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2009 - volume 63 - n. 4
ISSN 1972-0122
La Rivista dei
Combustibili
e dell’Industria Chimica
a cura della Stazione Sperimentale per i Combustibili
www.ssc.it
Ricerca & Sviluppo per
il rispetto dell’ambiente
STAZIONE
SPERIMENTALE
per i
COMBUSTIBILI
La Rivista dei Combustibili
e dell’Industria Chimica
Ricerca Istituzionale
Ricerca finanziata
Come ente pubblico, la SSC finanzia e sviluppa autonomamente progetti di ricerca con l’obiettivo di incrementare il patrimonio di conoscenze-esperienze a favore dei
settori di riferimento e del mercato per :
• rispondere alle richieste di consulenza sia a favore dell’industria dei combustibili e delle imprese, sia delle
amministrazioni e enti pubblici
• proporre un’offerta qualificata in tutte le aree e settori
di attività della SSC
• aggiornare costantemente la base di competenze indispensabili per proporsi ed accedere ai finanziamenti di
ricerca pubblici e privati
Realizzata su richiesta e con finanziamenti di
imprese/enti/privati attraverso la partecipazione a progetti di
ricerca finanziati a livello nazionale e europeo.
Il trasferimento dei risultati avviene mediante pubblicazioni su riviste scientifiche o con la pubblicazione di rapporti, relazioni e monografie. Alcuni studi sono disponibili
on line sul sito dell’Istituto (www.ssc.it) alla sezione documentazione online. Questa sezione, creata ad hoc per dare
visibilità all’informazione non commerciale (studi, indagini, rapporti tecnici, presentazione a convegni, articoli,ecc. ),
rappresenta un vero e proprio valore aggiunto per la comprensione e la valorizzazione dell’attività istituzionale SSC.
Dal 1947 la SSC pubblica La Rivista dei Combustibili,
organo di stampa ufficiale dell’Istituto, un periodico dedicato a studi, rassegne e notiziari nel campo dei combustibili solidi, liquidi e gassosi, convenzionali e non. I temi
affrontati riguardano la caratterizzazione, l’utilizzo, l’impatto ambientale, l’aspetto normativo e la sicurezza. Nel
2002, a seguito del nuovo statuto della Stazione
Sperimentale per i Combustibili, che ha consentito alla
SSC di intensificare alcune attività nei confronti dell’industria chimica, la Rivista dei Combustibili ha cambiato
denominazione in La Rivista dei Combustibili e
dell’Industria Chimica.
info: [email protected]
STUDI E RICERCHE
Studi e ricerche SSC riguardano tre temi topici: prestazioni energetiche, ambientali e di
sicurezza legati a combustibili fossili, rinnovabili e biocombustibili.
La Rivista, attualmente pubblicata con periodicità trimestrale, è aperta al contributo di tutti gli studiosi, i tecnici
e gli operatori dei settori di competenza. Viene distribuita in abbonamento gratuito ad aziende, enti ed istituzioni legate ai settori dei combustibili e dell’industria chimica ed è disponibile anche in formato pdf.
La Rivista dei
Combustibili
e dell’Industria Chimica
Volume 63
Fascicolo 4
Anno 2009
SOMMARIO
a cura della Stazione Sperimentale per i Combustibili
ATTIVITÀ SSC – Studi & Ricerche
CO2, libero mercato e “il problema del millisecondo”
di T. Zerlia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2
Studio delle emissioni prodotte da sistemi di riscaldamento domestici alimentati
a biomassa e oli vegetali
di C.Morreale, A. Maggioni, F. Hugony, S. Bertagna, G. Migliavacca, S. Marengo . . . pag. 7
BSA e principio di equità: storia, realtà e costi
di F. Chiesa, G. Migliavacca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 17
ATTIVITÀ SSC – Normazione
Prova Interlaboratorio Prodotti Petroliferi
di D. Faedo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28
CEN/TC 19/WG 31 “Contaminazione totale e filtrabilità”
di A. Gallonzelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 30
CEN/TC 19/WG 27 “Analisi elementare di prodotti petroliferi e affini” Determinazione del Manganese nella benzina
di A. Gallonzelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 32
DAL MONDO ACCADEMICO
Una storica analisi del carbone Sulcis
di M. Taddia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 34
DALL’INDUSTRIA
Contaminazione microbiologia dei carburanti
di M. Mantarro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 41
NOTIZIE
United Nations COP 15 – COP/MOP 5,
7 – 18 dicembre 2009, Copenhagen. Diario della Conferenza sul clima
di S. Casadei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 48
3a Conferenza REACH L’applicazione del REACH: i problemi emersi,
le esperienze delle Imprese e il ruolo delle Autorità Competenti
di A. Mazzei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 53
64° Congresso Nazionale ATI
di C. Morreale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 57
Chimica verde, chimica sicura
di I. Mormino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 59
Particle Instruments: Result You Can Count On
S. Casadei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 62
AGGIORNAMENTO LEGISLATIVO (OTTOBRE-DICEMBRE 2009) . . . . pag. 64
A cura dello Sportello Ambiente
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
ssc
attività - studi & ricerche
CO2, libero mercato e il “problema del millisecondo”1
Tiziana Zerlia
Stazione Sperimentale per i Combustibili
Viale A. De Gasperi 3, 20097 S. Donato Milanese (MI)
Tel. 02 51604236, e-mail: [email protected]
IN PRIMO PIANO
I PIANI NAZIONALI DI EFFICIENZA ENERGETICA E LA QUALITA’ DEI DATI
PROGRESSI E INTERROGATIVI APERTI DEL PACCHETTO CLIMA-ENERGIA
CO2 E STRUMENTI DI MERCATO: UN FALLIMENTO?
IL CITTADINO CONSUMATORE E IL “PROBLEMA DEL MILLISECONDO”
L’ESIGENZA DI UN’AUTORITA’ SOVRANAZIONALE
FOCUS ON
THE NATIONAL ENERGY EFFICIENCY ACTION PLANS AND DATA QUALITY
IMPLEMENTATIONS AND OPEN QUESTIONS OF THE EU CLIMATE-ENERGY PACKAGE
CO2 AND MARKET-BASED INSTRUMENTS (ETS,CDM, JI): A FAILURE?
THE CITIZEN- CONSUMER AND THE “ONE-MILLISECOND ISSUE”
THE NEED OF A TRANSNATIONAL AUTHORITY
I PIANI NAZIONALI DI EFFICIENZA ENERGETICA E LA QUALITA’ DEI DATI
Quali sono i progressi raggiunti dagli Stati Membri rispetto agli obiettivi “indicativi” di
efficienza energetica previsti dalla Direttiva 2006/32/CE?
Con questo primo obiettivo era partita un’indagine sull’efficacia delle misure nazionali di
efficienza energetica (e sulle barriere che ne ostacolano la realizzazione).
Non è stato tuttavia possibile dare una risposta “adeguata” all’interrogativo.
Il motivo principale è che il confronto tra gli Stati Membri si basa su dati
energetico/ambientali la cui qualità - in termini di confrontabilità (omogeneità e accuratezza, in primis) - non è al momento definibile in termini quantitativi come dimostrano i risultati dell’analisi dei PIANI nazionali di efficienza energetica.
La qualità dei dati è invece un nodo chiave per “misurare”, sviluppare e implementare un
sistema che punta al raggiungimento di obiettivi ambientali comuni e, in particolare, a
limitare le emissioni di gas serra. A tale proposito, è emersa una carenza di norme tecniche armonizzate che va ad aggiungersi alla numerosa serie di barriere - segnalata da più
fonti - che rallenta il processo a livello comunitario.
Tale aspetto non è marginale poichè la disponibilità di regole e norme armonizzate rappresenta il presupposto essenziale sia per poter confrontare correttamente (presupposto
per un confronto equo) la situazione energetica di partenza (la baseline) tra Paesi diversi,
sia per monitorare i risultati di specifiche misure di intervento di efficienza energetica sia
per verificare la congruenza tra tali risultati e gli eventuali incentivi erogati attraverso strumenti finanziari/fiscali.
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La Rivista dei Combustibili
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Una parziale soluzione del problema sta nell’attivazione sinergica degli organismi di normazione tecnica - spesso “trascurati” dalla politica - a tutti i livelli territoriali (internazionale, europeo e nazionale) e di tutti gli stakeholder potenzialmente coinvolti. Di fatto, varie
iniziative del 2009 e programmi in corso sia a livello europeo che internazionale2 - sulla
spinta di IEA nell’ambito dell’incarico ricevuto dal G8 - fanno ritenere che il discorso sia
attivato e in progress a tutti i livelli.
PROGRESSI E INTERROGATIVI APERTI DEL PACCHETTO CLIMA_ENERGIA
Le criticità rilevate sul tema dell’“efficienza energetica” – una delle misure della politica
ambientale europea – costituiscono lo spunto per approfondire il discorso e valutare l’evoluzione del “pacchetto” europeo clima-energia approvato nel dicembre 2008.3
E’ emerso, innanzi tutto, che il problema del confronto omogeneo in materia
energetico/ambientale tra gli Stati Membri è ben presente alla Commissione. Sono stati
infatti promossi studi di approfondimento sia sul tema specifico dell’efficienza energetica
sia, più in generale, sull’attuale sistema di monitoraggio adottato dalla Comunità per valutare i progressi dei diversi Stati Membri.
Tali studi hanno consistentemente incrementato le conoscenze sull’argomento: sono emersi punti di forza, criticità e proposte di azioni correttive. Di fatto, sono però rimasti aperti
numerosi interrogativi sia sotto l’aspetto più prettamente tecnico sia rispetto a quello
gestionale4, aspetti che difficilmente consentiranno di impostare, a breve, azioni “misurabili, documentabili e verificabili” (trattato di LISBONA) e omogenee nell’ambito dell’intera Comunità.
E’ comunque evidente che è in corso un consistente percorso di semplificazione/armonizzazione per agevolare gli Stati Membri nell’impostazione dei PIANI energetici nazionali e la
Commissione nelle azioni di valutazione e monitoraggio. Si punta ad un Piano unico e ad una
standardizzazione dei format di raccolta dati (puntando a un database elettronico comune).
Tuttavia, a fronte di tale processo di armonizzazione - bene avviato ma difficile da completare e lungi dall’essere completo (molti dei 27 Paesi Membri hanno storie, esigenze e
politiche fiscali diverse, specie rispetto ai Paesi EU15) - si fa sempre più strada l’ipotesi
che la Commissione punti a rendere obbligatori gli obiettivi legati all’efficienza energetica5 come si legge nel documento della Commissione “7 misure per 2 milioni di posti di
lavoro”6 dello scorso ottobre (al momento in versione draft).
Tale documento evidenzia anche che in una prossima Direttiva tali elementi verrebbero
integrati con la Direttiva ETS e con la Decisione “Effort Sharing” (legata ai settori nonETS) per garantire una reale efficacia. Per altro, la nuova Direttiva recepirebbe in via
obbligatoria anche lo schema dei “certificati bianchi”.
Il probabile carattere cogente dei provvedimenti legati all’efficienza pone con ancora maggiore evidenza il problema del confronto omogeneo tra lo stato di avanzamento dei PIANI
energetico/ambientali degli Stati Membri particolarmente in relazione alle ricadute economiche legate ad eventuali azioni incentivanti/sanzionatorie. Tuttavia, viste le disomogeneità e le criticità più sopra rilevate, fino a quando il processo di armonizzazione non raggiungerà un grado di avanzamento ragionevolmente omogeneo per tutti gli Stati Membri, sembra improbabile che la Commissione possa comminare sanzioni pena una forte perdita di
credibilità.
CO2 e STRUMENTI DI MERCATO: UN FALLIMENTO?
Ma se le condizioni per il “confronto omogeneo” - sopra richiamato - rappresentano ragionevolmente solo un problema di tempi realizzativi, c’è un punto assai più sostanziale da
chiarire, punto che rappresenta la chiave di volta dell’impianto energetico-ambientale
europeo con ripercussioni immediate su tutti noi come cittadini consumatori.
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attività - studi & ricerche
A fronte delle difficoltà e degli impegni – in termini di risorse umane ed economiche che gli
Stati Membri stanno affrontando per “rincorrere” e adeguarsi alla normativa comunitaria7 e
internazionale, emerge infatti che gli strumenti di mercato (ETS, CDM, JI)8, ai quali era stata
affidata la sostenibilità economica della politica di riduzione delle emissioni di gas serra9, che
pure sembravano ottimi “sulla carta” - si starebbero rivelando un fallimento.10
Il grafico riportato sopra non ha bisogno di molti commenti11: rivela una variabilità dei prezzi inquietante e
solleva numerosi interrogativi.
“As shown “….”, the allowance price tripled in the first
six months, collapsed by half in a one-week period in
April 2006, and declined to zero over the next twelve
months. Such movements and the implied volatility inevitably raise questions about the
effectiveness of allowance prices for providing reliable incentives for abatement and other
changes in behavior that reduce the targeted emissions.”12
“THE EXPENSIVE FAILURE OF THE
EUROPEAN UNION EMISSIONS TRADING
SCHEME”
M. Sinclair - TaxPayers’ Alliance.
www.taxpayersalliance.com
IL CITTADINO CONSUMATORE E Il “PROBLEMA DEL MILLISECONDO”
Quali sono le cause di tale volatilità?
Al di là delle analisi economiche che spettano agli addetti ai lavori, tra i fattori più critici
per il cittadino consumatore sembra di poter individuare quelli esposti nel seguito.
Il primo poteva forse essere previsto in anticipo: affidare - di fatto - la politica ambientale al mercato della CO2 avrebbe potuto comportare gli stessi rischi (in primis quelli geopolitici) che caratterizzano il mercato dei combustibili (es. volatilità dei prezzi).
Oggi, tuttavia, in questo nuovo mercato, tutto ciò che sulla carta sembra poter funzionare
proprio in nome del libero mercato (come ha molto chiaramente ed efficacemente illustrato Jos Delbeke 13 ) – costituisce qualcosa che sembra poter essere continuamente messo in
discussione alla luce dei disastri del sistema finanziario globalizzato: ai rischi geopolitici
sembrano aggiungersi quelli speculativi.
Dunque, l’idea di continuare ad affidare lo sviluppo sostenibile al nuovo mercato non può
che risultare un “espediente da brivido” per i cittadini consumatori: la speculazione finanziaria è stata infatti in grado di falsare il gioco della domanda/offerta come si è drammaticamente osservato con il crollo del mercato immobiliare USA e con il boom dei prezzi di
molte materie prime.
E, in questo nuovo mercato, a questi fattori di instabilità si aggiungono elementi legati alle
nuove tecnologie di elaborazione/trasmissione-dati, quali la “speculazione dell’algoritmo”14 e i rischi introdotti dalla matematica finanziaria15: i modelli matematici, messi a
punto per fare previsioni sempre più sicure, si sono rivelati troppo semplici rispetto alla
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La Rivista dei Combustibili
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complessità della realtà e le “nuove macchine” e i nuovi software che fanno girare i modelli consentono sì di fare “trading automatizzato” - con scambi in tempi dell’ordine dei millesimi di secondo - ma possono anche spostare, alla stessa velocità, la liquidità verso i mercati che offrono il prezzo migliore, col paradosso che “un millisecondo può valere fino a
100 milioni di dollari per una grande trading house”16, amplificando il gap tra economia
reale e realtà del mercato finanziario.
Inoltre, per quanto “ipersofisticati” possano essere, i modelli matematici non sono in grado
di valutare l’affidabilità delle informazioni introdotte dagli operatori per l’analisi (com’è
ben noto: “garbage in, garbage out”).
Appare, in definitiva, che il sistema di gestione del credito nell’attuale mercato finanziario
non è sotto controllo ed è in grado di travolgere il mercato a livello globale senza motivazioni legate a situazioni reali.
Dunque – al cittadino consumatore – sembrerebbe quantomeno logico che si cambiasse
sistema di incentivazione/tassazione della CO2 o che si trovasse il modo di garantire il mercato dei crediti.
Del resto, come sono previsti - a salvaguardia della salute e della sicurezza del consumatore
e a garanzia della competitività delle imprese - controlli rigorosi per molti prodotti immessi
sul mercato interno17 - non si vede perché non si debbano prevedere regole e controlli per il
mercato della CO2 cioè in funzione di un obiettivo proiettato a salvaguardia delle future generazioni, obiettivo che con tutta evidenza ha implicazioni di portata ben più ampia rispetto
alle esigenze contingenti di noi “cittadini consumatori”.
Non solo. In assenza di tale regolamentazione, qualsiasi sforzo individuale, collettivo o settoriale rischia di essere vanificato e qualsiasi misura imposta rischia di non essere credibile.
L’ESIGENZA DI UN’AUTORITA’ SOVRANAZIONALE
Dunque, la regolamentazione del mercato e dei prodotti finanziari dovrebbe essere l’obiettivo prioritario e comune da perseguire sia per chi crede, al di là di qualsivoglia interpretazione sui cambiamenti climatici, che “l’ambiente siamo noi”; sia per chi ritiene che la
sostenibilità ambientale dipende grandemente dalla nostra attenzione ai consumi quotidiani (le risorse non sono infinite); sia per quella parte di società civile positivamente orientata ad assumere atteggiamenti più responsabili; sia per le imprese che stanno puntando a
cambiare modello di sviluppo con la green economy; e, infine, per gli stessi Paesi in via di
sviluppo.
Prioritaria dunque dovrebbe essere la richiesta di un’Autorità sovranazionale (analoga a
quella che rappresenta il gruppo delle Autorità nazionali per l’energia elettrica e il gas18):
tale organismo sarebbe preposto a favorire la concorrenza conciliandola con la vigilanza
e la trasparenza del mercato del carbonio, a tutela dei diritti di tutti i cittadini della
Comunità, secondo principi generali di carattere sociale, di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse.
Questo strumento di garanzia - creato per perseguire obiettivi comuni - potrebbe ingenerare fiducia ed agire da “volano” sia rispetto al processo di integrazione dei cittadini a livello comunitario sia, riproposto a livello globale, per far ripartire il processo - in fase di stallo dopo Copenhagen - sulla base di nuove regole di mercato che andrebbero nell’interesse
di tutti.
Va da sè, infatti, che se il mercato globale del carbonio crollasse, non avrebbe alcun senso
accapigliarsi per rivendicare pesi diversi di riduzione delle emissioni secondo il (sacrosanto) principio delle “responsabilità comuni ma differenziate”. Non avrebbe nessun senso
“semplicemente” perchè non ci sarebbe “merce” da scambiare, volata via in bollicine - col
crollo del mercato - la ricchezza virtuale di crediti di carbonio ora a pannaggio quasi esclusivo di pochi Paesi emergenti.
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attività - studi & ricerche
NOTE
1
L’articolo riassume le principali considerazioni di un’indagine promossa dalla Stazione Sperimentale per i
Combustibili (2009)
2
CEN/CENELEC hanno avviato fin dal 2002 attività a supporto della Commissione; a livello internazionale
da segnalare il workshop internazionale– organizzato da IEA, ISO e IEC “International Standards to promote
energy efficiency and reduce carbon emissions” (Parigi, 16-17 marzo 2009).
3
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=TA&reference=20081217&secondRef=TOC&language=EN).
4
Alcuni aspetti da chiarire:
Da quando si conteggiano i miglioramenti raggiunti (“early actions”) e come si calcola la situazione energetica della baseline (il punto di partenza per i successivi monitoraggi)?
Quale deve essere l’approccio per la valutazione dei risparmi (bottom-up, top-down o un approccio misto)? I
due approcci sono confrontabili?
Sono omogenei i “confini” del processo/sistema energetico preso in esame? Persino autorevoli linee guida
internazionali (documenti di riferimento per il calcolo delle emissioni GHG) non hanno procedure omogenee
(in termini di “boundaries”) a parità di processo considerato.
Il problema dell’addizionalità
I livelli di accuratezza sono sufficienti per monitorare riduzioni dei consumi finali dell’ordine di 1%/anno? e,
ancor prima, qual è il grado di accuratezza richiesto?
5
Obiettvi definiti come indicativi nella Direttiva 2006/32/CE
6
“Seven Measures for 2 Million New Eu Jobs” (Sette misure per 2 milioni di nuovi posti di lavoro). Sottotitolo:
“A Low Carbon Eco Efficient & Cleaner Economy for European Citizens”
(www.euractiv.com/pdf/Draft_COM_IS_Oct2009-1%5B1%5D.pdf)
7
Gli Stati Membri devono uniformarsi a una decina tra Regolamenti/Direttive/ Decisioni comunitarie:
- Monitoring Mechanism (MM) Decision No 280/2004/EC & Implementing Provision (Commission Decision
of 10 February 2005);
- National Emission Ceiling Directive (NECD) Directive 2001/81/EC;
- Reporting under the United Nations Framework Convention on Climate Change; Convention on Long-range
Transboundary Air Pollution;
- EU Emissions Trading Scheme Directive 2003/87/EC;
- roposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on industrial emissions -incorporating:
Integrated pollution prevention and control (IPPC) Directive 96/61/EC, Large combustion plant (LCPD)
Directive 2001/80/EC, Waste Incineration Directive 94/67/EC (WID) and VOC Solvents Directive 1999/13/EC;
- European Pollutant Release and Transfer Register Regulation No. 166/2006;
- Fluorinated gases: Regulation 842/2006;
- CO2 from new cars: Decision No 1753/2000/EC;
- Fuel quality directive 98/70/EC, petrol and diesel fuels; Sulphur content of fuels, Directive 1999/32/EC;
- EU Directives adopting Aarhus Convention’s requirements: 2003/4/EC, 2003/35/EC.
8
Possono essere impiegati i prodotti finanziari tipici del sistema finanziario mondiale.
v. ad es. “Technical Aspects of EU Emission Allowances Auctions Consultation Paper http://ec.europa.eu/environment/climat/emission/pdf/cons_paper.pdf
http://ec.europa.eu/environment/climat/emission/consultation_en.htm
9
v. ad es.: “Libro verde”
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2000:0087:FIN:EN:PDF pag 27
10
Ad es.: -”High Quality Greenhouse Gas Emissions Data are a Cornerstone of Programs to Address Climate
Change- GAO-09-423T Climate Change Science;
11
“THE EXPENSIVE FAILURE OF THE EUROPEAN UNION EMISSIONS TRADING SCHEME”Matthew Sinclair _TaxPayers’ Alliance. www.taxpayersalliance.com.
12
“The European Union’s Emissions Trading System in perspective “- Prepared for the Pew Center on Global Climate
Change_ by A. Denny Ellerman Paul L. Joskow MASSACHUSETTS INSTITUTE OF TECHNOLOGY_ May 2008
13
“Environmental policy in times of economic crisis – the example of the EU ETS” - Jos Delbeke- Deputy
Director General DG ENVIRONMENT- European Commission- (Adam Smith Prize 2009 - Rotes Rathaus,
Berlin- 29 May 2009)
http://ec.europa.eu/environment/climat/emission/pdf/speech_berlin_290509.pdf
14
Nova – Sole 24 ore –giovedì 1 maggio 2008 - “La speculazione dell’algoritmo” (Ross Tieman )
15
Nova – Sole 24 ore – giovedì 6 novembre 2008 –- “La matematica finanziaria si ripensa” (Mario Margiocco)
16
Nova – Sole 24 ore – giovedì 6 novembre 2008 - “E’ una questione di millisecondo” (Financial Times)
17
Direttive e Regolamenti disciplinano la libera circolazione delle merci nel mercato unico europeo per molti prodotti: ad es., prodotti chimici (REACH), prodotti alimentari, giocattoli, apparecchiature a gas, ..). Vedi ad es.:
http://ec.europa.eu/enterprise/policies/single-market-goods/documents/regulated-sectors/index_en.htm
http://ec.europa.eu/enterprise/policies/european-standards/documents/harmonised-standards-legislation/
18
The Council of European Energy Regulators (CEER) and the European Regulators’ Group for Electricity and
Gas (ERGEG) are two organisations established for the cooperation of the independent energy regulators of
Europe. ERGEG is a formal advisory body of the European Commission on energy issues, whereas the CEER
was set up by the regulators on their own initiative and is based upon the voluntary cooperation of the regulators
themselves. Visit www.energy-regulators.eu.
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La Rivista dei Combustibili
ssc
attività - studi & ricerche
Studio delle emissioni prodotte da sistemi di riscaldamento
domestici alimentati a biomassa e oli vegetali
Carmen Morreale, Angela Maggioni, Francesca Hugony, Silvia Bertagna, Gabriele Migliavacca,
Sergio Marengo
Stazione Sperimentale per i Combustibili
Viale A. De Gasperi 3, 20097 S. Donato Milanese (MI)
Telefono +039 02 51604.1, e-mail: [email protected]
RIASSUNTO
Il lavoro presentato in questo articolo, svolto presso la Stazione Sperimentale per i
Combustibili (SSC), descrive i risultati ottenuti durante un’indagine sperimentale sulla
combustione di biomassa legnosa e oli vegetali in apparecchi per il riscaldamento domestico di medio-piccola potenza durante un tipico ciclo di funzionamento reale. L’obiettivo
dello studio è stato quello di quantificare i fattori di emissione per i principali inquinanti
gassosi prodotti dalla combustione, compreso il particolato ultrafine, espresso in termini di
concentrazione in numero [#/cm3] e distribuzione granulometrica delle particelle.
SUMMARY
The work carried out by Stazione Sperimentale per i Combustibili (SSC) covered the
investigation of typical wood and vegetable oils fuel combustion for domestic heating
under real operation conditions. The aim was to quantify emission factors for typical
gaseous pollutants and for ultrafine particles in terms of particle number concentration and
size distribution, in order to increase the knowledge about the environmental performances of small scale heating appliances and help policy makers in the regulation of these appliances.
INTRODUZIONE
L’utilizzo a fini energetici delle biomasse gioca un ruolo molto importante all’interno della
politica energetica dell’Unione Europea anche alla luce del cosiddetto pacchetto 20-20-20,
che si propone, entro il 2020, la riduzione delle emissioni dei gas serra del 20% e l’incremento di produzione di energia da rinnovabili del 20% entro il medesimo periodo di
tempo.
Conseguentemente alla emanazione di questa direttiva nasce dunque l’esigenza di valutare l’impatto di questi combustibili sull’ambiente non solo in termini di gas a effetto serra
(CO2 in primis), ma anche in termini di inquinanti regolamentati (CO, TOC, NOX, SO2,
PM10) e di particolato ultrafine (particelle con diametro inferiore a 100 nm). L’emissione
di particolato ultrafine, la cui fonte principale sembra da attribuirsi al settore dei trasporti,
viene prodotta in generale da tutti i processi di combustione; uno dei processi sui quali i
dati di letteratura sono ancora piuttosto scarsi è la combustione della legna. La Stazione
Sperimentale per i Combustibili (SSC), già in passato impegnata in indagini su campo
volte a definire dei fattori di emissione validi per combustibili fossili e rinnovabili (solidi,
liquidi e gassosi) [1,2,3] ha condotto una campagna sperimentale che mette in evidenza il
ruolo non trascurabile, sia in fase di regime di funzionamento stazionario, sia durante le
fasi transitorie di accensione e spegnimento, della combustione delle biomasse con apparecchi per uso domestico. Allo scopo, sono stati sviluppati specifici protocolli di campionamento e di misura, nonché di trattamento dei dati raccolti come metodi standard per test
su apparecchiature ed emissioni. Questo articolo riassume i risultati dei test effettuati su
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ssc
attività - studi & ricerche
due differenti generatori di calore alimentati con differenti combustibili fossili e rinnovabili in diverse condizioni operative: un caminetto chiuso di potenza pari a 11 kW di impiego prettamente domestico e una caldaia automatica da 175 kW (dimensionata per il riscaldamento di un piccolo condominio).
APPARATO SPERIMENTALE
Per effettuare le misure sulle diverse tipologie di apparecchi di riscaldamento, sono stati
predisposti appositi impianti di misura.
