il migliore dei mondi possibili
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il migliore dei mondi possibili
0 IL MIGLIORE DEI MONDI POSSIBILI Una novella di Domenico Astuti 1 Introduzione Questa novella è del tutto immaginaria. Ambientata in un Paese fittizio, allegramente stravagante. Il viaggio che intraprende, volente o nolente, l'extramondo Mohamed Abu, non appartiene che a un irrazionale tragitto in circolo. Inizia, procede e termina da una vita a un'altra vita. La novella è un misto di fantasia e immaginazione, ripreso dal fondo di vecchi romanzi rocambolici e inverosimili. E' ambientata nel paese di Edenlandia, il migliore dei mondi. Dove chiunque, nasce indebitato, ma se sa fare molti altri debiti può diventare qualsiasi cosa; passando per molte opportunità e per stratificate verità. Edenlandia è un Paese dove se c'è un limite a qualcosa lo si supera alzando i parametri di tollerabilità, dove per modernità si intende tutto, dalla guerra al furto; se c'è un incidente sull'autostrada la colpa è solo della nebbia; dove un qualsiasi rubagalline può rifiutare il giudice per incompatibilità ambientale. Dove un industriale paga milioni di euroni per una foto che lo ritrae col naso bianco e un trans e non lo chiama ricatto. Un Paese dove la dote migliore di un grand'uomo è saper canticchiare Trénet, dove si possono guadagnare quarantaduemila miliardi di euroni esentasse per una consulenza, dove si organizza una manifestazione per la difesa della famiglia perchè qualcuno vuole sposarsi. Un Paese talmente immaginario che un ministro chiama i bimbetti eroi, i quattordicenni materiale umano e i diciottenni risorse umane.. In cui il ministro della Giustizia dice Dio ci salvi dai giudici. E un altro paragona chi rifiuta l'accanimento terapeutico a Mengele. E un primo ministro che dichiara pubblicamente di odiare la sua capitale e il modo di vivere dei suoi cittadini. Un Paese dove una nobildonna muore per giocare a nascondino, un banchiere per aver bevuto un caffè, una donna per voler partorire. Dove si fa ministro chi fa prestazioni fuori orario, entra in camera operatoria un chirurgo che si inventa un paziente, si definisce imprenditore chi licenzia sessantamila dipendenti. Un Paese dove chi è condannato per aver rubato ai malati terminali, si fa crescere la barba bianca, mostra un certificato medico e se ne può tornare a lavorare per altri vent'anni. Dove chi da giovane era uno zuzzerellone a sbafo, a novanta è un eroe da imitare, perchè il mondo va così. Dove chi festeggia alla guerra si definisce pacifista, chi è alternativo invoca OO7 e chi non è d'accordo a tutto questo è solo un pericolo per sè e per la patria. Insomma, una storia immaginaria dunque. Nessun rapporto con nessuna realtà, nessun riferimento a uomini, donne, animali, città. E poi ancora... Scritto nel 2000 a cinque editore mandato: nessuna risposta 2 1 Su Mohamed Abu e la sua fortuna di essere giunto in Edenlandia. Guardava il sole tramontare verso occidente, sulla distesa che sgelava di giorno in giorno. Nel giardino le aiuole non erano ancora scavate e i passeri raccoglievano delicate pagliuzze che portavano sotto le tegole del tetto. Nulla gli era apparso così vivace, così ben ordinato. Il suo cuore era colmo di gratitudine, verso quel mondo, per la nuova famiglia che lo aveva accolto con così tanta generosità. Si sentì fortunato e s'intenerì a quello stato di beatitudine. Sbucciò una banana e le dette un morso poderoso. Vide passare un camion con degli struzzi che andavano al macello, l'autista suonava il clacson a mo' di rap ad un ciclista che urlava aggrappato al suo paraurti . Il giovane Mohamed Abu Fahmi Abboud mosse il braccio verso l'alto per salutare: sorrideva al mondo con l'espressione di chi si sente finalmente libero, nella migliore delle vite. Sereno, come un agnello disponibile al mondo. Peccato che quegli intensi attimi li avrebbe dimenticati, come aveva scordato tutto quello che gli era capitato da quando era giunto in Edenlandia. Un medico aveva diagnosticato un'amnesia spungiforme temporale, una malattia così comune che nessuno pensava lo fosse veramente. D'altronde quello era anche il Paese in cui chi conservava memoria era giudicato cagionevole, spesso di cattivo gusto. Era talmente malvista la memoria in alcuni settori sociali che qualcuno avevan dimostrato scientificamente che non era in assoluto una cosa positiva ricordare. Con distingui vari, alcuni uomini di cultura, avevano concordato per un discernimento tra memoria buona e memoria cattiva. Le battute di spirito appartenevano a quella buona, come ricordare i calendari delle dive, i fatti apparenti e le barzellette; il ricordare fatti di cronaca finanziaria, di carriere oscure appartenevano invece a quella cattiva. 3 Raffinando quest’idea, qualcuno aveva parlato di un Goebbels buono e uno cattivo, di un Che Guevara buono e uno cattivo, di un Riina buono e uno cattivo. Fino a far dire a qualche politico ispirato che c'erano stati dittatori cattivi e altri bonaccioni. A conferma del trend di queste idee modernissime, nelle scuole era stata abolita una materia antiquata come la storia, ed era stata assorbita dall'educazione fisica. Il buon Mohamed Abu, un giovanotto a cui la natura aveva concesso un animo candido e uno spirito semplice, non aveva più alcun tipo di memoria recente. E aveva perso anche una fede religiosa non profondissima. Però a differenza degli edenlandesi ricordava bene cose molto vecchie. Di quando viveva a Uàdi Halfa, un paesino di confine tra l'Egitto e il Sudan... Di quand'era bambino e attendeva all'attracco i pochi turisti per portare loro i bagagli fino al treno... Dell'odore della prostituta berbera con cui aveva consumato il suo primo rapporto... Ma non ricordava nulla di quello che gli era successo due giorni prima. Forse anche per questo lo ritenevano talmente buono da essere stupido; anche per questo chi lo conosceva si sentiva superiore a lui in quasi tutto. Non ricordava nemmeno chi gli aveva fatto tatuare sul polso una stella colorata e buffa con la frase L'Occidente rende liberi e sotto un numero a sei cifre. Come era successo che perdesse la memoria ? Forse era iniziato tutto a Smirne quando assieme ad un gruppo di curdi clandestini era stato picchiato duramente dai poliziotti di quella ridente e civilissima città. Forse nella lunga traversata nella stiva di una nave con topi, zecche e cimici, senza mangiare e bere, accanto a due donne che erano morte. Più probabilmente fu che la nave colò a picco in mezz'ora nelle acque fredde subappaltate da Don Tano Bonton. Su novecentonovanta clandestini si salvarono solo in sei, ma non prima di essere rimasti nella stiva, sul fondo del mare, per giorni. Poi, come in un miracolo, il terzo giorno risuscitò da presunta morte tra tonni, merluzzi e pesce azzurro. Quelli morti indiscutibilmente, anche un po' gonfi, furono ributtati in mare per non rovinare la pesca e la festa del Santo Natale. Dei sei ancora vivi, tre furono consegnati alle autorità che dopo averli rifocillati con caffè e torroncini al limone li rimisero su un aereo per Ankara. Mohamed e altri due che non ricordavano nulla furono messi in un centro di prima accoglienza a Falasterio e chissà come dimenticati lì per tutte le feste. Ma naturalmente questo episodio il giovane Mohamed non lo ricordava più. Osservava quel tramonto, ascoltava sereno le campane di una piccola chiesa, sorrideva al suo presente nel migliore dei mondi. Mohamed si sentì chiamare dalla signorina Deborah. Fece un boccone della banana. - Sono qui - disse deglutendo. 4 Saltò dall'albero sul tetto della villa, scese sul balcone del secondo piano e si ritrovò di fronte alla madamigella dai capelli ossigenati e un percing al naso. La bassa e rotonda signorina Deborah se lo guardò con gli occhietti vispi e sorrise nervosamente. - Mamma vuole che porti la legna in casa ! Il giovane si mosse rapidamente sotto lo sguardo poco pudico di Deborah. ..... - Bisogna scaricarla dal furgone ! - aggiunse, sperando che la notasse. Ma l'ingenuo Mohamed Abu proseguì scendendo rapidamente le scale. 5 2 Come Mohamed Abu trovò la famiglia Soldoni In quest''Edenlandia così benestante, così civile, così desiderosa di storie edificanti - che da patria dei miracoli si era evoluta in patria delle lotterie e delle botte di culo c'era una trasmissione televisiva da ascolti stratosferici. Il programma si chiamava, Perchè non te lo prendi ? L'idea era semplice, per questo folgorante. Si presentavano degli extramondo in un'arena, li si faceva correre, combattere tra loro, poi c'era chi li intervistava. Il pubblico faceva alcune domande, poi l'orchestra di Mito Mitelli iniziava a suonare e i semifinalisti dovevano cantare e fare uno spogliarello. A glutei tangati li si pesava, si controllava la dentatura e gli si faceva un check up completo in diretta fatto da una dottoressa in baby doll. Quindi era la volta della giornalista: Alda Magnapane. Chiedeva ai finalisti le loro vite, i drammi lasciati a casa, i loro sogni. E dopo una votazione in sala, con le tre giurie quella Etica, quella Estetica e quella Drammatica, i tre finalisti della puntata erano scelti da cittadini comuni che dovevano ospitarli in casa per un anno. Mohamed Abu aveva superato le varie gare ed era giunto terzo, con una storia nemmeno tanto drammatica a confronto delle altre due. Il vincitore fu un certo Yamim Hokatan: le ventisette persone della sua famiglia erano state sterminata con bombe a frammentazione, gas tossici e all'arma bianca in un villaggio curdo tra le montagne. In un villaggio utilizzato a seconda dei mesi dai soldati iraniani, dai siriani e dai turchi per allenamento ed esercitazione. Lui si era salvato perchè dato per morto, aveva poi venduto un rene e un polmone per pagarsi il viaggio in Occidente. Il secondo premio l'aveva vinto Natalia Ghenricovna, una ragazzina di quindici anni, rapita in Ucraina, schiavizzata da un contrabbandiere moldavo, violentata poi da mujaiddin in fuga, torturata nei Balcani, amputata da venditori di carne umana. Mohamed aveva una storia fiacca per lo share, aveva ancora in vita tutti i parenti, non aveva che un bozzo in testa; ma se lo erano contesi in tanti. Forse per il suo aspetto sano e robusto, forse perchè era stato il migliore nella prova di tip tap figurato, forse perchè il suo sorriso faceva pensare al suo buon cuore. Non aveva vinto i cinquecento milioni di euroni del primo premio, come Hokatan, non aveva ottentuto una casa vacanza e un viaggio per cinque persone nell'isola di Santo Domingo come Natalia, ma aveva ottenuto il permesso di soggiorno e il bacio di Dagma, la prima ballerina. 6 Quella stessa sera ricevette un battesimo, gli fecero le interviste di rito, le foto per un calendario e altre foto per alcuni giornali glamour. Il giorno dopo Mohamed fu scelto per la seconda parte del programma. Gli edenlandesi assistettero il pomeriggio successivo all'arrivo in limousine bianca di Mohamed nella nuova casa. Fuori dalla villa, al freddo, amici, parenti della famiglia Soldoni e le autorità del luogo, tutti erano euforici, tutti applaudivano in direzione telecamera. I telespettatori ascoltarono le accorate parole della commossa Alda Magnapane, videro gli abbracci del giovane fortunato con la famiglia Soldoni, occhieggiarono la bella camera che aspettava il fortunato, potettero vedere anche nei cassetti gli intimi della nota casa che sponsorizzava il programma. A metà della puntata, seduti intorno alla tavola imbandita, la dolcissima Alda fece l'intervista di rito. Con occhi splendidi e penetranti fece domande a tutta la famiglia. Dopo la pubblicità, la giornalista chiuse alle sue spalle la porta della villa della famiglia Soldoni, e guardando nell'obiettivo, disse la frase che concludeva il programma: Si può dire quello che si vuole di Edenlandia -fece una breve pausa, sospirò e concluse- Ma queste cose ci fanno capire che viviamo nel migliore dei mondi. 7 3 Come fu accolto Mohamed Abu nella cittadina di Lavorone nei primi momenti di pubblica euforia. I primi giorni della nuova vita per il giovane Mohamed Abu furono faticosi, rumorosi ma anche insensati e divertenti. Accompagnato dal signor Soldoni andò un po' dappertutto nella cittadina, strinse tante mani, bevve tanti aperitivi colorati, moltissimi caffè e bevande gassate. Ebbe tante pacche sulle spalle, vide tante bocche parlare e ridere. Si comportavano tutti alla stessa maniera, come la gente di Medina, cuccioli che mostravano sorrisi da adulti soddisfatti. Dovette rispondere alle solite tre, quattro domande, che tutti gli facevano. Lui rispondeva sempre con Sì, grazie, quando inevitabilmente chi aveva davanti concludeva bonariamente - Nè negrazo, c'hai avuto un culo, eh ! Oppure con -Vedi di non smerdarti adesso, ah, ah, ah... O anche con - Così la smetteranno di chiamùarci razzisti, quei quattro straccioni della capitale. Il giovane Mohamed non trasse conclusioni affrettate sui tanti amici del signor Soldoni, gli sembrarono in fondo buona gente anche se un po' incomprensibile. Trovava strano, però, quel modo di parlarsi addosso, di essere rumorosi, di non saper ascoltare; ancora più fastidiosa era quell'abitudine degli edenlandesi di toccarlo, guardargli i denti, tastargli i muscoli delle braccia e delle gambe. Ancora di più, trovava sconveniente che qualche ragazzina, approfittando della confusione, gli toccasse i glutei o i testicoli, e poi eccitata dicesse qualcosa all'orecchio dell'amica. Col signor Soldoni entrò in tutti i negozi che mostravano la bandiera locale e quella nazionale. Alla camera del commercio gli offrirono una partita iva, le chiavi della città di cioccolato e gli fecero cantare l'inno nazionale. Il sindaco e gli assessori si fecero fotografare, con lui al centro, per la rivista Vip & Politici. Il maresciallo gli dette dei consigli su come evitare la zona marginale della cittadina, dove vivevano i lavoratori stranieri. Il parroco gli regalò una Bibbia e si mostrò meravigliato delle buone maniere del giovane, lo benedisse con l'acqua santa. Dopo tre giorni di festeggiamenti Mohamed Abu incominciò a non sentirsi più 8 tanto bene. Quello che lo stava debilitando era il cibo che lo avevano costretto generosamente ad ingurgitare. Era ingrassato di quattro chili, si sentiva messo all'ingrasso; purtroppo non poteva esimersi in nulla. I generosi visi degli edenlandesi non avrebbero tollerato un no. La grandezza d'animo dei concittadini, la prodigalità che mostravano in quel caso, non potevano essere frustrati da un extramondo salvato da chissà quale fine. Non poteva ferirli nell'ospitalità e nella loro liberale accettazione. Giunse però alla riflessione che se quelle gentili e simpatiche persone mangiavano così tanto e così male allora c'era qualcosa che non andava nelle loro esistenze. Ma anche questo pensiero lo dimenticò ben presto. E' comprensibile, quindi, che si sentì liberato e più sereno quando tutta quella curiosità su di lui scomparve. Una settimana e Mohamed Abu era diventato oramai uno dei tanti. Per molti, quando era da solo in paese a fare commissioni per la famiglia Soldoni, era un fantasma che compariva e scompariva nelle mattinate gelide e nebbiose. Per qualcuno era diventato un altro negro da tenere sotto controllo perchè anche se non era cattivo avrebbe potuto creare confusione nella tranquilla Lavorone: non per colpa sua ma perchè quelli come lui erano fatti così, senza nemmeno che se ne potessero rendere conto. Si dimenticarono di Mohamed Abu non solo per tornare alla vita tranquilla e al lavoro di sempre ma perchè i cittadini si erano trovati al centro dell'interesse nazionale e mondiale per un loro conterraneo. Un tal Pinin Maron, dopo tanti dubbi e tentennamenti si era sottoposto a San Vegas al primo trapianto di pene. Qualcuno disse che se ne era fatto mettere uno tanto grosso che non avrebbe trovato nemmeno una regina da ciullare. Si può immaginare la curiosità e il chiacchiericcio continuo sull' argomento e le discussioni in centimetri dei compaesani, in pausa lavoro, in piazza, nell'alcova notturna. A Lavorone l'unità di misura era diventato il Pinin: ventisette pinin per attraversare i portici, cento pinin era diventata la distanza dal cinema a luci rosse alla casa del sindaco, con ventimila pinin si poteva arrivare a Battan. A ravvivare la nuova novità giunse la voce che prima di tornare al paese Pinin avrebbe dovuto fare parecchia fisioterapia. - Fisioterapia ! - E giù battute e risate a crepapelle. Qualcuno disse anche che se l'oggetto risultava del tutto funzionante potevano mandare il Pinin Maron come rappresentante del popolo al parlamento nazionale. Qualcun altro invece senza dirlo già pensava ad un viaggetto a San Vegas. 9 4 Intorno alla famiglia Soldoni e su come Mohamed conosce la civiltà Il signor Soldoni era uno degli uomini più ricchi della regione, e quindi del Paese intero. Aveva i pomelli d'oro alle porte e nei gabinetti la rubinetteria era d'argento massiccio intarsiato con pietre dure. Portava uno smeraldo da tre carati al mignolo destro e un orologio d'oro con catena appartenuto ad un principe. La sua villa aveva venticinque stanze, quattordici bagni e quarantanove finestre. L'aveva fatta costruire sul modello di quella di un riccone arabo che aveva visto su una rivista dal titolo Le case impossibili, nel salone di settanta metri aveva al centro due statue greche di marmo bianco che arrivavano al soffitto e divani zebrati fatti fare su misura da uno stilista invidiato dal mondlo intero. Era un uomo così considerato nella regione che tutti lo chiamavano a bassa voce Mister paperone. Uno che dal niente aveva fatto fortuna lavorando venti ore al giorno per una trentina d'anni. Aveva anche prestato soldi ad usura, approfittato di quello che poteva offirgli il mercato e il suo creativo commercialista, subito qualche inchiesta caduta in prescrizione. Il segno del suo successo era che i concittadini ridevano alle barzellette che raccontava appena poteva. La moglie si chiamava Dagmar Mucescu, l'aveva conosciuta in un viaggio nell'est europeo, quando in quei paesi non c'era libertà e nessuno poteva vivere come in Occidente. Quella volta Soldoni in Romania aveva preso lei, comprato una villa sul mar nero e una collezione di archibugi assai rara. Tornato aveva divorziato dalla sua vecchia moglie e sposato Dagmar. Lei aveva capelli rossi e occhi blu cobalto, un corpo da modella e una sfrenata passione per il lusso. Aveva in poco tempo comprato millesettecento paia di scarpe, novecento vestiti, trentasette pellicce e sei automobili. Il suo tempo lo trascorreva però in casa, nella sua palestra personale e regalando vestiti alle rare amiche. Negli anni aveva fatto vari liftting fermando la sua età a trent'anni. Tutti la tenevano in grande considerazione a Lavorone, e il suo modo di fare assai distaccato, il suo parlare ancora esotico, la rendeva agli occhi dei concittadini ancora più da ossequiare. La loro figliola Deborah aveva sedici anni, era una studentessa intelligente-manon-si applica. Nessuna passione e un solo hobby, molto privato. Era l'esatto opposto della madre, aveva piedi a papera, il sederone cellulitico, il corpo tozzo, grossa di cosce e con una quinta misura di reggiseno. Al padre però andava bene così per i 10 motivi che si possono intuire, alla madre andava bene così per motivi che facilmente si possono intuire. Per loro era l'angelo di casa. Immaginarsi quando l'anno prima quel suo hobby molto privato si manifestò chiaramente. Dovettero un po' alla chitichella portarla a Lugano in una clinica privata per farle togliere l'ingombrante e incredibile fardello che portava in pancia. Loro, cattolici, fiera razza nordica, vissero ore di vero panico trascendentale. Il figlio Marco Michel aveva diciassette anni, concepito tra una sgroppata in area di Van Basten e un goal di Michel Platini. Divini del pallone, per il signor Soldoni tifoso del lontano calcio italiano. Marco Michel era ancora un ragazzetto con le gambe secche, una sporadica peluria sul labbro superiore e un cervello un po' ritardato. Era stato bocciato in prima elementare, poi in quarta e quindi in prima media, ma faceva già il terzo anno del liceo, grazie ai quattro anni in uno che aveva superato nella scuola parificata Benedetto Amore. Il padre però aveva ambizioni per il suo figliolo, faceva di tutto per lui anche chiamarlo stronzetto quando lo riteneva necessario e rifilargli un paio di sganassoni Perchè hanno sempre fatto bene per l'educazione. Per farlo parlare in maniera chiara si serviva del critico dell'arte e dello spettacolo Ortega Y che era andato varie volte in televisione a parlare del sesso nella cultura e aveva fondato un'associazione per le politiche sessuali. Lo faceva venire una volta alla settimana per dare rudimenti colti al ragazzetto. Il signor Soldoni era fiero di avere per qualche ora il famoso professor Ortega Y per casa. Lo intratteneva a cena e parlavano oltre che di televisione e donne anche di expertise e del valore di quadri da restaurare. Grazie a valutazioni benevoli del professore, un Caracci e un Grosz erano appesi nel salone sulla parete sopra il televisore trinitron 75 pollici. E il conto in banca dell'esperto si era centuplicato. Soldoni era orgoglioso di quella amicizia e da tempo lo riteneva uno della famiglia. Gli aveva mandato anche Marco Michel a casa per una settimana. Il professore Y lo aveva tenuto chiuso nello sgabuzzino per un giorno, lo aveva portato poi allo stadio, a vedere una mostra di quadri naif e in poca segretezza a mignotte. 11 5 Come Mohamed apprese e purtroppo dimenticò la vera essenza della vita. Il professor Ortega Y prese subito a ben volere Mohamed Abu e gli volle dare qualche lezione di cosmo-tuttologia. Gli spiegò con dovizia di dettagli che quello era il migliore dei mondi, lui un ragazzo fortunato ad essere andato in televisione, e poi adottato da una famiglia così ricca e generosa. Gli spiegò che ora viveva in una terra sostanzialmente felice. Dove ciò che era credibile diventava vero, le mezze fandonie si trasformavano in verità per almeno una settimana e le vecchie verità erano come vestiti consunti ed imbarazzanti. Con grande trasporto gli raccontò che in Edenlandia ognuno poteva fare ciò che gli pareva e che contava solo il risultato finale. Chi voleva essere un vincente lo poteva diventare a patto di non avere pregiudizi, di vivere a lungo e senza nessun rimorso. Chi era un perdente gli si faceva credere di non esserlo e chi non era per la battaglia non apparteneva a nulla. Gli spiegò che chi viveva con idee prestabilite da una morale, da un'educazione familiare, perdeva la leggerezza e l'istinto di potenza. Per essere più chiaro possibile gli narrò di personaggi pubblici che a trent'anni vivevano nell' illegalità, a quaranta quell'illegalità era diventata normalità, a sessanta una lungimiranza e a ottant'anni s'erano trasformati in eroi, maestri e padri fondatori. Gli annunciò in un momento di massima sincerità che il senso di responsabilità era la pietra al piede che rallentava qualsiasi corsa, qualsiasi evoluzione, verso il successo e la modernità. Gli parlò, poi, dell'ideologia, dell'idiosincrasia, dell'idoleggiamento, del bamboleggiamento e dell'idocrasio. Puntualizzò sulla metafisica seicentesca, approfondì la patafisica del novecento e la baggiafisica del ventunesimo secolo. Una sera il professore Ortega Y gli raccontò come era assurto a grande notorietà, aveva urlato in televisione lesbica ad una poetessa polacca, merdoso ad un politico che gliene fu grato per due legislature e devi morire ad un collega che morì la notte stessa. Aveva gettato dell'acqua in viso ad un parapleggico e aveva mostrato il culo nudo al pubblico. Queste sue performance gli avevano data fama, successo e prestigio nell'ambito culturale, politico e popolare. Aveva così ottenuto una cattedra universitaria, era diventato opinion leader di un quotidiano nazionale, era stato eletto rappresentante del popolo e si era congiunto con una decina di ballerine. Ortega Y era allegro quella sera, aveva bevuto del vino rosso, ed era molto compreso nel suo ruolo di sapiente onanista di uomini, fatti e animali. 12 Gli spiegò che non ci voleva intelligenza per dire certe cose, nemmeno spessore d'animo, ma solo freddezza e prontezza di spirito. Lui, benchè algido e di spirito rapido, portato a disquisire, aveva impiegato anni e anni di duro allenamento per raggiungere quella perfezione. Non si poteva dire merda o gnocca o stronzo in un momento qualsiasi, bisognava avere i tempi giusti, l'interlocutore debole, e una platea trimalcionea. Ma naturalmentel non lo avrebbe mai potuto dire ad un potente, ad un emiro o al miliardario Biscion. Mohamed Abu non perdeva una parola, felice di tutta quella scienza che il professor Ortega Y generosamente gli prodigava con sintesi e dovizia di dettagli: un compendio di vent'anni di cultura, esperienza, intelligenza. Era ancora più sorpreso da un racconto così sincero, e convenne che quello era effettivamente un gran mondo. Quel professore gli stava dimostrando precisamente che non vi è effetto senza causa. Che insegnamenti ! Preziosi per qualsiasi futuro ! Peccato che già al mattino seguente avesse dimenticato praticamente tutto quello di utile che aveva ascoltato. In testa non gli rimaneva che qualche parola e un'ammirazione incondizionata per l'Occidente. Ma di una cosa era convinto sinceramente e volle ripeterselo in continuazione: era un ragazzo fortunato a vivere nel migliore dei mondi. 13 6 Come Mohamed fu cacciato e a ragione dalla generosa famiglia Soldoni. - Mamma vuole che porti la legna in casa ! Mohamed si mosse rapidamente sotto lo sguardo poco pudico di Deborah. - Bisogna scaricarla dal furgone ! - aggiunse sperando che si girasse, ma il giovane proseguì. Deborah fremette stizzita, disse tra sè stronzo. Era da alcuni giorni che cercava di portarselo a letto senza ottenere alcun risultato. Gli aveva buttato lì domande private, si era strofinata a lui ripetutamente, ma Mohamed sembrava non voler capire. Un pomeriggio si era presentata in camera sua in mutande e reggiseno per chiedergli la traduzione di alcune parole in arabo, in verità un po' allusive, tipo: Cosa voglio ? Spingi ! Letto grande... Anche in quel caso il giovane non aveva compreso e le aveva coscenziosamente risposto: Siàdtak 'auz ? Khòsh e gòua ! Serir kebir. Senza dare segni di interesse. Per lei stava diventando un fatto di principio. Se lo doveva fare ! Oltretutto aveva raccontato alle sue amiche di scuola, con dovizia di particolari, le notti passate col negro instancabile. Decise che doveva risolvere il problema al più presto. Mohamed pose il quintale di legna nel garage, si drizzò e sentì la schiena dolergli. Chiuse il portello, rientrò in casa. La signora Dagmar era seduta in poltrona e guardava attentamente un programma televisivo. Il giovane restò in piedi a guardarlo anche lui: c'erano due signore una vestita in nero e l'altra in rosso, raccontavano ad un giornalista le loro vicissitudini. La signora si voltò, vide Mohamed alle sue spalle, - Vieni a sederti qui. Il ragazzo si sedette accanto a lei e fissò il monitor. - Tu per chi voteresti ? Mohamed non capì la domanda, guardò la donna e sorrise perplesso. - Queste due concorrenti sono malate di cancro e non hanno i soldi per curarsi. Solo una delle due avrà i soldi per poter essere assistita. Possiamo votare da casa e ribaltare il voto della giuria in sala. - E l'altra ? - chiese perplesso. La signora Dagmar sorrise leggermente 14 - Stabiliamo chi potrà curarsi. - E chi perde ?... - aggiunse Mohamed. - Ma che domanda ! Mi sembri un cretino certe volte - disse, un po' spazientita Meglio salvarne una che nessuna, no ? Mohamed annuì con la testa, ma non era del tutto convinto. - Ma non avete questo tipo di programmi al tuo paese ? Mohamed scosse la testa e sorrise nuovamente. La signora dai capelli rossi e gli occhi blu cobalto lo osservò ben bene: quel ragazzo era gentile, allegro, ma era soprattutto un essere troppo differente da loro. Gli osservò la pelle scura come la notte, il naso schiacciato e le narici larghe, le mani lunghe e affusolate. Si sentì come se fosse per la prima volta accanto a Mohamed, provò tenerezza come una mamma ma anche un'ancestrale timore biologico. Per uscire fuori da quello stato gli chiese di scegliere subito una delle due concorrenti. Mohamed fu costretto a scegliere, optò per quella che era più simpatica alla signora. Si alzò, compose il numero verde e disse nella cornetta Numero due. Intorno alle otto di sera il signor Soldoni rientrò in casa con la sua potente auto station wagon 6 x 9. Non era di buon umore, aveva il viso tirato e aggressivo, sudava copiosamente, aveva la pancia talmente gonfia che non gli si vedeva la cinta dei pantaloni e masticava più che fumare un sigaro. La vista di Mohamed non migliorò il suo umore, anzi. Era un paio di giorni che non se lo portava più con sè, e quasi sembrava volesse scansarlo. Quella mattina lo aveva anche rimproverato bruscamente perchè mancava un uovo per la sua omlette di due dozzine. Lo aveva chiamato e gli aveva fatto un ripasso con congiuntivi impossibili e filosofia del menga. S'era un po' quietato quando l'aveva visto correre nella neve per andare a comprare sei pacchi da dodici uova. In verità erano due giorni e mezzo che il signor Soldoni aveva iniziato a cambiar d'umore con Mohamed, per essere precisi dalla sera della domenica. Cos'era successo ? Una cosa un po' delicata. Il Soldoni aveva un piccolo, entusiasmante, vizietto. Per iniziare la settimana con coraggio e decisionismo professionale si chiudeva in una stanza di cui solo lui aveva la chiave. Davanti a molte banconote di tutto il mondo si masturbava violentemente fino a quasi svenirne estasiato. Dopo aver ripreso fiato, con tenero rilassamento, baciava ad una ad una tutte quelle banconote e per ultima baciava quella su cui c'era la regina di Inghilterra. Sin da bambino era invaghito della sterlina, un amore a prima vista. Ma quella domenica sera, sul più bello, aveva sentito dei rumori che lo avevano deconcentrato e 15 infastidito. A malincuore aveva rinunciato a quel suo momento d'intimità, s'era ricomposto, aveva ritrovato il suo cipiglio ed era uscito. Sulle scale si era trovato faccia a faccia con Mohamed che saltellando gli sorrideva senza peccato, ma in quel momento, a lui, quel sorriso ingenuo gli appariva come uno sberleffo. Allora con tutta la rabbia del coito interrotto gli urlò: - Cos'è che c'hai da ridere, tu ?! Il giovanotto imperturbabile, sempre col sorriso sulle labbra, aveva risposto: - La signora m'ha detto di cercarla. - Ma va la, mona ! - Gli aveva urlato e lo aveva lasciato sulle scale. Da allora nemmeno lo aveva più salutato. Soldoni ruggì un saluto alla moglie che rimase seduta davanti al monitor da settantacinque pollici, andò a farsi una doccia, scese per mangiare. Quella sera la cena fu rapida e uggiosa,. Il signore Soldoni continuava ad essere di cattivo umore. La signora, in quei casi, diceva d'aver un po' di mal di testa e alle otto e mezza era in camera da letto a vedere la televisione. Marco Michel si era scrollato dalla testa un po' di forfora, schiacciato un frungoletto ed era sparito senza essere notato. Deborah doveva terminare i compiti e si era ritirata nella sua mansarda. Rimasero nel salone di settanta metri solo i due uomini. Mister paperone incollò sguardo e orecchie sulla trasmissione politica Né Destra né Sinistra. Quella sera c'era il leader del suo partito che parlava di immigrazione clandestina, traffico urbano e commontismo. Intervenivano in studio anche la contessa Rossi di Vallanzasca e il trans Mister Letizia oltre al sondaggiologo ex operaio, ex impiegato comunale, ex giocatore di calcio, ex indagato, ex senatore Gigi Parcella. Mohamed ascoltò per qualche minuto il dibattito e provò un senso di frustrazione nel constatare che non capiva ancora bene l'edenlandese. Senza essere notato se ne andò nella sua cameretta dietro al garage. Si spogliò e si fece una lunga doccia calda. Stava per chiudere il rubinetto dell'acqua quando vide comparire nella sua ampia nudità la signorina Deborah. La giovane donna chiuse la porta dietro di sè, si mise in ginocchio e fece quello che aveva spesso fatto. Dalla doccia passarono al letto, dal letto alla moquette e poi alla poltroncina. Lei sembrava incontenibile e al quarto rapporto, perso qualsiasi freno, urlò come un tacchino a cui stanno togliendo la vita. Talmente forte che il signor Soldoni sentì. Il cavaliere del lavoro, allarmatissimo, prese un calibro 38, attraversò correndo i settanta metri del salone, percorse un corridoio, uscì nel giardino seguendo quelle strazianti urla. Raggiunse il box delle auto, girò sulla destra ed entrò nello stanzino di Mohamed. Quello che vide era rivoltante, avrebbe fatto smadonnare anche un santo. Un groviglio di carne bianca e nera avvinghiati come una piovra e in 16 quell'intreccio c'era la sua povera, ingenua, bianca figliola. Quello che successe immediatamente dopo era più che prevedibile. L'infingardo, ingrato Mohamed Abu Fahmi Abboud fu cacciato in piena notte a pugni, calci e a colpi di pistola in aria. La signora Dagmar, nel tripudio di confusione generale, se la prese col marito per quell'idea balzana di adottare un negro così scuro. Marco Michel osservò la scena senza capire bene cosa stesse succedendo. La signorina Deborah fu mandata in camera in malo modo con la minaccia di restare senza paghetta per un mese. 17 7 Quello che accadde a Mohamed Abu cacciato dall'eden e finito a vagabondare. Mohamed Abu in meno di mezz'ora si trovò catapultato dal tepore di una cameretta e le forti braccia di una giovane fanciulla ardimentosa alla solitudine notturna di una panchina innevata. Non riusciva a capacitarsene, si accucciò inquieto sulla panchina aspettando che facesse giorno. Alle prime luci dell'alba già si aggirava per il paese, camminò nella neve, bevve un tè caldo alla stazione. Passarono molte ore e sempre più triste si aggirò senza una mèta tra le nebbie di Lavorone. Si fece di nuovo sera, andò a dormire sotto un ponte. Per due giorni fece capolino davanti al cancello elettrificato della costernata famiglia Soldoni, senza alcun risultato. Il terzo giorno, disperato, quasi a digiuno e infreddolito, si presentò alla camera del commercio. Gli avevano dato o no una partita iva e quella chiave della città anche se di cioccolato ? Ma chi gli aveva stretto la mano era fuori sede o in riunione. Aveva, allora, bussato all'ufficio del sindaco, ma anche la prima autorità di Lavorone era in riunione. Pensò che nessuno gli volesse rispondere nulla. Incrociò in un corridoio l'assistente del primo segretario del secondo collaboratore del vice consigliere del sindaco, per qualche attimo gli sembrò che lo stesse ascoltando anche se guardava altrove. Ma si sentì rispondere che non potevano fare nulla, gli consigliò di andar via da Lavorone, di sparire al più presto, gli ricordò che non era residente nella zona, non aveva un lavoro e se lo avesse fermato la polizia gli avrebbero dato il foglio di via. Mohamed stava per bofonchiare qualcosa ma si accorse che l'assistente del primo segretario guardava oltre la sua spalla, stupito si girò. Dietro di lui c'era un terrone di passaggio: era con lui che l'assistente stava parlando. Colto dalla disperazione più nera, andò dal parroco. Il sant'uomo lo accolse in sagrestia con aria contrita e un po' svagata. Si stava preparando per la funzione della sera e lo lasciò parlare della sua sventura senza interromperlo, senza prediche e avemaria. Indossati i paramenti per la funzione, mise le mani giunte sul petto e seguito da due chirichetti lo lasciò lì ancora a parlare. Mohamed se ne resto lì al calduccio in attesa del ritorno del parroco, ma qualcosa lo spinse fuori dalla chiesa assieme alla polvere e alla spazzatura. 