Funerale don Vethuy

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Funerale don Vethuy
Omelia al Funerale di don Cesare Verthuy
Pontey, 24 ottobre 2015
[Riferimento Letture: Is 25, 6a.7-9 | Lc 23, 44-46.50.52-53; 24, 1-6a]
All’inizio delle celebrazione
Cari Confratelli e Famigliari, cari Parrocchiani di Pontey, di Lillianes e di Gaby, care Famigliari
del Clero e cari Fedeli tutti, accompagniamo nella preghiera don Cesare che in questa Chiesa ha
ricevuto il Battesimo e gli altri Sacramenti che lo hanno fatto cristiano. Da qui è partito per il
Seminario e per la missione alla quale il Signore lo ha chiamato al servizio suo e del suo popolo, la
Chiesa.
Cesare Giuseppe Verthuy è nato a Pontey il 7 febbraio 1929 e ha terminato la sua corsa terrena
giovedì 22 ottobre 2015, al mattino, presso l’Ospedale “Umberto Parini” di Aosta, dove era
ricoverato da alcuni giorni, come gli accadeva di frequente in questi ultimi tempi. Era il giorno
della memoria liturgica di San Giovanni Paolo II.
Ha ricevuto l’Ordinazione sacerdotale il 27 giugno 1954 e il 15 luglio del medesimo anno è stato
nominato Vicario parrocchiale di Lillianes per diventarne Parroco il 25 gennaio 1958. Il 21 marzo
1994 viene nominato Amministratore parrocchiale di Gaby. Dalla metà degli anni ’60 alla metà
degli anni ’70 svolge il servizio di Vicario economo dell’allora Parrocchia di La-Tour-d’Héréraz. Si
è inserito in profondità nel tessuto sociale di Lillianes prima e di Gaby poi, facendosi vicino alla
gente come sacerdote sempre pronto ad incontrare e a visitare persone e famiglie affidate alle sue
cure pastorali. A Lillianes, nei primi tempi, si è preso carico anche della situazione umana e
lavorativa dei suoi parrocchiani consigliando e agendo in prima persona a favore di chi si trovava
in difficoltà per salute o età e aiutando per il disbrigo delle pratiche burocratiche attraverso la
locale sezione della Associazione Coltivatori Diretti.
Proprio per questa sua attività fu insignito Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica
Italiana. Nel 2005 ha poi ricevuto la benemerenza di Ufficiale del medesimo Ordine. A questo
titolo don Cesare era anche cappellano dell’Associazione nazionale insigniti delle onorificenze
cavalleresche della Valle d’Aosta.
Dal 2000 al 2011 è stato membro del Consiglio diocesano per gli affari economici.
A causa di gravi problemi di salute, nel 2008 si dimette dalle Parrocchie di Lillianes e di Gaby,
servite rispettivamente per 54 e 14 anni. Ritiratosi presso il Priorato di Saint-Pierre, ha continuato a
svolgere qualche ministero pastorale rendendosi disponibile per le sostituzioni in varie Parrocchie
e soprattutto come Assistente spirituale dell’Associazione Famigliari del Clero.
Preghiamo per lui e cerchiamo di farlo con fede, sapendo che Gesù con la sua risurrezione ha
dato inizio alla speranza della vita eterna per tutti coloro che credono in Lui.
Mentre affidiamo al Buon Pastore l’anima del nostro fratello e sacerdote, chiediamo perdono
anche dei nostri peccati ed invochiamo la misericordia di Dio.
All’omelia
È bello che ci ritroviamo in tanti questa mattina, provenienti da diverse parrocchie, per
compiere un gesto di riconoscenza e di affetto nei riguardi di don Cesare che ha amato e servito
per tanti anni la nostra Diocesi e soprattutto la parrocchia di Lillianes e poi quella di Gaby. Siamo
in compagnia di Giuseppe e delle donne del Vangelo che abbiamo ascoltato. Anch’esse compiono
un atto di pietà verso una persona che era stata loro amica, che avevano stimato e seguito, Gesù.
La loro pietà diventa porta della fede: Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate,
non trovarono il corpo del Signore Gesù. Vanno al sepolcro per onorare il corpo di un defunto e
vengono investite dalla luce e dalla forza della risurrezione: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo?
Non è qui, è risorto.
Così accade anche a noi: siamo qui per rendere onore ad un uomo che ci ha fatto del bene, che
abbiamo stimato, al quale nel tempo ci siamo affezionati. Ma non si tratta di una commemorazione
e neppure solo dell’espressione dei nostri sentimenti. Stiamo invece celebrando l’Eucaristia che è
ad un tempo il grande rendimento di grazie della Chiesa, nel quale inseriamo la vita e il servizio di
don Cesare, e offerta a Dio del Sacrificio di Gesù per la salvezza di tutti gli uomini, nel quale
inseriamo la nostra preghiera di suffragio per don Cesare. Ciò che facciamo ha a che fare con la
fede: se siamo qui e ringraziamo e preghiamo è perché Dio ha risuscitato Gesù dai morti.
San Paolo dice di essere convinto che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi
con Gesù e ci porrà accanto a lui … quando sarà distrutta la nostra dimora terrena … riceveremo da Dio
un'abitazione, una dimora non costruita da mani d'uomo, eterna, nei cieli.
Questa è la questione decisiva della vita. Prima o poi la nostra dimora terrena viene distrutta e
allora che ne sarà di me? Non ci sono molte alternative. Al di là della morte o c’è il nulla o c’è la
promessa del Signore Gesù: Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore … Quando sarò andato e vi
avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi (Gv 14, 23). Non possiamo far finta di nulla e aggirare la questione. Bypassarla non è coerente con la dignità
della nostra intelligenza, della nostra libertà e della nostra responsabilità!
La morte di don Cesare sia occasione di porci seriamente la domanda: che ne sarà di me dopo la
morte, il nulla o la promessa di Gesù? È proprio dell’uomo adulto e saggio affrontare questo
interrogativo e non rinviarlo in maniera superficiale. Anche quando cerco di evitarlo, lo porto
comunque con me. Devo chiedermi se la prospettiva della risurrezione sia una cosa seria oppure
no.
La fede nella risurrezione ha come conseguenza un certo modo di stare al mondo, di vivere: noi
non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento,
quelle invisibili invece sono eterne.
Non si tratta di disprezzare le cose del mondo e neppure di fuggire gli impegni per la nostra
famiglia, per il lavoro, per la società. Si tratta piuttosto del modo di vivere tutto questo. Possiamo
vivere in maniera egoistica e chiusa, ripiegati su noi stessi, oppure aperti a Dio e aperti agli altri, al
loro bene, al bene comune, senza egoismi. È l’esempio che ci consegna don Cesare in sessantuno
anni di ministero sacerdotale. E noi vogliamo ricordarlo ed onorarlo raccogliendo il suo esempio.