UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MACERATA Anno 2011

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MACERATA Anno 2011
 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MACERATA
Dipartimento di Scienze dell’Educazione e della Formazione
Corso di Dottorato di Ricerca in
Scienze psicologiche, sociologiche e dell’e-learning
Curriculum
Scienze psicologiche
LA CONTRARIETA’ PERCETTIVA
NELL’ESPERIENZA SPAZIALE DI SOGGETTI CIECHI CONGENITI
Tutor
Dottoranda
Chiar.ma Prof. Ivana Bianchi
Catia Fronzi
Coordinatore
Chiar.mo Prof. Andrzej Zuczkowski
CICLO XXIV
Anno 2011
a Conni, mia figlia
Il buio è uno spazio (Evgen Bavčar)
Indice
CAP. 1 - Il quadro di riferimento: introduzione alla percezione
dello spazio nei vedenti e non vedenti
1.1.
La condivisione delle dimensioni spaziali e della loro struttura bipolare 11
1.2.
Modelli di confronto tra il sistema percettivo dei vedenti e dei non
vedenti nella letteratura contemporanea 13
1.3.
Sistemi percettivi aptici a confronto: tatto senza vista o tatto
variamente accompagnato dall’esperienza visiva? 22
1.4.
Contrarietà spaziale embodied?
25
CAP. 2 - Contrarietà ed esperienza fenomenica di spazio nei
vedenti
2.1.
La relazione di contrarietà
27
2.2.
La ricerca di partenza: note metodologiche
29
CAP. 3 - Analisi della contrarietà nell’esperienza spaziale di
ciechi congeniti
3.1.
Obiettivi e ipotesi della ricerca
33
3.2.
Metodo
34
3.2.1.
Partecipanti
34
3.2.2.
Procedura
35
3.2.3.
Materiale
36
3.3.
Risultati
39
3.3.1.
Condivisione delle dimensioni
39
3.3.1.1.
Condivisione delle dimensioni appartenenti alla classe della quantità
43
3.3.1.2.
Condivisione delle dimensioni appartenenti alla classe della forma
56
3.3.1.3.
Condivisione delle dimensioni appartenenti alla classe della posizione
64
3.3.2.
Importanza delle dimensioni
68
3.3.3.
Anisotropia dei poli
71
3.3.4.
Risultati: analisi metrica delle dimensioni
74
3.3.4.1.
Asimmetria nell’estensione dei due poli
74
3.3.4.2.
Confronto tra asimmetria metrica dei poli non vedenti versus ciechi
congeniti
77
3.3.5.
Risultati: analisi topologica delle dimensioni
83
3.3.5.1.
C’è una caratterizzazione “tipica” delle tre componenti (polo A,
intermedi e polo B) per le tre classi di contenuto considerate?
83
3.3.5.2.
La distribuzione delle risposte è simmetrica per i due poli?
84
3.3.5.3.
Osservando i comportamenti delle dimensioni all’interno di ogni
classe, cosa emerge? Quali le dimensioni che hanno un pattern ( per
polo A, B e gli intermedi) ben differenziato?
88
3.3.5.3.1
.
Dimensione della classe quantità/estensione
88
3.3.5.3.2
.
Dimensione della classe della forma
93
3.3.5.3.3
.
Dimensione della classe della posizione
97
CAP. 4 – Conclusioni: lo spazio fenomenico dei ciechi congeniti
in relazione a quello dei vedenti
4.1.
Somiglianze e differenze relative a quali dimensioni bipolari danno
forma a questo spazio 100
4.2.
Considerazioni finali sulla struttura delle dimensioni bipolari 106
4.3.
Conclusioni 113
Bibliografia 117
Appendice 125
La contrarietà percettiva
nell’esperienza spaziale di soggetti ciechi congeniti
CAP. 1 - Il quadro di riferimento: introduzione alla percezione
dello spazio nei vedenti e non vedenti
1.1. La condivisione delle dimensioni spaziali e della loro struttura
bipolare
L’orizzonte teorico più ampio in cui si inserisce il presente lavoro è la
fenomenologia sperimentale della percezione (Bozzi,1989), in particolare
quegli studi sperimentali sulle relazioni percettive della Gestalt-theorie
(Köhler, 1929; Koffka, 1935; Wertheimer, 1923; Bozzi, 1969) che si
intersecano con gli studi di Howard e Templeton (1966) e Gibson (1966,
1979), secondo cui la percezione diretta di relazioni, da un lato, e l’esperienza
diretta di spazio (con le sue anisotropie e polarizzazioni), dall’altro, sono due
primitivi nell’esperienza fenomenica dell’individuo.
Studi più recenti condotti da Savardi e Bianchi (2000) hanno chiarito quali
sono le proprietà che strutturano l’esperienza percettiva dello spazio o che
“mappano” percettivamente lo spazio nei soggetti normodotati. I risultati
hanno evidenziato che 74 sono tali proprietà e che esse individuano 37
dimensioni bipolari (strutture / organizzazioni polarizzate e graduate) spaziali
di base. A partire da ciò si può affermare i) che la percezione dello spazio si
organizza secondo strutture di contrarietà e ii) che la contrarietà risulta essere
una relazione saliente nell’organizzazione ecologica dello spazio fenomenico,
così come è stato via via sempre meglio chiarito in lavori sperimentali di
fenomenologia della percezione (Bianchi e Savardi, 2002, 2008) e di
psicofisica fenomenologica (Bianchi, Savardi e Kubovy, 2011; Burro, 2009).
Gli studi sperimentali che costituiscono il riferimento diretto del presente
lavoro di ricerca sono centrati sulla percezione dello spazio in presenza della
modalità sensoriale visiva. In letteratura (Freides, 1974; Hatwell, 1986;
Hatwell, Streri e Gentaz, 2003; Lederman e Klatzky, 1993; Pick, 1974) è stato
sottolineato come questa modalità sarebbe più funzionale alla elaborazione
delle proprietà spaziali dell’ambiente rispetto alle altre modalità, anche al
sistema tattile, a motivo delle sue caratteristiche strutturali e funzionali
principalmente riassumibili nel fatto che la vista condiziona l’udito e la
11 propriocezione nei compiti di localizzazione, consente una percezione
simultanea dell’ambiente e quindi dello spazio come un tutto, consente una
percezione distale ed è in grado di estrarre un maggior numero di
informazioni dall’ambiente dato che tutti gli oggetti hanno proprietà visive,
ma non tutti uditive.
Lo scopo del presente progetto di ricerca è stato quello di verificare se
l’organizzazione per contrari delle qualità percettive dello spazio emersa con i
soggetti normodotati e quindi in presenza del sistema visivo persista anche
nell’esperienza fenomenica dello spazio tattile di soggetti totalmente privi di
sistema percettivo visivo (ciechi congeniti). Questo permette di verificare la
generalizzabilità dei risultati emersi con soggetti vedenti, avvalorando (se ciò
dovesse accadere) l’ipotesi che la contrarietà sia:
-una struttura fenomenica di organizzazione della percezione spaziale (non
solo della percezione visiva ma anche tattile),
- quindi comune a diversi sistemi sensoriali (intermodalità sensoriale),
- e ciò suggerirebbe che essa possa essere dipendente dall’organizzazione
corporea
della
percezione
(embodiement)
più
che
strettamente
dall’organizzazione visiva.
Sul piano sperimentale il contenuto del presente lavoro consiste
nell’analisi, con partecipanti ciechi congeniti, della struttura fenomenica di un
numero significativo delle 37 coppie di qualità contrarie con cui i normodotati
mappano lo spazio fenomenico (emerse in Savardi e Bianchi, 2000; Bianchi et
al., 2011).
Una prima fase pilota dell’esperimento (condotta con due partecipanti
cieche congenite laureate rispettivamente in psicologia e scienza della
formazione) ha confermato a livello generale la sensatezza del confronto. Le
due partecipanti alla fase pilota, invitate a una ricognizione libera delle
proprietà fondamentali del loro spazio fenomenico (secondo una procedura
simile a quelle usata nella fase preliminare dei citati lavori con soggetti
vedenti), hanno fatto riferimento ad esperienze spaziali compatibili, almeno
sul piano linguistico, con quelle dei vedenti, dato che spontaneamente hanno
utilizzato gli stessi termini con cui i soggetti vedenti avevano indicato le
qualità spaziali fondamentali. Allo stesso tempo hanno offerto informazioni
12 utili per limitare quantitativamente la lista di coppie da testare, facendo
attenzione a non escludere classi di proprietà salienti.
Si è proceduto quindi, con un campione di 10 ciechi congeniti, allo studio
sia della condivisibilità che della valutazione della importanza fenomenica
delle dimensioni indicate dai vedenti e alla identificazione della struttura
topologica e metrica di queste dimensioni, affidata a compiti che
consentissero un confronto diretto con i dati emersi dal campione di vedenti.
1.2. Modelli di confronto tra il sistema percettivo dei vedenti e dei non
vedenti nella letteratura contemporanea
In un senso più generale, il presente studio si inserisce quindi in
quell’ambito
di
indagine
teorico
e
sperimentale
che
riguarda
le
differenze/invarianze fra sistemi percettivi di vedenti e non vedenti, o in altri
termini fra percezione visiva e tattile.
