L`IDOLETTO DA MONTE MORRONE: FALSO, MA

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L`IDOLETTO DA MONTE MORRONE: FALSO, MA
L’IDOLETTO DA MONTE MORRONE: FALSO, MA ...
Per una singolare coincidenza, a poco meno di due mesi dall’incontro
linceo su “Vero e Falso nelle opere d’arte e nei materiali storici. Il ruolo
dell’archeometria” (8 novembre 2006) il “Corriere della Sera” ha ospitata
una garbata ma vivace polemica sull’autenticità del celebre papiro di
Artemidoro che, secondo Luciano Canfora (“Corriere” del 14/9/06, p.39)
sarebbe, con buone probabilità, una contraffazione ottocentesca, opera del
celebre falsario Costantino Simonidis. Alla questione il “Corriere” ha
dedicate altre due pagine in cui hanno trovato spazio le controdeduzioni di
studiosi – e non solo – coinvolti nella storia della scoperta e
dell’autentificazione del papiro (15/9/06, p.57 e 17/9/06, p.31). Questa
vicenda – su cui non ho competenze per esprimermi – è davvero esemplare
degli interessi che circolano intorno alla verifica dell’autenticità di un
pezzo antico: che sono fama per gli scopritori, investimenti per chi li
acquista, privato o ente pubblico che sia. Oltre, naturalmente, al progresso
per la nostra conoscenza del passato che comunque, grande o piccolo che
sia, deriva da un nuovo oggetto che di là ci giunge, soprattutto se questo è
supporto di un’epigrafe.
*
*
Fra supporto ed epigrafe esiste, evidentemente, un rapporto di
“presupposizione” in buona parte asimmetrico, che provo a formalizzare
(anche col rischio di semplificare, soprattutto nella categoria del “falso” in
relazione al supporto) con lo schema seguente (dove V = vero, F = falso, S
= supporto, E = epigrafe):
V
1) SV
E
3) EV
SV
F
2) SF
EF
V
4) EF
S
F
Così, soltanto due possibilità, la 2) e la 3), danno luogo a una conseguenza
univoca: se il supporto è “falso”, non c’è dubbio che anche l’epigrafe sia
“falsa”; se l’epigrafe è “vera”, anche il supporto non potrà che essere
“vero”. Ma solo 2) è – almeno in un certo numero di casi – dimostrabile: 3)
– che è il compito dell’epigrafista – credo che (fatti forse salvi casi
eccezionali) non possa comunque superare il livello del probabile. Molto
più forte è il peso del giudizio epigrafico nel caso 4): ma questo produce su
S una conseguenza non univoca. Insomma, l’unico caso in cui il giudizio
dell’epigrafista sarebbe conclusivo e per l’epigrafe e per il suo supporto, di
fatto, almeno a mio giudizio, nella realtà non sussiste.
All’interno di queste tipologie sarà agevole ordinare la folla di casi
“sospetti” che ciascuno di noi ha, per le sue aree di competenza, ben
presenti: p. es. la “Fibula Prenestina” (esposta in copia al Museo
“Pigorini”, che ne custodisce l’originale), parrebbe sempre più attribuita
alla categoria del “vero”, in relazione al supporto, ma con opzione
1)
EF (cioè essere un supporto “vero” con epigrafe (forse) “falsa”:
personalmente, non prendo posizione in merito); così – ma qui mi sentirei
di ritenere l’opzione EF almeno probabile – per l’iscrizione “eteocretese”
da Arkades; l’epigrafe pseudoetrusca da Anversa va posta sub 4) – qui col
forte contributo dell’improbabilità testuale. E così via.
*
*
Il caso che vorrei brevemente sottoporre alla vostra attenzione è quello
dell’idoletto da Monte Morrone, ritrovato nel settembre del 1960 dai
volontari dell’associazione culturale locale “Sole Italico”. Abbiamo –
grazie all’acribia investigativa di G. M. Facchetti, che ne riferisce in CM,
188 ss. – potuto avere la notizia della scoperta di “prima mano” dalla
dr.ssa Rosanna Tuteri, della Soprintendenza Archeologica di Chieti, la
quale, ancora bambina, vide l’idoletto appena scoperto dal padre, Renato
Tuteri, che di “Sole Italico” era allora magna pars. La dr.ssa Tuteri ricorda
che, appena portato ala luce, l’idoletto fu ben lavato e spazzolato, e subito
consegnato ai responsabili del Museo Archeologico di Chieti. Oggi, però,
risulta introvabile, e tutte le nostre considerazioni dipendono da alcuni
documenti fotografici, e dalla personale memoria dei pochi studiosi che
ebbero l’occasione di vederlo.
