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lenewsdienergiambiente Agenzia di informazione quotidiana su Energia e Ambiente di Enza Plotino. Numero del 7 gennaio 2010. P.Iva 06318681001, tel.3471541463 [email protected] [email protected] IN QUESTO NUMERO: Rinnovabili promosse a Piazza Affari Rinnovabili. Una maxi-rete europea Eolico. L’Ewea e le previsioni 2010 “Witness” rivela l'impatto ambientale delle aziende Rinnovabili. In Lombardia si punta alla semplificazione amministrativa Eolico. A Urbania si attende il referendum Le nuove rotte dei rifiuti Rinnovabili promosse a Piazza Affari 7 gennaio 2010 – Nel giorno della Befana, la Borsa ha visto le società che hanno le energie rinnovabili come "core business" brillare per tutta la giornata. Non a caso, ai primi cinque posti delle azioni che hanno guadagnato di più, c’erano altrettante aziende specializzate, in particolare, nel fotovoltaico: Ergycapital (+25,77%), Terni Energia (+20,83%), K.R.Energy (+19,53%), Pramac (+13,66%) e GreenVision (+6,2%). A provocare l’interesse degli investitori è stata la novità introdotta dal Gse (Gestore dei servizi energetici) che ha semplificato le procedure per accedere alla convenzione del Conto energia. In pratica, sarà più facile - per chi ha un impianto fotovoltaico allacciato alla rete nazionale - ottenere gli incentivi destinati a chi produce energia rinnovabile dal sole. Non solo: il mercato scommette sul prossimo rinnovo del Conto Energia (il precedente meccanismo incentivante è appena scaduto): anche se si teme che sia meno remunerato che in passato, si tratta pur sempre di incentivi che hanno durata più che decennale. Infine, c’è da dire che il settore potrebbe avvantaggiarsi ancora di più in Borsa nel caso in cui Enel dovesse decidere di quotare a Piazza Affari la sua controllata che si occupa di energia rinnovabile, Enel Green Power, che è una delle prime società al mondo per capacità installata. La decisione è attesa per la prossima primavera. Rinnovabili. Una maxi-rete europea 7 gennaio 2010 - Nove paesi del Nord Europa stanno lavorando a un progetto che dovrebbe potenziare il ruolo dell'energia eolica, solare e idroelettrica. Germania, Gran Bretagna, Francia, Danimarca, Belgio, Olanda, Irlanda, Lussemburgo e Norvegia hanno firmato un primo accordo di cooperazione con l'obiettivo di costruire rapidamente, secondo il ministro tedesco dell'Economia Rainer Brüderle, una nuova rete di cavi ad alta tensione. Il progetto avrebbe un costo di circa 30 miliardi di euro su un periodo di 10 anni. L'obiettivo è di collegare i parchi eolici inglesi e tedeschi, le centrali idroelettriche norvegesi, belghe e danesi, gli impianti solari francesi e di altri paesi europei. “L'attuale rete di energia elettrica non è abbastanza potente per accogliere la produzione derivante dai nuovi parchi eolici - ha spiegato alla Süddeutsche Zeitung Sven Teske, un esperto dell'associazione ambientalista Greenpeace. In questa ottica la creazione di una nuova rete elettrica diventa indispensabile tenuto conto anche del desiderio dell'Unione di produrre entro il 2020, grazie alle fonti rinnovabili, il 20% dell'elettricità”. Tutti i governi europei stanno potenziando per quanto possibile l'energia verde. La Germania sta puntando con successo agli impianti di energia solare, mentre in Danimarca, in Spagna e in Gran Bretagna non passa quasi giorno senza che spuntino parchi eolici soprattutto lungo le coste. Nel 2020 in Inghilterra, secondo il Carbon Trust, il 70% dell'elettricità prodotta da fonti rinnovabili dipenderà dalla forza del vento. L'ipotesi di una nuova rete transnazionale giunge dopo che alcune imprese tedesche hanno annunciato di voler studiare l'idea di una centrale solare nel Sahara con la quale produrre elettricità per l'Europa, un'operazione del valore di 400 miliardi di euro da qui al 2050. Eolico. L’Ewea e le previsioni 2010 7 gennaio 2010 - “Predire cosa potrebbe accadere ad una settimana, un mese o un anno da ora è un’arte difficile”. Esordisce così Chris Rose dell’EWEA, nel discorso inaugurale dell’Associazione per il nuovo anno e in cui si cerca di delineare il futuro dell’eolico a livello UE. Per Rose, mentre il settore on-shore manterrà