Questo è un campo di ricerca che è stato affrontato da diversi punti di
vista. Ci sembra che in generale emergano tre diversi approcci.
Un primo approccio, teorico-epistemologico, è quello sviluppato da Heller
(2000) che offre una esposizione accurata e chiara dei problemi, dei possibili
approcci e delle relative conseguenze in tema di equivalenza e relazione
intermodale fra i sensi.
Un diverso intento, che potremmo dire sistematico-applicativo, è invece
quello che sottostà ai lavori di Millar (1978, 1981a) il quale, muovendo
dall’ipotesi di intermodalità percettiva, giunge nel 1994 alla elaborazione
generale del Convergent Active Processing Interrelated Network (CAPIN).
Secondo questo modello il sistema di codifica spaziale è una strategia
percettiva che può essere formalmente rappresentata da reti interconnesse
(integrate),
convergenti
e
in
costante
attività
di
cambiamento
nell’elaborazione dei processi percettivi, per cui le interconnessioni fra reti
non funzionano solo secondo un condizionamento gerarchico dall’alto o dal
basso, ma sono condizionate anche da interconnessioni laterali1. La teoria
1
“ The assumption that I am making can be represented formally by convergent, constantly active
and changing in interrelated networks of processing of processes”. “It assumes that the
interrelated networks are not confined to functioning hierarchically in up or down direction, but
are influenced also by lateral interconnections” (Millar, 1994; p 17)
13 CAPIN è un modello di percezione a reti multisensoriali interconnesse che
mette in discussione radicale la concezione secondo la quale ci sarebbe una
modalità sensoriale (quella visiva) dominante nei compiti di percezione e
cognizione spaziale e offre un modello che si avvale di una serie di prove
sperimentali che spiegano quanto il sistema tattile (indagato perlopiù con
bambini ciechi) sia funzionale all’esperienza spaziale dei ciechi. La
valutazione di ogni performance tattile nei processi di codifica spaziale
(spatial encoding) va infatti considerata secondo Millar e Ungar (2000) a
partire dalla considerazione di alcuni elementi fondamentali:
a) il sistema di riferimento: egocentrico (body-centred) o
allocentrico (external framework). Mentre entrambi i sistemi di riferimento
sono essenziali nella percezione spaziale dei vedenti (e.g. Byrne e Becker,
2008; Klatzky, 1998; Mou, McNamara, Valiquiette e Rump, 2004; Mou,
McNamara, Rump e Xiao, 2006), le performance tattili sono invece
prevalentemente body-centred, per ovvi motivi.
b) l’estensione dello spazio percettivo (small-scale/large-scale
familiary/unfamiliary). In un sistema di riferimento egocentrico uno spazio su
piccola-media scala, cioè che non preveda uno spostamento del corpo per
l’esplorazione, consente un assetto percettivo stabile. In un sistema di
riferimento allocentrico la stabilità non è di per sé vincolata alla piccolamedia scala. Negli spazi ad ampia-scala, per i ciechi diventa rilevante la
familiarità dello spazio che consente la costruzione di mappe spaziali che
nella scansione tattile necessitano di un tempo molto lungo. Infatti gli studi di
Casey (1978) in cui si chiede ai partecipanti ciechi di riprodurre la loro scuola
in modello con le costruzioni, e di Ungar, Blades e Spencer (1996b) in cui
viene chiesto ai ciechi di produrre giudizi di stima delle distanze fra nove
punti di riferimento localizzati attorno alla loro scuola, utilizzano come spazi
ad ampia-scala ambienti di cui i partecipanti hanno esperienza percettiva
quotidiana. La questione che si apre è se la familiarità, estesa su tempi lunghi,
con spazi ad ampia-scala favorisca la costruzione di mappe spaziali che
includono riferimenti cognitivi allocentrici.
Zuidhoek (2005) ha condotto una serie di studi in cui venivano testate le
performance di early blind (ciechi precoci, cioè che hanno perso la vista entro
14 i tre anni d’età, e simili per prestazioni ai ciechi congeniti), late blind (ciechi
tardivi, che hanno perso la vista dopo i tre anni), e blindfolded (soggetti
vedenti bendati) in un compito che richiedeva di riprodurre un orientamento
parallelo a quello di una barra di riferimento variando (entro i soggetti) in
ciascuno dei tre gruppi sia il grado di orientamento della barra di riferimento
che il tempo di risposta, che poteva essere di 0 sec o differita di 10 sec. Il
setting prevedeva due barre di acciaio orientabili all’interno di un goniometro
graduato, posto su di un tavolo di fronte al quale, in posizione mediana
rispetto ai due stimoli, era posto il partecipante che doveva esplorare
tattilmente con la mano sinistra per 1 secondo la barra sinistra e a partire da
un input dello sperimentatore (dopo 0 secondi o dopo 10 secondi) doveva
posizionare la barra test (la destra) con la mano destra in modo parallelo a
quella di riferimento in 1,4 secondi. I risultati hanno rivelato che i ciechi
precoci (gruppo comparato ai congeniti, come sopra spiegato) erano l’unico
gruppo le cui performance non miglioravano quando la risposta veniva tardata
(differita), mentre sia il gruppo dei late blind che quello dei blindfolded
avevano migliorato le performance quando la risposta veniva differita. In
studi precedenti (Zuidhoek et al., 2003) condotti con soggetti blindfolded il
ritardo di 10 secondi nelle risposte produceva performance migliori e questo
era stato interpretato come un tempo in cui il partecipante passava da una
struttura di riferimento egocentrica (poco adeguata per il compito di
orientamento) ad una struttura di riferimento allocentrica (più adeguata) in
ragione del fatto che Rossetti, Gaunet e Thinus-Blanc (1996) avevano
condotto studi molto simili (su set sperimentali identici) con particolare
attenzione all’assetto propriocettivo e mostrando che i ciechi congeniti e
precoci non effettuano la transizione dalla struttura di riferimento egocentrica
a quella allocentrica. Alla luce di questi risultati Zuidhoek ipotizza che se il
gruppo dei precoci è l’unico a non migliorare la performance a seguito della
risposta ritardata questo avviene perché gli early blind non passano da
struttura egoriferita a alloriferita. Gli argomenti qui esposti farebbero
ipotizzare inoltre - e considerato che i late blind lo fanno - che l’abilità di
passare da una struttura di riferimento egocentrica ad una allocentrica sia
collegata ad una funzione primaria della vista.
15 Quando lo spazio ad ampia-scala non è familiare, ma sperimentale - come
quello degli studi di Hill et al. (1993) e Gaunet e Thinus-Blanc (1997) che
prendono in esame le strategie di esplorazione usate dai ciechi per apprendere
la disposizione di quattro oggetti dislocati in una stanza non familiare - le
prestazioni nei test di conoscenza della disposizione allocentrica evidenziano
una relazione significativa con il tipo di strategia usata per l’esplorazione del
setting sperimentale. Entrambi gli studi citati (Hill et al. 1993, e Gaunet e
Thinus-Blanc, 1997) hanno identificato una serie precisa di strategie
esplorative2 delle quali quella definita del perimetro (camminare lungo il
bordo dell’ area per individuarne forma, ampiezza e caratteristiche
fondamentali) e quella della griglia (esplorare gli elementi interni di un’area
per conoscerne le relazioni reciproche attraversandola da un lato all’altro
secondo percorsi diritti), se usate isolatamente, producono una buona
conoscenza della collocazione del singolo oggetto. In un compito di
conoscenza spaziale integrata (tipo mappa), invece, i partecipanti che hanno
usato la strategia del perimetro hanno prodotto performance più scarse. Si è
rilevato inoltre che i ciechi precoci preferiscono la strategia ciclica (esplorare
a turno ciascun oggetto e poi tornare al primo) mentre i ciechi tardivi e i
vedenti bendati tendono ad usare la strategia dell’indietro-avanti fra due
oggetti. La strategia ciclica ha prodotto performance più scarse essendo alla
base di una conoscenza sequenziale dello spazio, mentre l’avanti-indietro ha
prodotto performance migliori e una conoscenza spaziale integrata.
c)
le
abilità
cognitive
richieste
dal
compito
spaziale
(memory/inferential/mental-rotation). La rotazione mentale e l’inferenza
spaziale comportano un carico cognitivo maggiore quando il sistema di
riferimento percettivo è egoriferito piuttosto che quando il sistema di
riferimento è esterno (allocentrico). Questo risultato è emerso inizialmente
dagli studi condotti da Ungar et al. (1995b) e poi ripetuti da Gaunet e ThinusBlanc (1997) in cui è stato chiesto a bambini ciechi e ipovedenti (14 congeniti
e 15 ipovedenti, divisi in due gruppi di età media 12 anni e 10 anni) di
esaminare e quindi riprodurre un layout di forme sia nella stessa posizione sia
2. Per una visione dettagliata delle strategie di esplorazione spaziale individuate da Hill, et al. (1993) e
Gaunet & Thinus-Blanc (1997) rinvio a Ungar (2000. p6 del draft).