Caldaia automatica
La caldaia automatica che è stata presa in esame è inserita in un impianto pilota presente
presso la SSC. Come illustrato in Figura 1, il sistema simula le normali condizioni operative di un impianto di riscaldamento. La caldaia ha una potenza di 175 kW ed è stata alimentato con biodiesel, olio di girasole e gas naturale. Attraverso l’impiego di analizzatori
in continuo, sono stati misurati i principali inquinanti gassosi (CO, CO2, NO, NO2, SO2,
Composti Organici Totali) e l’ossigeno presenti nei fumi di combustione. Il particolato
totale è stato invece determinato per via gravimetrica.
Figura 1
Schema
dell’impianto
sperimentale per
lo studio di
caldaie
automatiche
Caminetto
Questo apparecchio, con potenza di 11 kW, è stato alimentato con legna di faggio e di robinia. Come è possibile vedere in Figura 2, un tunnel di diluizione posto all’uscita del caminetto, all’interno del quale i gas di scarico sono mescolati con aria fredda, garantisce le
condizioni necessarie per permettere il campionamento del particolato totale a temperatura ambiente.
Per controllare il rapporto di diluizione nella zona di campionamento sono stati utilizzati un
ventilatore elettrico, posto alla sommità del camino da cui escono i fumi di combustione,
gestito da un inverter. Anche in questo caso, come per la caldaia automatica, sono stati ana8
La Rivista dei Combustibili
ssc
lizzati gli inquinanti gassosi, il particolato e i parametri di combustione. Per monitorare il rapporto di diluizione è stata inoltre analizzata in continuo la CO2 prima della diluizione.
Il particolato è stato campionato su un filtro posto a valle del sistema di diluizione secondo la metodologia descritta dalla normativa US EPA [4], dato che attualmente non esiste
una normativa europea armonizzata. È stata inoltre effettuata la misura istantanea della
concentrazione di particolato nei fumi di combustione utilizzando uno strumento il cui
principio di funzionamento si basa sullo scattering della luce laser e con un tempo di risposta minimo di 0,1 s.
Figura 2
Schema
dell’impianto
sperimentale per
lo studio di
caminetti
Campionamento di particolato ultrafine
Il particolato ultrafine è una tipologia di inquinante che può essere emesso sia direttamente durante il processo di combustione, sia dopo l’emissione in atmosfera in seguito a
reazioni fotochimiche a cui vanno incontro alcuni inquinanti contenuti nei fumi di combustione. Le particelle ultrafini vengono caratterizzate attraverso la loro concentrazione
totale e la distribuzione dimensionale in numero.
Il sistema di diluizione utilizzato durante le prove (Figura 3) è composto da un ugello,
attraverso il quale vengono campionati i fumi di scarico in condizioni di flusso isocinetico, che invia i fumi campionati e diluiti a due cicloni posti in serie rispettivamente con
taglio 10 e 2.5 micron. Tali cicloni devono essere mantenuti alla temperatura dei gas all’interno del camino per garantire il diametro di taglio delle particelle; a tal fine il sistema è
provvisto di sensori per la misura in continuo di temperatura ed umidità, che consentono
di avere anche un controllo completo sulle condizioni di campionamento.
A valle del diluitore è posto un apparecchio FMPS (Fast Mobility Particle Sizer, TSI) che
misura il numero di particelle presenti in un flusso di gas in un range dimensionale che va
da 5.6 a 560 nm. La concentrazione totale di particelle e la loro distribuzione dimensionaVolume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
9
ssc
attività - studi & ricerche
le in numero vengono determinate con una risoluzione temporale di 1 s, permettendo quindi la visualizzazione dell’andamento della concentrazione durante le diverse fasi della
combustione, in particolare quelle transitorie.
Figura 3
Schema della linea
di campionamento
del particolato
ultrafine (EPA
CTM-39)
RISULTATI
!
Caldaia automatica (100-175 kW)
Durante la sperimentazione è stata impiegata una caldaia di classe media (potenza fino a
175 kW) alimentata a biodiesel e olio di girasole. Durante le prove sono state simulate le
tipiche condizioni operative di questo tipo di impianto che consistono in una serie di cicli
di accensione e spegnimento finalizzati al mantenimento di una prefissata temperatura dell’acqua contenuta nel circuito idraulico del sistema di riscaldamento. Il tipico andamento
che si osserva durante i cicli di accensione di una caldaia di questa tipologia, alimentata a
gas o a gasolio (i combustibili ad oggi più utilizzati per il riscaldamento domestico) è
mostrato in Figura 4, nella quale sono riportate le concentrazioni di CO e COT e l’andamento della pressione in camera di combustione (Pitot).
Un andamento analogo è stato registrato anche durante le prove in regime transitorio condotte con il medesimo impianto alimentato con biodiesel e olio di girasole, durante le quali sono
state anche misurate le concentrazioni (espresse come # di particelle/cm3) di particolato ultrafine prodotte dalla combustione; in Figura 5 vengono mostrati gli andamenti delle concentrazioni di CO, COT e numero totale di particelle (TNC, Total Number Concentration).
Tra le concentrazioni delle diverse specie si nota una buona correlazione; il passaggio
dalla fase di combustione stazionaria, che rappresenta la condizione di marcia ottimale per
l’impianto, a quella transitoria di accensione-spegnimento, che rappresenta per contro una
condizione, seppur breve, di combustione “non controllata” influenza allo stesso modo i
tre parametri descritti; solo i picchi di concentrazione del TNC appaiono leggermente tra10
La Rivista dei Combustibili
ssc
CO
0.45
COT
2500
0.4
ACCESO
FASE DI
LAVAGGIO
Pitot
0.35
0.3
2000
0.25
SPENTO
1500
0.2
0.15
1000
!p (mm H2O)
3000
ppm
Figura 4
Concentrazioni
di CO e COT e
andamento della
pressione in
camera di
combustione
durante un ciclo di
prova su caldaia
automatica
alimentata con
gasolio
0.5
3500
0.1
500
0.05
0
0
40.00
42.00
44.00
46.00
48.00
50.00
t (m in)
COT
Figura 5
Andamento di
CO, COT e TNC
durante la fase
stazionaria e
transitoria di una
caldaia da
riscaldamento
alimentata con (a)
biodiesel; (b) olio
di girasole
TNC
(a)
1,21E+08
500
1,01E+08
400
8,10E+07
ON
300
6,10E+07
200
4,10E+07
TNC [#/cm3]
CO [ppm ] TOC [mg/Nm3]
600
CO
OFF
100
2,10E+07
0
2000
1,00E+06
2500
3000
3500
4000
4500
t rel [sec]
CO [ppm ] COT [mg/Nm3]
450
(b)
1,42E+08
ON
400
1,22E+08
350
1,02E+08
300
8,20E+07
250
200
6,20E+07
OFF
150
4,20E+07
100
2,20E+07
50
0
6400
TNC [#/cm3]
500
2,00E+06
6900
7400
7900
8400
t r el [sec]
slati rispetto a quelli delle concentrazioni di CO e COT: questo “ritardo” è da attribuire al
tempo di residenza del gas analizzato nella camera di diluizione che costituisce il sistema
di campionamento descritto precedentemente.
Durante la fase di combustione stazionaria di biodiesel (Figura 6) la concentrazione delle
particelle ultrafini si è attestata attorno al valore di 1,09*108#/cm3; durante la fase di speVolume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
11
ssc
attività - studi & ricerche
gnimento si è assistito, come prevedibile, ad una rapida discesa di tale valore, seguita successivamente da un nuovo ma meno significativo incremento, dovuto al rilascio di gas
esausti o incombusti dovuti al lento rilascio dei gas esausti o incombusti presenti in camefase intermedia 1
fase stazionaria
fase stazionaria
spegnimento
7,00E+07
1,20E+08
1,00E+08
dN/dlog(D p) [#/cm3]
(a)
8,00E+07
6,00E+07
4,00E+07
2,00E+07
0,00E+00
1
10
Figura 6
Distribuzione
del numero di
particelle durante
la fase di
accensione (a) e
di spegnimento (b)
durante la
combustione di
olio di girasole
in caldaia
automatica
accensione
fase intermedia
dN/dl og(DP) [#/cm3]
100
1,00E+08
5,00E+07
0,00E+00
12
3,00E+07
2,00E+07
1,00E+07
0,00E+00
1
10
Dp [n m ]
fase stazionaria
fase intermedia 2
accensione
fase stazionaria
1,50E+08
1
4,00E+07
1000
(a)
2,00E+08
5,00E+07
100
1000
ra di combustione al momento dello spegnimento della caldaia. La concentrazione di questo piccolo picco è trascurabile sebbene sia interessante verificarne la distribuzione in termini di granulometria. La distribuzione dimensionale del particolato ultrafine formato
durante il transitorio ha evidenziato mode più elevate rispetto a quelle riscontrate durante
la fase stazionaria. L’olio di girasole ha evidenziato un comportamento migliore in combustione durante la normale conduzione dell’impianto con TNC medio pari a 9,7*106
#/cm3, mentre ha fornito prestazioni peggiori del biodiesel in condizione di impianto non
ottimale. Durante lo studio dei cicli, i primi due minuti di campionamento dopo l’accensione sono stati considerati rappresentativi della fase di avviamento della caldaia: in realtà, in accordo con quanto monitorato grazie all’impiego del contatore di particelle, la fase
di accensione vera e propria, nella quale si evidenza un picco significativo di concentrazione, dura solo alcuni secondi, sia con utilizzo di biodiesel, sia con alimentazione ad olio
di girasole. Nel caso dell’olio di girasole si manifesta durante questo breve periodo di
tempo una distribuzione modale centrata su 60-80 nm che rapidamente scompare; nella
medesima fase si evidenzia anche una moda centrata su diametri inferiori a 10 nm che
rapidamente si sposta intorno ai 6 nm non appena la combustione diventa stabile. Durante
la fase di spegnimento si manifesta invece un comportamento opposto, con una transizione della moda dai valori caratteristici della fase stazionaria verso i 10 nm; dopo lo spegnimento la moda continua a spostarsi verso valori prossimi a 30-50 nm. Similmente, durante la combustione di biodiesel la fase di accensione dura approssimativamente 10 secondi, durante i quali la moda, si sposta da 20 nm si sposta fino a 30 nm, per poi traslare, con
concentrazioni assolute più basse, intorno ai 10 nm, valore tipico anche in questo caso
della fase stazionaria. Dopo lo spegnimento della caldaia il valore modale della distribuzione si sposta, nel giro di pochi minuti, da 10 a 30 nm (Figura 7).
Figura 7
Distribuzione
del numero di
particelle durante
la fase di
accensione (a) e
di spegnimento
(b) durante la
combustione di
biodiesel in
caldaia
automatica
2,50E+08
Dp [nm]
fase stazionaria
spegnimento
(b)
6,00E+07
dN/dlog(D p) [#/cm3]
dN/dlo g(Dp) [#/cm3]
accensione
fase intermedia 2
10 Dp [n m ] 100
1000
1,60E+08
fase intermedia 1
spegnimento
(b)
1,20E+08
8,00E+07
4,00E+07
0,00E+00
1
10
Dp [nm ]
100
1000
La Rivista dei Combustibili
ssc
I valori dei fattori di emissione degli inquinanti tradizionali sperimentalmente determinati
durante le fasi transitorie di accensione e spegnimento dell’impianto sono riportati in
Tabella 1. Vengono presi in considerazione solo quegli inquinanti per i quali si sono registrate emissioni significative.
Composti
CO [g/GJ]
COT [g/GJ]
NOX [g/GJ]
Fase della combustione
Gasolio
Gas Naturale
Biodiesel
Olio di girasole
Transitorio
0,26
0,87
0,42
1,21
Stazionario
1,48
0,90
1,14
4,64
Transitorio
0,17
1,22
0,19
0,08
Stazionario
0,08
0,02
0,08
0,13
Totale
59,2
25,8
41,25
57,2
Tabella 1
Fattori di
emissione
determinati
durante
la campagna
sperimentale
SSC
I dati raccolti sono stati elaborati al fine di identificare il contributo all’emissione totale della
fase stazionaria e di quella transitoria; il contributo del picco di concentrazione relativo
all’accensione è stato valutato integrando la corrispondente concentrazione sul tempo, tenendo conto del valore di portata di gas esausti emessa nello stesso intervallo di tempo. Un fitting numerico dei dati sperimentali si è reso talvolta necessario per valutare l’integrale del
picco dove i punti sperimentali non risultavano sufficienti per eseguire un’integrazione diretta, come è accaduto invece nel caso di precedenti prove condotte con gas e gasolio.
Il contributo della fase stazionaria è stato calcolato sulla media delle concentrazioni registrate durante la prova in condizioni di combustione stabile. Infine, il contributo della fase
di spegnimento è stato stimato, ove significativamente presente, assumendo che la concentrazione per ciascuno degli inquinanti considerati fosse uniformemente distribuito all’interno del volume della camera di combustione e moltiplicando tali concentrazioni per detto
volume. Dal momento che la produzione in combustione degli ossidi di azoto è strettamente legata alla composizione del combustibile, il fattore di emissione degli NOX è stato
determinato considerando un periodo di campionamento che coprisse tutta la durata del
test, dall’accensione allo spegnimento.
In generale, tutti i combustibili utilizzati hanno dimostrato un buon comportamento durante la combustione in fase stazionaria, relativamente ai limiti in vigore per le emissioni.
L’olio di girasole ha mostrato emissioni più elevate di CO rispetto agli altri combustibili, ma
ha evidenziato buone prestazioni ambientali in termini di COT, se paragonate ad esempio alle
concentrazioni emesse durante la fase transitoria per CO e COT per il gas naturale.
Il particolato prodotto durante la combustione di gas e anche di gasolio risulta per contro
molto basso (rispettivamente 0,1 g/GJ e 0,2 g/GJ).
I fattori di emissione del particolato totale e ultrafine per il biodiesel e l’olio di girasole
vengono invece riassunti in Figura 8. Per quanto riguarda i fattori relativi al particolato
ultrafine, non è stato possibile evidenziare un contributo attribuibile alla fase transitoria; in
generale, valori più elevati sono stati registrati durante la normale conduzione dell’impianto per il biodiesel (5,5*106 #/cm3) rispetto all’olio di girasole (4,9*106 #/cm3). La combustione dell’olio produce molto più particolato rispetto al biodiesel, principalmente con
dimensione superiore al micron o inferiore a 5 nm (che rappresenta il limite inferiore di
rilevabilità dello strumento utilizzato), mentre viene prodotto poco particolato ultrafine; al
contrario, il biodiesel presenta ottime caratteristiche riguardo all’emissione di particolato
totale ma emissioni significative di particolato ultrafine.
Caminetto chiuso
La combustione della legna in ciocchi presenta caratteristiche che dipendono da numerose
variabili, molto meno definibili e controllabili a priori; le prove condotte negli impianti
sperimentali infatti non sempre sono in grado di riprodurre le reali pratiche di combustione, prime fra tutte l’alimentazione della legna che avviene in maniera intermittente e
discontinua, sia per caratteristiche, sia per qualità.
Le prove condotte durante lo studio hanno avuto quindi come prima finalità quella di riuVolume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
13
ssc
PM
4
TNC
3,5
6,10E+16
5,10E+16
4,10E+16
2,5
3,10E+16
2
1,5
2,10E+16
TNC [#/GJ]
3
PM [g/GJ]
Figura 8
Fattori di
emissione del
particolato totale
e del particolato
ultrafine per
biodiesel e olio di
girasole
attività - studi & ricerche
1
1,10E+16
0,5
0
1,00E+15
Biodiesel
Olio di girasole
scire a definire, ove possibile, una procedura standard di alimentazione e combustione
della legna, tale da poter ricavare nel seguito dati di emissione consistenti e rappresentativi. Sono state utilizzate due tipologie di biomassa: legna di faggio e legna di robinia.
In generale, la prima ha mostrato un buon comportamento durante la combustione, mentre
più altalenante si è mostrato quello della robinia, per la quale si è reso indispensabile, per
il mantenimento di una fiamma vivace, una frequente movimentazione della legna sul letto
di brace; per questa ragione, è difficile definire, operando con questo combustibile, un vero
e proprio regime stazionario.
Nelle prove di combustione con legna di faggio e nella fase di alimentazione in particolare, sono stati riscontrati significative emissioni di CO, COT e particolato (Figura 9). Un
picco nella concentrazione del numero di particelle è stato evidenziato durante la prima
fase di combustione di legna appena alimentata al caminetto, ma con valori del tutto paragonabili a quelli registrati durante le normali fluttuazioni di questo tipo di combustione
nella fase “stazionaria” tra un riempimento e il successivo.
Dal punto di vista della distribuzione del numero di particelle ultrafini è stata invece osservata qualche differenza tra la fase transitoria e la breve fase stazionaria.
Durante la prima parte della combustione, immediatamente successiva al carico, è stata
osservata una distribuzione bimodale con centro situato attorno a 20 nm, che rapidamente
CO
600
COT
TNC
5,01E+07
4,51E+07
500
4,01E+07
3,51E+07
400
3,01E+07
2,51E+07
300
2,01E+07
200
TNC [#/cm3]
CO [ppm ] COT [mg/Nm3]
Figura 9
Andamento di
CO, COT e TNC
durante la fase
stazionaria e
transitoria della
combustione di
biomassa in
caminetto chiuso
1,51E+07
1,01E+07
100
5,10E+06
0
0
14
1000
2000
3000
1,00E+05
4000
t r el [sec]
La Rivista dei Combustibili
ssc
accensione
fase intermedia
dN/dlog(Dp) [#/cm3]
2,50E+08
dN/dlog(Dp) [#/cm3]
accensione
fiamma vivace
(a)
2,00E+08
1,50E+08
1,00E+08
5,00E+07
0,00E+00
1
10
100
Dp [nm]
f iamma vivace
fiamma vivace
fase intermedia 2
4,00E+08
(b)
3,50E+08
fiamma debole
fase intermedia 1
2,00E+08
1,50E+08
1,00E+08
5,00E+07
0,00E+00
1
1,20E+08
1,00E+08
10
100
Dp [nm]
(c)
8,00E+07
10
Dp [nm]
100
I fattori di emissione del particolato totale e ultrafine sono mostrati in Figura 11.
In generale è possibile affermare che il faggio produce minori concentrazioni di particolato se confrontato con la robinia, che paga il peggior comportamento durante la
combustione.
CO [g/GJ]
COT [g/GJ]
NOX [g/GJ]
1000
fase di estinzione
Complessivamente, i fattori di emissione ricavati
6,00E+07
dalle prove di combustione della legna di faggio e
4,00E+07
robinia, con procedimento analogo a quello utiliz2,00E+07
zato per i combustibili liquidi, sono riportati in
0,00E+00
Tabella 2. Come già detto in precedenza, il com1
portamento in combustione della robinia appare
decisamente peggiore rispetto al faggio, e sicuramente maggiormente dipendente dalle modalità
proprie di ogni singolo utilizzatore di condurre autonomamente l’impianto.
Composti
1000
3,00E+08
2,50E+08
dN/dlog(Dp) [#/cm3]
scompare quando la fiamma inizia a diventare più
intensa e “stabile” (Figura 10a). La seconda moda
rimane invece centrata attorno 100-120 nm.
Durante la fase successiva sono stati invece identificati due momenti distinti: uno caratterizzato da
fiamme alte e stabili, imputabili alla combustione
in fiamma dei prodotti di pirolisi, dove la distribuzione dimensionale delle particelle ultrafini è rappresentata da una moda superiore a 100nm e un
secondo momento caratterizzato da una distribuzione bimodale con moda rispettivamente intorno
ai 100 nm e tra i 30 e i 50 nm (Figura 10b); durante questa seconda fase la fiamma appare visivamente meno stabile e più debole, fatto probabilmente imputabile alla minore presenza di composti volatili rispetto alla fase iniziale della combustione e contemporaneamente alla presenza di
residui di char che bruciando danno origine a particelle più grosse (seconda moda) [5].
Infine è stata identificata la fase di estinzione
della fiamma (Figura 10c), in parte simile come
comportamento a quella appena descritta riguardo
alla condizione di fiamma debole, anch’essa
caratterizzata da una distribuzione del numero di
particelle bimodale (con moda principale attorno
ai 30 nm e la seconda attorno a 140-160 nm).
Fase della combustione
Faggio
Transitorio
108
Stazionario
1617
Transitorio
152
Stazionario
55
Totale
51
Robinia
2276
1000
Figura 10
Evoluzione della
distribuzione del
numero di
particelle a) fase
di accensione; b)
fase con fiamma
forte e fiamma
debole; c) fase di
estinzione.
Combustione di
biomassa in
caminetto chiuso
279
75
Tabella 2. Fattori di emissione determinati durante la campagna sperimentale SSC in
caminetto aperto
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
15
ssc
attività - studi & ricerche
300
PM
TNC
1,21E+17
250
PM [g/GJ]
1,41E+17
1,01E+17
200
8,10E+16
150
6,10E+16
100
4,10E+16
50
TNC [#/GJ]
Figura 11
Fattori di
emissione
sperimentali di
particolato e
particelle ultrafine
ricavati da prove
di combustione di
robinia e faggio in
caminetto chiuso
2,10E+16
0
1,00E+15
Faggio
Robinia
CONCLUSIONI
Dall’analisi e dal confronto delle caratteristiche e delle prestazioni mostrate da diversi
combustibili fossili e rinnovabili in impianti di differente tipologia e potenzialità sono
emerse le seguenti considerazioni:
• le fasi transitorie della combustione, costituite prevalentemente dai cicli di accensione
e spegnimento che abitualmente governano il funzionamento degli apparecchi automatici utilizzati per il riscaldamento domestico, possono contribuire significativamente
alle emissioni complessive di particolari inquinanti come CO, COT, particolato;
• il livello tecnologico degli apparecchi utilizzati influenza anch’esso notevolmente l’impatto del settore degli impianti di riscaldamento, con una significatività che è del tutto
paragonabile a quella derivante dalle caratteristiche del combustibile utilizzato (la combustione “controllata” in caldaie automatiche produce meno inquinanti di una combustione di biomassa condotta in maniera non ottimale);
• la concentrazione del numero totale di particelle prodotta durante il processo di combustione appare essere determinata prevalentemente dalla tipologia di combustibile utilizzato, con emissioni comunque inferiori in apparecchi regolati automaticamente in base
alle condizioni di esercizio e limitatamente alle fasi di accensione e spegnimento del
sistema;
• le caratteristiche dimensionali delle particelle ultrafini si sono inoltre rivelate differenti nelle diverse fasi: più numerose e con diametro maggiore nella fase di accensione, più
fini ma inferiori in numero nella fase stazionaria;
• le prove condotte su caminetto chiuso hanno mostrato invece maggiori emissioni dovute
alle condizioni di funzionamento discontinuo durante tutto il corso della prova di combustione.
BIBLIOGRAFIA
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on heating fuels: influence of un steady burning condition on pollutant emissions,
Riv. dei Combustibili 2006, 60, 315-330.
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A., Migliavacca G. Experimental investigations of the influence of transitori phases
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1994 97, pag 469.
16
La Rivista dei Combustibili
ssc
attività - studi & ricerche
BSA e principio di equità: storia, realtà e costi
Francesco Chiesa, Gabriele Migliavacca
Stazione Sperimentale per i Combustibili
Viale A. De Gasperi 3, 20097 S. Donato Milanese (MI)
Telefono +039 02 51604.1, e-mail: [email protected]
LA CRONOLOGIA DELLE SCELTE
Nel 1992 a Rio la firma, da parte di oltre 150 paesi, della Convenzione Quadro sui cambiamenti climatici, il cui obiettivo era la stabilizzazione della concentrazione dei gas serra
in atmosfera, dava inizio alla tormentata storia della politica mondiale contro i mutamenti antropogenici del clima. Una storia fatta di obiettivi ambiziosi, di clamorosi dietrofront
e di impegni disattesi. Tutto ciò in una prospettiva caratterizzata da traguardi di ben difficile raggiungimento, rispetto alle concrete potenzialità tecnico-economiche, ma allo
stesso tempo troppo modesti rispetto alle necessità imposte dagli scenari climatologici
avanzati da una significativa parte della comunità scientifica. Questo primo trattato, definito durante il cosiddetto “Summit della Terra” puntava alla riduzione delle emissioni di
gas serra (GHG) ma non poneva limiti obbligatori alle singole nazioni e soprattutto non
era vincolante. Esso si poneva l’obiettivo di “raggiungere la stabilizzazione delle emissioni di GHG in atmosfera ad un livello abbastanza basso per prevenire interferenze antropologiche dannose per il clima” basandosi sull’applicazione del “principio di equità”. In base
a questo principio i paesi hanno comuni ma differenziate responsabilità a seconda delle
condizioni di sviluppo e della capacità di perturbare il clima e di intervenire. Il primo e il
principale tentativo di compromesso su questi punti venne definito a Kyoto nel dicembre
del 1997 dove venne stilato quel Protocollo (PK) che da allora ha legato indissolubilmente il nome della antica capitale del Giappone al problema del riscaldamento globale. In
esso si stabilisce l’obbligo per i paesi industrializzati aderenti di ridurre le emissioni climalteranti (CO2, CH4, N2O, HFC, PFC, SF6) in misura non inferiore al 5,2% rispetto a
quanto emesso nel 1990, e ciò nel periodo 2008-2012. L’entrata in vigore del trattato era
subordinata all’adesione di almeno 55 paesi responsabili di non meno del 55% delle emissioni globali che, espresse in termini di Ceq, ammontavano a circa 6000 Mt, delle quali
circa il 50% prodotte nei paesi industrializzati. La ratifica da parte russa ha permesso l’entrata in vigore del trattato il 16 febbraio del 2005, ad esso aderiscono attualmente 61%
delle emissioni globali.
Nell’ambito di quanto previsto dal PK, l’Unione Europea si è impegnata a ridurre le proprie emissione dei principali gas serra dell’8% rispetto alle emissioni stimate nel 1990.
Accanto a questo obiettivo di fondo l’Unione e i principali paesi ad essa aderenti si ponevano anche differenti obiettivi strategici a breve, medio o lungo termine. Principalmente
essi miravano ad acquisire una posizione preminente nella governance ambientale con
significative ricadute sulle proprie economie grazie al raggiungimento della leadership nei
principali settori tecnologici correlati. Per la Francia si trattava del nucleare, per la Gran
Bretagna della tecnologia delle piattaforme off-shore per l’estrazione del gas naturale, per
le finalità erano interne, legate alla propria situazione politico-economica contingente.
Il problema che si è posto negli anni immediatamente successivi a questa scelta è consistito nel definire una equa ripartizione degli oneri correlati al raggiungimento degli obiettivi previsti, tenendo in conto la diversa situazione di ciascun paese in base al preesistente livello tecnologico, alla propria condizione economica ed alle prospettive di sviluppo. I
due criteri guida enfatizzati nella Conferenza sul Clima sono stati l’equità e l’efficienza.
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
17
ssc
attività - studi & ricerche
Fra i molti studi e le molte analisi che sono stati condotti e presi in esame nella fase di preparazione e negoziazione degli accordi a livello europeo, ha meritato particolare considerazione il cosiddetto studio Triptych (Phylipsen et al., 1998), commissionato dalla presidenza olandese della Commissione Europea. In esso si asserisce che una ripartizione equa
dei tetti di emissione debba tenere in considerazione la popolazione ed il suo tasso di crescita, gli standard di vita, le strutture economiche, l’efficienza nella produzione energetica ed il clima. Su queste basi nel 1998 viene firmato il Burden Sharing Agreement (BSA)
che stabilisce tetti di emissione differenziati per ciascuno stato membro, il rispetto dei
quali garantisce il conseguimento degli obiettivi di Kyoto a livello europeo. Per il nostro
Paese, tale accordo è stato confermato, dopo l’iniziale riserva espressa dal capo della delegazione italiana, con la ratifica del medesimo Protocollo nel maggio del 2002 diventando
così un trattato internazionale vincolante.
