di Rosa Bertuzzi CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/03

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di Rosa Bertuzzi CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/03
RIFIUTI SPECIALI PERICOLOSI - STABILIMENTO INDUSTRIALE
Ispezione, prelievo, campionamento, analisi dei campioni di rifiuti in uno stabilimento industriale.
Garanzia ex art. 223 disp. att. c.p.p., non sussiste.
di Rosa Bertuzzi
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/03/2009, Sentenza n. 10709
L'ispezione il prelievo, il campionamento e le analisi dei campioni in uno stabilimento industriale, configurano attività amministrative che non richiedono l'osservanza delle norme del codice di procedura
penale stabilite a garanzia degli indagati per le attività di polizia giudiziaria, atteso che l'unica garanzia
richiesta per le anzidette attività ispettive è quella prevista dall'art. 223 disp. att. c.p.p. che impone il
preavviso all'interessato del giorno, dell'ora e del luogo dove si svolgeranno le analisi dei campioni
(cfr. Cassazione Pen. Sez. III, n.15170/2003)
Con la Sentenza in esame, la Suprema Corte ha affrontato, tra l’altro, anche l'eccezione di nullita' o
d'inutilizzabilità' delle analisi, per violazione dell'articolo 223 disp. att. c.p.p. e articolo 191 c.p.p., sollevata dal legale rappresentante di una società che gestiva un impianto per la produzione di compost e
ammendanti agricoli, indagato per avere gestito, in assenza della prescritta autorizzazione, rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi; per non avere rispettato le prescrizioni dell'autorizzazione all'esercizio
d'impresa e per avere, al fine di trarne ingiusto profitto, consistito nell'assicurarsi il prezzo del conferimento di rifiuti non ammissibili al compostaggio, con piu' azioni e con l'allestimento di mezzi e attivita'
continuative e organizzative, ricevuto e, comunque, gestito abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti
pericolosi e non pericolosi.
Avverso l'ordinanza del Tribunale di Verona, che aveva rigettato la richiesta di riesame del decreto di
sequestro preventivo di tutti gli impianti della ** s.r.l., il ricorrente, oltre agli altri motivi di ricorso, eccepiva che il campionamento delle sostanze sarebbe stato eseguito in violazione del diritto di difesa
stante che egli non aveva avuto conoscenza del compimento degli atti d'indagine ne' aveva potuto interloquire ab origine sulle modalita' del prelievo, ne' sulle analisi di laboratorio, quali atti irripetibili,
motivando che le operazioni sarebbero state eseguite sui fanghi di depurazione prodotti da 12 differenti societa' e sul compost depositato sul terreno aziendale, senza l'osservanza della complessa procedura di prelevamento dei campioni descritta del Decreto Ministeriale 19 luglio 1989.
I giudici della Cassazione, richiamandosi al costante orientamento della medesima Corte, hanno affermato che l'ispezione dello stabilimento industriale, il prelievo e il campionamento, le analisi dei campioni, configurano attivita' amministrative che non richiedono l'osservanza delle norme del
codice di procedura penale stabilite a garanzia degli indagati per le attivita' di polizia giudiziaria, atteso che l'unica garanzia richiesta per le anzidette attivita' ispettive e' quella prevista dall'art. 223 disp. att. c.p.p. che impone il preavviso all'interessato del giorno, dell'ora e del luogo dove si
svolgeranno le analisi dei campioni (cfr. Cass. Pen. Sez. 3, n. 15170/2003).
Il preavviso, circa la data e il luogo delle operazioni, costituisce quindi l'unico requisito di
utilizzabilita' delle analisi dei campioni per le quali non e' possibile la revisione e puo' esser dato senza particolari formalita', anche oralmente, non solo al titolare dello scarico,
ma anche a un dipendente del titolare che abbia presenziato alle operazioni di prelievo
dei campioni essendo solo necessario che esso sia idoneo al raggiungimento dello scopo.