16 in una nuova posizione, ruotata di 90˚. All’interno di una scatola venivano
presentate set di 1, 3 o 5 forme di 2 cm colorate di verde (per gli ipovedenti)
disposte in un determinato modo rispetto a caselle costituite da cerchi di carta.
Quando il bambino dichiarava di aver finito l’esplorazione gli veniva chiesto,
o immediatamente o dopo una conversazione di un minuto con lo
sperimentatore, di riprodurre la stessa disposizione degli oggetti, in modo
identico o ruotato di 90˚, nel coperchio della scatola che aveva le stesse celle
dell’interno. Le strategie di esplorazione dei bambini sono state esaminate in
relazione alla loro performance. L'analisi ha mostrato che la performance dei
bambini che hanno adottato una strategia che relaziona oggetti tra loro e/o con
il bordo del display sono state meno colpite dalla rotazione rispetto a quelle
dei bambini che hanno appreso le posizioni degli oggetti semplicemente
toccandoli ognuno ripetutamente. In generale, la rotazione ha inciso
maggiormente nelle performance dei bambini ciechi, (con una differenza
media di errori tra 4.50 per allineato e 7.62 per ruotato [F (1,25) = 49.47, p <
0.001]. Un terzo approccio allo studio comparato del sistema visivo in soggetti
vedenti e non vedenti è quello che potremmo definire strettamente
sperimentale. Un primo buon esempio di questo approccio è rappresentato dal
lavoro di Bliss, Kujala e Hamalainen (2004) in cui vengono comparate le
performance di riconoscimento delle lettere in un compito di n-back working
memory fra un gruppo di partecipanti ciechi e uno di normodotati.
L’esperimento prevedeva due fasi: 1) riconoscimento di lettere in rilievo
percepite tattilmente sia dal gruppo dei ciechi che dal gruppo dei vedenti,
compito questo in cui il gruppo di ciechi risultava facilitato dalla esperienza
nell’esplorazione tattile; 2) riconoscimento di lettere secondo la modalità
sensoriale di ciascun gruppo (in Braille per i ciechi, sullo schermo di un
computer per i vedenti). E’ risultato che i partecipanti ciechi, esperti di
percezione tattile, hanno dato risposte più performanti e statisticamente
migliori rispetto a quelle fornite dai vedenti nella prova tattile delle lettere a
rilievo (compito 1). I partecipanti vedenti hanno invece prodotto un numero
maggiore di risposte corrette nel compito visivo rispetto a quelle dei
partecipanti ciechi nella prova delle lettere in rilievo. Tuttavia non sono
17 emerse differenze apprezzabili tra le performance visive dei vedenti e quelle
tattili dei ciechi nella prova del Braille; il che tra l’altro va nella direzione
degli studi di Millar (1985) secondo i quali se lo spazio è proposto su piccola
scala (near) il sistema di riferimento percettivo centrato sul proprio corpo è
affidabile: in queste condizioni, soprattutto se il compito è familiare, il
sistema tattile funziona bene tanto quanto quello visivo. Avremo modo di
vedere con il nostro studio quanto questi risultati trovino riscontro anche nello
spazio fenomenico che risulta dall’analisi qualitativa dei dati emersi con
ciechi congeniti.
Un altro esempio di confronto sperimentale tra presentazioni di vedenti e
non vedenti è rappresentato dagli studi di Occelli, Spence e Zampini (2008) e
di Occelli (2010) sul fenomeno del ventriloquismo audiotattile in soggetti
normodotati e menomati della vista. Il fenomeno si riferisce a quando due
stimoli (generalmente visivo e uditivo; in questo caso specifico uditivo e
tattile) hanno dislocazioni spaziali diverse e uno di questi assume
predominanza sull’altro nella ubicazione spaziale. Il setting sperimentale era
composto da 3 altoparlanti dislocati di fronte al partecipante al centro e ad
entrambi i lati della sua testa; sotto ciascun indice del partecipante c’era una
assicella che produceva uno stimolo tattile. I compiti erano di localizzazione
di coppie di stimoli uditivo-tattili di cui a turno alternativamente uno stimolo
(tattile o uditivo) costituiva il target mentre l’altro (uditivo o tattile) costituiva
il distractor (presentati in una modalità inversa: quando il target era uditivo, il
distractor era tattile e viceversa). Si è testato: 1) la situazione in cui il target è
coerente spaziotemporalmente con il distractor 2) la situazione in cui il target
è incongruente spaziotemporalmente con il distractor 3) la postura delle mani
incrociata sui tasti di stimolazione tattile rispetto alla linea di simmetria del
corpo. I ricercatori hanno trovato un effetto di cattura intermodale
significativo con un effetto di interferenza più pronunciato dei distrattori
uditivi piuttosto che tattili nella discriminazione delle direzioni, rispetto a
quando il compito veniva eseguito con modalità sensoriali invertite.
L’ampiezza dell’effetto di interferenza intermodale variava a seconda della
postura delle mani e della condizione visiva del partecipante. In particolare è
emerso che quando il target era tattile e le mani erano incrociate i partecipanti
18 vedenti o ciechi tardivi venivano condizionati dal distrattore, mentre nei
ciechi congeniti la capacità di discriminare gli stimoli rimaneva inalterata.
Nella condizione del target uditivo i ciechi mostravano performance sempre
migliori dei vedenti. Nella condizione in cui il target uditivo era in
coincidenza temporale con i distrattori tattili, il cambiamento della posizione
delle mani influenzava negativamente la performance dei vedenti, ma non
quella dei ciechi (sia late che early che congenital). A partire da questi dati gli
autori hanno concluso che l’effetto del ventriloquismo audio-tattile si
dimostra attivo in un sistema di coordinate esterne piuttosto che in una
rappresentazione dello spazio anatomicamente centrata, infatti il gruppo dei
deprivati della vista mostrava capacità significativamente più alta nella
localizzazione corretta dei suoni presentati simultaneamente con gli stimoli
tattili. I risultati relativi a questa performance in condizione di mani incrociate
sembrano suggerire una discrepanza nella struttura di riferimento con la quale
i due gruppi si relazionavano al compito: i vedenti tendevano a rispondere
secondo un sistema di riferimento esterno (allocentrico), i ciechi tendevano a
dare risposte riferite a un sistema di riferimento anatomico (egocentrico).
Sempre in questa linea di indagine sperimentale, Cattaneo, Fantino, Tinti,
Pascual-Leone, Silvanto e Vecchi (2010) hanno studiato, in compiti di
memorizzazione, l’incidenza della simmetria verticale ed orizzontale in
partecipanti normodotati e ciechi congeniti. Ai soggetti ciechi precoci (early
blind) e vedenti bendati (blindfolded) veniva chiesto di esplorare apticamente
e di memorizzare una serie di celle target presentate su una matrice
bidimensionale 7x7. In certe condizioni la configurazione complessiva creata
dalle celle target era simmetrica o sull’asse verticale o sull’asse orizzontale
della matrice. I partecipanti non erano informati che in alcune prove le
configurazioni erano simmetriche. Ne è risultato che 1) sia i vedenti bendati
che i ciechi congeniti si sono trovati meglio nel ricordare la collocazione delle
celle target quando le configurazioni erano simmetriche in confronto a quando
invece non lo erano; 2) la performance dei vedenti bendati era
significativamente migliore quando le configurazioni erano simmetriche in
verticale piuttosto che in orizzontale; 3) nessuna differenza è invece emersa
nei ciechi a proposito dell’orientamento dell’asse di simmetria. I risultati
19 suggeriscono che la simmetria funziona nel cieco come un principio gestaltico
di organizzazione percettiva malgrado alcune specifiche limitazioni che
dipendono dall’assenza di esperienza visiva. Inoltre suggeriscono che la
salienza percettiva della dimensione verticale è fondata sulla vista; e anche
questo risultato trova riscontro, come vedremo, nel presente lavoro.
Ho scelto di indicare questi tre studi sperimentali fra quelli che in questo
campo sono stati prodotti in tempi recenti, nonostante essi descrivano aspetti
tra loro molto diversi della percezione spaziale e diversi, per contenuto, anche
dall’oggetto della presente ricerca, perché mostrano una omologia
metodologica tra loro, che è comune anche con il nostro lavoro: uno stesso
fenomeno percettivo (riconoscimento, ventriloquismo audio-tattile, simmetria
verticale/orizzontale) viene testato sia su un campione di soggetti normodotati
che su soggetti ciechi con modalità il più possibile corrispondenti.