L’efficacia delle misure previste dal PK è però strettamente legata alla sua generalizzata
accettazione ed applicazione. Ciò sia in quanto il raggiungimento solo parziale dei traguardi di riduzione delle emissioni non garantirebbe alcun apprezzabile risultato, sia perché la mancata accettazioni di vincoli comuni a livello mondiale introdurrebbe un elemento di impari competizione fra i diversi attori del panorama economico globale. Alla convinta adesione dell’Unione Europea non ha corrisposto una altrettanto entusiastica partecipazione da parte di altre realtà che nel presente giocano un ruolo di rilevante importanza sul piano economico, produttivo ed emissivo o che ne ricopriranno uno altrettanto
importante nel prossimo prevedibile futuro. Così per l’entrata in vigore del PK si è dovuto attendere il febbraio del 2005, quando si è conseguito il raggiungimento dei due fondamentali criteri stabiliti per l’avvio del medesimo. Il ritiro da parte degli Stati Uniti nel
2001 ha reso difficile il raggiungimento della soglia del 55% delle emissioni globali, alla
quale l’Unione Europea contribuisce per il 24.2% e il Giappone per l’8.5%. Gli 84 paesi
che avevano originariamente firmato il trattato sono progressivamente aumentati, ma nel
frattempo molto è cambiato nel mondo: la mancata adesione degli Stati Uniti da un lato
e la rapidissima crescita economica di India e Cina hanno sostanzialmente modificato lo
scenario di riferimento.
La diffusa convinzione dell’inadeguatezza del PK e dei suoi meccanismi a far fronte efficacemente ai rischi di un riscaldamento globale di origine antropica hanno spinto l’Unione
Europea ad adottare unilateralmente una politica ancora più stringente in termini di riduzione delle emissioni di gas serra. Ciò si è concretizzato con la proposta, nell’autunno del
2007, del cosiddetto pacchetto 20-20 - due volte 20 per il 2020 - che prevede una riduzione del 20% delle emissioni di CO2, e definisce una riduzione non vincolante dei consumi
di energia e un contributo delle fonti rinnovabili anch’esso al 20% riferito agli usi finali,
tutto ciò riferito al 1990 e a raggiungersi entro il 2020. I principi chiave sui quali si fonda
sono: flessibilità, mercato interno e concorrenza, sussidiarietà, equità competitività, innovazione ed efficacia rispetto ai costi. La metodologia impostata prevede la minimizzazione dei costi, al fine di ripartire lo sforzo in modo equo e prevede l’impiego di strumenti di
modellizzazione economica (tra i quali il più noto è il modello Primes). Lo sforzo per la
riduzione dei gas serra viene ripartito fra i sistemi comunitari ETS (Emission Trading
System) e non-ETS. Il nuovo obiettivo, riattualizzato al 2005 come anno di riferimento,
impone una riduzione delle emissioni pari al 12,7%.
La nuova ripartizione degli obiettivi di riduzione fra gli stati membri ha visto una significativa modificazione rispetto allo scenario definito nel 1998 con il primo BSA. Le vistose variazioni, evidenziate nel diagramma qui riportato in Figura 1, e particolarmente significative per taluni paesi di grande peso come Francia, Germania e Regno Unito, inducono
a porsi alcuni interrogativi sulla validità e la trasparenza dei criteri inizialmente adottati.
Una analisi della situazione dei diversi paesi evidenzia infatti una squilibrata distribuzione dei tetti al 2012 che viene, almeno in parte, compensata dai nuovi criteri di ripartizione (Figura 1).
18
La Rivista dei Combustibili
ssc
Figura 1
Variazioni dei
tetti di emissioni
imposti dal
Pacchetto 20-20
rispetto al BSA
1998
IL BSA E I TETTI AL 2012
L’attuazione della prima fase del PK è stata avviata, come si è detto, in Europa attraverso
il BSA stabilito nel 1998, che aveva stabilito i tetti emissivi propri di ciascun paese, il cui
rispetto doveva essere conseguito entro il periodo 2008-2012. Dei 15 paesi dell’Unione 8
erano tenuti ad una riduzione più o meno grande delle proprie emissioni rispetto al 1990,
di questi Lussemburgo, Germania, Danimarca erano tenuti alle riduzioni maggiori, seguiti da Austria e Regno Unito e quindi da Belgio, Italia e Paesi Bassi le cui percentuali di
riduzione erano molto simili e del tutto paragonabili al taglio medio delle emissioni a
livello europeo. Venivano poi Francia e Finlandia per i quali non era prevista alcuna riduzione e quindi una serie di paesi (Svezia, Irlanda, Spagna, Grecia e Portogallo) ai quali era
concesso di incrementare le proprie future emissioni carboniche, fino ad oltre il 25% come
nel caso di Grecia e Portogallo. Ad una prima sommaria analisi la distribuzione dei tetti
di riduzione impostata dal BSA sembrava rispecchiare da un lato il livello di sviluppo economico delle diverse nazioni al 1990 e dall’altro il loro sistema energetico. I paesi maggiormente sviluppati e con un sistema energetico prevalentemente basato sul carbone
erano tenuti ad una riduzione più marcata, mentre alle nazioni dall’economia meno sviluppata erano concessi ampi margini di crescita. Al di là di queste considerazioni generali, occorre però valutare nello specifico la congruenza delle singole assegnazioni con i criteri base dello stesso BSA. L’indicazione di una potenziale anomalia nelle assegnazioni
sorge dall’osservazione dell’effettiva anomalia nel conseguimento di tali obiettivi da parte
dei principali paesi dell’Unione. Da questo raffronto si evince immediatamente la divergenza della situazione italiana rispetto a quella di Germania, Francia e Regno Unito come
mostrato in Figura 2. Per questi ultimi gli obiettivi al 2012 potevano considerarsi già
sostanzialmente raggiunti o prossimi ad esserlo nel 2002, cioè all’indomani della firma del
BSA che aveva stabilito i medesimi, una situazione opposta risulta nel caso dell’Italia che,
lungi dall’aver raggiunto i livelli di riduzione prefissati, ha altresì aumentato, negli anni
successivi, le proprie emissioni di gas ad effetto serra rispetto a quelle del 1990. Viene
dunque da domandarsi quale sia la causa di tale apparente e vistoso “fallimento italiano”
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
19
ssc
attività - studi & ricerche
e se esso vada semplicemente attribuito alla scarsa efficacia delle politiche intraprese o
piuttosto se non esista una difformità strutturale nel rapporto fra la situazione pregressa
dei diversi paesi e gli obiettivi ad essi assegnati. Più in dettaglio si può osservare, in figura 3, una netta e costante tendenza a scendere nei casi delle emissioni di Germania e Gran
Bretagna, che già al 2000 risultavano aver conseguito i traguardi prefissati per il 2012. Un
po’ differente appare la situazione francese, che mostra un andamento oscillante, ma
comunque tendente a scendere e peraltro coerente con il proprio obiettivo BSA di sostanziale invarianza. Come è ben noto, completamente diverso è l’andamento italiano che,
dopo una iniziale flessione si è mostrato costantemente crescente con una estrapolazione
tendenziale al 2012 che vedrebbe le emissioni di CO2 italiane attestarsi al 113% rispetto
al ‘90, con uno scarto positivo di quasi 20 punti percentuali rispetto al corrispondente
valore obiettivo. Questa divergenza non ha eguale nel panorama europeo, eccezion fatta
per l’Austria, il cui contributo assoluto è però assai meno significativo rispetto a quello italiano. Quanto sopra nonostante le emissioni specifiche del comparto termoelettrico nazionale siano invece state ridotte, nel periodo 1990-2005, da 0.64 a 0.52 tCO2/MWh, mantenendosi sempre ben al di sotto della media dell’Europa a 15 (0.72 tCO2/MWh). Questa
situazione ha avuto forti ripercussioni anche sulla prima fase del programma ETS, che ha
visto l’assegnazione a diversi paesi di un ammontare di quote di emissione ben maggiore
rispetto a quante poi effettivamente verificate, con conseguente crollo del valore economico dei permessi di emissione, come si osserva in Figura 4. Le sovrallocazioni di molti
PNA (piani nazionali di allocazione), collegate ai BSA nazionali, ha determinato una
grande incertezza nel programma ETS, minandone la credibilità. Se infatti la prima fase
si è conclusa con crollo del valore delle quote da 32 a 0,03 €/tCO2, la seconda fase non si
può dire si sia aperta sotto migliori auspici con una alta volatilità nei passati 24 mesi, che
hanno visto il valore della CO2 oscillare fra i 34 e gli 8 €/tCO2, mettendo in evidenza come
anche il mercato della CO2 sia ormai diventato un’attività finanziaria ben poco legata alle
problematiche ambientali globali.
Figura 2
Variazione delle
emissioni di CO2
al 2005 rispetto al
1990 e confronto
con gli obiettivi
del BSA al 2012
2 0 0 5 c o n s u n tiv o -2 0 0 8 /1 2 (B S A ):
E m i s s i o n i d i C O 2 e q i n % v s '9 0 :
-30
% vs 1990
-20
-10
0
10
BS A
20
2005
30
40
50
60
Lus s e m burgo
G e r m a n ia
D a n im a r c a
A u s t r ia
UK
EU - 1 5
B e lg io
It a lia
P a e s iB a s s i
F in la n d ia
F r a n c ia
S v e z ia
Ir la n d a
Spagna
G r e c ia
P o r t o g a llo
20
La Rivista dei Combustibili
ssc
Italia
UK
Germania
Francia
Figura 3 Andamento delle emissioni di CO2 dal 1990 e andamento tendenziale previsto al 2012 (fonte JRC)
Quotazioni medie giornaliere
sulla scadenza più lontana (aggiornato al 8 ottobre)
1°fase
2°fase
35 €/tCO2
30
25
20
15
10
5
2009-09
2009-06
2009-04
2009-01
2008-09
2008-06
2008-04
2008-01
2007-09
2007-06
2007-04
2007-01
2006-09
2006-06
2006-04
2006-01
0
Figura 4
Andamento delle
quotazioni
giornaliere
del mercato
della CO2
LE RAGIONI DELL’ANOMALIA ITALIANA NELLA SUA STORIA ENERGETICA
Un’utile chiave di lettura per la comprensione dell’attuale situazione e per la previsione
del suo possibile sviluppo è rappresentata dall’analisi della storia energetica del nostro
paese, a confronto con quella degli altri principali partner europei. Il parametro fondamentale che lega la capacità di un paese di produrre ricchezza al rispettivo consumo di risorse
energetiche è definito intensità energetica e calcolato dal rapporto fra energia consumata
e prodotto interno lordo. Se si segue l’evoluzione di questo parametro dagli anni ’70 ad
oggi, se ne osserva la costante diminuzione per tutti i paesi industrializzati, ciò a dimostrazione dell’effetto dell’evoluzione tecnologica sull’incremento dell’efficienza complessiva
del sistema produttivo. L’Italia ha mantenuto negli ultimi 35 anni un sostanziale primato
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
21
ssc
attività - studi & ricerche
in termini di bassa intensità energetica, paragonabile solo al Giappone, paese accomunato al nostro dalla completa assenza di risorse energetiche proprie. Notevole è il fatto che
l’intensità energetica che caratterizzava l’Italia all’inizio degli anni ’70 sarebbe stata raggiunta in media dagli altri maggiori paesi europei solo venti anni dopo. In effetti il processo di progressiva riduzione dell’intensità energetica, di cui si è parlato, è stato accompagnato da un appiattimento verso il basso dei valori, in special modo fra i paesi dell’Unione
Europea, appiattimento su valori analoghi a quelli italiani, che al contrario sono rimasti
pressoché stabili, soprattutto negli ultimi 20 anni.
Altro aspetto interessante e peculiare, ma soprattutto rilevante ai fini della comprensione
della situazione italiana, è rappresentato dal mix energetico. Il sistema energetico italiano
è stato caratterizzato, fin dagli anni ’70, da una fortissima dipendenza dal petrolio i cui
consumi si sono incrementati di pari passo con la grande crescita economica degli anni ’50
e ’60. Nei decenni successivi la domanda di questo combustibile si è mantenuta pressoché
costante, mentre l’incremento della domanda energetica complessiva è stato principalmente assorbito dalla crescita dei consumi di gas naturale che ha progressivamente assunto un
ruolo predominante nel settore civile prima e in quello termoelettrico poi. Il contributo
dei combustibili solidi è andato anch’esso crescendo, pur mantenendosi ben al di sotto
della media europea, mentre il nucleare, mai realmente decollato in Italia, è scomparso dal
panorama energetico nazionale dopo il referendum del 1988.
Tre sono dunque le peculiarità che caratterizzano la storia energetica italiana e che
influenzano, in un senso o nell’altro, la capacità di questo di rispondere alle attuali richieste di un’ulteriore riduzione delle emissioni di anidride carbonica.
La prima, in ordine cronologico, è l’abbondanza di risorse idroelettriche, ampiamente
sfruttate in Italia già dagli inizi delle sua rivoluzione industriale, ciò naturalmente ha rappresentato e rappresenta tutt’ora un vantaggio in termini di contenimenti delle emissioni e
pone il nostro paese ai primi posti in Europa in termini di sfruttamento delle risorse rinnovabili. Benché in tempi recenti la riduzione delle precipitazioni e le limitazioni all’impiego delle risorse idriche ne abbiano ridotto il contributo.
Il secondo elemento chiave del panorama energetico Italiano è la rinuncia al nucleare nella
seconda metà degli anni ’80; ciò è senza dubbio un fattore estremamente limitante delle
nostre potenzialità di riduzione delle emissioni carboniche che fondamentalmente costituisce la maggior anomalia italiana rispetto alla situazione media europea.
Il terzo elemento caratterizzante del sistema energetico italiano è la predominanza del gas
naturale quale combustibile per la produzione elettrica, ma anche per gli utilizzi civili.
Questa è una scelta di politica energetica che l’Italia ha perseguito con una certa costanza
e determinazione, la quale da un lato ha consentito di raggiungere livelli di efficienza e di
intensità carbonica su base fossile tra i migliori al mondo, ma che dall’altro ha introdotto
problemi strutturali di modulazione stagionale dei consumi, di sicurezza degli approvvigionamenti e di più elevati costi energetici rispetto agli altri paesi europei che utilizzano
maggiormente i combustibili solidi.
Una analisi più dettagliata dell’evoluzione dei consumi energetici europei dal 1990 ad
oggi è utile per comprendere le dinamiche di ciascun paese e le rispettive potenzialità di
riduzione delle emissioni.
Al 1990 il consumo procapite di energia fossile italiano ammontava a 2.8 toe contro una
media europea di 3.2 cioè ben al di sotto di Germania (4.2) e Regno Unito (3.7), ma di
poco superiore alla Francia (2.4) e molto maggiore rispetto alla Spagna (2.1). La situazione al 2005 vede invece tutti i paesi molto più allineati intorno alla media europea di 3.5
toe, con un certo vantaggio residuo a favore dell’Italia (3.2) e con tutti gli altri maggiori
paesi che si attestano a livelli di consumo procapite superiori, con la sola eccezione della
Francia che ha mantenuto i propri consumi pressoché invariati rispetto al ’90 in virtù della
scelta nucleare. La situazione è significativamente diversa se si considera il consumo energetico procapite complessivo, rispetto al quale l’Italia si piazzava nel ’90 ad un valore di
3.0 toe, ben al di sotto della media europea di 3.9, e al pari della Spagna al livello mini-
22
La Rivista dei Combustibili
ssc
mo fra i sei maggiori paesi dell’Unione, che si piazzavano tutti al di sopra della media. Su
ciò gioca un ruolo rilevante il contributo nucleare, che nel caso della Francia contava ben
0.62 toe e in media circa 0.2 toe per gli altri maggiori paesi tranne l’Italia. La situazione
evolve al 2005 con lo scavalcamento dell’Italia da parte della Spagna in termini di consumi complessivi di Energia, che si allinea con la media europea, al contrario dell’Italia che
continua a mantenersi ben al di sotto di questa. Significativo è il comportamento della
Francia che nel quindicennio ha visto significativamente aumentare il propri consumi di
energia primaria attraverso un consistente incremento della produzione nucleare.
Altro aspetto rilevante nel raffronto fra la situazione italiana e quella degli altri paesi è rappresentato dall’evoluzione del mix dei combustibili fossili utilizzati, questo parametro ha
un notevole impatto sulla stima delle emissioni carboniche in quanto le emissioni di un
sistema basato sul carbone sono valutate in misura significativamente maggiore rispetto ad
un sistema principalmente basato sul gas naturale. Tutti i maggiori paesi europei hanno
visto una progressiva riduzione del proprio fattore di emissione sul mix fossile, tranne
l’Italia (figura 5); ciò a seguito di interventi di fuel switching e di incremento dell’efficienza di produzione energetica. L’Italia che aveva già intrapreso molte azioni in questo senso
nel decennio precedente e che pertanto partiva già dal livello più basso, non è riuscita a
modificare significativamente questo parametro, vedendo altresì ridursi progressivamente
il proprio vantaggio.
Carbone
4,026
4,1
Emissioni di CO2
per unità di
Energia fossile
tCO2/toe
3,8
Francia
3,5
Germania
3,2
Petrolio
2,872
Figura 5
Andamento delle
emissioni di CO2
per unità di
energia fossile dal
1990 con i
riferimenti per le
emissioni
specifiche da gas
naturale, petrolio
e carbone
Italia
2,9
Spagna
2,6
Gas
2,338
U.K.
2,3
1990
1995
2000
2005
UE-15
BSA: QUALE CRITERIO?
A questo punto viene da chiedersi come siano stati applicati i principi che erano alla base
del BSA 1998 e se questa applicazione comportasse automaticamente l’insorgere delle
gravi difficoltà che il nostro paese si trova ad affrontare, semplicemente a seguito della
propria peculiare situazione. L’approccio di calcolo qui applicato si basa sul principio che,
al termine del periodo considerato (2012), tutti i paesi si trovino nella medesima condizione in termini di emissioni carboniche. Si assumono quindi tre parametri macroeconomici
di riferimento, rispetto ai quali raggiungere la predetta parità.
Il primo fra questi parametri è demografico e comporterebbe il raggiungimento di uguali
emissioni procapite, il secondo è rappresentato dal prodotto interno lordo e il suo conseguimento comporterebbe l’uguaglianza in termini di intensità carbonica, il terzo parametro infine si riferisce al mix di combustibili fossili. La procedura seguita si basa sul calcoVolume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
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attività - studi & ricerche
lo per ogni singolo paese di due differenti componenti: la riduzione omogenea e il bilanciamento, che vengono sottratte algebricamente alle emissione dell’anno di base (1990).
La prima è pari all’8% medio definito a livello europeo, il termine di bilanciamento è invece proprio di ogni paese e viene calcolato sulla base del parametro macroeconomico di
riferimento, così da compensare le differenze preesistenti fra nazione e nazione. Si può
osservare, nella Figura 6 qui riportata, come il tetto emissivo stimato per l’Italia rispetto a
ciascuno dei parametri citati risulterebbe superiore rispetto a quello fissato dal BSA, in
special modo se si considerano le emissioni procapite, ma anche sulla base dell’intensità
carbonica, mentre nel caso del tetto stimato sulla base del fuel-mix fossile la discrepanza
con il BSA è molto limitata. Contrariamente risultati discordanti, in base al parametro
considerato, si osservano per gli altri maggiori paesi europei. Nel caso della Francia, dove
il peso del nucleare è molto rilevante, il tetto potrebbe essere più alto se calcolato sulla
base della popolazione o del PIL, mentre dovrebbe essere inferiore se calcolato in base al
mix fossile. Il contrario si osserva per la Germania, che potrebbe vedere innalzato il proprio tetto emissivo se stimato in base al mix fossile, mentre esso dovrebbe essere significativamente ridotto se valutato sul PIL e ancora di più sulla popolazione.
Dal momento che nessuno dei parametri macroeconomici utilizzati può essere di per sé
considerato rappresentativo del principio di equità, si è ritenuto opportuno sviluppare tre
differenti ipotesi , basate su pesi differenziati attribuiti a ciascun parametro. Nella prima
ipotesi (Q1) la compensazione è calcolata attribuendo peso uguale (33%) a ciascun indicatore macroeconomico; nella seconda ipotesi (Q2) il peso maggiore (60%) è attribuito
elle emissioni procapite mentre il 25% è legato alle emissioni sul PIL ed infine il 15% al
mix fossile; infine nell’ipotesi intermedia Q3 si attribuisce solo il 40% alle emissioni procapite ed un uguale contributo del 30% agli altri due indicatori. Il confronto fra i risultati
così ottenuti e quelli stabiliti dal BSA 1998 evidenzia molteplici discrepanze, come si
osserva nella Figura 7, discrepanze che diventano particolarmente evidenti nel caso
dell’Italia per la quale la differenza fra il tetto di riduzione fissato dal BSA e la media delle
soglie stimate in questo studio raggiunge circa il 15%. Le differenze sono sempre positive per Italia e Francia, mentre sono sempre negative per la Germania e la Gran Bretagna
e mediamente circa nulle nel caso della Spagna.
Figura 6
Tetti emissivi al
2012 stimati per
raggiungere la
parità rispetto ai
tre indicatori
macroeconomici
di riferimento
Emissioni Totali di CO2 eq al 2008-12 per paese
calcolate in base agli Indicatori Macroeconomici
1.200
MtCO2
CO2 pro capite
1.000
800
CO2/ PIL
600
400
CO2/ MixFossile
200
.K
U
na
Sp
m
BSA
G
er
ag
ia
an
ci
a
an
Fr
Ita
lia
0
24
La Rivista dei Combustibili
ssc
Em is s ion i d i CO2 eq in pe r ce n tu ale
de l BSA e d i tr e o p z io n i
U.K
Q3
Sp ag n a
Figura 7
Confronto fra le
percentuali di
riduzione delle
emissioni fissate
dal BSA e quelle
stimabile sulla
base di tre ipotesi
Q2
Ge r m ania
Q1
Fr ancia
BSA
Italia
-30
-20
-10
0
10
20
30
DAL BSA 1998 AL PACCHETTO CLIMA ENERGIA 20-20
La nuova formulazione degli obiettivi europei, definita con l’approvazione del Pacchetto
Clima energia 20-20 ha significativamente modificato la situazione precedete con sostanziali inversioni di posizioni rispetto al passato. Le variazioni principali, già illustrate in Figura
1, coinvolgono principalmente alcuni importanti paesi, come Francia e Germania ai quali
sono ora stati attribuite percentuali di riduzione ben più significative rispetto al passato, ciò
evidentemente per compensare la minor severità a loro riservata nel periodo 2008-2012.
Anche paesi comunemente considerati virtuosi come la Svezia si trovano ora a dover far fronte a vincoli ben più stringenti se riconsidera che a fronte di una precedente concessione ad
aumentare le proprie emissione al 2012 del 4% rispetto al 1990, essa si trova ora a doverle
ridurre del 17% rispetto al medesimo anno entro il 2020. Altri paesi come l’Italia si trovano
invece nella condizione di poter ridurre le proprie emissioni nel 2020 in misura inferiore
rispetto a quanto era stato imposto entro il 2012, ed altri ancora, come Portogallo, Austria e
Spagna potranno incrementare le proprie emissione ben al di là di quanto previsto dal BSA
1998. Queste variazioni risultano in molti casi rilevanti (Regno Unito, Germania, Spagna e
Italia) nello stesso segno (aumento o diminuzione relativa) di quanto indicato nelle valutazioni di massima sopra riportate.
Concentrando l’attenzione sulla situazione italiana, si osserva, sulla base del grafico di Figura 9,
si osserva l’andamento crescente delle emissioni totali di CO2 fino al 2005 seguita da una
flessione del 3,7% delle emissioni al 1990, il che riporta il valore complessivo al 107% riferito sempre al 1990. Questa attuale discesa tendenziale, se confermata nei prossimi anni permette all’Italia di raggiungere senza eccessive difficoltà l’obiettivo al 2020. Ciò non toglie
che il sistema produttivo italiano potrebbe dover affrontare ugualmente alcune difficoltà a
rispettare gli impegni sottoscritti nelle modalità imposte, ciò a causa dei notevoli costi da
sostenersi per una sepper piccola riduzione delle emissioni a partire dai livelli attuali. Da un
lato il settore termoelettrico si trova in una posizione di notevole vantaggio, con emissioni
specifiche fra le più basse in Europa e nel mondo, come si osserva dal diagramma di Figura
8. Un valore che potrebbe addirittura risultare inferiore al benchmark rispetto al quale
dovrebbe essere definito il sistema ad asta fissa che entrerà in vigore dal 2013, se questo fosse
valutato proporzionalmente alla percentuale di riduzione stabilita per il comparto ETS e pari
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
25
ssc
attività - studi & ricerche
al 21% rispetto al 2005. La stessa situazione non è però vera per il settore industriale, per il
quale i vincoli di riduzione potrebbero risultare di difficile raggiungimento, vista la natura e
le caratteristiche del comparto produttivo nazionale.
Figura 8
emissioni
specifiche del
comparto
termoelettrico dei
Paesi dell’UE15
2005
2006
EmissioniCO2
specifiche
inEU-15
Ue-15
Emissioni
1°fase in
Lussemburgo non significativo
2007
Bench mark (-21%sul 2005)
850
Grammi
CO2/KWh
750
650
Ue-25 al 2020
Ue-15
Lussemburg o
Italia
Irlanda
Belgio
Olanda
U.K.
Austria
Spag na
Portogallo
Svezia
Francia
Finlandia
Grecia
Germania
450
Danimarca
550
La richiesta avanzata dal governo italiano di poter rivedere al rialzo li tetto alle emissioni
stabilito da Bruxelles in 195,8 MtCO2eq non ha trovato accoglimento in quanto non era
stato presentato ricorso dal nostro paese entro i termini stabili. Analoghe contestazioni
presentate da Polonia ed Estonia contro le decisioni della Commissione Europea hanno
invece trovato accoglimento da parte della Corte di Giustizia Europea.
Figura 9
Emissioni italiane
di CO2 nella
cronologia storica
degli eventi
Andamento in % delle emissioni GHG's in italia:
dal 1990 al 2007 e "caps" al 2008-12 e 2020
% sul 1990
140
2005-2007
-3,7 %
Clima-Energia
2 volte 20 al 2020
-5,7 % sul 1990
BSA 2008-12
-6,5 % sul 1990
100
2020
2019
2018
2017
2016
2015
2014
2013
2012
2011
2010
2009
2008
2007
2006
2005
2004
Ruolo attivo e propositivo, nei primi anni
della Convenzione UNFCCC, per l’alto
costo e le minori emissioni degli idrocarburi
17.12.2008 approvazione da parte del Parlamento Europeo del
pacchetto “Clima-Ene rgia”; conferma della” centralità degli
strume nti di me rcato e della multi-settorialità degli effetti”.
Kyoto: 3° COP basata originariame nte sulla
“logica degli strumenti di me rcato e della
multi-settorialità degli effetti”.
16-.02.2005: il PK è operativo con la 1° fase del ETS (2005-07);
iniziano le negoziazioni pe r la fase successiva al 2012 il “dopo Kyoto”;
la 2° fase 2008-2012 è in corso confermando i limiti all’origine.
Gli USA, nella politica sui Cambiamenti Climatici,
sostengono l’impegno legalmente vincolante anche
dei Paesi in Via di Sviluppo; venendo a mancare tale
presupposto, si disimpegnano dalla gestione attiva
del PK, pur continuando a far parte dell’UNFCCC.
26
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1990
60
Il Governo Berlusconi, onorando l’impegno assunto dal precedente
governo, ratifica definitivamente il PK con legge n.120/2002 .