Se, invece, le operazioni di prelievo siano state eseguite su disposizione del magistrato o se sia stato
individuato un soggetto determinato indiziabile di reati, trovano applicazione le garanzie difensive previste dal c.p.p. stante che, come più volte affermato dalla Suprema Corte, le ispezioni, i prelievi dei
campioni e la loro prima analisi, s'inquadrano nella vigilanza amministrativa a tutela della salute pubblica e, in quanto intervengono prima che ci sia un indiziato di reato, non possono essere considerati
atti d'indagine preliminare. Nel caso in cui l'analisi dei campioni abbia dato esito sfavorevole e sorgono
indizi di reato, solo da quel momento vanno applicate le norme procedurali per l'intervento del difensore.
La Suprema Corte ha altresì precisato che, anche in materia di smaltimento di rifiuti, le modalita' di
prelievo dei campioni da analizzare e le metodiche di analisi riguardano attivita' di polizia amministrativa volta a stabilire se sostanze prelevate siano conformi alle prescrizioni di legge, sicche' l'eventuale inosservanza da parte dell'autorita' procedente delle prescritte modalita' e metodiche non determina la nullita' delle operazioni compiute e degli esiti delle analisi. Non
essendo tale nullita' stabilita dalla legge, non consegue dalla suddetta inosservanza l'inutilizzabilita'
degli atti stessi nel processo penale instauratosi in conseguenza dell'esito positivo delle verifiche amministrative, ma soltanto l'obbligo per il giudice di tenere conto delle operazioni nella formazione libera e motivata del proprio convincimento sulla sussistenza del reato e sulla colpevolezza dell'imputato.
LA SENTENZA
Corte di Cassazione, Sezione 3 penale
Sentenza 11 marzo 2009, n. 10709
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPO Ernesto – Presidente
Dott. PETTI Ciro – Consigliere
Dott. TERESI Alfredo - rel. Consigliere
Dott. MARMO Margherita – Consigliere
Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Te. Gi., nato a (OMESSO);
avverso l'ordinanza del Tribunale di Verona in data 19.09.2008 che ha rigettato la
richiesta di riesame proposta avverso il decreto di sequestro preventivo di tutti
gli impianti dell'Ag. s.r.l. emesso dal GIP in data 12.07.2008, per i reati di cui
al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256 comma 1, lettera a) e b), articolo 260;
Visti gli atti, l'ordinanza denunciata, il ricorso e le memorie difensive;
Sentita nella Camera di Consiglio la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Teresi;
Sentito il PM nella persona del PG, Dott. BUA Francesco, che ha chiesto il rigetto
del ricorso.
OSSERVA
Con ordinanza emessa in data 19.09.2008 il Tribunale di Verona rigettava la richiesta di riesame proposta da Te. Gi. (indagato per avere gestito in assenza della
prescritta autorizzazione rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi; per non
avere rispettato le prescrizioni dell'autorizzazione all'esercizio d'impresa e per
avere, al fine di trame ingiusto profitto, consistito nell'assicurarsi il prezzo
del conferimento di rifiuti non ammissibili al compostaggio, con piu' azioni e con
l'allestimento di mezzi e attivita' continuative e organizzative, ricevuto e, comunque, gestito abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti pericolosi e non pericolosi), avverso il decreto di sequestro preventivo, disposto dal GIP in data
12.07.2008, degli impianti della ditta Ag. s.r.l. di cui il predetto era legale
rappresentante.
La ditta gestiva un impianto per la produzione di compost e ammendanti agricoli autorizzato dalla Provincia di Verona con determinazioni che prevedevano l'esclusivo
trattamento di determinate tipologie di rifiuti individuati da specifici codici CER
e il rispetto, nell'esercizio dell'attivita', dei limiti stabiliti dalla tabella A
della D.G.R. Veneto n. 568 del 2005 per tipologia e qualita' dei rifiuti in entrata
nell'impianto per il compostaggio e di quelli, stabiliti dalla tabella B, sulla
qualita' del prodotto originato dal trattamento.
A seguito dei controlli effettuati, nonche' delle successive analisi e investigazioni del PM a mezzo di CT irripetibile, era stata accertata la presenza, sui terreni ove era sparso il compost, di diossine, idrocarburi leggeri e pesanti, idrocarburi totali, fenoli e toluene in concentrazioni superiori ai limiti di cui al
Decreto Legislativo n. 152 del 2006 tabella 1, colonna A, allegato 5 della Parte 4
nonche' la presenza di rame e zinco in concentrazioni superiori ai limiti di cui al
Decreto Legislativo n. 217 del 2006, allegato 2 (che disciplina la materia dei fertilizzanti) e alla D.G.R. del Veneto n. 568 del 2005.
