Eventi - Palazzo della Ragione Fotografia
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Eventi - Palazzo della Ragione Fotografia
38 EVENTI Lunedì 31 Agosto 2015 Corriere della Sera # Eventi La guida Alluvioni o sorgenti I volti dell’oro blu spiegati in 7 capitoli Dal 3 settembre al primo novembre 2015, a Palazzo della Ragione di Milano, per la prima volta in Europa, la mostra Edward Burtynsky. Acqua Shock, il progetto del fotografo canadese dedicato all’acqua. Rassegna promossa e prodotta dal Comune di Milano - Cultura, Palazzo della Ragione, Civita, Contrasto e GAmm Giunti in collaborazione con Admira e curata da Enrica Viganò. Fa parte di Expo in città, il palinsesto di iniziative che accompagna la vita culturale di Milano durante il semestre dell’Esposizione Universale. Catalogo: GAmm Giunti e Contrasto. Acqua Shock raccoglie 60 fotografie divise in sette capitoli - Golfo del Messico, Devastazioni, Controllo, Agricoltura, Acquacoltura, Rive, Sorgenti - con l’analisi di tutti gli aspetti connessi all’origine e all’utilizzo dell’acqua. Edward Burtynsky inoltre parteciperà al Festival dell’acqua che sarà a Milano dal 5 al 9 ottobre 2015, presso il Castello Sforzesco. Info sul sito www.palazzodellaragionefotografia.it. La mostra A Palazzo della Ragione di Milano arriva il grande progetto fotografico del canadese. Dagli Usa alla Cina, 60 scatti dall’alto, metafora della volontà di controllo dell’uomo L’artista: «Non solo denuncia, è una narrazione complessa» di Roberta Scorranese F ino a non molto tempo fa, Edward Burtynsky aveva un suo metodo originale per catturare l’orizzonte: costruiva una sorta di alto treppiede, un’ impalcatura dove saliva, aspettava il momento giusto e poi scattava. Un po’ come Constantin Brancusi, che realizzava da solo il piano dove appoggiare le sculture, in una sorta di «arte totalizzante». Poi la tecnologia fotografica digitale ha fatto progressi e «adesso posso fare gli scatti giusti anche con gli elicotteri», dice l’artista canadese, il cui gigantesco lavoro Acqua Shock arriva (per la prima volta in Europa) a Milano, a Palazzo della Ragione, in una mostra di grande impatto e non solo per le immagini, spiazzanti. «Dietro ogni scatto — continua Burtynsky — c’è il lavoro di mesi, forse di anni. Prima la fase investigativa: di un posto e del suo rapporto con l’acqua voglio sapere tutto. Poi c’è lo studio approfondito, il viaggio, il giusto punto di osservazione e solo alla fine arriva lo scatto». Prima cosa: non si tratta di reportage di «semplice» denuncia, anche se il tema dell’acqua si presta. No, il senso di questo progetto, iniziato otto anni fa, lo riassume Enrica Viganò, la curatrice: «È racconto, documentazione, rigore scientifico nel dettaglio. Certo, ci sono i problemi, ma ogni situa- ORIZZONTI LIQUIDI DIGHE, CANALI E ESTUARI SECCHI L’ACQUA E IL SUO RACCONTO NELLE IMMAGINI DI BURTYNSKY zione viene affrontata nella sua complessità». Per esempio, lo scatto che ritrae la spiaggia di Alicante, soffocata dalle centinaia di grattacieli, è, a suo modo, un esempio virtuoso: Burtynsky scopre che un agglomerato abitativo così denso e serrato fa risparmiare più acqua rispetto ad una villetta isolata, che ne consuma moltissima. Viaggiando dall’America alla Cina all’India, trova storie sorprendenti. In Messico, nei bacini di decantazione del fosforo, l’acqua diventa di un azzur- Mostrando varie realtà la cultura può aiutare a decidere da che parte stare 2 1 6 5 4 ro intenso. I residui delle miniere finiscono nell’acqua, «alimentando le alghe e atrofizzando l’ecosistema», dice l’artista. Ma quegli specchi azzurri sono opere d’arte astratta. Come sembra un quadro di Turner l’effetto dell’acqua nella diga di Xiaolangdi, in