Luglio 2001:dr Clini –DG MinAmbiente -pone la riserva al documento Ue di
ratifica unilaterale del PK. Il Governo Amato, dimissionario, dopo pochi giorni
revoca la riserva; in questo modo si allinea alla logica Ue del “tassa e dirigi”.
La Rivista dei Combustibili
ssc
CONCLUSIONI
Lo studio che si è condotto ha avuto lo scopo di evidenziare e quantificare i principali
aspetti che caratterizzano il sistema energetico italiano in funzione della sua capacità di
rispondere alle richieste imposte dal rispetto dei trattati internazionali per la riduzione
delle emissioni di gas serra. In sintesi, quattro sono i fattori determinanti che rendono difficile per il nostro paese il raggiungimento degli obiettivi previsti.
Il primo e probabilmente più evidente è rappresentato dalla completa assenza del contributo nucleare che, se fosse presente in Italia in misura paragonabile alla media degli altri
paesi dell’Unione, andrebbe a coprire buona parte del divario tra emissioni reali e tetti stabiliti. Questa limitazione del sistema italiano potrebbe ovviamente essere rimossa per
semplice scelta, ma ciò non senza grandi difficoltà e tempi lunghi ed incerti.
Gli altri ostacoli strutturali alla capacità dell’Italia di ridurre ulteriormente le proprie emissioni, sono al contrario legate, non già ad azioni non intraprese, bensì a scelte contenitive
delle emissioni carboniche nazionali, intraprese in tempi anteriori rispetto a quelli di riferimento per il PK.
Tali fattori sono: il notevole contributo del grande idroelettrico, l’elevata efficienza del
sistema termoelettrico e la predominanza del gas naturale fra le fonti fossili utilizzate.
La vistosa divergenza italiana fra i tetti di emissione qui stimati, pur sotto differenti ipotesi di calcolo, e gli obiettivi stabiliti dal BSA 1998 parrebbe un indice della scarsa considerazione che si è avuta per questi fattori, la successiva revisione di tali tetti attuatasi con
l’approvazione del Pacchetto Clima Energia 20-20 ha, almeno in parte, rimediato a questa
disparità di trattamento modificando sensibilmente lo scenario europeo.
Risulta comunque permanere una evidente difficoltà a far fronte a tali agli obblighi di riduzione stabiliti, ciò nell’impossibilita di conseguire ulteriori sensibili riduzioni mediante
l’ammodernamento degli impianti e il fuel switching.
L’unico margine di miglioramento ancora disponibile, nucleare a parte, è legato ad un più
massiccio sfruttamento, per quanto possibile, delle fonti rinnovabili quali eolico, solare e
biomasse e rifiuti, le cui potenzialità di sviluppo sono però intrinsecamente limitate, oltre
ad un ricorso più massiccio di quanto sinora consentito ai meccanismi flessibili previsti
dal PK, nonché alla valorizzazione dei cosiddetto “pozzi di CO2” (carbon sink) che sono
costituiti dai suoli e dalle foreste che, se opportunamente gestiti, potrebbero contribuire al
raggiungimento dell’obiettivo finale.
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
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ssc
attività - normazione
Prova Interlaboratorio Prodotti Petroliferi
Davide Faedo
La seconda riunione annuale dei partecipanti alle Prove Interlaboratorio Prodotti Petroliferi
Unichim, organizzata in collaborazione con la SSC, si è tenuta l’11 novembre nella sede
dell’UNI di Milano, ed è stata, come di consueto, molto partecipata. All’incontro infatti
erano presenti circa 60 tecnici dei laboratori delle compagnie petrolifere, dell’Agenzia
Dogane, dell’Aeronautica Militare e dei laboratori privati di analisi. Mentre nella prima riunione (Aprile 2009) erano stati discussi i risultati ottenuti dai laboratori nell’anno 2008, in
questa occasione è stata programmata l’attività per il 2010, e sono stati approfonditi alcuni
aspetti analitici di interesse per i laboratori del settore.
Tra i temi trattati ha avuto un certo rilievo il biodiesel (FAME): il suo utilizzo in concentrazioni sempre maggiori in miscela con il combustibile diesel e la varietà di materie prime utilizzate per la sua produzione necessita infatti un aggiornamento delle norme tecniche che
ne definiscono la qualità. Di questo argomento si è occupato P. Bondioli (SSOG), che ha
focalizzato l’attenzione sulla determinazione del contenuto in estere metilico secondo la EN
14103, che valuta la purezza del prodotto, e sul contenuto in mono, di- e trigliceridi determinati secondo la EN 14105, che valuta la parte non reagita dell’olio. Nonostante si sia riuscito ad estendere lo scopo del primo metodo a FAME prodotto da oli laurici (di origine tropicale) e da grassi animali, la precisione è rimasta piuttosto scarsa; qualche miglioramento
in termini di precisione si è ottenuto invece per il metodo EN 14105, insieme ad una semplificazione della procedura e all’estensione a oli di grassi animali. Anche l’olio di pesce
può essere utilizzato come materia prima per la produzione di FAME e per questo si è sviluppato un metodo ad hoc (EN 15779) in grado di rilevare gli acidi grassi polinsaturi a lunga
catena presenti in tali oli (C20 – C22, fino a 6 doppi legami), responsabili della stabilità
ossidativa del prodotto.
A. Bonini (ENI) ha ricordato come, per rispondere agli obblighi delle direttive europee che
28
La Rivista dei Combustibili
ssc
impongono un quantitativo crescente di biodiesel da immettere sul mercato, e contemporaneamente rispettare l’attuale limite di specifica (EN590, limite 7% in volume), assume grande importanza la norma EN 14078 per la determinazione del contenuto di FAME in gasolio. E’ stata condotta una mini-sperimentazione che ha mostrato come la versione precedente (del 2003) di questo metodo sovrastimasse la percentuale di biodiesel effettivamente
aggiunto in fase di produzione costringendo le compagnie petrolifere ad applicare un margine di sicurezza nella produzione e rendendo di conseguenza difficile rispettare gli obblighi di legge. La nuova revisione del metodo invece si è dimostrata molto più accurata nella
misura.
L’evoluzione delle Direttive Fuels, a partire dalla 98/70 e fino all’ultima 2009/30, è stato
l’argomento trattato da A. Francescangeli (Kuwait Petroleum Italia), mentre un aggiornamento normativo generale delle specifiche europee di benzina, gasolio, biodiesel, etanolo ed
E85 è stata oggetto della presentazione di F. Del Manso (UP). E’ stato messo in evidenza
come in ambito CEN nel prossimo futuro dovranno essere approfondite le conoscenze di
alcuni parametri da controllare nei carburanti per rendere le norme EN compatibili con gli
obiettivi fissati dalle direttive europee, considerando contemporaneamente l’evoluzione del
parco circolante (e quindi le richieste dei costruttori). La nuova direttiva sulle fonti rinnovabili impone infatti che entro il 2020 venga impiegato almeno il 10% di energia da fonti rinnovabili in tutte le forme di trasporto su strada: Del Manso ha ricordato che il target del 10%
su base energetica comporta una miscelazione di biocarburanti nelle benzine e nei gasoli ben
superiore al 10% in volume (12-13% per il biodiesel e 15 -16% per il bioetanolo). Ancora
non sono disponibili adeguate informazioni o dati sperimentali sugli effetti che potranno
avere tali percentuali di miscelazione sui motori attuale e futuri.
Il trattamento statistico dei dati è stato oggetto delle presentazioni di P.Tittarelli (SSC), relativa alla revisione in atto della norma ISO 4259, e di A.Amorese (Aeronautica Militare), che
attraverso una trattazione dell’analisi dell’errore ha chiarito alcuni concetti che sono alla base
della precisione dei metodi di prova e dell’analisi dei risultati dei circuiti interlaboratorio.
M. Mantarro (Chimec) ha passato in rassegna i diversi metodi per la misura della contaminazione microbiologica dei combustibili, soffermandosi anche sui possibili interventi di
bonifica in caso di contaminazione dei serbatoi. Per una trattazione completa sull’argomento si veda il suo articolo in questo numero della rivista.
Le presentazioni e il programma della giornata sono scaricabili dal sito SSC, nell’area
“Documentazione on-line”.
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ssc
attività - normazione
CEN/TC 19/WG 31
“Contaminazione totale e filtrabilità”
Andrea Gallonzelli
Il gruppo di lavoro europeo WG 31, appartenente al Comitato Tecnico 19 Prodotti
Petroliferi del CEN, è stato recentemente
ricostituito con l’incarico di sviluppare
due metodi di prova per la determinazione
della contaminazione totale e della filtrabilità del gasolio per autotrazione e degli
esteri metilici di acidi grassi (FAME)
impiegati nei motori diesel, partendo da
una revisione alternativa o complementare
degli attuali metodi EN 12662:2008 e IP
387/07.
Il lavoro di revisione viene svolto in stretta collaborazione con il CEN TC 19 – 307
Joint Working Group (JWG), per valutare
l’applicabilità dei metodi di prova al
FAME, e con il WG 24, responsabile delle
norme tecniche EN 590 (gasolio per autotrazione) e EN 14214 (FAME per autotrazione).
La prima riunione del neo WG 31, ribattezzato con il nome “Contaminazione totale e filtrabilità”, si è tenuta a Bruxelles
nell’aprile di quest’anno con lo scopo di pianificare l’attività del gruppo di lavoro.
Nell’occasione Alexandre Espert (Total, Francia) è stato nominato convenor del WG.
I successivi incontri si sono svolti a Parigi e a Milano, rispettivamente nei mesi di
luglio e ottobre. Durante l’incontro di Parigi, all’interno del WG 31, sono stati creati due differenti sotto-gruppi di lavoro.
Al primo sotto-gruppo di lavoro, coordinato da Paolo Tittarelli (SSC), è stata affidata la revisione della norma EN 12662:2008 con l’obiettivo di ampliarne il campo di
applicazione, estendendolo a tutti i distillati medi, ai combustibili diesel contenenti
fino al 10% (V/V) di FAME e al FAME (B100), e allo stesso tempo migliorarne la
precisione. La revisione della norma ha avuto inizio con la raccolta di una serie di
commenti formulati da diversi esperti operanti nel settore dei combustibili per autotrazione e tenendo conto delle future specifiche del combustibile diesel e del biodiesel. Il concetto di “contaminazione totale” è rimasto invariato: esso racchiude al suo
interno non solo contaminanti di natura inorganica, come ossidi o altri materiali inorganici, ma anche composti organici tipicamente presenti all’interno del FAME in
grado di influenzare significativamente il valore di contaminazione totale. Il gruppo
ha quindi iniziato un’attività sperimentale conducendo una serie di analisi su diversi
campioni di gasolio autotrazione (con contenuto di FAME fino al 10% in volume) e
di FAME al fine di valutare tutti quei parametri “critici” che possono essere presi in
30
La Rivista dei Combustibili
ssc
considerazione per migliorare la precisione del metodo. Tali parametri comprendono
il volume di campione ed il relativo pre-trattamento prima dell’analisi, il tipo di filtro (materiale, porosità), il trattamento del filtro prima e dopo la filtrazione ed il solvente di lavaggio. È previsto inoltre uno studio per valutare l’applicabilità di una procedura di pre-diluizione, con diverse miscele di solventi, da applicare nell’analisi di
campioni di FAME.
Al secondo sotto-gruppo di lavoro, coordinato da Mark Brewer (Shell, Regno Unito),
è stato affidato il compito di redigere un nuovo metodo di prova per la determinazione della filtrabilità di gasolio, FAME (comprendendo eventualmente anche gli esteri
etilici di acidi grassi, FAEE) e loro miscele, utilizzando come punto di partenza un
metodo sviluppato dall’Energy Institute, l’IP 387/07, che attraverso una grandezza
adimensionale definita come Filter Blocking Tendency (FBT) consente di misurare la
capacità di intasamento dei filtri da parte di un combustibile. Sulla base delle esperienze raccolte nei diversi Paesi europei, non sono state trovate chiare correlazioni tra
la composizione dei diversi campioni analizzati e i loro valori di FBT. L’obiettivo è,
quindi, sviluppare un metodo che mediante un semplice processo di filtrazione permetta di individuare le impurità che causano la precipitazione nel FAME e nelle
miscele FAME/gasolio (con concentrazione del biocomponente fino al 10% in volume) con conseguente peggioramento della filtrabilità. L’attività sperimentale riguarda lo studio dell’influenza di componenti quali monogliceridi, saturi e non, e sterolglucosidi (entrambi normalmente presenti nel FAME) sui valori di FBT, l’effetto di
diversi diluenti e lo studio del pre-condizionamento termico sui diversi campioni
(ovvero il cosiddetto “cold soak”). In questo lavoro è coinvolto anche il gruppo B7
dell’Energy Institute incaricato di aggiornare il metodo IP 387 in base alle esigenze
tecniche del settore petrolifero.
Strumento in
La prossima riunione del WG 31 è prevista per fine gennaio presso la SSC, dove verrà
dotazione alla
SSC per Filter
esposta l’attività sperimentale svolta dai diversi partecipanti appartenenti ai due
Blocking Tendency
sotto-gruppi.
(FBT)
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
31
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attività - normazione
CEN/TC 19/WG 27
“Analisi elementare di prodotti petroliferi e affini”
Determinazione del manganese nella benzina
Andrea Gallonzelli
Il 23 aprile 2009 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea la direttiva 2009/30/CE che modifica la direttiva 98/70/CE per quanto riguarda le specifiche
relative a benzina, combustibile diesel e gasolio, nonché introduce un meccanismo inteso a ridurre e controllare le emissioni di gas a effetto serra.
Una delle modifiche fondamentali introdotte dalla nuova direttiva fuels riguarda il contenuto di additivi metallici nei combustibili con particolare riferimento al metilciclopentadienil-tricarbonil-manganese (MMT), un additivo organometallico di manganese utilizzato come agente antidetonante in grado di aumentare il numero di ottano delle benzine.
L’impiego dell’MMT nei combustibili può causare diversi problemi. Sulla base dei dati scientifici attualmente disponibili, si ritiene infatti
che questo composto possa aumentare i rischi
per la salute umana. Molti costruttori automobilistici, inoltre, ne sconsigliano l’impiego e
individuano nell’MMT uno dei maggiori
responsabili del danneggiamento dei motori e
dei sistemi di controllo delle emissioni.
In attesa di ulteriori studi che ne confermino la
pericolosità, è stato quindi introdotto un limite
massimo per il tenore di MMT nei combustibili pari a 6 mg/l di manganese a decorrere dal 1°
gennaio 2011, che successivamente verrà
abbassato a 2 mg/l di manganese a partire dal
1° gennaio 2014. E’ importante osservare come
la direttiva parli di combustibili in generale: ne
consegue che questi limiti entreranno a far
parte delle future specifiche della benzina (EN
228) e del combustibile diesel (EN 590) in qualità di parametri ambientali.
La Commissione ha affidato al Comitato
Tecnico 19 Prodotti Petroliferi del CEN il compito di sviluppare uno o più metodi di prova per
la determinazione del contenuto di manganese
nella benzina ed in seguito anche nel gasolio per
autotrazione.
Gli unici due metodi di prova attualmente disponibili per la determinazione del manganese nella benzina sono l’IP 455/01 e l’ASTM D3831-01. In entrambi i metodi, che a tutti
gli effetti sono equivalenti, la determinazione del manganese, presente sotto forma di
MMT, viene effettuata mediante spettrometria di assorbimento atomico in fiamma con pretrattamento dei campioni con una soluzione di bromo. Nonostante il campo di applicazione sia molto esteso (da 0,25 mg/l a 40 mg/l di manganese), la precisione dei due metodi
32
La Rivista dei Combustibili
ssc
risulta del tutto insoddisfacente quando il manganese viene determinato a concentrazioni
inferiori a 10 mg/l e quindi ai livelli fissati dalla nuova direttiva.
Il gruppo di lavoro WG 27 “Analisi elementare di prodotti petroliferi e affini”, appartenente al CEN/TC 19, è stato quindi incaricato di sviluppare uno o più metodi di prova per la
determinazione del manganese nelle benzine con una adeguata precisione intorno ai limiti fissati dalla nuova direttiva fuels. Il WG 27, in accordo con il gruppo di lavoro che si
occupa della specifica della benzina (WG 21), ha deciso di sviluppare due diversi metodi
di prova basati rispettivamente sulla spettrometria di assorbimento atomico in fiamma
(FAAS) e sulla spettrometria di emissione atomica con plasma accoppiato induttivamente
(ICP OES). Queste due tecniche analitiche sono attualmente le più diffuse tra i laboratori
europei per determinare gli elementi in traccia presenti nei combustibili.
Dopo uno studio preliminare condotto dai diversi membri del gruppo di lavoro, nel mese
di settembre sono stati completati i documenti di lavoro per il FAAS (WI 019377) e per
l’ICP OES (WI 019378). In seguito, nel mese di dicembre, è stato avviato uno studio di
robustezza che ha coinvolto dodici laboratori europei al fine di valutare l’applicabilità dei
metodi prima di passare al vero e proprio round robin test (febbraio 2010), attraverso il
quale verrà definita la precisione. Il draft dei due metodi verrà completato entro fine maggio, per poi passare alla fase di inchiesta pubblica.
L’MMT (nome IUPAC: tricarbonil(metil-η5-ciclopentadienil)manganese) è un
composto organometallico di manganese di formula (η5-CH3C5H4)Mn(CO)3 con
una struttura tipo “half-sandwich”, dove l’atomo di manganese è legato ai cinque
atomi di carbonio di un anello metilciclopentadienile e a tre leganti carbonilici.
Struttura dell’MMT: a sinistra rappresentazione grafica, a destra modello 3D tipo
“ball and stick”
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
33
ssc
dal mondo accademico
Una storica analisi del carbone Sulcis
Marco Taddia
Dip. di Chimica “Giacomo Ciamician”, Università di Bologna, Via F. Selmi 2, 40126 Bologna;
Fax +39 0512099456; e-mail: [email protected]
Anche i non specialisti sanno che il Carbone Sulcis deve il suo nome all’area geografica
del Sulcis situata nella Sardegna sudoccidentale. Tale carbone, secondo la classificazione
americana ASTM D 338, è definito “sub-bituminoso a lunga fiamma”. I suoi parametri
caratteristici sono riportati in Tabella 1 [1]. La storia del giacimento è stata ricostruita in
dettaglio da Paolo Fadda [2] e da lui verrà sinteticamente ripresa. L’inizio risale al 1851,
quando un mercante genovese di nome Ubaldo Millo ottenne la concessione mineraria per
la ricerca di carbon fossile nella zona di Bacu Abis, nei pressi di Gonnesa. Lo stesso Millo
costituì nel 1853 la società “Tirsi Po”, insieme a un tal Montani, per ottenere la concessione di sfruttamento delle aree interessate. Le attività estrattive sarebbero iniziate nel 1854,
mentre erano già stati effettuati dei campionamenti e delle prove di utilizzo.
Costituente
%
Umidità
10,5
Materie volatili
39
Ceneri
16
Carbonio fisso
52,5
Zolfo
6,06
Potere calorifico inferiore – Hi
(kcal/kg)
5000-6000
Tabella 1
Caratteristiche
del Carbone
Sulcis [1]
Vale la pena soffermarsi su queste date perché un
lavoro del chimico Paolo Tassinari, dedicato
all’analisi chimica del nuovo combustibile fossile di Gonnesa in Sardegna, fu pubblicato sulla
Gazzetta Medica Italiana nel 1852 [3]. Con ogni
probabilità fu quindi Tassinari ad eseguire per
primo l’analisi completa del carbone scoperto in
Sardegna, così il suo contributo, seppure di tipo
applicativo, è storicamente importante e merita
attenta considerazione in relazione agli scopi prefissi ed ai mezzi impiegati.
Ma prima di parlare di Tassinari e della sua analisi va precisato che, dopo gli iniziali entusiasmi,
la storia del carbone di Bacu Abis fu alquanto travagliata. Nel 1865 la Tirsi Po fermò la produzione a causa di difficoltà economiche. Il
rilancio avvenne molto tempo dopo, anche per l’aumentata richiesta di carbone ad uso ferroviario, ad opera dell’ingegnere piemontese Anselmo Roux che, nel 1873, costituì una
nuova società rilevando le concessioni da Millo e Montani. Tra non poche difficoltà, Roux
portò avanti tenacemente l’impresa fino al 1899, quando la morte lo colse improvvisamente. Gli subentrò il figlio Lorenzo ma, il nuovo clima sociale che rese turbolenti gli inizi del
‘900, lo vide impreparato. Quando, nel maggio 1906, scoppiarono i “moti di Gonnesa”,
l’avventura dei Roux naufragò. Nel corso del secolo i padroni delle miniere cambiarono
più volte e così le fortune del Carbone Sulcis. Nel 1933 nacque la Mineraria Carbonifera
Sarda MCS, seguita nel 1963 dalla Carbosulcis, tuttora attiva. Quest’ultima è impegnata
nella valorizzazione di una risorsa che è tornata economicamente vantaggiosa e il cui
impatto ambientale, grazie alle nuove tecnologie, potrebbe ridursi, secondo l’azienda [1],
fino quasi zero emissioni.
IL CAMPIONE
Come riportato da Tassinari in apertura dell’articolo citato [3], fu il Prof. Meneghini che
consegnò al Prof. Piria, capo del laboratorio presso il quale operava lo stesso Tassinari, un
34
La Rivista dei Combustibili
ssc
Figura 1
L’articolo
sull’analisi del
carbone di
Gonnesa (fonte
Biblioteca
Comunale Imola)
pezzo di carbone della nuova miniera di Sardegna “acciò ne determinasse la composizione”. Giuseppe Meneghini (Padova 1811 - Pisa 1889) insegnava Geologia e Geografia fisica, dopo aver insegnato per qualche decennio anche la Mineralogia. Era considerato “una
delle stelle più fulgide” dell’ateneo pisano perché “profondo in tutte le discipline naturali
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35
ssc
dal mondo accademico
e naturalista nel largo senso della parola”, pur essendo attratto dalla paleontologia, cui
dedicò tutta la vita [4]. Benché non fosse un chimico, Meneghini sapeva bene quanto era
importante conoscere chimicamente un nuovo combustibile fossile per dirigerne le applicazioni. Per questo si rivolse a Piria che, a sua volta, incaricò Tassinari di occuparsi dell’analisi. Quest’ultimo, ossequiente al maestro, non mancò di precisare che tutti i saggi
furono diretti dal suo superiore e che l’intero lavoro fu svolto nel suo laboratorio.
Il pezzo di carbone, secondo la descrizione, appariva di un nero lucente, in qualche parte
con irradiazioni colorate e di frattura concoide. Il Prof. Meneghini fornì a Tassinari le notizie relative alla “giacitura” geologica del campione, come pure la descrizione di alcuni fossili che l’accompagnavano. Altre notizie vennero più tardi riportate in un opuscolo del
Generale Alberto Della Marmora [5] che nel 1834, ben prima del citato Millo, aveva segnalato la presenza di un combustibile fossile in comune di Gonnesa e dal 1846 in comune di
Terra Segada [3]. Il generale Alberto Della Marmora (o La Marmora) esploratore e scienziato, autore di un celebre Voyage en Sardaigne, meriterebbe ben più di un rapido cenno
ma, per ragioni di spazio, si rimanda al documentato lavoro di Silvia Cavicchioli pubblicato pochi anni or sono [6].
L’ANALISTA
Paolo Tassinari lavorava all’epoca presso la R. Università di Pisa ed era uno degli ultimi
arrivati alla Scuola di Raffaele Piria, titolare della cattedra di chimica dal 1842. Scienziato
geniale, coraggioso patriota, infine senatore del Regno, il calabrese Piria (Scilla 1814Torino 1865) era considerato il maestro di tutti i chimici d’Italia [7].
Figura 2
Paolo Tassinari
(1829-1909)
36
Molto stimato anche all’estero, fu un vero pioniere nell’affrontare, fra i primi in Italia, lo studio della chimica
come scienza a sé stante, distinta dalla fisica e dalle scienze naturali. Era stato indirizzato su questa via nel laboratorio parigino del grande Dumas. Si era messo in luce nel
1838 con una memoria sulla salicina proseguendo con
ricerche nel campo della chimica e dell’analisi organica,
ottenendo risultati di notevole valore. Quando, su richiesta di Piria, il giovane Tassinari affrontò l’analisi del carbone sardo, aveva appena ventitré anni e stava per conseguire il diploma di farmacista. Forse i suoi rapporti con il
Maestro erano nella fase migliore, ma più tardi peggiorarono. Se ne ha testimonianza in una lettera a Cannizzaro
del 1857. Tassinari gli confidò di aver sofferto tante umiliazioni e sopportato tante stravaganze da maturare la
convinzione che il suo carattere fosse incompatibile con
quello di Piria, dal quale però non riusciva a distaccarsi
[8]. D’altronde Piria lo considerava un preparatore di
valore ma, quando si cominciò a parlare di una cattedra
per lui, espresse a Cannizzaro il dubbio che Tassinari
potesse fare per davvero il professore [9].
Paolo Tassinari era nato a Castel Bolognese, un paese in provincia di Ravenna, il 3 novembre 1829. Le principali notizie sulla sua vita e sulla sua carriera accademica si possono
attingere dal discorso commemorativo che Raffaello Nasini tenne a Pisa il 24 aprile 1907
[10], successivamente ripreso da un anonimo allievo (T.G.) del Tassinari sul Bollettino
Chimico Farmaceutico [11], nonché nell’opera di Provenzal [7]. Notizie e date, come spesso succede, non sono sempre esattamente coincidenti.
E’ noto che la famiglia Tassinari gestiva dal secolo XVIII una farmacia che, fino al 1886,
rimase l’unica del paese. A Castel Bolognese frequentò la scuola e pare dimostrasse “sveLa Rivista dei Combustibili
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gliatissimo ingegno” e precoce dedizione allo studio [7] . Nel 1845, ancora giovanissimo,
ma attratto dalla scienza e dalla fama dell’Università di Pisa dove insegnavano illustri personaggi, raggiunse quella sede per seguire da uditore i corsi universitari. Successivamente,
pare dal 1850 [10], studiò regolarmente Scienze Naturali e Chimica poi, indotto dal padre
Gabriele a seguire la tradizione famigliare, tornò a Bologna nel 1852 per conseguirvi il
diploma di farmacista. Ma Paolo Tassinari non lo sfruttò a fini commerciali. A Pisa aveva
conosciuto Piria che ne aveva apprezzato le doti e forse spinto ad intraprendere ricerche di
chimica. Dopo il diploma tornò dunque a Pisa. Nel 1855 fu nominato preparatore di chimica nel corso speciale del Collegio Nazionale di Alessandria, dove già insegnava
Cannizzaro. Quando Piria lasciò Pisa per recarsi a Torino nel 1856, Tassinari lo seguì nella
nuova sede, prima come assistente volontario, poi effettivo (1857). Con decreto del 2 ottobre 1858 fu chiamato a sostituire Cannizzaro come professore di fisica e chimica nello
stesso Collegio di Alessandria in cui era stato preparatore e l’anno dopo passò a Genova al
Collegio Convitto Nazionale, ancora per sostituire Cannizzaro, trasferito a Napoli. Anche
le vicende risorgimentali influirono sulla sua carriera. La città di Bologna era sede dal
1859 di un governo provvisorio che l’11-12 marzo 1860 indisse i plebisciti per scegliere
fra l’annessione al Regno di Sardegna e la costituzione di un regno separato. I risultati vennero presentati a Vittorio Emanuele II il 18 marzo e sancirono l’unione al Regno di
Sardegna. Tassinari fu richiamato a Bologna proprio dal governo provvisorio che lo nominò verificatore nell’amministrazione centrale delle Regie Zecche. Nel contempo,
l’Università gli affidò, per l’anno 1860-61, l’insegnamento della chimica mineralogica,
analitica e metallurgica. Rimase a Bologna poco più di un anno, infatti, nel 1861, divenne
professore di chimica organica all’Università di Pisa e nel gennaio 1863, dopo il trasferimento di De Luca, fu chiamato a ricoprire la cattedra di chimica generale che era stata di
Piria, pur disponendo di scarsi titoli scientifici. A Pisa si dedicò con grande passione più
all’insegnamento che alla ricerca scientifica nonostante gli venisse riconosciuta un’abilità
analitica fuori del comune. Volendo rilanciare il laboratorio pisano e per trarre profitto dall’esperienza altrui, nel 1863 compì una visita di studio al laboratorio di Bunsen ad
Heidelberg. Era un laboratorio famoso in tutta Europa e attirava studenti di ogni provenienza. Bunsen era un vero caposcuola e, con l’aiuto determinante di Kirchhoff aveva
appena scoperto l’origine delle righe nere dello spettro solare e posto le basi della spettroscopia atomica analitica che, tra l’altro, l’avrebbe portato alla scoperta di nuovi elementi
chimici. Tassinari tornò a Pisa deciso a far tesoro dell’esperienza tedesca e diede grande
impulso alle esercitazioni pratiche di chimica e di analisi. Oltre all’insegnamento della
Chimica generale, Tassinari tenne per incarico a Pisa la Chimica agraria (1871-72 e 187273) e la Chimica docimastica (1875-1894). Rimase sempre un carissimo amico di Stanislao
Cannizzaro. Lo si evince dal tono delle lettere e, particolare non trascurabile, dalla sua collocazione nella celebre foto ricordo scattata nel 1896 a Roma in occasione del compleanno di Cannizzaro, dove siede alla destra del festeggiato. Le lettere a Cannizzaro contengono informazioni personali e richieste di consigli in merito all’insegnamento. Fu accanto a
Cannizzaro anche in occasione della fondazione della Gazzetta Chimica Italiana. Lo sparuto gruppo di chimici che si riunì il 30 settembre 1870 a Firenze, nel laboratorio di Schiff
al pianterreno del Museo di Storia Naturale, comprendeva oltre a Schiff altre sei persone,
ossia Cannizzaro, Tassinari, Gabba, Selmi, Paternò e Amato. Il primo numero uscì il 31
marzo 1871. Tassinari era quindi ben inserito nella comunità chimica italiana e probabilmente apprezzato anche per il suo carattere mite ed equilibrato. Dal 1876 al 1887 diresse
la Scuola di Farmacia e nel 1898 fu nominato Rettore dell’Università di Pisa, ma non
accettò l’incarico. Tassinari fu un uomo schivo, modesto, che non ambiva agli onori. Gli
furono conferite tuttavia alcune onorificenze importanti in Italia e all’estero. L’imperatore
brasiliano Don Pedro gli conferì l’ordine della Rosa. In occasione del 70° compleanno fu
nominato commendatore dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Benché figlio di proprietari terrieri, era sensibile alle istanze dei contadini e protesse fin dalla fondazione la
Società Operaia di Castel Bolognese. Aveva capito, prima di altri, che il clima sociale
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37
ssc
dal mondo accademico
sarebbe presto mutato, che le lotte operaie e contadine erano giuste e che gli uomini di cultura non potevano fare solo da spettatori nel faticoso processo di emancipazione degli
sfruttati. Agì di conseguenza, seppure con tatto, anticipando la figura dello scienziato umanitario, figlio della cultura positivista, assai popolare alla fine del secolo XIX. Nel 1903 si
ritirò nella sua villetta di Casanola, presso Solarolo, dedicandosi all’agricoltura. Qui si
spense sei anni dopo, il 16 aprile 1909.
Per quanto riguarda la sua opera, anche chi lo commemorò solennemente dopo la morte,
tributandogli non solo onori di rito, ma riconoscendone esplicitamente i meriti e le qualità
umane, riconobbe la scarsità della sua produzione scientifica, palesemente sbilanciata a
favore di quella didattica [10]. Alcuni suoi testi, in particolare il Manuale di chimica: chimica inorganica (Pisa, 1866), fondato sulla teoria atomica, e l’Avviamento allo studio della
chimica – XXX lezioni (Pisa, 1868), ebbero largo successo. Sul perché pubblicasse poco,
pur essendo dotato di una straordinaria abilità sperimentale che cercava di trasmettere agli
allievi con esercitazioni molto apprezzate, si sono avanzate delle congetture [10,11] che,
purtroppo, oggi non è dato verificare. Certo, la sua affidabilità analitica travalicava gli
angusti confini dei laboratori didattici, visto che gli furono affidate importanti consulenze.
Si ricorda in proposito quella prestata alla Commissione Medica che si occupò di Garibaldi
dopo il ferimento in Aspromonte e quella prestata in occasione del disastro ferroviario dei
Giovi [12]. Per la cronaca, anche quest’ultima fu relativa al combustibile in uso nelle ferrovie. Ma fatte queste precisazioni, occorre riconoscere a Tassinari alcuni interessanti contributi scientifici, specie in campo analitico, concentrati soprattutto nel biennio 1855-1856.
Iniziò con alcune esperienze sull’acido nitrosalicilico che s’innestavano nel filone aperto
nel 1838 da Piria con le ricerche sulla salicina poi, insieme a Pietro Piazza pubblicò uno
studio sulla riduzione dei nitrati ad ammoniaca ad opera di alcuni riducenti. I due scoprirono la reazione quasi casualmente, poi misero a punto un metodo, piuttosto sensibile, per
rivelare nitrati e nitriti, basato sulla riduzione con polvere di zinco in ambiente alcalino.
Nel 1856 descrisse come scoprire il fosforo ai fini dell’analisi legale [12].
L’ANALISI
Figura 3
Combustione del
carbone in difetto
di aria, da un
testo di Tassinari
(fonte Biblioteca
Dipartimento
“G. Ciamician”)
Dopo aver precisato che l’analisi del carbone di Gonnesa doveva giungere ad indicarne le
applicazioni senza “percorrere una lunga serie di esperienze con gran perdita di tempo e
di sostanza”, Tassinari descrisse minuziosamente
i saggi effettuati. Cominciò con il seccare il carbone polverizzato avvolgendolo in carta asciugante e mantenendolo a temperatura ambiente
(16-20°C) per più giorni. Passò poi a determinarne il peso specifico che, sulla base di due esperienze “concordantissime”, trovò pari a 1,33.
Seguì l’analisi elementare per combustione ai fini
di determinare carbonio e idrogeno. L’operazione
consisteva nel bruciare il carbone in presenza di
ossido di rame, completando la combustione in
corrente di ossigeno.
Determinò poi il coke riscaldando il carbone con
una lampada a doppia corrente (soffieria) per 2025 minuti, in un crogiolo di porcellana chiuso.
Ottenne un coke di lucentezza metallica, pochissimo coerente, che si disgregava a piccola pressione. Dal risultato dedusse che il carbone doveva
bruciare benissimo nei forni senza “intercettare” il
passaggio dell’aria. Le ceneri le determinò ponen-
38
La Rivista dei Combustibili
ssc
Figura 4
Una miniera
del Sulcis [1]
do il campione in una “cassulina” di porcellana e riscaldando il tutto nella muffola di un fornello a vento fino a completo incenerimento. Si presentavano di colore grigio e, una volta
macinate, diventavano rossastre. Erano quasi completamente solubili in acido cloridrico e si
scioglievano senza provocare effervescenza. La soluzione cloridrica trattata con cloruro di
bario dava luogo ad abbondante precipitato. Anche quando veniva saturata con ammoniaca
e successivamente trattata con ossalato d’ammonio, dava luogo ad abbondante precipitato.
Tale precipitato, una volta separato e trattato con il fosfato sodico ammoniacale, produceva
un precipitato cristallino. La stessa soluzione cloridrica trattata con ferrocianuro di potassio
dava un abbondantissimo precipitato azzurro. Nessuna reazione invece con percloruro di
ferro e acetato di potassio. La soluzione nitrica delle ceneri, addizionata di argento nitrato,
non dava luogo ugualmente ad alcuna reazione. Tassinari concluse che le ceneri erano costituite da solfati, calce, magnesia e da una gran quantità di perossido di ferro (oggi Fe2O3).
Non si attardò ad eseguire l’analisi quantitativa perché la riteneva superflua ai fini delle
applicazioni del combustibile. Decise invece di indagare come si comportava alla distillazione introducendone 20g in un tubo di vetro chiuso da una parte e tirato a punta dall’altra, riscaldando poi l’insieme finché non cessava l’esalazione di sostanze volatili. Ottenne
le “solite” sostanze bituminose, gas infiammabili, acido carbonico (cioè diossido di carbonio), ammoniaca ed idrogeno solforato in gran quantità e coke. Ben sapendo che azoto e
zolfo contribuivano a deteriorare la qualità del carbone, Tassinari si dedicò alla loro determinazione. Allo zolfo arrivò bruciando il carbone dopo averlo miscelato con nitrato di
sodio e carbonato sodico, sciogliendo il prodotto in acido cloridrico e precipitando il solfato con cloruro di bario. L’azoto invece venne determinato ricorrendo al ben noto metodo
di Dumas, con una misurazione volumetrica finale. La determinazione dello zolfo venne
effettuata tre volte. Dall’esame di tutti i risultati concluse che, eccezion fatta per lo zolfo,
tutti gli altri componenti del campione di Gonnesa erano presenti in concentrazione simile a quella di altri combustibili fossili.
Lo zolfo invece superava “l’ordinaria proporzione”. Fece poi alcuni ragionamenti sulla
forma in cui poteva essere presente. Non poteva essere, magari in forma di solfato, il componente principale delle ceneri perché, anche così, i conti non sarebbero tornati. Non poteva essere allo stato libero perché un’estrazione con solfuro di carbonio non dava esito
positivo. Concluse che poteva trovarsi in forma organica, insolubile in solfuro di carbonio
e convertibile in idrogeno solfato sotto l’azione del calore. Il saggio finale fu quello sul
potere calorifico, anzi fu un calcolo indiretto, un po’ tortuoso secondo i canoni odierni. Il
potere calorifico doveva essere in rapporto con la quantità di ossigeno consumata per ardeVolume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
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ssc
dal mondo accademico
Costituente
Concentrazione
(%)
Numero di prove
Carbonio
63,48
2
Idrogeno
5,31
2
Azoto
1,06
1
Zolfo
6,10
3
Ossigeno
20,50 a
-
Ceneri
3,55 b
2
a
Ricavato per differenza a 100
Tenuto conto del bassa percentuale di ceneri, non è stato determinato
il loro tenore in zolfo per sottrarlo al totale
b
re; così, facendo il calcolo, si trovava che
l’ossigeno, tenendo conto anche di quello
intrinsecamente presente, era in rapporto
1:1,91 col carbone. Esprimendo il potere
calorifico con la quantità di piombo ottenibile riscaldando il carbone con il litargirio
(PbO), il piombo ridotto era 24,76 volte il
peso del carbone. Tale valore collocava il
carbone di Gonnesa fra le migliori ligniti
(come quella di Saint-Lon, con 20,5 e il
litantrace di Epinac, con 26,8). Che il carbone di Gonnesa potesse classificarsi in tal
modo, Tassinari lo dedusse anche da un
altro saggio chimico, ossia dal trattamento
con potassa caustica bollente, seguita da
successiva acidificazione.
L’intero lavoro portò quindi Tassinari ad
escludere l’uso diretto di quel carbone per le
Tabella 2
caldaie a vapore, visto l’elevato tenore in zolfo, nonchè a stabilirne la totale inadeguatezza per
Composizione
media del carbone la preparazione del gas illuminante, vista la scarsità di sostanze bituminose e l’abbondante
di Gonnesa,
sviluppo di idrogeno solforato ed ammoniaca. Per le caldaie a vapore, scrisse Tassinari, si
ricavata
poteva eventualmente impiegare il coke, una volta accertato che fosse sufficientemente coedall’analisi di
rente da essere trasportato e maneggiato. Invece, per forni da vetri, stoviglie, calce e metallurTassinari
gia quel carbone sarebbe stato utilissimo. Anche se il giacimento scoperto non soddisfaceva
completamente i desideri di chi si aspettava un buon combustibile, secondo Tassinari non
andava disprezzato, anzi andava tenuto “in grandissimo conto”, perché quel carbone avrebbe
trovato utili applicazioni e poteva contribuire allo sviluppo industriale e commerciale.
BIBLIOGRAFIA
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cura di) Lettere a S.C. 1857-1862, Quaderno n. 2 del Seminario di Storia della
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(http://www.chimica.unipd.it/the-centenary/), Abstract IL37, p. 69
La Rivista dei Combustibili
dall’industria
ssc
Contaminazione microbiologica dei carburanti
Milena Mantarro
CHIMEC s.p.a.
Via Ardeatina, km 22,500 – 00040 Santa Palomba, Roma; tel +39 0691825258;
fax: +39 0691825260; cell. +39 3401250166; e-mail: [email protected]
Il problema della contaminazione microbiologica dei carburanti si è presentato all’inizio
del secolo scorso e da allora, col passare del tempo, ha assunto sfumature e contorni che
hanno mutato l’approccio di chi si è trovato di fronte alla gestione di questa problematica.
Conoscere il problema e contestualizzarlo è oggi la strada giusta per chi deve gestire le
operazioni legate al carburante ed al suo utilizzo.
Per comprendere la relazione tra microbi, batteri e idrocarburi è necessario considerare
alcuni aspetti fondamentali inerenti alla microbiologia, in quanto branca della biologia che
studia la struttura e le funzioni dei microrganismi, cioè di tutti quegli organismi viventi non
visibili ad occhio nudo: batteri, funghi, muffe, lieviti, etc.
I microrganismi possiedono differenti esigenze nutritive, si riproducono secondo modalità
differenti ed hanno morfologia di coltura e anatomia microscopica molto variabile.
Nonostante il lavoro fatto dagli esperti, a più di tre secoli dalla nascita della microbiologia,
stime attendibili indicano che solo l’1% di tutti i microrganismi presenti nei più svariati
habitat sono stati individuati o studiati.
I microrganismi così come gli organismi di ordine superiore, in un habitat specifico, utilizzano e trasformano delle sostanze, dette nutrienti, allo scopo di ottenere l’energia necessaria ai processi vitali.
I principali macronutrienti organici per batteri, muffe e lieviti sono le fonti di carbonio,
azoto, oligoelementi, fosforo e zolfo.
Esistono molteplici tipologie di habitat in cui i microrganismi possono svilupparsi. Studi
hanno rilevato crescite microbiche in ambienti diversi tra loro, in cui la temperatura può
variare da 0 °C a 100 °C e il pH da 2 a 10.
I batteri vivono in un sistema strutturato detto biofilm, che è definibile come una comunità complessa di cellule batteriche racchiuse in una matrice polimerica autoprodotta, che
può inglobare anche acqua, residui organici ed essere o meno adesa ad una superficie.
I carburanti, come ad esempio il gasolio, sono composti principalmente da quegli elementi definiti interessanti per lo sviluppo dei microrganismi, essi costituiscono infatti una ricca
fonte di macronutrienti [1] la cui fruibilità è legata al livello di biodegradazione che caratterizza i singoli costituenti (Figura 1).
I microrganismi associati agli idrocarburi, pur essendo di diverso tipo, sono accomunati da
caratteristiche particolari quali ad esempio la resistenza ai solventi, l’oleofilicità, la tendenza a produrre biosurfattanti e la capacità di processare gli idrocarburi per ottenere i macronutrienti necessari al loro ciclo vitale attraverso particolari reazioni di ossidazione catalizzate da enzimi.
Aspetto molto importante è la modalità con cui i microorganismi entrano in contatto con i
carburanti.
E’ indiscusso che durante i processi di raffinazione, per le condizioni di esercizio, non ultimo l’alta temperatura, i tagli di idrocarburi utilizzati per preparare le miscele commerciali possano definirsi non contaminati.
I microrganismi hanno bisogno di acqua per crescere, in raffineria l’acqua può condensare e coalescere durante il raffreddamento dei carburanti, batteri e funghi possono essere
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
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ssc
dall’industria
Figura 1
Livello di
biodegradazione
degli idrocarburi
veicolati attraverso i sistemi di sfiato dei serbatoi dal particolato, dall’umidità; possono
essere presenti nell’acqua di zavorra dei serbatoi delle navi, sul fondo delle cisterne, nell’acqua utilizzata per lo spiazzamento delle linee nei depositi costieri, etc.
I sistemi di stoccaggio e trasporto dei carburanti costituiscono il primo luogo dove la contaminazione batterica può avvenire.
I microrganismi per la loro oleofilicità, dispersi nel carburante come “bombe dormienti”,
si attivano quando incontrano l’acqua.
La fase acquosa in un serbatoio di stoccaggio può avere un volume variabile, da pochi ml
a qualche m3. Indipendentemente dal volume, i microrganismi andranno a popolare preferibilmente la zona di interfaccia acqua/carburante che si presta ad essere un habitat di interesse per la crescita di batteri, i quali si svilupperanno in una articolata comunità di microrganismi: il biofilm.
In sistemi reali dove la temperatura è compresa tra 20-35 °C ed il pH è tra 6 e 9 si riscontra crescita e sviluppo di flora batterica che prolifera attraverso fenomeni di nutrizione biochimica nell’arco di 15-24 ore.
La manifestazione di tale fenomeno, a seguito della formazione del biofilm, è la presenza
dello sludge inerte che rende finalmente visibile il problema all’utilizzatore.
In effetti senza la produzione di biofilm e sludge non è possibile ad occhio nudo verificare la presenza di contaminanti batterici nei carburanti e quindi accorgersi del problema.
I problemi legati all’accumulo di acqua e sludge nei serbatoi di stoccaggio si traducono in:
• Corrosione microbica indotta (MIC, Microbially Induced Corrosion)
• Intasamento dei filtri nei depositi e nelle stazioni di servizio
• Intasamento dei sistemi di alimentazione dei motori
La corrosione microbica [2] coinvolge sia i batteri aerobi, che vivono e crescono in presen42
La Rivista dei Combustibili
ssc
za di ossigeno, sia i batteri anaerobi che vivono e crescono in condizioni di assenza di ossigeno.
Questi ultimi comprendono i batteri solfatoriduttori (SRB, Sulphate Reducing Bacteria).
Si può osservare come le condizioni di assenza di ossigeno, che ritroviamo in parte nei
sistema di stoccaggio dei carburanti, creano le condizioni ideali per favorire la crescita di
questi batteri. Dati di letteratura identificano che la velocità di corrosione dovuta alla presenza degli SRB è anche superiore a 1 mm/anno.
I batteri anaerobi hanno un’elevata adattabilità e sono capaci di resistere fino a temperature di 80 °C e a pressioni di 400 bar. In ambiente aerobico non sono attivi ma rimangono in
attesa delle condizioni ideali che possano formare i microambienti anaerobici (es. sotto
depositi).
Il biofilm, quindi, è responsabile dell’innesco della corrosione per pitting dei serbatoi.
Tale fenomeno [3] si presenta come attacchi, detti pit o vaiolature, molto penetranti, ma
che interessano una porzione di superficie metallica piccola rispetto alla superficie esposta. Le dimensioni lineari variano da poche decine di µm sino ad alcuni mm.
Il meccanismo di corrosione dei batteri solfatoriduttori è complesso; i passaggi chiavi
sono: la produzione di idrogeno attraverso l’enzima idrogenasi per la riduzione dei solfati
a solfuri, la depolarizzazione catodica per precipitazione del solfuro ferroso e la stimolazione anodica da parte dello ione solfuro con passaggio in soluzione del ferro e formazione di celle occluse.
I problemi legati all’intasamento dei filtri e dei sistemi di alimentazione dei motori sono
oggetto di grande attenzione da parte dell’industria petrolifera, degli operatori commerciali del settore e anche degli utilizzatori.
Per tenere sotto controllo il problema bisogna applicare una procedura operativa di housekeeping applicabile a tutti i punti sensibili legati al trasferimento del carburante, che
comprendono le operazioni nel sito produttivo, i sistemi di stoccaggio, i serbatoi dei
depositi di distribuzione, le autobotti destinate al trasporto dei carburanti ed infine i punti
vendita.
La procedura di housekeeping prevede:
• Individuazione dei punti critici dello stoccaggio
• Campionamento del fluido presente nel serbatoio
❍ Campione di carburante
❍ Campione prelevato all’interfaccia acqua/carburante
❍ Campione di acqua di fondo
• Analisi dei campioni
• Interventi mirati
❍ Pulizia – bonifica
❍ Trattamento chimico
preventivo o a shock
Generalmente un serbatoio
con carica batterica consistente (Figura 2) è composto
da diverse fasi:
• una fase idrocarburica
• una fase in emulsione con
una struttura tanto più complessa quanto maggiore è la
produzione di biosurfattanti
da parte dei batteri
• una interfaccia acqua/carburante
• una fase di fondo (Figura 3)
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
Figura 2
Esempio di un
serbatoio di
carburante con
evidente
contaminazione
microbiologica [4]
43
ssc
Figura 3
Campioni di
carburante con
evidente
contaminazione
microbiologica e
sludge
dall’industria
costituita prevalentemente da deposito
organico e sludge
Il campionamento deve essere eseguito
in base alle metodiche riconosciute (ISO
3170 [16].
Esistono vari metodi analitici che ci aiutano a determinare il problema legato
alla contaminazione batterica dei carburanti [5]. Alcuni di essi sono convenzionali, ossia si basano su tecniche largamente utilizzate, normate e riconosciute,
ed altri su metodi non convenzionali,
ossia che portano alla stessa informazione attraverso la misura di parametri differenti (es. metodi da campo, che si basano su metodi standard quali ad esempio, ASTM D
4012 [6], ASTM D 4412-08 [7], E 1326 [8], etc.).
I protocolli di analisi utilizzati per determinare il grado di contaminazione batterica di un
serbatoio comprendono test fisici, chimici e microbiologici.
Le informazioni, che derivano dall’analisi dei dati previsti dal protocollo, serviranno a guidare le scelte dei gestori di sistema.
La precisione e l’accuratezza di ogni metodo usato devono essere note per valutare se le
variazioni dei dati rilevati in relazione al sistema in studio, portano alla descrizione di un
fenomeno o ricadono nell’errore sperimentale.
Tra i metodi riconosciuti per la determinazione della carica batterica dei carburanti, il più
diffuso è il metodo IP 385 [9]. Le procedure A e B descritte nel metodo, si applicano direttamente al campione di carburante costituito da tagli con punto di ebollizione al di sotto
dei 390 °C. Il metodo permette la determinazione di batteri e funghi tramite la crescita e
lo sviluppo di questi ultimi in specifici terreni di coltura (Figura 4).
E’ un metodo diffuso ed applicato da tempo, anche se risente del fatto che i terreni non
garantiscono la selettività di crescita delle due specie da determinare (Figura 5), che i
tempi di risposta delle analisi sono lunghi e che è un metodo da laboratorio e non applicabile in campo.
Figura 4
Metodo IP 385 –
coltura funghi
Figura 5 - Metodo IP 385 - coltura batteri,
contaminazione da funghi
44
La Rivista dei Combustibili
ssc
Per quanto concerne la determinazione della carica batterica totale non esistono purtroppo
valori limite di specifica ufficiali. E’ stato però possibile, grazie all’esperienza sviluppata
nel tempo in campo durante le operazioni commerciali, individuare dei valori guida sperimentali che forniscono all’utilizzatore informazioni predittive relative al manifestarsi di
problemi operativi in campo (intasamento filtri, etc).
Basandoci sul metodo IP 385 (Rif. 9), che ci da informazioni sulle unità di colonie formanti per litro di carburante(ufc/l), sono state definite dagli operatori del settore tre fasce di
attenzione
• Da 0 a 400 UFC/l: contaminazione lieve
condizione di normalità
• Da 401 a 1000 UFC/l: contaminazione moderata condizione di allarme
• Superiore a 1000 UFC/l: contaminazione grave condizione di prossimo blocco dei filtri
questi limiti sono generalmente utilizzati nelle trattative commerciali interne, ma esistono
dei limiti ancora più stringenti di quelli sopra riportati che regolano ad esempio il mercato dei carburanti per aviazione (Royal Navy –UK).
Il protocollo di analisi per la tenuta sotto controllo dei sistemi reali, prevede i seguenti controlli di base:
sul campione di carburante:
• acqua sospesa totale – ASTM D 6304 [10];
• conta batterica totale – IP 385/99 [9] – ASTM D 4412 [7] (pretrattando il campione);
• sedimenti sospesi – ASTM D 4870 [11];
sul campione di acqua di fondo:
• pH – ASTM D 1293 [12];
• alcalinità/ acidità – ASTM D 1067 [13];
• ossigeno disciolto – ASTM D 888 [14];
• metalli solubili (ferro, alluminio, manganese);
• durezza – ASTM D 1126 [15].
Per tutti i sistemi studiati è importante identificare i livelli di normalità e di attenzione al
fine di individuare e tenere sotto controllo il problema.
Un programma di prevenzione, basato su un adeguato ed efficace protocollo di monitoraggio e controllo, coadiuvato da consulenti esperti, risulta essere la giusta strategia da applicare per la salvaguardia del sistema.
Esistono delle norme operative di base che possono aiutare a contenere il problema, ma,
alla luce di quanto fino ad ora emerso, sarebbe incongruente pensare che le buone pratiche
possano risolvere il problema a tal punto che questo non si ripresenti, tenendo ad esempio
presente che ad ogni carico di un serbatoio si immette potenzialmente nel nostro sistema
una carica contaminante rilevante.
Nei casi di contaminazione lieve o normale, le operazioni che generalmente si effettuano
prevedono:
• la rimozione dell’acqua libera dei serbatoi con sistemi appropriati,
• la manutenzione delle parti corrose dei sistemi di stoccaggio per minimizzare i possibili veicoli e focolai di contaminazione,
• la bonifica dei serbatoi con prodotti adeguati,
• il trattamento dei serbatoi chimicamente bonificati con prodotto biocida,
• il trattamento del carburante in ingresso al deposito con specifico biocida.
Si definiscono biocidi, secondo il Decreto Legislativo 25 febbraio 2000 n. 174, “i principi
attivi e i preparati contenenti uno o più principi attivi, presentati nella forma in cui sono
consegnati all’utilizzatore, destinati a distruggere, eliminare, rendere innocui impedire
l’azione o esercitare altro effetto di controllo su qualsiasi organismo nocivo con mezzi chimici o biologici”.
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
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ssc
dall’industria
Per quanto attiene l’utilizzo di biocidi nell’industria petrolifera le sostanze devono essere
riconosciute e approvate e regolate da vari enti tra cui:
•
•
•
•
•
USEPA
FDA
BGVV
EU Commission
French Repression Fraudes
e notificati nella “EU Biocidal Products Directive”.
L’utilizzo dei biocidi in impianto deve essere controllato e gestito insieme ad esperti del
settore. Con una consulenza mirata e un programma costruito in base alle esigenze del
committente e alla realtà che si vuole tenere sotto controllo, si è in grado di garantire il
massimo risultato con un adeguato rapporto costi/benefici.
Nei casi di contaminazione grave, i suggerimenti alternativi per interventi rapidi e poco
onerosi prevedono ad esempio trattamenti dei fondami dei serbatoi con biocida a dosaggio
shock e controlli analitici scadenzati per verificare l’efficacia della sterilizzazione, che
possa poi portare al trattamento preventivo con dosaggi minimi del biocida.
Si riporta a titolo di esempio un caso reale di contaminazione microbiologica di un serbatoio,
riscontrato in un deposito europeo. Un serbatoio di gasolio presentava al momento della verifica in impianto una contaminazione batterica grave, come mostrano i dati nella Tabella 1.
Tabella 1
Determinazione
della contaminazione
batterica tramite
IP 385
Serbatoio A
Batteri/l
Muffe/l
UFC/l
2.500
600
3.100
Al sistema è stata applicato il protocollo previsto per contaminazioni gravi che prevede tra
le altre operazioni l’utilizzo di un biocida a dosaggio shock e controlli analitici scadenzati per la verifica dell’efficacia del trattamento.
Come mostrano i dati in Tabella 2 già a distanza di 24 ore il serbatoio presentava una contaminazione batterica, di livello lieve, compresa tra 0 – 400 ufc/l. A distanza di 120 ore, il
trattamento ha permesso di mantenere ancora in condizione di normalità il serbatoio.
In ambito petrolifero il problema che un tempo veniva trattato con una certa approssimazione, privilegiando la ricerca di rapide soluzioni per evitare il presentarsi di problemi operativi, oggi viene affrontato in maniera più sistematica.
Tuttavia visto quanto fino ad ora noto relativamente alla varietà delle specie batteriche isolate, alla varietà degli habitat in cui proliferano, possiamo considerarci ancora agli inizi di
questa investigazione.
Tabella 2
Determinazione
della contaminazione
batterica tramite
IP 385 e dosaggio
a shock di un
opportuno biocida
46
Serbatoio A
dopo 24 h
Serbatoio A
dopo 48 h
Serbatoio A
dopo 120 h
Batteri/l
Muffe/l
UFC/l
60
30
90
0
0
0
0
0
0
La Rivista dei Combustibili
ssc
Gli studi più recenti sono mirati all’applicazione di tecnologie capaci di rendere “meno
appetibili” gli idrocarburi e alla creazione di banche dati per l’identificazione dei geni specifici e per la classificazione dei microrganismi.
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[14]
[15]
[16]
F.J.Passman - Fuel and fuel system microbiology
Enciclopedia degli idrocarburi – Aspetti generali della corrosione
Enciclopedia degli idrocarburi – Materiali
ASTM D 6469 -08 - Standard Guide for Microbial Contamination in Fuels and Fuel
Systems
E 1326-98: Standard guide for “Evaluating Non conventional Microbiological Tests
Used for Enumerating Bacteria”
ASTM D 4012 – Test Method for Adenosine Triphospate (ATP) Content of
Microorganisms in Water
ASTM D 4412 -08 - Test Methods for Sulfate-Reducing Bacteria in Water and WaterFormed Deposits
E 1326 - Guide for Evaluating Nonconventional Microbiological Tests Used for
Enumerating Bacteria
IP 385 - Determination of the viable aerobic microbial content of fuels and fuel components boiling below 390°C -Filtration and culture method
ASTM D 6304 - Standard Test Method for Determination of Water in Petroleum
Products, Lubricating Oils, and Additives by Coulometric Karl Fischer Titration
ASTM D 4870 - Test Method for Determination of Total Sediment in Residual Fuels
ASTM D 1293 - Test Methods for pH of Water
ASTM D 1067 - Test Methods for Acidity or Alkalinity of Water
ASTM D 888 – Test Methods for Dissolved Oxygen in Water
ASTM D 1126 – Test Methods for Hardness in Water
ISO 3170 – Petroleum liquids — Manual sampling
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
47
notizie - la conferenza di Copenhagen
United Nations COP 15 - COP/MOP 5
7 - 18 dicembre 2009, Copenhagen
DIARIO DELLA CONFERENZA SUL CLIMA
Il 2009, proclamato dal WWF “Anno del Clima”, si è chiuso con la quindicesima Conferenza delle Parti (COP 15) nell’ambito della Convenzione
Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) e con la
quinta Conferenza delle Parti – Meeting delle Parti nell’ambito del
Protocollo di Kyoto (COP/MOP 5), entrambe confluite nella Conferenza sui
cambiamenti climatici di Copenhagen.
La Conferenza ha rappresentato il culmine di un processo di negoziazione
(Bali Roadmap) avviatosi dopo la COP 13, tenutasi a Bali nel dicembre
2007, finalizzato all’implementazione della cooperazione internazionale sul
tema dei cambiamenti climatici.
Districarsi nella miriade di incontri paralleli che si sono svolti prima (incontro bilaterale Cina-U.S.A. a seguito dell’incontro dell’APEC a Singapore di
metà novembre, i Preparatory Meetings dei paesi meno sviluppati, degli
Small island developing States, dell’African Group e l’incontro del “G77
and China”) e durante la Conferenza, e certamente anch’essi di notevole importanza, non
è facile.
Di seguito sono riportate alcune delle tappe salienti (con esiti più o meno significativi)
lungo la strada di avvicinamento alla Conferenza:
• 8-10 luglio 2009, G8 de L’Aquila (includeva anche il MEF – Major Economy Forum):
tavolo negoziale non vincolante in cui si è concordato l’impegno a contenere entro i 2°C
l’innalzamento della temperatura media globale e si è esplicitata la volontà di ridurre le
emissioni entro il 2050 dell’80% per i paesi sviluppati e del 50% a livello globale.
• 24-25 settembre 2009, G20 Pittsburgh: nonostante fossero compresi tra gli obiettivi iniziali dell’incontro, di fatto non è stata presa alcuna decisione sulla finanza del clima e
sugli aiuti ai paesi poveri per l’adattamento ai cambiamenti climatici.
• 28 settembre - 9 ottobre 2009, Bangkok: i delegati di 192 paesi si sono riuniti in preparazione alla Conferenza sul clima ma non ne sono scaturite decisioni importanti; rilevanti la mancata approvazione di una legge sul clima da parte del Senato americano e le difficoltà dell’Unione Europea nel presentare una leadership e un’ambizione chiara in
ambito climatico.
Numerosissimi sono poi stati i colloqui a porte chiuse precedenti la Conferenza: solo in ottobre-novembre si sono svolti, con la partecipazione di un numero ristretto di paesi, incontri
chiusi ad alto livello a Londra, Pechino, New Delhi e Washington, con paesi come gli Stati
Uniti, il Giappone e l’UE che hanno fatto di tutto per difendere le loro posizioni [1].
Da quanto riportato sopra si può evincere come quella sul clima sia forse la trattativa diplomatica internazionale più complessa che sia mai stata concepita nella storia. Si tratta di una
serie di negoziati interconnessi che si svolgono parallelamente e che coprono i settori più
disparati: dalla finanza alla scienza, dall’aviazione al commercio.
In estrema sintesi, i 4 punti essenziali che la Conferenza sul clima di Copenhagen si proponeva di risolvere erano [2]:
1) Quanto sono disposti i paesi industrializzati a ridurre le loro emissioni di gas serra?
2) Quanto sono disposti i principali paesi in via di sviluppo, come Cina e India, a limitare la crescita delle loro emissioni di gas serra?
48
La Rivista dei Combustibili
3) Di quanto aiuto necessitano i paesi in via di sviluppo per impegnarsi nella riduzione
delle loro emissioni e nell’adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici, in termini di finanziamenti?
4) Come verrà gestito quel denaro?
Mappa globale
delle emissioni
di CO2
(in milioni di
tonnellate)
stimate per il
2009 [3].
Di seguito vengono riportate poche righe di sintesi per ciascuna delle varie giornate della
Conferenza con informazioni tratte dai report quotidiani dell’International Institute for
Sustainable Development [4], cronache ben dettagliate realizzate al termine di ogni giornata e distribuite all’ingresso delle COP.
7 dicembre: a seguito della cerimonia di apertura sono iniziate ufficialmente le sessioni di
COP 15, COP/MOP 5, AWG-KP 10 [5] (Ad Hoc Working Group on Further Commitments
for Annex I Parties under the Kyoto Protocol) e AWG-LCA 8 (Ad Hoc Working Group on
Long term Cooperative Action) [6] con diverse dichiarazioni di intenti e obiettivi dei rappresentanti dei diversi gruppi di paesi (G77/China – African Group – Least Developed
Countries, LDC - Alliance of Small Island States [AOSIS], U.S.A., India, EU, diverse
ONG ammesse al tavolo dei negoziati, etc.). Con circa 34000 partecipanti accreditati la
COP 15 è di gran lunga il più importante meeting mai tenutosi sotto l’egida dell’UNFCCC.
8 dicembre: si sono tenute le sessioni plenarie di apertura del Subsidiary Body for
Implementation (SBI 31) e del Subsidiary Body for Scientific and Technological Advice
(SBSTA 31), entrambi giunti al 31esimo appuntamento. Diverse riunioni di gruppi di lavoro e consultazioni informali su svariati temi hanno avuto luogo, in particolare sulla cooperazione di lungo termine, sul raggiungimento di una visione condivisa sui cambiamenti climatici, sull’aspetto economico-finanziario, sulla mitigazione e sulla tecnologia nell’ambito dell’AWG-LCA, mentre nell’ambito dell’AWG-KP si sono affrontate le riduzioni delle
emissioni dei paesi Annex I (tutti paesi industrializzati) e le loro potenziali conseguenze.
9 dicembre: si sono tenute sessioni plenarie della COP e della COP/MOP, vari gruppi di
contatto hanno inoltre avviato consultazioni informali su una visione condivisa di vari
aspetti riguardanti il cambiamento climatico, la mitigazione, l’adattamento, l’aspetto finanVolume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
49
notizie - la conferenza di Copenhagen
ziario e tecnologico nell’ambito dell’AWG-LCA, dell’AWG-KP, del SBSTA e del SBI. In
generale oggi si è iniziato ad entrare nel vivo dei confronti e dei negoziati (con i primi arrivi di ministri e delegati di alto livello): una proposta dell’isola di Tuvalu (il primo paese
che ha già avuto dei “rifugiati climatici”), finalizzata alla firma di una modifica legalmente vincolante del Protocollo di Kyoto e appoggiata da molti paesi AOSIS, africani e
dell’America Latina, ha visto l’opposizione dei paesi emergenti Cina e India, contrari a
distogliere l’attenzione dei paesi Annex I dai negoziati sul secondo periodo di attuazione
del Protocollo di Kyoto.
10 dicembre: si sono riuniti vari gruppi di contatto e consultazioni informali si sono susseguite per tutta la giornata nell’ambito dell’AWG-LCA, dell’AWG-KP, del SBSTA e del SBI.
Uno dei temi che più ha acceso le discussioni è stata l’ancora irrisolta questione di una convergenza sull’aspetto legalmente vincolante dei negoziati. I paesi in via di sviluppo vogliono
preservare e rafforzare il Protocollo di Kyoto mentre la maggior parte dei paesi dell’Annex I
sta cercando una soluzione legale complessiva che coinvolga direttamente gli USA e i paesi
in via di sviluppo negli sforzi per la mitigazione dei cambiamenti climatici.
11 dicembre: nel giorno del dodicesimo anniversario del Protocollo di Kyoto si sono affrontati i negoziati per la riduzione delle emissioni per i paesi Annex I (nell’AWG-KP), si è
discusso di mitigazione, adattamento, aspetti finanziari e tecnologici (nell’AWG-LCA). In
particolare, per l’aspetto finanziario, fonte di commenti e discussioni è stata la notizia che
l’U.E., nel summit di Bruxelles, ha previsto una cifra pari a 2,4 miliardi di € all’anno per i
prossimi 3 anni per aiutare i paesi più poveri a contrastare il riscaldamento globale. I paesi in
via di sviluppo, pur soddisfatti che qualcosa si sia smosso, ritengono la cifra non ancora sufficiente. 400 rappresentanti delle più grandi imprese mondiali hanno discusso sui contributi
finanziari privati per la mitigazione, sottolineando che per una low-carbon economy è necessaria la convergenza internazionale sulla monetizzazione delle emissioni di CO2.
12 dicembre: nel corso della mattinata si sono tenute riunioni plenarie della COP e della
COP/MOP, nel pomeriggio le plenarie di chiusura del SBI e del SBSTA.
Si è chiusa la prima settimana della Conferenza sul clima: molti delegati, commentatori, giornalisti ne traggono un bilancio deludente. Si è percepita la necessità di un serrato confronto
e un intenso lavoro per la settimana successiva in modo tale da poter raggiungere l’obiettivo
di un ambizioso accordo conclusivo, al fine di non perdere la grande occasione internazionale fornita dalla Conferenza stessa.
13 dicembre: giornata di pausa dei lavori della Conferenza.
14 dicembre: nel corso della giornata le trattative tra i paesi industrializzati e i paesi in via
di sviluppo si sono interrotte per la richiesta dell’African Group e del gruppo LDC (sostenuti dai paesi del G77/China sia in ambito AWG-LCA sia in ambito AWG-KP) della costituzione di una discussione a livello ministeriale per l’AWG-KP, come per l’AWG-LCA. Il
Presidente della COP, Connie Hedegaard, ne ha accolto la richiesta attivando un tavolo informale presieduto da un ministro rappresentante dei paesi industrializzati e da un ministro rappresentante dei paesi in via di sviluppo.
A livello negoziale non si sono rilevati significativi progressi: le delegazioni guardano ora ai
prossimi giorni riponendo nelle iniziative politiche speranze di successo.
15 dicembre: la giornata è stata molto frenetica. Oltre alla cerimonia di apertura dell’High
Level Segment con i discorsi di numerose personalità politiche di spicco, a livello dei negoziati tutti i gruppi di lavoro ufficiali hanno intensificato le attività con le sessioni dell’AWGKP e dell’AWG-LCA chiusesi rispettivamente in tarda notte e alle prime luci dell’alba.
Discussioni tecniche si sono tenute in merito all’obiettivo da raggiungere in termini di
50
La Rivista dei Combustibili
aumento massimo della temperatura media globale, 1,5 o 2 °C i valori in discussione. Per
quanto concerne i paesi in via di sviluppo la discussione si è incentrata sulla definizione e le
finalità delle NAMAs (Nationally Appropriate Mitigation Actions). Si è anche discusso,
senza risultati significativi, se e quanto aumentare i livelli di riduzione delle emissioni dei
paesi Annex I nell’ambito AWG-KP.
16 dicembre: durante la giornata Connie Hedegaard ha ceduto la presidenza della COP a
Lars Løkke Rasmussen, Primo Ministro di Danimarca, per la gestione della Conferenza nei
giorni finali (fondamentali per le decisioni politiche) caratterizzati dalla partecipazione di
decine e decine di capi di stato e di governo da tutto il mondo. Il chairman dell’AWG-KP ha
presentato il report del gruppo di lavoro, esaltando i progressi raggiunti ma rammaricandosi
del mancato accordo sulle modifiche al Protocollo di Kyoto. Il chairman dell’AWG-LCA ha
presentato il report del gruppo di lavoro, sottolineandone la compatibilità con qualsiasi provvedimento finale legale o formale verrà adottato dalla COP; tuttavia ha evidenziato la necessità di ulteriore lavoro per completarne il testo.
Forte tensione ha determinato l’annuncio da parte del Presidente della COP della prossima
presentazione di un testo finale alternativo elaborato dalla delegazione danese parallelamente ai lavori ufficiali, da presentare ai decisori politici nei giorni seguenti assieme ai reports
degli AWGs. Rappresentanti del G77/China, dell’India, del Brasile e di molti altri paesi in via
di sviluppo hanno protestato l’irregolarità della presentazione di un testo alternativo, in quanto non rispettoso del processo ufficiale democratico-partecipativo seguito nei giorni precedenti nei vari gruppi di lavoro.
17 dicembre: durante la mattinata si sono tenute le sessioni plenarie della COP e della
COP/MOP, nel pomeriggio ed in serata si sono riuniti diversi gruppi di contatto creati ad hoc
per la stesura dei documenti finali della Conferenza in funzione delle conclusioni raggiunte
dall’AWG-LCA e dall’AWG-KP durante i lavori a Copenhagen. Dopo le tensioni di ieri il
gruppo G77/China ha ottenuto ufficiali rassicurazioni dal Presidente della COP che nessun
documento che non sia stato concordato tra le parti verrà presentato ai capi di stato e di governo e che la chiusura dei lavori sarà improntata alla trasparenza, con i lavori stessi basati esclusivamente sui due testi finali prodotti dall’AWG-LCA e dall’AWG-KP. La giornata è stata
occasione di incontro e raduno del maggior numero di sempre di capi di stato e di governo
al di fuori delle riunioni O.N.U. di New York, costituendo di fatto un momento storico. I più
significativi interventi sono risultati:
❍ Il segretario di stato U.S.A. Hillary Clinton ha annunciato che gli U.S.A. sono pronti a
lavorare con gli altri paesi per sbloccare un fondo di finanziamento ai paesi in via di sviluppo che raggiungerà i 100 miliardi di dollari l’anno entro il 2020 per adottare tecnologie “pulite” e affrontare le conseguenze dei cambiamenti climatici.
❍ Il Giappone ha annunciato che contribuirà per le finalità di cui sopra con un finanziamento di circa 15 miliardi di dollari entro il 2012.
❍ Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha anch’egli evidenziato la necessità di finanziare
i paesi in via di sviluppo e di mantenere e rafforzare il Protocollo di Kyoto, se non si riuscirà a convergere verso un suo superamento.
❍ La delegazione cinese si è dichiarata più disponibile al dialogo e al raggiungimento di un
accordo negoziale finale.
18-19 dicembre: la chiusura dei lavori della Conferenza è stata dichiarata alle 15:28 di sabato 19 dicembre, con quasi 22 ore di ritardo rispetto all’orario previsto, dopo un’intera notte
di dibattiti intensi su un’intesa raggiunta in serata dal presidente degli U.S.A. Barack Obama
e sottoscritta dal premier cinese, dal primo ministro indiano e dal presidente sudafricano.
Tuttavia numerosi paesi, tra cui Tuvalu, il Venezuela, la Bolivia, Cuba, il Nicaragua, etc.
hanno espresso la loro contrarietà all’intesa.
Il Presidente della COP ha dunque dichiarato che “La Conferenza decide di prendere nota
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
51
notizie - la conferenza di Copenhagen
dell’Accordo di Copenhagen del 18 dicembre del 2009”, un testo di 3 pagine subito pubblicato sul sito dell’UNFCCC [7].
Nella conferenza stampa di chiusura della Conferenza sul clima di Copenhagen, Yvo de
Boer, segretario esecutivo dell’UNFCCC, ha affermato che un accordo con elementi significativi è stato raggiunto, ma che esso non è legalmente vincolante. L’accordo è “politicamente importante” - così ha dichiarato - perché dimostra la volontà di andare avanti verso un progetto comune di risposta ai cambiamenti climatici. Ban Ki-Moon, segretario generale delle
Nazioni Unite, ha definito l’accordo siglato come “una prima tappa essenziale la cui tempestica non è chiara ma faremo di tutto perché l’accordo diventi legalmente vincolante entro il
2010”.
Di seguito si riportano i punti chiave dell’accordo:
• Il riconoscimento formale che i cambiamenti climatici sono una delle più grandi sfide del
nostro tempo e che le concentrazioni di gas serra in atmosfera andranno stabilizzate ad un
livello tale da impedire una grave interferenza antropogenica sul sistema climatico.
• Viene fissato come obiettivo una riduzione delle emissioni globali di gas serra tale da evitare il superamento del tetto di 2°C di riscaldamento globale rispetto all’era pre-industriale e viene espressa la necessità di valutare l’opportunità del limite ancora più ambizioso di
1,5 °C; questo obiettivo dovrà essere raggiunto con l’ausilio delle conoscenze scientifiche
e sulla base del concetto di equità.
• I paesi Annex I si impegnano a formalizzare i loro obiettivi di riduzione delle emissioni
per il 2020 entro il 31 gennaio 2010, i paesi Annex I aderenti al Protocollo di Kyoto
dovranno incrementare le riduzioni emissive stabilite nel Protocollo stesso. I paesi nonAnnex I (in via di sviluppo) implementeranno azioni di mitigazione da formalizzare entro
il 31 gennaio 2010. In paesi sottosviluppati e le piccole isole prenderanno iniziative volontarie supportati dagli altri paesi.
• Vengono riconosciute la necessità della riduzione delle emissioni dovute alla deforestazione e al degrado delle foreste e la necessità di accelerare lo sviluppo tecnologico globale al
fine di supportare le azioni di adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici.
• Vengono stanziati 30 miliardi di dollari per il periodo dal 2010 al 2012 e un apposito fondo
O.N.U. disporrà di 100 miliardi di dollari entro il 2020, somme destinate principalmente
ai paesi più vulnerabili, come i paesi africani e le piccole isole sottosviluppate, per sostenerli ad affrontare l’impatto dei cambiamenti climatici (mitigazione e adattamento).
L’accordo è di fatto un testo non vincolante né politicamente né legalmente in quanto non è stato
approvato, e tecnicamente è solo un testo del quale è stata “presa nota” da tutte le Parti coinvolte nella Conferenza. La sfida ai cambiamenti climatici è ancora in fase iniziale, il prossimo obiettivo è la firma di uno strumento vincolante alla COP 16/MOP 6 tra un anno in Messico.
Simone Casadei
BIBLIOGRAFIA
[1] John Vidal, Lifting the lid on climate change talks, The Guardian, Saturday 7
November 2009
[2] http://en.cop15.dk/news/view+news?newsid=876
[3] Il Clima del G2. I Quaderni Speciali di Limes
[4] http://www.iisd.ca/climate/cop15/
[5] http://unfccc.int/kyoto_protocol/items/4577.php
[6] http://unfccc.int/meetings/items/4381.php
[7] http://unfccc.int/files/meetings/cop_15/application/pdf/cop15_cph_auv.pdf
[8] www.climalteranti.it
[9] Arabella Pezza Nuovo accordo sul clima: finalmente possibile? BioEcoGeo,
Anno 2, N. 6
52
La Rivista dei Combustibili
notizie - 3a conferenza REACH
L’applicazione del REACH: i problemi emersi, le
esperienze delle Imprese e il ruolo delle Autorità
Competenti
Il 29 ottobre 2009 si è svolta a Milano presso l’hotel Marriott la 3a conferenza REACH
dal titolo L’applicazione del REACH: i problemi emersi, le esperienze delle Imprese e
il ruolo delle Autorità Competenti organizzata da Federchimica. La conferenza, in linea
con le due precedenti del 2008, è stata un’occasione di discussione e confronto sul regolamento REACH, sulle ultime novità introdotte, sullo stato di implementazione, sulle
questioni ancora aperte e sulla partecipazione ai SIEF (Substance Information
Exchange Fora).
Brevemente, si ricorda che il regolamento REACH (Registration, Evaluation,
Authorisation of Chemicals) è entrato in vigore il 1°giugno 2007 ed impone ai produttori e agli importatori extra CEE di sostanze chimiche la valutazione e la gestione dei
rischi che esse comportano per assicurare una maggiore protezione della salute umana
e dell’ambiente. Il 1° dicembre 2008 si è conclusa la fase di Preregistrazione, per cui
ora le Imprese si stanno attivando per creare i SIEF e per collaborare al fine di completare la Registrazione entro il 30 novembre 2010, scadenza fissata dal Regolamento.
Oltre alla fase di Registrazione le aziende devono focalizzare la loro attenzione sulle
procedure di Restrizione e Autorizzazione i cui meccanismi condizioneranno le attività
dei prossimi anni.
Il coordinamento della Conferenza è stata affidato a G. Malinverno, Presidente del
Comitato Sicurezza prodotti di Federchimica.
Dopo la registrazione dei partecipanti, l’apertura dei lavori è stata curata da A.
Manoukian, Presidente di AVISA (Associazione nazionale vernici, inchiostri, sigillanti
e adesivi), che ha illustrato l’attività svolta da Federchimica dalla pubblicazione del
libro Bianco nel 2001 ad oggi; è stata ribadita l’intenzione di supportare l’attività delle
imprese in tutte le fasi di implementazione del Regolamento REACH, che dovrebbero
concludersi entro il 2018. Federchimica per supportare le imprese ha avviato due
importanti iniziative: il Centro Reach S.r.l. e il ReachLink S.A..
Il Centro Reach, con sede a Milano, offre i propri servizi di consulenza in 4 aree di attività: consulenza alle imprese, formazione, gestione di SIEF e consorzi e R&S e metodologie.
Il Reachlink, che opera a Bruxelles, ha sviluppato il SIEFreach, piattaforma web che
agevola e gestisce lo scambio di informazioni nei PreSIEF e nei SIEF, utile soprattutto
per le imprese che intendano predisporre, in forma congiunta, i dossiers di
Registrazione.
Il primo intervento è stato di I. Malerba dell’ufficio Sicurezza prodotti di Federchimica
che ha fatto il punto della situazione Europea riguardo all’applicazione del REACH.
Sono state già preregistrate 143.000 sostanze, 2.600.000 saranno preregistrate entro il
2010, 156 sostanze sono già state registrate al settembre 2009 e a fine 2010 saranno
9.000 le sostanze registrate; inoltre esistono già 1893 SIEF con LR (Lead Registrant)
notificato. In particolare, in Italia sono state preregistrate 118.442 sostanze da 4.642
imprese e il numero medio di sostanze registrate per impresa è pari a 26. L’ECHA
(European Chemicals Agency) ha predisposto una campagna di sensibilizzazione infatti invia e-mail di sollecito alle Aziende aventi il 2010 come scadenza, organizza forum,
facilita la comunicazione tra ECHA e i Lead Registrant. Il SIEF è un forum per condividere dati e altre informazioni su una sostanza, ogni membro del SIEF ha un ruolo di
appartenenza: leading, involved, passive o dormant. Sono emerse alcune criticità all’interno dei SIEF, ad esempio la gestione delle operazioni nei SIEF, la notifica di più LR
in uno stesso SIEF, la diffidenza verso gli altri membri, l’elevato numero di partecipanVolume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
53
notizie - 3a conferenza REACH
Apparecchiatura
in dotazione alla
SSC per
temperatura di
autoaccensione
54
ti, la valutazione dell’identicità della sostanza e la mancanza di chiarezza sul ruolo dei
partecipanti. Federchimica aiuterà gli associati con campagne di informazione, con la
predisposizione di documenti a supporto, monitorando le evoluzioni normative.
A. Massa della Polynt S.p.A. ha raccontato l’esperienza della sua azienda nella partecipazione a SIEF e Consorzi. La Polynt è accreditata in 170 SIEF e 19 Consorzi e riveste il ruolo di LR in 7 Consorzi. I SIEF, secondo il Regolamento avrebbero dovuto facilitare l’iter di registrazione e favorire la condivisione dei costi riducendone l’impatto
sui bilanci aziendali. In realtà all’interno dei SIEF ci sono elevati numeri di registranti
potenziali, alte percentuali di dormants, molte società di consulenza e providers, e tanti
indirizzi e-mail fittizi. Tali criticità hanno causato un notevole aumento dei costi, difficoltà di comunicazione all’interno dei SIEF e conseguente dilatazione dei tempi. I
SIEF, consentono di individuare i data holders, però non si riescono a gestire mediante il loro utilizzo tutte le problematiche connesse alla Registrazione. I consorzi, invece,
promuovono la compartecipazione di risorse e competenze, l’individuazione dell’azienda Lead. Gli svantaggi dei consorzi sono l’iter lungo per la definizione del contratto di
consorzio, le divergenze di opinioni fra i membri per l’individuazione dei laboratori cui
appaltare gli studi, specialmente quelli tossicologici, l’introduzione del Consortium
manager/Trustee per la gestione
amministrativa del consorzio.
Tutte queste problematiche comportano la lievitazione dei costi
per le aziende e ritardi per il completamento delle attività connesse
alla registrazione delle sostanze
entro il 2010. Per quanto riguarda
il Regolamento le maggiori criticità emerse sono: l’accesso agli
studi disponibili in letteratura, lo
scarso supporto degli help desk, la
diminuzione del mercato delle
sostanze di prodotti preregistrati
con scadenza 2009 e i tools non
disponibili.
E’ intervenuta poi D. Hirmann
dell’ECHA di Helsinki per discutere lo strumento di valutazione della completezza del dossier di registrazione TCC
(Technical Completeness Chech). L’Agenzia europea ECHA ha il compito di valutare
la completezza dei dossier tecnici prima di rilasciare il numero di registrazione, pertanto esamina la documentazione fornita e verifica la correttezza dell’iter burocratico ed
amministrativo seguito, se la verifica ha esito positivo sarà assegnato alla sostanza un
numero di registrazione altrimenti la richiesta sarà respinta. Per la registrazione delle
sostanze con tonnellaggio compreso fra 1 e 10 è necessario solo il dossier tecnico per
le sostanze con tonnellaggio superiore a 10 oltre al dossier tecnico è obbligatorio produrre anche il report di sicurezza. L’ECHA sta pianificando una serie di webinars per
la aziende LR a partire dalla fine del 2009. Per ulteriori informazioni si può consultare
il sito http://echa.europa.eu
G. Chierico della BASF Italia S.r.l. ha illustrato il format standard degli scenari espositivi e i descrittori d’uso. Per le sostanze con tonnellaggio maggiore di 10 è necessaria
la valutazione di sicurezza CSA e la stesura del report di sicurezza CSR. Nasce così
l’esigenza di descrivere lo scenario espositivo cioè l’insieme delle condizioni che
descrivono come è prodotta la sostanza, come è usata nel suo ciclo di vita, quali sono
le condizioni operative, quali misure di gestione del rischio sono consigliate sia per
l’esposizione umana che per l’ambiente. La necessità di avere un linguaggio comune e
La Rivista dei Combustibili
di standardizzare la comunicazione ha creato l’esigenza di introdurre un sistema di
descrittori di uso (UDS), uso di codici con definizione univoca (SU Settore d’uso; PC
Product categories; PROC Process categories; AC Article categories; ERC
Enviromental release categories). Attraverso la mappatura degli usi si costruisce il Life
Cycle Tree, che descrive completamente il ciclo di vita della sostanza. L’ECHA ha lanciato un progetto chiamato CHESAR (Chemical Safety Assessment and Reporting
Tool), la versione CHESAR 0.5 sarà disponibile nel febbraio 2010. Inoltre l’ECHA ha
preparato un documento guida per la definizione delle applicazioni mediante i descrittori di uso, il documento è disponibile sul sito dell’ECHA già citato precedentemente.
M. Colombo della Lamberti S.p.A. ha presentato una relazione dal titolo: Prime interrelazioni tra Fornitori e Clienti. La comunicazione cliente/fornitore è uno dei punti cardine del Regolamento; le aziende hanno difficoltà quotidiane nella gestione di tali rapporti in quanto i fornitori sono subissati da richieste di impegni formali a fornire prodotti REACH, sono invitati a compilare questionari e a fornire documentazione, sono
richieste schede di sicurezza REACH e informazioni sulla composizione dei preparati.
La politica attuata dalla Lamberti è stata quella di produrre comunicazioni generali per
tutti i prodotti da preregistrare sia per quelli acquistati nell’Unione Europea che fuori.
Ovviamente la Aziende spendono
molte risorse per gestire i rapporti
con l’esterno e colloquiare con i
clienti con grande difficoltà per
tutti.
F. Raffaelli della DG Impresa e
Industria è intervenuta illustrando
l’Attività della Commissione e il
processo di Autorizzazione e
Restrizione. Le scadenze del
REACH non cambieranno ed
essendo esso un Regolamento si
applica senza recepimento da
parte degli Stati Membri. La
Commissione non ha obblighi per
quanto riguarda la Registrazione,
si impegna per aiutare le imprese
nella preparazione dei dossiers,
organizza seminari e workshops, redige documenti informativi. Per quanto riguarda
l’applicazione del Regolamento solo la Corte di Giustizia Europea è responsabile per
l’applicazione finale delle norme. Per l’individuazione delle sostanze altamente preoccupanti la Commissione ha l’obbligo di informazione, la lista delle sostanze candidate
sarà aggiornata due volte l’anno, deve seguire la prioritarizzazione delle sostanze per
l’inclusione nell’Allegato XIV e decidere sull’inclusione di sostanze nell’Allegato XIV.
Attualmente l’ECHA ha pubblicato la prima lista di 15 sostanze candidate, l’inclusione di 7 sostanze nell’Allegato XIV è stata raccomandata, un secondo gruppo di 15
sostanze è stato proposto da Stati Membri e Commissione. L’Autorizzazione sarà concessa dalla Commissione se i rischi sono controllati e se i vantaggi socioeconomici
derivanti dall’uso della sostanza prevalgono sui rischi. Il titolo dedicato alle restrizioni
è entrato in vigore il 1° giugno 2009; il 26 giugno è stato pubblicato il nuovo allegato
XVII; fino a giugno 2013 gli stati membri avranno la possibilità di mantenere le proprie pre-esistenti restrizioni.
La sessione pomeridiana della Conferenza è stata dedicata agli interventi delle Autorità
Nazionali.
E’ intervenuto R. Binetti dell’Istituto Superiore di Sanità ed ha relazionato sui Comitati
dell’ECHA e le problematiche emergenti. Ha presentato i comitati operativi all’interno
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
Apparecchiature
automatiche in
dotazione alla
SSC per punto di
infiammabilità e
combustibilità
55
notizie - 3a conferenza REACH
di ECHA, il Comitato degli Stati Membri (MSC), il Forum per lo scambio di informazioni, il Comitato per la valutazione dei rischi (RAC), il Comitato Analisi Socio-economica (SEAC) e la Commissione ricorso. Ciascuno di tali Comitati ha un ruolo e delle
competenze. Sarebbe opportuno definire un documento di Risk Management Options
(RMO) per la strategia di gestione del rischio che dia delle indicazioni su quando privilegiare la Restrizione o l’Autorizzazione. Sono già emerse delle questioni all’interno
dei Comitati.
P. Pistolese del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali ha relazionato sull’attività dell’Autorità competente nell’attuazione del Regolamento REACH in
Italia. Gli enti coinvolti secondo la legge del 6 aprile 2007 art. 5 bis sono: il Ministero
del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali, il Ministero dell’Ambiente e il
Ministero dello Sviluppo economico. Il supporto tecnico scientifico è affidato al CSC
(Centro nazionale Sostanze Chimiche) e a ISPRA ex-APAT, l’attività di vigilanza è
competenza delle Regioni. Il Comitato tecnico di Coordinamento si è riunito 4 volte nel
2009, ha redatto un regolamento e ha creato 6 gruppi di lavoro di supporto.
M. Alessi del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali ha illustrato le
attività ispettive ed in particolare lo stato dell’arte e le implicazione in ambito dogane.
Gli attori nel contesto dell’Attuazione sono gli ispettori nazionali e l’ECHA ed MSCA.
E’ in preparazione un accordo fra Stato e regioni per regolamentare i controlli e l’operatività delle Ispezioni. A livello regionale, le regioni e le Province autonome individuano l’Autorità per i controlli sul REACH, tali Autorità individuano a loro volta le articolazioni organizzative territoriali che effettuano i controlli. A livello nazionale l’Autorità
è responsabile dei controlli esplicati attraverso strutture direttamente da esse dipendenti ISPESL, NAS, USMAF e Agenzia Dogane. Agli ispettori saranno visibili solo l’80%
delle informazioni disponibili nei dossier di registrazione, il restante 20% sarà visibile
solo alle Autorità.
L’ultimo intervento della giornata è stato a cura di S. Arpisella e ha riguardato la presentazione del Centro Reach, le attività di supporto alle Imprese e l’aggiornamento
sulle iniziative in preparazione. Il Centro Reach è una Società a responsabilità limitata
costituita il 20 febbraio 2007, su iniziativa di Federchimica e Assolombarda che offre
servizi alle Imprese Associate del Sistema Confindustriale, agli altri Operatori
dell’Industria Chimica.
Ha chiuso i lavori R. Cova della Regione Lombardia, che ha tratto le conclusioni e sottolineato gli aspetti salienti degli argomenti trattati.
A tutti i partecipanti è stato distribuito l’Annuario dei laboratori selezionati per svolgere i test e le analisi previste dal REACH. In tale documento sono riportate le strutture
presenti sul territorio nazionale che rispondono ai requisiti di accreditamento UNI CEI
EN ISO 17025/2005 e accreditamento BPL (GLP). La Stazione Sperimentale per i
Combustibili è presente nell’Annuario ed effettua i test chimico fisici per la caratterizzazione delle sostanze ed è accreditata per svolgere tali determinazioni anche secondo
le buone pratiche di Laboratorio (BPL) sin dal 1991.
Antonella Mazzei
56
La Rivista dei Combustibili
notizie - il congresso nazionale dell’ATI
64° Congresso Nazionale
Associazione Termotecnica Italiana
Anche quest’anno la SSC ha preso parte al Congresso Nazionale organizzato
dall’Associazione Termotecnica Italiana (ATI), la quale si occupa di promuovere, presso le
Università ed il mondo produttivo, lo studio della termotecnica e delle problematiche ad
essa inerenti in campo scientifico, tecnico e industriale.
Il Congresso, giunto alla 64a edizione, quest’anno si sarebbe dovuto tenere a L’Aquila, città
gravemente colpita dal terremoto dell’aprile scorso. Come scrive il prof. Luigi Bignardi
(presidente di ATI Abruzzo) nell’introduzione agli atti del convegno: “Preso atto che il terremoto del 6 aprile 2009 aveva reso inagibili le sedi previste per le attività congressuali e
per la ricettività alberghiera, si era pensato di sospendere l’organizzazione del Congresso,
[…] ma si è capito che ogni atto di rinuncia sarebbe stato sentito […] come un atteggiamento non di prudenza ma di abbandono […] quindi l’organizzazione e la cerimonia inaugurale sono state mantenute a L’Aquila insieme all’attività scientifica della prima giornata. […]”. I lavori sono proseguiti nei giorni successivi presso il Centro Congressi Serena
Majestic di Montesilvano (PE).
Durante la cerimonia di apertura,
svoltasi all’interno della Tensostruttura “Farmindustria” presso
l’Università degli Studi dell’Aquila, Polo Didattico di Coppito, ha
preso la parola il Rettore dell’Università dell’Aquila Fernando di
Orio che ha parlato dell’importanza di continuare le attività di studio e ricerca nella città e per questo ha assicurato la regolare ripresa delle lezioni nel mese di ottobre
sottolineando inoltre la necessità
di pensare ai giovani studenti e
agli alloggi che li dovranno ospitare dopo il crollo della casa dello
studente durante il terremoto. Successivamente la parola è andata al
Presidente della provincia dell’Aquila, Stefania Pezzopane, che ha ricordato la necessità di avviare una ricostruzione
“pesante” della città che, oltre all’Università, preveda la riedificazione di uffici pubblici
come il comune, la provincia, l’INPS e l’ANAS contemporaneamente agli alloggi per i cittadini, cogliendo inoltre l’opportunità per ricostruire la città seguendo criteri di efficienza
e risparmio energetico.
La giornata è poi proseguita con la prolusione del prof Vittorio Marchis e con dei brevi
saluti dei rappresentanti di Associazioni ed Enti coinvolti nel settore termotecnico.
Nel pomeriggio hanno avuto il via le sessioni tematiche che sono poi proseguite durante le
successive giornate del Congresso. Ciascuna sessione è stata introdotta da un esperto del
settore e al termine di ciascuna veniva condotta una tavola rotonda con rappresentanti di
università e industrie.
Le sessioni hanno avuto per oggetto i seguenti temi:
1. benessere ambientale
2. generazione distribuita dell’energia
3. impianti motori termici
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
57
notizie - il congresso nazionale dell’ATI
4. progettazione impianti termici e gestione energetica degli edifici
5. la biomassa come fonte energetica
6. la produzione e utilizzazione dell’idrogeno a fini energetici
7. sistemi energetici e loro rapporto con l’ambiente
8. energia nucleare
9. energia solare
10. motori a combustione interna
11. produzione e impiego del freddo
12. trasmissione del calore
13. turbomacchine
All’interno di questi temi ampio spazio è stato riservato alla cattura dalla CO2. In particolare è stata riportata l’esperienza di Techint nella progettazione di impianti pilota per la cattura di CO2 sia con il metodo della pre-combustione che della post-combustione. L’ing. Di
Felice, Università degli Studi di L’Aquila, ha parlato di studi condotti sulla gassificazione
delle biomasse e di come la cattura della CO2 su diverse matrici porti a un miglioramento
della resa della reazione di “reforming” verso l’idrogeno puro.
Un altro argomento di grande attualità affrontato in diverse relazioni è quello della cogenerazione e trigenerazione. Da studi di modellistica e di fattibilità tecnico-economica presentati durante il Congresso, è emerso che l’installazione di piccoli impianti sul territorio,
dimensionati alla necessità locale e alle reali possibilità di approvvigionamento di materie
prime locali, consentirebbe di valorizzare le risorse disponibili ottenendo un forte risparmio energetico e una notevole riduzione di emissioni di CO2. In particolare il dott.
Gabrielli, Università di Pisa, ha presentato uno studio di fattibilità tecnico-economica per
l’installazione di un impianto cogenerativo di piccola taglia svolto per il comune di Villa
Basilica (LU), un comune caratterizzato dalla presenza di un’estesa superficie boschiva
(circa l’80% del territorio totale). Grazie alla disponibilità di biomassa in loco e agli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili è stato mostrato che l’impianto permetterebbe considerevoli guadagni, con tempi di ritorno di circa 6 anni. Inoltre, grazie
all’utilizzo della biomassa legnosa, si può evitare l’immissione in atmosfera di una notevole quantità di CO2 che sarebbe invece prodotta con l’utilizzo di combustibili fossili. Un
risultato simile è stato prospettato dal dott. Buratti, Università degli Studi di Perugia,
mediante uno studio di fattibilità di un impianto di digestione anaerobica nel comune di
Castiglione del Lago (PG). È stata infatti valutata la possibilità di costruire un impianto a
biogas per la produzione di energia elettrica e termica sfruttando come matrice organica
liquami provenienti dall’attività zootecnica della zona.
Oltre alla biomassa sono stati affrontate tematiche riguardanti altre fonti energetiche come
l’energia solare, nucleare e la produzione e utilizzazione dell’idrogeno a fini energetici. In
particolare, per quanto riguarda quest’ultimo tema, è stato presentato un progetto per produrre idrogeno tramite elettrolisi alimentata con un impianto ibrido eolico-fotovoltaico.
All’interno della sessione dedicata al rapporto tra ambiente e sistemi energetici è stato presentato il contributo della SSC riguardante la reattività dell’idrogeno in presenza di superfici metalliche calde (di cui si può trovare una memoria nel volume 63-n.2 della Rivista dei
Combustibili), successivamente la sig.ra Carducci (ISPESL) ha illustrato il nuovo quadro
normativo riguardante la sicurezza delle attrezzature in pressione in termini sia progettuali che ispettivi e certificativi. L’ing. Di Napoli, Università degli Studi di Napoli, ha invece
illustrato le previsioni sulla situazione energetica dell’Unione Europea all’indomani del V
allargamento, valutando la crescita economica dei nuovi paesi membri. Si stima un forte
incremento dei consumi energetici con una maggiore dipendenza dalle importazioni, e
maggiori rischi ambientali.
A conclusione del Congresso 2009 gli organizzatori abruzzesi hanno passato il testimone
ai colleghi sardi, dando l’annuncio del Congresso Nazionale che si terrà nel settembre
2010 a Cagliari.
Carmen Morreale
58
La Rivista dei Combustibili
notizie - un convegno all’Università di Pavia
Chimica verde, chimica sicura
Si è svolto dal 20 al 22 ottobre scorso presso l’Università degli Studi di Pavia il convegno
dal titolo “Chimica verde, chimica sicura”.
Il convegno, organizzato dai gruppi interdivisionali GISAC (Gruppo Interdivisionale di
Sicurezza in Ambiente Chimico) e Green Chemistry della Società Chimica Italiana (SCI)
in collaborazione con l’Università di Pavia, oltre ad illustrare alcuni esempi di sintesi organiche condotte secondo i principi della green chemistry, ha trattato un più ampio ventaglio
di argomenti tra cui sicurezza in ambito industriale e in laboratorio, biocombustibili,
REACH e altro ancora.
Durante il primo modulo del convegno, valido anche come corso di formazione per gli
addetti ai Servizi di Protezione e Prevenzione, si sono discussi soprattutto gli aspetti normativi legati alla sicurezza nei laboratori e i protocolli per definire e quantificare l’esposizione al rischio chimico.
Il dott. Scarcella, magistrato della Corte di Cassazione, ha illustrato la normativa vigente
in ambito di sicurezza (testo unico 81/2008) con particolare attenzione alla ripartizione
delle responsabilità e degli obblighi in materia di sicurezza tra il dirigente e il preposto,
figura intermedia tra il dirigente e i lavoratori, incaricata di verificare la corretta applicazione delle misure di prevenzione, l’utilizzo dei DPI da parte dei lavoratori etc.
La prof.ssa Mella dell’Università di Pavia - Dipartimento di Chimica Organica ha integrato l’intervento del dott. Scarcella ponendo il problema di come attribuire le responsabilità
e competenze in materia di sicurezza in un ambiente, quale quello universitario, dove non
è sempre definito un organigramma preciso e dove talvolta non sono presenti figure intermedie tra il professore responsabile di un dato laboratorio e i dottorandi e tesisti che vi
lavorano.
La dott.ssa Strada del Servizio di Prevenzione e Protezione dell’Università di Pavia ha illustrato il protocollo implementato presso l’ateneo pavese per la stima dell’esposizione ad
agenti cancerogeni e mutageni, basato sull’elaborazione tramite un apposito software
(modello ad indici e matrici) dei dati su quantità di reagenti impiegati e loro proprietà chimico-fisiche, persone coinvolte, frequenza di utilizzo e tempo di esposizione, mezzi di protezione utilizzati - dati raccolti mediante questionari compilati dai responsabili dei diversi
laboratori di ricerca dell’ università.
In base ai risultati dell’elaborazione si può procedere eventualmente a controlli sanitari per
il personale che risulta maggiormente esposto.
Protocolli analoghi sono stati presentati, nella II parte del convegno, dall’ Università di
Bologna e dall’Azienda Ospedaliera di Verona.
La dott.ssa Tibasco della Glaxo Smith Kline ha illustrato nel corso del suo intervento le
procedure implementate all’interno di GSK per la gestione del rischio chimico, con particolare attenzione alle misure da prendere, in base ad una classificazione provvisoria, per
prodotti e intermedi di reazione di nuova sintesi, per i quali quindi non si sia ancora in possesso di dati tossicologici completi.
L’ultima sessione della giornata è stata dedicata invece al “laboratorio sostenibile” ovvero a come coniugare i requisiti legati alla sicurezza con la sempre crescente attenzione al
risparmio energetico, soprattutto riguardo alle cappe aspiranti: Gloria Artec ha presentato
le sue ultime innovazioni (cappe facilmente spostabili e riposizionabili per un laboratorio
“flessibile” e modulare)
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
59
notizie - un convegno all’Università di Pavia
mentre il dott. Bicen della Invent UK ha illustrato gli standard vigenti in merito alle cappe
e il nuovo standard EN 14175 in via di approvazione.
Sono stati illustrati i parametri che definiscono l’efficacia di una cappa (velocità di aspirazione, capacità di contenimento....) e i metodi di prova utilizzati.
Il secondo modulo del convegno invece si è concentrato soprattutto sulla ricerca in campo
green chemistry e sicurezza nell’industria chimica.
Sessione Green chemistry: il prof. Selva (Università di Venezia) ha illustrato l’impatto
ambientale di diversi tipi di solventi “alternativi”: acqua, liquidi ionici, solventi derivanti
da biomasse, solventi fluorurati e solventi in fase supercritica (CO2, H2O) - impatto stimato considerando le varie fasi del ciclo di vita di un solvente: produzione, trasporto, utilizzo e smaltimento. Infine ha presentato alcuni esempi di metatesi di olefine condotte in CO2
supercritica.
Il prof. Fagnoni dell’università di Pavia ha presentato alcuni esempi di fotocatalisi in sintesi organica (formazioni di legami C-C catalizzate da (n-Bu)4N4W10O32).
Sono stati illustrati altri esempi di nuovi sistemi catalitici “verdi”, tra cui un metodo per
l’ossidazione del cicloesanone ad acido adipico catalizzata da poliossometallati di tipo
Keggin, alternativo al processo classico che prevede l’ossidazione con HNO3 con formazione di ossidi di azoto.
Inoltre sono stati illustrati alcuni esempi di reazioni organiche condotte in assenza di solvente.
La prof.ssa Leonelli (Università di Modena e Reggio Emilia) ha illustrato i principi dell’utilizzo delle microonde in sintesi e le problematiche connesse (necessità di utilizzare
materiali refrattari per i reattori, difficoltà con alcuni catalizzatori che se esposti a microonde possono sinterizzare e perdere area superficiale etc.)
Il dott. Cardillo ha aperto la sessione Sicurezza in ambiente chimico illustrando il concetto di reazione runaway e citando alcuni casi di incidenti avvenuti nel corso degli anni
nell’industria chimica.
Ha mostrato come le difficoltà nello smaltimento del calore di reazione aumentino al crescere del volume del reattore impiegato e come quindi una reazione giudicata non pericolosa su scala di laboratorio possa invece diventarlo per effetto dello scale up.
Inoltre ha mostrato come la calorimetria possa essere usata per la prevenzione delle reazioni runaway, con particolare riferimento al calorimetro RC1 di cui ha illustrato i principi di
funzionamento.
Si è soffermato sul fatto che la temperatura di inizio di un effetto esotermico non sia un
dato assoluto ma dipenda dalla sensibilità dello strumento con cui viene rilevata e pertanto non sia sufficiente, ai fini della sicurezza, fissare una temperatura limite al di sotto del
quale mantenersi, ma sia necessario studiare la reazione desiderata da un punto di vista
calorimetrico e tenere in conto anche la velocità di reazione (approccio calorimetrico invece dell’approccio termoanalitico seguito fino ad alcuni anni fa).
In seguito il dott. Barozza della Procos spa ha illustrato alcuni esempi di sintesi organiche
studiate tramite calorimetria di reazione allo scopo di garantirne la sicurezza e anche di
ottimizzare il processo, mostrando questi due aspetti non siano in contraddizione tra loro,
anzi, vadano di pari passo.
La dott.ssa Serra, dell’Università di Bologna ha illustrato l’approccio del suo ateneo alla
valutazione del rischio chimico e la strategia utilizzata per i monitoraggi ambientali mentre la dott.ssa Montemaggi, della Tioxide Europe ha parlato di approccio ingegneristico
alla riduzione dell’esposizione da polveri in ambito industriale.
Nel corso della stessa sessione è stato presentato il Progetto Observer di Federchimica
(www.progetto-observer.it) che consiste in una banca dati online sui quasi-incidenti, in
cui ciascuna azienda può registrarsi, inserire informazioni riguardo ad eventuali quasiincidenti avvenuti al proprio interno e informarsi su incidenti analoghi avvenuti in altre
aziende.
60
La Rivista dei Combustibili
Sessione Biofuels
Il prof. Di Serio (Università di Napoli Federico II) nel corso del suo intervento ha illustrato la situazione attuale nel campo dei biocombustibili e gli obiettivi stabiliti dalle direttive
europee e ha spiegato come la competizione tra biodiesel e coltivazioni per uso alimentare possa essere superata da un lato ricorrendo a colture ad elevata resa di olio che possano
crescere anche su terreni aridi e inadatti alle colture alimentari, come la Jatropha Curcas,
e dall’altro lato ricorrendo ad oli usati di scarto, che però presentano un livello più alto di
acidi grassi liberi.
In quest’ottica riveste grande importanza lo sviluppo di catalizzatori di transesterificazione che siano in grado anche di promuovere l’esterificazione degli acidi grassi liberi eventualmente presenti, in tal modo evitando un pretrattamento e permettendo l’utilizzo di feedstock anche di qualità più bassa.
Il prof. Di Serio ha quindi presentato un sistema catalitico TiO2/SiO2 in corso di studio da
parte del suo gruppo di ricerca, mentre la prof. Ravasio del CNR ha illustrato un sistema
analogo basato su SiO2-ZrO2.
I metodi proposti permetterebbero una “normalizzazione” di feedstock di diversa provenienza e caratteristiche, rendendo possibile un’utilizzazione flessibile dello stesso impianto per la produzione di biodiesel, a seconda delle fluttuazioni nella disponibilità e nei prezzi delle materie prime.
Nel corso della sessione è stato inoltre presentato MATRIC, centro di ricerca statunitense
in corso di espansione in Italia, impegnato nello sviluppo per conto terzi di tecnologie per
la produzione di biodiesel e per il trattamento di biomasse e feedstock di origine vegetale.
Infine l’ultima sessione è stata dedicata al REACH, il nuovo Regolamento Europeo sulla
registrazione delle sostanze chimiche: si è posto l’accento sulle difficoltà nel testare un
numero ingente di sostanze in breve tempo come previsto dalla normativa, e sono stati presentati alcuni lavori di modellazione (modello CAESAR e modello EASE) che permettono, attraverso la correlazione struttura-reattività (QSAR), di stimare quali siano le sostanze con più probabili effetti di mutagenicità e tossicità in modo da concentrare qui gli sforzi e testarle prioritariamente rispetto alle altre.
Al termine della giornata di mercoledì si sono inoltre tenute le assemblee dei gruppi interdivisionali GISAC e Green Chemistry: in cui si è tracciato il percorso che i due GI dovrebbero seguire insieme per promuovere una chimica più sicura e rispettosa dell’ambiente sia
in ambito universitario che in quello industriale.
Il convegno, trattando una varietà di argomenti piuttosto eterogenei, è stata un’interessante occasione di incontro e di confronto tra persone provenienti da realtà diverse.
Ha visto la partecipazione tanto della componente accademica che della componente industriale della ricerca chimica ed ha trattato i problemi di sicurezza e di impatto ambientale
connessi con la sintesi chimica a partire dalla scala di laboratorio fino all’ottimizzazione
del processo industriale, mostrando come questi due aspetti- miglioramento della sicurezza di processo e riduzione dell’impatto ambientale - siano strettamente connessi e interlacciati.
Ilaria Mormino
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
61
notizie - la misura del particolato ultrafine
Particle Instruments: Result You Can Count On
Si è svolto il 15 ottobre scorso a Roma un seminario organizzato dalle società TSI e
Luchsinger durante il quale sono stati presentati diversi strumenti per la misura delle concentrazioni del particolato in atmosfera, sia in termini di massa che di numero di particelle. Nel corso del seminario sono stati illustrati numerosi casi applicativi, in diversi ambiti,
della misura e dell’elaborazione delle concentrazioni di particolato fine e ultrafine (particelle il cui diametro risulta inferiore a 0,1 mm) con un marcato accento sulla misura delle
nanoparticelle (particelle il cui diametro risulta inferiore a 40 – 50 nm). Il primo relatore è
stato S. Pothos della TSI, che ha presentato un aggiornamento delle misure del numero di
particelle emesse allo scarico da autoveicoli alimentati a diesel e a benzina: a partire dal
protocollo PMP (Particle Measurement Programme) e dagli standards di emissione di particelle (Euro V ed Euro VI), Pothos ha poi approfondito i dettagli tecnici e strumentali di
un campionamento ottimale per la verifica del rispetto delle normative che prossimamente entreranno in vigore (Figura 1).
Figura 1
Distribuzione
dimensionale
del particolato e
intervallo di
misura in
riferimento al
protocollo PMP
(tratto dalla
presentazione
di S. Pothos)
62
P. Avino dell’ISPESL di Roma
ha poi descritto un’analisi di
source apportionment del particolato fine e ultrafine realizzata
con il solo utilizzo di due contatori di particelle senza necessità
di speciazione chimica dei campioni raccolti. L’analisi, realizzata su concentrazioni misurate
a Roma, ha consentito di determinare il contributo del trasporto di polveri sahariane e di solfati dall’Europa orientale in diversi episodi di inquinamento rilevati nella Capitale.
Il terzo intervento della mattinata, di O. Bischof della TSI, ha
riguardato i laboratori mobili e
le misure di particelle da essi
rilevate: nel corso dell’intervento sono state riportate alcune esperienze a livello europeo con l’utilizzo di diversi furgoni
e strumentazioni finalizzate alla determinazione di parametri di qualità dell’aria, alla determinazione delle emissioni autoveicolari e del loro contributo alle concentrazioni di particolato in atmosfera. W. Tirle, della EcoResearch di Bolzano, ha presentato una ricerca sulle
nanoparticelle emesse a camino dall’inceneritore di Bolzano confrontando le concentrazioni rilevate con le emissioni da una stufa convenzionale e con le vicine emissioni da traffico autoveicolare. La ricerca ha attestato l’ottimale funzionamento dei filtri a maniche quale
sistema di abbattimento delle nanoparticelle, la cui emissione è risultata di gran lunga inferiore rispetto ai quantitativi rilevabili in prossimità di una strada trafficata o in emissione
da una stufa convenzionale.
Durante il pomeriggio S. Somaschi della Luchsinger, organizzatore del seminario, S.
Pothos e O. Bischof hanno illustrato ulteriori campi applicativi della strumentazione TSI
per la misura di particelle fini e ultrafini in atmosfera con approfondimenti sui potenziali
sviluppi nella misura della qualità dell’aria urbana e negli ambienti di lavoro. Al termine
del seminario è stato lasciato spazio al pubblico per interventi e domande anche in merito
alla strumentazione esposta in sala.
Simone Casadei
La Rivista dei Combustibili
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aggiornamento legislativo - ottobre-dicembre 2009
A cura dello Sportello Ambiente della SSC
AMBIENTE
Estremi
MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL
MARE – DECRETO 28 LUGLIO 2009
Titolo
Aggiornamento degli allegati al decreto legislativo 29 aprile 2006, n. 217, concernente la
revisione della disciplina in materia di fertilizzanti.
Novità chiave
Riporta 9 pagine di allegati con l’elenco dei nuovi fertilizzanti includendone una schematica descrizione (modo di preparazione, titolo minimo in microelementi fertilizzanti).
Riferimento
GU n. 234 del 08-10-2009
Link
http://gazzette.comune.jesi.an.it/2009/234/2.htm
Estremi
MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL
MARE – DECRETO 14 SETTEMBRE 2009
Titolo
Autorizzazione all’impiego in mare del prodotto disinquinante ad azione disperdente denominato NTI 53 E101 S.P. NAT B. STIM-1, commercializzato dalla Societa’ NTI S.r.l. Natural Technologies Italia
Novità chiave
Il decreto riconosce il prodotto denominato NTI 53 E101 S.P. NAT B. STIM-1 della
Societa’ NTI S.r.l. come prodotto disperdente da impiegare in mare per la bonifica dalla
contaminazione da idrocarburi petroliferi.
Riferimento
GU n. 247 del 23-10-2009
Link
http://www.gazzettaufficiale.it
Estremi
COMUNITÀ EUROPEA – DIRETTIVA DEL 21 OTTOBRE 2009
Titolo
Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2005/35/CE
relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni.
Novità chiave
Ai sensi della presente direttiva, lo scarico illecito di sostanze inquinanti effettuato dalle
navi deve essere considerato reato (e quindi punibile con sanzioni amministrative e penali) qualora sia stato commesso intenzionalmente, temerariamente o per negligenza grave e
qualora provochi un deterioramento della qualità dell’acqua.
Vengono definiti come «casi di minore entità» e quindi non necessariamente considerati
reati, i casi meno gravi di scarico illecito di sostanze inquinanti effettuato dalle navi che
non provocano un deterioramento della qualità dell’acqua. Qualora gli scarichi di questo
tipo si verifichino ripetutamente e provochino, non singolarmente bensì nel loro insieme,
un deterioramento della qualità dell’acqua, si considerano reati.
Riferimento
GUUE L 280 del 27-10-2009
Link
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2009:280:0052:0055:IT:PDF
Estremi
COMUNITA’ EUROPEA - REGOLAMENTO DEL 16 SETTEMBRE 2009
Titolo
Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio sulle sostanze che riducono lo strato di ozono.
Novità chiave
Il presente regolamento stabilisce le norme in materia di produzione, importazione, esportazione, immissione sul mercato, uso, recupero, riciclo, rigenerazione e distruzione delle
sostanze che riducono lo strato di ozono, in materia di comunicazione delle informazioni
relative a tali sostanze e all’importazione, esportazione, immissione sul mercato e uso di
prodotti e apparecchiature che contengono o dipendono da tali sostanze.
In particolare vieta la produzione, uso e immissione sul mercato di sostanze controllate
64
La Rivista dei Combustibili
(elencate nell’allegato I del presente Regolamento) e dei prodotti e apparecchiature che
contengono o dipendono da sostanze controllate. Il divieto risulta però in deroga se si tratta di sostanze controllate usate come materie prime, come agenti di fabbricazione, utilizzate per la distruzione o rigenerazione di prodotti e apparecchiature che contengono o
dipendono da sostanze controllate oppure, se diverse da idrofluorocarburi, quando sono
indirizzate ad usi essenziali di laboratorio e a fini di analisi.
Il Regolamento stabilisce inoltre le modalità secondo cui autorizzare la produzione, l’immissione sul mercato e l’uso di idrofluorocarburi, bromuro di metile e halon.
Riferimento
GUUE L 286 del 31-10-2009
Link
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2009:286:0001:0030:IT:PDF
Estremi
COMUNITA’ EUROPEA - COMUNICAZIONE 2009/C 261/04
Titolo
Comunicazione della Commissione europea relativa alla pubblicazione dei modelli elettronici e delle specifiche sul formato del file per il monitoraggio e la comunicazione delle
emissioni di gas a effetto serra.
Novità chiave
Il documento indica le modalità stabilite per la pubblicazione dei modelli elettronici e delle
specifiche sul formato del file di cui alla decisione 2007/589/CE della Commissione che
istituisce le linee guida per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a
effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87/CE che istituisce un sistema per lo scambio di
quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità Europea.
Riferimento
GUUE C 261 del 31/10/2009
Link
http://eur-lex.europa.eu/it/index.htm
Estremi
PARLAMENTO ITALIANO – DECRETO LEGGE 25 SETTEMBRE 2009
Titolo
Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze
della Corte di giustizia delle Comunità europee.
Novità chiave
Diverse sono le novità riportate dal Decreto Legge, di seguito le più interessanti dal punto
di vista ambientale:
1- Le imprese di autoriparazione devono consegnare i pezzi usati derivanti dalle riparazioni di autoveicoli ad un centro di raccolta organizzato dal produttore del veicolo;
2- Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM), di intesa con
il Ministro dello sviluppo economico (MSE), entro i prossimi 90 giorni deve adottare un
decreto dove sono approvate specifiche linee guida recanti criteri e parametri per la promozione degli investimenti in innovazioni tecnologiche finalizzate alla protezione dell’ambiente, alla riduzione delle emissioni, alla riduzione del consumo delle risorse naturali e
all’incremento dell’efficienza energetica negli impianti di cui all’allegato V del decreto
legislativo 18 febbraio 2005, n. 59 (IPPC);
3- I produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) devono comunicare
entro il 31 Dicembre 2009 le quantità emesse sul mercato negli anni 2007-2008;
4- I sistemi di misura relativi alle stazioni per le immissioni di gas naturale nella rete nazionale di trasporto, per le esportazioni di gas attraverso la rete nazionale di trasporto, per l’interconnessione dei gasdotti appartenenti alla rete nazionale e regionale di trasporto con le
reti di distribuzione e gli stoccaggi di gas naturale e per la produzione nazionale di idrocarburi non sono soggetti all’applicazione della normativa di metrologia legale. I sistemi
di misura del gas verranno gestiti e controllati con modalità stabilite da decreto del MSE,
sentita l’Autorità per l’energia e il gas, che dovrà essere adottato entro i prossimi 3 mesi.
5- il MSE, sentita l’Autorita’ per l’energia elettrica ed il gas, stabilisce, con uno o piu’ decreti da adottare nei prossimi 3 mesi, i criteri per l’esecuzione dei controlli metrologici legali
sui sistemi di misura dei punti di riconsegna del gas naturale agli stessi clienti finali.
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
65
aggiornamento legislativo - ottobre-dicembre 2009
Riferimento
GU n. 223 del 25-09-2009 (Approvato dalla Camera il 19 Novembre 2009)
Link
http://www.parlamento.it/parlam/leggi/decreti/09135d.htm
ENERGIA
Estremi
COMUNITÀ EUROPEA – DIRETTIVA DEL 21 OTTOBRE 2009
Titolo
Direttiva relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia.
Novità chiave
La direttiva fissa un quadro per l’elaborazione di specifiche comunitarie per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia nell’intento di garantire la libera circolazione di tali prodotti nel mercato interno. Dalla presente direttiva sono esclusi i mezzi di
trasporto passeggeri e merci.
A tale scopo le autorità competenti potranno prelevare campioni di prodotti per sottoporli
a prove di conformità ed eliminare dal mercato quelli non conformi. Conformemente a
determinati criteri e previa consultazione del forum consultivo, la Commissione stabilisce,
entro il 21 ottobre 2011, un piano di lavoro che è reso disponibile per il pubblico. Il piano
di lavoro fissa per i tre anni successivi un elenco indicativo di gruppi di prodotti considerati prioritari per l’adozione di misure di esecuzione. Il piano di lavoro è adottato e modificato periodicamente dalla Commissione previa consultazione del forum consultivo. Entro
il 2012, la Commissione verifica l’efficacia della presente direttiva e le relative misure di
esecuzione e valuta, in particolare, l’opportunità di estendere l’ambito di applicazione ai
prodotti non connessi all’energia, al fine di ridurre significativamente gli impatti ambientali in tutto il ciclo di vita di tali prodotti, previa consultazione del forum consultivo e, se
del caso, presenta al Parlamento europeo e al Consiglio proposte di modifica della presente direttiva.
Riferimento
GUUE L 285 del 31-10-2009
Link
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2009:285:0010:0035:IT:PDF
Estremi
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO – DECRETO 16 NOVEMBRE 2009
Titolo
Disposizioni in materia di incentivazione dell’energia elettrica prodotta da impianti, alimentati da biomasse solide, oggetto di rifacimento parziale.
Novità chiave
Obiettivo del decreto è quello di incentivare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, in particolare da biomassa solida, in ragione del fatto che l’elevato costo di
approvvigionamento del combustibile obbligherebbe gli impianti, una volta usciti dal
CIP6, a chiudere per motivi economici.
Il decreto adotta una definizione di “rifacimento parziale” di impianti a biomassa, in riferimento alla condizione, definita nell’articolo 3 del decreto del 18 Dicembre 2008, per la
quale si possano ottenere incentivi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili .
Tra le varie caratteristiche si segnala che la taglia dell’impianto in “rifacimentop parziale”
debba essere superiore a 1 MW e la provenienza della biomassa solida non debba provenire da frazioni biodegradabili di rifiuti.
Riferimento
GU n. 278 del 28-11-2009
Link
http://www.tecnici.it/
COMBUSTIBILI
Estremi
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO – DECRETO 30 SETTEMBRE 2009
Titolo
Aggiornamento trimestrale del valore della componente del Costo Evitato di Combustibile
(CEC) di cui al provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi n. 6/92 del 29
aprile 1992.
66
La Rivista dei Combustibili
Novità chiave
Il decreto definisce la componente CEC nell’ambito del CIP 6/92 valida per il quarto trimestre del 2009, suddiviso per tipologia di impianto.
Riferimento
GU n. 240 del 15-10-2009
Link
http://gazzette.comune.jesi.an.it/2009/243/1.htm
Estremi
MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL
MARE - NOTA n. 13302
Titolo
Applicazione del D.Lgs 334/1999 agli stoccaggi sotterranei di gas naturale.
Novità chiave
Il decreto legislativo 17 agosto 1999, n.334, modificato e integrato dal decreto legislativo
21 settembre 2005, n.238, che recepisce la direttiva 96/82/CE (direttiva Seveso II), detta
disposizioni finalizzate a prevenire gli incidenti rilevanti connessi a determinate sostanze
pericolose e a limitarne le conseguenze per l’uomo e per l’ambiente.
In sede europea è stata discussa l’assoggettabilità alla direttiva degli stoccaggi sotterranei
di gas naturale in pozzi o miniere esaurite e, in base agli approfondimenti svolti, la
Commissione Europea ha chiarito che, in via generale, tutti gli stoccaggi di sostanze pericolose, ivi compresi quelli in miniere e pozzi esausti, sono soggetti agli obblighi derivanti
dalla direttiva.
Nasce l’esigenza di assicurare la conformità alla direttiva di tutti gli stoccaggi attualmente in esercizio sul territorio nazionale, ivi compresi quelli in giacimenti esauriti di gas naturale o unità geologiche profonde, in cui siano presenti sostanze pericolose in quantità uguali o superiori a quelle indicate nell’allegato I al D.Lgs. n. 334/1999, tenendo conto altresì
della peculiarità delle industrie di stoccaggio di gas naturale in giacimenti o unità geologiche profonde, a cui si applica la specifica normativa di cui al decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624, anch’essa di derivazione comunitaria, diretta a tutelare la sicurezza e la
salute dei lavoratori. Le indicazioni fornite dalla nota del Ministero, fermo restando l’obbligo di adempiere, da parte del gestore, anche alle disposizioni non espressamente citate
nella presente lettera circolare, sono dirette a chiarire le modalità applicative della norma
in maniera da rendere effettivo il livello di tutela garantito dalla normativa in tema di rischi
rilevanti e applicare agli stoccaggi di gas naturale in giacimenti o unità geologiche profonde, in modo organico e uniforme, le procedure previste dal D.Lgs n.334/1999, mediante
indicazioni utili a facilitarne l’adempimento, sia per le concessioni di stoccaggio già in
esercizio, comprese quelle per cui alla data della presente circolare siano in corso modifiche per le quali sia già stato avviato il procedimento autorizzativo, sia in tutti gli altri casi,
qualora nello stabilimento sia prevista la presenza di gas naturale in quantità uguali o superiori a quelle indicate nell’allegato I del D.Lgs. n. 334/1999 e come modificato dal D.Lgs.
n. 238/2005.
Riferimento
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare - Nota 21 ottobre 2009, n.
13302
Link
http://www.reteambiente.it/normativa/12532/
Estremi
COMUNITÀ EUROPEA – DIRETTIVA DEL 31 OTTOBRE 2009
Titolo
Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa alla fase II del recupero di vapori di benzina durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio.
Novità chiave
La Direttiva stabilisce misure intese a ridurre la quantità di vapori di benzina emessi nell’atmosfera durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio. Con
«sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina», si intende l’attrezzatura per recuperare i vapori di benzina spostati dal serbatoio del carburante di un veicolo a motore
durante il rifornimento in una stazione di servizio e che li trasferisce in una cisterna di stoccaggio nella stazione di servizio o li riconvoglia al distributore di benzina per rimetterli in
vendita.
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
67
aggiornamento legislativo - ottobre-dicembre 2009
Gli Stati membri devono assicurare che le stazioni di servizio nuove e quelle esistenti, quest’ultime oggetto di una ristrutturazione completa, siano equipaggiate con un sistema della
fase II del recupero dei vapori di benzina se il flusso effettivo o previsto è superiore a 500
m3/anno; ovvero il flusso effettivo o previsto è superiore a 100 m3/anno e tali stazioni sono
situate in edifici utilizzati in modo permanente come luoghi di residenza o di lavoro.
Per quanto riguarda le stazioni di servizio esistenti con un flusso superiore a 3000 m3/anno
dovranno essere equipaggiate con un sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina entro il 31 dicembre 2018.
Riferimento
GUUE L 285 del 31-10-2009
Link
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2009:285:0036:0039:IT:PDF
Estremi
DELIBERAZIONE ARG/gas 131/09 del 24 settembre 2009
Titolo
Determinazione del contributo compensativo per l’anno 2009 da erogare alle Regioni nelle
quali hanno sede gli stabilimenti di stoccaggio, ai sensi della deliberazione dell’Autorità
per l’energia elettrica e il gas 14 luglio 2008, ARG/gas 94/08.
Novità chiave
Con la presente Delibera L’Autorità per l’energia elettrica e il gas decide di fissare per
l’anno solare 2009 il valore complessivo del contributo compensativo pari 1.376.150 euro
e di determinare per l’anno solare 2009 i coefficienti di ripartizione del contributo compensativo tra le Regioni nelle quali hanno sede gli stabilimenti di stoccaggio nella misura dei
valori indicati nella tabella 1 allegata al provvedimento in oggetto.
Riferimento
GU 257 del 4/11/2009 S.O. n.199
Link
http://www.gazzettaufficiale.it
Estremi
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO – DECRETO 7 AGOSTO 2009
Titolo
Disposizioni per promuovere l’efficienza e la concorrenza del mercato all’ingrosso del gas
naturale, favorendo la conseguente riduzione di oneri per imprese e famiglie per l’anno termico 2009-2010.
Novità chiave
Il decreto definisce le modalità di vendita all’ingrosso di un volume pari a 5 miliardi di
standard metri cubi per l’anno termico 2009-2010 con l’obiettivo di risparmio per gli utenti finali.
Determina le misura della procedura concorrenziale con cui aggiudicare la vendita e la destinazione dei proventi ricavati.
Riferimento
GU n. 274 del 24-11-2009
Link
http://www.tecnici.it/
68
La Rivista dei Combustibili
ssc
la rivista dei combustibili e dell’industria chimica 2009
n.
pag.
Aspetti tecnologici ed ambientali della combustione di biomasse
S. Marengo, F. Hugony, S. Bertagna, G. Migliavacca , A. Maggioni, C. Morreale
1
2
Le tecnologie di retrofitting per la riduzione dell’emissione di particolato dagli
autoveicoli – Stato dell’arte (progetto Parfil PLG1)
F. Avella, D. Faedo
1
8
Impiego di una miscela gasolio/biodiesel al 30 % (B30) nei motori diesel: effetto
sulle emissioni inquinanti
F. Avella, D. Faedo, A. Macor
2
2
Problemi di sicurezza derivanti dal contatto dell’idrogeno con superfici metalliche
S. Marengo, G. Migliavacca, A. Maggioni, C. Morreale
2
16
Aspetti di sicurezza del GPL
A. Lunghi, N. Mazzei
3
2
Valutazione della Temperatura di Decomposizione Auto-Accelerata (TDAA) con
differenti tecniche termoanalitiche e calorimetriche
M. Dellavedova, L.Gigante, A. Lunghi, C. Pasturenzi, P. Cardillo
3
4
Emissione di NOx da impianti di combustione
F. Hugony
3
25
CO2, libero mercato e “il problema del millisecondo”
T. Zerlia
4
2
Studio delle emissioni prodotte da sistemi di riscaldamento domestici alimentati
a biomassa e oli vegetali
C.Morreale, A. Maggioni, F. Hugony, S. Bertagna, G. Migliavacca S. Marengo
4
7
BSA e principio di equità: storia, realtà e costi
F. Chiesa, G. Migliavacca
4
17
Grandi manovre nelle norme tecniche dei combustibili autotrazione
P. Tittarelli
1
10
Contributo della SSC alla 2 International Conference on Biofuels Standards
D. Faedo
1
13
Armonizzazione dei parametri della qualità del Gas Naturale a livello Europeo
G. Migliavacca
1
16
Numero di Cetano Derivato: l’evoluzione del metodo di prova La SSC al Diesel Ignition Quality Workshop
D. Faedo
2
22
Miscele biodiesel/gasolio - Un parametro importante: la Filtrabilità
A. Gallonzelli
2
24
Revisione delle Linee Guida per la distribuzione del gas
P. Comotti
2
25
Prova Interlaboratorio Prodotti Petroliferi
D. Faedo
4
28
CEN/TC 19/WG 31 “Contaminazione totale e filtrabilità”
A. Gallonzelli
4
32
ATTIVITA’ SSC – Studi & Ricerche
ATTIVITA’ SSC – Normazione
nd
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
69
ssc
la rivista dei combustibili e dell’industria chimica 2009
n.
pag.
4
32
La nuova collaborazione tra la SSC e l’Istituto Mario Negri
S. Bertagna
1
17
www.ssc.it: visitatori in crescita
T. Zerlia
1
17
Corso della SSC sulla normazione dei prodotti petroliferi
D. Faedo
2
28
Integrazione dell’accordo di collaborazione tra ARPA Lombardia e SSC
C. Pasturenzi
2
28
Collaborazione tra ASL-MI2 e SSC
C. Pasturenzi
2
28
La SSC al WG2 del CEN/TC 238
F. Hugony
2
28
Particolato Ultrafine: Misura on line in tempo reale della distribuzione e del
numero di nanoparticelle in aerosol
S. Bertagna
2
29
Sicurezza e Qualità del gas naturale: prosegue la collaborazione
tra AEEG, SSC e GdF
P. Comotti
3
30
Tecnologia FT-IR per la determinazione in tempo reale di emissioni autoveicolari
S. Casadei
3
31
1
18
Utilizzo di combustibili alternativi nei forni di cemento. Influenza sulle emissioni
atmosferiche: l’esperienza italiana.
M. Del Borghi, C. Strazza, A. Del Borghi
1
27
L’utilizzo dell’olio di croton come fonte di energia
O. De Marco, G. Camaggio, S. Stifani
3
32
Un storica analisi del carbone Sulcis
M. Taddia
4
34
4
41
Validazione di un metodo di prova per la determinazione di PVC su filtri per
campionatori personali
M. Priola, S. Bianchi
2
30
“Paraffina ….” in gasolio
M. Priola
3
37
CEN/TC 19/WG 27 “Analisi elementare di prodotti petroliferi e affini”
Determinazione del Manganese nella benzina
A. Gallonzelli
NOTIZIE dalla SSC
DALLE ISTITUZIONI
Evoluzione della normativa comunitaria nel campo dei combustibili
L. Carratù, G. Gasparrini
DAL MONDO ACCADEMICO
DALL’INDUSTRIA
Contaminazione microbiologia dei carburanti
M. Mantarro
ATTIVITA’ SSC – Analisi & Sperimentazioni
70
La Rivista dei Combustibili
ssc
n.
pag.
Emission trading: il servizio per le imprese
F. Hugony, I. Potena
1
41
Investire in energie rinnovabili
I. Potena
1
44
Forum Italiano Sicurezza Gas 2009
P. Comotti
2
34
European Safety Meeting – Calorimetric Techniques in Process Hazard Assessment
C. Pasturenzi
2
36
Il ruolo delle biomasse legnose nello sviluppo delle bioenergie
S. Bertagna
2
38
Qualità del pellet
F. Hugony
2
43
Biocombustibili Gassosi e Liquidi - Corso “I biocombustibili” organizzato da FAST
F. Hugony
2
44
Copenhagen a portata di click
S. Casadei
3
39
La nuova direttiva europea sull’uso dell’energia da fonti rinnovabili
A. Maggioni
3
44
Il rischio da atmosfere potenzialmente esplosive per le macchine, le direttive ATEX
e l’impiego di sistemi di protezione
A. Mazzei
3
46
La 17a Conferenza europea sulla biomassa
A. Maggioni
3
48
United Nations COP 15 – COP/MOP 5, 7 – 18 dicembre 2009, Copenhagen:
diario della Conferenza sul clima
S. Casadei
4
48
3 Conferenza REACH L’applicazione del REACH: i problemi emersi,
le esperienze delle Imprese e il ruolo delle Autorità Competenti
A. Mazzei
4
53
64° Congresso Nazionale ATI
C. Morreale
4
57
Chimica verde, chimica sicura
I. Mormino
4
59
Particle Instruments: Result You Can Count On
S. Casadei
4
62
RECEN….SITI
1
47
LIBRI
1
3
48
51
1
2
3
4
49
45
52
64
NOTIZIE
a
AGGIORNAMENTO LEGISLATIVO 2009
GENNAIO-MARZO
APRILE-GIUGNO
LUGLIO-STTEMBRE
OTTOBRE-DICEMBRE
Volume 63 - fascicolo n. 4 - 2009
71
ssc
La Rivista dei Combustibili – anno 2009, volume 63, fascicolo 4.
Periodico trimestrale della Stazione Sperimentale per i Combustibili, Viale A. De Gasperi 3 - 20097 San Donato
Milanese (MI), tel. 02 516041, fax 02 514286 - e-mail: [email protected], sito: www.ssc.it
Direzione e redazione:
Stazione Sperimentale per i combustibili
Viale A. De Gasperi 3 - 20097 San Donato Milanese (MI) - tel. 02 51604220 – 02 51604262 - fax 02 514286
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Grafica, Impaginazione e Stampa:
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via Kramer 17 – 20129 Milano - tel. 02 76000213 - fax 02784164
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Capo Redattore:
Silvia Bertagna
Redazione:
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opinioni espresse dagli autori, che restano i soli responsabili del contenuto delle loro pubblicazioni.
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Copyright La Rivista dei Combustibili. La riproduzione e/o l’impiego di informazioni pubblicate sulla Rivista è
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72
La Rivista dei Combustibili
STAZIONE
SPERIMENTALE
per i
COMBUSTIBILI
La Rivista dei Combustibili
e dell’Industria Chimica
Ricerca Istituzionale
Ricerca finanziata
Come ente pubblico, la SSC finanzia e sviluppa autonomamente progetti di ricerca con l’obiettivo di incrementare il patrimonio di conoscenze-esperienze a favore dei
settori di riferimento e del mercato per :
• rispondere alle richieste di consulenza sia a favore dell’industria dei combustibili e delle imprese, sia delle
amministrazioni e enti pubblici
• proporre un’offerta qualificata in tutte le aree e settori
di attività della SSC
• aggiornare costantemente la base di competenze indispensabili per proporsi ed accedere ai finanziamenti di
ricerca pubblici e privati
Realizzata su richiesta e con finanziamenti di
imprese/enti/privati attraverso la partecipazione a progetti di
ricerca finanziati a livello nazionale e europeo.
Il trasferimento dei risultati avviene mediante pubblicazioni su riviste scientifiche o con la pubblicazione di rapporti, relazioni e monografie. Alcuni studi sono disponibili
on line sul sito dell’Istituto (www.ssc.it) alla sezione documentazione online. Questa sezione, creata ad hoc per dare
visibilità all’informazione non commerciale (studi, indagini, rapporti tecnici, presentazione a convegni, articoli,ecc. ),
rappresenta un vero e proprio valore aggiunto per la comprensione e la valorizzazione dell’attività istituzionale SSC.
Dal 1947 la SSC pubblica La Rivista dei Combustibili,
organo di stampa ufficiale dell’Istituto, un periodico dedicato a studi, rassegne e notiziari nel campo dei combustibili solidi, liquidi e gassosi, convenzionali e non. I temi
affrontati riguardano la caratterizzazione, l’utilizzo, l’impatto ambientale, l’aspetto normativo e la sicurezza. Nel
2002, a seguito del nuovo statuto della Stazione
Sperimentale per i Combustibili, che ha consentito alla
SSC di intensificare alcune attività nei confronti dell’industria chimica, la Rivista dei Combustibili ha cambiato
denominazione in La Rivista dei Combustibili e
dell’Industria Chimica.
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Studi e ricerche SSC riguardano tre temi topici: prestazioni energetiche, ambientali e di
sicurezza legati a combustibili fossili, rinnovabili e biocombustibili.
La Rivista, attualmente pubblicata con periodicità trimestrale, è aperta al contributo di tutti gli studiosi, i tecnici
e gli operatori dei settori di competenza. Viene distribuita in abbonamento gratuito ad aziende, enti ed istituzioni legate ai settori dei combustibili e dell’industria chimica ed è disponibile anche in formato pdf.
2009 - volume 63 - n. 4
ISSN 1972-0122
La Rivista dei
Combustibili
e dell’Industria Chimica
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Ricerca & Sviluppo per
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