Il compost campionato, per la presenza di diossine e idrocarburi, andava qualificato come rifiuto che doveva essere smaltito e non sparso abusivamente sui terreni
agricoli con danno per l'ambiente e per la salute del consumatore finale dei prodotti ottenuti col suddetto compost.
Avverso l'ordinanza l'indagato proponeva ricorso per cassazione denunciando violazione di legge e mancanza di motivazione sulla ritenuta sussistenza del fumus dei
reati ipotizzati.
La normativa applicabile nella materia de qua sarebbe quella dettata dalla D.G.R.
Veneto n. 568 del 2005 (adottata in forza della Legge Regionale n. 3 del 2000 in
materia di rifiuti) che ha introdotto limiti di accettabilita' circa la presenza di
taluni metalli pesanti nei fanghi di depurazione biologica compatibili col compostaggio e con rammendante compostato, limiti corrispondenti a quelli previsti dalla
normativa nazionale (Decreto Legislativo n. 99 del 1992; Decreto Legislativo n. 217
del 2006).
I fanghi di depurazione impiegabili in agricoltura, dopo il compostaggio, come ammendante dovrebbero percio' rispettare soltanto i limiti di cui alla tabella B della delibera regionale oltre che possedere i limiti qualitativi riportati nella medesima tabella (elevati standard agronomici, merceologici e ambientali) e ora previsti al Decreto Legislativo n. 217 del 2006.
Poiche' nella tabella non sono menzionati valori soglia per diossine, idrocarburi,
fenolo e toluene, di tali sostanze non dovrebbe tenersi conto per stabilire i valori consentiti per le sostanze in ingresso e in uscita dall'impianto di compostaggio.
Assumeva il ricorrente che le normative nazionali ed europea non stabiliscono il
divieto assoluto di presenza di tali sostanze sia nei rifiuti in entrata sia del
prodotto ottenuto col compostaggio, anche se col regolamento n. 1881/2006, per la
diossina, era stato introdotto un limite di accettabilita' con riferimento alle
sole sostanze destinate all'alimentazione umana.
Cio', comunque, non consentiva la configurabilita' del fumus perche' il valore massimo di diossina riscontrato nel processo produttivo dell'Ag. e' di 6,18 ng/kg, di
gran lunga inferiore ai limiti di accettabilita' segnalati in studi di settore e a
quelli adottati dalla Regione Emilia Romagna (100 ng/kg).
Deduceva, inoltre, l'indagato che erroneamente, nel caso in esame, era stata
applicata la normativa in tema di rifiuti e, in particolare, il Decreto Legislativo
n. 152 del 2006 parte 4 che disciplina la bonifica dei siti inquinati che non puo'
operare per il compost che, sebbene proveniente da rifiuti, non e' un rifiuto in
quanto suscettibile d'impiego produttivo, donde l'inapplicabilita' dei limiti tabellari di cui alla tabella 1, colonna A, allegato 5 della parte 4 del decreto.
Rilevava ancora che il Tribunale non aveva prestato attenzione al fatto che la concentrazione limite della diossina era di gran lunga inferiore ai valori previsti
nella delibera del 17 luglio 1984 richiamata dal Decreto Legislativo n. 99 del 1992
sui fanghi di depurazione.
Denunciava, ancora, l'indagato inosservanza delle norme processuali stabilite a
pena di nullita' e inutilizzabilita' per violazione dell'articolo 223 disp. att.
c.p.p. e articolo 191 c.p.p..
Il campionamento e le analisi erano stati eseguiti in violazione del diritto di difesa stante che egli non aveva avuto conoscenza del compimento degli atti d'indagine ne' aveva potuto interloquire ab origine sulle modalita' di campionamento e sulle analisi di laboratorio, irripetibili.
La campionatura era stata eseguita su fanghi di depurazione prodotti da 12 differenti societa' e sul compost depositato sul terreno aziendale senza l'osservanza
delle complesse procedure descritte dal decreto ministeriale 19 luglio 1989.