Cina, un giallo sfumato — pare un tramonto post impressionista. Ma attenzione: in ciascuna di queste immagini (60, suddivise in 7 percorsi) la bellezza estetica nasconde un avvertimento. «La volontà di potenza, di controllo dell’uomo sulla natura a volte è necessario, ma deve inseguire un equilibrio», sembra dirci questo Salgado dell’acqua (per metterlo accanto ad uno dei suoi colleghi e amici). La denuncia, in Burtynsky, si accompagna sempre ad una straordinaria bellezza. Le sabbie canadesi impregnate di petrolio, uno dei più grandi giacimenti del pianeta, la cui estrazione richiede dieci barili d’acqua (poi irrecuperabile) per ogni barile di petrolio estratto; la distesa di piscine per l’allevamento dei gamberi abbandonate a Sonora, Messico; le trame affascinanti degli estuari disidratati. L’effetto sembra lontano dal pericolo, perché il bello rassicura, tocca corde gradevoli. Eppure è lì che si annida il rischio. «Quello che voglio — dice Burtynsky — è trasformare la fotografia in uno strumento di riflessione. Attraverso la cultura si può aiutare la formazione di una coscienza». Viganò sottolinea la varietà di questo lavoro, che coinvolge decine di assistenti-collaboratori: l’artista «trova i seducenti fiumi rossi delle scorie di nickel, i residui di uranio che rinsecchiscono gli alberi, la rottamazione delle grandi navi eseguita da piccoli uomini, i milioni di persone che devono evacuare da antichi villaggi per lasciare posto alla diga più grande del mondo». E si pone (fisicamente) al di sopra. Il punto di osservazione è alto, guarda lontano, il medio formato gli consente di abbracciare anche i margini più distanti dell’orizzonte. Una scelta stilistica, sì, ma anche, come ci racconta, di contenuto: «Perché solo così si può mostrare quanto l’uomo miri a co n t ro l l a re i l flusso delle acque, adattandolo alle proprie esi3 genze». Impressionante è l’immagine che ritrae l’All-American Canal, il canale artificiale lungo 129 km in California sud occidentale. Sulla sinistra, terreni fertili e irrigati (perché si paga), sulla destra, terre aride. Sia nelle foto che nel video che verrà proiettato in mostra, Where I Stand, Burtynsky sembra ripetere un unico avvertimento: «Bisogna scegliere da che parte stare. La cultura aiuta a scegliere meglio». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Identikit Edward Burtynsky è nato nel 1955 a St. Catharines in Ontario. Tra le sue numerose mostre ricordiamo: «Water» (2013) presso il New Orleans Museum of Art & Contemporary Art Center, New Orleans, Louisiana; «Oil» (2009) alla Corcoran Gallery of Art di Washington DC; «China, Manufactured Landscapes» presso la National Gallery del Canada, e «Before the Flood» (2003). A sinistra, l’artista nel ritratto di Noah Weinzweig In mostra 1) Delta del fiume Colorado San Felipe, Bassa California, Messico 2011; 2) Fiume Olfusá, Islanda 2012; 3) Cerro Prieto Centrale geotermica. Bassa California, Messico 2012; 4) Aridocoltura, Regione dei Monegros, Aragona, Spagna 2010; 5) Diga di Xiaolangdi, prov. Henan, Cina 2011; 6) Haridwar, India 2010 (© Edward Burtynsky / courtesy Admira, Milano) Codice cliente: 9798389 EVENTI Corriere della Sera Lunedì 31 Agosto 2015 39 # L’appuntamento Nel tempio della foto la seconda parte di «Italia Inside Out» Palazzo della Ragione consolida la sua vocazione ad accogliere progetti legati alla fotografia. E presto arriverà la seconda parte di Italia Inside Out: la grande rassegna che ha messo in mostra i fotografi italiani, in un grande, metaforico (e fortemente differenziato al suo interno) «ritratto» del Paese, a cura di Giovanna Calvenzi, dall’11 novembre (e fino al 7 febbraio 2016) si estenderà agli «stranieri» con I grandi fotografi del mondo