Similmente agli studi sopra citati, anche la presente tesi muove
dall’interesse di verificare se l’esperienza fenomenica di spazio dei ciechi
congeniti differisca da quella dei vedenti, in particolare rispetto all’essere
entrambe organizzate o no secondo strutture contrarie e all’analisi delle
caratteristiche specifiche di queste strutture. E similmente agli studi sopra
citati, non risolve questa verifica in termini puramente teorici, ma la affronta
sperimentalmente, riservandosi poi di trarre alcuni suggerimenti teorici a
partire dai risultati raccolti. Non ha quindi un intento puramente teorico, ma
tuttavia non si colloca neppure fra quegli studi sperimentali che focalizzano
un singolo fenomeno percettivo, studiandolo in un setting sperimentale creato
ad hoc. Nel presente lavoro, infatti, sono state studiate le dimensioni che
saturano l’esperienza percettiva dello spazio ecologico di vita, le qualità che
ciascun soggetto incontra nell’esplorazione sensoriale dello spazio che gli sta
attorno; quindi “sotto osservazione non è uno spazio a priori , ma l’esperienza
di un ambiente spaziale” (Savardi e Bianchi, 2000, p. 57). Il carattere
ecologico dell’approccio avvicina questo studio a quelli sistematici di Millar,
ripresi e condivisi da Ungar e Zuidhoek che hanno posto l’attenzione sugli
aspetti cognitivi e comportamentali alla base della percezione e cognizione
visuo-tattile dello spazio. L’approccio fenomenologico-sperimentale adottato
in questo lavoro si traduce però anche in una forte differenza rispetto a questi
20 lavori sia rispetto ai livelli di indagine che agli strumenti metodologici
utilizzati. Nella discussione dei risultati (cap. 3.), si constaterà come i risultati
emersi da questo studio fenomenologico-sperimentale si intersechino
comunque bene con i risultati degli studi cognitivo-comportamentali.
Più specificatamente, rispetto ai contenuti della presente ricerca va
sottolineato che non ci sono in bibliografia lavori che abbiano affrontato
direttamente la questione se la percezione dello spazio nei ciechi congeniti si
strutturi per coppie di contrari o secondo dimensioni bipolari3; pertanto, lo
studio che qui è stato condotto è da considerarsi esplorativo. Piuttosto ci sono
diversi lavori come quelli richiamati sin qui ed altri (es: Ballesteros 1992;
1998, Ruggiero, Ruotolo e Iachini, 2009; Heller, Calcaterra, Burson e Green,
1997) che presuppongono la contrarietà nei fenomeni percettivi che studiano
o nei metodi di indagine che utilizzano. Per esempio gli studi sulla simmetria
percettiva condotti con metodo comparativo o nel confronto tra modalità
visiva vs. tattile (Ballesteros 1998) o tra sistema tattile dei normodotati vs.
ciechi (Millar 1981a, 1981b, 1985; Cattaneo et al., 2010) di fatto lavorano
sulle dimensioni fenomeniche del lontano-vicino, asimmetrico-simmetrico,
verticale-orizzontale, destra-sinistra che sono elementi delle classi di
dimensioni bipolari analizzate in questo studio. Proprio questa struttura che
organizza per contrari le percezioni spaziali, spesso implicita nei fenomeni
percettivi indagati dalla ricerca sui non vedenti e “usata” nella predisposizione
del setting sperimentale, è l’oggetto esplicito di questo lavoro.
Se questo aspetto contenutistico è un primo elemento di diversità e novità
del nostro lavoro, un ulteriore elemento di differenza e novità riguarda
l’approccio metodologico utilizzato. Come emerge anche dagli studi fin qui
citati, la tendenza è quella di isolare un singolo aspetto dell’esperienza
spaziale “indicativo” o “critico” nel confronto normodotati vs. ciechi. Di
questo tipo sono anche gli studi sulla percezione tattile di alcune illusioni
geometriche (Hatwell, 1960; Casla, 1999; Gentaz e Hatwell, 2004b; Suzuki e
Arashida, 1992) o gli studi comparati di vista vs. tatto in singole illusioni
percettive come l’illusione di Müller-Lyer (Heller et al. 2002; Gentaz, Camos,
Hatwell e Jacquet, 2004a) e l’ illusione orizzontale-verticale (Heller e Joyner
3
La consultazione delle banche dati Psychinfo, Ebsco per la ricerca con keyword spatial
contraries o opposites in congenital blind o blindness o blind produce zero records.
21 1993). Anche negli studi già citati di Casey (1978) e Ungar (1996b) in cui si
studia l’esperienza ecologica di spazio, si analizza di fatto una esperienza
ecologica (circoscritta limitatamente all’ambiente della scuola, nel caso
specifico). La nostra indagine si rivolge, invece, ad un numero esteso di
qualità che nella loro complessità descrivono l’esperienza ecologica di spazio,
ricca e numericamente complessa. L’ecologicità della ricerca è legata, oltre
che al numero, anche al tipo di esperienze analizzate: dimensioni
dell’esperienza quotidiana e familiare dello spazio, piuttosto che stimoli
costruiti ad hoc; per cui, ad esempio, se la simmetria in Heller (2000) viene
studiata in riferimento ad uno specifico set sperimentale di stimoli
simmetrici/asimmetrici, nel presente studio essa viene riferita all’esperienza
percettiva di simmetria che i soggetti identificano nella loro relazione con gli
oggetti quotidiani (il manubrio di una bicicletta, la forma di un maglione…).
1.3. Sistemi percettivi aptici a confronto: tatto senza vista o tatto
variamente accompagnato dall’esperienza visiva?
Nel confronto tra sistema visivo e sistema tattile, o meglio tra sistema
visivo e aptico, bisogna tenere presente non solo che sussistono delle
differenze tra i due nel processamento dell’informazione spaziale, ma anche
che la definizione del secondo risente della condizione di contemporanea
presenza o meno della vista.
In generale, con processamento spaziale aptico si intende, un processo di
elaborazione complesso dal punto di vista fisiologico, risultato di integrazioni
sensoriali fra informazioni meccaniche provenienti dalla pelle, sensazioni
cinestesiche (se provenienti da muscoli tendini e giunture) e propriocettive (se
provenienti dal sistema vestibolare).
“Both the propriocettive and tactile input enter the brain at the brain’s relay station, the
thalamus. The thalamus sends the information coming from any modality up to the
appropriate cortical brain regions which make sense of the information. In the case of
haptics, the thalamus sends the proprioceptive and haptic information up to the
primary somatic sensory cortex (or SI, Brodmann areas 1,2 and 3) . From here, the
information is conveyed to the secondary somatic sensory cortex (or SII, Brodmann
area 43) and the posterior parietal cortex (Brodmann’s areas 5 and 7), which also
receives direct input from the thalamus. In these cortical regions the proprioceptive
22 and tactile information is integrated, forming the basis of haptic spatial processing
(Zuidhoek, 2005, p. 11)
Dal punto di vista funzionale, il processamento aptico si distingue da
quello visivo per alcuni aspetti. Révész (1938), psicologo gestaltista, per
primo ha dimostrato che “human haptic underlies an organisation which is
formed wholly independent of the principle of visual perception” ed è anzi per
certi aspetti opposta alla vista. La percezione tattile è prossimale, analitica,
temporale e richiede forte impegno cognitivo, laddove la percezione visiva è
distale, sintetica, spaziale ed immediata.
Il termine “aptico” è stato introdotto da Gibson (1962), che ha sottolineato
la distinzione fra tatto passivo e tatto attivo (active touch), usando il termine
“aptico” per designare il secondo tipo di percezione tattile (attiva).
Come hanno dimostrato Klatzi e Laedermann (1987, Tab.1), che hanno
identificato e descritto il tipo di movimento aptico necessario a cogliere
diverse informazioni circa gli oggetti, il sistema aptico è efficace per acquisire
informazioni sulle proprietà degli oggetti mentre di contro è debole nei
compiti di orientamento spaziale.
Knowledge about object Exploratory procedure
Substance‐related properties
Texture Hardness Temperature Weight Structure‐related properties Weight Volume Global shape Exact shape Functional properties Part motion Specific function Lateral motion Pressure Static contact Unsupported holding Unsupported holding Enclosure, contour following Enclosure Contour following Part motion test Function test Tab. 1 - Relazione fra qualità a cui si intende accedere e procedura esplorativa necessaria.
Integrando i contributi presenti in letteratura circa le due modalità
sensoriali di percezione spaziale nei vedenti e non vedenti (Hatwell, 2000;
Heller, 2000; Zuidhoek, 2005), con le considerazioni tratte dall’analisi sulla
23 integrazione sensoriale di Hannah B. Helbig e Marc (2008) si è giunti a
distinguere 5 tipi di modalità tattile:
1) touch del vedente, utilizzato o come percezione ridondante rispetto
alla vista (percepisce tattilmente una qualità che è maggiormente disponibile
alla percezione visiva) o come percezione complementare (nel caso di una
percezione visiva bistabile il tatto risolve l’ambiguità percettiva) o come
percezione sostitutiva (quando, per esempio, un vedente cerca le chiavi in
tasca). Sperimentalmente quest’ultima è la condizione dei vedenti bendati
(blindfolded);
2) touch del cieco tardivo (late blind), cioè del soggetto che ha perso
la vista in tarda età, e che è utilizzato con una forte influenza della percezione
visiva pregressa. Molto spesso i risultati sperimentali di questo gruppo sono
vicini se non uguali a quelli del gruppo dei blindfolded;
3) touch del cieco precoce (early blind), cioè del soggetto che ha perso
la vista in età precoce in un lasso temporale che generalmente è fissato entro i
primi tre anni di vita, età entro la quale l’ organizzazione corticale delle aree
visive è simile a quella dei congeniti che dal punto di vista neurofisiologico
evidenziano un “ipermetabolismo” come risulta dagli studi De Volder et
al.,(1997)4. Da notare che una simile iperattività delle aree visive è presente
anche nei compiti di localizzazione uditiva come risulta dagli studi di WanetDefalque et al. (1988). I risultati circa l’ipermatabolismo sembrano suggerire,
secondo Gentaz e Badan (2003), che lesioni precoci delle vie visive
periferiche producano delle modificazioni permanenti nella organizzazione
funzionale del cervello umano. I risultati sperimentali ottenuti con questo
gruppo di soggetti sono per lo più uguali a quelli dei congeniti (spesso sono
considerati un unico gruppo sperimentale).