Inoltre, per i campionamenti su sostanze nella disponibilita' di terzi soggetti
qualificate come rifiuti speciali pericolosi, il Tribunale non poteva trarre elementi per addebitargli la gestione in assenza della prescritta autorizzazione.
Anche i cinque campionamenti in data 3 aprile 2007 presso la ditta Ag. erano stati
eseguiti in violazione delle prescrizioni stabilite dal citato Decreto Ministeriale, donde la loro inutilizzabilita' (ad eccezione di quelle correttamente eseguite
nel rispetto della procedura de qua, che non avevano riscontrato superamento di limiti d'accettabilita') perche' non correttamente rappresentativi della composizione
chimica del prodotto finale.
Chiedeva l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
Il ricorrente depositava, in data 16.01.2009, memoria con nuovo motivo e deduceva,
richiamando la sentenza di questa Corte n. 24468/2007, incompatibilita' tra fattispecie concreta (produzione di ammendante compostato) e fattispecie legale, essendo, nella specie, applicabile la normativa sui fertilizzanti, che configurava un
illecito amministrativo, e non quella sui rifiuti.
In data 23.01.2009 l'indagato depositava altra memoria con motivo nuovo col quale
si eccepiva l'inapplicabilita' della normativa sull'impatto ambientale.
La determina aveva stabilito dei limiti di riferimento per alcune sostanze ma non
aveva menzionato la diossina e gli idrocarburi.
I limiti per tali sostanze erano stati introdotti, dopo il sequestro dell'impianto
Ag., nella delibera n. 57/09 emessa nei confronti della ditta Bi. ma tali parametri
erano stati rispettati dall'Ag..
Il ricorso e' infondato e deve essere rigettato con le conseguenze di legge.
In tema di misure cautelari reali e di sequestro preventivo l'ipotesi accusatoria
deve corrispondere, per costante giurisprudenza di questa Corte, a una fattispecie
astratta sicuramente prevista dalla legge come reato, sicche', quando nella fase
delle indagini preliminari sia stato indicato un fatto inquadrabile nel reato in
relazione al quale e' stato disposto il sequestro, in sede di riesame del provvedimento, l'ipotesi di reato, verificabile sotto il profilo probatorio soltanto nel
giudizio di merito, deve essere valutata sul piano dell'astrattezza.
Per il mantenimento del sequestro basta, quindi, la puntuale enunciazione di un'ipotesi di reato che renda necessaria la limitazione o l'esclusione della disponibilita' delle cose che siano pertinenti a tale reato.
Soltanto quando l'enunciazione sia manifestamente illogica oppure quando la configurabilita' del reato appaia impossibile il giudice del riesame, cui e' attribuita
pienezza di cognizione che gli consente di prendere in considerazione anche elementi sopravvenuti, e' tenuto a revocare il sequestro.
Avverso l'ordinanza emessa in sede di riesame dei provvedimenti di sequestro preventivo e di sequestro probatorio il ricorso per cassazione e' proponibile solo per
violazione di legge, sicche' non possono essere dedotti con tale mezzo d'impugnazione vizi della motivazione, "non rientrando nei concetto di violazione di legge,
come indicato nell'articolo 111 Cost. e articolo 606 c.p.p., lettera b) e c), anche
la mancanza o la manifesta illogicita' dello motivazione, separatamente previste
come motivo di ricorso dall'articolo 606 c.p.p., lettera b) " (Cassazione Sez. 6,
n. 24250/2003, De Palo, RV. 225578).
Le SU di questa Corte hanno, pero', puntualizzato che "in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di violazione di legge per cui soltanto puo'
essere proposto ricorso per cassazione a norma dell'articolo 325 c.p.p., comma 1,
rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, ma
non l'illogicita' manifesta" (Cassazione n. 5876/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, RV. 226710).
Nella specie il ricorrente denuncia mancanza assoluta di motivazione per avete il
Tribunale omesso di rispondere alle obiezioni difensive e violazione di legge, ma
con censure infondate perche' l'ordinanza impugnata ha un solido impianto argomentativo che resiste alle critiche difensive che propongono tesi giuridiche erronee.