18 8 Della sensazione strana di cui fu colto Mohamed Mohamed Abu era di umore sempre più ondivago, ma non più per la cacciata da quell'eden che era la casa della famiglia Soldoni. Di loro oramai iniziava ad avere un ricordo labile e sempre più sfumato. Nemmeno tanto per quella sua condizione di affamato, sporco e senza amici -ne aveva intravisti altri e in condizioni ancora più misere- Ma in quel suo vagabondare, aveva avuto la sensazione d'essere diventato come trasparente. Doveva essere successo qualcosa giacchè quando incrociava gli abitanti di quelle terre civilissime questi gli passavano accanto velocemente senza nemmeno sfiorarlo con uno sguardo. Tantomeno aveva ricevuto una risposta quando aveva chiesto un'informazione. Lui continuava a sorridere e a ringraziare anche se quelli non sembravano ascoltarlo e proseguivano. Si allarmò, ma pensò fosse distrazione, quando un signore distintissimo, passandogli accanto, gli sputò in pieno volto il resto di un sigaro ben masticato. Quell'allarme divenne sospetto, d'essere trasparente, quando due ragazzi in bicicletta gli passarono addosso, fecero Uaoooo e continuarono a pedalare allegri. Si spaventò, e si convinse della sua invisibilità, quando in un bar chiese al cameriere per cinquantacinque volte un tè e l'uomo, continuando a servire la gentile clientela, non lo degnò di uno sguardo. Cercò di interromperlo, protestò, non ricevette nessuna reazione. Si rivolse ad un cliente che gli era accanto ma l'uomo bevve d'un sorso il suo caffè bollente e uscì come se niente fosse. Mohamed si guardò in uno specchio senza riuscire a capire se la sua immagine fosse riflessa. Disperato e tremante corse nella piazza dei Cavalieri del lavoro, cuore vibrante della ridente cittadina di Lavorone. Si mise al centro della piazza, sfidando auto e biciclette. Urlò, sbraitò, inveì come non aveva mai fatto. Non ebbe nessun risultato. Non lo vedevano ! Si convinse che era diventato invisibile, trasparente. Sudato e col cuore in subbuglio fu preso da un attacco di follia. Si diresse deciso sotto i portici, li percorse in un attimo, entrò nella più elegante pasticceria del centro, attraversò alcuni clienti, raggiunse il bancone delle paste e senza dire nulla ne mangiò quarantasei, due per ogni tipo. In una sessantina di secondi circa. Va bene che quello era il migliore dei mondi, va bene che Mohamed fosse un negro sporco e affamato, va bene che la proprietaria avesse guadagnato solo in quel giorno circa venti milioni di euroni, ma quello che era troppo era troppo. La signora, dai capelli biondo uovo, uscì 19 da dietro la cassa urlando. In una mano impugnava una ricevuta fiscale, nell'altra una 44 magnum. Nel dubbio su quale mano dovesse usare per prima iniziò a sparare contro il ladro di dolci. Mohamed corse fuori sazio, un po' disgustato da tanto zucchero ma sollevato dal fatto che non era più invisibile. Corse tanto, inseguito dalla signora che gli scaricò contro quattro caricatori di pallottole dumdum. Corsero fino all'estrema periferia, lui zigzagando per non farsi colpire e lei fermandosi ogni tanto per prendere la mira a cosce larghe. Corsero fino a dove una signora poteva permettersi sia per il decoro sia per battito cardiaco. Poi la donna disse tra sè qualcosa E se ne tornò indietro facendo i conti dei danni subiti. 20 9 Della nuova fortuna di Mohamed e dell'incontro col popolo della politica. Intirizzito, se ne stava seduto in una piazzetta ammantata di neve. Il cielo era scuro, iniziava un'altra notte buia e fredda. Sentì un frastuono, vide uscire dalla parte opposta della piazza, da una porta a piano terra, una ventina di uomini vestiti tutti di scuro. Alla loro testa c'era una donna che aveva un cappellino con una piuma verde. Parlavano animatamente, dovevano essere preoccupati per qualcosa. Mohamed adesso che sapeva di poter essere visto provò a non farsi vedere. Aveva capito che gli edenlandesi quando sono in gruppo e alterati hanno il vezzo di prendersela con chi è più debole, per poi combinar qualche guaio. E lui in quel momento si sentiva l'uomo più indifeso al mondo. Chiuse gli occhi aspettando che andassero via, invece sentì vicino una voce calda e femminile - Amici, questo negraso può tornarci utile. Mohamed allarmato aprì gli occhi. Di fronte a lui, in piedi, a fissarlo, c'era la donna col cappellino, al cui collo aveva un crocifisso d'oro della Vandea. Intorno la ventina di tipi non più rumorosi, lo fissavano tutti, dall'alto in basso. Si sentì per un attimo selvaggina. Ma il fatto che non avessero spranghe, pietre e soprattutto taniche di benzina lo tranquillizzò. Quello che doveva avere più memoria esclamò: - Ma io a ti te conosco ? Sempre più rasserenato da quegli occhi vacui che lo fissavano il negro sorrise. - Hai partecipato alla trasmissione Perchè non te lo prendi ? - Ed hai vinto ? - chiese un tipo alto, grasso e con gli occhiali. - Ma sì! - disse la donna - Tu sei quello adottato dai Soldoni ! Mohamed scosse la testa, non sapendo se facesse bene o male. Quello che era successo dai Soldoni doveva essere ormai di dominio pubblico, perchè alcuni risero, un paio gli dettero una pacca sulle spalle, e il primo che aveva parlato aggiunse: - Devi essere bello scemo a rischiare una vita comoda per un cessetto come la Deborah... La donna provò fastidio per quel giudizio rude su un'altra donna. Ma d'altronde non tutte le donne meritano gli stessi giudizi. - Mi riconosci ? - chiese allora ad alta voce. 21 Dispiaciuto scosse il capo senza avere il coraggio di rispondere. - Sono la senatrice Cristiana Tuttoso'. Senza aspettare la risposta la donna si staccò dal gruppo con un altro capo, confabularono e convennero che il ragazzo poteva essere utile alla causa. Virilmente lo invitarono a seguirli nella loro sede, lo fecero accomodare e qualcuno gli offrì una birra nazionale. Mohamed frastonato e felice si guardava intorno, non faceva altro che annuire col capo. Sorrideva, confermando così che quelli della sua razza poi non erano tutti cattivi. Il suo sguardo si soffermò su un quadro in cui era ritratto un condottiero antico ma la cui testa era di qualcuno contemporaneo con taglio di capelli da paese e occhiali alla moda. Qualcuno capì e gli chiese: - Non incute rispetto e adorazione? Mohamed credette di capire qualcos'altro: - Io sono Mussulmano. - Ma no - disse un po' infastidita la senatrice Cristiana Tuttoso' - ti ha chiesto se non incute ammirazione il nostro capo Dabaretto. - Non lo so, non lo conosco. Non stava per prendere una buona piega quel discorso, ma il più inconsapevole del gruppo alzò un bicchiere e urlò: - Beviamo alla salute del nostro grande Humbert Humbert Dabaretto. Tutti afferrarono dei bicchieri di plastica e dopo averli alzati al cielo bevvero della birra con gassosa. La donna ebbe un moto di fastidio per quei quattro villici festanti, ma anche un barbaro senso erotico represso. Guardò Mohamed. - Basta bere ! Da adesso sarai l'ombra del nostro capo, la prova che noi non siamo contro voi negri. Anzi vi accogliamo a braccia aperte se siete onesti, puliti e lavoratori Qualcuno gli consegnò un cartoncino colorato, sopra era stampato l'anno scritto in caratteri celtici e un cavaliere con una spada in mano. C'era scritto il suo nome: Mahammad Abu Fahmi Abboud. 22 10 Mohamed constata che, dopo tutto, la vita in Edenlandia è un'avventura fantasmagorica. Gli fecero fare un bagno chimico, lo battezzarono tenendolo sott'acqua per circa una mezz'ora. Lo portarono dal loro barbiere di fiducia, un militante che aveva trascorso molti anni alle Galapagos e che aveva inventato il taglio alla Dabaretto. Gli comprarono un completo, una camicia verde e gli infilarono al collo una cravatta con stampato il ritratto di un ereoe medioevale. Il teorico del movimento, un ex under diciassette di calcio, poi venditore d'appartamenti, cantante di cabaret di successo, l'onorevole Omar Duro trascorse con lui un mezzo pomeriggio per indottrinarlo. Mohamed dovette imparare alcune cose abbastanza semplici da dire, anche se non le capiva proprio. Purtroppo non ebbe il tempo di memorizzarle, un po' per la sua oramai naturale smemoratezza, un po' perchè l'onorevole Omar Duro, tipo ecclettico, con molto temperamento, raccontava barzellette piuttosto divertenti e freddure del tipo Come si chiamano i bambini nati a Pompei ? Tra una teoria e una prassi. Dopo un paio d'ore erano diventati amici, regalò a Mohamed un suo libro che aveva pubblicato da poco, dal titolo Fate largo, passa lo sventramone della Bassa e gli insegnò i primi rudimenti di black jack. Dopo la lezione teorica Mohamed non ebbe più un attimo per sè. Fu caricato su una fiammante automobile giapponese e portato alla sede centrale del partito. Conobbe tante persone, bacio sulle guance Miss Nord, strinse tante mani, bevve tanti caffè. Iniziò a sudare, a ruttare e ad essere un po' nervoso: stava diventando uno di loro. Quel pomeriggio si trovò sul palco per il comizio di Humbert Humbert Dabaretto. Lì, lo conobbe e gli strinse la mano un po' ossuta. Lo ascoltò, fu fotografato con lui, applaudì fino ad arrossarsi le mani. D'improvviso fu invitato a dire due parole. Mohamed guardò assai spaventato quella inquieta moltitudine che lo fissava prima stupita e vociante poi in attesa quasi silenziosa. Non sapeva cosa dire. In quei secondi di celentanite inconsapevole provò un gran caldo, ma in un impeto didisperazione ricordò tre sura sui miscredenti che aveva studiato da piccolo e disse: - Ma quanti ignorano i Nostri Segni, quelli marciano sul sentiero dell'errore e, nel giorno del giudizio, li faremo venire ciechi alla nostra presenza. Essi ci chiederanno " Mio Dio ! Perchè ora siamo ciechi " E noi a loro " Ciò accade perchè avete voltato le spalle ai nostri Segni, ed oggi voltiamo le spalle a voi. Ci fu un attimo di silenzio generale, tutti fissavano quel negraso dubbiosi e incerti, 23 tre giovani si scambiarono un'occhiata, ebbero lo stesso istinto, stavano per prendere delle pietre e dar vita a un linciaggio. Ma il comandante Dabaretto sorrise e dette un'affettuosa pacca sulle spalla a Mohamed, quelli delle prime file iniziarono uno sbandieramento generale. Alcuni pensionati, ex situazionisti, ex operaisti, ex sindacalisti, ex lavoratori, ex, provarono un moto di ammirata accettazione verso quelle parole ma aspettarono ad applaudire. Humbert Humbert guardò allora il suo più importante ministro, Vestobene - un geometra prestato alla politica estera - l'uomo rimaneva impassibile, non disse assolutamente nulla, ma a Dabaretto fu tutto chiaro. Intuì che nelle parole di Mohamerd potevano esserci molti messaggi per quelli della capitale. Appaludìsonoramente. Fu un trionfo per Mohamed Abu. Passò la serata a cena con la dirigenza del movimento, seduto tra miss nord e l'amante ufficiale del capo. Di fronte a lui era seduto Vestobene che mangiò con molta parsimonia, restandosene in silenzio e all'apparenza pensieroso. 24 11 Ciò che avvenne in Mohamed dal grande giornalista Riferimento. La sera successiva, dopo un viaggio su un aereo militare, Mohamed Abu si ritrovò in uno studio televisivo, seduto in prima fila tra il pubblico. Il programma si intitolava Girotondo, era condotto da Ludo Riferimento, il più grande giornalista occidentale di seconda serata e autore di almanacchi della politica nazionale scritti minuto per minuto e pubblicati con scadenze mensili. Dabaretto, Vestobene e Cristiana Tuttoso' erano gli ospiti d'onore della puntata. Dovevano parlare di povertà, crisi delle vocazioni e distruzione del papavero nel Laos. Con loro a dibattere c'erano il famoso pizzaiolo napoletano Von Hubner, diventato il ristoratore più famoso in Honduras, l'ex modella Priscilla, di padre ungherese e madre giapponese, adesso agente pubblicitaria alle Haway. In collegamento c'erano il cuoco del Presidente del Consiglio d'amministrazione del governo e il famoso filosofo Karl Otto Von Bottiglietta, professore di diritto svizzero, studioso di archeologia politica, dall'aspetto di stampo prussiano. Era visibile su un monitor laterale, l'ex ministro di un vecchio e dimenticato governo, Antonio Dasmortes, seduto da solo nello studio accanto. Il programma iniziò, come al solito, con una vecchia canzone italiana: Tabarin. Ludo Riferimento introdusse la serata parlando per circa venti minuti in modo professionale e sintetico. Quindi fu la volta degli ospiti in studio e di quelli collegati. Dabaretto tossì, raschiò il timbro e con voce profonda sentenziò, con la solita schiettezza, che i poveri erano una triste scalogna per l'Occidente, non sapevano produrre e nemmeno consumare. Il rimedio possibile era non far loro vedere la ricchezza diffusa che c'era, altrimenti qualche estremista avrebbe potuto sobillare con demagogia gli animi. Per difendere la libertà e la democrazia, bisognava costrure grandi fortificazioni ai confini, militarizzare le città, semmai ordinare il coprifuoco e dare sgravi fiscali a chi voleva costruire torrette e fortini intorno alle proprie ville. Al libero cittadino bisognava permettere di avere sul comodino di casa pistole e mitragliette automatiche e, a chi poteva permetterselo, una polizia privata. Concluse dicendo che la gente chiedeva ordine, della libertà non sapeva più cosa farne. Meglio era vivere blindati con i propri soldi che liberi ma nella paura di perderli. Fu applaudito calorosamente, un sondaggio fatto in diretta gli dava ragione al novantasette per cento. Mohamed ascoltò con grande attenzione il discorso del suo 25 nuovo amico Humbert Humbert, ma gli procurava un che di malinconia. Pensò a quante comodità offriva l'occidente e alle difficoltà che gli abitanti incontravano nel goderne. Fu il turno del ministro Vestobene, anche in questo caso l'elegante rappresentante del popolo aveva molte e innovative cose da dire. Il giornalista Ludo Riferimento lo sapeva, lo guardò, gli sorrise. Vestobene con tono pacato se non sordonico sentenziò che i poveri del terzo e quarto mondo erano una mesta sfortuna per l'Occidente, non sapevano produrre e quindi non potevano consumare. Il rimedio possibile era non far loro vedere la ricchezza, altrimenti qualche terrorista frustrato avrebbe potuto sobillare con demagogia gli animi. Per difendere la libertà e la democrazia, bisognava costrure grandi difese ai confini, schermare le città, semmai dare sgravi fiscali a chi voleva costruire torrette e fortini intorno alle proprie case. Al libero cittadino bisognava permettere di avere sul comodino pistole e mitragliette automatiche e, a chi poteva permetterselo, una polizia privata. Ludo lo interruppe e fece una domanda all''onorevole Tuttoso', nota per l'infatuazione per le parole: lei non era d'accordo col suo collega e lo disse con veemenza. I poveri erano una tristissima sventura per l'Occidente, producevano poco e consumavano quasi niente. Ma il rimedio non era quello proposto dal ministro, semplicemente i ricchi non dovevano mostrare così sfacciatamente il loro benessere anche perché erano tutti cattolici. Per far capire meglio la sua tesi fece l'esempio della dama Etit, sposa di un multimiliardario telematico. La splendida dama spendeva dieci milioni di euroni al giorno per una crema di fegato umano che rendeva i suoi capelli lucenti e lunari. Nessuno lo avrebbe mai sospettato, aggiunse, e nessuno avrebbe fatto una guerra di classe o religiosa per ottenere una cosa del genere. Qualsiasi povero avrebbe desiderato Etit senza poterle rinfacciare nulla. S'interruppe, aveva la voce roca, chiese un bicchiere d'acqua, bevve. Dopo gli applausi di comprensione del pubblico potè riprendere a parlare. Per difendere la libertà e la democrazia non bisognava costruire grandi fortificazioni ai confini dell'Occidente, ma intorno ai Paesi più poveri. Così ci sarebbe stato lavoro per quelle popolazioni indigenti, i costi sarebbero stati minori e gli Occidentali - tanto amanti dei valori della libertà - sarebbero stati fuori e non dentro le mura costruite. Terminò con una massima di saggezza Occhio non vede, cuore non duole. Anche questo intervento fu applaudito e il sondaggio in diretta le dava ragione al novantotto per cento. Dopo tanti discorsi politici ci fu una striscia pubblicitaria. Era giunto, quindi, il tempo in cui in una trasmissione così si celebrasse l'elogio della leggerezza. La vita non era fatta solo di concetti ma anche di puro divertimento. E 26 così ci fu l'esibizione degli American Nude Bufalo di Nando Cecconi, dieci ragazzi di tutti i colori fecero uno spogliarello fatto con ironia ed eleganza. Appena l'ultimo tanga fu ripreso da terra, il grande Ludo si spostò da un lato dello studio e fece entrare, come ogni giovedì, un esperto militare. Il giornalista di fatti di guerra Jack Cuculo, dal viso sereno e bonario, con una bacchetta, una lavagna e alcune bandierine colorate mostrò l'andamento della guerra durante la settimana appena trascorsa. Parlò del numero di bombardamenti umanitari nel lontano Mortighistan, delle perdite umane e del prezzo politico che lui riteneva ancora accettabile. Intervenne bruscamene il filosofo Von Bottiglietta che, doveva aver dormito per un po', con stile professorale e con aria un po' assonnata disse che voleva ritornare sul discorso precedente: i poveri erano una tristissima vergogna per l'Occidente, erano costretti a produrre cose inutili e consumavano troppo poco per entrare nel mercato globale. Se volevano sollevarsi da quello stato di indigenza dovevano accettare la competizione alla pari con l'Occidente cristiano. Accusò quindi i settanta anni del regno del male se il mondo aveva ancora queste contraddizioni economiche. La colpa delle difficoltà del mondo d'oggi era di un costruttore arabo, dei giovani black block locali, di alcuni intellettuali francesi, di idealisti come Arsenio Lupin, Zorro e Marcos, dei contadini della Bolivia e delle zanzare di Mombasa. Il pubblico non applaudiva da almeno cinque minuti e allora partì un consenso manuale forte, lungo e sentito. Il sondaggio in diretta gli dava uno share amplissimo nonostante i discorsi profondi e innovativi che aveva appena fatto. L'ex ministro Antonio Dasmortes dal monitor chiese la parola. Con tono dimesso e un po' colpevole fece come prologo l'elogio dell'Occidente, si scusò per quello che pensava suo nonno Antonio e per come avevano vissuto le sue zie Rosa, Ida e Dolores. Naturalmente era d'accordo con quasi tutto quello che era stato detto, anche le parole di Nando Cecconi lo avevano convinto. Ma mostrò d'un tratto un'arroganza mai sopita del tutto nella sua area politica, pronunciò parole antipatriottiche come Bisogna pensare, Attenzione, Causa ed effetto. Gli ospiti si animarono, il pubblico invece si stava per annoiarsi. Il filosofo Von Bottiglietta andò giù duro chiedendo a Dasmortes se avesse la bandiera a stelle nel salone di casa, se cantasse l'inno patriottico ogni qualvolta era necessario, se avesse libro e moschetto sulla sua scrivania. L'ex ministro provò a rispondere, ma fu zittito da quelli che erano nello studio. Li vide alzarsi in piedi e da sinceri patrioti occidentali cantarono Bianco Natale. Ancora più depresso l'ex ministro Dasmortes spense da solo il suo monitor, scomparendo dal video. Ludo Riferimento era dispiaciuto e offeso che l'ospite fosse andato via, lo disse e lo ripetè con sguardo costernato. Si volse allora con un sorriso a Mohamed, gli fece una 27 domanda e il giovane rispose. Ma non come gli avevano insegnato, s'era già dimenticato la lezione di Omar. Ebbe lo stesso i complimenti del giornalista, per come parlava l'italiano. Ma evitò di porgli altre domande. Il dibattito riprese spedito sulla carenza di vocazioni e sulla coltivazione del papavero nel Laos. Tutto procedeva bene quando il ristoratore napoletano Von Hubner disse che gli extramondo entrati clandestinamente dovevano essere fucilati sul bagnasciuga e spediti a loro spese a casa. Allora Mohamed commise un grave errore, parlò. - Ma come in Edenlandia siete per il diritto alla vita, contro l'aborto, l'eutanasia e la pena di morte e proponete la fucilazione senza processo per chi vuole solo entrare nel vostro paese ? Tutti sorrisero bonariamente al pensiero così ingenuo di Mohamed. Ludo sorrise di cuore, s'avvicinò al candido giovanotto e gli disse: - Dovrà trovare un insegnante che le spieghi le otto parti del discorso. La dialettica, l'astrologia, la demonomania, quello che è la sostanza e l'accidente, l'astratto e il concreto, le monadi e l'armonia probatoria. - Così dicendo, il più grande giornalista di seconda serata, mostrava a Mohamed l'acutezza del suo pensiero e la profondità d'animo. Lasciò la parola al cuoco del Presidente del consiglio d'amministrazione del governo, l'uomo dettò una ricetta semplice da fare: Stoccafisso stufato alla cinese con mastakè e crema d'arachidi del Paraguai. Bastava avere in casa dello stoccafisso del nord norvegese, del merluzzo Gaspin spagnolo, funghi giapponesi, radicchio di Treviso, fumetto di pesce, castagne francesi, scalogno, arachidi ecuadoriane, erba cipollina... Partirono i titoli di coda e la musichetta finale Noi siam come le lucciole. 28 12 Intorno all'angusta situazione in cui si trovò Mohamed. Uscendo dal palazzo del cavallino bianco, Mohamed fu accolto da quattro eroi del movimento delle camicie verdi, erano infuriati e decisi a chiarire. Lo trascinarono in una stradina buia e iniziarono a dargliele di tanta ragione. Sopraggiunse Humbert Humbert, intervenne in difesa del marocchino: era evidente che quello fosse un giovane negro stupido e ignorante ma non era cattivo, bisognava solo educarlo un po', ma questa volta non con i pugni. Mohamed indolenzito, ringraziò grato, e questo confermò in Dabaretto le sue idee sulla razza. Lo stolto ammaccato e grato fu rimandato in albergo a piedi, e a letto senza cena. Mohamed non seppe mai se fu una punizione o una dimenticanza. Il giorno successivo dovette tornare al nord in automobile, ma non si sentiva scoraggiato per quella rapida caduta in purgatorio. Lo accompagnava l'autista personale di Humbert Humbert, Lampo Gengo, un chiacchierone simpatico che amava cantare e fumare sigarette senza filtro. Notata la bontà del passeggero gli raccontò la sua vita con grande orgoglio. In gioventù aveva fatto il bagnino, poi aveva suonato la batterianel gruppo dell'amico Dabaretto, aveva inciso canzoni melodiche, per delle rapine era stato soprannominato il tanghista del mitra, s'era messo poi a vendere pentole in una televisione privata, aveva fatto il mago col nome Terenzio per oltre un anno, quindi era entrato in un'agenzia di body gard e sette anni prima aveva rincontrato Humbert Humbert, e tra una bevuta e una mangiata di ribollita, avevano deciso di non separarsi più. Era diventato deputato e consigliere della commissione spettacolo. Nel primo pomeriggio Mohamed si trovò catapultato ai bordi di un fiume, seduto vicino a Tuttosò, Vestobene e alcune decine di onorevoli e ai loro familiari e amici. Non capiva cosa stesse per succedere, pensò solo che faceva caldo e fosse presente ad una funzione religiosa. Ecco che da lontano apparve un cavaliere, pochi secondi e fu riconosciuto da tutti. Tutti si alzarono in piedi, applaudirono, urlarono. Qualcuno fece scoppiare dei mortaretti. Vestito da grande maestro, Dabaretto, sulla groppa di un cavallo con la bava alla bocca. Indossava un'armatura in disordine, un copricapo ingombrante fatto di pelle d'animale, aveva un arco con faretra e una spada. " Hoplà, ho " e scese dal cavallo. 29 Tuttosò gli si avvicino con passo da gheisha punk. Aveva tra le mani un'ampolla di vetro con dentro dell'acqua scura. Gliela porse. Lui la prese, la baciò, l'alzò verso l'alto. - Ebbene, nostro capo ?... - urlò Vestobene, che in quel momento non era tanto riflessivo - Riconosciamo in te il nostro tempo e il nostro futuro. Gli altri urlavano Hip hip urrà e applaudivano in estasi. Vestobene strinse i pugni, tese in aria le braccia, alzò le ciglia, girò il collo roteando gli occhi. - Oggi siamo tutti soldati della nostra madre terra ! Humbert Humbert si osservò intorno soddisfatto. Poi parlò. Con trionfo raccontò la spedizione contro i capitolini. Contro gli edenlandesi traditori e vili. In favore della civiltà virile verde e tradizionale. Parlò di battesimo di un popolo, di razza purissima. Tutti si inginocchiarono, tranne Pinin che per ovvi motivi era esentato, qualcuno si protese col corpo in terra. Giurarono solennemente. Giurò anche Mohamed col viso nella terra e le mani protese in avanti per non essere da meno. D'improvviso Humbert Humbert urlò: - Da oggi il mondo non sarà mai più come prima ! Qualcuno svenne per l'emozione, qualcuno urlò, Mohamed si sentì un po' stanco. Dabaretto, Vestobene, e Pinin Marroni - il cui trapianto a quanto pare era riuscito e si parlava di lui come prossimo viceconsigliere d'amministrazione alla Salute lasciarono le masse e andarono a ricevere un migliaio di giornalisti di tutto il mondo. Humbert Humbert affermò con convizione che dieci milioni di fedeli cittadini quel giorno avevano giurato fedeltà alla loro terra, e ripetè che da quel momento niente sarebbe stato più come prima. Mohamed Abu si guardò in giro, lui non sapeva di numeri e di masse, ma aveva visto più persone al mercato dei cammelli di AlIsma'illyah quando era piccolo. Nella confusione generale, tra fuochi d'artificio, cuochi che preparavano salsicce, dame che versavano birra di quella terra, e la premiazione di miss Mona, si sentì un urlo sovraumano di Dabaretto, poi gridò Raus, e poi Raus, e quindi Raus. Aveva la bava alla bocca, il braccio era disteso con la spada in mano chiusa a pugno e indicava minaccioso una giornalista. Due giovani della seguridad agguantarono la donna e la buttarono nel fiume. Mohamed si spaventò, poi pensò che doveva far parte anche questo del rito perchè nessuno ebbe da ridire. Humbert Humbert era ritornato calmo, sorrise bonario, rispose ad un giornalista mitteleuropeo che gli faceva una domanda sulla gastronomia del sud. Non si sa perchè ma Mohamed si allontanò dal piccolo palco. Passò accanto allo Stand of Gadget's of the North peoples, sfiorò con lo 30 sguardo alcune foto dell'Humbert Humbert, delle cravatte pop, degli orologi subacquei, degli oggetti in legno. Attraversò la tenda del Suino che Ride, c'erano barbecue familiari, alcune cuoche preparavano panini con le salsicce, con i wurstel, con la mortadella e con i cicoli; c'era molto fumo nell'aria e un'odore intenso di carne, un misto di grasso e conservanti. Passò accanto alla bancarella della cultura Sturm Und Drang, c'erano libri biografici su Dabaretto, il libro di Omar Crudo, l'autobiografia appena uscita di Pinin Marroni, molte cassette di film d'azione e riviste del movimento. Nel piazzale vide tante persone urlare, ridere, bere, mangiare salsicce, raccontarsi barzellette. Quella volta fu preso da una cupa melanconia,.sentiva tutta la precarietà del momento; gettò un grido di stupore e guardò quegli esseri umani che aveva creduto fino ad allora sani di mente. Scomparve a piedi, in preda ad allucinazioni che hanno i buoni d'animo quando sono a contatto con delle anime agitate. 