4 De Volder e colleghi hanno comparato l’attività cerebrale di tre gruppi: ciechi precoci
(intendendo congeniti e divenuti ciechi entro i primi 3 anni di vita), ciechi tardivi e vedenti
bendati. Hanno misurato con la TEP il metabolismo cerebrale delle aree visive primarie e
secondarie dei 3 gruppi sia a riposo che in compiti di attività tattile. I risultati hanno
evidenziato notevoli differenze nel metabolismo delle aree visive primarie e secondarie,
mentre l’attività corticale delle altre aree è del tutto simile fra i 3 gruppi. Il metabolismo delle
aree visive dei ciechi tardivi è inferiore a quello dei vedenti bendati, mentre il metabolismo
delle aree visive dei ciechi precoci è maggiore sia rispetto ai tardivi che ai vedenti bendati; sia
nei compiti tattili che a riposo.
24 4) touch del cieco congenito totale (congenital total blind), cioè del
soggetto nato cieco. Dal punto di vista neurofisiologico in questi soggetti il
processo di “validazione funzionale” (Jacobson, 1978) non procede alla
specializzazione dei neuroni che quindi rimangono audiotattilivisivi. La
facoltà neotenica cioè “la capacità biologica di conservare i caratteri non
specializzati, immaturi della specie” (Mazzeo, 2005, p. 9) è quella che
consente la sinestesia “cioè la possibilità di percepire simultaneamente uno
stesso oggetto per mezzo di sensi diversi” (ibidem).
5) touch del pluriminorato sensoriale, che è un soggetto gravemente
compromesso anche nelle capacità cognitive.
In questa ricerca ci interesseremo del sistema percettivo dei ciechi
congeniti (congenital total blind), che si caratterizza non solo per il fatto che
la deprivazione della vista è congenita - una condizione specifica rispetto alla
deprivazione sopravvenuta, come abbiamo detto-, ma anche perché la
percezione alla quale si rifanno i partecipanti ciechi congeniti è un sistema
integrato di udito, percezione plantare, vestibolare, oltre che tattile in senso
stretto. Lo spazio correlato a questa modalità percettiva è uno spazio audiotattile- propriocettivo, per la percezione del quale il cieco congenito sviluppa
un sistema percettivo abile in modo proprio, non semplicemente deprivato di
un senso. 1.4. Contrarietà spaziale embodied?
La teoria dell’embodiement rappresenta una possibile cerniera fra
esperienza intermodale, sistema percettivo del cieco congenito e ipotesi che la
contrarietà possa essere una struttura percettiva originaria legata alla struttura
spaziale del corpo umano. Verificare se l’esperienza di contrarietà strutturi
l’esperienza fenomenica dei ciechi congeniti tanto quanto dei vedenti,
significa chiedersi se la contrarietà possa ritenersi una struttura di
organizzazione percettiva dello spazio originaria, legata alla organizzazione
spaziale del corpo (embodied perception) più che alla vista. La questione
25 dell’embodiement5 rappresenta uno degli approdi recenti nell’ambito delle
scienze cognitive (Clark, 1999). L’assunto di fondo è che la cognizione non
sia solamente una attività di processamento, ma una cognizione situata
(situated cognition), cioè “incorporata” e situata in un ambiente esterno con il
quale l’individuo intrattiene un rapporto attivo ed esecutivo oltre che visivo.
“The emerging viewpoint of embodied cognition holds that cognitive
processes are deeply rooted in the body’s interactions with the world”,
(Wilson, 2002, p. 625) “Biological brains are first and foremost the control
systems for biological bodies. Biological bodies move and act in rich realworld surroundings” (Clark, 1998, p. 506). Queste teorie pongono l’accento
sull’aspetto propriocettivo, agito e spaziale della percezione umana, offrendo
buone ragioni per interessarsi del sistema tattile dei ciechi congeniti come
piattaforma preferenziale per l’analisi della interazione del corpo con
l’ambiente, sotto questo profilo con qualche primato rispetto alla vista.
5
Per una conoscenza adeguata della questione rinvio a Lakoff (1980) Varela (1991) mentre
una esposizione chiara ed esaustiva circa prospettive teoriche consolidate e nuovi sviluppi
teorici e sperimentali è costituita dal lavoro di Wilson (2002).
26 CAP. 2 - Contrarietà ed esperienza fenomenica di spazio
nei vedenti
Come già introdotto nel precedente capitolo, il punto di partenza sperimentale di
questo lavoro è costituito dallo studio fenomenologico-sperimentale della relazione
di contrarietà nell’esperienza diretta di spazio di soggetti adulti normodotati
(Savardi, e Bianchi, 2000) e dall’interesse ad una sua comparazione con
l’esperienza fenomenica di spazio nei ciechi congeniti. Una breve analisi dei
termini chiamati in causa in questa specificazione dell’oggetto di ricerca ci consente
di risalire velocemente all’approccio scientifico-metodologico che è alle spalle di
entrambi gli esperimenti (quello con normodotati e quello con ciechi congeniti,
presentato in questa tesi).
2.1. La relazione di contrarietà
La psicologia sperimentale di scuola fenomenologica ha avuto per oggetto di
indagine preminente il tema delle relazioni. La Psicologia della Gestalt è stata
l’espressione più significativa della teoria fenomenologica (Ehrenfels, 1890;
Koffka, 1935; Köhler 1929, 1938; Wertheimer, 1923). Le qualità gestaltiche sono
proprietà vincolate alla struttura globale dell’evento, cioè alla relazione tra le parti
che compongono l’evento. La teoria delle qualità gestaltiche presuppone quindi che
si dia percezione diretta delle relazioni e che queste non siano frutto di percezione
indiretta. Vale come esempio chiarificatore quello classico riportato da Ehrenfels
della melodia: la sua identità dipende dal rapporto che esiste fra le note, non dalle
singole note; tanto è vero che se si traspongono tutte le note la melodia non cambia,
mentre se si mantengono le singole note identiche modificandone la sequenza
interna si ottengono due melodie diverse. Fondamentali nella definizione delle
qualità gestaltiche sono allora la relazione parte-tutto e la relazione di identità,
somiglianza, diversità fra parti e fra tutti.
Bozzi (1969) ha prodotto una esposizione originale e profonda dei principi che
caratterizzano l’impostazione gestaltistica al problema delle “strutture categoriali”
27 dell’esperienza diretta, che egli identifica con l’esperienza percettiva di unità,
identità e causalità.
Manca in tutte queste analisi, lo studio della relazione di contrarietà che nei primi
gestaltisti rimane ancorata alla formalità del principio di non contraddizione, mentre
nella scuola elementistica di Wundt (1896), al contrario, è concepita come una delle
tre leggi fondamentali delle relazioni psichiche (legge dei contrasti psichici) ma
senza avere il carattere della percepibilità incontrata (in senso metzgeriano) delle
altre relazioni comparative (somiglianza, diversità, uguaglianza, ecc.). In tempi più
recenti, si è avviato un filone di ricerca “che mira a definire la struttura percettiva di
fatti che non sono simili, né diversi, ma specificatamente contrari” (Savardi e
Bianchi, 2008, p. 109). L’orizzonte epistemologico all’interno del quale questo
comparto di studi si muove è quello “di una fenomenologia iuxta propria principia
e i buoni motivi [per l’individuazione di costanti che strutturano l’esperienza
percettiva] che andiamo cercando dovranno dunque essere aspetti osservati
direttamente nell’esperienza” (Savardi e Bianchi, 2000, p. 55). L’esperienza a cui ci
si riferisce in questi studi è l’ambito originario di incontro con il mondo, quello
percettivo e questa riconduzione della conoscenza ai luoghi primari dell’esperienza
percettiva, che è il motivo di fondo dell’approccio fenomenologico sperimentale, è
di fatto in continuità con quello che viene affermato dalle contemporanee teorie che
parlano di embodied cognition (Clark, 1998; Wilson, 2002; Thompson e Varela,
2001; Pecher e Zwann, 2005; Rudrauf et al., 2003; Markman e Brendl, 2005).