L’idoletto, di terracotta, raffigura una “Dea Madre” con bipenne,
imbracciata e fra i seni, recante un’iscrizione in lineare A che risale, con
andamento destrorso, dal “braccio” destro (sinistro di chi guarda) fino alla
“spalla”, insinuandosi nell’attaccatura dei “seni”, per poi risalire,
simmetricamente sulla “spalla” sinistra, e scendere fino al termine del
“braccio”. Non è possibile – per l’impossibilità di un’autopsia
dell’originale – accertare se, come però sembra altamente probabile,
l’impressione dell’epigrafe sia precedente alla cottura (se così fosse, si
ricadrebbe necessariamente nei casi 3) o 4)
SF).
A questo punto, provo a esporre gli elementi probativi per l’accertamento
(in votis!) dell’appartenenza dell’oggetto alle classi “vero/falso”.
a) sito del rinvenimento: Colle delle Fate a Roccacasale, in Valle Peligna,
acrocoro meridionale sul versante del Monte Morrone. Si tratta di un
complesso probabilmente di uso sacrale, fortificato da una piccola cinta
muraria in opera poligonale datata al IV s.a.C., però con frequentazioni
possibili fin dall’Età del Bronzo (Roccacasale, 1999);
b) circostanze del rinvenimento: l’idoletto è stato portato alla luce dai
volontari dell’associazione archeologica “Sole Italico”, e pubblicato da
Renato Tuteri nei “Quaderni” omonimi. La data di rinvenimento dovrebbe
essere, come si è visto, il settembre del 1960;
c) luogo attuale di conservazione: l’idoletto non è più conservato nel
Museo di Chieti, dove era stato consegnato. Le “piste” del suo cammino
(che sembra così illecito) conducono a un collezionista privato, attualmente
– anche qui a quel che pare – espatriato. Tentativi di contatto sono falliti;
d) presenza nella letteratura scientifica: oltre a CM, per quanto so l’unico
testo che tratta dell’idolo e della sua epigrafe è Best-Woudhuizen 1988.
L’idoletto è anche pubblicato sul sito Promotora Española de Lingüística:
http://www.proel.org/alfabetos.html
Manca ogni cenno nei repertori maggiori (GORILA, Raison-Pope 1994,
TMT), nonché in Bartoněk 2003;
e) tipologia del supporto: l’idoletto, di terracotta, alto poco più di cm 20 e
largo poco più di cm 10 nel suo punto di maggiore ampiezza, ha un
andamento triangolare che trova evidenti riscontri soprattutto nella
produzione cicladica. Di fortissima evidenza è però la somiglianza con
l’idolo sardo da Senorbi, che M. Gimbutas (1989) attribuisce però ad età
enormemente più alta (V millennio a.C.);
f) caratteristiche epigrafiche: i caratteri sono incisi molto nettamente e
apparentemente, vd. sopra, prima della cottura; due segni appaiono in
forma retrograda; rispetto alla norma; tutti i segni sono riconducibili alla
lineare A, fatto salvo uno, con ductus di quadrato, sconosciuto a questa
scrittura (così come alla varietà B, e al geroglifico): lo identifichiamo con
*00;
g) caratteristiche del testo: accettando la trascrizione del segnario A coi
valori di B (CM, 29 ss.), il testo dell’idoletto è il seguente:
a-ti-a-ri-ti-ja-re-tu-ma-ku-su-pi-je-*34-ka-*00-a-*34-na-ku-ja-*00-re-pima.
