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PITTURA GOTICA 1 CIMABUE Prof. Antonio Fosca Docente di Arte e Immagine 1 L’ARTE PITTORICA DEL XIII SECOLO (1200-1300) Alla fine del XIII secolo la pittura in Italia assumerà un carattere esclusivo e privo di contraddizioni; particolarità, queste, dovute a maestri sublimi quali Cimabue, Pietro Cavallini, Giotto, Piero e Ambrogio Lorenzetti,Simone Martini per la pittura senese e Duccio di Buoninsegna. 2 Pitture su tavola e affreschi Verso la fine del XIII° Sec. prevalse la pittura su tavola e quella ad affresco, utilizzata in gran parte dagli artisti come Giotto,Cimabue, Simone Martini e altri. I soggetti preferiti, ritratti sulle tavole e negli affreschi, sono soggetti a carattere sacro: scene della vita di Cristo, la Madonna, scene tratte dal Vangelo, Angeli, Santi e Croci dipinte da appendere sopra l’altare delle chiese : il Crocifisso. 3 La novità più importante della pittura italiana fra il XIII° e il XIV° secolo, fu l’abbandono delle regole bizantine ( bidimensionalità delle scene e delle figure, ambientazione spaziale astratta, significati simbolici da interpretare). Si proiettano le figure rese più realistiche tramite l’uso del colore in spazi veri, quasi precisi, vicino alla rappresentazione di un luogo o edificio concreto (esistente). Tra fine Duecento e gli inizi del Trecento anche la pittura aveva trovato la sua precisa autonomia, e ciò grazie soprattutto a Giotto Egli fu il primo pittore a produrre immagini che possono essere definite realistiche. Si assiste allo sviluppo dei dipinti su tavola. La pittura su tavola: pala d’altare La pittura su più tavole: polittici 4 La pittura su tavola Committenza è adesso anche da parte di nobili e ricchi borghesi. Il clero commissiona invece dei dipinti su tavola, detti pale d'altare o, se su più tavole – detti polittici. Il polittico è la forma più tipica della pittura gotica... ogni scomparto è spesso definito da un arco a sesto acuto, che può essere trilobato e che poggia su esili colonnine. Tutto richiama l'architettura. Le decorazioni della cornice fanno pensare ai pinnacoli e non mancano motivi floreali; In pittura vi è una spiccata attenzione per la resa dei particolari ma tutto è caratterizzato da una mancanza di profondità. Il fondo delle tavole è dorato, al fine di immergere le figure in una atmosfera ultraterrena. 5 Maestà o Madonna in trono con angeli e profeti-di Cimabue 1280 – Firenze – Galleria degli Uffizi E’ detta anche Madonna di Santa Trinità perché proviene dalla chiesa fiorentina della Santa Trinità E’ una pala d’altare con soggetto sacro. La tavola si richiama ad una forma geometrica architettonica (come la facciata di una chiesa); Il fondo delle tavole è dorato, al fine di immergere le figure in una atmosfera ultraterrena. Vi è mancanza di profondità profondità. I volti, leggermente stilizzati esprimono sempre grazia e compostezza, (le espressioni rivelanti umani sentimenti, di dolore come di gioia, costituiscono un esplicito richiamo all'essere terreno e pertanto sono accuratamente evitate). Anche gli elementi naturali, quando vengono introdotti, sono sempre stilizzati. 6 CIMABUE La rappresentazione dei sentimenti umani La data di nascita di Cenni di Pepo detto Cimabue si identifica generalmente intorno al 1240, quasi certamente a Firenze. Fu il primo pittore a mostrare segni di novità che,pur non staccandosi dalle impostazioni pittoriche - stilistiche bizantine, manifestò un grande interesse e attenzione per la rappresentazione dei sentimenti umani. Durante i dieci anni di attività, il pittore dipinse la Maestà della Santa Trinità a Firenze ( Maestà o Madonna in trono). Nel 1301 documenti attestano la sua presenza a Pisa, dove dipinse una Maestà per l'ospedale di S. Chiara - opera oggi perduta - e il grandioso mosaico di San Giovanni Evangelista nel Duomo pisano, attestato da alcuni documenti di pagamento. Morì, probabilmente, tra il novembre del 1301 e il marzo del 1302. 