In questo quadro generale, l’ipotesi che la contrarietà percettiva sia una relazione
fenomenica saliente dell’esperienza diretta di spazio è stata avanzata da una decina
d’anni (Savardi e Bianchi, 1997). E’una ipotesi che a ben vedere ha trovato motivi
di fondatezza teorica “oltre confine” nella rilettura delle Categorie di Aristotele
(Savardi e Bianchi, 1996) in cui è evidente il nesso strutturale fra contrarietà e
spazio. Lo spazio entro cui viene indagata la contrarietà è l’ambiente correlato alla
organizzazione percettiva del corpo. Una simile concezione fa riferimento agli studi
di J.J.Gibson (1979) grazie ai quali si passa da una concezione cartesiana dello
spazio come sfondo fisso che si dispiega lungo tre assi ad una concezione ecologica
di spazio per un osservatore attraverso la teoria dell’assetto ottico o flusso ottico.
Gli studi di Gibson (1979) costituiscono il riferimento imprescindibile “per una
28 teoria psicologica dello spazio che recuperi il significato complesso di esperienza di
spazio per un osservatore” (Savardi e Bianchi, 2000, p 57).
Secondo l’ipotesi di Savardi e Bianchi (2000; 2009), che guida anche questo
lavoro, lo spazio ecologico si impernia sulla relazione di contrarietà, che sarebbe
struttura fondamentale della organizzazione percettiva che viene raccolta come
informazione diretta primordiale.
2.2. La ricerca di partenza: note metodologiche
La ricerca di riferimento (Savardi e Bianchi, 2000); è stata condotta con un
gruppo di 60 studenti di Architettura del Politecnico di Milano, che frequentavano
un corso di psicologia generale dedicato all’analisi dello spazio. Dal punto di vista
della procedura, la ricerca con i normodotati ha previsto diverse fasi (per una
conoscenza completa si rinvia al testo del 2000, p. 87 e seguenti). Qui di seguito
vengono esposte le 3 fasi principali della ricerca, utili per la comparazione con lo
studio condotto con i ciechi congeniti.
i) Individuazione delle dimensioni spaziali e riconduzione delle dimensioni a
diverse classi di contenuto.
Il metodo scelto è l’interosservazione (Bozzi, 1978) per cui i partecipanti venivano
suddivisi in 10 gruppi di 6 e successivamente venivano ricongiunti per raggiungere
l’accordo interosservativo entro tutto il campione di soggetti. Il compito chiedeva di
identificare tutte quelle proprietà spaziali che concordemente ritenevano essere
necessarie per descrivere esaustivamente l’esperienza di spazio, prendendo a
riferimento il numero più ampio possibile di esperienze ecologiche diverse di spazio
(esperito in riferimento ad ambienti ed oggetti).
Il compito di “descrizione” prevedeva l’uso del linguaggio comune, considerato
nella sua funzione referenziale, per cui le parole sono semplici etichette verbali di
esperienze percettive. Ai partecipanti si raccomandava di essere esaustivi, di usare il
linguaggio comune senza vincoli di natura lessicale e di riportare al termine della
seduta solo le proprietà per le quali vi fosse accordo fra tutti i componenti del
gruppo.
Questa fase ha condotto all’identificazione di 74 qualità dello spazio,
organizzabili in 37 coppie di contrari; l’elenco è esposto in Tab.2, diviso per classi
29 di contenuto emerse anch’esse dalla ricerca. Identificata la lista delle 37 coppie di
contrari, ai partecipanti è infatti stato chiesto di organizzare tali coppie in funzione
del loro contenuto di esperienza. Le proprietà sono risultate riconducibili a 4 classi:
forma dello spazio, quantità/estensione dello spazio, orientamento nello spazio e
posizione nello spazio.
Classe Quantità/estensione Forma Posizione Orientamento Coppie di contrari limitato‐illimitato; ampio‐ristretto, lungo‐corto,largo‐stretto, grande ‐piccolo, alto‐basso, profondo ‐superficiale, grasso‐magro, spesso‐
sottile,tanto‐poco, pieno‐vuoto, fitto‐rado, ottuso ‐acuto, lontano‐
vicino semplice‐complicato, ordinato‐disordinato, simmetrico ‐
asimmetrico, regolare‐irregolare, completo‐incompleto, convesso‐
concavo, diritto ‐storto, arrotondato‐angoloso, mosso‐immobile, aperto‐chiuso sopra‐sotto, destra‐sinistra, davanti‐dietro; dentro‐fuori, a galla‐a fondo, inizio‐fine, in cima‐in fondo, diritto ‐rovescio,appoggiato‐
sospeso verticale‐orizzontale, divergente ‐convergente, salita‐discesa, in piedi sdraiato Tab. 2 - Le 37 coppie di proprietà contrarie emerse in Savardi e Bianchi (2000) strutturate secondo
polarizzazione, organizzate per classe di contenuto .
ii) Struttura metrica6 (dei contrari)
Una volta individuati i 37 contrari spaziali come estremi delle rispettive
dimensioni spaziali, si è richiesto ai soggetti di quantificare, rispetto ad una
estensione raffigurante l’intera dimensione - per dimensione intendiamo la struttura
di variazione costituita da 3 componenti: Polo A, Polo B e Intermedi (cioè né A né
B) -:
a) la porzione di esperienza di quella dimensione che è esperienza dell’una o
dell’altra polarità (tracciando una linea di confine tra le due aree di competenza);
b) la porzione di dimensione occupata dall’esperienza di proprietà intermedie e
6
Metrico e topologico di cui ai punti ii) e iii) appartengono a una terminologia introdotta
successivamente rispetto al lavoro del 2000 cui stiamo facendo riferimento (precisamente in Bianchi,
Savardi, Kubovy 2010) ma adottata perché attualmente condivisa dal gruppo di ricerca.
30 c) se la porzione di intermedi si colloca simmetricamente o non simmetricamente
rispetto ai due poli (cioè si trattava di descrivere se l’esperienza intermedia fosse
fenomenicamente equidistante dai due poli o sbilanciata verso uno di essi).
Arbitrariamente, l’estensione globale della dimensione era stata fissata in 10 cm.
L’ estensione delle tre componenti (polo A, intermedi, polo B) è stata espressa in
proporzione rispetto all’estensione totale.
iii) Struttura topologica7 (dei contrari)
Consisteva nella analisi qualitativa della forma dei due poli e dell’intermedio per
ciascuna delle 37 dimensioni. Il compito chiedeva a ciascun gruppo di partecipanti:
- per entrambi i poli, se l’esperienza di proprietà polarizzate è più precisamente
un’unica esperienza (un’esperienza puntuale P) o una gamma di esperienze, e in
quest’ultimo caso, se è una gamma limitata (L) o illimitata (IL);
- per gli intermedi, se si ha esperienza di nessuna (N), una (puntuale, P) o molte
(gamma, G) proprietà intermedie.
I risultati esposti dall’analisi della struttura metrica e topologica delle 37 coppie
saranno esposti contestualmente alla presentazione della ricerca condotta con ciechi
congeniti, per facilitare il confronto diretto dei risultati (Cap. 3) secondo le ipotesi
formulate. Qui vengono riportate invece alcune informazioni circa i materiali usati
nelle diverse fasi, perché nella “traduzione” dell’esperimento per i ciechi congeniti,
si è trattato di adattare i materiali utilizzati per la fruizione di un soggetto non
vedente, ma mantenendo una forte somiglianza con i materiali originari per
garantire la confrontabilità fra i risultati dei due lavori sperimentali.
In tutte le fasi dello studio con i vedenti si sono utilizzati materiali cartacei.
Per l’individuazione delle coppie di contrari lo studio si era servito di fogli in
cui i partecipanti scrivevano le qualità spaziali su cui avevano raggiunto un accordo
interosservativo all’interno del gruppo.
Per il compito di individuazione delle classi spaziali il foglio presentava uno
schema che permetteva di raggruppare le coppie di termini in varie celle in funzione
della domanda “cosa descrive questo termine dello spazio?”
Per l’analisi della struttura metrica dei contrari il materiale era costituito da
fogli sui quali erano raffigurate coppie di rettangoli sovrapposti lunghi 10 cm ai cui
7
Si veda quanto detto in nota 6.
31 estremi erano indicati i termini della coppia di contrari (Fig.1). Per ciascuna
dimensione così rappresentata i partecipanti dovevano tracciare l’estensione di
ciascuno dei due poli nel rettangolo superiore e quella dell’intermedio in quello
inferiore; quest’ultimo, era da posizionare rispetto alla linea di separazione tracciata
nel rettangolo in alto in modo da esprimere la simmetria o anisotropia degli
intermedi rispetto ai due poli. LONTANO
VICINO
Fig. 1 - Esempio di scala usata per il compito metrico in Savardi e Bianchi (2000).
Per l’analisi della struttura topologica dei contrari il materiale era costituito da
un foglio con una tabella in cui i partecipanti dovevano porre una X nella cella
corrispondente alla risposta condivisa dal gruppo (Tab.3).
Polo A Intermedio Polo B P GL GI P GL N P GL GI largo stretto aperto aperto vicino lontano Tab. 3 – Tabella usata dai soggetti nel compito di analisi topologica in Savardi e Bianchi (2000). P=
singola esperienza, GL= gamma limitata di esperienze, GI=gamma illimitata di esperienze, N=
nessuna esperienza.