31 13 Dopo l'incomprensibile scomparsa, Mohamed approdò in un luogo statisticamente più felice. Impiegò centinaia di ore, andando sempre a piedi, per giungere in un governatorato a forma triangolare. Dal nome femminile e spumeggiante. Era la terra più felice, del migliore dei mondi. Aveva sentito che lì tutti erano ricchi, tolleranti, e ben disposti. Mangiavano bene, le donne erano accoglienti, salute e rumore. Appena mise piede in quella terra si sentì sereno e fortunato. Attraversò alcune cittadine balneari, erano piene d'alberghi, ristoranti, scritte in cirillico, e soprattutto automobili. Vide discoteche grandi come cattedrali, spiagge colorate da ombrelloni e cabine, e in lontananza il mare che purtroppo aveva lo stesso odore dell'ampolla di Dabaretto. Una mattina, mentre si stava preparando per chiedere l'elemosina, fu prelevato dal marciapiede da un signore con codino, orecchino e bermuda colorati. Lo assunse come cameriere nel suo albergo a tre stelle. Alle sei e trenta del mattino Mohamed indossò un pantalone nero, una camicia bianca e una fascia sui fianchi. Iniziò a lavorare all'istante. Prepararò i tavoli per la colazione in giardino. Lavoro semplice e gradevole se non fosse stato per le centoventicinque mense da uno a sette coperti da allestire. Tra le otto e le nove vide arrivare duecentonovanta persone. C'erano edenlandesi, francesi, cinesi, tedeschi, russi, indiani e qualche sudamericano. Tutti avevano voglia di fare colazione, tutti volevano bere qualcosa di loro gradimento, tutti volevano sbrigarsi per andare al mare prima dell'arrivo alle undici delle alghe. Mohamed e una ragazza sarda, Ulma, dovevano prendere le ordinazioni e servire. Cosìil giovane Abu venne a conoscenza di un mondo che non aveva mai pensato potesse esistere. Scoprì che il caffè poteva essere bevuto normale, ristretto, un po' lungo, lungo, doppio, all'americana; fatto con l'orzo, col nescaffè, light, senza caffeina; con la crema di nocciola, col peperoncino, con una punta di cioccolato, con un po' d'aglio, con un po' di latte freddo, tiepido, caldo, senza zucchero, col dolcificante, con zucchero bianco, con quello di canna, macrobiotico o naturale. Per i clienti anche la tazzina aveva la sua importanza: grande, media, normale, fredda, tiepida, calda, sterilizzata. Di ceramica, di carta, di plastica, di vetro, di colore bianco o colorata, tonda o quadrata. C'era chi voleva il caffèlatte, chi il latte macchiato, chi il cappuccino, chi il latte con l'ombra di caffè; con crema, semplice con la scorzetta di limone o con lo spolvero di cioccolata. Chi 32 bollente, chi tiepido, chi temperatura ambiente, chi freddo, chi ghiacciato. Sessantadue vollero il tè, all'arancio, alla menta, al sapor di fragola, al limone, al ginger; in polvere o in bustina, teinato o non teinato o light. Semplice, con il limone, con il latte, anche in questo caso freddo, tiepido, caldo. C'era chi voleva solo il latte, intero, chi parzialmente scremato o scremato; solubile, digeribile, dietetico; freddo, tiepido caldo, bollente. I sudamericani preferivano il latte caldo con riso e cannella. Gli indiani l'hot limon ginger. I bambini chiedevano latte e cioccolata, chocomilk confezionato, polvere di cacao con acqua o con latte, latte con miele, latte con un po' di caffè; per i più piccini c'era lo zabaione. Molti volevano la spremuta d'arance, di mandarino e pesca, arance e banana, qualcuno di pompelmo, pochi di kiwi. Una decina di mango vitaminizzato. Diventava più complicato quando si passava alla colazione vera e propria. Molti mangiavano i corn flake con il latte, molti preferivano il toast, con formaggio e prosciutto cotto, crudo, o con salame, mortadella. Altri volevano burro e marmellata e panini. I danesi le uova con la pancetta, i tedeschi il misto d'affettati con pezzi di piadina o pane nero. Qualcuno chiese i churros, qualcun altro la crepe, in quattro i tamales oaxaxeno. Tutti gradivano la fetta di torta alla crema, ai pinoli, al cioccolato, o la crostata di frutta. I giovani preferivano il cornetto, semplice, alla crema, al cioccolato al limone, il cornetto salato, rustico, con prosciutto e formaggio; di forma classica o a canestrino. Il bombolone semplice, alla crema, al cioccolato, alla nocciola, allo zabaione. Mohamed si trovò alle otto e cinquanta al tavolo di una famigliola, composta da padre, madre tre figli, nonna e una zia, gli chiesero tutte le possibili varianti per bere e per mangiare. Si sentì sperso sul tempo di cottura delle uova, sulle varie gradazioni delle tazze e tazzine. La testa gli girò assieme ai marroni. Svenne. Fu risvegliato con due schiaffi, dovette bere un triplo caffè ristretto, subì una critica amichevole nello sgabuzzino dal suo simpatico datore di lavoro. Gli fu spiegato che non era bello quello che aveva fatto, aveva creato imbarazzo nei clienti che venivano lì per dimenticare un anno di lavoro, di malattie e di problemi e volevano essere serviti e starsene allegri. Mohamed sinceramente dispiaciuto chiese scusa, fece anche un piccolo inchino. Perdonato, fu mandato con altri due del Bangladesh a rifare le centoquaranta stanze, risparmiandosi così il servizio delle colazioni delle dieci, l'ora in cui ritornavano i clienti dalle terme. Doveva lavare le docce, i lavandini, i bidet, pulire le tazze di chi s'era dimenticato di scaricare, passare un panno sullo specchio e sui vetri delle finestre; cambiare gli asciugamani del giovedì, lasciare quelli dei clienti che erano giunti il giorno prima, sbattere e ripiegare quelli che erano asciutti e ancora puliti: in media tre asciugamani per la doccia, tre per il lavabo e tre per il bidet. 33 Gettare le carte del cestino e le bustine usate, mettere la nuova carta igienica, le saponette, le bustine di shampoo, i monouso dei dentifrici. Aprire tutte le finestre, alzare le tapparelle, mettere in ordine le sedie sui balconcini, scrivere su un foglio chi aveva lavato qualche indumento clandestinamente. Rifare i letti e molti erano a castello a tre, rimettere i giocattoli dei bambini in ordine sui letti, piegare i pigiami e metterli sotto i cuscini, porre sotto i letti le scarpe trovate alla rinfusa, spegnere i televisori accesi, mettere a posto i telecomandi. Quindi passare con l'aspirapolvere per togliere la sabbia che era dappertutto. Quel primo giorno Mohamed fece solo quarantanove stanze. Alle undici e trenta si ritrovò con Ulma e il padrone della pensione, Richy Bono, a preparare i centoventicinque tavoli della sala-pranzo. Per ogni cliente bisognava mettere un piatto spiano, tre bicchieri - acqua, vino rosso, vino bianco -, per i bambini due bicchieri - acqua e per le bibite gassate - quattro forchette, per gli antipasti, per i primi, una da pesce, una forchettina per i formaggi, un coltello da pesce, uno più piccolo per i formaggi, un cucchiaino per il dessert. Bisognava anche mettere sui tavoli il vassoio dell'insalata, l'oliera e la saliera, i vasetti con dei fiori di campo, oltre alle bottiglie di vino, di birra, di acqua e le bibite che non erano ancora finite del giorno prima e porre gli anelli di ferro argentato col numero della stanza su ognuna. Terminato il lavoro Mohamed si sentì sollevato. Si lasciò andare su una sedia, Richy gli urlò - Ma da dove vieni ? Non sei mai stato in un albergo ? Imbecille ! - Se ne andò infuriato in cucina. Mohamed si rialzò con un balzo, non riusciva a capire in cosa avesse sbagliato. Fu Ulma a spiegarglielo: ogni bottiglia doveva essere svuotata di un po' di liquido in modo da vendere più consumazioni. Aggiunse, abbassando il tono della voce, che il padrone non era cattivo, anzi; e gli raccontò la sventura di Ricky. D'inverno perdeva centinaia di milioni giocando a carte e a mala pena riusciva a coprire i debiti con i guadagni dell'estate, era così povero che non poteva nemmeno pagare gli alimenti alla prima moglie tedesca con cui aveva avuto tre figli nè alla seconda danese e alle sue due figlie nè alla terza, una ragazza di Bologna che gli aveva dato una bambina. Ulma gli voleva bene, lavorava lì da sei anni e per aiutarlo, dopo il lavoro, andava con qualche cliente dell'albergo e gli passava metà dei soldi guadagnati. Mohamed era sinceramente commosso per la storia tragica di Richy, gli scese una lacrima sulla guancia. Pensò che in fondo lui era un ragazzo fortunato e non poteva certo lamentarsi. Stava per dire qualcosa ma suonò una campana per tutta la cittadina: era l'ora del pranzo. 34 A Mohamed fu affidato un lavoro leggero, doveva servire solo i contorni: prese le ordinazioni e portò settantaquattro piatti di pomodori al gratin, ventisette misti di verdure alla brace, sessantuno insalate con rucola, venti di lattuga e pomodoro, quaranta di patate fritte, sedici di faggiolini, tredici di melenzane alla marinara e trenta di patate lesse. Solo qualche signora anziana non volle il contorno, si accontentava dei due che avevano già nel piatto con il pesce. Dovette rispondere alle curiosità di parecchi clienti, tutti gli fecero le stesse domande e sorrisero soddisfatti alle risposte ben educate del cameriere; ad alcuni mostrò il certificato di buona salute ad altri il permesso di soggiorno. Qualcuno gli guardò le mani, erano nere ma sembravano pulite. Erano tutti comunque soddisfatti nel sentire Mohamed rispondere che in quel Paese non c'era razzismo, che era la terra delle possibilità e che si trovava bene, e ben accolto. Qualcuno aggiunse, nell'euforia del pasto abbondante, meglio che a casa tua. Un signore dell'est bofonchiò che forse un po' di intolleranza qui e là c'era, ma poca cosa. Non era certo come nel Paese di Nazilandia e degli Stati Federali. Tutti concludevano chiedendo il bis di contorno e riprendendo a mangiare con appetito. Alle quattordici, tutti i clienti erano nel giardino dell'albergo. Gli adulti digerivano leggendo i quotidiani sportivi, le riveste rosa, le enigmistiche o facendo due chiacchiere. I bambini correvano e strillavano allegri tra le automobili parcheggiate. I ragazzi giocavano a carte. Mohamed servì sessantotto caffè, ( lungo, corto, normale, corretto, con un po' di latte... ) dodici amari di otto marche differenti, due negroni, ventidue birre e centosessanta bicchieri d'acqua liscia, effervescente naturale, leggermente gassata Alle quattordici e trenta era tornata la calma, tutti i villeggianti si erano ritirati a riposare nelle loro camere. Mohamed con Ulma preparò i tavoli per la cena e con Lina mise i piatti in quindici lavastoviglie assieme ai bicchieri e alle posate. Uscì dalla sala e vide scendere in quel momento una ventina di giovani, tutti in pantaloncini maglietta e ciabatte, capelli arruffati, visi pallidi e occhiaie: erano i turisti alternativi, dormivano in mansarda, si svegliavano verso le due del pomeriggio, facevano colazione alle tre, ritornavano in camera a raccontare le avventure della notte precedente, poi sempre in pantaloncini e ciabatte cenavano in sala, ritornavano in camera, si docciavano, si profumavano, si vestivano alla moda e alle undici di sera uscivano a gruppi per andare in auto nelle discoteche. Se andava bene tornavano per le otto e trenta del mattino stanchi e sfatti, se non erano riusciti a copulare tornavano fumati e bevuti verso le sei e trenta. Mohamed ormai in trance da flessibilità stava per prendere le ordinazioni quando sopraggiunse Richy, gli dette una pacca sulle spalle, disse che ci avrebbe 35 pensato lui ai ragazzi, gli concesse tre ore di pausa. Mohamed ringaziò e salì nella sua stanza dal tetto obliquo. Si buttò sul letto, si tolse le scarpe, chiuse gli occhi, stava per addormentarsi, vide aprire la porta. Era Ulma. - Ma che fai dormi ? Mohamed si alzò ben educato. Ulma sorrise, gli si avvicinò. - Ma se fai così non reggerai a lungo. Mohamed la guardò senza capire. - Ma bisogna spiegarti proprio tutto ! C'è un tempo per il dovere e uno per il piacere. Se non ti diverti anche un po' che vita è ? Se pensi solo al lavoro crolli. Quello che intendeva Ulma, Mohamed lo capì subito dopo. Fecero sesso per almeno un'ora e mezza, si fecero la doccia, si rivestirono, scesero giù, bevvero dodici cappuccini, poi la ragazza andò a telefonare al fidanzato che faceva il cameriere in un ristorante di Arcicochon. Alle sette tutti i dipendenti si sedettero in cucina e cenarono. Alle sette e venticinque della sera suonò il campanello, dopo cinque minuti tutti i clienti erano seduti ai loro posti. Mohamed servì oltre trecento contorni di quattro verdure differenti, e prima della frutta portò centosessanta piattini con misto di formaggi e trenta con un solo tipo. Poi sparecchiarono, pulirono i tavoli, misero i tovaglioli nelle buste con relativo nome e li appoggiarono in una stanza laterale, tolsero le bottiglie e le misero nei frigoriferi. Mohamed spazzò a terra, Ulma lavò. Andarono al bar. Servirono centotrentasette caffè, di cui cento senza caffeina, quaranta amari, venti cognac, sedici gelati, quarantasei bicchieri di birra, dieci bicchieri di sangria e una trentina di acqua minerale, gassata poco gassata, effervescente naturale, naturale e sfiatata. Alle nove e trenta non erano rimaste che alcune signore anziane che giocavano a scala quaranta, Mohamed si mise a guardarle non sapendo cosa fare. Dopo due ore lentamente i clienti ritornavano dalla passeggiata. Servì altri bicchieri d'acqua minerale, altre birre, qualche altro cognac. Alle undici uscirono dall'albergo allegri e rumorosi i giovani alternativi. Sotto lo sguardo invidioso di mariti e mogli insoddisfatte salirono sulle loro auto sportive e partirono sgassando. A mezzanotte e trenta l'albergo spense le luci. Mohamed salì nella sua camera, aveva sei ore per dormire. Per alcuni giorni fece le stesse cose senza mai fermarsi. Nei momenti di pausa, riflettè su quel luogo così spensierato e vivace, dove convivevano civilmente famiglie di tanti paesi, giovani e anziani, ricchi e poveri. Dove tutti si sentivano a loro agio, si 36 sfioravano, chiacchieravano, e nessuno litigava. E chi aveva poco non provava rabbia per chi aveva tutto ma solo una pacata ammirazione. In quell'eden del migliore dei mondi si poteva scegliere di tutto nel cibo, nei divertimenti, negli sport acquatici, nelle scopate. Convenne che Ricky aveva ragione quando aveva detto che quelle erano le vere vacanze democratiche e libertarie. Ma una notte senza una premonizione ebbe degli incubi: sognò due piedi enormi e fumanti che calpestavano mozzarelle, formaggi, code di rospo, poi comparvero bocche che mangiavano e al culmine lui era annegato in un lago ora giallognolo di un brodino ora nero come un amaro. Si svegliò sudato, stanco, per la prima volta nella sua vita, angosciato. Non si era mai sentito così. Il corpo gli faceva male, le mani bruciavano, la testa gli scoppiava. Si vestì, scese nella hall, cercò di uscire all'aperto, ma la porta era chiusa a chiave. Il portiere di notte non volle aprirgli, non era autorizzato a farlo uscire, disse che in passato c'era stato qualcuno che era fuggito senza pagare il conto. La logica era opinabile ma Mohamed non cercò di convincerlo, andò in cucina a bere, vide una finestra, l'aprìe iniziò a correre. Si fermò dopo qualche giorno, si sdraiò e dormì ininterrottamente per ventiquattro giorni, ce ne mise altri tre per alzarsi e andare a cercare da mangiare. Ebbe fortuna, in una fattoria avevano bisogno di manodopera per la raccolta dell'uva. Si fermò per la vendemmia, guadagnò dei soldi, riprese il cammino. Andò verso l'interno della regione, si fermò solo quando giunse in una città antica che aveva due torri e una statua nuda. 37 14 Sui patimenti di Mohamed e le incomprensioni con gli abitanti di una città dotta Non aveva mai conosciuto una città così, così ben organizzata, così allegra. C'era ovunque un'atmosfera spensierata, funambolica; nelle stradine intorno all'università non aveva mai visto tanti studenti così dotti, così vivaci. I giovani erano dappertutto, i negozi erano lussuosi, nelle osterie c'era eccitazione. Il popolo mangiava almeno tre volte al giorno, il ritmo della giornata era quello del lavoro. Ogni cittadino sembrava preso dal desiderio di far bella figura e di superare il fratello o il vicino. La nascita di un bambino era un avvenimento straordinario, purtroppo però avveniva molto raramente nonostante la religione insegnasse che la famiglia numerosa fosse benedetta da Dio. A Mohamed Abu sembrava un paradiso, un luogo di tolleranza e di pace. Pensò che lì avrebbe potuto stabilrsi, vivere felice come... al solito non ricordava nulla del suo recente passato. Mentre si sforzava inutilmente di ricordare non vide un'auto bianca che si fermava e due uomini con l'impermeabile bianco che scendevano. Gli andarono a sbattere contro, Mohamed d'istinto chiese scusa e fece un breve inchino. Lo presero e lo trascinarono in un vicolo. Gli mostrarono due pistole d'ordinanza e gliene dettero tante che le dita delle loro mani, dopo un po', erano sbucciate e indolenzite. Stavano per sparargli in testa quando sentirono delle voci, qualcuno si stava avvicinando. Allora in tutta fretta gli presero i soldi che aveva e se la filarono. Quando si riprese nessuno era accanto a lui, fu costretto allora a chiedere l'elemosina nella strade del centro. A sedicenni in pelliccia, ad anziani distratti, a studenti fuori sede. Non ottenne soldi ma un paio di canne, un buono pasto per la mensa universitaria, un paio di libri di semiotica, tre siringhe da insulina ed un preservativo. Qualcuno gli disse che se continuava a chiedere l'elemosina in quella grande piazza traboccante di storia l'avrebbero, prima o dopo, rinchiuso in un carcere. Un signore dall'aria intelligente gli vietò di chiedere l'elemosina, usò la parola dignità, gli disse che nessuno doveva abbassarsi a tanto, quello era un paese dove tutti avevano la possibilità di lavorare e avere orgoglio. Terminò con la frase: Solo il lavoro rende liberi ! Mohamed confuso cercò di vendergli le due canne. Ma l'uomo con fastidio rifiutò, lui aveva smesso da quando tutti fumavano gli spinelli . Infreddolito, stanco e afflitto Mohamed entrò nel Duomo. Vide la chiesa piena di 38 persone perbene e un uomo vestito color porpora che dall'altare parlava circondato da chirichetti patarini e da due laici pii. Lo ascoltò parlare per più di tre ore con tono profetico, un sindacalista della fede, contro la pillola del giorno dopo, contro l'inseminazione e la decadenza dei valori familiari, s'infervorò a favore della cristianità, del lavoro e degli extramondo fedeli. Ci furono applausi ad ogni concetto, urla ad ogni idea pia, un'ovazione quando il porporato e i suoi patarini fecero la passerella dando ostie e lanciando benedizioni. Il pubblico potè poi assistere ad una sfilata di nuovi prelati pronti per le nuove missioni di evangelizzazione nel quarto mondo. I fedeli, con animo più battagliero e l'anima rimessa dai peccati, cantarono la Canzone di Maria tenendosi per mano e facendo la ola. Lasciarono un obolo, iniziarono a sfollare verso l'uscita. Mohamed non sapendo cosa fare se ne restò appoggiato ad un pilastro a osservare quella bella gente che andava via. - Che cosa fai qui, figliolo ? - chiese l'alto prelato. Si sentì degli occhi addosso, l'uomo che aveva parlato dall'altare lo guardava con bonomia. - Sono stato picchiato, ho freddo, fame e sono stanco - rispose Mohamed. - Il solito che si lamenta ! - disse uno dei fedeli rimasti - Se stai tanto male qui, perchè non torni dalle tue parti. - Sei cristiano ? - domandò l'uomo vestito color porpora. - No. Sono mussulmano. - Dimmi, nel tuo paese date da mangiare ai cristiani affamati ? Mohamed non sapeva cosa dire. - Non lo so... Dove sono nato non ci sono cristiani. Il cardinale misericordioso intrecciò le dita delle mani. Stava per parlare, ma uno dei due giovani pii, che aveva presieduto la riunione in chiesa, intervenne. - E' la tua religione che non permette libertà di culto, questa è la verità. Voi i cristiani li perseguitate e li imprigionate. - Siete peggio dei comunisti ! - strillò una donna anziana con ombrellino. - Lo sai che con il suo immenso amore il nostro Pontefice ha pregato in una moschea? Mohamed non capì l'utilità di quelle parole, rimase in silenzio in attesa. Il cardinale a cui non mancava certo la fede in ciò che diceva, domandò: - Tu non credi in quello che fa il Sommo Pontefice ?! - In verità non lo conosco. Non so chi sia. Ma sono quattro giorni che non mangio. 39 - Ecco, vedete, ho ragione ! - disse il giovane con la barba ieratica e lo sguardo scaltro. Guardò i presenti che lo circondavano in silenzio, aggiunse: - Perchè dovremmo aiutare chi non è cristiano ? Chi non onora il nostro Santo Padre ed ha tradizioni inferiori dalle nostre ?! Mohamed Abu più spinto dalla fame che dal desiderio di intraprendere una conversazione interconfessionale aggiunse: - Il corano dice: nessuno dovrà rispondere delle colpe altrui, né trarre vantaggio dagli altrui meriti. - Abbiamo subito i comunisti per cinquant'anni e adesso arrivano questi ! - disse un'altra signora facendosi il segno della croce. .....- Va' a lavorare o ritorna da dove sei venuto. Non ti meriti la nostra pietà ! aggiunse il marito. Il cardinale fece un passo in avanti, lo stesso fecero, come pulcini con la chioccia, i quattro chierici che gli erano intorno. - Un attimo, un attimo - disse. Portò le mani giunte alle labbra, il suo sguardo si posò flemmatico sul giovane nero. Sospirò. - Tu sei arrivato da noi da poco ? - Sì - rispose Mohamed, inchinandosi un pochino . - Se vuoi essere aiutato, avere il nostro rispetto ed essere accettato da tutti noi, tu, mussulmano, devi studiare il Vangelo. Non conoscere il cattolicesimo, la Religione Storica di questa nazione, vuol dire precluderti un'autentica e sufficiente comprensione dell'edenlandese. Dovresti con libera e spontanea determinazione venire qui e partecipare alle lezioni dell'annuncio evangelico. Sia chiaro, il mio è un auspicio che non nasce da un'intenzione di proselitismo ma per rendere meno arduo il tuo inserimento nel nostro paese. Mohamed trovò assai complicato quello che aveva appena ascoltato ma un paio di quelle parole gli sembravano una fregatura e lo resero diffidente. Il giovane pio che era anche un politico, proprio perchè politico e proprio perchè giovane, semplificò il discorso appena ascoltato con devozione. - Se ti daremo da mangiare converrai che la religione cattolica è più grande della tua religione ?... Mohamed ebbe un sussulto, lo stomaco brontolava ma quello che gli chiedeva non lo convinceva per niente. - Posso solo dire che la vostra pietà è più grande di quella degli uomini che mi hanno picchiato e derubato. 40 - Non cambiare discorso - disse l'uomo con la barba - Tu affermi che la tua religione è più grande della nostra ?! Mohamed capì che la sua situazione diventava di momento in momento più precaria ma preferì rispondere. - Io non so cosa voglia dire più grande. Il mio Dio è grande e penso che il vostro Dio sia grande lo stesso. - Oh Santo Cristo ! - gridò la signora, alzò l'ombrello e si scagliò contro quel negro maleducato e blasfemo. A venirle in aiuto intervennero due giovani patarini che brandivano due croci a mo' di spranga. - Figlioli, fermatevi - disse l'uomo vestito color porpora. Mohamed evitò il terzo colpo d'ombrello, schivò il crocifisso madreperlato, si ritirò verso l'uscita per evitare che la situazione potesse mettersi male. Iniziò a correre inseguito dai due chirichetti fino alla periferia della città. Si fermò solo quando aveva fatto trenta chilometri e i due inseguitori stanchi e provati erano tornati in canonica per la lezione di catechismo che davano ai ragazzi per la prima comunione. 41 15 Come Mohamed incontrò un luogo mistico e un vecchio pazzo Nel buio della notte, Mohamed infreddolito, con i piedi sanguinanti, vide in lontananza una luce. Estasiato, si fermò a guardarla come un credente davanti all'immagine più sacra. Non gli era chiaro cosa fosse ma provò una beatitudine. Riprese a camminare senza sentire più la stanchezza, sforzò la vista per decifrare, vide un'enorme luce verso l'alto e tante piccole lucine rosse che le sfrecciavano intorno. Dimenticando freddo e solitudine si avvicinava sempre più, gli apparve una cattedrale festosa e ospitale; almeno così aveva immaginato un luogo mistico e sacro. Attraversò un ultimo tratto di campagna correndo, superò un terrapieno, scavalcò una balaustra in ferro, si trovò avvolto da lucine rosse e gialle, le evitò sentendo suoni musicali. Giunse al cospetto di quella cattedrale in cemento con scale, ascensori e luci al neon; intorno c'erano auto ferme e una pensilina con delle pompe. A bocca aperta vide una porta a vetri che si apriva, salì le scale ed entrò in un immenso salone: un trionfo di colori e luci, uomini e donne ai banchi vestiti di un colore rossiccio. Offrivano panini, pizze, dolci, prodotti alimentari di ogni genere a viandanti che porgevano piccoli fogliettini bianchi con numeri stampati. Stordito, con la testa che gli girava, s'accorse di due cartelli con le frecce contrapposte, indicavano due possibilità di scelta, due strade da poter seguire, il nord e il sud. Mohamed pensò che quello era un luogo felice. Avere una scelta nella vita è importante, da' il senso per cui ognuno è libero e con delle possibilità. Si vide in un televisore, sorrise e salutò facendo un piccolo inchino, ma l'immagine cambiò subito e riprese un altro spazio. Estasiato guardò tutto, toccò intimidito gli scaffali e alcuni prodotti regionali. Forse era la stanchezza, forse la novità, ma gli sembrò il posto più bello che avesse mai visto da quando era giunto in quel paese. Vide delle riviste con delle fate con cosce e seni in tripudiò, per un attimo pensò che era il premio alle tante sventure che gli erano capitate. Era giunto nel tempio del migliore dei mondi. Se glielo avessero permesso si sarebbe stabilito lì. - Cos'è che guarda ?! Mohamed ebbe un sobbalzo, si girò. Alle sue spalle lo guardava un vecchio più magro di lui, altissimo, con dei vestiti ancora più stropicciati. Aveva una barba bianca che gli arrivava fino alla pancia, e aveva tra le mani un libro che doveva aver letto molte volte. Pensò che fosse il santone di quel luogo. - Non posso guardare ? - chiese allarmato. 42 L'uomo tossì. - Può guardare tutto quello che ha voglia di guardare. O che le sue paure le permettono. Mi sembra molto impaurito. - Oh sì, signore. Sto fuggendo da giorni ma non ricordo il perchè - disse senza timore, con fiducia - Non mangio da molto... - E allora ?! Mangia. - Posso ? - chiese incredulo. L'uomo si spostò in un angolo con uno scatto rapido, scomparve così all'occhio della telecamera a circuito chiuso, prese una busta di mozzarella, prese del pane sottile, preparò un panino. Mohamed lo guardò felice e stupito. - Venga al posto mio ! - disse l'uomo spostandosi ma tenendo il panino nel posto in cui era prima. Mohamed obbedì, pensò che fosse un rito di buona creanza e s'andò a mettere nell'angolo. Facendo così mangiò in un'ora ventiquattro panini con la mozzarella, sedici al formaggio, bevve cinque lattine gassate e gustò sedici tavolette di cioccolato. - Ha capito ? - Gli chiese il vecchio. - No, signore - rispose incuriosito l'extramondo. - Solo dove non ti vedono tu sei libero. Mohamed non aveva capito. - Dovrai capirlo da solo. Mohamed un po' per il tanto mangiare, un po' per tutte quelle parole difficili che aveva sentito, crollò esausto su un banco. 43 44 16 Su Mohamed e l'eremita signor LFC Si svegliò dopo tre notti e due giorni. Con buonumore e con un certo appetito. Non sapeva dove si trovasse ma non se ne preoccupò. Osservò un vitellino che lo guardava con aria mansueta, accarezzò la testa di un asinello, si tolse dai capelli delle spighe di grano, uscì sull'aia. Era una bella giornata di sole, si repirava un'aria sana e c'era un piacevole silenzio. Vide l'uomo, che lo aveva sfamato, tagliare con un accetta del legno. - Buongiorno signore - disse sorridendo. L'uomo senza fermarsi ricambiò. Mohamed s'andò a sedere in punta ad un abbeveratoio e si guardò intorno in pace col mondo. Osservò il cascinale che cadeva in pezzi, guardò la campagna, i conigli, le galline, una pecora. Dopo circa un'ora sentì dire: - Com'è che si chiama ? - Mohamed Abu Fahmi Abboud, signore. - Si alzò e s'avvicinò all'uomo - E lei ? - Mi chiamano LFC. - E' un nome edenlandese ? L'uomo terminò di fare legna. Si sgranchì la schiena e respirò a pieni polmoni. Si lisciò la barba lunga, si diresse verso il cascinale. - Ha fame ? - Sì, signore. LFC lo invitò a entrare con un gesto della mano. Preparò delle uova con del lardo cotto a legna. Aprì una bottiglia di vino e si mise a mangiare. - Io sono mussulmano - disse scusandosi Mohamed. - E allora non mangi e non beva - rispose l'uomo iniziando ad intingere del pane nel tuorlo delle uova. Mohamed resistè circa dieci minuti, la sua pancia faceva dei borbottii fragorosi e lo stomaco gli doleva quando sentì LFC. - In verità, Dio perdonerà a quanti si ciberanno di carni di animali essendo costretti, perchè Dio è il clemente e il misericordioso - 45 Mohamed guardò l'uomo dalla barba bianca con un'espressione pensierosa. - E' scritto nella Sura del bestiame, versetto centoquarantacinque - aggiunse LFC, poi bevve d'un fiato il vino. Mohamed pensò per circa un minuto a quel sura, concluse che era giusto. S'avventò sul cibo e mangiò avidamente. - Non c'è effetto senza causa... Più si ha fame e più ci si attacca alla fede. Mohamed emise un piccolo rutto. - Cosa, signore ?... - chiese subito dopo. - La fede è più forte nei posti dove non si ha nulla. Il fanatismo cresce dove si vive peggio. Nella vita bisogna avere almeno una speranza se no si desidera la morte. - Lei sta dicendo che più si soffre e più questa vita non ci interessa, invece chi ha è più legato alla vita ? ... - Ma non bisogna avere nemmeno troppo. - Ma è cosa buona essere credenti. LFC restò qualche attimo in silenzio, si alzò, e uscì sull'aia. Passò quel giorno e quello successivo e altri ancora. L'uomo dai capelli bianchi non disse più una parola. Mohamed continuò a dormire nel fienile e l'uomo nella casa. La vita proseguiva senza sbalzi, senza alcun cambiamento. Solo le vacche aumentavano ad ogni risveglio dell'extramondo, adesso ce n'erano nove. Alla fine della seconda settimana quella calma fu interrotta dall'arrivo di una auto dei tutorotti della seguridad. - Buongiorno - disse il maresciallo scendendo dall'auto. - Buongiorno - rispose LFC. .... - Come va ? - Come va. - Ah, bene - rispose perplesso il sottufficiale. L'altro tutorotto si spostò e si mise a girare per l'aia. - Può guardare in giro il mio collega ? - Può guardare in giro il collega - rispose serafico l'uomo lisciandosi la barba bianca. Mohamed se ne restava in piedi accanto alla porta della cascina e seguiva la scena come uno spettatore interessato. - Ha sentito delle auto le notti scorse ? 46 L'uomo si girò verso Mohamed. - Ha sentito delle auto le notti scorse ? - No, signore - rispose Mohamed facendo un passo in avanti e inchinandosi brevemente. - Lo sa che ci sono stati dei furti nelle altre cascine ? - chiese il tutorotto. L'uomo scosse la testa. - Ah, non sa niente ?! - ribattè il sottufficiale - E a lei non hanno rubato niente ? - Niente. Il maresciallo pensò che quell'uomo era un po' tocco di testa o era un gran furbo. - Hanno rubato delle capre e dei vitelli. - Hanno rubato delle capre e dei vitelli... Che ladri ! - Ma li prenderemo ! - Fissò l'uomo con aria di chi non dà scampo ai deliquenti. LFC ricambiò lo sguardo con la stessa intensità. Lo fissò con l'aria di chi sa molte cose. - Ma li prenderemo - Volse lo sguardo alla cascina. .....- Non ha visto facce strane in giro ? - Non ho visto facce strane. - Ah ! - Eh... Ritornò l'appuntato dal giro di perlustrazione: non aveva trovato nulla. - Saranno stati gli albanesi. - Saranno stati loro - confermò l'uomo dalla barba bianca. - Qui è stato sempre tranquillo, mai un problema. - In zona ci conosciamo tutti - aggiunse l'altro tutorotto. - Ci conosciamo tutti - rispose LFC. - Ma lei è edenlandese ? - chiese l'appuntato sospettoso. - Edendeladese. E lei ? Il maresciallo si spazientì. - Quello è un suo dipendente ? LFC si girò, guardò Mohamed, ritornò a guardare i due tutorotti. - E' un mio dipendente. - E' albanese ? LFC si girò di nuovo. - Albanese ? Mohamed fece un passo in avanti. - No, signore. Sudanese. 47 - Già sei troppo nero per essere albanese - commentò l'appuntato. - Troppo nero - confermò LFC - Lo conosce bene ? Si fida ? - chiese all'uomo. - Mi fido. Lo conosco bene. - Tu ?! Ce l'hai il permesso di soggiorno ? Mohamed si fece avanti, gli porse il permesso. Il sottufficiale lo controllò ben bene. - Sudanese - disse a bassa voce - Sudanese. Vi piace ballare dalle vostre parti eh ? Mohamed non sapeva cosa rispondere. Non s'aspettava una domanda del genere. - Ballano sempre dalle loro parti - intervenne LFC. Il maresciallo restituì il permesso a Mohamed, salutò con il gesto della mano aperta sulla punta del cappello. - Se nota qualcosa di strano ce lo faccia sapere. - Se noto qualcosa ve lo faccio sapere. I due uomini salirono sul mezzo e ripartirono. 