una tendenza di sviluppo costante ed affidabile nel 2010, quello ancora nascente, dell’eolico offshore continuerà ad attrarre sostenitori che realizzeranno il potenziale europeo. Uno degli estimatori di questa potenzialità è la società di consulenza Emerging Energy Research, che a dicembre ha pubblicato una relazione sull’energia del vento off-shore indicandolo come una delle più ampie opportunità di crescita per l’industria internazionale dell’eolico, prevedendo per il mercato globale, che ha recentemente accumulato ordini superiori a 6 GW di turbine, l’istallazione di circa 43 GW entro il 2020. In tal senso l’Europa si troverà a guidare l’espansione globale del settore marino con circa il 76% delle istallazioni mondiali tra il 2010 e il 2020. “Se l’Unione europea vuole mantenere la sua cosiddetta leadership sui cambiamenti climatici dovrà far di più per dimostrare agli Stati Uniti, Cina e al resto del mondo che le politiche e le tecnologie, che comprendono l’energia eolica, per combattere il riscaldamento globale esistono già. L’annuale European Wind Energy Conference - ha detto Rose - che si terrà quest’anno a Varsavia nel mese di aprile, fornirà al settore dell’energia eolica un’ulteriore occasione per dimostrare come sia possibile generare quantità crescenti di energia elettrica verde e decine di migliaia di posti di lavoro”. “Witness” rivela l'impatto ambientale delle aziende 7 gennaio 2010 - L’azienda specializzata nella realizzazione di business software ‘Lanner’ ha aggiornato il pacchetto ‘Witness’, un applicativo in grado di aiutare le imprese a calcolare le ripercussioni negative che le proprie azioni e strategie avranno sull’ambiente, permettendo di calcolare anche il relativo rapporto costi/benefici. La nuova versione del software permette infatti di calcolare una vasta gamma di parametri ambientali, comprese le emissioni di carbonio e quelle derivanti dall'utilizzo di energia elettrica, petrolio, acqua, gas e persino del vapore. La Lanner sostiene che prevedere l’impatto ambientale delle strategie di business potrebbe avere un riscontro positivo sulle performance delle aziende aiutando nella ricerca del raggiungimento di un equilibrio tra prestazioni, costi e sostenibilità ambientale. David Jones, chief executive di Lanner, ha dichiarato che le modifiche sono state apportate anche in risposta alle richieste dirette delle imprese: “Organizzazioni come Ford, 3M, BAE, Nationwide, GSK e Gazprom devono puntare all’equilibrio tra l'ambiente e le realtà del business – ha detto Jones. Come risultato il software di simulazione che usano deve monitorare e ottimizzare l'utilizzo delle scarse risorse del Pianeta. Witness ora offre la possibilità di affrontare queste problematiche in modo esplicito come mai prima d’ora”. Rinnovabili. In Lombardia si punta alla semplificazione amministrativa 7 gennaio 2010 - La Regione Lombardia, con l'intento di promuovere e incentivare le fonti rinnovabili ha armonizzato l'esercizio delle funzioni amministrative per il rilascio delle autorizzazioni per gli impianti di produzione di energia da fonti energetiche rinnovabili. Le Linee Guida definiscono un sistema di regole semplificato per gli enti locali preposti al rilascio delle autorizzazioni. Il documento chiarisce il percorso amministrativo necessario per realizzare un qualsiasi impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Nelle Linee Guida sono indicati gli interventi soggetti a DIA e quelli in regime di installazione libera ed è definito l'iter amministrativo del procedimento di Autorizzazione Unica ed il suo coordinamento con altri procedimenti. Eolico. A Urbania si attende il referendum 7 gennaio 2010 - In vista del referendum popolare sull'opportunità di far nascere nel comprensorio di Piobbico-Urbania un parco eolico, la società che lo ha progettato si è detta disponibile a ridurre il numero delle 24 pale presentate originariamente. Una conferma in tal senso arriva dal consigliere di amministrazione di Mtre, che realizzerà l'impianto, che si è detto pronto a "rispettare e tenere conto" delle esigenze delle amministrazioni locali e dei cittadini, "garantendo, tra le altre cose, una significativa riduzione del numero