32 CAP. 3 - Analisi della contrarietà nell’esperienza spaziale di
ciechi congeniti
3.1. Obiettivi e ipotesi della ricerca
La ricerca si propone di confrontare la descrizione delle dimensioni spaziali
fornita da partecipanti normodotati con la descrizione delle medesime dimensioni
spaziali fornita da ciechi congeniti (cioè da partecipanti che non hanno mai avuto
accesso ad informazioni visive di spazio).
La ricerca in particolare intende chiarire se:
1) la struttura contraria dello spazio sia legata all'esperienza percettiva visiva o
sia indipendente dalla vista. Se la seconda opzione è quella vera, allora i non
vedenti dovrebbero esperire la maggior parte delle qualità spaziali contrarie indicate
dai vedenti. Se invece la struttura contraria dello spazio emersa con i soggetti
normodotati è fortemente dipendente dalla vista ci si aspetta che i ciechi congeniti
non esperiscano/condividano la maggior parte delle qualità contrarie spaziali
individuate dai vedenti;
2) la descrizione metrica e topologica delle dimensioni contrarie subisca
variazioni in relazione alle due diverse modalità sensoriali di esperienza spaziale:
visivo e centrato sia allocentricamente che egocentricamente il primo; tattile e
centrato egocentricamente il secondo.
La condivisione percettiva delle coppie di contrari, la struttura metrica e
topologica delle tre componenti della dimensione (Polo A, Intermedio e Polo B),
l’importanza di ciascuna dimensione e di ciascun polo nell’esperienza fenomenica
di spazio dei ciechi congeniti costituiscono le variabili dipendenti analizzate nella
ricerca8.
8
Data la numerosità del campione di soggetti utilizzato non possiamo verificare l’effetto di altre
variabili quali età, sesso e tipo di deambulazione, anche se sarebbe interessante capire se e come
queste caratteristiche influiscono sul tipo di esperienza spaziale descritta. Per esempio, nell’ipotesi
che il bastone sia uno strumento esplorativo strategico, ci si potrebbe aspettare che i soggetti che
deambulano con bastone condividano/esperiscano una quantità maggiore di dimensioni rispetto a
quelli che deambulano con accompagnatore o con cane dato che entrambi operano in modo da
evitare gli ostacoli al cieco. Nell’ipotesi che l’età incida sulla meta-cognizione percettiva ci si
potrebbe aspettare che i soggetti più giovani forniscano risposte più ricche alle domande in 1c 1d e
in 5 b dove rispettivamente si chiede di riferire il canale sensoriale coinvolto nella percezione di
quelle qualità , le strategie messe in atto per la percezione e di motivare il perché dell’anisotropia dei
poli. In genere il sesso potrebbe influire nel senso che è noto che, anche nei normodotati, abilità
spaziali e linguistiche sono non ugualmente distribuite tra i due generi. Tutti questi aspetti
33 3.2. Metodo
Il metodo utilizzato per raccogliere i dati è il risultato di una mediazione fra
quello utilizzato con i normodotati e le specifiche esigenze e competenze dei
partecipanti ciechi congeniti.
3.2.1. Partecipanti:
i partecipanti sono 10 ciechi congeniti9. Come si può constatare in Tab. 4 si tratta
di 6 maschi e 4 femmine di età compresa fra i 26 e i 64 anni con una età media di
36,3 anni.
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 SOGGETTO ETA' SESSO ALESSIO
CLAUDIA
CRISTIAN
EMANUELE
EMILIO
GIULIA
LUCIA
ROBERTA
SIMONE
VINCENZO
26
36
32
31
56
23
23
42
30
64
M
F
M
M
M
F
F
F
M
M
Tab. 4 - I partecipanti alla ricerca visualizzati per età e sesso
rimangono comunque potenziali spunti per ulteriori indagini e non possono essere affrontati con i
dati della presente ricerca.
9
L’incidenza dei ciechi congeniti sulla popolazione italiana è esigua. Per avere appena una idea
dell’ordine di grandezza in cui ci muoviamo ,secondo dati ISTAT in Italia ci sono 362.000 ciechi, di
questi si stima che circa il 3% sia congenito. Il dato va a sua volta distillato perché la cecità spesso
è associata ad altre menomazioni sensoriali o si presenta come elemento di sindromi complesse e
non è reperibile un dato statistico che riguardi la sola cecità congenita. 34 3.2.2. Procedura:
Fase pilota. La prima fase della ricerca ha previsto una estesa collaborazione con
due soggetti, Claudia e Giulia, inizialmente in sedute di interosservazione e poi
separatamente. Gli incontri con Giulia e Claudia hanno consentito la raccolta dati (6
incontri dedicati alle dimensioni della classe quantità/estensione; 2 incontri per la
forma; 2 incontri per la posizione) ma anche il perfezionamento del protocollo del
metodo. Tenuto conto delle dinamiche interossarvative che si sono sviluppate fra i
due soggetti nella fase pilota (insieme Claudia risultava prevalere su Giulia; ma,
divise, i dati hanno presentato ampie congruenze) si è deciso, nella fase successiva
dell’esperimento, di procedere prevedendo incontri individuali. Le sedute della fase
pilota (10) hanno avuto una durata media di 55 minuti ciascuna. Fase sperimentale standard. I soggetti hanno partecipato individualmente. Gli
incontri (in totale 37) hanno avuto una durata media di 70 minuti ciascuno. Ogni
partecipante ha partecipato ad un numero di incontri successivi (da 3 a 5 in base al
tempo che ciascuno ha impiegato a svolgere il compito), con scadenza settimanale,
in giornate concordate con ciascun partecipante. Gli incontri hanno avuto luogo
presso la sezione dell’Unione Ciechi di Ancona, l’abitazione personale o il luogo di
lavoro del partecipante, in base alle loro preferenze. Il luogo dell’incontro era infatti
influente rispetto al contenuto della ricerca: ciò che era necessario, invece, era fare
in modo che l’esperimento avesse luogo nelle condizioni più agevoli possibile per i
soggetti, per consentire loro una collaborazione motivata e continua con lo
sperimentatore per tutte le sedute necessarie.
Gli incontri sono stati interamente audioregistrati previa autorizzazione del
soggetto (ad eccezione degli incontri avvenuti con un soggetto, che non ha
acconsentito alla registrazione).
Lo sperimentatore ha condotto una intervista strutturata con i singoli partecipanti
seguendo il questionario riportato nel materiale della ricerca, nella sezione che
segue. L’intervista strutturata era preceduta da una presentazione, nella quale lo
sperimentatore chiariva al partecipante:
a) gli scopi della ricerca: al primo incontro con ciascun partecipante lo
sperimentatore presentava i punti cardine dello studio con i normodotati ed
35 esplicitava l’interesse della ricerca a confrontare i risultati di quello studio con
l’esperienza spaziale di soggetti con un sistema percettivo totalmente deprivato
della vista. Seguiva la presentazione da parte dello sperimentatore, punto per punto
del protocollo di intervista.
b) la competenza dei partecipanti: al primo incontro si chiariva che si chiedeva
la collaborazione di ciechi congeniti in quanto esperti di percezione tattile (come
sistema autonomo e non vicario della vista) e non in quanto soggetti menomati
deprivati sensorialmente. Questa precisazione si è rivelata efficace per liberare il
soggetto dall’aspettativa che la ricerca volesse indagare le difficoltà connesse alla
propria condizione di “portatori di handicap”.
c) messa a fuoco del piano percettivo dell’analisi: ad ogni incontro lo
sperimentatore ricordava che il piano di interesse della ricerca era quello della
esperienza dello spazio, per cui al partecipante si raccomandava di porre attenzione
solo alle esperienze che hanno come canale di ingresso i propri sensi.
3.2.3. Materiale:
Le coppie di contrari. Delle 37 dimensioni emerse dallo studio con i normodotati
ne sono state considerate 29. Facendo riferimento alla Tab. 1, si sono analizzate
tutte quelle della classe quantità/estensione, tutte quelle della classe forma, un
sottoinsieme della classe posizione che comprende destra-sinistra, sopra-sotto,
avanti-dietro, inizio-fine, e la coppia verticale-orizzontale (una dimensione della
classe dell’orientamento). La scelta di lavorare con un sottocampione delle iniziali
37 coppie è stata motivata dalla esigenza di contenere temporalmente la durata
dell’esperimento, già di per sé impegnativo per i soggetti. Si sono selezionate le
coppie che nella fase pilota erano risultate di uso frequente e spontaneo nella
interazione verbale dei partecipanti ciechi.
Le 29 coppie di contrari sono state presentate ai soggetti secondo un ordine
prestabilito entro ciascuna classe di appartenenza, tenendo conto della semplicità o
difficoltà delle coppie emersa nella fase pilota, in modo da iniziare il compito con le
coppie più semplici e arrivare poi a quelle più complesse della classe. L’ordine di
presentazione delle classi era invece randomizzato fra i partecipanti.