48 17 Sul misterioso cambiamento d'umore del signor LFC e sulla fuga di Mohamed. L'intrusione improvvisa dei due tutorotti aveva messo in uno stato di malumore il signor LFC. Quel tipo di disagio che subiscono le persone che ormai parlano più con i propri pensieri che con gli esseri umani. Mohamed Abu tuttavia non s'accorse di nulla, nemmeno la sera mangiando formaggio e fave cotte nel silenzio della cucina. Mostrando che lì si trovava come a casa sua andò ad accendere una vecchia radio, quindi tornò a mangiare. L'onda media invase quel luogo silenzioso con una famosa canzone francese cantata in inglese da un cantante greco e registrata a Copenaghen, come disse con voce squillante la dj. La dolce melodia fece posto ad una notissima canzone Reggae cantata in etiope da un cantante brasiliano in un concerto a Kolkata. Subentrò la pubblicità, quella domenica tutti avrebbero potuto vedere una nuova auto con mp3 , fax, stampante, internet, mobile bar, televisore da venti pollici satellitare, tavolo da ping pong, forno a microonde, microgabinetto chimico e mobiletto per i vestiti: tutto in quattro metri e venti, ottima per i parcheggi in città. Il secondo spot stava pubblicizzando un conto bancario che non ti faceva pagare nulla se avessi depositato dodici miliardi di euroni e non avessi fatto operazioni per due anni quando saltò il megaerz e l'onda si andò a stabilire su un altro canale. Un radiogiornale nazionale. La notizia era sulla riunione del Consiglio d'amministrazione del governo. Il leggendario Presidente-amministratore, Ermete Trismegisto, maggiore azionista dell'azienda Edenlandia, aveva fatto una ricapitalizzazione del governo, formando altri tre ministeri e otto sottosegretariati. Aveva deciso, in quel consiglio d'amministrazione, anche la rottamazione di vecchie pensioni sociali: una famiglia poteva rottamare tre vecchie pensioni entro il sei gennaio, avrebbe usufruito su due nuove assicurazioni private lo sconto del venti per cento. Su questo argomento fu intervistato dal giornalista Tappetino il ministro delle finanze. Il più famoso tributarista del ventunesimo secolo e terzo azionista di riferimento del governo si complimentò con se stesso e con il Presidente Dabaretto, per le scelte coraggiose che avevano preso. Ci sarebbero stati molti nuovi posti di lavoro con tre ministeri nuovi e otto sottosegretariati, e la famiglia Edenlandia avrebbe risparmiato mille miliardi di euroni sulle vecchie pensioni. A quelle parole, LFC iniziò ad avere un'aria un po' febbricitante, si muoveva sulla sedia nervosamente, gli si accavallarono i muscoli delle gambe, gli caddero due denti da 49 bocca, iniziò a bofonchiare parole che Mohamed non riusciva a comprendere. La seconda notizia era l'andamento in borsa dei titoli azionari, la giornata era stata altalenante, in mattinata si erano diffuse le notizie che il Presidente delle Americhe aveva litigato con il cuoco a colazione, qualcuno aveva perso sessantduemila miliardi di neuroni, ma nel pomeriggio il bombardamento nel Mortighistan di un carcere e la morte di seimila terroristi avevano fatto alzare gli indici. Da un meno 3,23 le borse da Londra a New York, da Tokio a Singapore, da Kuala Lampur a Brasilia.erano risalite a un più 1,12 per cento. LFC ebbe un rigurgito di stomaco. La terza notizia era l'oroscopo abbinato alla Borsa. Il famoso Lunavolpe per quella settimana pronosticava che gli arieti e gli acquari, soprattutto se tifosi delle squadre di calcio dai colori azzurro e viola, avevano la luna nel nikkei e gli astri favorevoli sulle azioni della Banca nazionale dell'Ecuador. LFC si fece rosso in viso, la barba divenne verde e aumentò di tre chili nella parte destra della pancia. Mohamed Abu lo guardò preoccupato, gli sembrava che il sant'uomo fosse come annichilito da qualcosa. La quarta notizia era di cronaca nera. Una ragazzina di undici anni era stata trovata in casa completamente sporca di sangue e con un coltello tra le mani. La seguridad aveva trovato nelle altre stanze della villa i genitori fatti a pezzi e i due fratellini di colore adottati nella lavatrice, sbiancati e centrifugati. La ragazzina stanca e sudata era riuscita a dire che erano stati tre zingari di Mostar che mentre uccidevano inneggiavano a Dragovic. Il capo della seguridad di Borgo Felice si diceva commosso per la lucidità della ragazza che ricordava tutto perfettamente e non piangeva. La giornalista Lalla La Ganza intervistò lo psicoterapeuta più famoso del momento Beau Impossibile. Lo scienziato dell'es giovanile, annoiato e un po' infastidito rispose che in casi analoghi, era stato dimostrato che erano stati proprio i ragazzini a commettere i delitti. Citò il suo ultimo libro pieno di dati, inveì contro la insensibilità degli adulti, contro quella società dei consumi senz'anima. Dette la sua ricetta risolutiva: mancava il dialogo tra giovani e adulti, unico rimedio a tutto. La giornalista ebbe un orgasmo in diretta e con difficoltà chiuse il collegamento. LFC ebbe dei brividi di freddo, le mani gli dolevano come se avessero avuto bisogno di qualcosa da toccare e in cui affondare. La quinta notizia era sicuramente più leggera. Il leggendario Presidente Ermete Trismegisto - che aveva spiegato al mondo l'uso dell'economia, insegnato agli Occidentali il saper interpretare le leggi, scritto nei suoi libri l'originale sapienza divina, e maestro delle arti logiche del quadrivio e soprattutto del trivio, Grammatica, Retorica, Dialettica - come ogni sera, fece il riepilogo generale della giornata politica. Si era svegliato alle sei - dormiva 50 poco per il bene dell'azienda Edenlandia -, aveva fatto un'ora di body building e mezz'ora di corsa, aveva poi fatto colazione a casa assieme ai familiari-managers del suo governo, a base di spremute e caffè, e in cui gli eletti avevano discusso della ricchezza del Paese e sul diritto alla felicità; s'era sentito poi a telefono con i capi del mondo civile e tutti s'erano complimentati con tutti per l'acume, il pragmatismo e il consenso che riscuotevano nei consumatori. Aveva parlato anche col capo del governo galiziano sul risultato di calcio Deportivo-Barcelona. Tra un pranzo a Spielberg e un ti-time di lavoro aveva terminato la giornata con la lettura di un dossier segreto sui comunisti moldavi degli anni quaranta e un libro sulla vita di Tommaso Campanella.. Raccontò infine di quel suo fastidioso foruncoletto che si era finalmente seccato e che tanto aveva fatto parlare i giornali negli ultimi giorni. Il giornalista Tappetino dopo sessantaquattro tentativi lo interruppe, gli augurò lunga lunga vita al glorioso Presidente, e annunciò la pubblicità. LFC aveva ormai strabuzzato gli occhi, fu colto da conati di vomito verde. Cadde dalla sedia, finì a terra e iniziò a contorcersi tutto. Mohamed preoccupato e impaurito si mise accanto alla porta e aspettò. Dalla radio provenne la voce di Dany Folletto, interpretava un carcerato di massima sicurezza in attesa della condanna a morte. L'attore monologava rabbiosamente su etica, tuttologia e grammatica, tra una canzone balneare west coast degli anni sessanta e la citazione di versi russi di Esenin. Una radioascoltatrice innamorata lo incitò a dire tutta la verità sulla vita, l'amore e le ingiustizie del mondo. LFC perse i sensi, gli crebbero dei peli gialli sulla fronte, dalle orecchie gli uscì del liquido nero e il suo corpo si gonfiò come un pallone. Si trasformò in pochi attimi in un licantropo. Mohamed terrorizzato non pensò altro che a scappare e corse fuori nella campagna. Corse per tutta la notte. 51 18 Come la fortuna arrise a Mohamed giungendo nella terra di civiltà e storia. Mohamed nella piazza principale di quella fiorente città restò a bocca aperta, lì la natura e l'uomo avevano deciso di collaborare alla felicità dell'umanità. Verde dappertutto, un centro medioevale in cui la gente passeggiava leggiadra e civile ricoperta da bei vestiti indossati con grazia. In molti ridevano felici, parecchi canticchiavano spensierati, qualche coppia ballava tanghi e valzer, svolazzando di qua e di là. Quello che era il capo politico della cittadina era solito offrire l'aperitivo a quelli dell'opposta fazione nonostante le dure polemiche in assemblea di poco prima: erano tutti sorridenti e amici. Mohamed se ne restò per ben due giorni ad ammirare il luogo e gli esseri umani. Si meravigliò nel vedere dei bagni moderni color pastello per cani e gatti,. S'incanto davanti ad una serie di beauty center bianchi e dalle vetrine festose da cui uscivano uomini dai fisici tonici e donne abbronzate e meravigliose. Si stupì nell'osservare delle accoglienti boutique d'abbigliamento per animali domestici. Nella stradina delle sessantadue agenzie di viaggio, lesse su delle locandine che il paese in cui era nato e vissuto era l'ultima moda dei viaggiatori avventurosi: aereo e cinque pernottamenti in una tenda nel deserto alla cifra di cinquecento milioni di euroni, pasti e bibite escluse. Il Tour operator L'edenlandese avventuroso, nel mondo faceva un prezzo appena maggiore del dieci per cento per il periodo delle piogge e delle zanzare. Saliva notevolmente se si desiderva essere sequestati per una o due settimane. Mohamed provò soddisfazione e anche un po' di nostalgia per ciò che aveva abbandonato. Si mise a osservare nella piazza principale ragazzine di undici anni con bicicletta, carta di credito e telefonino d'oro, gli sembravano delle fanciulle da marito con tanto di trucco e minigonna. C'erano giovanotti di sedici anni che si muovevano su Harly Davidson, mostravano Rolex d'oro ai polsi e giocavano con bustine argentante tra le dita. Si fermò a sentir parlare dei suoi coetanei, uno diceva d'aver avuto già duemila donne, la relazione più lunga era durata trentatre ore, in un Natale in cui faceva molto freddo. Una delicata pulzella invece affermò, con un po' di vergogna, d'essersi fermata a sessantasette relazioni e a sedici amori. Un gruppetto d'amici iniziò una discussione sul fatto che gli uomini sono più infantili e le donne più romantiche. Quello che era il bisessuale del gruppo confermava che con gli uomini lui si 52 divertiva di più invece con le donne c'era più tenerezza e sentimento. La più giovane fece un distinguo tra voler bene, amare e fare sesso. Nessuno era d'accordo con nessuno e allora parlarono di dimensioni in erezione e in posizione addormentata. Di durata e quantità, di posizione e prestidigitazione. Quello che ce l'aveva più piccolo trovò la conversazione poco interessante, quello che lo aveva più grosso voleva mostrarlo e fare una gara. Quel ragionare fece tornare gli uomini nel Se profondo, le donne alla consapevolezza di essere uguali ai maschi. Quando quei ragionamenti iniziarono a languire decisero d'andare alla festa di Lola che compiva diciotto anni. Mohamed si mise allora ad ascoltare le conversazioni di alcuni signori che parlavano di soldi, calcio e donne. Ma perse subito l'attenzione, non credeva di vedere ciò che stava guardando,. si stropicciò le palpebre una, due volte, mostrando un'espressione poco intelligente. 53 19 Come una cosa inimmaginabile può far sognare Mohamed Abu. Nel parco pubblico di una delle più belle contrade del migliore dei mondi, tra uccellini che cinguettavano, musica che proveniva dai contenitori dei rifiuti, alberi sintetici rigogliosi, rintocchi di campane e telecamere che consentivano una sicurezza a trecentosessanta gradi, vide una signora anziana che portava al guinzaglio una giovane, minuta, femmina cinese. Mohamed le seguì con lo sguardo e i suoi occhi si soffermarono su quella ragazza che sgambettava a quattro zampe. Istintivamente, per qualche attimo, volse lo sguardo su quel sedere in bella mostra, ricoperto solo da un sottile tanga per coprire le nudità. In quell'istante Mohamed si sentì rimproverare: - Vergogna ! Questo non sta bene ! Vergogna ! Un signore lo fissava dal basso con un'espressione di fastidio e ripulsa. Non si poteva guardare un animale con quello sguardo. Mohamed non comprese e sorrise gentilmente. L'uomo scosse la testa, pensò che era inutile spiegare ad un selvaggio le ragioni dell'educazione e del rispetto. Senza dire altro proseguì per il giardino. Mohamed ritornò a cercare con lo sguardo la signora e la giovane al guinzaglio. L'anziana donna si stava sedendo su una panchina e aveva fatto accucciare la cagnetta ai suoi piedi. Lo stupore in Mohamed Abu aumentò vedendo un ragazzino dalle fattezze latine che saltellava a quattro zampe con tanto di museruola e guinzaglio lungo, tenuto da un uomo che vedeva molto poco. Lo stupore diminuì scorgendo altri cinque, sei giovani, portati discretamente al guinzaglio. Si sa, può stupire qualcosa la prima volta, può creare disagio una seconda, ma alla terza ad Edenlandia tutto diventa una cosa normale. Rimaneva comunque in Mohamed la curiosità di sapere, e un leggero fastidio metafisico. Quando quei cani furono lasciati liberi in un'aiuola predisposta per loro, con cautela si avvicinò. S'andò a sedere su una panchina posta accanto ad un albero e restò a guardarli mangiare, scambiarsi biscotti di cioccolata e tavolette di saitan. - Ciao, vuoi qualcosa da mangiare ? La minuta femmina cinese, forse mossa a compassione, gli porse con eleganza un biscotto al cacao. Mohamed guardò la giovane, abbassò lo sguardo. - E' buono, è cioccolato fatto in Guatemala - insistè. 54 Mohamed prese il biscotto e iniziò a mangiarlo. La donna gli si accucciò accanto. - Mi chiamo Cian Tzet e tu ? - Mohamed Abu - rispose con imbarazzo, non riusciva a guardarla. Era per la prima volta accanto ad una giovane donna con i seni al vento e coperta solo da un perizoma. - Io sono dello Xinjiang, ai piedi dei monti Tian Shan. - Io vengo da Uàdi Halfa, nel Sudan. - Perchè hai un'espressione così strana ? Sei malato ? - chiese Cian. Mohamed continuava a tenere lo sguardo basso. Cian comprese e quando sopraggiusero altri due con collare e perizoma disse: - Lui è Mohamed. E' dispiaciuto per quello che ci vede fare… I due nuovi venuti si sdraiarono e iniziarono a respirare con la bocca aperta e con la lingua un po' di fuori. Uno dei due in effetti aveva un viso molto più simile a quello di un mastino che non a quello di un indio delle Ande. - Perchè fate così? - chiese Mohamed. - Camminare a quattro zampe e avere un guinzaglio ? - chiese quello con l'accento peruviano. Mohamed annuì col capo. - Non vi dà fastidio vivere come i cani ?! - chiese timoroso ma anche inquieto. Cian trovava gentile e carino Mohamed Abu, di grande dolcezza la sua espressione contrita e imbarazzata. Essendo una ragazza sicura di sè e con una particolare intelligenza decise di rassicurarlo. 55 20 Mohamed e sulle apparenze che non sono quasi mai che apparenze. - Non credere che siamo infelici o che io mi senta prigioniera a vivere così - disse Cian con voce calda e suadente - Forse lo sono stata di più quando non avevo il collare e non gironzolavo a quattro zampe. Non sono sempre stata come oggi certo, ma mai come oggi sono padrona dei miei sentimenti e quindi libera. Mohamed fu preso da un impeto di inquietudine e l'interruppe. - Ma non è bene quello che fate, Dio vi ha fatto nascere uomini non animali. I tre sorrisero ricordando fatti differenti. - Se un Dio esiste non può solo farci nascere come un qualsiasi padre per poi non riconoscerci e rifiutare di darci il suo nome. Mohamed era confuso dalle parole di Cian, se ne restò in silenzio. - Lo so cosa pensi, un tempo non lontano avrei urlato se avessi visto una cosa del genere - disse quello che la madre biologica aveva registrato col nome di Joaquim Murieta al comune di Horuro, ma che tutti adesso chiamavano Perrito. - E' facile giudicare in linea di principio ma bisogna vivere le nostre vite per poter comprendere - aggiunse l'altro che nel suo paese si chiamava Pedro Peramo. Mohamed si sentì confuso, e in colpa, seppe solo aggiungere: - Non è sempre buona cosa sperare che le cose cambino?... I tre sorrisero, Pedro abbaiò scherzosamente. - Per noi, i deboli, c'è sempre stato un breve tempo per sperare e un tempo lunghissimo per soffrire in silenzio. Questo è un tempo di sofferenza e tristezza. - Io penso che in questo mondo la natura umana sia buona - disse sicuro di ciò che affermava. - Cosa è rimasto di natura in questo mondo ? - rispose chiedendo Cian - E cosa vuol dire umano ? E buono ? Queste domande trafissero il cuore di Mohamed. Cadde un breve silenzio, Cian provò una sorta di tenerezza per lui. - E nonostante questo mi sento fortunato a vivere a quattro zampe - disse Pedro Faccio tre pasti al giorno, i padroni, mi fanno sedere con loro a tavola, dormo in un letto comodo con la loro figlia, faccio delle belle passeggiate, vado in pineta con i ragazzi che giocano a pallone. Di notte, quando tutti dormono, posso leggere 56 qualche libro, vedere la televisione. D'estate vado in vacanza e faccio anche il bagno. - Io sono nato ad Horuro. Tra le montagne boliviane - disse Juan d'impeto - Ho iniziato a lavorare in miniera a dieci anni. Dodici ore al giorno a quattro zampe nei cunicoli, e per reggere la fatica e la fame ci davano le foglie di coca con la pasta, molti miei compagni sono morti per smottamenti della terra o per la polvere nei polmoni. Tornavo a casa e non avevamo da mangiare. Due miei fratelli sono stati uccisi dai militari di Hugo Banzer perchè scioperavano, mia sorella che studiava a Cusco, in Perù, è finita in carcere e non si è più saputo nulla di lei. La mia casa era sei metri di lunghezza per tre di larghezza ed eravamo in sette. Dopo il lavoro avevo tutto il corpo che mi faceva male, la schiena, i reni, le mani, gli occhi e me ne restavo sdraiato sul letto nella quasi completa immobilità. Gli unici suoni che sentivo erano quelli della miniera e l'acqua che ribolliva nelle tubature e di notte quel suono sembrava enorme, riempiva la casa e il mio sonno. Cos'è la libertà e l'onore quando vivi in quel modo ? - E' una vita comoda la nostra, te lo assicuro - intervenne Pedro - L'unica cosa veramente strana all'inizio era che i nipoti del mio padrone lanciavano un bastone o una pietra e dovevo riportarglieli con la bocca. - Per me invece - disse Cian trattenendo il sorriso - è che mi accarezzavano la testa, mi massaggiavano il collo e qualcuno mi prendeva in braccio. Ero in imbarazzo perchè pensavo che mi guardavano il seno e il culo. Invece mi vedevano solo come una gentile cagnetta cinese. Mohamed Abu aveva ascoltato in profondo silenzio, non aveva parole nè l'ardire di fare dei distinguo. Si sentirono dei fischietti, Cian e gli altri si drizzarono su quattro zampe: i loro padroni li richiamavano. - Hai un posto da dormire ? - chiese la giovane donna cinese. - ... No - rispose Mohamed frastornato. - Mi trovi a Piazza dei partigiani e dei nazifascisti, numero 43, interno 4. Se vuoi, puoi dormire lì. - Sì, grazie... - disse Mohamed. - Raspa alla porta verso le dieci, la padrona a quell'ora già dorme. Cian saltellando raggiunse la anziana signora che l'attendeva impaziente, si fece mettere al collare il guinzaglio e s'allontanò con lei. 57 Mohamed Abu se ne restò seduto, era successo tutto così rapidamente che non riusciva a mettere a fuoco ciò che aveva sentito, ma era già impaziente che venisse sera per rivedere Cian. 58 21 Quel che Mohamed seppe di Cian Tzet e del loro amore improvviso e totale. Mohamed Abu giunse davanti alla porta dell'interno numero quattro alle dieci in punto. Timoroso raschiò la porta con le unghie delle mani, Cian gli venne ad aprire. La casa era al buio, il completo silenzio era interrotto solo dal russare dell'anziana signora. La giovane gli aveva preparato dei panini col formaggio e aveva messo nella ciotola dei resti di verdura. Mohamed iniziò a mangiare in silenzio assaporando il cibo e il tepore di quella casa. Ogni tanto guardava Cian e si sorridevano, lei era una donnina sinuosa, dai seni piccoli come due rose del deserto e il ventre piatto; da quel corpo minuto sbocciava un collo lungo, flessuoso e armonioso che reggeva una testa ben fatta, aveva una bocca sottile e sofferente, due grandi occhi scuri che nascondevano qualcosa. In silenzio Cian portò Mohamed nel giardino della casa, tra due alberelli c'era una casetta dal muso di cane, l'entrata erano le fauci sorridenti. Si sdraiarono sul materasso, si guardarono a lungo nella penombra in silenzio, si baciarono per un tempo interminabile. Mohamed Abu, fremente di desiderio, iniziò ad accarezzarle la parte bassa del ventre, lei lo lasciò fare per qualche secondo. Poi lo fermò decisa. In quell' intimità Cian era diventata un'altra persona. Era triste, impaurita, fragile. Mohamed mostrò un'espressione del viso addolorata, come fosse stato rifiutato. Restarono immobili, sdraiati l'uno accanto all'altra, fino a che un gallo non cantò due volte. La sera dopo Cian non si fece baciare nemmeno. Con un filo di voce, con tono dolente, gli parlò della sua vita. - Sono nata in una famiglia di contadini poveri nella Manciuria del dopo Grande Timoniere, facevo otto chilometri al giorno a piedi per andare a scuola e spesso il maestro non veniva perchè finiva in carcere. Quando ho avuto undici anni la mia famiglia mi ha promessa a Liu Po Ta, il figlio ventenne del segretario del partito del villaggio. Avevano stabilito anche la data delle nozze. Io che sognavo solo di avere una bambola e di giocare ero in preda a una disperazione senza limiti. Fortuna ha voluto che una settimana prima del matrimonio Liu finisse sotto un camion. I miei genitori erano disperatissimi, non sapevano più cosa farsene di me, mi hanno mandata da un lontano cugino. Lo stesso giorno dell'arrivo questo zio mi ha sverginato e mi ha tenuta come schiava in casa sua. Il giorno lavoravo nel suo negozio e la sera mi prendeva. Ma io mi sono sempre ribellata e allora stufo mi ha venduta ad un mercante per cento chili di avena. Sono stata vinta ad una partita a 59 carte da un mercante turco di esseri umani. Con lui e altre come me ho attraversato mezza Asia. In Uzbekistan ci ha venduti il giorno prima che scoppiasse un'epidemia di colera, di venti siamo rimaste vive in quattro. Per mezzo montone, un pasto caldo e una confezione di profumi siamo stati presi da un mercante di cavalli. Ci ha rivendute a Samarcanda e lì abbiamo fatto le serve per una famiglia araba, ma i padroni non erano soddisfatti di noi, perchè non eravamo carine con loro. Per una pelle di cammello ci hanno date ad un russo e siamo giunti nei Balcani, dove si nuotava nel sangue e nella violenza. Pesavo oramai ventotto chili, avevo le mani fratturate e i piedi piagati, non potettero nemmeno farmi prostituire. Un dottore moldavo si rifiutò di espiantarmi i reni dicendo che ero troppo malata e allora mi hanno regalata ad un cinese. Mi ha fatto arrivare in un container in una cittadina edenlandese, fatta di mille piccole fabbriche clandestine e mi hanno messo a lavorare in uno scantinato assieme ad altre sessanta ragazze. Ho passato un anno così, lavorando quattordici ore al giorno e dormendo chiusa a chiave in un garage con altre sedici donne. Un giorno è scoppiato un incendio, ci siamo salvate in tre. Mi sono risvegliata dopo quattro giorni in un letto d'ospedale, accanto a me c'era un prete che mi ha assistita e curata. Cian Tzet s'interruppe, aveva il viso pallido come cera,, la bocca aveva un tratto inquietante. I suoi occhi scuri sembravano il fondo di un pozzo, non sembrava più la leggera, sicura femmina che aveva accolto Mohamed il giorno prima. Abu non aveva perso una sillaba di quello sventurato racconto, e continuava ad accarezzarle le mani con dolcezza. Tornò a guardarla nel buio della cuccia divorato dalla pietà e dall'amore che stava crescendo nel suo cuore. Cian riprese a parlare per dimenticare quello che aveva appena detto. Erano i giorni in cui una strana malattia aveva colpito i cani in tutta Edenropa. Il morbo MCG, malattia del cane grullo: i cani avevano iniziato a saltare sui divani, mettevano il muso nel piatto del padrone, pisciavano sui tappeti, trascorrevano giorni a ridere e poi mordevano i loro padroni. Alcuni ufficiali in pensione e qualche mamma di banchiere erano stati sbranati e mangiati a suon di risate animali. Le autorità veterinarie, dopo aver cercato di circoscrivere l'epidemia, avevano mandato a morte molte bestie. Ma la gente non voleva privarsi del proprio cane, i bambini piangevano, le signore anziane resistevano al decreto del governo. Ci fu una lotta di lunga durata tra amministrazione e cittadini. Ma un giorno in televisione il Ministro delle molte opportunità, che difendeva il suo cane, fu sbranato in diretta dal suo mastino napoletano Gennariello. Nella depressione generale tutti si disfecero dei cani, molti se li mangiarono per affetto. Ci furono i primi coraggiosi cheadottarono al loro 60 posto degli extramondo buoni, disposti a fare bau bau e a non cacare sui tappeti. La Chiesa allora intervenne, dopo sofferte riflessioni e un sinodo, concluse che si potevano scegliere solo extramondo di religione cristiana, poi stabilì di battezzarci tutti per evitare confusioni. Ed eccomi qui, sana, sazia, a curarmi le ferite di quando ero libera e avevo dignità. L'amore non ha una ragione, ma confonde. E Mohamed Abu in quel momento si sentì confuso e ancora più innamorato. Abbracciò con eterno trasporto Cian, la strinse a sè senza dire nulla. 61 22 Come Mohamed trascorse i giorni seguenti e le varie notti successive. Mohamed Abu visse i giorni seguenti in un felice limbo amoroso. I giorni si succedevano e lui ripeteva gesti e comportamenti come fosse sempre stato il primo. Una animalesca luna di miele che lo portava a pensare sempre al suo amore e di credere di non poterla mai più lasciare. Cian che aveva nella sua vita sofferto così tanto da aver acuito l'acume e la diffidenza non era riuscita a sopire i suoi sentimenti, adesso non osava negare a se stessa i suoi tremori affettivi e non negava più un bacio, una carezza al suo primo vero amore. Mohamed al mattino restava nascosto nella casetta fino a quando Cian non gli portava la colazione. Le dava un bacio lunghissimo poi rattristato la vedeva scodinzolare verso casa e la padrona. Mangiava col cuore in rivolta e di malavoglia. Quando sentiva chiudere la porta, provava un fremito di gelosia lungo quanto il suo amore. L'idea di sapere Cian seminuda in giro per la città sotto lo sguardo di chiunque lo faceva arrabbiare e allargare le narici. Aveva pensato di diventare anche lui un cane, almeno così l'avrebbe potuta accompagnare e proteggere, ma non era più possibile per la legge. Fremeva ancora qualche attimo poi usciva dalla casetta e dalla casa. Se ne andava tutto il giorno a spasso. A volte rivedeva Cian al giardino pubblico, avevano almeno quindici minuti per potersi guardare, senza tuttavia potersi abbracciare Chissà che scandalo se la brava gente di quel luogo meraviglioso avesse visto un extramondo baciare sulla bocca una cagnetta. Materiale per più di un articolo di quotidiano, per una puntata televisiva al Ragno peloso, Quando scendeva la sera Mohamed veniva preso da fremiti e ansia.. Alle dieci raschiava contro la porta e il suo cuore in tumulto si rasserenava. Per oltre un mese passarono le notti assieme, fecero un'educazione sessuale da adolescenti. Alla felicità, in lui, si stava sovrapponendo come una seconda pelle un'inquietudine che non aveva mai provato; alla felicità di lei si aggiungeva di giorno in giorno una mancanza di libertà e un doversi sempre giustificare con lui. Al trentatreesimo giorno fecero l'amore. Lei come fosse la prima volta, lui come fosse la prima volta. Nella confusione di ruoli per la cultura edenlandese Mohamed divenne un cagnolino apprensivo e bisognoso d'affetto, Cian una padroncina un po' distratta e umorale. Lui le obbediva con grande affetto, lei guardava sempre più verso il cielo e si faceva domande. Ma il trentaquattresimo giorno successe qualcosa di drammatico. 62 23 Come uno spiacevole contrattempo portò Mohamed lontano dal suo amore Si guardava intorno, col cuore in attesa, il desiderio nel basso ventre e il ricordo alla notte precedente. Guardava nell'attesa l'orologio della piazza, aspettava che segnasse le nove e trenta e lui potesse riprendere il cammino verso Cian. L'istinto s'era rammollito in quell'interminabile pomeriggio, il corpo era ottenebrato e senza più l'impulso di difesa sociale. Non vide arrivare due tutorotti a caccia di qualcuno d'arrestare. Gli chiesero i documenti e il permesso di soggiorno, poi lo fecero alzare e lo perquisirono da sdraiato a terra a pancia sotto. Mohamed docilmente obbedì a qualsiasi richiesta, era per lui un modo per rompere la monotonia dell'attesa. Senza che se ne rendesse conto si ritrovò con le manette ai polsi e con i ferri ai piedi, fu sbattuto in un cellulare dove c'erano altri quattro fermati. Riuscì a fatica ad alzarsi da terra e a sedersi accanto ad una ragazza che doveva essere abituata a quel tipo di trattamento. - Buon pomeriggio, io mi chiamo Mohamed Abu Fahmi Abboud. Nessuno gli rispose. Mohamed cercò allora di guardare attraverso una feritoia quale strada stavano attraversando. Pensava solo a Cian e a chissà a che ora l'avrebbe rivista. Il furgone sobbalzò e lui sbattè per tre volte la testa contro una sbarra di ferro. La ragazza gli dette uno sguardo, l'ultimo arrestato aveva una faccia da cucciolo impaurito. - Mi chiamo Clara Zetkin - disse con un tono che per lei era amichevole ma che risultò scorbutico. - Non ho fatto niente - disse ingenuamente, quasi a se stesso. La ragazza si voltò di nuovo a guardarlo. - Neanche io - rispose la ragazza con accento meridionale. - E allora perchè ? Un giovane dai capelli lunghi che gli era seduto di fronte, con gli occhi semichiusi sibilò: - La solita retata di fine mese. Mohamed non capì, guardò la ragazza con aria interrogativa senza avere il coraggio di domandare spiegazioni. - E' la tua prima volta... 63 Mohamed annuì con la testa. Cadde un lungo silenzio. Poi - I tutorotti devono arrotondare lo stipendio. Mohamed non capì. Il ragazzo con gli occhi semichiusi li aprì, guardò Mohamed e col tono di voce di chi sa spiegare bene le storie raccontò. Il governo l'anno prima aveva varato una legge che aveva privatizzato la Seguridad. I tutorotti non percepivano più lo stipendio, il loro contratto di lavoro prevedeva un guadagno a cottimo. Avevano un tariffario regionale concordato, chiamato gabbia salariale zonale. Cinquantamila euroni per un fermo, centomila ad arresto per cose di poco conto, trecentomila per uno scippatore, tre milioni di euroni per un rapinatore, dieci per un assassino, cinquanta milioni per un ricercato. E a fine mese, quando per qualsiasi tutorotto c'era da pagare la rata del mutuo della casa o la polizza per l'auto, si davano più da fare. Quello che li aveva arrestati - aggiunse la ragazza - era conosciuto da tutti, uno che aveva due famiglie, tre auto, tre case e ben cinque figli da mantenere. Una vera carogna, conosciuto in tutta la regione. Per cinque mesi di seguito aveva vinto il premio per il maggior numero d'arresti e la sua foto era stata pubblicata sul giornale Libero. Mohamed guardò con attenzione i compagni di sventura. - E quanto dovrò stare i prigione per non avere fatto nulla ? Non ho nemmeno un eurone. Nessuno gli rispose. - E i giudici ? - chiese in un moto di disperazione. Nessuno gli rispose. Mohamed stava per chiedere qualcos'altro quando il furgone frenò bruscamente e tutti e cinque i fermati furono scaraventati dalla parte opposta. Il portellone si aprì, furono fatti scendere e trascinati in una stanza enorme e senza finestre. 64 24 Quello che scoprì Mohamed prima di un vero terremoto. Restarono per due giorni seduti su delle panche. Se ne stettero tutti in silenzio, senza parlare o protestare. Nessuno d'altronde aveva voglia di fare conversazione. Ma alla fine del secondo giorno iniziarono a parlare. Di sfortuna, di mandati di cattura e sull'arte di non soccombere alle sventure in quel mondo. Mohamed ascoltò poco, non disse una parola. Il suo unico afflato era per Cian e per quello che lei avrebbe potuto pensare della sua scomparsa. Mangiò niente e bevve poco, solo quello che potè permettersi con gli spiccioli alla macchinetta a gettoni dei fermati in attesa. Dalla parte opposta della sala c'era un uomo dai capelli brizzolati, con un doppiopetto gessato e degli occhi scuri come il fondo di un pozzo. Se ne stava da solo impettito a leggere senza interruzione dei libri. Mohamed ogni tanto lo guardava incuriosito. Non conosceva bene gli edenlandesi ma un tipo del genere lo trovava veramente bizzarro: un misto di sicurezza e di violenza. All' alba del terzo giorno, un po' perchè non aveva sonno e un po' per passare il tempo gli domandò: - Cosa legge, signore ? Clara che gli era accanto gli soffiò nell'orecchio. - Attento, quello è pericoloso. L'uomo chiuse i libri che aveva tra le mani. Guardò Mohamed dritto negli occhi. - Traité de phisique di Jacques Rohault e La decima Deca su Tito Livio di Machiavelli. Mohamed fu impressionato dai titoli e dalla determinazione nel tono della voce dell'uomo. Pensò che se uno pericoloso era così colto non poteva essere un pericolo come gli aveva sussurrato Clara. - Chi sono Rohault e Machiavelli, signore ? - Un seguace di Cartesio il primo e il padre dell'arte del potere il secondo. - Deve essere difficile capirli. - Sole le stupidaggini sono difficili da capire. Mohamed Abu provò ancora più curiosità verso quel tipo. - Perchè li legge ? - Perchè ?... Chi vuoi che li legga se non gente come me - Scoppiò in una fragorosa risata puteolana. Mohamed si alzò e timidamente gli andò a sedere accanto. 