L`esperienza del medico nei circoli Anddos: report dei circoli di Roma

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L`esperienza del medico nei circoli Anddos: report dei circoli di Roma
L’esperienza del medico nei circoli Anddos: report dei circoli di Roma
Informazioni, prevenzione, consulenze, consigli, visite al fine di garantire maggior conoscenza sui
comportamenti a rischio delle infezioni sessualmente trasmesse.
A cura del Dott. Claudio Consoli, Medico sociale Anddos
La maggioranza dei sanitari in Italia conosce adeguatamente il tema dell’omosessualità e
pensa che sia importante trattare i pazienti omo/bisessuali con pari dignità rispetto agli
altri assistiti.
La maggioranza dei medici sa inoltre che, a fronte di alcune situazioni in cui l’identità
sessuale dei pazienti non è rilevante nella gestione del caso, vi sono tante altre
condizioni in cui essa diventa invece un elemento saliente nella diagnosi e nel
trattamento.
Secondo i dati epidemiologici, una persona su venti ha, nel corso della vita, almeno
un’esperienza sessuale con persone dello stesso genere; eppure gli studi mostrano che
gran parte dei gay, delle lesbiche e dei bisessuali non svela il proprio orientamento
sessuale al medico. Il professionista sanitario tende di conseguenza a sottostimare la
consistenza numerica di questi pazienti, le cui problematiche rischiano, pertanto, di
rimanere invisibili.
Se da una parte le donne e gli uomini con esperienze o identità omosessuali hanno le
stesse problematiche di salute degli altri, dall’altra affrontano questioni tipiche che,
sebbene di interesse per il medico, raramente sono affrontate nella letteratura scientifica
consueta.
Le persone LGBT hanno gli stessi bisogni sanitari al pari di tutti gli altri. Tuttavia le loro
preferenze sessuali fanno sì che da un punto di vista strettamente medico, dovrebbero
trovare all’interno di strutture sanitarie degli “spazi d’ascolto specifici”.
Se per un consulto cardiologico non è dirimente dichiarare la propria sessualità, diventa
importante, nell’ambito della maggior parte dei casi, stabilire un buon approccio
medico/paziente e/o operatore/utente.
Non è importante definire e/o stabilire l’identità sessuale del paziente ma instaurare un
rapporto di fiducia, senza alcun preconcetto, per poter cogliere quei comportamenti a
rischio del paziente e stabilire le adeguate soluzioni al problema.
Ad esempio, quando redige una prima anamnesi, il medico può scegliere di chiedere lo
stato civile del paziente oppure il suo stato relazionale: nel caso di un assistito
omosessuale, la mera informazione sullo stato civile può non essere sufficiente a
descrivere la sua effettiva condizione di vita.
Nel corso del colloquio è importante non dare per scontato che il partner di una donna
sia un uomo, e che il partner di un uomo sia una donna. In tal senso, le domande
possono essere formulate in modo da non indicare il genere del partner, con espressioni
del tipo: ‘Ha una relazione stabile e importante con una persona?’, oppure: ‘Ha un
partner fisso?’, e solo in seconda istanza chiedere se il partner è un uomo o una donna.
Usare un linguaggio neutro rassicura le persone omosessuali: consente ai pazienti di
esprimersi autenticamente e dà un segnale che li incoraggia ad aprirsi. Specie con i
nuovi pazienti, la relazione rischia di essere messa a repentaglio se si pongono domande
che assumono come scontata la loro eterosessualità. Importante ed estremamente
interessante l’esperienza maturata negli ultimi anni in alcuni locali romani, saune e
cruising, dove la presenza del medico, adottata per consulti, informazioni ect per le IST.
I pazienti sono arrivati senza imbarazzi reciproci nell’iniziare una nuova relazione
specialistica al fine di facilitare un clima di rispetto.
L’abitudine di chiacchierare un po’ prima della visita e/o dell’esposizione del problema
è un modo di mettere a proprio agio l’individuo affichè sia il paziente stesso ad
affrontare le proprie preferenze sessuali ed eventuali comportamenti a rischio. In questo
modo capita spontaneamente che si viene a creare per forza di cose un buon clima di
dialogo consentendo all’operatore di indagare al meglio le pratiche sessuali adottate, le
razioni affettivo-sessuali stabili o meno e di conseguenza i comportamenti sessuali a
possibile rischi di trasmissione/acquisizione delle Infezioni Sessualmente Trasmesse.
Adozione, quindi, di nozioni specifiche sul Sesso Sicuro.
Dal punto di vista sanitario la pratica medica, in questo momento si trova ad affrontare
la questione dell’orientamento sessuale considerato come un tratto che, come gli altri,
caratterizza la pluralità delle identità e delle diversità.
Dal punto di vista del paziente esistono preoccupazioni riguardanti la riservatezza, paura
del giudizio eterosessista. Dal punto di vista della relazione, non è l’effettivo trattamento
ingiusto ma l’aspettativa di un trattamento ingiusto. I pazienti non sentendosi a loro agio
temono un giudizio; ne consegue una serie di equivoci e incomprensioni che vanno ad
alterare il rapporto medico-paziente.
Concludendo possiamo affermare che lo spazio strutturato, la relazione empatica
struttura in maniera definita l’accoglienza caratterizzata da ascolto della richiesta, esame
e decodifica della domanda; tutto ciò rende chiaro ed inequivocabile l’analisi dei rischi
di trasmissione delle infezioni sessualmente trasmesse e l’adozione di misure specifiche
al sesso sicuro. La presente analisi, che riassume oltre 3 anni di attività, costituirà infine
una solida base per la sinergia tra i circoli ricreativi e i nuovi Centri di Ascolto e
Antiviolenza.
DATI (attività sui circoli di Roma)
Dal 1/12/2012 al 31/05/2016 presso i Circoli Ricreativi Anddos di Roma si sono
rivolti al Medico 3058 soci.
L’età media è di 31 anni.
Le richieste effettuate si suddividono nel seguente modo:
Il 62% dei soci hanno richiesto informazioni riguardanti le Infezioni Sessualmente
Trasmesse e l’91% di loro si sono sottoposti a visita medica per dirimere se i sintomi che
venivano riferiti fossero da I.S.T.
Il 11,6%, inoltre, ha richiesto informazioni sui centri per IST e centri Aids: il 18%
di loro inviati per sospetta Infezione Sessualmente Trasmessa.
Il 12,2% delle persone si sono rivolte con la richiesta primaria di Consulenza e/o
Visita Generale che esulava da IST.
Il 14,2%, richiedeva supporto psicologico riguardante la sfera sociale, affettiva e
familiare.
E’ stato indagato l’uso del profilattico:
Il 36% dei soci dichiarava di usarlo sempre;
Il 45,9% quasi sempre;
Il 16,3% saltuariamente;
Il 1,8% mai.
L’uso del preservativo, la corretta informazione, il facile accesso alle strutture
sanitarie e l’accoglienza senza pregiudizi rappresentano i punti cardine della
prevenzione dalle Infezioni Sessualmente Trasmesse facendo appello educativo anche
al senso di responsabiltà individuale.
Tale prevenzione deve riguardare, specialmente, alla fascia dei più giovani che
avendo più difficoltà di accesso alle informazioni rischiano maggiormente.