Premesso che sul reato di gestione, in assenza della prescritta autorizzazione, di
rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi le critiche si appuntano sulla diossina senza una specifica trattazione sulla presenza nel compost degli idrocarburi,
del rame e dello zinco, deve essere rilevata l'infondatezza dell'assunto secondo
cui il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio di un impianto per il trattamento
di rifiuti organici selezionati per la produzione di ammendanti e di fertilizzanti
implica la riconduzione delle condotte gestionali alla disciplina contenuta nel Decreto Legislativo n. 217 del 2006 in materia di fertilizzanti, e non a quella sui
rifiuti.
L'inapplicabilita' di quest'ultima normativa e, in particolare, del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 parte 4 che disciplina la gestione dei rifiuti deriverebbe
dal fatto che il compost, sebbene ottenuto con il trattamento di rifiuti organici,
non e' un rifiuto in quanto suscettibile d'impiego produttivo.
Occorre, quindi, puntualizzare che il Decreto Legislativo n. 217 del 2006 (Revisione della disciplina in materia di fertilizzanti) detta regole sulla produzione di
fertilizzanti e prevede sanzioni amministrative per la commercializzazione non conforme alle disposizioni dettate.
Esso non regola, invece, lo spandimento sul terreno, a scopo di deposito finalizzato alla produzione del compost, la concimazione o correzione di residui o reflui, i
quali restano soggetti alla disciplina sui rifiuti o alla normativa sulle acque,
ovvero alle disposizioni che regolano lo spandimento di fanghi in agricoltura.
Il suddetto decreto (Revisione della disciplina in materia di fertilizzanti) dispone:
"1. I fertilizzanti immessi in commercio sono sottoposti al controllo per l'accertamento della conformita' alle disposizioni del Regolamento (CE) n. 2003/2003 e del
presente decreto.
2. L'osservanza delle disposizioni per quanto concerne la conformita' rispetto ai
tipi di fertilizzanti e l'osservanza dei titoli dichiarati di elementi fertilizzanti oppure dei titoli dichiarati delle forme e delle solubilita' di tali elementi e'
accertata, all'atto dei controlli ufficiali, con i metodi di campionamento ed analisi adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, sentito il parere della Commissione di cui alla Legge 20 febbraio 2006, n. 82, articolo
44,
tenendo
conto
delle
tolleranze
indicate
nell'allegato
7.
Il Ministero delle politiche agricole e forestali, previo parere della Commissione
di cui alla citata Legge n. 82 del 2006, articolo 44 aggiorna le modalita' necessarie per evitare lo sfruttamento sistematico delle tolleranze, di cui all'allegato
12.
3. Il Ministero delle politiche agricole e forestali pubblica annualmente l'elenco
dei laboratori presenti nel territorio nazionale che sono competenti a prestare i
servizi necessari per verificare la conformita' dei prodotti di cui al campo di
applicazione del presente decreto.
Tali laboratori devono rispondere ai requisiti di cui all'allegato 11.
4. Il Ministero delle politiche agricole e forestali trasmette al Ministero delle
attivita' produttive, per la successiva notifica alla Commissione europea, l'elenco
dei laboratori competenti a prestare servizi necessari per verificare la rispondenza dei concimi CE".
Non sono previste sanzioni penali e alla stregua delle riportate disposizioni normative che si riferiscono ai campionamenti ufficiali di controllo, rivolti a verificare la corrispondenza dei titoli dichiarati con l'effettiva composizione del
prodotto e il rispetto delle altre prescrizioni legislative va escluso che l'accertamento di fatti costituenti reato, connessi all'utilizzazione di pretesi ammendanti che, in sostanza, sono assimilabili ai rifiuti, possa avvenire esclusivamente
presso i laboratori abilitati a controllare la conformita' dei fertilizzanti posti
in commercio alle disposizioni del Regolamento (CE) n. 2003/2003 e dello stesso Decreto Legislativo (cfr. Cassazione Sez. 3, n. 27079/2007 RV. 237129).
Ne consegue che, se nella produzione del compost di qualita', sia superata la soglia d'accettabilita' dei rifiuti raccolti separatamente per il compostaggio ovvero
siano presenti nel compost sostanze pericolose neppure previste nelle elencazioni
delle delibere regionali nella materia de qua, si applica la disciplina del recupero dei rifiuti di cui al Decreto n. 152 del 2006, articoli 181 e ss. sicche' la
violazione di tale normativa configura il reato di smaltimento di rifiuti pericolosi e non pericolosi in difetto dell'autorizzazione di cui all'articolo 208 dello
stesso decreto.