65 - Io mi chiamo Mohamed Abu Fahmi Abboud, signore. E vengo dal Sudan. - Io sono Money Eurone e adesso sono qui. L'uomo gli tese la mano, Mohamed lo guardò perplesso: mai nessuno aveva fatto un gesto così con lui. Confuso gli strinse la mano. Da seduto si inchinò abbassando il capo. - Lei è uno studioso ? Un intellettuale Il signor Money Eurone era un cinquantenne sicuro e scaltro. Sapeva sopportare le avversità e capire il valore degli uomini che aveva di fronte. Guardò il nuovo compagno con un'espressione del viso aperta e sorniona. - Amico mio, intellettuali in questo paese sono tutti. E quindi nessuno. Questo è un paese assai originale, ragazzo. I filosofi fanno politica amministrativa, i politici fanno spettacolo, i giornalisti fanno i mezzani in televisione o mettono l'olio di ricino nel computer, gli studiosi sono noiosi e non li ascolta nessuno, i moralisti fanno gli storci. E i comici forse sono gli unici pensatori... - Che confusione - disse Mohamed. Money sorrise meno rumorosamente. - Posso domandare - chiese Mohamed - quale è la sua prestigiosa professione ? - Sono un imprenditore organico. Compro, vendo, aggiusto situazioni difficili, aiuto amici, nemici... Mohamed guardò con ammirazione l'uomo. - Vi hanno educato sin da piccolo a questa professione ? L'uomo guardò il giovane negro, sapeva bene che da lui non avrebbe avuto nessuna noia. Gli venne voglia di raccontare quello che qualsiasi giudice indagatore avrebbe voluto sentire. - Io sono nato povero, in mezzo alla monnezza. Ma svelto di cervello e furbo d'istinto. Da ragazzo ero compariello di un bancario assai abile. Lui mi trattava bene, come un figlio, ma io ero arrabbiato nel vedere che tutti i beni della terra giravano intorno a me ed io non potevo fare altro che guardare. Il destino non mi aveva riservato niente, ero una goccia d'acqua in un oceano. Decisi di diventare lago e negli anni un mare. Entrai nel sistema da una porta, prendevamo auto e camion. Poi riuscimmo ad avere dei negozi. Presi il posto del mio capo e lo sostituii con soddisfazione della famiglia. A venticinque anni non c'era più nessuna distanza tra me e il mondo. Iniziai a proteggere anche dei poveracci e tra questi un maestro elementare, un anarchico con la passione della lettura. E' da allora che ho capito l'importanza di leggere e riflettere. Quando ho avuto molti soldi mi sono aperto una banca e come gli altri colleghi ho fatto miliardi di euroni con i prestiti a tasso variabile: sono stato ben presto stimato da chi contava. Sono diventato finanziere e 66 imprenditore, e nessuno è mai riuscito a farmi infamità. Adesso sono troppo ricco e cauto per avere paura di chiunque... E se tu hai ambizione, un aiuto io te lo posso dare. Questa per arricchirsi è l'epoca migliore, sono scomparsi scrupoli e c'è tolleranza. Mohamed aveva ascoltato in completo silenzio, ma nelle parole sentite non vedeva nessuna luce e nemmeno serenità. Lui preferiva sentirsi una goccia d'acqua nel vento che essere un oceano in tempesta. - Grazie, signore, ma io non ho ambizioni. Adesso voglio solo uscire di qui e andare dal mio amore. - Non essere preoccupato, usciremo. - Per lei è facile, signore. E' un edenlandese ed ha soldi, ma io... - Edenlandese solo d'adozione, ragazzo. A Mohamed venne spontaneo aprire il cuore e gli parlò di Cian, del loro amore e della situazione in cui vivevano. - Tu hai una buona stella - disse Money - Sei venuto dall'Africa chissà in quali condizioni di merda e adesso sei qui in buona salute e innamorato. - Lei è una persona molto intelligente, signore. Sono fortunati i suoi amici. - Già... ho molti amici e mi chiamano con rispetto. Ma se non avessi salute, soldi e conoscenze... - Cambiò discorso e provò a spiegargli la causa di quell'effetto. Mohamed lo interruppe. - Ma se lei signore giustifica l'effetto con la causa, ritiene l'uomo possibile autore di qualsiasi cosa. Allora si può arrivare a Dio come causa iniziale di tutto. Entrò nello stanzone una recluta tutorotta. Mohamed si alzò di scatto e corse a sedersi dov'era prima. Il tutorotto aveva dei fogli tra le mani, dei tatuaggi sui polsi e tre percing sul viso, guardò i fermati e chiese: - Chi è Amilcare Cipriani ? Il ragazzo dai capelli lunghi fece un cenno con la mano. - Hai un'accusa di tentato omicidio plurimo, derubricato da tentata strage. Cosa hai combinato ? Amilcare guardò arrabbiato la recluta. - Fumavo in auto alla presenza dei miei figli. - Alla faccia - disse la recluta, guardando il fermato con orrore. Gli porse il mandato d'arresto. Guardò l'unica donna presente. - Tu sei Clara Zetkin. - Però, sei intuitivo - rispose guardandogli i pantaloni. 67 Il giovane lesse il mandato che la riguardava. - Incitamento all'odio sociale e alle istituzioni. Cazzo, cos'hai combinato ? - Ho detto quello che pensavo. - E cosa pensavi ? Clara lo fissò negli occhi. - Che la povertà è una dichiarazione di guerra. Scoppiò a ridere l'uomo dal vestito gessato. Tutti i fermati edenlandesi lo guardarono con rancore. - Perchè ridi ? Camorrafia !? - disse senza paura Clara. - Questo sistema ti può perdonare tutto ma non quello che è evidente. Se lo pensi quello che hai detto non parlare. Spara. - Io sono una rivoluzionaria ! Non una terrorista. L'uomo rise di nuovo. - Io non ho fatto niente - intervenne Mohamed - Posso sapere perchè mi avete arrestato ? - Eh, dite tutti così - disse la matricola - Voi negri siete i primi, commettete dei reati e poi fate gli angioletti. Guardò sul foglio, tornò a guardare Mohamed. - Non hai un lavoro e non hai una casa ! Mohamed ci pensò un attimo. - Non avere una casa e un lavoro non è un reato ma una sfortuna, signore. Il giovane tutorotto guardò con compassione il negro. - Vi accogliamo, vi diamo un permesso di soggiorno e voi ? Niente !? Vagabondi. Mohamed abbassò lo sguardo, provava una sincera vergogna. - Scusate ! - disse con voce terribile Money - Facciamo notte, qua ? La recluta guardò l'uomo, ebbe un leggero fremito. Provò a leggere sui fogli qualcosa. - Lei è... - Don Money Eurone. L'uomo si alzò in piedi, si mise al centro della stanza dritto come un fusto d'albero, fissò con lo sguardo quello della giovane recluta. - Lei è stato fermato per traffico d'armi e contrabbando internazionale. - Questo lo dite voi ? Che vivete in un paese illiberale e contro il libero commercio. Fatemi parlare subito con un vostro superiore.- L'uomo s'interruppe, tese l'orecchio. 68 Tutti tesero l'orecchio, allarmati. Si sentiva un silenzio profondo, irreale. La terra iniziò a tremare. Una parete salì, scese, un'altra vibrò e sembrò sussurrare qualcosa. Sul pavimento comparve una crepa che divenne larga tre centimetri, la prima parete sembrò sbuffare poi si sbriciolò facendo molta polvere, il tetto si rovesciò. Tutti dondolarono per qualche secondo. Si sentirono dappertutto urla, sirene impazzite, gente che scappava terrorizzata. Tutti i femati si ritrovarono coperti da un enorme polverone di gesso e intonaco. Don Money Eurone fu l'unico ad essere lanciato per aria, fece una decina di capriole e ricadde a terra sgonfio, colpito da pezzi di vetro, schegge e calcinacci. - Che sfaccimma !- sentenziò - Tutti i miei soldi per un prete ! - Iniziò a cantare in modo sconnesso Lacrime napulitane. La recluta e i fermati storditi e ammutoliti si guardarono, pensarono a correre e a salvarsi. 69 25 Come Mohamed non riuscì più a trovare l'oggetto del suo amore Spaventato, confuso, tutto imbiancato di polvere chiese ad un uomo che ansimava dove fosse la città. L'uomo emise un grugnito e indicò col braccio una direzione. Mohamad fece qualche passo, inciampò, cadde a terra e la sua testa sbattè contro un sasso, allora si ricordò di Cian. Si rialzò e riprese a correre come un disperato. Il suo unico pensiero adesso era rivolto a lei. Attraversò strade di campagna, poi la periferia della cittadina, superò le mura medioevali ed entrò in città. Scavalcò mucchi di pietre, evitò piccoli incendi, sentì urla di panico, evitò gruppi di persone che guardavano il cielo. Vedeva uomini disperarsi per le automobili rovinate, donne in vestaglia piangenti per non essere presentabili in pubblico, ragazzini angosciati per aver lasciato a casa la play station. Raggiunse col cuore in gola la piazza in cui abitava Cian. Il terremoto, lì, non era passato. I palazzi erano in piedi, solo qualche calcinaccio qui e là. La gente parlava, parlava, ricordava un po' agitata gli istanti del terremoto; un bookmaker prendeva scommesse sul grado della Scala Richter e sul numero di morti e feriti; qualcuno ricordava il terremoto precedente e faceva paragoni; un signore anziano sorrideva, provava piacere nell'essere al centro di un disastro collettivo. Mohamed entrò di corsa nel palazzo, si trovò davanti alla porta di casa di Cian, raschiò con le dita. Non ebbe risposta. Allora suonò il campanello, ma nessuno venne ad aprire. Si sentì ancora più angosciato, uscì sulla piazza e cercò Cian tra la gente. Niente, non c'era. Agitato e sudato ritornò nel palazzo senza sapere veramente il perchè. S'accorse di due signore che scendevano le scale, non le guardò nemmeno in viso nè vide tutti i gioielli che erano rientrate a recuperare per indossarli. - La signora che abita qui ? - chiese trattenendo il respiro. La signora bionda guardò il giovane di colore, gli sorrise ma d'istinto cercò di nascondere un anello e mettere una mano sulla parure. L'altra guardò la porta dell'interno quattro, mostrò un sorriso disteso. - Lei conosce la signora Claretta ?... - Cian - rispose Mohamed senza lasciarla terminare. - Chi ? Mohamed comprese lo stupore delle due donne. - ... La cagnetta. 70 - Ah, non sapevo che Claretta avesse preso un dog sitter - disse la signora bionda scrutando il tipo. - Allora ?! - aggiunse Abu. - E' venuto il figlio a prenderla, credo, e sono partiti. Questa mattina, mi sembra. Mohamed si sentì sollevato sapendo Cian salva, ma allo stesso tempo quella risposta lo angosciava nel saperla lontana. - Per dove ? - Giovanotto ! Lo sa che esiste il diritto alla privacy ? - disse la seconda signora Non si deve preoccupare se le deve dare dei soldi sicuramente glieli darà. - Se non glielo ha detto la signora Claretta dove è andata certo non glielo possiamo dire noi... - aggiunse l'altra. - In un momento tragico come questo lei... Lo sa che stiamo vivendo un terremoto? Senza dire altro le due donne lo lasciarono e s'avviarono verso l'uscita riprendendo la chiacchierata. Mohamed non sapeva se essere più contento o più afflitto. Certo aveva scampato il carcere, la sua Cian era viva e al sicuro, ma l'aveva persa per chissà quanto tempo. Si sedette sui gradini delle scale e mise la testa tra le mani. 71 26 Da un terremoto ad un altro, la vita continua anche per Mohamed. Mohamed Abu trascorse due giorni in quella città, nella flebile speranza che Cian potesse tornasse. Pianse, ebbe dei momenti di ottimismo, andò a mangiare in una tenda per terremotati prontamente sponsorizzata da una nota ditta di cibi in scatola, dormì nella casetta di Cian. Un pomeriggio per togliersi dal freddo andò in una delle più belle e turistiche chiese della città, si sedette nelle ultime file, da un lato, dietro ad una colonna, quasi non volesse essere notato. C'erano, nelle prime file, un gruppetto di uomini e donne che erano andati anche loro a passare il tempo. In quell'atmosfera pacata e sonnacchiosa comparve sull'altare un prete. Ruppe quella silenziosa tranquillità parlando a lungo dell'Effetto terremoto e della sua Causa. Secondo lui la vita viziosa dei concittadini e il loro vivere da miscredenti avevano fatto inorridere il buon Dio ed ecco la conseguenza. Fece un distinguo tra ciò che non aveva bisogno d'essere diviso, disse con la sicurezza della fede cose che erano ostili a tutti, provò a dare degli insegnamenti improbabili da seguire. Parlò con tono lucido e freddo, scese dall'altare e rientrò in sacrestia sudato e gonfio di parole. Al terzo giorno, Mohamed si trovò in una piazza dove si stava svolgendo una diretta televisiva. C'era un palco addobbato con rasi rossi e fioriere grigie; seduti sullo sfondo si intravedevano personaggi dello spettacolo e autorità pubbliche. Una presentatrice, circondata dalle più sexy ragazze della cittadina, parlava della bellezza di quel luogo antico, del fascino delle sue donne e del fatto che la popolazione lavoratrice e concreta avrebbe rimediato presto con i fatti a quella sventura. Intervenne un cantante degli anni novanta, ricordò le sue povere origini e il maremoto vissuto. In onore alle popolazioni terremotate cantò un paio di sue vecchi cavalli di battaglia in stile country, Alzati la gonna e fammela vedere e Sei una stronza. Gli subentrò un'ex modella americana, ex attrice in Olanda, ex manager a Berlino, ex deputata a Madrid e da anni in Edenlandia come volto della bandiera nazionale. Con un accorato appello al mondo, chiese di mandare soldi. Poi, non sapendo cantare, recitare e ballare, cantò, recitò e ballò riscuotendo applausi da quel povero popolo martoriato. Un paio di politici di rango apparvero sul palco, il loro linguaggio era differentissimo da quello degli ospiti che li avevano preceduti e ancor 72 più da quello del popolo in piazza, era rassicurante, armonioso e paterno. Parlarono brevemente, per motivi di stacchi pubblicitari, ma quel poco che dissero fu espresso con toni così vivi, così partecipi che fecero commuovere Mohamed. Chiesero alla bontà d'animo di tutti gli edenlandesi, abitutati a dare qualche soldo praticamente per tutto - bambini malati, nuovi ospedali, nuove scuole, nuove e vecchie malattie, per l'infanzia, per la vecchiaia, per la tossicodipendenza, per l'alcolismo, per le banche in fallimento -, di mostrare con i cellulari l'unione del popolo. Lo spettacolo continuò con cantanti, imitatori, maghi e la lettura di una lettera inviata da una star bielorussa il cui trisavolo era nato proprio in quella città. Mohamed stanco e con le mani che gli dolevano per i tanti applausi, se ne tornò sfinito nella cuccia di Cian e s'addormentò senza cenare. Quando si svegliò due giorni dopo non ricordava più bene cosa ci facesse lì. Aveva dimenticato Cian e tutto il resto. Al sesto giorno, andandosene a spasso senza mèta nè sapendo cosa fare, incontrò un giovane con i capelli bianchi, gli sembrò messo male, forse anche peggio di lui. Mosso a compassione lo invitò al bar e gli offrì da bere. - Non ti ricordi di me ? - chiese l'uomo dopo un po', con accento del sud-est. Mohamed lo guardò con attenzione, quel viso non gli ricordava niente. L'uomo allora mostrò un viso disteso, e sorridendo si presentò. Si chiamava Lu Lasalung, proveniva dalla regione del Tacco e si definì un uomo d'affari. Mohamed abbassò il capo, si sentiva uno stolto ad aver giudicato poveraccio un uomo che era un rappresentante dell'economia di quel paese. Per Lasalung il fatto che Mohamed non ricordasse che proprio lui era stato a dargli una remata in testa facendolo svenire, per poi rubargli tutti i soldi prima di abbandonare la nave che affondava, era una cosa positiva. Dandogli alcune amichevoli pacche sulle spalle, lo assunse su due piedi e lo portò alla mensa dei terremotati a pranzo. Dopo aver ben mangiato e ben bevuto gli disse che quella sera sarebbero partiti per affari verso le zone in cui il terremoto aveva fatto più danni. Mohamed si sentì onorato e grato verso quel giovane uomo dai capelli bianchi e pensò che ancora una volta tutto andava per il meglio. Non aveva più niente da fare lì e fu contento di seguirlo, pronto a conoscere un altro dei luoghi migliori del mondo. 73 27 Mohamed è per la prima volta confuso, nella terra dei Terremoti. Viaggiarono tutta la notte su una vecchia station vagon bianca, percorrendo strade sterrate e viottoli di campagna. Lu fumò e parlò tutto il tempo, parlava così veloce e di così tante cose che Mohamed si sentì ancora più confuso; ne ricavò solo un mal di testa e tanta disordine mentale. Ai primi chiarori dell'alba, dopo aver eluso un posto di blocco, giunsero in un paese in collina piuttosto malridotto, il terremoto aveva avuto l'epicentro proprio da quelle parti. Scesero dall'auto, intorno a loro videro solo macerie di palazzi semicrollati, sentirono un silenzio irreale interrotto da qualche gatto che miagolava affamato, e dall' odore di morte. Lu si guardò intorno con lo sguardo attento e teso. Poi esclamò: - Chi più spende meno spende. Respirò profondamente, mise le mani chiuse a pugno sui fianchi, continuando a fissare tutto come un lupo pronto alla caccia. Mohamed intuì ciò che voleva dire il suo nuovo datore di lavoro e amico. Durante il viaggio, Lu, gli aveva spiegato che da anni era stata privatizzata la Protezione Civile, ogni paese doveva provvedere con assicurazioni private ai terremoti, agli smottamenti, alle alluvioni. E il paesino in cui erano, Sfigazza, era l'unico della zona che non l'aveva fatta. Sarebbe rimasto così fino a che qualche privato non avesse pagato di tasca sua. Quello tuttavia che Mohamed non capiva era cosa ci facessero loro due lì, come potevano aiutare quei terremotati se non avevano soldi e nemmeno una vanga. - C'è da guadagnarci un bel po' - urlacchiò Lu. Eccitato corse sul punto più in alto del paese e osservò tutto intorno, non vide anima viva. Euforico si spostò su una montagnola di detriti, trovò subito una mano. Riuscì a liberare il corpo di un uomo impolverato e indiscutibilmente morto, gli tolse la fede, un orologio fermo all'ora della disgrazia, sfilò da una tasca un portafogli e ne estrasse cinque banconote di grosso taglio. Urlando di felicità se le mise in tasca. Mohamed già rattristato per ciò che lo circondava, stomacato da quell'odore nauseabondo, osservò Lu che saltellava allegro. Non capiva perchè il suo nuovo benefattore facesse così. Avrebbe voluto chiederglielo, ma l'uomo dai capelli bianchi stava già correndo in mezzo alle macerie alla ricerca di un altro corpo. - Questo non è bene ! - urlò Mohamed Abu sbigottito. 74 Teso come una corda, eccitato come un animale in calore, Lu guardò quel fesso di negro. - Vieni qua e aiutami a scavare ! Mohamed chissà perchè non aveva paura di quel tipo,. Forse perchè suo padre gli aveva insegnato che se mangi e scherzi con una persona questa non può diventare un pericolo per te. Se ne restò immobile a guardarlo, provando un misto di costernazione e pietà. Lu allora si fiondò da Mohamed e minaccioso lo guardò negli occhi alitandogli in faccia. - Ti rifiuti di lavorare ?! - Non credo sia giusto quello che vuole fare. Lu non poteva crederci, quella merda di negro non mostrava paura verso di lui. Lui che aveva ucciso per la Sacra Corolla, uomini, donne e bambini, fatto la tratta degli schiavi e il trafficante di organi, adesso aveva davanti a sè uno che non tremava. Uno che aveva la sfrontatezza di dirgli di no, uno che non valeva nemmeno il costo di una pallottola. - Vieni con me a scavare ! Subito ! Se no t'ammazzo con le mie mani ! - urlò e poi bestemmiò. Mohamed era meravigliato del cambiamento del nuovo amico, tuttavia gli era ancora grato per il pasto che gli aveva offerto e per averlo assunto senza conoscerlo. Nonostante il ribrezzo obbedì. Seguì Lu su un cumulo di macerie e per alcune ore scavò dove gli veniva indicato, a mani nude. Tra foto di persone, vestiti lacerati, giocattoli, pezzi di mobilio, raccattò soldi e oggetti d'oro. Ma non li tenne con sè, ogni oggetto trovato lo puliva e lo consegnava a Lu. Ma era sempre più rattristato di tutto quello che vedeva e faceva. Alle undici del mattino si fermò e non volle più continuare a scavare. Andò ad una fontanella, si lavò le mani impolverate e sanguinanti e se ne restò appoggiato all'auto. Lu era intento a togliere dei denti d'oro con un coltellino dalla bocca di un cadavere, quando smise s'accorse che Mohamed non era lì. Si voltò e lo vide appoggiato all'auto. - Ma che fai ? Torna a lavorare ! - gli urlò. - No ! Non mi piace quello che stiamo facendo ! - Cosa ? - urlò. - Stiamo rubando l'anima dei morti. Lu lo avrebbe volentieri fatto a pezzi lì, in quello stesso istante. E se non avesse trovato cibo, dopo, gli avrebbe mangiato il cuore. Ma sapeva che senza l'aiuto del 75 negro non sarebbe riuscito a dare un plusvalore alla sua iniziativa privata. Cambiò tecnica e tono, come è obbligo per ogni buon imprenditore, si avvicinò a Mohamed tenendo a freno le sue naturali pulsioni . - Caro Mohamed, io non ci sto. Io ti ho dato la mia amicizia, ti ho sfamato, ti ho parlato della mia vita, ti ho dato un lavoro senza controllare le tue referenze e tu cosa fai ?... - s'interruppe e lo guardò dritto negli occhi. Mohamed in imbarazzo abbassò lo sguardo e distese i muscoli. - Non dico che mi dovresti essere grato per sempre ma ti metti a giudicare senza sapere, mi remi contro come un ingrato. Ti aizzi contro di me e saboti il lavoro che ti ho offerto. Ma chi sei tu per emettere dei giudizi così rapidamente - S'interruppe di nuovo, guardò Mohamed che continuava ad avere il capo abbassato come un ragazzino colpevole. Si convinse che gli sarebbero bastate ancora poche parole e lo avrebbe convinto. 76 28 Come Mohamed fu pestato e come riuscì da una situazione spiacevole Mohamed era un osso duro, continuava a tenere la testa bassa, non apriva bocca nè fece un gesto significativo. Dopo un'ora Lu iniziò a picchiarlo, pugni, calci, testate. Era così concentrato a pestarlo che non sentì l'arrivo di un elicottero che senza fretta scese planando sulla piazza del paese e si adagio placido. Saltarono giù due signori in giacca e cravatta, pantaloni a tubino nero, cravatta di pelle leggermente slacciata e con la fila nei capelli dai lati opposti. Uno aveva un orecchino al lobo sinistro, l'altro un codino sottile. Si guardarono intorno come due geometri che osservano un palazzo lesionato, parlottarono a bassa voce, fecero dei conti con una calcolatrice. Solo allora notarono Lu e quell'ammasso di sangue a cui dava calci dappertutto. S'avvicinarono, senza mostrare alcuna emozione, lanciarono uno sguardo a Mohamed rantolante a terra col sangue che gli usciva a flotte dalla bocca e dal naso, osservarono con attenzione Lu. Uno dei due tossì per farsi notare ma Asalung continuava a dare calci urlando un canzone. - Ci scusi ! Solo allora Lu Asalung s'accorse dei due. Si fermò - Un momento - disse. Andò a pulirsi le mani zuppe di sangue alla fontanella. Ritornò e mostrò un sorriso gentile. . - Mi permetta, dottor Tanti. - disse il primo. - Ingegner Soldi. - disse il secondo. - Lu Asalung, manager emergente. Guardò i due uomini, volle giustificarsi. - Ho scoperto questo negro che rubava tra le macerie e non ci ho visto più quando mi ha chiamato sporco bianco. - Difendersi da un extramondo non è reato. Un cittadino educato va compreso e aiutato. - disse Tanti. - Ci picchiano, ci rubano, ci mandano in malora e vogliono anche la nostra libertà. - disse Soldi. Tanti e Soldi, due ex studenti contestatori dell'università Baccalon, adesso dirigenti di una multinazionale dei terremoti, e il giovane dai capelli bianchi si 77 capirono a volo. Erano perfettamente daccordo che negli affari, come in tante altre cose, non c'è niente di personale. Senza curarsi di Mohamed che emetteva dei rantoli bestiali, i due si spostarono. Liberarono un pietrone da un cadavere e si sedettero a discutere. Essendo, i due, pragmatici e senza inutili dubbi, assunsero Lu come loro agente sul posto. Stabilirono uno stipendio e le mansioni, gli promisero un passaporto con una nuova identità, finito il lavoro. Così sarebbe potuto emigrare a Montecarlo e aprire un ristorante come copertura per poter riciclare denaro sporco di eventuali amici facoltosi. Lu era soddisfatto della proposta e come dimostrazione della sua buona volontà, voleva andare a finire Mohamed. Ma sia Tanti che Soldi non erano d'accordo, bisognava tenere a freno certi istinti quando non era necessario. Mohamed fu portato svenuto in una stanza dell'unico palazzo ancora in piedi, una camera molto grande, estremamente fresca e senza il fastidio della luce e del sole. Rimasto solo non si mosse dalla posizione in cui l'avevano lasciato, non pensò a nulla nè cercò di mettersi dritto e cercare aiuto. In quel semicoma vigile dolente, ritrovò i suoi genitori, i fratelli e le sorelle, parlò con loro, mangiò cous cous, andò al mercato degli animali, pregò in un minareto con il muetzin, ritrovò le mosche e le zecche. In fondo, dopo tutto quello che aveva vissuto in quei mesi nel migliore dei mondi, un po' di coma, di dolore fisico, di delirio non potevano che fargli del bene. Una mattina Mohamed si sentì smuovere da una mano gentile. Dal profondo del suo sonno comatoso riuscì ad aprire un occhio e vide un giovane angelo curvo verso di lui che lo fissava preoccupata. - Che ore sono ? - chiese senza motivo. La ragazza sorrise rasserenata e chiamò qualcuno ad alta voce.. Mohamed allora tranquillo svenne di nuovo. 78 29 Come Mohamed conosce Victoria e simpatizza con i suoi amici. Mohamed si risvegliò dopo una settimana, senza pensieri e senza ricordi. Gli sembrò di uscire da un pozzo scuro, profondo, umidissimo. Delle fiammelle gli tenevano calde alcune parti del corpo. Dopo molti minuti s'accorse che librava nell'aria e sentì sempre più distintamente una musica mistica che l'avvolgeva in modo inquietante. Pensò che se quella era la morte, non era poi male. Ma non riconosceva ancora nulla intorno a sè, non vedeva le venticinque vergini nè l'eden promesso. Comprese solo dopo una mezz'ora che era sdraiato su un'amaca yucatena, e che quella musica non era altro che un mantra buddista Maitri Vihar. La prima cosa che vide distintamente era una finestra aperta, poi un paesaggio di campagna. Con meraviglia notò una benda che gli copriva l'orecchio, un mano fasciata e un piede incerottato; sentì che il corpo però rispondeva bene, aveva solo qualche indolenzimento qui e là, ma niente che non potesse farlo camminare e riprendere la vita di prima. Tuttavia se ne restò sdraiato ad assaporare quel sole che entrava nella stanza. Nella pigrizia del momento s'accorse di una sedia su cui c'erano dei vestiti puliti e colorati, alle pareti vide poster di rockers e manifesti che ricordavano azioni antagoniste. Il suo sguardo si soffermò su una grande foto di un vecchio dai i capelli sconvolti e la lingua di fuori, c'era scritto qualcosa, sforzò la vista: La guerra mi induce a parlare della peggiore fra le creazioni, quella delle masse armate, del regime militare voglio dire, che odio con tutto il cuore, disprezzo profondamente chi è felice di marciare in ranghi e nelle formazioni... Mohamed interruppe la lettura di quelle parole, entrava nella stanza l'angelo a cui aveva chiesto l'ora prima di svenire. La donna gli sorrise. - Benvenuto tra noi. Mohamed Abu si protese verso di lei e cercò di baciarle la mano in segno di riconoscenza. La donna lo scacciò. - Non devi farlo ! Qui siamo tutti uguali. Mohamed chiese scusa. - E non devi nemmeno chiedere scusa. - Io mi chiamo... - Ebbe un vuoto di memoria. - Ti chiami Mohamed Abu... Io mi chiamo Victoria. 79 Mohamed scese dall'amaca, si tenne in piedi a fatica, ebbe un giramento di testa, dovette appoggiarsi alla parete. Victoria lo aiutò a tenersi dritto. - Fatti una doccia, cambiati e poi parliamo. Effettivamente s'accorse di avere un odore molto forte, un misto di sporcizia, disinfettante e terrore. Ben lavato e vestito a nuovo Mohamed uscì sull'aia della cascina. Fu accolto dal colore tenue della campagna, vide un'immensa distesa fatta di colline e valli. Un cane abbaiò placido, altri randagi invece se ne restarono sdraiati con gli occhi chiusi. Da un pollaio sentì un gallo cantare. Vide un recinto con quattro puledri, si avvicinò e restò a guardarli affascinato. Fece alcuni passi fino al cancello, su un cartello c'era scritto Comunidad: La makhnovcina. Gironzolò in tondo, si sentì stanco, andò a sedersi sullo steccato. Vide tramontare il sole, vide rientrare i membri di quella famiglia. Prima in tre, poi vennero altri due, e ancora altri cinque. Alcuni lo salutarono amichevolmente, un paio lo ignorarono, qualcuno gli sorrise. Un giovane con la barba nera, si fermò e gli chiese da dove venisse e poi volle notizie sulla situazione politica nel Sudan occidentale e della guerra civile. Una donna gli fece delle domande sulla condizione delle donne nel suo paese. Mohamed si vergognò della sua ignoranza, non sapeva cosa rispondere, non sapeva nemmeno che nel suo paese ci fosse una guerra civile religiosa nè che le donne fossero stuprate e uccise. Si sentì confuso e a disagio, fortuna che nessuno ebbe il coraggio di insistere. Allora Mohamed preferì restarsene da solo per non dover affrontare domande a cui non poteva rispondere. Girò per la cascina, vide camere da letto, una cucina enorme, una stanza con migliaia di libri e cinque computer. Aprì una porta, si accorse in ritardo che nella stanza una coppia stava facendo l'amore, chiese scusa e uscì rosso in viso. Iniziava a trovare veramente strano quel gruppo di persone e il loro modo di vivere. Non capiva il grado parentelare che c'era tra loro e trovava che nessuno si assomigliasse. Iniziò a contarli, erano una decina di uomini, nove donne, e cinque bambini. Prima di cena conobbe il capo di quella famiglia, Pietro, gli strinse la mano e andarono a parlare nella stanza dei computer. Era un quarantenne alto, magrissimo e con la pelle bruciata dal sole. Aveva vissuto in Nicaragua, in Laos e in Sry Lanka. Aveva fatto l'infermiere a Habana, era stato un curandero a Leon, aveva dimorato in un ashram buddista a Vientiane conoscendo cure e medicine naturali e s'era trovato a combattere con i Tamil a Colombo. Si mostrò gentile e protettivo con Mohamed, gli controllò le bende, lo rassicurò sulle tumefazioni che aveva sul viso, gli offrì da bere e da fumare. Gli raccontò un po' la storia della Comunidad, poi gli fece alcune 80 domande. Decise di accoglierlo nella comunidad, anche se Abu non aveva mai letto l'ideologia tedesca, non sapesse cosa fossero le comuni, non avesse mai sentito il nome di Machno e non sapesse nulla della guerra civile in Sudan. Ma lo avvisò che nei giorni successivi ci sarebbe stata una votazione per la sua pemanenza. Mangiarono tutti assieme frugalmente nel completo silenzio, solo due bambini litigarono, per qualche attimo tra loro, per una fetta di formaggio: uno dette all'altro del falangista, l'altro offeso gli dette dell'azzurro. Victoria li rimproverò e loro si placarono. Dopo cena Mohamed assistè in disparte ad una riunione generale. Dovevano decidere l'elezione della trierarchia per i successivi sei mesi, stabilire i turni settimanali di lavoro in casa e di quale colore dovevano dipingere una stanza. La riunione fu rumorosa e con varie votazioni. Intorno alle undici di sera passarono all'analisi del momento storico, tutti sembravano d'accordo e tutti differivano per leggere sfumature che però sembravano la sostanza del contendere. Per qualche minuto sembrò che due donne e un bambino volessero andare a dormire per conto loro in un'altra comune. Ma il richiamo all'unità e alla solidarietà prevalse. Mohamed cercò di seguire tutti i discorsi ma faceva fatica. Capì, che quelle persone, così gentili con lui, erano assai preoccupate e se ne dispiacque. Sentì dire che il capo del Consiglio d'amministrazione del governo, Ermete Trismegisto, era contrario al nascente movimento politico Nèdidestranèdisinistranèdicentro e che per riprendere lo share del pubblico si stava inventando un'ondata di terrorismo multirazziale contro di sè. Aveva mostrato in televisione un missile terra-terra araboscintoista con il suo cognome in druso inciso sulla testata, l'aveva trovato la sua bonificatrice personale sotto il letto del figlio più piccolo. C'erano stati negli ultimi giorni anche degli arresti di insospettabili: un libraio ebreo di tendenze trotzkiste, un barista fanatico di internet, un tenore napoletano che aveva vissuto in Bulgaria e uno skinned anticapitalista ultrà di una squadra di calcio. Non c'erano apparenti collegamenti tra loro però nelle case erano stati trovati biglietti delle mostre di Magritte e di Cartier-Bresson timbrati nello stesso giorno e un tutorotto aveva scoperto che due degli arrestati s'erano passati lo zucchero al bar del museo. Tutti ascoltarono preoccupati una ragazza che aveva sentito dire dal capo del movimento Nèdidestranèdisinistranèdicentro, il famoso cantante Amalfitano, Io ho vinto otto festival, sono stato primo nelle Hit per sei anni, ho venduto quaranta milioni di dischi ed ho trenta coppe e settantadue premi. Cosa hanno vinto come cantanti il presidente del consiglio d'amministrazione e Dabaretto ? Voglio le elezioni subito ! Tutti gli abitanti della comunidad erano assai preoccupati da quella campagna politica, tuttavia non giunsero a nessuna conclusione sulla teoria e la prassi. Né 81 l'esperienza di Machno né quella di Archinoff gli furono utili. E dopo aver detto che non bisognava accettare provocazioni, che bisognava restare neutrali e pacifici, decisero di ascoltare Leonard Cohen e di preparare un cilum. 