezza. Il meccanismo
d’azione di Intrajet sembra associato alla nozione del “Quarto Fattore” fisiopatologico, come
definito da C.Franceschi. Trattare i sintomi di una patologia così penalizzante nella vita quotidiana
è l’obiettivo di ricerca di tante specialità, nelle quali l’efficacia non è spesso significativa.
Lo studio IJ-301 randomizzato in doppio ceco “Intrajet vs getto esterno” è stato portato avanti con
l’obiettivo di testare l’ipotesi che l’alterazione della mucosa anale secondaria alla presenza di
residui fecali sarebbe un fattore determinante nello scatenamento della malattia emorroidaria.
I risultati dimostrano una superiore efficacia del lavaggio interno dato da un getto penetrante nel
sistema Intrajet, rispetto al semplice getto esterno, e sembrano supportare questa ipotesi. Così la
patologia emorroidaria potrebbe trarre benefici da un trattamento capace di farsi carico dell’insieme
dei sintomi invalidanti di questa patologia attraverso misure d’igene semplici e poco costose che
permette questa scoperta e il nuovo attrezzo Intrajet, con un miglioramento globale importante o
molto importante nel 53% dei casi dei pazienti che presentano una patologia emorroidaria severa e
datata, nei primi 15 giorni di trattamento.
Référence
1. Franceschi C. – Hémorroides: maladies des veines ou d’un quatrième facteur? Essai
d’analyse physiopathologique . Conséquences thérapetiques. Med. Chir. Dig. 1995, 24,
27-29
*Traduzione libera da pubblicazioni originali