In tale quadro s'innesta la normativa regionale che stabilisce regole sulle concentrazioni massime di taluni metalli pesanti tabella B della D.G.R. del Veneto n. 568
del 2000 nel compost destinato a essere impiegato in agricoltura, sicche' la sollevata censura non intacca il corretto rilievo del Tribunale secondo cui i rifiuti
impiegati nella creazione del compost restano tali ove non siano rispettati tutti i
requisiti di riferimento.
Ne consegue che, nel caso in esame, sicuramente operano i limiti di cui al Decreto
n. 152 del 2006, tabella 1, colonna A, allegato 5 della parte 4 e al Decreto Legislativo n. 217 del 2006, allegato 2 (che disciplina la materia dei fertilizzanti
agricoli) limiti, che, alla stregua di quanto allo stato accertato nell'indagine
preliminare, risultano superati per taluni metalli pesanti.
Non ha pregio, poi, l'asserzione dell'indagato secondo cui, non essendo menzionati
nella tabella B della delibera della Giunta Regionale valori soglia per le diossine, idrocarburi, fenoli e toluene, di tali sostanze non potrebbe tenersi conto per
stabilire i valori consentiti in ingresso e in uscita dall'impianto di compostaggio
confliggendo l'assunto anche con le disposizioni del Decreto n. 152 del 2006, articolo 178 secondo cui il recupero deve avvenire senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti e metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare, senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, nonche' per la fauna e la flora.
L'autorizzazione provinciale, peraltro, aveva imposto all'indagato di rispettare la
normativa vigente e di condurre l’impianto senza porre in pericolo la salute dell'uomo, senza pregiudizio per l'ambiente; il che inibiva l'impiego, per la produzione del compost, di sostanze tossiche e nocive quali pacificamente sono le diossine, che hanno livelli di tossicita' valutabili in ng/kg, e che sono classificate
come sicuramente cancerogene (specie la TCDD) e inserite nel gruppo 1, Cancerogeni
per l'uomo dalla IARC (International Agency of Research on Cancer).
I livelli di concentrazione rilevati, oltre che per la diossina, anche per gli
idrocarburi (produttivi dello smog fotochimico e inseriti fra i fattori incidenti
sull'effetto serra) erano tali (per quanto affermato dal Tribunale del riesame) da
renderli tossico-nocivi tanto da attivare la procedura di messa in sicurezza dei
siti e di eventuale bonifica del suolo.
In conclusione, il Tribunale ha osservato tali principi valutando su di un piano di
astrattezza - nei limiti del procedimento incidentale ma con riferimento alle risultanze di una consulenza tecnica espletata - l'antigiuridicita' dei fatti sostanzianti l'accusa ed effettuando la dovuta verifica della compatibilita' tra l'enunciata ipotesi accusatoria e le emergenze esistenti, nonche' della possibilita' di
attribuzione dell'illecito ipotizzato all'indagato, che ha avanzato censure giuridicamente erronee che non valgono a escludere la configurabilita' del fumus.
E' infondata anche l'eccezione di nullita' o d'inutilizzabilita' delle analisi per
violazione dell'articolo 223 disp. att. c.p.p. e articolo 191 c.p.p..
Sostiene il ricorrente che il campionamento delle sostanze sarebbe stato eseguito
in violazione del diritto di difesa stante che egli non aveva avuto conoscenza del
compimento degli atti d'indagine ne' aveva potuto interloquire ab origine sulle modalita' del prelievo, ne' sulle analisi di laboratorio, atti irripetibili.