82 30 Come Mohamed viene a conoscenza di un mondo a parte e ciò che ne seguì Tutte quelle parole avevano finito per spossare Mohamed Abu. Non aveva mai sentito tante persone parlare così animatamente e di argomenti così complessi. Nemmano al mercato del venerdì di Tarfaya. Se ne andò fuori all'aia, si sedette su una damigiana, iniziò ad accarezzare un pastore maremmano. Guardò il cielo limpido, pieno di stelle. Lo raggiunse Victoria, si sedette accanto a lui, se ne restò in silenzio, gli offrì una sigaretta, e guardò anche lei le stelle. Per Mohamed, Victoria era la donna più delicata che avesse mai conosciuto, era spendida nel portamento, prudentissima nel parlare, un modo di fare sensibile e sensuale ed emanava un profumo dolce come una serra in primavera. - Sei qui in un momento non buono per la Comunidad. Peccato.- interruppe così quel silenzio prezioso e raro la ragazza. Mohamed l'annusò senza rendersene conto. - Non c'è da stupirsi che tra noi qualcuno inizi a cedere, a perdere la speranza aggiunse la donna soprapensiero. La presenza di Victoria aveva fatto sparire qualsiasi stanchezza in Mohamed. Si sentiva d'un tratto lucido e riposato. - Non capisco molto, ma mi piace quello che avete detto. Victoria era concentrata su ciò che stava pensando e non ascoltò. - Il problema è che ormai non abbiamo veri legami con la gente di qui e nemmeno più tanto tra noi. Siamo irrimediabilmente soli. In quello che diceva c'era una remota tristezza e una più vicina malinconia. Iniziò a raccontargli la loro storia di egalitari, comunardi e libertari. Erano passati anni da quando avevano iniziato a vivere in quel posto, all'inizio la gente del borgo aveva mostrato simpatia e solidarietà. I contadini avevano iniziato a dare consigli su come lavorare la terra, degli operai li avevano aiutati a ristrutturare la fattoria, molti giovani in estate trascorrevano le serate a suonare e discutere. Un tempo sarebbero stati chiamati avanguardie. Il sindaco aveva assunto Pietro al comune, Carla aveva iniziato ad insegnare alla scuola elementare, Victoria era il capo ufficio stampa del paese. D'estate organizzavano feste e rassegne nel castello del Borgo. Ogni tanto qualcuno, grato e solidale, lasciava alla porta una cesta di funghi di bosco, formaggi, qualche litro di latte. E tutti avevano aderito allo sciopero che avevano organizzato 83 contro l'azienda di cibi transgenici che si era stabilita da quelle parti. Anche chi non condivideva il modo di vivere e pensare li rispettava per quello che avevamo fatto e facevano tutti i giorni. Ma lentamente qualcosa era iniziato a cambiare, la gente era diventata più agiata, meno disponibile, più intollerante. Qualcuno aveva avuto da ridire sul modo in cui vivevano, qualcun'altro li accusava di nefandezze delle più inverosimili, altri non riconoscevano alcun contributo al miglioramento delle cose nel paese, e loro s'erano chiusi a difesa delle loro idee. C'era stata, ad un certo punto, anche una campagna denigratoria fatta da un paio di ragazzi del posto che non erano stati accettati nella casa; erano venuti lì, con la sicurezza e la superficialità dei tempi, volevano cambiare la Comunidad in una società per azioni. Avevano proposto di organizzare un agriturismo di massa, un laboratorio per cibi manipolati geneticamente, e stage di fotografia al cobalto, di internet thailandese e di meditazione trascendentale buddo-maya-quacchero-integralista per cittadini danarosi e confusi. La triarchia aveva cercato di spiegare che quello era contro le loro idee, ma i ragazzi erano eccitati e convinti dell'iniziativa privata. E allora una sera Pietro, Emiliano e Marta li avevano presi a calci e fatti rotolare fino al paese. I due, arrabbiati, aizzati dall'azienda di cibi transgenici che li voleva finanziare, avevano messo in giro voci fantasiose su Pietro che in Patagonia aveva rubato delle pecore dello stilista Marietton, su presunti amori lesbici di Carla ai tempi di Berlino est, su improbabili parenti russi di Emiliano che avevano commesso stragi e orrori una settantina d'anni prima, di orge e baccanali che avvenivano di notte nella comunidad, e chissà cos'altro. Loro avevano risposto a muso duro contro quelle idiozie, ma quasi tutti li avevano abbandonati. Alcuni della comunidad dopo un po' se n'erano andati stanchi dell'ostilità della gente e si erano fatti assumere dalla ditta La casa del mais trasgenico. E adesso resistevano solo loro, più per antiche convinzioni che per un vero rapporto con la realtà. Mohamed Abu ascoltò il racconto di Victoria ma era più attratto da quei seni che sbocciavano dalla scollatura, da quelle gambe appena coperte dal vestitino di cotone leggero. In due minuti s'era invagito di lei e anche del suo modo di parlare. Avesse avuto il coraggio l'avrebbe sfiorata e baciata. Avesse avuto il tempo... ci fu un boato improvviso. Come capita a volte nei sogni alterati, videro luci dappertutto che si muovevano impazzite di fronte a loro, ai lati ed anche in cielo. Si sentirono dei rumori di pale che giravano e smuovevano le foglie dagli alberi, lo stridio di ruote sul terreno faceva volare zolle di terra, il cigolio di ferro sulla ghiaia faceva schizzare pietruzze dappertutto. I cani abbaiarono impauriti e indietreggiarono come folletti, le pecore fecero behh, un vitello partorì, su un computer acceso comparve il 84 logo di una bombetta e la scritta: Attenzione, Attivazione Halper non trovata. Smetti. Nella casa alcuni continuavano a dormire, altri appena risvegliati dai rumori stavano per accendere le luci. Victoria e Mohamed non ebbero nemmeno il tempo di capire o urlare. Sbucarono dalla macchia centinaia di uomini in divisa scura, sui giubbotti avevano scritto con lettere fosforescenti La Dia Rapida. Avevano i visi coperti da passamontagna griffati Pancetti, impugnavano lucenti armi automatiche sponsorizzate da una nota ditta di liquore, e tutti urlavano grida maori di guerra come se stessero per espugnare un fortino alieno. Alle loro spalle comparvero elicotteri, carri armati, blindati; in lontananza politici e giornalisti. Victoria confusa e frastornata riuscì a dire solo: - Merda, sono sbarcati. Mohamed pensò al cantante Amalfitano e ai suoi quaranta milioni di dischi venduti. Lui e Victoria si ritrovarono sbattuti sull'erba, col viso schiacciato contro la terra. Almeno dieci piedi con stivale li tenevano a bada e lucine rosse dei tiratori correvano sui loro corpi immobilizzati. Nel frastuono generale Mohamed sentì sulla sua testa qualcuno che gli urlava. - Dove sta adesso Manu Ciao ? Non ti viene a difendere adesso ? Un'altra voce canticchiava una strana canzone sulla testa di Victoria che faceva Boccuccia bella, bella porcellina. Aspetta e spera che il mio cazzo s'avvicina... Mohamed ne fu convinto, erano sbarcati gli alieni. 85 31 Ciò che avvenne di Mohamed e della conoscenza di Eric Maldecabeza Mohamed Abu si svegliò febbricitante in una cella di massima sicurezza. Aveva la pelle d'oca da capo a piede e un indolenzimento ai polsi. Naturalmente non riusciva a ricordare nulla e non sapeva perchè fosse finito lì. Aveva nella sua memoria il vago ricordo di un angelo profumoso, però tutto quello che la riguardava era nel buio. - Ci siamo svegliati ?... - disse l'altro prigioniero che se ne stava sdraiato nella cuccetta superiore a leggere un vecchio fumetto Adorno vs Horkheimer. Mohamed respirò più profondamente possibile, se ne restò sdraiato ancora per un mezzo pomeriggio. A fatica si alzò, si guardò intorno, si volse verso il suo compagno di sventure, gentilmente lo salutò e si presentò. - Eric Maldecabeza - rispose l'altro, strizzando l'occhio. Era un matematico anarchico oriundo di Kronstadt, con cittadinanza edenlandese. Era finito in carcere perchè il governatore della regione in cui abitava aveva denunciato un gruppo di insegnanti per condotta abominevole, consultazione di libri tendenziosi e per aver rammollito l'indole sana della gioventù. L'accusa esatta era stata: condizionamento del pensiero aritmetico e plagio generazionale. Mohamed spalancò la bocca, poi chiese: - Ed è vero ? Eric guardò il suo compagno di cella. - Nelle scuole di questo paese hanno messo delle buche per lettere anonime. Gli studenti possono denunciare i professori e farli licenziare per i motivi più vari. Anche per incompatibilità territoriale. - C'è qualcosa di diabolico in questa cosa - disse Mohamad. - Soprattutto di stupido. Che è cosa veramente pericolosa. Mohamad rimase pensieroso, quindi spiegò al compagno di sventure che lui non sapeva perchè si trovasse lì. Ricordava appena di essere stato aggredito una notte da esseri alieni mentre se ne stava tranquillo in campagna assieme ad una donna dolce e odorosa. - Un vero angelo - terminò Mohamed. - Eri nel posto sbagliato, al momento sbagliato - disse come se radio carcere gli avesse fatto sapere già tutto. 86 Mohamed Abu che non aveva memoria ma non era stupido capì che il suo compagno di cella sapeva molto sulla sua sfortuna. Agitato gli chiese di spiegargli in che situazione era finito. - Nel peggiore degli scontri politici di questo Paese. Mohamed per la prima volta nella sua vita si sentiva impaziente, guardò supplichevole il suo compagno di sventure. - Per favore, vorrei sapere. Per favore. Eric che era proiettato più verso i massimi sistemi che non per i piccoli, cominciò a dare il suo parere, in modo prudentissimo. Mohamed comprese che il nuovo amico non aveva il dono della sintesi e allora si sedette e s'aggrappò alle parole del matematico. - In questo paese bizzarro ci sono stati spesso durissimi scontri politici e ben millecinquecento governi, ma composti sempre dalle stesse persone o dai loro parenti. Ci sono stati governi di breve durata, governi balneari, governi natalizi, dell'epifania, governi pasquali, governi governativi e antigovernativi.. Governi di transizione, governi latinoamericani, governi vaticani, governi di camorrafia. Governi di destra che hanno fatto politiche di destra, governi di centro che hanno fatto politiche di destra, governi di sinistra che hanno fatto politiche di centrodestra. Governi diretti da cardinali laici, assicuratori, costruttori edili, comandanti di navi, da materassai, da collaborazionisti. In Edenlandia la democrazia ha avuto un effetto contrario a confronto dele attese. Una nazione assorbita pietosamente nei suoi sogni, ha passato la sua infanzia e la sua giovinezza nella più completa schiavitù. Ha avuto poi dei segni di risveglio ma sempre con la convinzione incoscia che le cose non si potessero cambiare. Negli ultimi anni è diventato il paradiso dei despoti paternalisti,. Una terra della tranquillità, della rassegnazione e della mediocrità... Mohamed, che aveva resistito alla valanga di parole incomprensibili del suo compagno di cella, lo interruppe bruscamente. - Prego ! Prego, io vorrei sapere solo perché sono qui. Grazie. Maldecabeza chiuse il fumetto, scese dal letto, guardò Mohamed in viso. - In Edenlandia in questo momento c'è lo scontro tra il rock and roll e la canzone melodica, applicato alla politica. In questo scontro chi non è con l'uno o con l'altro prende schiaffi da tutti e finisce a fare gli interessi dell'uno o dell'altro anche se non vuole. Eric andò a sedersi al tavolo, prese una sigaretta, l'accese e iniziò a fumare con gusto. Mohamed Abu aveva capito ancora meno. Si sentiva un completo imbecille, 87 si vergognò di aver interrotto quel saggio compagno di sventure. Timidamente aspettò qualche secondo, poi gli chiese per favore di continuare. Il matematico anarchico dopo aver aspirato dalla sigaretta, con la calma e la dedizione che hanno gli insegnanti nello spiegare le cose, partendo da cose antecedenti per far capire il contesto generale, gli fece il ritratto del momento storico. Il Presidente del Consiglio d'amministrazione del governo, dopo una acerrima battaglia durata anni con l'opposizione su riforme essenziali per il paese come la cartolarizzazione dei crediti dadaumpadam, la riduzione delle tasse sulle insegne pubblicitarie e sul risparmio energetico dell'acqua delle fontanelle di strada e che lo aveva visto vittorioso su tutta la linea -, si era adagiato un bel po' sugli indici elettorali. E senza che i suoi jungle-analist se ne rendessero conto si ritrovava adesso in una situazione politicamente difficile. Anche perchè era nato in tre giorni un nuovo movimento politico che si chiamava Nèdidestranèdisinistranèdicentro, un movimento composto da sei personaggi pubblici che avevano un grande seguito tra i consumatori. Tanto consenso che i sondaggi delle ultime ore davano al nuovo movimento la conquista della direzione del Paese se si fosse andati a votare nei successivi otto giorni. Tra i sei leader's c'erano il cantante rock Amalfitano che si faceva chiamare il principe dei mentecatti, famoso per i suoi venti CD, le sue cinquemila donne e le sedute spiritiche fatte in televisione. Con lui c'era il noto opinion leader Olaf Ferrenna, che essendo stato prima di sinistra, poi di centro e quindi di destra aveva un'ampia cultura politica, e aveva raggiunto un suo stile eterno fatto di fiuto da tartufo politico, una dialettica da mastino napoletano e la scaltrezza come baluardo della sua intelligenza. C'era poi la Lalla nazionale, la più amata delle periferie, presentattrice televisiva, cantante, consigliera di un generale golpista paraguaiano e di un centravanti francese marxista, fidanzata segretamente con un cardinale. C'era anche il giudice Nazzaren La Cava che era andato a vivere su un albero in una zona sperduta per protestare contro la disonestà di uscieri comunali e baristi. A questo gruppo iniziale s'erano uniti, ore dopo, il simpatico sindacalista Bertoldo, battutista intelligente, che parlava spesso in francese e Concetta La Puma, segretaria nazionale delle casalinghe e dei casalinghi, ex ballerina al Moulin Rouge, scrittrice di romanzi romantici, divenuta suora e poi sposatasi con un colonnello cubano. - Un momento, un momento ! Mi deve scusare, ma io cosa c'entro in tutto questo casino ? - chiese disperato Mohamed. - Tu mi hai fatto una domanda ed io rispondo - 88 - Mi scusi, prosegua - rispose con profondo rispetto Mohamed. Ma dentro di sé pensava che chi aveva tanta memoria come Eric non doveva vivere poi tanto bene. Ricordarsi tutte le azioni che gli esseri umani compiono per credenza, convenienza o malvagità non doveva essere una cosa piacevole. Ci si poteva, se non ammalare, incazzare un bel po'. Trovava ancora più faticoso l'incamerare, digerire e analizzare tutto ciò che succedeva, per poi cercare di trovare delle spiegazioni logiche anche dove logica non c'era. Eric riprese il filo della sua risposta. Il Presidente Ermete Trismegisto era in difficoltà di share a causa del nuovo movimento politico, allora si era inventato, per essere al centro dell'attenzione, e togliere spazio agli altri, che si stavano rifondando dei gruppi clandestini in alleanza con buddisti di centro e scintoisti fumantini. Per far credere una cosa del genere aveva fatto sentire al Paese, in diretta nazionale, a reti unificate, un messaggio minaccioso che aveva trovato sulla segreteria telefonica della sua villa di Honolulu. Aveva mostrato il giorno successivo una cartolina ricevuta da Cannes in cui qualcuno gli scriveva ce l'hai piccolo e ti cadrà. Aveva fatto analizzare dai suoi tecnici dei servizi il testo in televisione, avevano concordato tutti che era una minaccia seria alle istituzioni dello stato. Il messaggio era cripto-palese: hai un consenso molto piccolo politicamente e lo share cadrà addosso a te. Sei giorni dopo erano stati trovati venti grammi di cocaina nella borsa della sorella del Presidente e l'affaire aveva fatto dire agli inquirenti che i terroristi s'erano avvicinati all'obiettivo troppo, avevano messo la droga per screditare la morale di un parente del Presidente. Infine una settimana dopo, sotto il letto del figlio, avevano trovato un missile terraterra di sei metri e mezzo. Allora c'era stata una riunione di tutti i servitori dello stato, era stata fatta anche una seduta spiritica e il giorno successivo erano stati arrestati tutti i soliti sospetti possibili e immaginabili. Ventisette infermieri, tre ginecologhe, due bambini al di sotto dei dieci anni, trentadue professori, quaranta disoccupati, quattro pizzaiuoli, sette vigili del fuoco, sei cambogiani rifugiatisi in una cantina di un ristorante a sbucciar patate e il vice maggiordomo svizzero della moglie del Presidente. Tutti dichiarati sovversivi, tutti sicuramente pericolosi. Erano state chiuse sei ricevitorie del lotto sospette, tre edicole, cinque pizzerie, un giardino d'infanzia e quattro comunità alternative. Tutti covi di disadattati, nullafacenti che non avevano lavorato nemmeno un giorno in vita loro e non avevano in casa nemmeno un giornale sportivo, e quindi invidiosi e confusi, così avevano scritto i giornali riprendendo il comunicato della Presidenza del consiglio 89 d'amministrazione del governo. Ma le indagini proseguivano perchè un analista attento aveva notato che tra gli arrestati non c'era nè un operaio in mobilità nè un extramondo nè un sindacalista licenziato nè un terrorista carcerato. Eric stava per riprendere fiato quando la porta della cella si spalancò e due guardie comparvero sulla soglia. 90 32 Come Mohamed fu accolto dal simpatico avvocato d'ufficio Giovanni Giovanni A Mohamed Abu era stato dato un avvocato d'ufficio, come se ne trovano tanti sulle spiagge e nelle gelaterie. Si chiamava Giovanni Giovanni e i clienti affettuosamente lo avevano soprannominato con Giovanni non sono mesi ma molti anni. Naturalmente alludevano alle cinquecentosessanta sentenze a lui sfavorevoli e ai duecentoundici innocenti che, cambiando avvocato in appello, erano risultati totalmente estranei ai fatti. - Buongiorno Mohammad Abbud - disse senza nemmeno guardarlo, con tono spiccio. - Io mi chiamo Mohamed Abu Fahmi Abboud, signore. L'uomo lo guardò perplesso, sfogliò le carte che aveva davanti. - Sì... va bene. Io sono il suo avvocato non suo padre. Mohamed si andò a sedere accanto all'uomo. - Le do un consiglio, il giudice oggi ha fretta, la moglie l'attende per il fine settimana in montagna quindi non facciamogli perdere tempo. Sarebbe meglio se facesse una dichiarazione spontanea ammettendo le accuse di associazione invidiosa di stampo terroristico, partecipazione all'odio per i ricchi, viltà e fallimento esistenziale. Conferma che i suoi amici stavano per mandare altre cartoline minacciose al glorioso Presidente e che si accingevano a sequestrare e violentare l'amata cagnetta della figlia. Mohamed frastornato e umiliato versò alcune lacrime. L'avvocato lo guardò in viso e si spazientì. - Nooo, la tattica del buon negro pentito con questo giudice non funziona. Avvicinò il viso a quello del suo cliente, gli appoggiò una mano sul braccio, abbassò il tono della voce: - Questo magistrato ha scritto un libro su Tommaso Moro e un saggio su Erasmo da Rotterdam. E' il più importante studioso del film di Carnè Il porto delle nebbie. Conosce a memoria tutte le formazioni dell'Hertha Berlino dalla sua nascita ed è imbattibile sui titoli delle canzoni degli Ac/Dc... C'ha due coglioni così! - E con le mani esplicitò ciò che stava affermando. Ritornò nella sua posizione iniziale, dette uno sguardo al mandato d'arresto. 91 - Dimenticavo, sia possibilista nell'aver visto missili nel fienile e materiale per la costruzione di una mini bomba atomica. Non so... l'hanno portato via su un furgone il giorno prima. Faccia un po' lei. Mohamed si sentì ancora più confuso. - Ma io non ho visto niente - disse flebilmente. L'avvocato guardò l'orologio, sbuffò spazientito. - Giovanotto non incominciamo a polemizzare, per favore. A chi vuole che interessino i suoi distinguo. Le sue conoscenze dei fatti, poi. Mi sembra un bravo ragazzo. Faccia come dico e fra un paio di anni ritornerà a casa in Sudan col foglio d'espulsione. E se tutto va bene fra una decina d'anni nessuno si ricorderà di questa faccenda e lei, nella buca delle lettere, un giorno o l'altro troverà un assegno sostanzioso. Per uscire da quella situazione, Mohamed gli raccontò che aveva perso quasi del tutto la memoria da quando era in Edenlandia. Dimenticava tutto e subito. Anche se avesse voluto non sarebbe stato attendibile. - E quale è il problema ? - l'interruppe Giovanni Giovanni con un tono concitato Ci sono io per questo. Anche se non ricorda o si sbaglia in qualche maniera ne usciamo. Ho difeso una volta un pentito che ha sbagliato a dire la città in cui s'era incontrato con i complici, il giorno in cui aveva avuto l'ordine di uccidere e non ricordava che stagione fosse. Lo sa che gli hanno creduto e i complici hanno avuto ventidue anni di carcere. Lui che aveva ucciso, adesso vive felice alle Maldive ed ha un chiosco di Hot dog ! Giovanni Giovanni s'interruppe, sbuffò nuovamente, guardò ancora l'orologio, disse al secondino che erano pronti per il colloquio con il giudice. 92 33 Dell'incredibile scoperta di Mohamed sui suoi amici che parlano in codice. Alle due e trenta del pomeriggio Mohamed Abu con il suo avvocato entrò in una stanzetta del carcere. Tremava come una foglia, non aveva mai avuto tanta tensione addosso. Seduto dietro un tavolo vide un uomo austero con un completo grigio, degli occhiali scuri alla moda e il percing al labbro. Si sedette di fronte al magistrato e tenne lo sguardo basso. Il giudice lo guardò con espressione indagatoria. Fece le domande di rito: Lei si chiama... E' nato a... Poi con tono amichevole: - Benedetto giovanotto, smetta questa orribile aria da innocente. Noi sappiamo già tutto. Lei deve solo confermare alcune cose. Mohamed oltre che preoccupato era diventato anche diffidente, continuò a tenere la testa bassa ostinatamente. L'avvocato gli dette un calcio allo stinco e Mohamed provando un dolore lancinante alzò il capo. - A proposito di comunardi - disse il giudice sorridendo - Ha mai sentito quella del situazionista e la puttana ? - Era una barzelletta spiritosa ma anche un po' greve. Il giudice la raccontò da attore consumato. L'avvocato rise allegramente, ma si capiva che l'aveva sentita altre volte. Mohamed Abu non tentò nemmeno di sorridere. Non aveva capito che l'interrogatorio s'era messo su un binario piacevole e favorevole. Il giudice guardò l'orologio, d'istinto anche l'avvocato fece lo stesso. - Da quanto tempo vive nella Comunidad Makhnovcina ? - chiese a bruciapelo il giudice. - No lo so... Da un giorno, due... - rispose Mohamed. Il giudice bruscamente gli mostrò alcune foto in cui era ritratto sull'amaca con gli occhi chiusi. Accanto c'era Victoria che gli medicava la mano tumefatta. - Allora ? - disse l'avvocato anticipando il giudice. - Se avete le foto lo sapete meglio voi di me,... - rispose Mohamed. - Le foto sono di cinque giorni prima del suo arresto. - Allora cinque giorni - confermò Mohamed remissivo. Il giudice trovava fastidioso quell'atteggiamento. - Mi dica, cosa pensa della Repubblica di Tacanki ? Mohamed spalancò la bocca, mise la testa in modo obliquo, assumendo così un'espressione controversa per il giudice. 93 - Non lo so. - Umm - rifletté il magistrato. - Non sia così evasivo - disse a bassa voce Giovanni Giovanni. - Di Nestor Makhno ?... - aggiunse il magistrato, come volesse metterlo in difficoltà. Mohamed guardò in viso il giudice, cercava di capire. - Non conosco... - disse dopo qualche esitazione. - E che mi dice del fatto che Lenin e Trotzki hanno definiti banditi quelli della makhnovcina ? L'avvocato era ammirato dalla cultura del giudice, scopriva che quel saggio magistrato conosceva cose mai sentite. Avrebbe applaudito se non avesse temuto di essere accusato di piaggeria; Mohamed invece era sempre più in difficoltà, non sapeva assolutamente di cosa stesse parlando. Strinse le labbra, mosse la testa da sinistra a destra. - Io ricordo solo... Victoria. Il giudice si spazientì. - Non sa niente dunque sulla comunità in cui l'hanno arrestata ?! Bene ! - Grazie - rispose Abu. Il giudice si tolse gli occhiali, lo fissò negli occhi. Lei ha partecipato alla riunione serale del sedici ultimo scorso ?! O nega anche questo ? Mohamed ricordava malissimo una riunione a cui aveva assistito. - Sì, c'ero. - E mi sa spiegare la frase detta dall'imputato Pietro Arsinov, E facile dire certe cose, io dico che deve essere tutta rossa ? Mohamed fece fatica a ricordare, ma ci riuscì. - Dovevano decidere di che colore dipingere la stanza dei bambini. Il giudice trattenne il suo disappunto. - E la frase detta dall'imputata Victoria Sturm de' Furstemborg ? Una donna non la si minaccia con le parole ma... - chiese incalzandolo. Mohamed non ricordava ma per non essere antipatico cercò di rispondere. - Forse qualcuno ha detto qualcosa di cattivo e Victoria si è offesa... - Il giudice lo interruppe spazientito. - Mohamed Abu vuol farci credere che lei è così stupido ? 94 Mohamed non capì quel rimprovero, pensò effettivamente che forse non era tanto intelligente. Aprì la bocca di nuovo e fissò l'uomo che aveva di fronte. Il giudice battè il pugno sul tavolo. - E' chiarissimo che l'imputata Victoria Sturm Drugstore de' Furstemborg con quella frase volesse dire che non bastavano più le minacce verbali alla figlia del Presidente e che bisognasse fare il salto di qualità. Che so, sequestrarla ? Violentarla ?... E semmai plagiarla ? Su ! Ammetta l'evidenza ! Mohamed si sentiva effettivamente stupido, un povero tonto. Il magistrato si alzò in piedi, iniziò a camminare su e giù, urlò così forte che lo sentirono nel carcere attiguo. Ritornò a sedersi come un attore consumato. - Cosa le ha detto il suo avvocato ?! L'avvocato Giovanni Giovanni gli dette un altro calcio allo stinco. - Rispondi al signor giudice ! - gridacchiò il suo difensore. - Mi ha detto... - Cosa ?! - insistè deciso il magistrato. - Che lei c'ha due coglioni così - imitò il gesto del suo difensore - E che ha fretta perchè sua moglie l'aspetta per andare in montagna. Il giudice trattenne il suo furore, l'avvocato tossì e guardò la punta delle sue scarpe, la signora che scriveva l'interrogatorio s'interruppe. Ci fu una breve interruzione, poi l'interrogatorio continuò per trentanove ore.. Mohamed in quelle ore interminabili diventava sempre più abbrutito, senza risposte, senza pensieri, e convinto d''essere un idiota. Dopo una ventina di ore, in quella stanza senza finestre, credeva di non avere mai avuto un passato, e certamente non aveva un futuro. Tutta la sua vita era quell'interrogatorio, ma a causa della stanchezza anche il presente iniziava a non esistere più. Il magistrato invece aveva un fisico bestiale, una mente allenata all'interpretazione dei fatti più complessi e una memoria prodigiosa per tutte le intercettazioni fatte nella Comunidad. Ricordava le chiacchiere da postcoito e le canzoni cantate sulla tazza del cesso. Poneva domande su frasi e interlocuzioni registrate, sembrava che per lui fosse tutto più che chiaro. I prezzi vanno su, secondo lui significava l'incitamento ad un'esproprio organizzato o ad una rapina. Hai pagato caro il prezzo, questa mattina, era un incitamento all'odio sociale. L'interlocuzione usata da molti di sera Il tappo è finito nella bottiglia, poteva alludere alle azioni fatte dai terroristi contro il massimo rappresentante delle istituzioni notoriamente non altissimo. Mohamed verso la trentesima ora iniziò a confermare le ipotesi del giudice, giusto per non farlo più arrabbiare. In realtà perchè si sentiva demoralizzato 95 anche da alcune intercettazioni ascoltate. Aveva capito che i rigorosissimi abitanti della Comunidad avevano vite sentimentali complicate. Ma la sua attenzione si era soffermata solo sull'odorosa Victoria che aveva una storia segreta con Ettore ma era innamorata di Marco sposato con Clara che lo tradiva con Camilla che si dichiarava asessuata nonostante i due figli a carico e fosse stata sposata con Pietro. Sapere di Victoria in quel modo fu per Abu come vedere straziare una bellissima farfalla multicolore. Firmò la confessione prima di svenire. 96 34 Come Mohamed trascorse alcuni giorni in cella. Mohamed Abu era immerso in un profondo sconforto dopo l'estenuante interrogatorio, ma soprattutto per aver saputo di Victoria e del suo innamoramento per un uomo e la relazione con un altro. Se ne stette immalinconito, sdraiato sul lettino della cella, per ben otto giorni. Senza alzarsi, nemmeno per prendere i pasti o per orinare. Eric Maldecabeza ogni tanto gli parlava, senza grande loquacità ma lentamente, con un tono pacato, Mohamed pur sentendolo non l'ascoltava nè riusciva a fermare un pensiero compiuto. L'anarchico di Kronstadt comprese e non insistè, ma ogni tanto pensava a voce alta o canticchiava una canzone. Mohamed era così palesemente prostrato che il giovedì, giorno del pestaggio settimanale dei detenuti pericolosi, non s'accorse nemmeno che lo avevano portato con altri venti nel piazzale del carcere e lo avevano picchiato a sangue con bastoni e scudi. I vigilantes stufi di lui preferirono continuare con altri che davano maggiori soddisfazioni canore. Ritornato in cella a braccia, in quello stato di svagatezza e indolenzimento generale pensò, senza livore, che se quello era il migliore dei mondi possibili figurarsi gli altri cosa dovevano essere. Il venerdì notte Mohamed parlò - Eric perchè la gente è indifferente ?... Perchè è cattiva certe volte ? Ci fu un lungo silenzio, Mohamed pensò che l'amico stesse dormendo. - Ci sono parecchie risposte che si possono dare. Almeno nove principali e ventisette secondarie - rispose il compagno di cella. - Dammi una sola risposta, se no faccio confusione. - Ma sarebbe una risposta parziale, se non superficiale... - Per favore. Ci fu ancora silenzio, poi Eric con la voce che sembrava emettere un colore vivo disse: - Perchè le persone le hanno fatte ammalare di impotenza e loro cercano di tenere a bada il malessere. E non possono accettare il malessere degli altri perchè può acquire il loro. Per questo sono indifferenti e diventano anche egoisti fino al cinismo. Ma non sono cattivi sono solo impauriti. - Vorrei essere intelligente come te - disse Mohamed. 97 - Ognuno sa quello che ha voglia di sapere, e vede quello che vuole vedere, e conosce ciò che vuole conoscere. Non ci sono persone intelligenti e persone stupide in assoluto ma solo persone coraggiose e persone impaurite. Mohamed capì con fatica quello che voleva dire l'amico, ma era convinto che fosse bello ciò che aveva ascoltato. Gli sgorgò una domanda: - Ma tu cosa vuoi nella vita ? Eric sorrise sonoramente. - Vorrei saperlo anch'io... - Conosci tante cose e non sai cosa vuoi ? - gli chiese con meraviglia Abu. - Tra chi cerca nella vita, c'è chi cerca per trovare, sapendo che troverà qualcosa di diverso da quello che s'apettava. E chi cerca senza una mèta precisa. Io forse cerco a volte in un modo e a volte nell'altro. E spesso cado nella confusione e nell'errore. A Mohamed iniziava a girargli la testa. - Quale errore ? - L'errore è un'ostinazione che non c'entra con l'affermazione portata avanti con rigore. - Ti chiedo scusa, ma non capisco nulla... - Ti chiedo scusa io che non ti faccio capire... forse perchè non sono all'altezza di certi concetti. - Forse il tuo errore sono le parole - commentò in trance Mohamed - Potrebbe esser giusto. La parola e l'errore possono essere affini. Mohamed su quelle parole sprofondò in un sonno profondo. 