7 Nell'opera di Cimabue è possibile riconoscere un importante momento di passaggio della pittura del luogo. L'arte italiana del Duecento, prende spunto dalle caratteristiche bizantine e orientali: Cimabue vi aggiunge da una parte elementi presi a prestito dall'oreficeria e dalla scultura romanica e pregotica, dall'altra pone un’attenzione agli elementi classicheggianti dell’arte greca, per arrivare ad una nuova forma espressiva in cui l'attenzione al reale si fa sempre più forte. Cimabue è il primo pittore a porsi su questa linea evolutiva. Il pittore fiorentino è il primo a sentire il bisogno di rivoluzionare le tecniche bizantine e prendere una strada diversa. Lo stile pittorico di Cimabue nasce sin dal viaggio del maestro a Roma (1270-1275), in rigida contrapposizione al artificio bizantino di matrice greca ormai dominante presso i pittori. Lo stile bizantino di Costantinopoli si era diffuso in Italia con l'arrivo di artisti orientali in fuga a causa degli iconoclasti, coloro che volevano mantenere la pittura con tratti originali del luogo. L'apprendistato di Cimabue si compie, secondo la tradizione, proprio presso questi artisti greci, dai quali egli ne apprende i modelli iconografici: i grandi crocifissi, le ieratiche immagini della Vergine, le pale d'altare. Part. Crocifisso di San Domenico ad Arezzo 1265-1270 c.a. 8 Crocifisso di Cimabue ad Arezzo 12601270 – Chiesa di San Domenico Il corpo di Cristo si stacca dalla croce con decisione, facendoci percepire il vuoto tra il corpo e il legno retrostante. L’anatomia è resa tramite il chiaroscuro sulle parti rilevate (muscoli addominali, avambracci, pettorali..) ed è avvertibile ugualmente con il passaggio delle pennellate che seguono le curve del corpo. La testa è reclinata a sinistra, sulla clavicola. I capelli si adagiano in modo ordinato sulle spalle. Le sopracciglia e le labbra chiuse in una smorfia di dolore. Le mani sono viste di piatto, rappresentate in modo schematico. Palmo disteso e pollice verso l’alto. Il sangue che esce dalla ferita si ferma sul bordo della cornice. Il bacino è spostato a sinistra e incurva il corpo ad arco. La muscolatura resa con tre fasce sovrapposte. Queste sfumature sulle curve del corpo sono percettibili ad una certa distanza di osservazione, facendoci pervenire la sensazione di robustezza e di forma consistente dell’anatomia. Il disegno è netto. La linea è incisiva,tesa. 9 Tutto esprime forza dolorosa: il viso, con gli occhi serrati nella morte,reclinato sulla spalla destra, è profondamente drammatico. Nell’opera vi sono richiami all’arte delle icone bizantine,come: gli occhi, l’incavatura alla base del naso,il ventre diviso in tre parti,la doratura del perizoma di Cristo (effetti di luce riflessa). Ai lati delle braccia di Cristo vi sono le immagini di Maria e di Giovanni (pannelli laterali), anch’essi trattati alla maniera bizantina per gli effetti di colore e dei riflessi luminosi sul panneggio. Sono influssi stilistici bizantini rivisitati alla maniera romanico-gotico. Lo si può notare dai riflessi di luce sulle vesti che stanno ad indicarci la luce reale che colpisce le parti sporgenti. Non è un concetto astratto che va percepito intimamente, ma è la rappresentazione della realtà. 