di pale, in modo da ridurre ulteriormente il già limitato impatto visivo". La consultazione popolare, dapprima prevista all'inizio dello scorso mese di dicembre, è in programma a metà gennaio. Merolla ha detto che non c'è "nessun timore della consultazione indetta dall'amministrazione comunale di Urbania" e di essere convinto "che i cittadini siano ormai consapevoli della necessità di ridurre l'emissioni di anidride carbonica e dell'esigenza di rispettare l'ambiente con fatti concreti, con l'approccio dell'ambientalismo del fare". A sostegno del parco eolico si sono schierati buona parte della giunta comunale di Urbania, alcuni cittadini riuniti nel 'comitato del sì', Greenpeace e la Cna provinciale. Le nuove rotte dei rifiuti 7 gennaio 2010 - (canale 9 online) Potrebbe sembrare un controsenso, quanto appare da alcune indagini condotte dalla magistratura e dalle autorità doganali del nostro Paese. Eravamo abituati a vedere i rifiuti industriali italiani, in particolare quelli tossici, prendere la via dell'Africa, a fare compagnia a quelli di quasi tutto il resto d'Europa, invece il nuovo quadro che emerge, alla soglia del secondo decennio del XXI secolo, indica una inaspettata inversione di tendenza: dall'Italia all'Africa, e poi di ritorno nel nostro Paese. E' questo il nuovo affare (economico) che circonda gli scarti velenosi del nostro mondo produttivo. Quei rifiuti tossici tornano in Italia. Si tratta per lo più di scarti industriali e rottami ferrosi contaminati con sostanze nocive, o a volte radioattive. Sostanze che per legge non sono più riutilizzabili nei cicli di produzione industriale, ma sono destinate ad essere smaltite come rifiuti speciali. Invece succede che vengano riutilizzate, e non si tratta certo di riciclaggio o riutilizzo di materie prime seconde, ma di avvelenamento pericoloso di nuovi prodotti che finiscono sul mercato. Il percorso dei rifiuti si fa più accidentato: viene imbarcato via mare in porti già noti per questo tipo di attività, in particolare quelli di Liguria, Toscana e Campania, in misura minore anche in Calabria e Sicilia. Spesso, sfuggono ai controlli doganali, con tecniche già note: sulle bolle di accompagnamento c'è scritto che si tratta di generi alimentari, veicoli, materiali edili e, nel caso di rifiuti elettronici, addirittura come materiale informatico per lo sviluppo e la cooperazione con i Paesi del Terzo Mondo. L'Agenzia delle Dogane, notevolmente sottodimensionata rispetto alle esigenze del Paese, fa quel che può, ma in Italia ci sono porti che movimentano oltre trenta milioni di container l'anno, il che significa una media di un container al secondo: impossibile controllarli tutti senza paralizzare le operazioni di imbarco e di sbarco dei mercantili. Vengono usate alcune tecniche di campionamento, per selezionare i container da sottoporre a controlli, ma molti sfuggono lo stesso. Nonostante ogni mese nei porti italiani vengano sequestrate diverse tonnellate di merci che merci non sono. Una volta usciti dal nostro Paese, dopo un po' ritornano. Nel 2008, la Guardia di Finanza e l'Agenzia delle Dogane hanno individuato 4.000 tonnellate (una quantità modesta, rispetto al totale) di rifiuti pericolosi provenienti dall’Africa, dall'America e dal Nord Europa, oltre che centinaia di tonnellate di rifiuti speciali provenienti dall'Albania e dalla Croazia. Di che materiali si tratta, e perché arrivano da noi? Si tratta di catalizzatori esausti, contaminati con sostanze tossiche, prodotti chimici e soprattutto pet coke, un sottoprodotto del petrolio che si ottiene dal processo di condensazione di residui petroliferi pesanti e oleosi, viene usato come combustibile economico, ma ha un problema: è altamente cancerogeno in quanto contiene zolfo al di la dei livelli previsti dalla legge. Ma costa pochissimo, trattandosi di un rifiuto, pertanto se lo si riesce a far entrare in Italia per vie traverse, il guadagno è assicurato. Un carico di pet coke è stato bloccato, nei mesi scorsi, nel porto di Gela. Le indagini condotte dal sostituto procuratore catanese Antonio Nicastro hanno consentito di ricostruire tutta la filiera di (falso) smaltimento e riuso: il carico proveniva dal Venezuela e