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LAUREN GROFF FATO E FURIA Traduzione di Tommaso Pincio ROMANZO BOMPIANI Groff, Lauren, Fates and Furies Copyright © 2015 by Lauren Groff All rights reserved First published in 2015 by Riverhead Books An imprint of Penguin Random House LLC 375 Hudson Street, New York, New York 10014 © 2016 Bompiani / Rizzoli Libri S.p.A., Milano ISBN 978-88-452-8276-8 Prima edizione Bompiani ottobre 2016 Per Clay [Ovviamente] LE PARCHE 1. Una fitta pioviggine scese dal cielo come una tenda smossa di colpo. Gli uccelli marini smisero di intonare il canto, l’oceano ammutolì. Le luci della casa affacciata sull’acqua sbiadirono in un grigio indistinto. Due persone risalivano la spiaggia. Lei era bionda ed elegante nel suo bikini verde, malgrado fosse maggio nel Maine e facesse freddo. Lui era alto, vivido; emanava uno sfarfallio luminoso che saltava all’occhio e lo teneva avvinto. Si chiamavano Lotto e Mathilde. Per qualche istante osservarono una pozza di marea piena di creature spinose che svanivano sollevando riccioli di sabbia. Poi lui prese il viso di lei tra le mani, la baciò sulle labbra pallide. Avrebbe potuto morire di felicità in quel preciso istante. Immaginò il mare gonfiarsi per risucchiarli, scarnificarli con la sua lingua e rivoltare le loro ossa in un abisso di molari corallini. Se lei era al suo fianco, pensò, se ne sarebbe andato cantando. Insomma, era giovane, aveva ventidue anni, e si erano sposati quella mattina, in segreto. L’eccesso, viste le circostanze, era perdonabile. Le dita di lei che si abbassavano dietro il suo costume da bagno gli bruciarono la pelle. Lei lo spinse all’indietro, conducendolo su per una duna coperta di cicerchie marittime, poi di 9 nuovo in basso dove una parete di sabbia bloccava il vento e potevano stare più caldi. Sotto il reggiseno del bikini, la pelle d’oca di lei aveva assunto un blu lunare e i capezzoli si erano ripiegati all’interno per il freddo. In ginocchio adesso, malgrado la sabbia fosse ruvida e dura. Non importava. Erano ridotti a bocche e mani. Lui si portò le gambe di lei sui fianchi, la schiacciò sotto di sé, la coprì col suo calore finché lei smise di tremare, fece della sua schiena una duna. Le ginocchia scorticate di lei guardavano il cielo. Lui anelava qualcosa di indicibile e potente: cosa? Di indossare lei. Immaginò di vivere per sempre all’interno del suo calore. Le persone erano sparite dalla sua vita, spazzate una dopo l’altra come tessere di domino; ogni movimento la inchiodava un po’ di più affinché lei non potesse abbandonarlo. Si immaginò una vita passata a scopare sulla spiaggia finché non fossero diventati una di quelle coppie di anziani che camminano a passo spedito al mattino, la pelle simile a una noce smaltata. Perfino da vecchio l’avrebbe guidata danzando tra le dune per farsi strada tra le sue ossa sexy e fragili da uccellino, i fianchi di plastica, il ginocchio bionico. Droni bagnini sarebbero apparsi in cielo, lampeggiando i fari, tuonando Fornicatori! Fornicatori! per indurli a sgombrare con l’animo in colpa. Le ciglia di lei sulle sue guance, le cosce di lei sulla sua cintola, la prima consumazione di questa cosa terrificante che avevano fatto. Matrimonio voleva dire per sempre. [Il suo piano era un letto come si deve, una specie di cerimonia: aveva rubato la casa sulla spiaggia a Samuel, il suo compagno di stanza. Sapeva che nascondevano la chiave in giardino, sotto il carapace di una tartaruga marina, perché era dall’età di quindici anni che ci passava gran parte dell’estate. Una casa di tartan, con motivi liberty e stoviglie dai colori accesi e discreti manti di polvere; la stanza degli ospiti con il triplo lampeggio del faro, di notte, e la spiaggia dirupata, di sotto. 10 Era questo che Lotto si era immaginato per la prima volta con questa ragazza magnifica che, con magia, aveva tramutato in moglie. Mathilde aveva tuttavia ragione a pretendere una consumazione all’aperto. Aveva sempre ragione. Non ci avrebbe messo molto a capirlo.] Terminò troppo presto. Quando lei gridò, uno spruzzo di gabbiani finora nascosti dalla duna innaffiò le nuvole basse. Più tardi, lei gli avrebbe mostrato l’abrasione che le aveva lasciato il guscio di una cozza sull’ottava vertebra mentre lui ci dava dentro. Erano così vicini e pigiati che quando ridevano, la risata di lui risaliva dalla pancia di lei e quella di lei dalla gola di lui. La baciò sugli zigomi, sulla clavicola, sul bianco del polso segnato dalle radici azzurre delle vene. La sua fame terribile, che credeva di poter saziare, non si saziò affatto. La fine evidente nel principio. “Mia moglie,” disse. “La mia.” Forse, anziché indossarla, avrebbe potuto ingoiarla per intero. “Ah, sì?” disse lei. “Mi sembra giusto. Tanto sono un bene mobile. Tanto la mia regale famiglia mi ha scambiato per tre muli e un secchio di burro.” “Adoro il burro del tuo secchio,” disse. “È burro mio adesso. Così salato. Così dolce.” “Altolà,” disse lei. Aveva perso il suo sorriso, così timido e costante che Lotto rimase sorpreso di osservarla da vicino senza. “Nessuno appartiene a nessuno. Abbiamo fatto qualcosa di più grande. Di nuovo.” La guardò pensieroso, le addentò con tenerezza la punta del naso. L’aveva amata con tutta l’anima in quelle due settimane e, nell’amarla a quel modo, l’aveva considerata trasparente, una lastra di vetro. Gli ci voleva un attimo per penetrarla con lo sguardo fino all’essenza. Ma il vetro è fragile, va trattato con cura. “Hai ragione,” disse, malgrado pensasse No e all’intensità con cui si appartenevano. Alla certezza. 11 Tra la sua pelle e quella di lei c’era il più piccolo degli spazi, a malapena sufficiente per l’aria, per questa patina di sudore ora raggelato. E tuttavia una terza persona, il loro matrimonio, ci si era infilato. 12 2. Si inerpicarono tra le rocce verso la casa che avevano lasciato a brillare nel tramonto. Un’unità, il matrimonio, fatta di parti distinte. Lotto era rumoroso e solare; Mathilde, silenziosa, guardinga. Facile pensare che la metà migliore fosse quella di lui, quella che dava il la. È vero che ogni cosa che lui aveva vissuto finora era stata una lunga e costante costruzione che mirava a Mathilde. Che se la sua vita non lo avesse preparato al momento in cui lei vi era entrata, non ci sarebbe stato nessun loro. La pioviggine si era addensata in un acquazzone. Fecero di corsa l’ultimo tratto di spiaggia. [Lasciamoli lì, con gli occhi della mente: magri, giovani, mentre fendono il buio in direzione del tepore, volando sopra la sabbia fredda e le pietre. Ritorneremo da loro. Per adesso, è lui quello che non possiamo smettere di guardare. È lui a brillare.] * ** Lotto adorava quella storia. Diceva sempre di esser nato nell’occhio calmo di un ciclone. [Fin da subito, un incredibile senso del tempismo.] Sua madre era bella all’epoca e suo padre ancora vivo. Estate, tardi anni sessanta. Hamlin, Florida. La casa della pianta13