e l’Italia. Con la seconda parte, «Out», appunto, nello spazio espositivo interamente dedicato alla fotografia in piazza dei Mercanti, scorreranno le testimonianze dei grandi maestri internazionali, da Henri Cartier-Bresson a Sebastião Salgado, da Robert Capa a Steve McCurry, da David Seymour ad Araki e a molti altri. In mostra, anche qui, opere che testimoniano l’interesse e l’attaccamento al nostro Paese, da sempre vivo nei fotografi provenienti da ogni parte del mondo. Altre info sono sul sito di Palazzo della Ragione. Scarica l’«app» Eventi Eventi Informazione, approfondimenti, gallery fotografiche e la mappa degli appuntamenti più importanti in Italia. È disponibile sull’App Store di Apple la nuova applicazione culturale del «Corriere della Sera Eventi». È gratis per 7 giorni. Suggestione Le risaie a terrazza nello Yunnan, in Cina, nell’allestimento della mostra a Milano (foto: Piaggesi/Fotogramma) Gli strumenti L’impegno nascosto dietro la perfezione di Chiara Mariani «R icordo che una volta osservai Cartier-Bresson al lavoro... Danzava sul marciapiedi come una libellula impazzita, con tre Leica che dondolavano a tracolla e una quarta incollata al suo occhio: clic clic clic». Così scriveva Truman Capote nel 1946. HCB, il maestro dell’instant décisif, scopre nel 1932 lo strumento che relega in soffitta gli apparecchi ingombranti. La macchina portatile eccita anche il russo Alexander Rodchenko: esprime la dinamicità dell’epoca con inquadrature che rivoluzionano la percezione. Azzardo pericoloso che paga con l’accusa di formalismo borghese. Le prime foto di guerra risalgono al 1855, in Crimea, a opera di Roger Fenton, ma il tempo d’esposizione necessario per una fotografia e la poca praticità dei dispositivi ritardano di decenni gli azzardi di Robert Capa e colleghi. Negli Anni ‘50 un ingegnere cattura ciò che l’occhio non percepisce: Harold Edgerton con lo stroboscopio seziona il tempo e fissa l’attimo in cui una mela esplode colpita da una freccia. Sempre lui escogita per Jean-Jacques Cousteau il sistema che, applicato alla Calypso, favorisce l’esplorazione degli oceani. Poi arriva la rivoluzione digitale, ottima qualità fotografica quasi in assenza di luce. Oggi Burtynsky, nel video Where I Stand, condivide i trucchi con cui ha confezionato il progetto sull’acqua. Il suo mondo non è quello incontaminato che un secolo fa Ansel Adams, cantore dello Yosemite, raccontava appoggiato a un treppiedi. È una natura seviziata dall’uomo. Burtynsky conosce il ruolo della bellezza nella comunicazione. Va a caccia dei punti di vista più efficaci, li trova e se ne appropria anche con elicotteri o droni. Il fotografo della contemplazione decisiva crea quadri seducenti e ammalia il visitatore. Per rivelargli, un attimo dopo, che sono urla di dolore. © RIPRODUZIONE RISERVATA La storia di Paolo Sorcinelli L a medicina della scuola salernitana non fu tenera nei confronti dell’acqua: berla non faceva affatto bene ed era sconsigliata anche per le abluzioni perché dilatava i pori della pelle e apriva la strada alle epidemie. «L’acqua, penetra tutti li porosi corpi», ammoniva Leonardo da Vinci. Fatto sta che dalla peste nera del 1348, fare il bagno suscitò riluttanza e addirittura terrore. Luigi XIV, re di Francia, dietro consiglio dei medici che lo seguirono, in sessant’anni si immerse in una vasca una sola volta, precisamente nel 1665. Per smontare questa diffidenza ci sarebbero voluti tre secoli di pulizia asciutta e a parte le mani e la bocca le altre parti del corpo rimasero lontane dall’acqua. Ma poi l’acqua dei maghi, dei guaritori e dei riti purificatori entrò nella sfera dei fisici, dei chimici, degli ingegneri e dei pittori. I primi la studiarono per nuove