98 35 Come la fortuna continuò a girare: Victoria si prende cura di Mohamed. Il sabato mattina la vita del detenuto Mohamed Abu Fahmi Abboud ebbe un sussulto insperato. Due secondini lo fecero uscire dalla cella con modi stranamente garbati, mentre lo portarvano nella sala dei colloqui gli offrirono un paio di boccate da uno spinello e in modo susseguioso gli comunicarono che aveva un nuovo avvocato. Nella sala vide il suo nuovo difensore, un incrocio tra un procacciatore d'affari, un lupo mannaro e un evasore fiscale; di quelli che girano con tre assistenti che gli volteggiano intorno con valigetta e due telefonini a testa. Era uno di quelli che poteva dire, senza essere smentito da nessun giudice, che la sua parcella era di quarantaduemila miliardi di euroni su conti esteri. L'avvocato salutò sbrigativamente Mohamed con una stretta di mano decisa e cazzuta, gli mostrò un sorriso d'acciaio. Senza perdere altro tempo comunicò al suo assistito che era liberoì, lo fece rivestire con un abito appena firmato. Poi, stringendo le mani di tutti i vigilantes e del direttore, lo fece uscire dal carcere. Mohamed obbedì in tutto senza dire nulla, non ebbe il tempo nemmeno di salutare il suo amico Eric. Ad attenderlo, nel piazzale antistante, c'era la dolce e odorosa Victoria. Lo accolse con un sorriso, salutò di malavoglia lo zio avvocato e salì sulla vettura lucida e intonsa con il giovane che salvava per la seconda volta da un destino tragico. - Sono contenta di vederti. Come stai ? - Bene, grazie e tu ? - rispose felice Mohamed, annusandola. - A me è andata bene, sono stata messa agli arresti domiciliari per tre ore, poi lo zio è intervenuto... Mohamed continuava ad ammirarla come può fare solo un botanico quando scopre un fiore non ancora conosciuto. - Stiamo andando alla Comunidad ? Victoria guardò il giovane amico. - La Comunidad non esiste più. Il governatorato l'ha venduta immediatamente all'azienda transgenica. - E gli altri dove sono ? Victoria sembrò per un attimo di malumore. - Dove vuoi che siano, tutti in carcere. Mohamed spalancò la bocca, guardò con dispiacere il suo angelo. 99 - E temo che ci resteranno un bel po' dentro. - Perchè resteranno in carcere ? - Perchè non interessano a nessuno. Con l'automobile, guidata dallo chauffeur di famiglia Hans Pococurante, Mohamed e la sua farfalla odorosa giunsero silenziosi nella capitale. Attraversarono quartieri assolati e abbandonati, dove i palazzi avevano tinte impossibili e intonaci scrostati, dove c'era gente povera che camminava con dignità ed altri che non volevano essere poveri e si trascinavano senza dignità; dove c'era un numero impressionante di negozi tutti uguali, con insegne simili, con grandi pubblicità per sognare e soffrire. Una banca, un bar, un negozio di vestiti, un'altra banca, una pizzeria, un'altra banca, un negozio di vestiti, un ristorante cinese, una pasticceria, l'ennesima banca. Mohamed pensò che lì la gente fosse felice, ricca e godereccia. Vivesse solo per accumulare soldi, comprare vestiti e mangiare cibi prelibati. In quell'ultima parte del viaggio senza un motivo particolare contò duecentosessanta banche, trentuno sexshop, duecentoventisei bar, centosette ristoranti, centosedici negozi d'abbigliamento e ventidue chiese. - Qui sono tutti molto religiosi - disse Mohamed. La giovane pasionaria si voltò a guardarlo. - I fedeli diminuiscono e loro costruiscono più chiese. Come quei capitalisti che sono pieni di debiti e vogliono comprare ancora tutto. Mohamed non comprese, ma riprese ad odorarla. Giunsero dopo oltre un'ora nel centro storico, Hans Pooccurante per far prima passò su una corsia preferenziale, un marciapiede, contromano; oltrepassò un incrocio con il rosso, e in mezzo a fioriere e a vicoli col divieto d'accesso. L'auto si fermò nel mezzo di una stradina, davanti ad un palazzetto di bella architettura, impedendo a chi camminava di proseguire a piedi. Giunsero due vigilantes, controllarono i permessi e il biglietto d'ingresso al centro, ringraziarono e andarono via. Pococurante scese, aprì la portiera e lasciò scendere Victoria e Mohamed. Salirono, con una scala mobile, all'attico da cui si vedevano i tetti dei palazzi. In casa c'erano solo due cameriere filippine e il cuoco, Victoria ordinò due aperitivi alcolici e dei tramezzini, poi li rimandò in cucina. Portò Mohamed sul terrazzo. C'era una piscina olimpionica condonata, un campo da tennis abusivo e un gazebo di circa centonovanta metri quadrati costruito con la complicità dei tutor legal. Mohamed si guardava intorno con la bocca aperta, era intimidito da tutto quel lusso. Non aveva mai visto un luogo più sfarzoso e grande. Cosìaveva immaginato 100 solo le case degli sceicchi. Pensò che la dolcissima e profumata Victoria dovesse appartenere ad una famiglia di grande valore e merito per aver avuto quel paradiso in dote dal buon Dio. E lui si sentì profondamente umile. Divenne rosso quando vide la sua adorata salvatrice spogliarsi e lanciarsi nuda nella piscina. - Non hai caldo ?! - chiese Victoria. Mohamed dovette fare uno sforzo enorme per superare il suo pudore, si spogliò e, coprendosi le nudità con le mani, si lanciò in piscina. Victoria si immerse, fece un paio di vasche, raggiunse ai bordi della piscina Abu un po' impacciato dall'acqua. - Voglio festeggiare con te - disse Victoria. Mohamed pensò al carcere, con affetto al povero professore Eric e a tutti quelli che avevano condiviso con lui quegli ultimi giorni di sbobbe, perquisizioni e randellate. - Eh sì, era così terribile vivere in carcere... - disse. Victoria lo guardò e sorrise. - Ma no... alla fine di un periodo. E' finito per me il tempo della Comunidad. Chissà cosa mi aspetta per il futuro. - Dovrai cercarti un lavoro... - disse Mohamed seriamente. Bevvero con calma gli aperitivi, mangiarono alcuni tramezzini. Trascorsero il pomeriggio a fare l'amore nella stanza di lei. Su un lettone ad acqua, tondo, in una camera di sessantacinque metri quadrati circondati da un unico finestrone che mostrava la città nelle quattro direzioni. Mohamed avrebbe dovuto sentirsi in paradiso e invece provava una strana sensazione di gelo. All'inizio non capiva perchè, poi comprese. Era l'immobile passività della donna sotto di lui, erano quegli splendidi occhi di un azzurro oceano che lo fissavano. - Cosa succede ? - le chiese restando tra le cosce di lei. Victoria ci pensò un bel po'. - Non lo so... non mi fai divertire. Mohamed si senti umilato, gli sgorgò una lacrima sulla guancia. - Pensavo fossi meno occidentale a letto... Invece in te sento la presenza del peccato originale. Il giovane aprì la bocca, allargò gli occhi. - Non sei primordiale - aggiunse la ragazza che non profumava più ma aveva un odore di sudato sul corpo bianco e glabro. Mohamed non sapeva cosa dire. In quell'istante entrò nella stanza una signora dall'età indefinibile e dagli innumerevoli lifting. 101 - Ciao Victoria - disse senza alcun imbarazzo. Restò in piedi di fronte ai due. - Ciao - rispose la ragazza sospirando - Come mai qua ? - Mi ha telefonato zio Gianfranco e m'ha detto tutto. La donna frugò con lo sguardo tra le lenzuola, ma non riusciva a vedere quello che cercava. - Buongiorno, io sono Letizia... la mamma di Victoria. Mohamed rosso in viso non sapeva cosa fare. Scivolò dal corpo di Victoria cercando di coprire la sua nudità. - Buongiorno signora... - E' timido il giovanotto - borbottò divertita. Si avvicinò ai piedi del letto, tirò il lenzuolo e riuscì finalmente a vedere il membro ancora in tensione del giovane. - Complimenti - disse. Guardò la figlia negli occhi. - Cara, quando hai finito qui, raggiungimi in piscina, devo parlarti. Ritornò a guardare Mohamed e il suo basso ventre. - Stia attento a mia figlia, può essere pericolosa. E uscì dalla stanza ridendo. 102 36 Come Mohamed compie la dolce traversata nel migliore dei mondi possibili. Mohamed Abu si svegliò ben riposato, era notte e le luci della città lasciavano la stanza in una penombra piacevole. C'era un silenzio completo e lui era solo, in quella camera. Aveva una gran fame e quindi pensò che non poteva aver dormito solo qualche ora, forse una trentina, forse due giorni. Si alzò, si lavò, si vestì e iniziò un giro di ricognizione della casa. Scese le scale della mansarda, giunse al piano sottostante, camminò per duecentosessanta metri in lunghezza. Aprì porte, accese e spense luci, passò per un salotto blu, uno rosa e uno rosso. Osservò, con meraviglia ma annoiandosi un po', mobili antichi, specchiere francesi, ninnoli ottocenteschi. Attraversò due slarghi che avevano alle pareti quadri che ritraevano cardinali, ammiragli, famiglie nobili, e statue di grandezze e fatture differenti. Mohamed non era mai stato in un museo e nemmeno nella città del mobile Azzo che Idea, non era abituato, tantomeno educato, ad apprezzare e a sapersi orientare. E come un turista senza guida al Prado, rischiò di perdersi e ritornò nelle stesse stanze. Ma quello che lo rendeva temerario era che si sentiva affamato. Vide un altra scalamobile, scese al piano inferiore. Iniziò a sentire in lontananza delle voci e della musica. Camminò per alcuni minuti perdendosi tra altri corridoi, camere e terrazze. Adesso quel rumore era diventato distinto. Giunse dove c'era una grande porta scorrevole, oltre la quale doveva esserci le voci e la musica. Ma prima di far scorrere le ante notò un murale in stile Orozco. Aprì la grande porta di ventuno metri e sessanta centimetri e si trovò sulla soglia di un immenso salone stracolmo di persone. Era talmente grande e affollato che faceva fatica a vederne la fine. I partecipanti a quella festa erano eleganti come dèi, tutti mostravano una gaudiosa forza interiore, tutti erano a loro gioioso agio. Mohamed pensò che tutte quelle persone nella loro vita avevano compiuto buone opere e per questo a loro era riservato quel Giardino nel quale scorreva la vita come un fresco ruscello. Quegli uomini erano la dimostrazione della magnanimità di Dio, le donne erano tutte di una bellezza fuori dal comune, pure e gaudiose. La metà dei presenti sembrava già un po' su di giri, abboffati di tartine, insalata di riso, pizza al trancio e spumanti bianchi e rosè. L'altra metà strillava cercando di parlare con gli amici del momento. Tutti sembravano leggeri e forti, saggi e spensierati: prendevano delle posizioni nelle discussioni, polemizzavano ma con affetto, e in fondo quello era per loro il modo più comune per passare la serata 103 senza annoiarsi troppo. Mohamed, con la bocca semiaperta, si sentiva un pesce fuor d'acqua, non si sentiva degno di essere lì, in compagnia di così splendida e armoniosa gente. Ma la confusione era tale che proprio nessuno si poteva accorgere di lui. In pratica, non lo vedeva nessuno. Nè chi gli pestò un piede nè chi lo sfiorò cercando di raggiungere il tavolo del buffet. Forse un paio di dame gli lanciarono uno sguardo da radiografia ma continuarono a sorseggiare dai bicchieri senza sussulti. Mohamed riuscì a chiudere la bocca, poi la pesante porta dietro di sè. Iniziò con passettini obliqui a camminare per il salone. Era proprio vero quello che gli aveva detto in cella Eric Maldecabeza, in questa società esisti se ti vedono . Nonostante la fame non riuscì a raggiungere il buffet, non conosceva le pur semplici tecniche di vita sociale. Cercò allora con lo sguardo Victoria. Per ben cinque volte credette di vederla e per cinque volte chiese scusa a delle bellissime ragazze, con lo stesso taglio di capelli, con il medesimo corpo palestrato, con l'odore profumoso di primavera. Allora, indeciso su cosa dovesse fare, gironzolò per il salone cercando spazi non troppo affollati e vie di fuga nel caso lo avessero notato e scacciato. Ritrovata una certa calma, si mise a guardare con curiosità le persone, come si trovasse in un museo e lui conoscesse l'antropologia. Continuavano ad essergli tutti simpatici e tutti a sembrargli i migliori del migliore dei mondi. 104 37 Sul casuale viaggio di Mohamed nel cuore del migliore dei mondi possibili. Mohamed Abu era incosciente della fortuna che aveva nell'esser lì. Di quanti avrebbero fatto qualsiasi sacrificio per trovarsi al suo posto e godere l'immenso piacere di sognare e respirare la stessa aria dei migliori esseri umani del mondo migliore . In quel posto bastava che uno si sentisse dire Va bene o Che te serve ? o E' cosa fatta, e un qualsiasi impiegato si sarebbe trasformato in un dirigente, un giocatore di tennis in giornalista, un maestro di sci in ministro, un bagnino in produttore di cinema, In quella folla c'erano i futuri padri della patria, gli avvocati che avrebbero fatto giurisprudenza, i finanzieri che avrebbero portato ricchezza a sè e al Paese di Edenlandia, i politici che avrebbero fatta la storia e l'antistoria. C'erano banchieri, grandi manager, scrittori che erano già nella letteratura del passato, uomini di cultura che davano la strada, sindacalisti che sarebbero diventati presidenti di squadre di calcio, presentatori televisivi che erano maitre à pense alla prima persona del presente indicativo. E con loro le mogli, le fidanzate, le amanti. Grandi anche loro, perchè dietro a quei grandi uomini c'erano solo grandi donne. Mohamed, grazie alla sua trasparenza, si soffermò senza essere notato a osservare riti e conversazioni. Si fermò ad ammirare un signore che tutti chiamavano dottor Tempofà, uomo molto elegante, azzimato come un damerino, più curato di un consigliere spirituale del settecento: tutti gli si avvicinavano con deferente amichevolezza e lui li ascoltava con grande attenzione anche se non c'era nulla di nuovo da sentire. Sorrideva, stringeva mani come un personaggio in un romanzo di Stendhal. Tutti chiedevano qualcosa e lui li benediceva dicendo che era felicissimo nell'esaudire i loro sogni. A Mohamed venne voglia di avvicinarsi, mettersi in fila, e chiedergli dove fosse Victoria. Ma non lo fece. Si fermò ad ascoltare un signore dall'aria decisa e dall'eloquio forbito - seppe dopo che era il famoso ex sindacalista Bertoldo, del movimento nèdidestranèdisinistranèdicentro - Invitava alcuni giovani al convegno del giorno dopo intitolato Gorgonzola sì, Hamburger no, sulla globalizzazione e su idee per il sabotaggio ecologico. Li avvisava, con amabile determinazione, che bisognava partecipare in giacca e cravatta altrimenti l'entrata sarebbe stata loro preclusa. Una bruna alta due metri, ex moglie di un produttore di cinema e televisione, e a sua volta mecenate d'arte, sorrise affettuosa a Bertoldo e disse che sarebbe venuta al convegno. Mohamed pensò a quell'uomo e a quella 105 donna come a due giusti. Riprese a camminare a piccoli passi, incrociò il ministro del buon governo, avvocato Ilrozzo, circondato da tre belle donne che sembravano essere uscite da un telefilm di stato. Abbracciati si sbaciucchiavano, ridevano e si passavano un sigarettino dall'odore agre. L'uomo d'un tratto ruggì, mostrando sessantasei denti e una lingua mefistofelica, le tre attrici fremettero di piacere e di lavoro. Un simpatico avvocato, raccontò una barzelletta molto spassosa su un ebreo e il suo negozio in fiamme, le dame risero smodatamente, Mohamed ebbe un improvviso giramento di testa, indietreggiò. S'appoggiò ad una parete, chiuse gli occhi, si sentì meglio. Riprese a costeggiare le finestre, fuori piovigginava e la terrazza con piscina era al semibiuio. Tornò a guardare tra la folla, lo sguardo si soffermò sull'ex giovane attore David M. Pazzeschi che un tempo voleva diventare il più impegnato autore di teatro antistatale, e il più dadaista dei presentatori televisivi. Non c'era riuscito ma era rimasto un esperto di donne, un tecnico di computer per l'estrema destra nostalgica di libertà. Col tempo era stato nominato direttore di vari teatri statali, di una fondazione culturale ed era diventato un funambolico intrattenitore televisivo per famiglie. Con lui c'era un attore di soap che un tempo voleva sposare la figlia del Presidente del consiglio d'amministrazione del governo, senza tuttavia riuscirci. Allora risentito aveva inventato la battuta Non ti fidare mai di un politico che si trucca più di una geisha. Il Presidente Trismegisto chissà perchè si era offeso a morte, e non lo aveva più fatto lavorare in televisione; adesso l'ex attore di soap faceva l'oroscopo per ricche signore dell'Alto Volta. I due ex di molte cose stavano parlando animatamente di sesso e di teatro off americano con la poetessa Feluca. I due uomini le toccavano con maschia ironia il culo e lei ricambiava dando dei piccoli colpetti sulle patte dei pantaloni. Mohamed Abu si sentì guardare, si girò e incrociò lo sguardo del suo avvocato, lo zio di Victoria. Sorpreso nel vederlo, e di essere visto a sua volta, volle andare a ringraziarlo. Ma l'uomo non doveva averlo riconosciuto, estrasse una mitraglietta uzo e gliela puntò contro. Poi lo riconobbe, rimise l'arma nel fodero sotto la giacca, e gli sorrise. Per allegerire la tensione, con tono scherzoso, disse: - Io non faccio prigionieri. Ma Mohamed non capì la battuta e scappò confondendosi tra la folla. 106 38 Seguito del viaggio di Mohamed tra le più belle menti di quella generazione Uscì dal salone ancora spaventato. Attraversò un lungo corridoio sulle cui pareti c'erano dei quadri espressionisti, restò a guardarli stupito per la loro cupezza. Vide tre quadri di Ludwing Meidner, olii di palazzi tetri, malridotti, angosciosi. Osservò con attenzione un quadro di Franz Ma e due di Schmidt-Rottluff. Sfiorò un quadro di Emil Nolde. Confuso dal luogo e stordito dalla fame abbondonò quel posto, entrò in una stanza più piccola. Era così frastornato che gli sembrò di vedere in un quadro due uomini muoversi su un divano di raso rosso pompeiano S'accorse dell' errore, quando sentì le loro voci, non erano in una cornice, ma erano esseri viventi. Uno era il dottor Flaco, segretario di un partito di centro; l'altro, il giornalista Gordo, direttore di un quotidiano per pochi intimi argutissimi. Un tempo erano assieme nello stesso movimento di pensiero e nella stessa città, avevano diviso idee, cene e motorini. Poi, uno, aveva partecipato allo scioglimento di quel movimento, ne era diventato il capo di ciò che restava, ripudiando anche tutto il buono che lui stesso aveva fatto; e l'unica cosa che aveva conservato del passato era una magrezza a dismisura. L'altro, aveva abbandonato prima quel movimento, se n'era andato a vivere tra Disney Word e Las Vegas, ed era diventato prima agente della dia poi un'ultrà governativo; ed era ingrassato a dismisura. Non avevano niente in comune, tranne essere nati in Edenlandia, aver vissuto nella stessa città, avere gli stessi amici, mangiare negli stessi ristoranti, aver letto gli stessi libri, aver fatto la stessa educazione sentimentale, conosciuto le stesse persone, essere anticomunisti e interessarsi alla politica. Uno amava perdere le sfide e l'altro invece preferiva il gioco d'azzardo. Ma quello che li differenziava di più era che Flaco cercava di compenetrarsi nelle logiche degli altri e ad accettarle anche se non c'era nessuna logica in quello che diceva l'interlocutore, Gordo invece s'era trasformato in un giocatore paludoso a dispetto del suo acume bulimico. E in quell'intervista che il primo stava concedendo e il secondo stava concedendo, Flaco conosceva le domande che gli sarebbero state fatte e Gordo le risposte che avrebbe avuto. Il dottor Flaco interruppe quello che stava dicendo, si guardò intorno inquieto, non vide Mohamed Abu ma sentì la sua presenza. Un po' innervosito, tortutandosi la guancia con due dita della mano destra, riprese a parlare più guardingo. Gordo invece non sentì nemmeno il movimento d'aria che fece 107 Mohamed passandogli accanto, lui notava soltanto nemici ed ex amici, il resto lo annoiava. Mohamed fu distratto dalle voci scoppiettanti di un gruppetto di signori e signore che parlavano animatamente. Si avvicinò a loro, senza essere notato, e sorrise per l'allegria che emanavano. C'era un lookologo calvo, occhialuto, senza denti e grasso che sparlava dell'ultima moda armena, il filosofo Castroni non era d'accordo ma entrambi dovettero zittirsi quando la parrucchiera Concy Diotallevi coniugò etica ed estetica citando Kropotkin e Bela Lugosi. La conversazione prese un'impennata improvvisa quando intervenne una bellissima donna dalla voce un po' maschile, la signorina Oiseau, dall'estetica passò con leggerezza al corpo umano e da questo ad argomenti più prosaici. Iniziò una discussione impegnativa su centimetri e durata. Il lookologo disse convinto che la cappella perfetta era centrale, gli altri difendevano la svolta a destra o quella a sinistra, Concy invece si proclamava agnostica sull'argomento, per lei l'importante era la durata. Tutti risero. In quel gruppo così affiatato, gli uomini erano stati sposati con alcune di quelle signore e almeno una volta erano stati a letto con tutte le altre. Per cui tutti conoscevano le prestazioni di tutti per averle sperimentate o subite. Mohamed trovava quelle persone così vivaci, così carine, anche se certi argomenti per lui erano ancora tabù. Non avrebbe mai pensato di parlare in pubblico o con una donna di sesso e passione, tantomeno così esplicitamente. E nonostante li trovasse divertenti pensava che non fosse bene dire certe cose per dignità e costume. Riprese a camminare, uscì dalla stanza ed entrò in un'altra, e in un'altra ancora. In quel ventre in penombra della casa trovò un signore anziano che colloquiava amabilmente con alcune persone che l'ascoltavano e sorridevano alle sue battute. Il vecchio era un padre della patria, il politico Kazzimma, già alla terza bottiglia di Bourbon e quindi di ottimo umore. Durante la sua lunga vita politica era stato di tutto e tutto aveva visto. Era stato un Sottosegretario, uno Scrivano dello Stato, il Bibliotecario del governo, a capo dei Servizi del Governo, il Presidente e infine il Capo dei Capi. Conosceva tutto e tutti eppure affermava di non conoscere niente e nessuno, di essere sempre stato solo un distratto pensionato. Ma allo stesso tempo rivendicava per sè intelligenza, intuito e conoscenza delle regole. In quell'atmosfera festosa e a gradazione alcolica, avevano decisero, per passare il tempo, di fare il gioco della verità. L'anziano politico fu sorteggiato come teste. Una ragazza impertinente gli fece la prima domanda, chiese cosa sapesse dell'incendio della biblioteca del governo avvenuta molti anni prima. Il padre della patria, con tono scherzoso, rispose che non ne sapeva nulla: lui quel giorno era a Londra a parlare con la regina dalle dieci e trenta alle dodici, poi era 108 andato a pranzo con il primo ministro inglese e nel pomeriggio aveva visitato la Nacional Gallery. Il secondo che fece una domanda era un giovane francese, gli chiese di un incidente avvenuto in una banca, e in cui erano morte alcune decina di persone. Il politico Kazzimma rispose che non aveva conti in quella filiale, ma aveva sentito che forse il suo caro amico Fistofalis ci aveva lavorato in gioventù. Una signora un po' emozionata gli chiese della caduta di un aereo, il senatore bevve altri tre bicchieri di bourbon e raccontò una barzelletta così comica che avrebbe risvegliato gli stessi morti della sciagura. Adesso spettava all'amico Ludo Riferimento fargli una domanda, il giornalista gli chiese garbatamente, ma deciso, perchè non era andato a mangiare la pizza con il Presidente. E Kazzimma riflettendoci un attimo rispose serissimo che lui non avrebbe mai mangiato la pizza col Presidente, ma una mousse al cioccolato sì. Tutto il gruppo applaudì la risposta decisa e chiara del politikor che ingurgitò un altro sostanzioso sorso di liquore. Mohamed uscì dalla stanza col desiderio di prendere un po' d'aria. Aprì un finestrone e si ritrovò accanto alla piscina. Respirò a pieni polmoni, si sentiva stranamente stanco, con un malumore fastidioso e c onn una fame indicibile. - Ma cosa fai qui, povero Mohamed. Mohamed si girò e vide la mamma di Victoria. - Lei mi vede ? - domandò stupito. La donna sorrise. - Mi chiamo Letizia, ti ricordi ? - Sì... Letizia... - Cosa ci fai qui tutto solo ? - Non so... cercavo Victoria. - Hasta la Victoria, siempre - disse divertita dalla sua stessa battuta. Si mise sotto il braccio del ragazzo e se lo portò via. 109 39 Come la Contessa Letizia si prese cura di Mohamed Victoria era partita senza lasciargli nemmeno un biglietto. Era andata via con un giovane amico di famiglia per una crociera lungo le coste della Nuova Guinea, alla ricerca dell'io, del se e dell'es. Mohamed si fece molte domande, domande che giravano tutte intorno allo stesso dubbio: perchè non riusciva a conservare nulla in quel paese che lo aveva così ben accolto ? Certo, non ricordava praticamente nulla dei mesi trascorsi in Edenlandia, ma sentiva dentro di sè di aver vissuto situazioni irripetibili che aveva rovinato e perduto. Concluse di non essere degno di tanta attenzione e di tanto affetto ricevuto. Ma queste meste riflessioni furono interrotte dalla contessa Letizia Sturm Vintage de' Furstemborg che senza preamboli se lo portò nella sua vasca idromassaggio. Si fece lavare da Mohamed, come una bambina in fasce; si fece i complimenti da sola per come era soda sui glutei, per le tette toste che conservava e per la foresta pluviale che aveva tra le cosce. Non del tutto soddisfatta si fece ripetere gli stessi complimenti dal giovanotto. Lo condusse sul suo letto tardo rococo. Ma prima di farsi amare, la leggiadra contessa, domandò a Mohamed per quanto tempo avesse fatto l'amore con la figlia. Un'ora - fu la risposta. Lei guardò l'orologio e lo abbracciò con passione. Per Mohamed fu un'esperienza da esploratore del tempo, gli sembrò alla fine di aver fatto l'amore con la Donna, in tutte le sue età: da quando aveva quindici anni a quando ne aveva settanta. E tutto in una stessa notte, in un'ora e un secondo. La contessa Letizia nel vortice di sesso usò parole da adolescente al primo rapporto e parole conosciute da tenutarie asiatiche. Aveva un'agilità da bambina delle favole e un'ansimare da pace maker. Aveva le labbra ben piene, da trentenne; una lingua rugosa da sessantenne; due seni duri da ventenne ma una schiena da cinquantenne; un sedere da quarantenne ma dei fianchi da stringere da settantenne; per le braccia poi non riuscìa darle un'età; la pelle era un po' raggrinzita nel posto più privato ma aveva delle mani molto dinamiche. Un'ora e un secondo dopo essersi avvinta tra le braccia di Mohamed, la contessa boccheggiò, rantolò in maniera poco erotica, guardò l'orologio che le confermava di essere più vispa della figlia e crollò in un sonno profondo e rumoroso. Mohamed, malgrado le acrobazie e la serata movimentata, non aveva sonno, era invaso da una fame da lupo. Si alzò, uscì dalla 110 stanza e, dopo circa mezz'ora, trovò la cucina. Aprì le due ante del frigo e prelevò tutto. Mise sul tavolo formaggi, verdure all'agro, insalate alla russa,wursted crudi, insalata di pesce, gamberetti all'olio, del pollo in umido, una vaschetta di tritato, alcuni yogurt greci e danesi, una ventina di tramezzini ben imbottiti. Accese un piccolo televisore, si sedette al tavolo, dette uno sguardo al monitor, poi a tutte quelle prelibatezze. Iniziò a mangiare avidamente quello che aveva messo sul tavolo, guardò una replica notturna di un programma di grande successo Il bandito delle 11. La giornalista Rosa Lagarofana seguiva il fuggitivo della settimana. Quella puntata era incentrata su un direttore di banca del paese di Landa Desertica che scappava con la cassa, lasciando risparmiatori e moglie virago e figlio celebroleso un po' depressi. La giornalista lo riprendeva, e gli poneva delle domande come Perchè ?, Cosa ti mancava ?, Cosa pensi di fare adesso ?, La tua famiglia ?, Cosa vuoi dire a tua moglie, ai tuoi figli e al pubblico ? Chiedeva tutte queste cose mentre l'uomo ripuliva la cassaforte della banca, mentre scappava in automobile, mentre si procurava una nuova identità. Le domande più profonde la giornalista le fece in un ristorante di una capitale europea. Lo seguiva poi fino a che, non superato i confini di Edenlandia e di Francia, il fuggitivo prendeva dall'Italia un volo per Curacao. Il programma terminava con l'uomo di spalle che s'allontanava e la giornalista in primo piano che concludeva con un sermoncino e la frase finale: I veri eroi sono quelli che restano a fare la vita di sempre, non quelli che scappano ai Tropici con miliardi di euroni. Meditate pubblico... Mohamed aveva terminato i venti tramezzini e l'insalata alla russa, fece un rutto, guardò sul tavolo quello che c'era, riprese a mangiare. Sul monitor televisivo iniziò un'altra replica, di un programma meno drammatico: Amori fuori strada. Dingo, un dj trentenne andava a prendere la sua Katjna davanti al carcere assieme al giornalista Lando Piacione. Lei aveva trascorso quattro anni in quel luogo di recupero per aver ucciso madre, padre,due fratelli, la nonna, due zii e tre cugini perchè voleva sentirsi libera. Lui invece dopo un'assuefazione al crac, due alle anfetamine e una all'alcol era riuscito a ritornare pulito come prima. I due giovani s'incontravano per la prima volta, s'erano conosciuti e innamorati attraverso gli sms nei duri anni di carcere di lei e di disintossicazione di lui. I due si riconobbero, si corsero incontro, si abbracciarono e si baciarono. Il giornalista Piacione li lasciò fare, poi pose la prima profondissima domanda: - Perchè hai iniziato a scrivere degli sms proprio a Katjna ? Il giovane dj con viso serio rispose: 111 - Perchè anch'io all'età di Katjna avrei voluto uccidere la mia famiglia per un senso di libertà... Sento che abbiamo molte cose in comune. Piacione sorrise comprensivo e fece la stessa domanda a lei. - Perchè anch'io avrei voluto provare il crac e le anfetamine a diciassette anni. Ma i miei me l'hanno impedito - rispose con tono ormai maturo la ventiduenne Katjna. Mohamed aveva terminato di mangiare tutti i formaggi e le verdure all'agro. Si sentì un po' infastidito ma non sapeva da cosa. Cambiò canale, si sintonizzò su un programma musicale. Dal monitor provenne il video di una canzone, Vamos a ciullar. Subito dopo il cantante Tequila fu intervistato dal giovanissimo videodj Armaduc. Nella scansonata e lunga intervista il cantautore disse che stava preparando uno spettacolo ispirato al profeta Elia, il Tisbita, a cui la voce di Dio aveva intimato di cambiare vita in modo repentino e immotivato. - Perchè cazzo, mi sembra una cosa un casino moderna, una situazione un sacco etica, drammatica, antropologica, sociale di incredibile attualità. E lo dedico a tutti i giovani che credono nella giovinezza e nel cambiamento anche radicale della propria vita - aggiunse il cantante con saggezza. Iniziò un altro video di Tequila, la canzone si intitolava Stronzi, siamo stronzi. Mohamed terminò di mangiare anche l'ultimo yogurt danese. Vide che le luci del giorno stavano penetrando nella stanza, guardò l'orologio che segnava le sei del mattino. Sul tavolo non c'era più nulla da mangiare, aveva dato fondo a tutta la fame che aveva e avevano i suoi avi. Spense il televisore, sparecchiò. Sazio e satollo, come non lo era stato mai, se ne andò a sdraiarsi sulla terrazza. Ruttò, scorreggiò, ruttò di nuovo, stava per addormentarsi quando comparve in piscina la nobildonna coperta soltanto da un pareo trasparente e con un paio di scarpe dal tacco alto. Aveva tra le mani una coppa di champagne. Gli veniva incontro come solo una donna che è stata scopata completamente può fare, metà gattina metà che lo vorrebbe ancora se... Lui quasi non la riconobbe senza trucco, cercò di ricordare dove l'avesse vista. Lei lo abbracciò e gli dette un bacio travolgente, ma non si sentìricambiata. Indifferente lasciò la presa e andò a sedergli di fronte all'uomo. - Dove posso chiamare Victoria ? - chiese Mohamed. La contessa provò una vampata di rabbia e una sorta di gelosia per l'età della figlia. Gli fece una predicaccia da spaccare la testa e allora Mohamed capì d'aver sbagliato e chiese umilmente scusa. 