Le operazioni sarebbero state eseguite su fanghi di depurazione prodotti da 12 differenti societa' e sul compost depositato sul terreno aziendale senza l'osservanza
della complessa procedura di prelevamento dei campioni descritta del Decreto Ministeriale 19 luglio 1989, sicche', per il campionamento di sostanze nella disponibilita' di terzi soggetti, il Tribunale non poteva trarre elementi per addebitargli
la gestione di rifiuti speciali pericolosi in assenza della prescritta autorizzazione.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, l'ispezione dello stabilimento
industriale, il prelievo e il campionamento, le analisi dei campioni, configurano
attivita' amministrative che non richiedono l'osservanza delle norme del codice di
procedura penale stabilite a garanzia degli indagati per le attivita' di polizia
giudiziaria, atteso che l'unica garanzia richiesta per le anzidetto attivita'
ispettive e' quella prevista dall'articolo 223 disp. att. c.p.p. che impone il preavviso all'interessato del giorno, dell'ora e del luogo dove si svolgeranno le analisi dei campioni (cfr. Cassazione Sez. 3, n. 15170/2003, Piropan, RV. 224456).
Il preavviso circa la data e il luogo delle operazioni costituisce l'unico requisito di utilizzabilita' delle analisi dei campioni per le quali non e' possibile la
revisione e puo' esser dato senza particolari formalita', anche oralmente, non solo
al titolare dello scarico, ma anche a un dipendente del titolare che abbia presenziato alle operazioni di prelievo dei campioni essendo solo necessario che esso sia
idoneo al raggiungimento dello scopo (Cassazione Sez. 6, n. 9994/1992, 08/09/1992 17/10/1992, Rinaldi, RV. 192524).
Soltanto se le operazioni di prelievo siano state eseguite su disposizione del magistrato o se sia stato individuato un soggetto determinato, indiziabile di reati,
trovano applicazione le garanzie difensive previste dal c.p.p. stante che, per
quanto piu' volte affermato da questa Corte, le ispezioni, i prelievi dei campioni
e la loro prima analisi s'inquadrano nella vigilanza amministrativa a tutela della
salute pubblica e, in quanto intervengono prima che ci sia un indiziato di reato,
non possono essere considerati atti d'indagine preliminare.
Qualora l'analisi dei campioni abbia dato esito sfavorevole sorgono indizi di reato
e da quel momento vanno applicate le norme procedurali per l'intervento del difensore.
Anche in tema di smaltimento di rifiuti, le modalita' di prelievo dei campioni da
analizzare e le metodiche di analisi riguardano attivita' di polizia amministrativa
volta a stabilire se sostanze prelevate siano conformi alle prescrizioni di legge,
sicche' l'eventuale inosservanza da parte dell'autorita' procedente delle prescritte modalita' e metodiche non determina la nullita' delle operazioni compiute e degli esiti delle analisi.
Non essendo tale nullita' stabilita dalla legge, non consegue dalla suddetta inosservanza l'inutilizzabilita' degli atti stessi nel processo penale instauratosi in
conseguenza dell'esito positivo delle verifiche amministrative, ma soltanto l'obbligo per il giudice di tenere conto delle operazioni nella formazione libera e motivata del proprio convincimento sulla sussistenza del reato e sulla colpevolezza
dell'imputato.
Egli dovra' farsi carico della valutazione dell'efficacia probatoria degli accertamenti preprocessuali al fine di stabilire se, nonostante l'irregolatita' che potrebbe non aver avuto peso decisivo sul risultato analitico, e in concorso con altri elementi di giudizio, tale risultato possa considerarsi sufficientemente attendibile (cfr. Cass., Sez. 1, rv. 183417).
Nella specie, l'indagato assume di non aver avuto conoscenza dei prelievi effettuati presso altre ditte e che gli stessi sono stati eseguiti senza il rispetto delle
procedure previste dal citato Decreto Ministeriale, ma cio' non comporta alcuna irregolarita' stante che le analisi utilizzate per stabilire la composizione del compost erano quelle effettuate sui campioni prelevati nell'impianto Ag. e che alcun
preventivo avviso di prelievo doveva essere dato al Te..
Non e' censurabile, infine, l'affermazione del Tribunale secondo cui nella fase
cautelare non possono trovare ingresso le questioni sulla regolarita' del prelievo
dei campioni attenendo le stesse alla fase di merito.
Il periculum in mora e' stato razionalmente collegato alla seria probabilita' di
ulteriori formazioni di cumuli, nel terreno aziendale, di materiali compostati costituenti essenzialmente rifiuti.
Al rigetto del ricorso segue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., l'onere delle spese
del procedimento.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento.