Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Trani

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Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Trani
ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
Ufficio stampa
Rassegna
stampa
17 gennaio 2008
Responsabile :
Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])
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SOMMARIO
Pag. 3 ORDINAMENTO GIUDIZIARIO: Ordinamento, via libera ai legali (italia oggi)
Pag. 5 MINISTRO GIUSTIZIA: Napolitano firma, interim Giustizia a Prodi
(www.repubblica.it)
Pag. 6 MINISTRO GIUSTIZIA: Indagato il Guardasigilli, la moglie ai domiciliari.
Mastella dà le dimissioni. E Prodi le respinge (diritto e giustizia)
Pag. 8 RELAZIONE GIUSTIZIA: La giustizia-zavorra nel discorso non letto
(il sole 24 ore)
Pag. 9 RELAZIONE GIUSTIZIA:I numeri del dossier (il sole 24 ore)
Pag.10 RELAZIONE GIUSTIZIA: Giustizia. Ministero: nelle carceri italiane oltre 48
mila detenuti (help consumatori)
Pag.11 RELAZIONE GIUSTIZIA: Giustizia/relazione Mastella: nel 2006 calate cause
penali (-1,5%) (ap com)
Pag.12 RELAZIONE GIUSTIZIA: Giustizia/relazione Mastella: quella civile stazionaria
ma lenta (ap com)
Pag.13 MINISTERO GIUSTIZIA: Il ministero della giustizia resiste al terremoto
(italia oggi)
Pag.14 PROFESSIONI: Riforma, cala il gelo del Cup (italia oggi)
Pag.15 PROFESSIONI: Riforma professioni: adottato il testo base (italia oggi)
Pag.16 PROFESSIONI: Nel cassetto la proposta di legge popolare di riforma delle
professioni intellettuali (mondo professionisti)
Pag.17 SICUREZZA: Rifondazione comunista si smarca dal dl Amato (italia oggi)
Pag.18 PREVIDENZA: La Cassa al bivio sulle pensioni (italia oggi)
Pag.20 STUDI LEGALI: Non dimenticate l'attenzione al marketing interno (italia oggi)
Pag.21 ANTIRICICLAGGIO: La riservatezza non si tocca (italia oggi)
Pag.22 LENTEZZA PROCESSI: Giudici e legali si alle alleano contro i processi-lumaca
(italia oggi)
Pag.23 EUROPA: Magistrati di collegamento Italia-Romania (italia oggi)
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ITALIA OGGI
I contenuti delle audizioni dell'Oua e Aiga il 10/1 in commissione giustizia a palazzo Madama
Ordinamento, via libera dei legali
Gli avvocati promuovono i ddl che sono all'esame del senato
Tirocinio più lungo, preselezione informatica all'esame di stato e incompatibilità con l'esercizio di altre
professioni: così il parlamento riforma la professione di avvocato, tentando di sfoltire l'eccessivo
numero di aspiranti principi del foro. Il vecchio mestiere forense sarà modernizzato anche con la
possibilità di creare società di persone con colleghi o altri professionisti, farsi pubblicità e pattuire il
compenso in base al risultato. Sono alcune delle travi di volta della nuova impalcatura della professione
forense. Il count-down per la riforma è già cominciato, con sei disegni di legge in queste ore all'esame
della commissione giustizia del senato, che conta di approvarli per l'aula entro febbraio.E con un dato
nuovo: questa volta le lobby dei professionisti non si asserragliano dietro i niet che per anni hanno
bloccato con successo le riforme professionali. Al contrario, come indica l'audizione delle associazioni
forensi del 10 gennaio in senato, vogliono una riforma che adegui la professione ai tempi e agli
standard europei. E che soprattutto renda meno indiscriminato l'accesso, vista l'esplosione del numero
di toghe, dalle circa 40 mila dei primi anni 90 alle attuali 200 mila. Una preoccupazione condivisa dal
parlamento, tanto che cinque dei sei ddl presentati a palazzo Madama affrontano la questione (si veda
scheda). Tra le proposte, due ddl, cosiddetti Calvi e Manzione dal nome dei senatori firmatari,
contengono la riforma organica dell'ordinamento forense, e saranno probabilmente accorpati in un testo
unico, contenendo disposizioni spesso identiche. Sembra dunque riuscita l'operazione alla quale
puntavano gli avvocati fin dall'approvazione in consiglio dei ministri del ddl Mastella sulle professioni,
e cioè lo stralcio della normativa sui legali e l'approvazione con corsia preferenziale di una riforma ad
hoc. Nel corso dell'audizione le associazioni hanno condiviso anche nel merito l'impostazione dei ddl
Calvi e Manzione, manifestando però alcune riserve su questioni specifiche, sulle quali si attende ora la
mediazione dei senatori. Vediamo i dettagli.
ACCESSO. La mancata previsione del numero chiuso nelle facoltà di legge, da un lato, e della
frequenza obbligatoria delle scuole forensi dall'altro, sono tra i motivi di scontento. L'Aiga, per
esempio, ritiene che l'unico rimedio contro l'accesso indiscriminato alla professione forense e
l'inesorabile caduta della qualità del servizio legale sia il numero orientato per tutti gli indirizzi
universitari, e non solo per «alcune facoltà di serie A. Non basta poi una riforma meramente nominale
del tirocinio, spiega il presidente dell'associazione giovani avvocati, Valter Militi, per assicurare
l'inserimento nel mondo professionale di giovani preparati, ma occorre «la frequenza obbligatoria delle
scuole di specializzazione forense». Anche l'Oua sull'accesso reclama scelte più coraggiose.
«Chiediamo un sistema più selettivo, basato sulla frequenza obbligatoria delle scuole forensi
preceduta da una preselezione e accompagnata da verifiche periodiche e finali, che facciano
arrivare all'esame di abilitazione solo chi ha le qualità necessarie per entrare nella professione»,
spiega Andrea Pasqualin, vicepresidente dell'Organismo unitario dell'avvocatura. Favorevole al
numero chiuso a giurisprudenza e alla frequenza obbligatoria delle scuole di specializzazione anche
Salvatore Grimaudo, presidente dell'Unione camere civili.
SOCIETÀ. Il modello proposto dal ddl Calvi è incentrato sulla possibilità di creare società di persone e
associazioni tra legali (o anche multi-disciplinari purché in materie riconosciute compatibili dal Cnf).
Escluse, quindi, le società di capitale. Sulla stessa linea il ddl Manzione, che da risalto anche
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all'opportunità di costituire un'associazione temporanea per partecipare a determinati affari, senza
compromettere l'autonomia del singolo associato.
Un'impalcatura apprezzata dalle associazioni in linea generale, ma l'Oua vorrebbe «una maggiore
flessibilità» degli strumenti previsti, che dovrebbero contemplare tanto le associazioni
temporanee che le società di capitale a responsabilità limitata (riservate agli avvocati, ndr), oltre
che la società semplice. Secondo l'Aiga «rimane irrisolto il problema della scarsa appetibilità del
modello societario dal punto di vista fiscale e della forma giuridica».
PROCESSO DISCIPLINARE. La novità è rappresentata dall'istituzione dei consigli distrettuali di
disciplina ai quali è attribuito il potere disciplinare, attualmente in mano ai consigli dell'ordine. L'
ipotesi soddisfa in linea di massima le associazioni, che suggeriscono però, tra l'altro, il possesso di
determinati requisiti e l'assenza di incompatibilità per i componenti del nuovo organo di disciplina.
TARIFFE. I ddl salvano i minimi tariffari, eccezion fatta per le controversie «aventi a oggetto il
pagamento di una somma di denaro per la quale può essere pattuito un compenso in misura percentuale
al risultato utile». Via libera, quindi, al patto di quota lite, a condizione che non si scenda mai sotto il
minimo fissato per lo scaglione di valore più basso relativo alla prestazione compiuta. Le tariffe sono
generalmente efficaci, comunque, in mancanza di un accordo tra le parti ai sensi dell'articolo 2233 del
codice civile. Un recupero del valore delle tariffe valutato positivamente dalle associazioni, così come
apprezzata è la «riserva di consulenza» legale prevista per gli avvocati anche in materia stragiudiziale.
Teresa Pittelli
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Napolitano firma, interim Giustizia a Prodi
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricevuto al Quirinale il presidente del Consiglio
dei ministri, Romano Prodi, che gli ha sottoposto per la firma il decreto con il quale si accettano le
dimissioni del senatore Clemente Mastella da ministro della Giustizia e si affida l'interim del dicastero
allo stesso presidente del Consiglio dei ministri
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DIRITTO E GIUSTIZIA
Indagato il Guardasigilli, la moglie ai domiciliari. Mastella dà le dimissioni. E Prodi
le respinge
È stata una giornata politica densa di avvenimenti quella che ieri ha visto il Guardasigilli Clemente
Mastella, indagato per concussione, rassegnare le sue dimissioni da Ministro della Giustizia, peraltro
respinte dal Capo del Governo. La lunga giornata del leader dell’Udeur è iniziata alle 10,45 quando il
Ministro si è presentato alla Camera dove era previsto il tradizionale discorso annuale sullo stato della
Giustizia (la relazione è qui leggibile nei documenti correlati).
Tuttavia, la notizia degli arresti domiciliari per Sandra Lonardo Mastella, presidente del Consiglio
regionale della Campania e moglie del Guardasigilli ha travolto il normale corso degli impegni
istituzionali. Prendendo la parola in Aula a Montecitorio, Mastella ha ammesso che avrebbe fatto un
discorso diverso, avrebbe parlato della riforma della Giustizia e non certo della sua famiglia.
Ma le novità erano destinate a susseguirsi. Il ministro nel pomeriggio è venuto a conoscenza di essere
lui stesso indagato dalla Procura campana di Santa Maria Capua Vetere per concussione insieme agli
assessori regionali dell’Udeur Andrea Abbamonte (Personale) e Luigi Nocera (Ambiente) e al
consuocero Carlo Camilleri: concussione, questa l’ipotesi accusatoria, nei confronti del presidente della
Giunta regionale campana Antonio Bassolino per le vicende legate alla nomina ai vertici del consorzio
Asi di Benevento. Al presidente della Campania, agli inizi di novembre, sarebbe stato notificato un
invito a comparire davanti ai magistrati sammaritani come persona informata sui fatti. L’istruttoria che
portò alla nomina dei vertici dell’Area di Sviluppo Industriale è giudicata anomala dalla Procura: i
magistrati ipotizzano che Bassolino sia stato costretto ad assicurare che la scelta ricadesse su una
persona «designata da Mastella». Ma, nella giornata di ieri, le notizie hanno continuato a rincorrersi e,
in serata, i reati, complessivamente, contestati al ministro della Giustizia Clemente Mastella erano
diventati ben sette: concorso esterno in associazione per delinquere, due episodi di concorso in
concussione e uno di tentata concussione, un concorso in abuso d’ufficio e due concorsi in falso. E ieri,
fin dal primo momento, il presidente del Consiglio Romano Prodi ha respinto comunque le dimissioni
del leader dell’Udeur. Nel caso in cui Mastella resti fermo sulla sua posizione il rischio è che si apra
una crisi di Governo: quale che sia l’esito, solo le prossime ore - o giorni - dissolveranno le nebbie e i
fumi della vicenda. Nel frattempo vale la pena di soffermarsi sulla relazione che il Ministro aveva
preparato per il tradizionale discorso sullo stato della Giustizia e che poi è rimasto un testo “muto”,
peraltro pubblicato con puntualità sul sito Web di via Arenula prima che la tempesta, giudiziaria e
mediatica, si abbattesse sul capo del dicastero (e, in parte, sulla sua consorte).
Giustizia civile. I dati statistici riferibili al 2006 - si legge nella relazione del Guardasigilli - ed il dato
tendenziale annuo rilevato a giugno 2007 indicano una domanda globale di giustizia pressoché
stazionaria rispetto al 2005. Le cause iscritte nell’anno 2006 (dato stimato in relazione alle informazioni
ancora non del tutto disponibili) sono state 4.335.493 a fronte delle 4.330.305 iscritte nel corso del
2005. La capacità di risposta del sistema si è mantenuta costante, tenuto conto della ulteriore
diminuzione, di circa il 3 per cento, del numero di magistrati in servizio. Il numero di procedimenti
definiti nel 2006 è stato di poco inferiore a quello registrato nel 2005, e un andamento analogo si è
riscontrato anche nel primo semestre del 2007. L’aumento della pendenza però non è omogeneo tra gli
uffici giudiziari. Se, infatti, presso i tribunali si registra un minimo incremento, l’aumento delle
pendenze finali è assai rilevante presso le corti di appello (+11,04 per cento) e presso i giudici di pace
(+14,35 per cento), per un totale complessivo superiore ai cinque milioni (stimato in 5.127.450 al 31
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dicembre 2006).
I procedimenti civili e la giacenza media. La giacenza media dei procedimenti civili varia da circa 980
giorni per la cognizione ordinaria di primo grado (ma occorre ricordare che quasi il 90 per cento dei
procedimenti in primo grado finisce con la pronunzia della sentenza che non viene impugnata) a circa
758 giorni per i procedimenti civili in materia di lavoro. La situazione è più grave in Corte di appello
dove la giacenza media di un procedimento di cognizione ordinaria è stato di circa 1.405 giorni nel
2006, mentre per le controversie di lavoro è stato di circa 814 giorni, durata che si va a sommare a
quella già accumulata per il giudizio di primo grado. Per il giudice di pace la giacenza media delle
cause relative a risarcimento danni da circolazione stradale si è attestata a circa 545 giorni nel 2006
mentre per le opposizioni avverso le sanzioni amministrative in materia di circolazione stradale si è
giunti nel medesimo periodo a 286 giorni. Sono necessari quindi interventi non ulteriormente
procrastinabili per invertire la tendenza e ripristinare parametri in linea con quelli europei: i cittadini e
gli operatori economici che vivono ed esercitano la loro attività nel nostro Paese hanno diritto ad un
trattamento che assicuri parità di condizioni nel vivere e nel competere sul mercato.
Giustizia penale. Mentre nel 2006 si è riscontrata una riduzione dell’1,5 per cento dei procedimenti
iscritti contro noti e del 5 per cento di quelli contro ignoti, nei primi mesi del 2007 l’andamento sembra
essersi invertito: si è infatti constatato un incremento delle sopravvenienze pari al 5 per cento
relativamente ai procedimenti iscritti contro noti e del 6 per cento per quelli contro ignoti.
Per quanto riguarda i procedimenti sopravvenuti dinanzi a tribunali si deve registrare una diminuzione
nel corso del 2006 del 2,5 per cento per quelli collegiali e del 3 per cento per quelli monocratici.
Relativamente ai procedimenti innanzi al giudice di pace si è registrata una diminuzione del 5 per cento
di procedimenti iscritti nel 2006 ed un incremento del 10 per cento in relazione a quelli iscritti nel
primo semestre 2007. Per quanto riguarda i giudizi di appello si è riscontrato un incremento dei
procedimenti iscritti nel 2006 rispetto al 2005 del 4 per cento mentre si è registrata una diminuzione di
circa il 9 per cento nel primo semestre del 2007. Tuttavia, il bilancio denuncia, anche nel settore penale,
la necessità di interventi non più differibili per garantire la ragionevole durata del processo evitando che
la vera sanzione sia costituita dalla pendenza del giudizio piuttosto che dalla pena conseguente al
processo stesso.
La giustizia minorile. La presenza di stranieri nel sistema è ancor più prevalente di quanto non sia per
gli adulti (54 per cento degli ingressi in istituto penale e 40 per cento degli ingressi in comunità di
accoglienza), ed è spesso complicata dalla presenza di minori non accompagnati, del tutto privi di
riferimenti familiari noti.
Inoltre, nella relazione viene osservato anche un deleterio fenomeno di assimilazione, da parte dei
minori straneri, dei comportamenti devianti tipici delle società occidentali avanzate, come l’uso di
sostanze tossiche; ed è più frequente la sinergia tra queste suggestioni del paese ospitante e altri
comportamenti illeciti istigati o tollerati dagli adulti dell’originario nucleo affettivo. L’unica strategia
possibile, dunque, è quella di politiche che mirano a responsabilizzare, quando possibile, i paesi di
provenienza, e a coinvolgerli nel trattamento dei minori devianti.
La politica penitenziaria. I detenuti presenti nelle carceri italiane all’inizio dell’anno erano oltre 48
mila, quasi diecimila in più della soglia minima toccata nel settembre 2006. Si tratta di un dato elevato,
ma tollerabile. Del resto, conclude, la relazione annuale sullo stato della Giustizia in Italia, senza
l’indulto le presenze sarebbero state oltre 72 mila. (cri.cap)
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IL SOLE 24 ORE
La relazione per l’anno giudiziario
La giustizia-zavorra nel discorso non letto
«A testa alta» e «con l’animo sereno», il ministro della Giustizia avrebbe chiesto «un’assunzione
collettiva di responsabilità», perché «l’intera classe dirigente» non può permettersi che la Giustizia
continui a essere una «pesante zavorra» per la crescita del Paese. «Chiedo espressamente che alla
Giustizia sia riservata un’apposita sessione parlamentare, dando priorità all’esame dei provvedimenti
proposti dal Governo», avrebbe detto Clemente Mastella - prima alla Camera e poi al Senato - a
conclusione della «Relazione sullo stato della giustizia in Italia». «Assumo senza riserve la gravosa
responsabilità politica e morale che dovesse derivare da un fallimento di quel che propongo -. avrebbe
osservato, infine,il guardasigilli — ma non posso accettare la preventiva dichiarazione di impotenza e
di sconfitta insita nel sostanziale disinteresse, nell’inerzia e nell’immobilismo generati da veti incrociati
e da sterili e perenni conflitti». Tutto questo, però, Mastella non lo ha detto. La sua «Relazione» è stata
solo allegata al resoconto dell’Aula della Carnera, dove ha pronunciato un discorso assai diverso da
quello che si era preparato nei giorni scorsi, in vista di questo appuntamento con cui, ormai da due anni,
si apre il nuovo anno giudiziario. Le sue 37 cartelle sono, perciò, destinate a rimanere negli archivi di
Camera e Senato come una sorta di testamento che il guardasigilli lascia a chi lo sostituirà, sempre che
confermi le dimissioni. In quelle 37 pagine c’è tutto ciò che Mastella e i suoi uffici hanno fatto in venti
mesi di attività di Governo: disegni di legge presentati per accelerare i processi civili e penali, per
garantire la sicurezza e la certezza della pena, per aumentare la produttività dei Tribunali (con la
creazione dell’ufficio per il processo), per limitare le invasioni nella privacy dei cittadini (specie se non
indagati) a causa delle intercettazioni; ci sono i risparmi di spesa realizzati a cominciare proprio dalle
intercettazioni telefoniche (da 308 a 229 milioni di euro, malgrado i bersagli intercettati abbiano
superato la soglia di 11.000); c’è il recupero, nelle carceri italiane, di 6 nuovi posti (che saliranno a
1980 nel 2008), grazie all’attività di ristrutturazione dei penitenziari; la scoperta delle somme
sequestrate o confiscate (1 miliardo e 600 milioni di euro al 30 novembre 2007) e la richiesta al
ministro dell’Economia di poterle gestire per le esigenze della Giustizia, evitando che finiscano tutte
all’Erario. Ma nella Relazione del ministro c’è anche la fotografia di una macchina giudiziaria che
stenta a recuperare efficienza A dicembre2006, si contavano più di 5 milioni di cause civili pendenti tra
Tribunali, Corti d’appello e giudici di pace. La durata di una causa è stata di 980 giorni in primo grado
e di 1.405 in appello; i processi del lavoro hanno viaggiato a una media di 758 giorni in primo grado e
di 84 in appello. Non vanno meglio le cose nel penale. Se nel 2006 c’era stata una diminuzione
dell’1,5% dei procedimenti iscritti contro persone note, nei primi sei mesi del2007 si è verificato un
incremento del 5%, così come è stato del 7,5% l’aumento dei processi davanti al Tribunale in
composizione collegiale. Il ricorso ai giudici di pace ha fatto registrare una vera e propria impennata:
nel 2006 erano diminuiti del 5%, nei primi sei mesi del 2007 sono aumentati del 10% e il carico di
lavoro pendente è cresciuto del 40%. Quanto alla durata dei processi, «è aumentata» ovunque, tranne
che nella fase delle indagini, dov’è passata dai 469 giorni del 2005 ai del 2006. Le statistiche rivelano,
ancora una volta, che la durata dei processi risente sia delle dimensioni dell’ufficio sia della sua
collocazione geografica: si va dai 260-270 giorni delle Corti d’appello di Palermo e Catanzaro al 1.300
giorni di quelle di Ancona e Venezia (la media è di 68i). Quanto basta per far concludere a Mastella che
il problema della «ragionevole durata» non è più rinviabile. Anche perché nel 2006 vi sono state 20.514
richieste di indennizzo presentate da chi aveva avuto un processo troppo lungo: il 14,43 % del carico di
lavoro delle Corti d’appello. E nel 2007 sono già in aumento. D.St.
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IL SOLE 24 ORE
I numeri del dossier
5.127.450. Pendenze nella giustizia civile. L’aumento delle pendenze finali (al 31 dicembre 2006) è
stato minimo presso i Tribunali, più rilevante presso Corti d’appello (+11,04) e giudici di pace
(+14,35%)
1.405. Giorni di giacenza nel civile. La giacenza media di un procedimento in Corte di appello nel
2006. La giacenza media dei procedimenti civili varia da circa 980 giorni per il primo grado a circa 758
giorni peri procedimenti civili in materia di lavoro
+10%. Pendenze nella giustizia penale. Incremento delle pendenze innanzi al giudice di pace al 30
giugno 2007. A fine 2006 si era registrato un aumento del 30% rispetto al 2005
681. Giorni di giacenza nel penale. Nelle Corti di appello la giacenza media passa dai 622 giorni del
2005 ai 681 giorni del 2006: è la variazione più elevata nella giustizia penale
48.78. Persone detenute. Detenuti nelle carceri italiane (al 7 gennaio scorso). Senza l’indulto le
presenze sarebbero state 72 mila, cifra considerata non tollera bile dal sistema carcerario italiano
1,6 miliardi. Somme sequestrate. Depositi giudiziari presso le Poste a1 30 novembre riguardanti
sequestri penali e civili
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HELP CONSUMATORI
Giustizia. Ministero: nelle carceri italiane oltre 48 mila detenuti
I detenuti presenti nelle carceri italiane all'inizio dell'anno erano oltre 48 mila, quasi diecimila in più della soglia
minima toccata nel settembre 2006. Si tratta di un dato "elevato, ma tollerabile". Senza l'indulto le presenze
sarebbero stato oltre 72 mila. E il tasso di recidivi presenti è pari al 42% contro il 48% prima dell'indulto. Sono
alcuni dei dati contenuti nella Relazione annuale sullo stato della Giustizia in Italia che Clemente Mastella ha
consegnato prima di annunciare di voler rassegnare le proprie dimissioni. "Il nuovo ordinamento giudiziario - si
legge nel documento - è legge dello Stato". Ma servono interventi "non più differibili" per la garanzia della
ragionevole durata del processo.."Nelle carceri italiane erano presenti, il 7 gennaio 2008, 48.788 persone
detenute, quasi diecimila in più della cifra minima toccata nel settembre 2006, pari a 38.326 - si legge nel
documento - E' un dato elevato, ma tollerabile dal nostro sistema, che non avrebbe invece potuto sopportare le
oltre 72.000 presenze che oggi si registrerebbero se non si fosse adottato il provvedimento d'indulto". Il tasso di
recidivi presenti nelle carceri è pari al 42%, contro il 48% prima dell'indulto. GIUSTIZIA CIVILE. "I dati
statistici riferibili al 2006 ed il dato tendenziale annuo rilevato a giugno 2007 indicano una domanda globale di
giustizia pressoché stazionaria rispetto all'anno 2005 - si legge nel bilancio - Le cause iscritte nell'anno 2006
(dato stimato in relazione alle informazioni ancora non del tutto disponibili) sono state 4.335.493 a fronte delle
4.330.305 iscritte nel corso del 2005. La capacità di risposta del sistema si è mantenuta costante, tenuto conto
della ulteriore diminuzione, di circa il 3%, del numero di magistrati in servizio. Il numero di procedimenti
definiti nel 2006 è stato di poco inferiore a quello registrato nel 2005, e un andamento analogo si è riscontrato
anche nel primo semestre del 2007. L'aumento della pendenza però non è omogeneo tra gli uffici giudiziari. Se,
infatti, presso i tribunali si registra un minimo incremento, l'aumento delle pendenze finali è assai rilevante
presso le corti di appello (+11,04%) e presso i giudici di pace (+14,35%), per un totale complessivo superiore ai
cinque milioni (stimato in 5.127.450 al 31 dicembre 2006.""La giacenza media dei procedimenti civili varia da
circa 980 giorni per la cognizione ordinaria di primo grado (ma occorre ricordare che quasi il 90% dei
procedimenti in primo grado finisce con la pronunzia della sentenza che non viene impugnata) a circa 758 giorni
per i procedimenti civili in materia di lavoro - si legge nel documento - La situazione è più grave in corte di
appello dove la giacenza media di un procedimento di cognizione ordinaria è stato di circa 1.405 giorni nel 2006,
mentre per le controversie di lavoro è stato di circa 814 giorni, durata che si va a sommare a quella già
accumulata per il giudizio di primo grado". Il giudizio? "Si tratta, evidentemente, di una situazione che necessita
di interventi non ulteriormente procrastinabili al fine di invertire la tendenza e ripristinare parametri in linea con
quelli europei, avendo diritto i cittadini e gli operatori economici che vivono ed esercitano la loro attività nel
paese ad un trattamento che assicuri parità di condizioni nel vivere e nel competere sul mercato". GIUSTIZIA
PENALE. Mentre nel 2006 si è riscontrata una riduzione dell'1,5% dei procedimenti iscritti contro noti e del 5%
di quelli contro ignoti, nei primi sei mesi del 2007 l'andamento sembra essersi invertito: si è infatti constatato un
incremento delle sopravvenienze pari al 5% relativamente ai procedimenti iscritti contro noti e del 6% per quelli
contro ignoti. Per i procedimenti sopravvenuti dinanzi a tribunali si registra, nel primo semestre 2007, un
incremento del 7.5% per i procedimenti da trattare innanzi al collegio ed una riduzione dello 0,5% per quelli
monocratici. Relativamente ai procedimenti innanzi al giudice di pace si è registrata una diminuzione del 5% di
procedimenti iscritti nel 2006 ed un incremento del 10% in relazione a quelli iscritti nel primo semestre 2007.
Per i giudizi di appello, all'aumento dei procedimenti iscritti nel 2006 ha invece fatto seguito una diminuzione nel
primo semestre 2007. "Anche nel settore penale - rileva il bilancio - gli indicatori denunziano, tenuto anche conto
della intervenuta riduzione del numero di magistrati in servizio, la necessità di interventi non più differibili per
garantire la ragionevole durata del processo evitando che la vera sanzione sia costituita dalla pendenza del
giudizio piuttosto che dalla pena conseguente al giudizio stesso". GIUSTIZIA MINORILE. Secondo quanto
afferma lo studio, la presenza di stranieri nel sistema "è ancor più prevalente di quanto non sia per gli adulti
(54% degli ingressi in istituto penale e 40% degli ingressi in comunità diaccoglienza), ed è spesso complicata
dalla presenza di minori non accompagnati, del tutto privi di riferimenti familiari noti". I minori stranieri
assimilano comportamenti devianti tipici delle società occidentali. La strategia è dunque quella di "politiche che
mirano a responsabilizzare, quando possibile, i paesi di provenienza, e a coinvolgerli nel trattamento dei minori
devianti".
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
AP COM
Giustizia/relazione Mastella: nel 2006 calate cause penali (-1,5%)
Ma nel 2007 la tendenza si è invertita: +5% delle cause
Roma, 16 gen. (Apcom) - Nel corso del 2006 si è riscontrata una riduzione dell'1,5% dei procedimenti iscritti
contro noti e del 5% di quelli contro ignoti, confermando l'andamento già riscontrato nel 2005. Nei primi sei
mesi dell'anno 2007 tale andamento sembra essersi invertito, dal momento che si è constatato un incremento
delle sopravvenienze pari al 5% relativamente ai procedimenti iscritti contro noti e del 6% per quelli contro
ignoti. Questo lo stato della giustizia penale in Italia fotografata nella relazione che il ministro Clemente Mastella
avrebbe dovuto tenere oggi in Parlamento e che invece è stata soltanto depositata agli atti.
Per quanto riguarda i procedimenti sopravvenuti dinanzi a tribunali si deve registrare una diminuzione nel corso
del 2006 del 2,5% per quelli collegiali e del 3% per quelli monocratici. Nel corso del 1° semestre 2007 si è
registrato, invece, un incremento del 7.5% per i procedimenti da trattare innanzi al collegio ed una riduzione
dello 0,5% per quelli monocratici. Relativamente ai procedimenti innanzi al giudice di pace si è registrata una
diminuzione del 5% di procedimenti iscritti nel 2006 ed un incremento del 10% in relazione a quelli iscritti nel
1° semestre 2007.
Per quanto riguarda i giudizi di appello si è riscontrato un incremento dei procedimenti iscritti nel 2006 rispetto
al 2005 del 4% mentre si è registrata una diminuzione di circa il 9% nel primo semestre del 2007. Innanzi alle
procure sono stati definiti più procedimenti rispetto a quelli iscritti relativamente ai procedimenti contro noti,
mentre la definizione dei procedimenti contro ignoti si rivelata inferiore al numero di quelli iscritti.
Per quanto riguarda i tribunali sono risultati definiti un numero di procedimenti di poco inferiore a quello dei
sopravvenuti. Innanzi alle Corti di appello nel 2006 sono stati definiti una quantità di procedimenti del 15%
inferiore a quella dei sopravvenuti, mentre il dato del primo semestre del 2007 appare più confortante, risultando
definiti il 10% in più di procedimenti rispetto a quelli iscritti.
La "positività" del dato, si legge nella relazione, "non va sopravvalutata, poiché deriva pressoché interamente
dalla riduzione del 10% dei procedimenti sopravvenuti. Innanzi al giudice di pace nell'anno 2006 vi è stato un
notevole peggioramento, in quanto malgrado la riduzione del 5% delle sopravvenienze, il numero dei
procedimenti si è ridotto del 20% rispetto ai definiti dell'anno 2005, determinando un incremento delle pendenze
a fine anno di circa il 30%".
Nel corso del primo semestre del 2007 le sopravvenienze sono aumentate del 10% mentre le definizioni sono
state del 20% inferiori alle sopravvenienze, producendo la crescita della pendenze al 30 giugno 2007 di un
ulteriore 10%. La giacenza media in giorni dei procedimenti è aumentata per tutte le tipologie di ufficio, tranne
che per le procure della Repubblica ove per i procedimenti in cui l'autore è noto diminuisce dai 469 giorni del
2005 ai 457 giorni del 2006. La variazione più elevata si registra per le corti di appello ove la giacenza media
passa dai 622 giorni del 2005 ai 681 giorni del 2006.
Notevole è risultata la variabilità tra il periodo di giacenza dei procedimenti tra i singoli uffici, che risente anche
della collocazione territoriale e delle dimensioni. Nel caso delle corti di appello si passa, ad esempio, dai 260-270
giorni per le corti di Palermo e Catanzaro, agli oltre 1.300 giorni di Ancona e Venezia, a fronte della già
ricordata media nazionale di 681 giorni.
"Anche nel settore penale - è la conclusione del Guardasigilli - gli indicatori denunziano, tenuto anche conto
della intervenuta riduzione del numero di magistrati in servizio, la necessità di interventi non più differibili per
garantire la ragionevole durata del processo evitando che la vera sanzione sia costituita dalla pendenza del
giudizio piuttosto che dalla pena conseguente al giudizio stesso".
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AP COM
Giustizia/relazione Mastella: quella civile stazionaria ma lenta
“Interventi per sveltirla non più procrastinabili”
Roma, 16 gen. (Apcom) - "I dati statistici riferibili al 2006 ed il dato tendenziale annuo rilevato a
giugno 2007 indicano una domanda globale di giustizia pressoché stazionaria rispetto all'anno 2005".
Questa la fotografia scattata dalla relazione che il Guardasigilli Clemente Mastella avrebbe dovuto
leggere questa mattina in Aula alla Camera e che invece è stata soltanto depositata.
Le cause iscritte nell'anno 2006, si legge nella relazione, sono state 4.335.493 a fronte delle 4.330.305
iscritte nel corso del 2005. La capacità di risposta del sistema si è mantenuta costante, tenuto conto
della ulteriore diminuzione, di circa il 3%, del numero di magistrati in servizio. Il numero di
procedimenti definiti nel 2006 è stato di poco inferiore a quello registrato nel 2005, e un andamento
analogo si è riscontrato anche nel primo semestre del 2007.
L'aumento della pendenza, però, non è omogeneo tra gli uffici giudiziari. Se, infatti, presso i tribunali si
registra un minimo incremento, l'aumento delle pendenze finali è assai rilevante presso le corti di
appello (+11,04%) e presso i giudici di pace (+14,35%), per un totale complessivo superiore ai cinque
milioni (stimato in 5.127.450 al 31 dicembre 2006). La giacenza media dei procedimenti civili varia da
circa 980 giorni per la cognizione ordinaria di primo grado (ma occorre ricordare che quasi il 90% dei
procedimenti in primo grado finisce con la pronunzia della sentenza che non viene impugnata) a circa
758 giorni per i procedimenti civili in materia di lavoro.
La situazione è più grave in corte di appello dove la giacenza media di un procedimento di cognizione
ordinaria è stato di circa 1.405 giorni nel 2006, mentre per le controversie di lavoro è stato di circa 814
giorni, durata che si va a sommare a quella già accumulata per il giudizio di primo grado. Per il giudice
di pace la giacenza media delle cause relative a risarcimento danni da circolazione stradale si è attestata
a circa 545 giorni nel 2006 mentre per le opposizioni avverso le sanzioni amministrative in materia di
circolazione stradale si è giunti nel medesimo periodo a 286 giorni.
Si tratta, evidentemente, di una situazione che necessita di interventi non ulteriormente procrastinabili
al fine di invertire la tendenza e ripristinare parametri in linea con quelli europei, avendo diritto i
cittadini e gli operatori economici che vivono ed esercitano la loro attività nel paese ad un trattamento
che assicuri parità di condizioni nel vivere e nel competere sul mercato.
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ITALIA OGGI
Che si dice a Via Arenula
Il ministero della giustizia resiste al terremoto
Si aspettano gli eventi continuando a svolgere l'ordinaria amministrazione
Certo, il terremoto si è sentito. Ma finché il ministro guardasigilli è in carica a Via Arenula si fa mostra
di normalità. I sottosegretari e i capi degli uffici sono con il fiato sospeso, ovviamente, ma l'attività
ordinaria del ministero continua. E nei corridoi del palazzone che ospita i dipartimenti non c'è
confunsione, tutto sembra normale. Negli uffici magari si commentano gli eventi, ma le pratiche vanno
avanti. Pochi sono riusciti a vedere il ministro dopo il suo intervento alla camera, nel quale ha
annunciato le dimissioni. Il suo passaggio a via Arenula è stato fugace, prima di prendere la macchina
per recarsi a Ceppaloni a dare solidarietà coniugale alla moglie, Sandra Lonardo. E' andata bene a
Daniela Melchiorre, sottosegretario con delega alla giustizia minorile, voluta in quel posto da Lamberto
Dini. «Ho potuto esprimergli la mia solidarietà. Ora siamo in attesa delle sue decisioni». «Abbiamo le
deleghe e continuiamo a lavorare», taglia corto il sottosegretario che ha seguito la riforma
dell'ordinamento giudiziario Luigi Scotti. Per le attività che il ministro tratta in proprio (per esempio le
nomine per gli incarichi direttivi dei magistrati), si vedranno gli eventi, anche se Scotti ricorda che «il
premier Romano Prodi ha respinto le dimissioni quindi il ministro è ancora in carica». «I tipi di
intervento che stiamo conducendo hanno una natura strategica, nascono da una visione strategica:
vorrei che questa attività non si interrompesse», commenta il sottosegretario dell'Idv Luigi Li Gotti, che
nonostante la poca simpatica che regna tra il suo segretario, Antonio Di Pietro, e il guardasigilli, si
professa «mastelliano». «L'attività ordinaria continua», assicura Arcibaldo Miller, e detto da lui che è il
capo dell'ispettorato, significa le ispezioni già avviate andranno avanti, non si fermeranno.
Un importante dirigente che preferisce l'anonimato parla della costituzione «di un comitato di salute
pubblica. Tra pochi giorni ci sarà l'inaugurazione dell'anno giudiziario. Ciascuno di noi sarà in sedi
diverse a rappresentare il ministero. Occorre darci una linea unitaria. Certo, personalmente ritengo che
questa situazione di limbo non possa continuare al di là di 48 ore». E comunque, parlando con il
ministro quest'utlimo gli avrebbe rappresentato l'intenzione di non recedere dalla decisione. Ma si può
sempre cambiare idea.
Il capo dell'ufficio legislativo, Gianfranco Manzo, ieri era a Milano e quindi ha seguito come ha potuto
per telefono gli eventi. «Mi risulta che tutto proceda regolarmente. Il ministero è anche un apparato
burocratico, come tale autorganizzato». Il capo dell'Organizzazione giudiziaria, Claudio Castelli è
chiaro sulla mission di queste ore: «abbiamo l'obbligo amministrativo di continuare l'attività e fare in
modo che la situazione inevitabile di sbandamento non incida sulla gestione quotidiana degli uffici
giudiziaria». Il capo di gabinetto Stefano Mogini non ha voglia di commentare: «Si rivolga all'ufficio
stampa». Claudia Morelli
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ITALIA OGGI
Partenza in salita per il testo Mantini-Chicchi. Categorie molto critiche
Riforma, cala il gelo del Cup
Sirica: nessuna nostra proposta presa in esame
Cala il gelo degli ordini sul progetto di riforma delle professioni. La scelta della maggioranza di avviare
il dibattito adottando come testo base il Mantini-Chicchi senza le correzioni annunciate dai due stessi
relatori a dicembre scorso (si veda ItaliaOggi di ieri), proprio non va giù al Coordinamento unitario
delle professioni. Che proprio l'altro ieri aveva esultato all'avvio dell'iter, alla camera, della proposta di
legge di iniziativa popolare. Al momento si è rivelato tutto inutile, però. E anche se da qui al 6 febbraio,
termine ultimo fissato per gli emendamenti, c'è tempo per apportare al Mantini-Chicchi tutte le
modifiche del caso, il commento del Cup è lapidario: «Il parlamento è partito molto male», ha detto il
presidente, Raffaele Sirica (architetti), «perché non ha tenuto conto di nessuna delle nostre proposte.
C'è una nostra legge che è arrivata fino alla camera, con 80 mila firme raccolte e un lavoro intenso da
parte del comitato promotore per chiudere tutto nei tempi opportuni. Ovvio che ci aspettavamo
quantomeno una sua valutazione, così è come se la raccolta firme non avesse avuto senso».
«Esprimiamo quindi un giudizio molto critico», ha proseguito Sirica, «soprattutto sulla base del fatto
che i relatori ci avevano richiesto un contributo che abbiamo immediatamente fornito, e ci era stato
detto che le nostre osservazioni sarebbero state incardinate. Insomma, ci aspettavamo un testo di
partenza diverso». Getta acqua sul fuoco Giuseppe Chicchi, secondo il quale non sussiste nessun tipo di
polemica. «Abbiamo semplicemente deciso che il nostro testo sarà quello di partenza», ha spiegato, «le
altre proposte, comprese quelle del Cup, le abbiamo messe sul tavolo per gli emendamenti che verranno
presentati da qui al 6 febbraio». Fatto sta che il comitato promotore della raccolta firme commenta
molto duramente lo stralcio del ddl Cup. «È grave», ha detto il coordinatore del comitato, Pietro De
Paola (geologi), «che la commissione della camera sottovaluti la legge di iniziativa popolare (ddl 3277)
sottoscritta da circa 80 mila professionisti». E se agli ordini non è piaciuta per nulla la mossa del
parlamento, critiche arrivano anche dal mondo delle associazioni. E in particolare dal Colap, che
rappresenta oltre 190 sigle. «Peggio di così, il testo, anche senza le correzioni richieste dagli ordini, non
potrebbe essere», ha dichiarato il presidente Giuseppe Lupoi, «perché dà la possibilità agli ordini di
emettere delle leggi, e questa è già di per sé una cosa gravissima. Detto questo, anche se le osservazioni
degli ordini non sono state inizialmente recepite, tutto si può fare in fase di emendamenti. Speriamo in
un intervento del governo». Molto meno critica, invece, l'altra parte delle associazioni, rappresentata da
Assoprofessioni. «Il testo così com'è ci va bene», ha detto il presidente, Giorgio Berloffa, «anche se
restiamo convinti del fatto che prima si debba procedere al riconoscimento delle professioni, poi delle
associazioni. Altrimenti si rischia di vedere col bollino blu delle associazioni di professioni totalmente
sconosciute. Questa è una modifica fondamentale che va fatta al Mantini-Chicchi, e presenteremo degli
emendamenti in questo senso. Detto questo, non rappresenta una conditio sine qua non». Gabriele
Ventura
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Riforma professioni: adottato il testo base
Dure critiche dall’opposizione: la professione intellettuale non può prescindere dalla laurea
17/01/2008 – La proposta di legge di riforma delle professioni presentata dai relatori Chicchi e Mantini è stata
adottata come testo base dalle Commissioni Giustizia e Attività produttive della Camera.
Su questo testo proseguirà dunque il lavoro di riforma della disciplina delle professioni, tenendo conto anche
della proposta di legge di iniziativa popolare presentata pochi giorni fa dal Comitato Unitario delle Professioni
(CUP).
Nella seduta del 15 gennaio scorso, i rappresentanti dell’opposizione non hanno risparmiato le critiche al testo
Mantini-Chicchi: la deputata Maria Grazia Siliquini (AN) ha affermato che le proposte contenute nel testo base
dei relatori, "non sono assolutamente convincenti, perché il testo, se da una parte avanza alcune proposte
irricevibili, dall'altra contiene vere e proprie «trappole»” per tutte le professioni intellettuali italiane. D’altra parte
– ha aggiunto Siliquini – lo stesso Governo, con il sottosegretario Luigi Scotti, nelle sedute dell'8 novembre e
dell'11 dicembre scorsi ha affermato più volte che vi sono dei punti «non chiari» per cui sarebbe opportuno
«effettuare precisazioni».
Siliquini ha poi ricordato che anche i rappresentanti dei professionisti italiani, tramite il Comitato Unitario
Professioni, hanno già dichiarato che la proposta di testo base deve essere «profondamente modificata e rivista»,
se non del tutto «bocciata», come deve essere assolutamente fermato il decreto legislativo di recepimento della
direttiva 36/2005/CE, «al fine di ripristinare la legalità».
Una bocciatura totale che si estende ad altri punti fondamentali del testo: secondo Siliquini non è
sufficientemente chiara la distinzione tra professionista intellettuale ed imprenditore; poco chiara è anche la
delega al Governo per accorpare gli ordini, e troppo sfumata è anche la linea di confine tra ordini e associazioni.
“Non è assolutamente possibile – ha affermato Siliquini – prevedere di «elevare» a professione intellettuale
qualunque lavoro intellettuale a prescindere dalla doverosa formazione universitaria”, “tale conoscenza, che deve
essere certificata da un titolo di studio di livello universitario avente valore legale nel nostro ordinamento, è un
aspetto insuperabile della professione intellettuale” – ha concluso.
Altrettanto diretto è stato Andrea Lulli (PD) che ha chiesto se, a questo punto, l’opposizione ha la volontà di
discutere seriamente su questo progetto di legge. “Ad ogni seduta – ha lamentato – vengono poste eccezioni
procedurali e sottili distinguo. Le valutazioni sulle soluzioni normative, anche radicalmente diverse, attengono
alla normalità del confronto parlamentare; quello che non è lecito è bloccare, con qualsiasi ragione, l'iter del
provvedimento.”
Per quanto riguarda il testo del CUP, il presidente della II Commissione, Pino Pisicchio, ha affermato che la
proposta di legge di iniziativa popolare “non introduce elementi di novità, poiché tutte le istanze in essa
contenute sembrano essere già confluite nel lungo dibattito svoltosi presso le Commissioni riunite”.
La seduta è quindi terminata con l’adozione, come testo base, della proposta presentata dai relatori; è stato inoltre
fissato al 6 febbraio 2008 il termine per la presentazione degli emendamenti.
Immediata la reazione di Pietro De Paola, coordinatore del Comitato promotore della pdl presentata dal CUP:
“Lo stralcio della legge di iniziativa popolare, appare un atto di grave sottovalutazione delle esigenze e delle
richieste avanzate da circa 80 mila professionisti che hanno firmato quella legge”.
“Apprendo con sconcerto – continua De Paola - che secondo l’on. Pisicchio e nonostante il parere contrario di
alcuni deputati non ci sarebbero i margini per un esame congiunto della proposta di legge di iniziativa popolare
in quanto quest’ultima, come dice lo stesso Pisicchio, non conterrebbe alcun “elemento di novità” rispetto al
testo base assunto dalla II insieme alla X Commissione. Eppure, aggiunge De Paola, «mi sembra opportuno
ricordare che nel testo base non esiste alcuna distinzione, per esempio, tra l’attività imprenditoriale e quella
professionale, esiste la possibilità di delegare al governo, senza alcun parere vincolante da parte degli ordini, di
accorparne alcuni, senza parlare poi delle norme sulle attività riservate che fanno piazza pulita di una serie di
prerogative che garantiscono la qualità e l’indipendenza dei professionisti”.
L’auspicio del coordinatore del Comitato promotore è comunque "di non far cadere nel nulla la proposta dei
professionisti consentendo un iter parlamentare rispettoso dei principi democratici e delle esigenze di tutti i
cittadini".
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MONDO PROFESSIONISTI
Uono schiaffo ai professionisti
Nel cassetto la proposta di legge popolare di riforma delle professioni intellettuali
«Lo stralcio della legge di iniziativa popolare (ddl 3277) deciso dal presidente della II commissione
della Camera appare un atto di grave sottovalutazione delle esigenze e delle richieste avanzate da circa
80 mila professionisti che hanno firmato quella legge». Commenta così Pietro De Paola, coordinatore
del Comitato promotore della legge in oggetto, la decisione del presidente Pino Pisicchio della II
Commissione della Camera dei Deputati di non modificare il testo base alla luce delle norme contenute
nella legge di inziativa popolare, n.3277, all’esame della stessa commissione. «Apprendo con sconcerto
– continua De Paola - che secondo l’on. Pisicchio e nonostante il parere contrario di alcuni deputati non
ci sarebbero i margini per un esame congiunto della proposta di legge di iniziativa popolare in quanto
quest’ultima, come dice lo stesso Pisicchio, non conterrebbe alcun “elemento di novità” rispetto al testo
base assunto dalla II insieme alla X Commissione». Eppure, aggiunge De Paola, «mi sembra opportuno
ricordare che nel testo base non esiste alcuna distinzione, per esempio, tra l’attività imprenditoriale e
quella professionale, esiste la possibilità di delegare al governo, senza alcun parere vincolante da parte
degli ordini, di accorparne alcuni, senza parlare poi delle norme sulle attività riservate che fanno piazza
pulita di una serie di prerogative che garantiscono la qualità e l’indipendenza dei professionisti.
Elementi questi, ma ce ne sarebbero anche altri relativi agli studi professionali o alle professioni non
regolamentate e alle questioni societarie, che mi paiono sostanziali e che hanno spinto i professionisti a
presentare una propria legge e che però ora si vorrebbe ignorare». L’auspicio del coordinatore del
Comitato promotore è comunque «di non far cadere nel nulla la proposta dei professionisti consentendo
un iter parlamentare rispettoso dei principi democratici e delle esigenze di tutti i cittadini».
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ITALIA OGGI
Il dibattito sulla sicurezza
Rifondazione comunista si smarca dal dl Amato
Presentati emendamenti per mitigare le sanzioni e precisare i motivi imperativi
Decreto-bis sulla sicurezza, ma tutto nuovo. La tesi della completa autonomia del decreto 249/2007 è l'unica che
lo può salvare dalla censura di incostituzionalità per violazione del divieto di reiterazione dei decreti legge. Il
decreto in sintesi fa salve le misure antiterrorismo contenute nel decreto Pisanu la cui applicabilità veniva meno
al 31 dicembre 2007, e ne estendere l'applicazione anche ai cittadini comunitari. Il dibattito parlamentare in
commissione affari costituzionali ha visto già sollevare la questione della legittimità del provvedimento
d'urgenza che riproduce in alcuni articoli le medesime norme già inserire nel decreto legge 181. E non solo. La
maggioranza torna a dibattere sul testo e Rifondazione comunista ha già presentato una serie di emendamenti che
stemperano le misure più drastiche nei confronti dei cittadini stranieri, riprendendo testi e norme del dlgs che ha
recepito la direttiva sulla libertà di soggiorno. La maggioranza, a difesa del decreto-bis, mette in evidenza diverse
ragioni. Innanzitutto, il decreto risponde ad autonomi casi straordinari di necessità e urgenza, e in particolare la
necessità di introdurre una disciplina a regime dell'espulsione degli stranieri per motivi di prevenzione del
terrorismo, dato che la precedente disciplina, contenuta nel cosiddetto decreto Pisanu (144/2005) si applicava
«fino al 31 dicembre 2007», così come la necessità di estendere l'applicabilità di tali misure ai cittadini
comunitari. Inoltre nuovi motivi d'urgenza sarebbero rappresentati dalla necessità di introdurre una disciplina
sull'allontanamento dei cittadini comunitari per motivi imperativi di pubblica sicurezza. In secondo luogo il
decreto-bis sarebbe nei contenuti diverso dal precedente. Infine, parte della disciplina del decreto-bis sarebbe la
riproposizione di norme introdotte in fase di conversione (disciplina sostanziale dell'allontanamento dei cittadini
comunitari per motivi imperativi di pubblica sicurezza). Ci si riferisce alle norme sulla convalida da parte del
giudice delle misure di allontanamento, a quelle sulla determinazione dei motivi imperativi di ordine pubblico.
Nel contenuto il decreto legge in commento introduce modifiche al decreto Pisanu, 144/2005, disciplinante il
decreto di espulsione degli stranieri per motivi di prevenzione del terrorismo, introducendo per quest'ultimo
l'istituto della convalida da parte del giudice (articolo 1) e attribuendo la competenza per la convalida al tribunale
in composizione monocratica in questo come in tutti i casi di espulsione amministrativa (articolo 2). Il
provvedimento, inoltre, introduce l'istituto dell'allontanamento del cittadino dell'Unione europea per motivi di
prevenzione del terrorismo (articolo 3) e per motivi imperativi di pubblica sicurezza (articoli 4, 5, 6 e 7),
prevedendo, anche con riferimento a questi due istituti, la convalida da parte del giudice e attribuendo la
competenza per la convalida, anche in questo caso, al tribunale in composizione monocratica. Nel dettaglio il
decreto 249 rende immediatamente esecutivo il decreto di espulsione dello straniero disposto per motivi di
prevenzione del terrorismo, anche se l'interessato ha proposto ricorso. Il provvedimento deve essere convalidato
da parte del tribunale in composizione monocratica, che subentra al giudice di pace quale autorità giudiziaria
competente in tema di espulsione di stranieri e di allontanamento di cittadini europei. Anche nei confronti di
questi ultimi si introduce la regola dell'allontanamento immediato per motivi di prevenzione del terrorismo. In
tale caso a carico dell'interessato scatta il divieto di reingresso per una durata da cinque a dieci anni. L'interessato
non può fare ingresso nel territorio neanche nelle more del procedimento amministrativo di revoca, avviato su
sua richiesta. L'allontanamento immediato dei cittadini dell'Unione europea è previsto nel decreto anche per
motivi imperativi di pubblica sicurezza. In tale caso la motivazione è appunto quella dell'esistenza di una
minaccia concreta e attuale alla pubblica sicurezza, come la tenuta di comportamenti che costituiscono una
minaccia concreta, effettiva e grave alla dignità umana o ai diritti fondamentali della persona o all'incolumità
pubblica, i quali rendano urgente l'allontanamento. L'articolo 5 del decreto prevede in caso di violazione del
divieto di reingresso conseguente all'allontanamento la reclusione fino a quattro anni. Il decreto, infine, incardina
nel Tar Lazio la competenza sui ricorsi contro i provvedimenti di allontanamento dei cittadini comunitari per
motivi di terrorismo e nel tribunale territorialmente competente quelli relativi ai provvedimenti di
allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza. Antonio Ciccia
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Il 25/1 il comitato dei delegati esaminerà le tre proposte formulate dai gruppi di studio
La Cassa al bivio sulle pensioni
Dovrà scegliere tra il sistema retributivo e contributivo
Riforma delle pensioni, la Cassa forense è al bivio tra un sistema retributivo strutturato o un sistema di
calcolo contributivo. Tre le proposte in campo e il 25 gennaio il comitato dei delegati dovrà scegliere
una di queste per articolare una riforma che integri o superi (a seconda delle opzioni) quella varata il 17
marzo del 2006 basata tra l'altro sull'aumento dal 10 al 12% del contributo soggettivo e l'aumento dal 2
al 4% del contributo integrativo (bocciato dai ministeri vigilanti).
Il comitato dei delegati ha formato tre gruppi di lavoro al fine di individuare gli ulteriori interventi da
approvare rapidamente per garantire la sostenibilità economico-finanziaria del sistema previdenziale
forense nel lungo periodo, individuato dalla Finanziaria 2007 in almeno 30 anni. Tutti gli interventi
messi a punto dai gruppi di lavoro presuppongono l'indispensabilità, ai fini di un sufficiente
finanziamento, dell'aumento del contributo integrativo nella misura dal 2 al 4%, già deliberata dal
comitato dei delegati nel 2006. Tutti i gruppi si muovono nell'ambito del sistema di finanziamento a
ripartizione. Il primo gruppo di lavoro propone di proseguire e portare a termine l'intervento riformatore
già intrapreso, rimanendo nell'ambito del sistema di calcolo retributivo della pensione. La commissione
ha quindi elaborato una proposta di allungamento sino a 70 anni dell'età pensionabile, correlativamente
aumentando da 30 a 35 l'anzianità contributiva necessaria, garantendo un forte risanamento dei conti
sulla via del raggiungimento dell'equilibrio nel lungo periodo e della sostenibilità del sistema sino al
2050. Nel proporre un salto, apparentemente così ampio, la commissione ha considerato che una
larghissima percentuale degli avvocati ultra 65enni continua, con buon profitto, nell'attività sino almeno
a 70 anni e quindi un pur così cospicuo allungamento non dovrebbe trovare nella categoria eccessive
resistenze. Da altro punto di vista la commissione ha anche voluto tener conto delle istanze di coloro
che non se la fossero sentita di accettare un così cospicuo allungamento della vita lavorativa
predisponendo quindi un sistema flessibile che consentisse agli avvocati, raggiunta l'età di 65 anni, di
poter optare per il pensionamento anticipato pur continuando a rimanere iscritti all'Albo. Tale
prepensionamento dovrà avvenire però senza maggiori oneri per la Cassa, applicando cioè una
riduzione sul trattamento pensionistico che l'Ufficio attuariale interno ha calcolato essere nella misura
del 5% annuo. La commissione ha poi regolamentato il periodo transitorio. Quanto alle aliquote di
riferimento, si è proposto un accorpamento delle quattro aliquote vigenti (1,75 - 1,50 - 1,30 - 1,15)
riducendole a due: una all'1,50% fino ai del tetto e l'altra al 1,20% per il restante . La commissione ha
proposto un ulteriore ritocco al contributo di solidarietà da versare da parte dei pensionati che restano
iscritti pari al 5% contro il 4% già approvato entro il tetto e al 3%, come gli attivi, oltre il tetto. È
previsto un aumento del contributo soggettivo minimo e del contributo integrativo minimo. Per la
pensione di anzianità si è elevato da 35 a 40 anni il numero di anni di anzianità contributiva necessari al
conseguimento.
Il secondo gruppo di lavoro propone l'introduzione del metodo contributivo di calcolo della pensione
usufruendo del riferimento normativo di cui all'art. 3, comma 12, della legge 335/95. Il gruppo ha
previsto: l'aumento del contributo soggettivo attraverso un'aliquota variabile, determinabile, a scelta
dell'iscritto, fra un'aliquota minima del 12% e una massima del 20%; contributo integrativo minimo con
l'aliquota fissa del 2% ma con previsione di una maggiorazione straordinaria temporanea al 4%
destinata alla gestione finanziaria della fase di transito al metodo contributivo, all'assestamento del
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relativo equilibrio di bilancio e a interventi solidaristici in ottica di equità intra e intergenerazionale per
la stessa fase di transito; contributo transitorio di solidarietà, sul reddito eccedente il massimale
contributivo, a carico degli avvocati iscritti alla Cassa con conferma dell'aliquota del 3% per il periodo
contributivo dall'1/01/2009 al 31/12/2018, con riduzione dell'aliquota dell'1,50% per il periodo
dall'1/01/2019 al 31/12/2028 da destinarsi a fini solidaristici nella fase di transito dal sistema retributivo
a quello contributivo. Quindi questo 3% non partecipa, in alcun modo, sino al 2028, alla formazione del
montante contributivo. Il terzo gruppo di lavoro, sul presupposto che sia raggiunta la stabilità di mediolungo periodo, introduce accanto alla pensione calcolata con il metodo retributivo una pensione
modulare che si presenta come un nuovo strumento previdenziale, che unisce al versamento dei
contributi obbligatori destinati alla pensione retributiva alcuni contributi volontari, in misura
determinata dall'iscritto, e che gli consente di costruirsi nel tempo un trattamento pensionistico più
adeguato alle singole esigenze e comunque personalizzato attraverso un contributo soggettivo
obbligatorio modesto, per esempio del 2%, e uno volontario, più elevato.
I vantaggi della quota modulare della pensione sarebbero: totale deducibilità della contribuzione
obbligatoria e volontaria; deducibilità immediata e programmazione annuale delle fatture; possibilità di
modulare il versamento del contributo; nessun vincolo assoluto di continuità nei versamenti; erogazione
della quota di pensionamento modulare insieme a quella retributiva per rendimento minimo garantito
della Cassa di previdenza; trasparenza degli investimenti ed estratto conto personale; nessuna spesa di
erogazione per l'iscritto; esiguità delle spese di gestione assorbite in quelle generali della Cassa;
affidabilità della gestione alla stessa Cassa di previdenza.
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ITALIA OGGI
A lezione di marketing
Non dimenticate l'attenzione al marketing interno
Vi ricordate il racconto dell'artista che stava visitando la cattedrale di S. Paul durante la sua costruzione? Egli
chiese a uno dei muratori che cosa stesse facendo... e l'ovvia risposta fu: «Sto posando dei mattoni». Fece la
stessa domanda allo scalpellino, ai gessai ecc. A fine giornata l'artista notò una vecchia signora che spazzava il
sagrato e domandò anche a lei che cosa stesse facendo. «Sto contribuendo a costruire la casa di Dio», fu la
risposta.
Il vostro team è come questo? Vede solo i dettagli od opera avendo ben chiara la visione d'insieme?
Chi è preposto a gestire lo studio permette lo sviluppo di questo tipo di visione o ci sono abitudini e/o personalità
che fanno sentire i membri dello staff come persone di serie B confinate in un angolo?
Abbiamo incontrato di recente un office. Tutti i membri dello staff riconoscono il valore del contributo che
stanno dando allo studio? Immaginate che l'artista del racconto sia uno dei vostri clienti e che decida di girare da
un ufficio all'altro facendo ai componenti del vostro team la stessa domanda. Secondo voi risponderebbero: «Sto
contribuendo a creare un grande studio legale»? E adesso invece immaginate che siano i vostri dipendenti a
cominciare a chiedersi: «Che cosa diavolo sto facendo?». Un gruppo di associati senior di uno dei più prestigiosi
studi legali italiani si è fatto questa domanda quando si è trovato a lavorare regolarmente fino alle 4 del mattino.
Ora hanno un loro studio di successo e hanno un orario di lavoro normale, per non parlare del maggior PPP
(Profit Per Perspiration?!). Che traguardi (oltre agli ovvi obiettivi finanziari) ha raggiunto il vostro team (a
partire dai soci stessi fino al personale del back office) durante l'anno? Quali sono i suoi punti di forza e di
debolezza, le aree da migliorare? Di che capacità avrà bisogno per far progredire lo studio, per rendere efficiente
la sua gestione? Nuove tecniche organizzative, competenze linguistiche, capacità interpersonali... abilità
informatiche? Gli studi di solito aggiornano il loro programma Word a distanza di pochi anni per rimanere al
passo con i mutevoli bisogni della tecnologia. E voi avete aggiornato (preparato) con la stessa frequenza il vostro
staff in modo che possa affrontare i mutevoli bisogni dello studio? A livello interno, state lavorando in modo
efficiente come dovreste? Che cosa state facendo per dissuadere il vostro team dall'abbandonare la nave?
Rispondere sinceramente a queste domande fornisce allo studio un feedback dall'interno su ciò che funziona e
non funziona. Le verifiche indicheranno le aree in cui lo staff deve migliorare e forniranno informazioni sulle
aree in cui anche lo studio può perfezionarsi. Alle persone, a tutti livelli, piace sentirsi apprezzate per il loro
contributo. Un'atmosfera sana all'interno si respira anche all'esterno. Lo staff vi rimarrà fedele e sarà, essendone
consapevole o no, il vostro ambasciatore e la vostra forza di vendita implicita. D'altra parte, pensateci: non vi è
mai capitato di andare a una festa e sentire qualcuno parlare con entusiasmo del proprio lavoro? Questo è
passaparola... pubblicità... marketing... capite il legame?
L'interazione all'interno dello staff può anche avere degli impatti forti sul business. A tal proposito basti citare
l'aneddoto di quell'avvocato che davanti all'opportunità di presentare un nuovo cliente a due soci, uno dei quali
aveva di recente lasciato lo studio, decise di presentare il cliente proprio a quest'ultimo a scapito di quello con cui
stava lavorando, meno avvezzo a usare le buone maniere. Gli studi anglosassoni sono ben consapevoli del potere
che deriva dalla rete di conoscenze degli ex allievi. Il senior associate di quest'anno potrebbe diventare un
domani il giurista d'impresa di una delle Fortune500. Meglio non rompere i legami che potrebbero essere
potenziali opportunità di sviluppo in futuro.
Ringraziamo Sim di Legal marketing Italia per il prezioso aiuto che ci ha fornito per questo articolo e
continuiamo a raccogliere le vostre esperienze: se volete, potete inviare i vostri commenti e le vostre riflessioni a:
[email protected]. Giulia Picchi e Silvia Hodges
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ITALIA OGGI
ANTIRICICLAGGIO/ I chiarimenti del Mineconomia in una risposta
La riservatezza non si tocca
Una fiduciaria non può svelare per chi lavora
Il dlgs 231 di recepimento della terza direttiva antiriciclaggio non modifica in alcun modo il regime di
riservatezza tipica dell'attività delle società fiduciarie in quanto l'identità del soggetto per conto del
quale la società fiduciaria agisce non può mai essere resa pubblica. È quanto sostiene il Mineconomia
che ieri, per bocca del sottosegretario Alfiero Grandi ha risposto in sesta commissione senato a una
interrogazione di Giorgio Benvenuto. I dati relativi all'identità del cliente della società fiduciaria
devono essere acquisiti e trattati dall'intermediario, dalla banca, dal notaio, ecc. nel rispetto del segreto
bancario e professionale, al fine di valutare se l'operazione presenti o meno profili di sospetto
riciclaggio o finanziamento del terrorismo. La nuova normativa antiriciclaggio obbliga banche, sim e
sgr ad acquisire informazioni sul cosiddetto titolare effettivo per tale intendendosi la persona o le
persone fisiche per conto delle quali l'operazione o il contratto viene concluso. Nel raccogliere tali
informazioni sul titolare effettivo la banca dovrà quindi prestare particolare attenzione alla puntuale
osservanza di quanto previsto dal decreto antiriciclaggio in termini di trattamento riservato del dato che
dovrebbe essere conosciuto, sulla falsariga di quanto avviene per i conti cifrati svizzeri, soltanto da
poche persone all'interno dell'intermediario. È importante ricordare che la violazione della citata
speciale riservatezza comporta sanzioni in capo alla banca o al professionista sia di tipo penale che di
tipo civile. Il richiamo fatto dalla nota in commento all'osservanza da parte di chi viene a conoscenza
del nominativo del cliente della società fiduciaria del segreto bancario e professionale fa chiaramente
intuire, infatti, che la responsabilità in caso di comunicazione a terzi del nominativo del cliente della
società fiduciaria, ed in genere del titolare effettivo, è quella prevista dall'art. 622 cp che sanziona la
rivelazione del segreto professionale. Banche e intermediari, in attesa dell'emanazione dei regolamenti
con le modalità per trattare tali informazioni, dovranno pertanto adottare soluzioni organizzative
(fascicolo separato, database accessibile solo al direttore della banca, ecc.) che consentano di assicurare
un più elevato e comprovato livello di protezione. Fabrizio Vedana
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IL SOLE 24 ORE
Sperimentazioni. Protocollo in appello a Milano
Giudici e legali si alle alleano contro i processi-lumaca
Rito ambrosiano nel processo penale. Almeno nel caso degli appelli, che peraltro, stando ai dati diffusi
solo ieri dal ministero della Giustizia, si confermano uno dei maggiori settori di sofferenza. E
un’alleanza tra avvocati e magistrati per provare a restituire efficienza e velocità alle udienze penali.
«Un piccolo ma significativa progresso», lo ha definito il presidente della Corte d’appello di Milano
Giuseppe Grechi, ma il protocollo firmato ieri, in un’affollata Aula magna, dall’Ordine degli avvocati
di Milano, con il presidente Paolo Giuggioli, da Camere penali e Procura, si qualifica come una
collaborazione in condizioni di emergenza tra operatori di giustizia. Il testo dell’accordo tocca punti
nevralgici come l’istituzione di una corsia preferenziale per alcuni tipi di processo: la precedenza andrà
accordata ai procedimenti con detenuti, a quelli di pronta soluzione (è il caso di quelli destinati a
pronunce di «non doversi procedere») e a quelli in cui le parti sì rifanno a atti scritti, senza effettiva
discussione orale. E poi, con l’obiettivo di cancellare i tempi morti, è prevista l’anticipazione in una
data precedente all’udienza delle richieste di patteggiamento, formulate sulla base dell’articolo del
Codice di procedura penale, al Procuratore generale e la comunicazione delle proposte di accordo su un
modulo specifico al presidente del collegio giudicante. Il protocollo si fa carico poi anche dei
maxiprocessi, con la previsione di una prima udienza riservata alla sola verifica della regolare
costituzione delle parti e quindi delle altre successive udienze, a una distanza di tempo che permetta la
rinnovazione delle eventuali notifiche nulle; l’udienza dovrà poi anche essere precedente all’eventuale
scadenza dei termini di custodia cautelare. Viene poi introdotta la richiesta preventiva di un parere del
Procuratore generale suì ricorsi per incidente di esecuzione da depositare in cancelleria con un anticipo
di 10 giorni per consentire ai difensori il deposito di una memoria scritta, cui fare riferimento nel corso
dell’udienza. Numerosi anche i punti dedicati agli orari: le udienze non potranno iniziare dopo le 9,15 e
quelle in camera di consiglio saranno accorpate al termine della mattinata per renderle compatibili con
l’orario del personale di cancelleria. Previste poi l’istituzione di un servizio di interpreti con turni
quotidiani di reperibilità, la segnalazione da parte dei difensori nella prima pagina dell’atto di
impugnazione delle modifiche su nomine e domicilio dell’imputato, un percorso agevolato per la
liquidazione degli onorari per gratuito patrocinio. A vigilare, infine, sull’attuazione e l’efficacia del
Protocollo sarà un Osservatorio con rappresentanza mista avvocati-magistrati. Giovanni Negri
I contenuti dell’intesa
La corsia preferenziale. La precedenza deve essere assegnata, tra l’altro, ai processi peri quali non c’è una
regolare costituzione delle parti, a quelli con detenuti, a quelli per i quali è intervenuto il patteggia mento e a
quelli di pronta soluzione, come nel caso della conclusione di «non doversi procedere; infine andranno trattati in
via anticipata quelli in cui le parti si riportano ad atti scritti senza effettiva discussione orale
Il patteggiamento. Anticipazione in una data precedente l’udienza delle richiesta al Procuratore generale di
applicazione della pena e comunicazione su specifico modulo della proposta di accordo al presidente del collegio
giudicante
Interpreti e difensori. Istituzione di un servizio di interpreti con rotazione quotidiana di disponibilità che
potranno essere utilizzati da tutte le sezioni e previsione di un percorso agevolato per la liquidazione degli
onorari per gratuito patrocinio ccn l’introduzione di criteri forfetari per tipologia di processo
Gli orari. Le udienze non potranno iniziare dopo le 9,15 e quelle in camera di consiglio saranno accorpate al
termine della mattinata per renderle compatìbili con l’orario del personale di cancelleria
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ITALIA OGGI
Magistrati di collegamento Italia-Romania
Si stringe la cooperazione giudiziaria fra l'Italia e la Romania. Grazie agli scambi di magistrati di
collegamento. Il ministero della giustizia e l'omologo romeno hanno siglato un accordo grazie al quale
intendono migliorare l'efficacia della cooperazione giudiziaria tra i due paesi, soprattutto per prevenire
e contrastare le forme gravi della criminalità transnazionale.
Nell'attuazione dell'Azione congiunta del 22 aprile 1996 adottata dal Consiglio ai sensi dell'articolo K.3
del Trattato sull'Unione europea, relativo alla creazione di un quadro per lo scambio di magistrati di
collegamento.
In particolare sarà compito dei magistrati di collegamento adempiere alle attività che favoriscono e
accelerano, specialmente tramite i contatti diretti con i servizi competenti e con le autorità giudiziarie
dello stato ospitante, tutte le forme di cooperazione giudiziaria civile e penale.
I magistrati di collegamento potranno dunque svolgere anche attività mirate a garantire le funzioni di
scambio di informazioni e statistiche, al fine di favorire la conoscenza reciproca dei sistemi giuridici dei
due paesi, delle banche di dati giuridiche, nonché i rapporti fra le professioni giuridiche tra i due paesi.
Il paese ospitante metterà perciò a disposizione del magistrato di collegamento inviato tutte le
agevolazioni, che includono l'uso dello spazio e dei servizi di telecomunicazioni, nonché tutto il
sostegno per qualsiasi azione destinata a raggiungere gli obiettivi dell'accordo di cooperazione.
Secondo il ministro per la giustizia romeno, Tudor Chiuariu, «entrambi i governi hanno affrontato il
problema con la serietà e concretezza necessarie. Sono stati avviati molti contatti bilaterali, sfociati nel
lancio di questo progetto comune di cooperazione giudiziaria che prevede, tra l'altro, un interscambio
anche di forze di polizia tra i due paesi».
Altro frutto importante sottolineato da Chiuariu «è l'accordo sul trasferimento delle persone
condannate». In questo modo la cooperazione giudiziaria tra i due paesi dovrebbe scattare in avanti in
termini di efficacia. «Ciò che conta di più è lavorare insieme», ha aggiunto Chiuariu. «Per quanto
riguarda l'integrazione dei rom, i nostri due capi di governo si sono già mossi istituendo anche un
gruppo di lavoro bilaterale».
I progressi della riforma giudiziaria avviata in Romania, comunque, procedono in maniera non del tutto
spedita. Chiuariu ha presentato al Consiglio dei ministri il disegno per i nuovi codici di procedura
penale e civile, con l'obiettivo di sanare uno dei problemi più pesanti, quello della durata media dei
procedimenti giudiziari.
L'intenzione è quella di distinguere tra casi più e meno gravi, in modo da agevolare e rendere più
efficiente il lavoro dei magistrati, in particolare nei processi d'appello. C'è anche il progetto di eliminare
la «sospensione in via cautelativa» in attesa del giudizio della Corte costituzionale, dando ai magistrati
la facoltà di scegliere se sospendere o meno il procedimento in corso.
In termini di collaborazione con altri paesi dell'Ue, quella con l'Italia sembra la migliore come stato
d'avanzamento. Gli unici paesi con i quali la Romania partecipa a indagini congiunte, infatti, risultano
la stessa Italia e la Francia.
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