40 112 Seguito della conoscenza della contessa Letizia. Mohamed Abu e la contessa Letizia trascorsero la mattinata a giocare alla Bella e la Bestia, a nascondino. Ma la dama si divertì ben poco, il suo nuovo compagno di giochi purtroppo non aveva molta fantasia. Sbuffò, sbattè i piedini a terra, ebbe una piccola crisi di nervi, bevve altre tre coppe di champagne. Intorno alle dodici la contessa decise di uscire, prese a braccetto Mohamed, gli dette da portare al guinzaglio i suoi due festanti yorkshire appena clonati, fecero una passeggiata per le vie del centro cittadino. Entrarono nei negozi più griffati, la contessa parlò con le signore delle maisones come fossero vecchie amiche, si provò dei parei, delle scarpe e dei gioielli. Chiese il parere a Mohamed che rispose con profondo rispetto. Ma la dama non comprò assolutamente niente. Bevvero l'aperitivo all'antico caffè Il Turco, famoso per i prezzi fuori norma, i tristissimi dolci e gli scarafaggi nel deposito. Lì, incontrarono il noto elzevirologo Crescenza, il famoso immunologo Positivo, l'onorevole Nero-Seppia e la poetessa Moravagina. Alle tredici e cinquanta entrarono all'hotel Belsen Belsen. La contessa fu accolta con deferenza dal portiere in livrea che le baciò la mano. L'uomo chiese con ossequio della contessina Victoria e del conte Raffaelluccio, baciò sulla testolina i due clonati e l'accompagnò sino all'ascensore, senza nemmeno notare la presenza di Mohamed. Salirono al roof garden. Era una terrazza illuminata dal sole, ornata da un colonnato di marmo bianco e oro, da voliere che racchiudevano pappagalli, colibrì e uccelli rari, e spendidamente addobbata con fiori azzurri di stagione. Una soave musica di solo pianoforte si diffondeva riempiendo i vuoti dell'aria, rendendo quel luogo pieno. Mohamed notò con meraviglia che alcuni camerieri avevano le bocche cucite con un grazioso filo color porpora, chiese spiegazione alla sua dama. La contessa Letizia gli raccontò che erano dipendenti proveniente dal meridione del paese, avevano un accento impossibile, poco elegante, e il vezzo di rispondere in malo modo alle richieste più originali della clientela. La direzione piuttosto che rinunciare alle loro prestazioni d'opera compressa e molto flessibile aveva deciso, in accordo con i sindacati, di cucirgli le bocche, legargli i piedi e mettergli una piccola coda in chiffon. La contessa Letizia lanciò uno sguardo sfuggente ai pochi clienti della terrazza, sorrise alla baronessa Virginia Rutto de Guantanamela, accompagnata dal suo amante salvadoregno. Seduti ad un tavolo isolato, vide Donna degli Smarronnazi con il suo stilista personale e il segretario che aveva in grembo il 113 nuovissimo clone di un carlino: il cane salutò i due yorkshire che risposero rumorosamente. C''era l'avvocato degli artisti con un giovane regista dal futuro, in tutti i sensi, ancora incerto, s'interruppero, salutarono con un cenno della testa la contessa de' Furstemborg, ritornarono a parlare abbassando ancora di più le voci. Mohamed vedendo tutta quella bella gente, così elegante, così ad agio nella vita, con incantevole modestia pensò che stava vivendo un onore assai grande. Pensò di nuovo che effettivamente se quelle persone erano in un luogo meraviglioso un motivo morale o religioso concreto ci doveva pur essere. Il maitre raggiunse i nuovi arrivati, li ricevette con un ampio sorriso e precedendoli li accompagnò in un angolo appartato da cui si vedeva la città. Ebbero subito due robusti Martini, la contessa Letizia bevve il suo d'un sorso e, provando un gran senso di colpa per l'attentato ai lifting's, anche quello di Mohamed. Il maitre ritornò, propose il piatto del giorno: linguine all'astice con pomodorini pachino biologici. In alternativa c'erano trentacinque piatti d'aragosta cucinati in tutte le sue varianti e rombi, scampi, salmoni e tutto quello che dal mare, dal fiume e dal lago si poteva saccheggiare. La contessa chiese a lungo come fossero cucinati i piatti, poi soddisfatta della scelta ordinò delle escalopes aux champignones per i suoi due amati cagnolini. Per sè prese cruditè senza condimento. A Mohamed non fu chiesto nè lui pensò di ordinare. 114 41 Storia vera della contessa Letizia de' Furstemborg Il tutto iniziò con tono scherzoso, con una di quelle domande che sembrano leggère ma che possono diventare pericolose. - Quanti anni mi dai ? - chiese con umore ballerino la contessa. Mohamed fu preso alla sprovvista, guardò la contessa, le guance troppo lisce e tirate, il collo stirato ma si ricordo della pelle pendente sui gomiti e dei fianchi molli. Avrebbe potuto dire trenta, ma anche settanta. Sicuramente non era giovane, come la profumosa figlia Victoria. - Non lo so - rispose senza rendersi conto della delicatezza del momento. - Su, sii sincero ! - insistè la donna, abituata ad ascoltare solo amici e servitù. Si drizzò sulla sedia e si mise in posa come fosse una statua rinascimentale. - Cinquanta ?... - domandò Mohamed, l'ingenuo. La nuvoletta nera che si stava formando sulle loro teste divenne minacciosa. La contessa Sturm Vintage de' Furstemborg sorrise a singhiozzo, sputò a terra un filino di insalata. Con il malumore che le era comparso iniziò a raccontare la sua vita. - Tu adesso mi vedi così, ma io qualche anno fa ero una fica stratosferica. Avevo tette perfette, lo stacco di cosce più bello del Novecento e un culo da giro del mondo. Gli uomini hanno fatto la fila per avermi accanto, e almeno due si sono suicidati per me... - ritrovò il buon umore per qualche attimo, fece dei sorrisetti brevi, non controllati. Aveva suscitato molta curiosità in Mohamed, il ragazzo bevve un sorso d'acqua Perros dalla ciotola di uno dei due cagnolini e restò in attesa con totale attenzione. I due yorkshire - che erano clonati ma non stupidi - riconobbero il tono di voce della loro padrona, sapevano cosa avrebbe detto e quale sarebbe stato l'epilogo, allora tentarono l'unico rimedio che avevano a disposizione, abbaiarono e si ripararono sotto il tavolo Fu del tutto inutile, con un calcetto di tacco furono rispediti sulle sedie. La contessa riprese il suo racconto. - Non sono nata nobile e ricca, sai. Il mio nome da ragazza è Letizia Smandrappina, ero figlia di un fornaio e di una sartina. Sono cresciuta in una casa di ringhiera tra disoccupati e operai, mi vestivo con i resti delle stoffe che mia madre recuperava e mi cuciva. Ma a quattordici anni, in una sola estate, sono sbocciata e sono diventata la più bella strafica della città. Avevo delle tette sode, bianche, con dei capezzoli turgidi scolpiti come una venere. Avevo un culo così perfetto che degli 115 scultori sono venuti da altre città per chiedermi come modella. Avevo occhi così penetranti e sensuali che procuravo erezioni negli uomini che mi incrociavano. E la pelle ?... Una seta L'umore della contessa ondeggiava pericolosamente come una barca in mezzo al mare in tempesta. Si dimenticò di Mohamed e iniziò a parlare ad una punta di carciofo lesso che era rimasta nel piatto. I due yorkshire si guardarono e senza essere visti scivolarono via all'ombra, sotto un platano centenario. - Mio madre pansava che essendo così bella dovevo approfittarne per sposarmi il figlio di qualche borghesotto ricco. Mi fece abbandonare la scuola e mi mise a lavorare con lei. Andavamo nelle case delle signore, per fare le prove dei vestiti. E lì ho conosciuto ragazzi e uomini. Ma per me tutti erano troppo insignificanti o non mi potevano offrire quello che io volevo. Ero la più bella, un fiore, una ragazza rara. Perchè dovevo svalutarmi solo per fare presto. Come se un'attrice di grande talento, pur di lavorare subito, avesse accettato piccoli ruoli in una soap, o una grande scrittrice avesse deciso di scrivere romanzi rosa solo per vedersi pubblicata. A diciassette anni sono andata a lavorare nella più importante profumeria della città. Lì sono stata vista dalla fidanzata di una stilista, mi ha portata nella capitale della moda ed ho iniziato a sfilare. Ho partecipato a Miss per un anno e sono giunta seconda solo perchè era l'anno in cui doveva vincere una bionda. Ma mi sono rifatta subito, sono stata Miss Mondo, Miss Eleganza nel Tonga, Miss Intelligenza a Las Vegas, Miss Portamento in Cecenia, Miss Guerra in Congo. Sono stata eletta la Gnocca dell'Anno per due anni di seguito in Corea del Nord e Miss Centrale Nucleare in Crajna. Sui giornali di tutto il mondo sono comparse foto mie col presidente degli Stati Uniti, con quello di Cuba e con il Presidente Descamisados. Scrivevano di relazioni che avrei avuto con loro... S'interruppe e sghignazzò come una qualsiasi ragazza scostumata degli anni sessanta. Dovevano essere ricordi che allo stesso tempo la riscaldavano e la immalinconivano. Smise di guardare la punta di carciofo e decise d'essere ancora più sincera con una fetta di cetriolo all'aglio. Mohamed si accorse che il viso della sua contessa era invecchiato di una ventina d'anni in pochi secondi. - Dopo qualche tempo ho conosciuto Daddo Sturm de' Furstemborg, si è innamorato di me e in due mesi ci siamo sposati. Sembrava una favola, eravamo giovani, bellissimi e sani. Soggiornavamo nelle nostre case di Roma, Parigi, Londra, New York, alle Haway, in Armenia. Passavamo da una festa all'altra, da un party all'altro. Abbiamo avuto il nostro guru personale ad Amritsar, abbiamo viaggiato per regina d'Inghilterra, con il governatore della California. Per divertimento, ho girato 116 due film prodotti dallo stato, ho scritto quattro libri, ho fondato un quotidiano, ho creato una linea di moda, una di gioielli e una di sanitari. Rise nervosa, alzò il tono di voce come volesse farsi sentire e si mangiò un'oliva greca con tutto il nocciolo. - Ho avuto per dieci anni come amante ufficiale il più importante gallerista di pittori del realismo situazionista, un grande amore. E frequentavo anche un giornalista francese terzomondista amico di Raul Castro e di un signore della guerra libanese. Senza accorgersene le scesero due lacrime e il suo viso si rabbuiò in un tic rancoroso. Nel piatto non c'era più nessuno ortaggio che la potesse ascoltare, oramai lottavano con i suoi succhi gastrici. Fu costretta ad accorgersi di Mohamed, sentì un vago rancore per quella presenza umana. - Poi è iniziato un periodo nero. Daddo si è ammalato gravemente e, chissà perchè, ha voluto separarsi. Non mi voleva più parlare nè vedere. Voleva disconoscere il nostro secondo figlio solo perchè non era suo e lasciarmi con gli spiccioli... Un appartamento, una villa e - sospirò rabbiosa - solo duecento milioni di euroni alla settimana... Dopo una lunga causa, faticosa e volgare, ho ottenuto mille miliardi di euroni. E dopo tanti sacrifici invece di un po' di felicità... Mio figlio è andato a vivere in Libano ed è diventato un hezbollah Victoria è cresciuta sempre più ribelle. La contessa si alzò in piedi di scatto. Con un'espressione stupita del viso guardò l'orizzonte come fa un capitano mentre la nave va a fondo. I cagnolini iniziarono ad abbaiare fastidiosamente saltellando sulle sedie. - A che serve avere la passera più morbida del mondo se il tempo distrugge tutto ! Svenne pronunciando queste ultime parole. Mohamed si alzò spaventato , non sapeva cosa dovesse fare. Accorsero il maitre e una delle cameriere. Non era la prima volta che succedeva e loro sapevano cosa fare. Fu rimessa in sesto grazie ad una essenza di profumi egiziani e ad un bacio con lingua roteante dell'uomo. Pallida in viso, si riprese mentre la sua lingua continuava a roteare fuori dalle labbra fendendo l'aria. La misero in piedi delicatamente, il maitre le sussurrò all'orecchio: - Sei la più bella passera del mondo. Come le volte precedenti si guardò intorno, non riconobbe nessuno. Volle tornarsene a casa da sola, ondeggiando sui suoi tacchi a spillo, con in braccio i suoi due yorkshire ammutoliti. 117 42 Come Mohamed senza capire scoprì di nuovo la strada. Mohamed Abu frastornato e poi sempre più preoccupato girò intorno al palazzo della contessa per tutto il pomeriggio. Alzava gli occhi al cielo, guardava le finestre dei piani superiori. Quella sua improvvisa solitudine gli ricordavano sensazioni sgradevoli, già provate. Passavano le ore e in lui aumentavano cattivi presentimenti. Intorno alle otto di sera ebbe il coraggio di citofonare, ma il video s'accese solo per il videomessaggio della segreteria automatica. - E adesso che faccio ? - pensò Mohamed. In quell'istante giunsero due vigilantes chiamati da chissà chi, gli chiesero il biglietto di ingresso al centro storico. Mohamed non sapeva cosa dire. Poi rispose: - Sono ospite della contessina Victoria Sturm de' Furstemborg. - Davvero ? - gli chiese quello più magro. - Sì - aggiunse Mohamed - Adesso è partita ma mi ospita sua madre… - E come l'hai conosciuta, la contessina Victoria Sturm de' Furstemborg ? - chiese l'altro interrompendolo. - Non lo ricordo bene... Credo che... Anzi no, c'era lo zio...- Si pentì subito di quello che stava dicendo. Uno dei due vigilantes prese un telefonino e chiamò i superiori. Poi sbuffando lo rimise nella fondina. - L'unica cella libera è al punto nord - disse al collega. L'altro scosse la testa. - Io ho già fatto il monte arresti, per oggi. - Per questo anch'io. E non posso scalare niente dalle tasse. - E domani è il giovedìdei Periferici sociali... - Di nuovo giovedì - disse scocciato l'altro. Presero Mohamed, lo spinsero nel vicolo dei Sospiri e gli dettero un po' di pestoni da routine, niente di impegnativo. Dopo circa cinque minuti guardarono l'orologio e si fecero un cenno. Quello più alto mostrando un cipiglio da tutorotto dell'ordine integerrimo disse bruscamente al negro: - Allora, se adesso prometti di non farti vedere più in zona ti lasciamo andare. Capito? Mohamed bacio le mani dei due vigilantes sporcandogliele un po' di sangue. - Perchè se ti ritroviamo qui, sono guai ! - disse l'altro. 118 Mohamed rantolò qualcosa e i due se ne andarono via. Mezz'ora dopo, mentre dormiva semincosciente in quel vicolo, passò il camion della ditta Centro Felice, caricarono la spazzatura, due televisori ancora funzionanti, un albero sradicato che impediva il parcheggio di un motorino, svuotarono due cassoni di antidepressivi e Mohamed Abu. 119 43 Perchè Mohamed non capisce tutto l'amore dell'Occidente. Mohamed si svegliò con un senso d'oppressione. Cercò d'aprire gli occhi ma qualcosa gli impediva di vedere. Non riusciva a muoversi, nemmeno le dita dei piedi trovavano spazio. Allora mosse le braccia, a fatica. Dopo vari tentativi si liberò, con scatti sempre più frenetici, di quello che gli impediva il movimento. Alla fine di una dura battaglia riuscì a tirarsi su, a star dritto su un enorme montagna di rifiuti alta quanto un grattacielo. Si sentiva stordito da odori insopportabili, da quel caldo quasi impossibile. Si guardò intorno con meraviglia e stupore, c'erano montagne e montagne di spazzatura. Migliaia di ettari di rifiuti del ricco Occidente si perdevano a vista d'occhio. Una sterminata pattumiera. Si stava riprendendo dallo stupore quando i suoi occhi videro verso il basso delle cose in movimento. Non capiva cosa fossero, guardò con maggiore attenzione. Erano raccoglitori di rifiuti che raspavano con le mani tra la spazzatura. Iniziò con cautela a scendere dalla montagna di rifiuti. Scivolò, si rialzò a fatica, cercò di togliersi di dosso un po' di terra e di escrementi. Scese ancora un po', cadde di nuovo e rotolò per alcuni metri. Si tirò su in posizione precaria, la sua gamba sinistra fu presa da una mano che lo fece sedere a terra. - Chi sei ? - si sentì dire. Guardò verso il basso, tra i rifiuti vide un viso. - Mi scusi, non volevo... - rispose spaventato da quella presenza. - Un altro furbo, eh. Vai via da qui o ti ammazzo ! - urlò quello che restava di un uomo. Mohamed Abu provò solo una gran paura. Riniziò a scendere come meglio poteva. Gli arrivò in testa una rondella di piombo, gli uscì del sangue dalla nuca. Prese verso destra, scese carponi. Sentì qualcuno ridere, ma non si fermò a guardare. Scivolò su delle lamiere bollenti, costeggiò dei vecchi frigoriferi, rotolò ancora verso il basso. Giunto a metà montagna sfiorò un rientro, si fermò a riprenere fiato. Ma una donna e le sue due bimbette spaventate saltarono sull'estraneo con un badile e una scopa, lo riempirono di botte, urlando bestemmie. Mohamed si divincolò, riprese a scendere senza nessuna cautela, cercò scampo in un cunicolo appena illuminato. Trovò una anziana prostituta che aveva adattato un angolino a garçonniere per extramondo. Gli chiese venti euroni per fare l'amore., Mohamed riprese la fuga sempre più inorridito. Calpestò i corpi di un paio di involontari 120 donatori d'organi ormai al cospetto del loro dio minore. Prese a calci dei topi che gli vennero incontro. Evitò dei ragazzini che si nutrivano di colla. Finalmente giunse ai piedi della montagna. Senza fermarsi passò tra decine di raccoglitori che cercavano stracci, bottiglie di vetro, contenitori di plastica. Vide un cuoco cinese che cercava rifiuti ancora saporiti per il suo take away, alcuni curdi a cui non era rimasto che il ricordo di un bullo di nome Ecevit e un eminente esorcista cattolico, padre di vari figli, che si nascondeva all'ufficio stampa del Vaticano. Allontanatosi di alcune centinaia di metri si fermò, smise di affannare, cercò di togliersi di dosso un po' di escrementi. Vide in lontananza un bue albino inferocito che caricava un asinello, il poverino scalciava come un vecchio mulo. Mohamed non voleva più stare in quel luogo, riprese a camminare. Dopo delle ore fu attratto da qualcosa che non riusciva ad identificare. Raggiunse degli enormi sacchi colorati ancora sigillati, su cui c'erano delle scritte: Dove c'è Taralla se magna.- aiuti alimentari per le popolazioni aborigene a rischio d'estinzione. Su un altro c'era scritto: Quando c'è la salute c'è tutto - aiuto ai profughi del Sahel. Su un terzo risaltava il nome di un ministero e dello sponsor, un'assicurazione sulla vita. Mohamed non capiva cosa ci facesse lì tutto quell'amore per gli sfortunati, pensò che ci fosse un deficit di comunicazione, voleva tornare indietro e avvisare gli altri ma non lo fece. Con le poche forze che gli rimanevano, riuscì ad aprire un sacco. Fuoriuscirono pacchi di pasta, latte liofilizzato, barattoli di pepe della cayenna, mayones light, marmellata di marroni. Andò ad aprire un altro enorme sacco, sicuro di trovare qualcosa di commestibile. Gli caddero addosso barrette di cioccolata dietetica, pacchi di grissini integrali scaduti, scatoloni di sale, di zucchero per diabetici, bottiglie di aceto rosso e bianco. Non capiva come delle persone così intelligenti e generose, con la gente dei paesi poveri non avessero pensato in maniera più pratica alle necessità alimentari dei suoi fratelli. Per la prima volta da quando era giunto nel migliore dei mondi, Mohamed provò una vera, serissima, profonda incazzatura. Aveva fame e non c'era niente da mangiare, aveva sete e non c'era nulla da bere. Aprì, con tutta la rabbia che gli era sopraggiunta, un terzo sacco e un quarto e un quinto. Vide centinaia di galosce sinistre per la pioggia, migliaia di ombrelli che pubblicizzavano farmaci antiaids, cartoni di pile, telai di biciclette senza ruote e sellino, teli da spiaggia, olii lubrificanti per auto, cd di un famoso cantante melodico napoletano Trovò delle magliette nere, dei pantaloni di taglia sessanta anch'essi neri, bottiglie di acqua santa, ostie, stecche di sigari toscani, lievito di birra, liquirizie. Stufo si lasciò andare su un pacco morbido, rimase così per parecchie ore. Nel primo pomeriggio prese parecchi stivali, li riempì versando acqua santa, vi aggiunse 121 del sapone per i panni. Si spogliò e si lavò con calma, si asciugò con un telo da mare. Gettò i suoi vestiti e s'infilò quello che aveva trovato, mise una corda elasticizzata ai pantaloni. Poi iniziò a prepararsi il pranzo. Mangiò ostie con maionese per antipasto, trenta scatole di tonno light con i grissini integrali e per finire marmellata di marroni spolverato con lo zucchero. Bevve molta acqua santa. Si accese un sigaro gustandolo con una liquirizia. 122 44 Come quattro bravi ragazzi fanno ritrovare la memoria a Mohamed. Con lo stomaco gonfio, rivestito come uno spaventapasseri e con un po' di scorte alimentari scadute in una busta, Mohamed Abu riprese a camminare per il mondo senza una mèta e privo di programmi. Come un naufrago in mezzo all'oceano attendeva una nave che lo venisse a salvare. Attraversò città piccole e grandi, attraversò un paio di stagioni. Mangiava con i cani nella spazzatura dei ristoranti, dormiva sugli alberi o sotto dei camion, viveva di elemosina ai semafori, di mance alle pompe di benzina self-service. Venne il pieno inverno e faceva molto freddo. Pioveva, a volte nevicava, spesso era buio. Uomini e donne andavano sempre di fretta lasciando spazio alla solitudine, apparivano scocciati e impauriti. Nervosi anche quando erano seduti alla tavola di un ristorante a mangiare in gruppo, rumorosi o silenziosissimi. Ma Mohamed non se ne avvedeva, pensava solo che tutti fossero molto impegnati per la famiglia e il bene comune. Anche i posti gli sembravano assomigliarsi, essere uguali. Strade, piazze, monumenti, palazzi, negozi, bar. Ma trovava tutto luminoso, ricco, appariscente. Giunse il momento della festa d'inverno, il carnevale. Nelle città ritornò la confusione generale, balli in maschera in piazza, cene in case private, traffico caotico anche alle tre di notte. Mohamed conservava il suo umore buono, era sempre convinto che quello fosse il migliore dei mondi possibili. Conobbe molta bella gente in quei giorni, allegra, spensierata e alticcia. Il martedì grasso entrò in un bar popolare, si sedette in un angolo, chiese per favore qualcosa di caldo per i soli due euroni che aveva in tasca. Anche il barista era di buon umore, non disse nulla, gli sorrise, gli portò un bicchiere di carta con dell'acqua bollente. - Più caldo di questo non abbiamo niente - Guardò il pezzente e rise. - Grazie, signore. Lei è molto gentile - rispose. L'uomo che non conosceva Mohamed Abu si sentì preso in giro. - Cosa cerchi ? Rogna ?! Mohamed non sapeva cosa volesse dire la parola rogna, ma pensava che quell'uomo fosse molto gentile a chiedergli cosa cercasse. Per non deluderlo rispose. - Oh, può essere, se vuole. Ma cerco un posto dove dormire. L'uomo fu ancora più interdetto. - Elà negro ! Hai bevuto vino ?! - No, signore. Io non bevo. E lei, ha bevuto ? 123 Per il brav'uomo quello che era troppo era troppo. Gli comparve tra le mani una mazza ferrata, iniziò a darla in testa a quel selvaggio senza educazione. Una, dieci, cento volte. Da una sala laterale comparvero quattro giovani con i capelli rapati, vestiti di nero e con lo sguardo obliquo. Erano un po' alticci e in vena di edenlandese divertimento. Dovevano partire per la pace, nel lontano Sudestasiatico, il giorno dopo, per portare i valori dell'Occidente tra quei selvaggi fanatici e violenti, dominati dai signori della guerra. Quei bravi ragazzi non volevano privarsi del pur minimo piacere quella sera. Erano un vero e proprio stock di carne da macello. Ragazzi sani, cresciuti all'aria degli stadi. Acculturati dalle letture di giornali del tifo ultrà, nel cuore i programmi televisivi di allegro reality e negli occhi i calendari di belle fanciulle. Con idee ben precise sul mondo, la patria e la famiglia, nonostante qualche spinello, qualche rissa e le pipette di crack. Restarono a guardare il pestaggio ridacchiando e dandosi delle pacche sulle spalle. Il barista si fermò d'un tratto, con la mazza ferrata a mezza altezza, aveva le braccia che gli dolevano. Guardò con più lucidità Mohamed che aveva sporcato col suo sangue le pareti del locale. L'idea di dover restare a pulire dopo la chiusura gli fece perdere la voglia di massacrarlo ancora. Gettò la mazza ferrata a terra, sbuffò: - E adesso chi pulisce il mio locale ? - domandò sperando che Mohamed si offrisse. Ma Mohamed fece finta di non sentire, se ne stava placidamente a terra senza muoversi. - Te lo portiamo fuori ? - disse uno dei quattro in nero. Era l'unico che aveva letto un libro. Sull'Olocausto, visto dal punto di vista degli organizzatori. - Ma gettatelo lontano - rispose il barista. I quattro si mossero, presero Mohamed per le gambe e le braccia e lo portarono fuori dal locale. Presero delle corde, lo legarono ben bene e lo agganciarono al paraurti posteriore della loro auto. Salirono sulla vettura e fecero una corsa sulla tangenziale, guardando il negro che sballotolava a destra e a sinistra. I quattro edenlandesi appena videro un paio di prostitute nigeriane ad una pompa di benzina si scambiarono un'occhiata. Proseguirono fino a un ponte, si fermarono, slegarono Mohamed, lo gettarono nel fiume sottostante. Tornarono indietro alla ricerca delle due donne. Il corpo di Mohamed fu come rapito nel buio della notte dalle acque gelide del fiume Uterone. Fu trascinato, risucchiato, congelato. Rasentò il letto, andò a sbattere contro vecchi frigoriferi, materiale edile, contenitori chimici. 124 Sfiorò il corpo di una donna che sfuggita dalle mani di un uomo aveva preferito restarsene lì, in compagnia dei pesci. Mohamed non sentiva freddo, poi il corpo fu rischiarato dal giorno. Di nuovo il buio di un inverno nero. Perse il conto dei giorni. Dopo settimane giunse alla foce, tra scarichi industriali e pescatori della domenica intenti al loro hobby. Ma la vera sventura per lui era vicina, ricevette un colpo secco in testa dal remo di una barca. L'effetto fu devastante sulla sua psiche, gli ritornò tutt'assieme la memoria. In pochi attimi, o forse alcune ore, rivisse tutto quello che gli era successo da quando era giunto nelle acque di Edenlandia. Tutti i fatti e quante avventure, quasi tutti contenevano un sapore spiacevole. Sprofondò in una malinconia degna degli umori di molti edenlandesi, la cattiveria degli uomini e delle donne gli apparve in tutte le sfumature. Prima di riaversi pensò con rammarico che se quello era il migliore dei mondi possibili allora c'era qualcosa che non andava negli uomini e nelle cose sulla terra. Aprì gli occhi un mattino di sole, vide attraverso l'acqua delle lenze e gli stivali di plastica di alcuni discendenti degli apostoli. Uscìdall'acqua facendo in modo che nessuno lo notasse, se ne restò ad asciugarsi come uno stoccafisso dietro una palizzata che pubblicizzava una bevanda gassata. Passarono due giorni prima che fu completamente asciugato, ed era stanco di ricordare tutto quello che aveva dimenticato. Volle consolarsi delle sofferenze che gli aveva procurato la sorte, allora pensò al suo futuro non avendo più solo presente ma molto passato: avendo molta esperienza da cui partire. 125 45 Come Mohamed comprende finalmente quale sia la sua strada. Mohamed Abu dopo tanto vagare in quei mesi, tanto vedere e tanto dimenticare aveva adesso ben presente quello che poteva offrire il paese di Edenlandia. Se non sapeva ancora cosa avrebbe voluto fare, aveva almeno la fortuna di sapere quello che non avrebbe mai intrapreso. Non aveva nessuna voglia di fare lavori umili e pochissimo pagati, ma nemmeno mettersi in politica e riprendere i contatti col presidente Dabaretto e la pulzella Tuttoso'. Non voleva più essere adottato da qualche riccone come Soldoni nè frequentare le dame del bel mondo. Nemmeno iniziare un'attività privata come lavare i vetri ai semafori, vendere nelle metropolitane borse contraffatte dagli stessi stilisti, riciclare soldi per la criminalità nè diventare un amministratore generale televisivo. Ma aveva la voglia e l'ardire di iniziare qualcosa. Qualcuno gli propose di fare il fondamentalista islamico ben stimato; un primario di vendersi un rene; un farinotto deviato gli offrì un lavoro come ballerino in televisione in cambio doveva scoprire chi fosse in quell'ambiente un antipatriota. Mohamed ci pensò su ogni volta un minuto e ogni volta pensò di non essere così a terra da dover accettare proposte del genere. Un pomeriggio Mohamed si trovò nei pressi di un'autostrada, non sapeva bene cosa fare. Aveva camminato troppo per tornare indietro ma davanti aveva solo asfalto e automobili che sfrecciavano. Stava per prendere una decisione su cosa fare, quando un furgoncino colorato si fermò. - Vuoi un passaggio ? - gli chiese l'uomo seduto accanto a quello che guidava. Mohamed guardò con attenzione i due uomini, oramai i suoi ricordi non gli permettevano di fidarsi semplicemente. I due tizi avevano visi da furbi periferici ma non gli sembrarono pericolosi. Guardò la fiancata del furgone, c'era il disegno di una chitarra colorata. - Dove andate ? - chiese prendendo tempo. - Al sud. Mohamed era uno nato al nord, nel luogo più a nord del Sudan ma non aveva nulla contro quelli del sud. Salì dal portellone di dietro, c'erano altri cinque passeggeri. Li salutò tutti e strinse loro la mano presentandosi a uno a uno. Si sedette e sorrise ma non con quel candore di prima. - Grazie per il passaggio. Dove state andando ? 126 - Al Santuario di Saint John John Rotondo. Mohamed non aveva mai sentito di quel luogo. - Conosci il posto ? - gli chiese quello che gli era seduto accanto. - No... Siete dei fedeli ? - chiese incuriosito Mohamed. Il gruppetto sorrise di cuore. - No, amico. Noi siamo i Tanger Dream Ballett. - Non ci hai mai sentiti nominare ? - Chiese un altro. - Mi dispiace, ma sono qui a Edenlandia da pochi giorni. - disse Mohamed contento d'aver detto una bugia. Guardò in viso i sette uomini. - Ma non venite da Tanger, voi siete bianchi. - Esatto. Bravo - disse quello che guidava. Mohamed pensò che non dovevano essere molto svegli. - Quanto sei alto ? - continuò l'uomo. - Non so, circa un metro e ottanta - rispose perplesso, Mohamed. - E quanto pesi ? Mohamed ci pensò su, era ancora più perplesso. - Non mi sono mai pesato. Perchè queste domande ? Quello che gli era accanto intervenne. - Abbiamo un contratto di un mese per uno spettacolo al Garden Trilateral Hotel di Saint John John Rotondo. Domani sera balliamo e facciamo uno spogliarello. - Ah - disse Mohamed - Pensavo che ad un Santuario ci andassero solo i fedeli per pregare. - No - l'interruppe l'autista - Il posto è molto trendy, arrivano migliaia di fedeli ogni giorno, anche attori, giornalisti, pornodive. E i preti di lì hanno pensato di costruire un hotel con seimila stanze per rendere più confortevole la permanenza dei pellegrini. - I fedeli - disse un altro - dopo aver pregato vanno a mangiare e a riposarsi come qualsiasi peccatore. E la sera non hanno molto da fare e allora noi ci esibiamo in uno spettacolo per loro. L'uomo che gli aveva offerto il passaggio parlò per la prima volta. - Quei preti lì hanno un giro d'affari da centomila miliardi d'euroni... Senti Mohamed, sai ballare ? Mohamed ci pensò su un attimo. - Ho ballato una volta in televisione... - Sai cosa è uno spogliarello ? 127 - Mi hanno fatto fare anche quello. - Davvero ? - disse soddisfatto - Senti, stiamo cercando un ottavo ballerino per lo spettacolo. Tu potresti fare al caso nostro. Sei pure nero e quindi per noi è ancora meglio... Mohamed era perplesso, non avrebbe mai pensato allo spogliarello come ad un lavoro. Pensò ai suoi genitori, si sarebbero vergognati moltissimo se lo avessero saputo. Comunque rifletté che era un lavoro di tutto riposo e immaginava ben pagato. Faceva passare una serata in allegria i pellegrini e non offendeva nessuno. Disse di sì anche perchè era un ragazzo educato e affamato. Guardò il sole che tramontava verso occidente. Vide una distesa che stava sgelando. Sorrise al mondo con l'espressione di chi si sente finalmente vivo, forse nella migliore delle vite possibili. Nulla gli era mai apparso così tenero, così ben prestabilito, con un'anima. Il suo cuore era colmo di gratitudine verso i nuovi amici che lo aveva accettato con così tanta generosità. Si sentì un ragazzo fortunato, e s'intenerì a quello stato di beatitudine. Chiuse gli occhi e si addormentò.