applicazioni e come elemento indispensabile per lo sviluppo della produzione manifatturiera, mentre Francois Boucher, nel 1741, raffigurò una donna sul primo bidet della storia, documentando una svolta fondamentale nell’igiene intima femminile. Alexis-Claude-Clairaut, nel 1743, elaborò la teoria atmosferica dell’evaporazione e delle precipitazioni, mentre il termalismo, l’idroterapia e la talassoterapia ne codificarono le proprietà curative. Il verbo igienico ottocentesco fece il resto. «L’acqua è un ottimo mezzo Dai mancati bagni del re di Francia all’ossessione del corpo immacolato per conservare la sanità, per prevenire le malattie, per rinforzare il corpo», scriveva nel 1848 l’abate bavarese Sebastian Kneipp. I medici prescrissero docciature e bagni e perfino l’ingestione di cinquanta bicchieri di acqua al giorno facendo la fortuna di località termali e marine. Soprattutto se offrivano scorci paesaggistici in linea con quella inedita sensibilità verso la natura testimoniata da Goethe, da Rousseau e da Flaubert, che mette in bocca a ma- Igiene e cultura Al tempo della peste l’acqua suscitava terrore. Oggi vince il suo potere purificante dame Bovary un romantico elogio dei tramonti sulla riva del mare. Per coloro che invece preferivano non muoversi da casa, ecco che il Tettuccio di Montecatini già nel 1762 aveva pensato bene di spedire agli interessati 122 barili delle sue pregiate acque. Una prassi che nel giro di un secolo o poco più si trasformerà in un vero e proprio affare commerciale e di costume. Grazie soprattutto alle réclame sui giornali, dove l’acqua di Pejo era magnificata «per la cura ferruginosa a domicilio», l’acqua di Roncegno per le malattie della pelle e l’acqua di Valzangona (che sull’etichetta portava l’immagine di una tigre) per combattere l’anemia. Si affermava anche un’idroterapia dei poveri, con acquedotti in grado di assicurare a ogni utente pochi litri L’autore Paolo Sorcinelli (1944), già docente di Storia Sociale all’Università di Bologna, ha scritto vari volumi come «Storia sociale dell’acqua. Riti e culture» (Bruno Mondadori, 1998). L’ultimo libro è «Otto settembre» (Pearson Bruno Mondadori, 2013, ristampa nel 2014) Dolcezza Un particolare del dipinto «Le terme di Antonino», di Lawrence Alma-Tadema (1836-1912) giornalieri: uno per bere, uno per far da mangiare e due o tre per lavarsi. Oggi ogni italiano ne consuma circa 200 litri al giorno, ma all’epoca, sull’onda delle scoperte di Eberth e di Koch, cinque litri sembravano un grande passo avanti per contrastare colera, tifo e tubercolosi. Comunque, perché tutte le case potessero disporre di acqua corrente, si sarebbe ancora dovuto attendere. Ricordate il ragazzo della via Gluck, quello che per lavarsi non doveva più scendere in cortile? Da non credere, ma l’aneddoto della canzone di Celentano riguardava la Milano agli inizi del miracolo economico! Da allora molta acqua è passata sotto i ponti: gli italiani hanno rimosso il detto l’acqua fa male e il vino fa cantare e sono diventati convinti consumatori di acque minerali: 192 litri all’anno a testa, captati a canoni di sfruttamento ridicoli e imbottigliati in 140 stabilimenti. Un giro d’affari di 13 miliardi di litri e di 2,3 miliardi di euro controllato da cinque multinazionali che spingono le vendite dei 296 brand con slogan salutisti. Compreso quello della pipì facile. Così, mentre si combattono guerre per il controllo delle dighe e dei fiumi e qualche miliardo di persone ha seri problemi di approvvigionamento idrico e milioni di bambini muoiono perché bevono acque inquinate, noi sorseggiamo un’oligominerale fresca e buttiamo la bottiglia di plastica, dove capita. Altra storia. © RIPRODUZIONE RISERVATA Codice cliente: 9798389