Il testo non è interpunto (circostanza rara ma non inaudita, soprattutto nei
testi “non amministrativi”), e ciò, ovviamente, costituisce una grave
difficoltà. Tuttavia, alcune ricorrenze meritano di essere segnalate:
1) l’incipit a-ti-a richiama da presso l’inizio fisso delle formule da
libagione cretesi (a-ta-i-jo ... , che parrebbe la prima parte del nome della
divinità cui si libava par excellence nella Creta del Medio e Tardo
Bronzo);
2) -ti-ja-re- (in un testo in lineare A da Hagia Triada è attestato un te-ja-re,
certamente nome di persona) mostrerebbe - ovviamente se così isolato –
l’unica caratteristica morfologica certamente individuata nella lingua
scritta dalla lineare A (il minoico), e cioè la presenza di un suffisso -a-re
formante antroponimi. Questo suffisso è stato isolato solo recentemente, e
sulla base di un esame complessivo del corpus noto alla fine degli anni ’90;
3) – del resto, anche altri segmenti ricavabili dal testo potrebbero trovare
confronti – ma mai perfette coincidenze – con parole minoiche (anche
presenti in archivi scoperti successivamente alla data del rinvenimento
dell’idoletto: CM, 191);
4) infine, ed è, a mio vedere, il fatto più significativo, poste le (possibili)
corrispondenze viste sub 1) e 2) con autentici testi minoici, l’incipit
dell’epigrafe dell’idoletto risponderebbe in modo sorprendente alla
struttura canonica della “formula primaria” di libagione (CM, 127 ss.);
5) caratteristiche epigrafiche: il ductus sembra riflettere una varietà
“evoluta” della lineare A (coeva quindi dei testi di Hagia Triada); non
appaiono interferenze evidenti con i caratteri standardizzati dell’edizione di
riferimento precedente a GORILA, e cioè Pugliese Carratelli 1945; resta
enigmatico il carattere in forma quadrata, del tutto ignoto nell’intero
corpus della lineare A.
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Gli argomenti sopra cursoriamente esposti spiegano il titolo proposto agli
organizzatori dell’incontro linceo: “L’idoletto da Monte Morrone: falso,
ma...”. In effetti, il peso degli argomenti sfavorevoli all’autenticità appare
davvero preponderante (tipo di supporto; luogo di rinvenimento;
circostanze dello stesso; “impressione” di chi lo vide dal vero. Fra l’altro,
proprio dalla stessa associazione “Sole Italico” fu “rinvenuta”, più o meno
negli stessi anni, una lamina con iscrizione etrusca certamente – e
palesemente – falsa (“epigrafe di Anversa”: CM, 190), il che rende più
forte il sospetto della presenza di un “falsario” in seno all’associazione). La
presenza del segno quadrato *00 però non è di per sé argomento univoco a
favore delle falsità dell’epigrafe: perché mai un falsario che dominava così
bene questa non facile scrittura avrebbe dovuto “inventarsi” un segno
nuovo? Infine, il dato linguistico-testuale: ed è da questo che origina il mio
“ma ...”. Che però, sia ben chiaro, pesa molto meno del “falso”, che, nel
titolo, lo precede.
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Bartoněk 2003: A. Bartoněk, Handbuch des mykenischen Griechisch, Heidelberg;
Best-Woudhuizen 1988: J. G. P. Best - F.Woudhuizen, Ancient Script from
Crete and Cyprus, Leiden-New York-København-Köln;
CM: G.M. Facchetti - M. Negri, Creta Minoica, Firenze, 2003;
Gimbutas1989:
Francisco;
M.
Gimbutas,
The
Language
of
the
Goddess,
San
GORILA: L. Godart - J.-P. Olivier, Recueil des inscriptions en linéaire A,
1-5, Paris, 1976-85;
Pugliese Carratelli 1945: G. Pugliese Carratelli, Le iscrizioni preelleniche
di Haghia Triada in Creta e della Grecia Peninsulare, “Monumenti
Antichi” XL, col. 421-610;
Raison-Pope 1994: J. Raison - A. Pope, Corpus transnuméré du linéaire A,
Louvain-la Neuve;
Roccacasale 1999: L. Brunetti - E. Bosco - R. Carrozzo, Roccacasale. Il
castello e il centro fortificato di Colle delle Fate, Corfinio;
Scripta Minoa: A. J. Evans - J. L. Myres, Scripta Minoa, II, Oxford 1952;
TMT: C. Consani - M. Negri, Testi minoici trascritti, Roma 1999;
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