10 In questa opera Cimabue si orientò verso le recenti rappresentazioni della Crocifissione con il Christus patiens dipinte verso il 1250 da Giunta Pisano, ma aggiornò l'iconografia arcuando ancora maggiormente il corpo del Cristo, che ormai debordava occupando tutta la fascia alla sinistra della croce. Sempre ai modelli di Giunta rimandano le due figure nei tabelloni ai lati dei braccio della croce (Maria e San Giovanni raffigurati a mezzo busto in posizione di compianto) e lo stile asciutto, quasi "formale" della resa anatomica del corpo del Cristo. Poco dopo il viaggio a Roma del 1272, eseguì il Crocifisso per la chiesa fiorentina di Santa Croce, oggi semidistrutto a causa dell'alluvione di Firenze del 1966. Quest'opera si presenta dall'apparenza simile al Crocifisso aretino, ma a un'analisi attenta lo stile pittorico è molto cambiato, tanto da suggerire che sia stato eseguito un decennio dopo, intorno al 1280. Crocifisso di Santa Croce a Firenze – 1280-1295 c.a. 11 ANALISI DELL’ OPERA D’ ARTE: Crocifisso di Santa Croce a Firenze – Cimabue ( 1280/95 c.a.) e Maestà del Louvre - ( Madonna in trono- c.a. 1280) Alto tre metri e 90 ( cm 390) è un crocifisso grandioso,con la disposizione del Cristo ancora più serpentina (curvatura del corpo). Ma è soprattutto la resa pittorica delicatamente sfumata a rappresentare una rivoluzione, con un naturalismo commovente (forse ispirato anche alle opere di Nicola Pisano) e privo di quelle dure pennellate grafiche che si riscontrano nel crocifisso di Arezzo. La luce adesso è calcolata e modella con il chiaroscuro un volume realistico: i chiari colori dell'addome, girato verso l'ipotetica fonte di luce, non sono gli stessi del costato e delle spalle, saggiamente rappresentati come illuminati con un angolo di luce diverso. Le ombre, appena accennate su pieghe profonde come quelle dei gomiti, sono più scure nei solchi tra la testa e la spalla, sul fianco, tra le gambe. 12 La luce modella con il chiaroscuro un volume più realistico del corpo di Cristo. I riflessi luminosi dell'addome,girato verso un’eventuale fonte di luce, non sono gli stessi del costato e delle spalle, accortamente rappresentati come illuminati da una luce proveniente da una diversa posizione. Le ombre, appena accennate su pieghe profonde come quelle dei gomiti, sono più scure nei solchi tra la testa e la spalla, sul fianco, tra le gambe. 13 Un vero esempio di virtuosismo è poi la resa del morbido panneggio, delicatamente trasparente. Dopo secoli di aspri colori pastosi Cimabue fu quindi quindi il primo a stendere morbide sfumature. La Maestà del Louvre - 1280 circa, 276x424 – Parigi Museo del Louvre Verso il 1280 eseguì la Madonna con il Bambino o Maestà del Louvre. In questa opera è aumentata la maestosità, tramite un più ampio campo attorno alla Madonna e migliore è la resa naturalistica, senza sentimentalismo (Madonna e bambino non si guardano e le loro mani non si toccano). 14 Il trono è disegnato con un'assonometria intuitiva e quindi collocato precisamente nello spazio; Gli angeli sono disposti ritmicamente attorno alla divinità divinità secondo precisi schemi di ritmo e simmetria, senza interesse ad una reale disposizione nello spazio; Gli angeli levitano l'uno sopra l'altro (non sono disposti l'uno dietro l'altro). Molto fine è il modo con cui i panneggi avvolgono il corpo delle figure, soprattutto della Madonna, che crea un realistico volume fisico. Non vi è usata l'agemina l'agemina (le striature dorate). Questa pala ebbe un'eco immediata, ripresa per esempio verso il 1285 dal senese Duccio di Buoninsegna, nella sua aristocratica Madonna Rucellai - opera per lungo tempo erroneamente attribuita allo stesso Cimabue - già in Santa Maria Novella e oggi agli Uffizi. 15
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