arrivato nel porto di Gela ed era destinato ad un cementificio di Siracusa, che l'avrebbe usato come combustibile, rilasciando in atmosfera tutti i suoi pericolosi prodotti di combustione. Invece a Salerno, la Guardia di Finanza ha sequestrato nel porto un bel numero di containers provenienti dall'Irlanda e da alcuni paesi dell'Africa centrale, contenenti sostanze tossiche e materiali elettronici di scarto: questo materiale era destinato ad una società romana, assolutamente fittizia, che era stata incorporata da anni da un'altra società con sede a Milano. Si trattava degli stessi rifiuti che avevano lasciato illegalmente l'Italia ed avevano preso la via del Benin. Tornati in Italia per essere riutilizzati nei processi produttivi di molte industrie italiane, per risparmiare a discapito della nostra salute. Combustibili altamente tossici che ci mostrano, in tutta la loro cruda realtà, quando in Italia siamo lontani dalle logiche industriali che tutelano la salute e l'ambiente. E si risparmia non solo sul combustibile, ma anche in un altro modo: importando illegalmente le sostanze tossiche, eludendo le dogane, si froda anche il fisco. Nelle scorse settimane, un'indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Bergamo ha portato alla luce un traffico illecito di rifiuti realizzato attraverso società filtro, create appositamente e successivamente trasferite in altre regioni e avviate alla liquidazione, per gestire un'enorme quantità di rifiuti di origine ignota e di qualità chimico-fisiche sconosciute. Le società fantasma servivano anche a mantenere immacolate e preservare dai controlli della polizia ambientale altre società sempre riconducibili agli indagati, alle quali erano poi rivenduti i rifiuti ripuliti. L'organizzazione usava fare pagamenti fittizi a mezzo di denaro contante, espedienti finalizzati a celare vere e proprie distrazioni di fondi societari, quantificati in circa 7 milioni di Euro, canalizzati principalmente verso la Repubblica di San Marino, e utilizzando anche nominativi di fantasia. Il 16 ottobre scorso, era toccato alla Guardia di Finanza di Brescia scoprire una triangolazione societaria, anche questa fatta con la Repubblica di San Marino. Ad essere movimentati erano i materiali ferrosi che compongono gli scarti delle acciaierie, di cui è pieno una parte del territorio bresciano. Anche in questo caso, il fisco veniva eluso tramite un giro di fatture false: decine di milioni di euro venivano spostati a San Marino mediante meccanismi tali da disperdere le tracce dei pagamenti delle transazioni illecite. Sul fronte "tecnico" della sparizione dei rifiuti, il comitato Seagull, associazione con sede a Molfetta, dedita alla tutela degli interessi dei marittimi, che prende il nome dall'omonima nave naufragata nel 1977, lancia una pesante quanto importante accusa: la presenza di marinai extracomunitari a bordo delle navi, spesso sotto ricatto. Non solo lavorano in scarsa sicurezza e con stipendi al ribasso, ma il ricatto che subiscono è l'obbligo, pena il licenziamento, di sversare in mare i rifiuti tossici che non possono essere rivenduti a nessuno, ma che vanno per forza smaltiti. In pratica, il 2010 inizia con un quadro preoccupante. E ancora si attende una presa di posizione seria da parte delle potenti organizzazioni degli industriali italiani. Così, mentre Confindustria lamenta presso il governo le deboli strategie per uscire dalla "crisi" e tace sui suoi stessi smaltimenti illeciti, l'Agenzia delle Dogane ipotizza per il nuovo anno un boom delle importazioni illegali di pet coke. Si tratta chiaramente di un riciclo illegale, e pericoloso. Ma l'industria italiana, perennemente in crisi, pur di risparmiare qualcosa sui combustibili appare addirittura disposta ad avvelenare il territorio. Il bilancio, sempre del 2008, poiché i dati del 2009 non sono ancora stati resi noti, parlano chiaro: l’Agenzia delle Dogane ha sequestrato in tutto l'anno 106.000 tonnellate di pet coke. La cosa che fa venire i brividi è che molto di questo veleno era destinato a fare da combustibile nei forni d’industrie alimentari, italiane, soprattutto produttori di zucchero e di prodotti dolciari. E i rifiuti arrivano nei nostri piatti.