L’intervista strutturata: Il questionario utilizzato nell’intervista è stato prodotto
dagli sperimentatori seguendo la struttura sperimentale della ricerca con
36 normodotati descritta nel capitolo 2, adattando le consegne al tipo di soggetti
coinvolti. Si articola in 5 parti:
parte 1. INFORMAZIONI GENERALI SULLA DIMENSIONE ( es. coppia lontano‐vicino) 1a Condividi la dimensione [ lontano‐vicino ]? 1b Fammi degli esempi di situazioni in cui hai10 esperienza di questa dimensione [lontano‐vicino] ( almeno 4 esempi; lasciare ampiezza argomentativa in modo da rinvenirne anche di più) 1c Come esperisci questa dimensione, vale a dire secondo quale canale sensoriale? (chiedere se c’è qualche altro canale dopo il primo nominato. Modulare con tempi di riflessione) Che tipo di informazione utilizzi? (sollecitare il soggetto a far riferimento sia a spazi interni –es: negozio, cinema, ascensore‐ che esterni – es: piazza, mare, campo‐) Usi una particolare strategia esplorativa per cogliere questi aspetti dello spazio? parte2. DESCRIZIONE METRICA (es. coppia lontano‐vicino) Ti farò ora una serie di domande che ci permettono di capire quanto è estesa l’esperienza di un polo [lontano], dell’intermedio [né lontano‐né vicino] e dell’altro polo [vicino] 2a Posto che la lunghezza della dimensione che va dal massimo del [lontano dal lontano più lontano ] al massimo del [vicino –al vicino più vicino] sia 100 e che quindi questo 100 raccolga tutti i diversi gradi di esperienza di queste proprietà che tu hai, quanto è la proporzione di esperienze ascrivibili ai gradi del [lontano]? e quanta la proporzione di esperienze di gradi del [vicino]? (vale a dire sono la stessa quantità? O uno dei due poli nella, tua esperienza ha più gradi dell’altro? (Polo x) lontano
(Polo y) vicino
X + Y = 100% 2b1 C’è anche una esperienza del [né lontano‐né vicino]? 2b2 (Se sì) Quanto spazio di questa dimensione occupa in percentuale (sempre rispetto al 100 totale? )? né lontano né vicino Intermedio % 10
X + Y = 100% In seguito sostituito con FAI.
37 2c Gli intermedi sono equidistanti dai due poli o sono più verso un polo o verso l’altro? Quando esperisci il [né lontano‐né vicino] è una esperienza che ti sembra abbia più a che vedere con [lontano], più con [vicino] o è a metà? equidistanti verso lontano verso vicino Parte 3. DESCRIZIONE TOPOLOGICA (es. coppia lontano‐vicino) Ti chiedo adesso di definire i due poli e gli intermedi (quando esistenti) secondo delle caratteristiche che possiamo chiamare topologiche. Vale a dire: 3a Le esperienze che costituiscono i due poli [lontano‐vicino] identificano una gamma di esperienze? O sono invece esperienze singole, puntuali? ( lo sperimentatore faceva l’esempio del silenzio‐rumore, dicendo che per i vedenti, ad esempio, c’è solo una esperienza di silenzio e tanti gradi di rumore che vanno da leggero ronzio a frastuono tremendo) 3b (Nel caso in cui si sia descritto come gamma qualcuno dei poli) Si tratta di una gamma limitata ( vale a dire c’è un’esperienza che esprime al massimo grado quella proprietà) o è illimitata ( manca cioè un'esperienza corrispondente ad un'esperienza che esprime in massimo grado ‐oltre la quale non si può andare‐ quella proprietà )? 3c Gli intermedi sono nessuno, una esperienza puntuale o una gamma? (nel caso degli intermedi la gamma è sempre per forza limitata, perché è limitata ai due lati dai due poli). ‐
‐
Parte 4. IMPORTANZA DIMENSIONE (es. classe forma) Abbiamo esaminato una quantità di dimensioni tutte appartenenti alla classe della forma Ripartiamo dalla prima dimensione di cui si è parlato e le ripercorriamo tutte. Per ciascuna di esse vi chiedo: Quanto e’ necessaria a descrivere la vostra esperienza di spazio? Necessaria in quanto se si eliminasse questa dimensione non si potrebbe descrivere un aspetto per voi qualificante dello spazio. Esprimete l’importanza usando una scala che va da 1 a 10 con 10 che esprime massima importanza e 1 poca. Parte 5. ANISOTROPIA DEI POLI I poli che compongono la dimensione sono ugualmente importanti‐ vale a dire hanno lo stesso peso nella tua esperienza di spazio‐o ce n’è uno che conta di più? Perché? 38 3.3 Risultati
I dati emersi dallo studio sono di due tipologie differenti:
- dati discorsivi, che consistono in una interazione verbale estesa ed articolata.
Sono i dati relativi ai campi dell’intervista 1b (contestualizzazione della
dimensione) e 1c (canale sensoriale e strategia esplorativa utilizzata)
- dati quantitativi o categoriali, emersi dalla domanda 1a della parte 1
(condivisione della dimensione) e dalle parti 2 (analisi metrica della dimensione), 3
(analisi topologica della dimensione), 4 (importanza della dimensione) e 5
(anisotropia dei poli della dimensione). Nell’analisi che segue, invece di analizzare
separatamente le singole voci dell’intervista, discuteremo i risultati per gruppi di
argomenti, seguendo una serie di domande portanti e discutendo insieme tutti i dati
(discorsivi e quantitativi) che concorrono a fornire una risposta alle singole
domande
3.3.1. Condivisione delle dimensioni
L’indagine della condivisione della dimensione si articola in 3 domande del
questionario usato per l’intervista strutturata:
1a
“Condividi la dimensione XY?”
1b
“Fammi degli esempi di situazioni in cui fai esperienza di questa
dimensione”.
1c
“Come esperisci questa dimensione, vale a dire secondo quale canale
sensoriale? Che tipo di informazione utilizzi? Usi una particolare strategia
esplorativa?”
Le risposte dei partecipanti ci hanno permesso di sapere se ciascuna coppia di
contrari spaziali identificata dai normodotati fra le dimensioni di base del loro
spazio percettivo è condivisa percettivamente anche dai ciechi congeniti.
Per ciascuna classe di dimensioni (quantità/estensione, forma e posizione)
l’analisi dei dati verrà articolata in due sezioni. Si analizzerà prima la frequenza e il
tipo di condivisione (risposte emerse dall’item 1a). Quindi si analizzeranno i dati
relativi alle contestualizzazione, ai canali sensoriali e alle strategie usate per fare
esperienza delle contestualizzazioni (risposte emerse dagli item 1b e 1c).
Anticipiamo che i partecipanti alla domanda “Condividi la dimensione XY?
(1a)”, hanno risposto in 4 modi:
39 “Sì”:
risposta affermativa senza precisazioni, si può considerare una
condivisione piena;
“Sì, come la coppia WZ”: può considerarsi una condivisione complessa in
quanto: a) è una condivisione; b) individua una relazione di identità fra due coppie
XY=WZ (e si aprono le domande: identità quanto forte? l’identità fra le due coppie
si estende anche ai valori delle altre risposte? allora è una coppia ridondante?); c)
individua una relazione di derivazione/subordinazione della coppia XY rispetto alla
coppia WZ?
- “Sì, ma solo un polo”: può considerarsi una condivisione parziale;
- “No”: risposta negativa.
Anticipiamo inoltre che alla domanda 1b i soggetti hanno risposto
contestualizzando l’esperienza della proprietà in diverse esperienze. Quello che qui
ci interessa è identificare una sintesi delle esperienze riferite dai partecipanti per
esemplificare il contesto in cui hanno detto di esperire una certa proprietà (la loro
verbalizzazione
integrale
è
riportata
per
esteso
in
appendice).
La
contestualizzazione si è rivelata molto importanti per leggere il dato della
condivisione, in quanto ha consentito al partecipante di capire in modo immediato e
autonomo cosa significa distinguere il piano percettivo da quello logico e stare
ancorati al percettivo. Alcuni partecipanti che avevano risposto inizialmente di non
condividere la dimensione hanno potuto riferire esempi e circostanze precise in cui
invece la esperiscono e strategie specifiche di esperienza. Così hanno preso
coscienza che quel no che dicevano inizialmente faceva riferimento ad un piano di
consapevolezza logico o meta cognitivo e non percettivo, perché invece
percettivamente la dimensione la esperivano eccome. Al contrario alcune iniziali
affermazioni di condivisione si sono rivelate, alla prova della contestualizzazione,
puramente logico-linguistiche, non essendo in grado il partecipante di produrre
alcun esempio specifico in cui lui faceva esperienza di quella proprietà spaziale. Sia
nel primo che nel secondo caso la risposta iniziale all’item1a veniva ricodificata in
accordo con la dimostrata (o non) capacità del soggetto di fare riferimento a
specifiche esperienze percettive delle proprietà in questione.
La terza domanda (1c) chiedeva ai partecipanti di esplicitare il canale sensoriale
coinvolto e la strategia usata nella percezione della coppia di contrari in questione.
Da una parte ciò serviva per rispondere alla esigenza di mantenere ancorata
40 l’attenzione del partecipante agli aspetti percettivi delle esperienze spaziali (e
questo ha anche arricchito in diversi casi la lista di esperienze citate nella
contestualizzazione, domanda 1b). Dall’altra è una domanda necessaria per la
natura strategica della percezione tattile, cioè per il fatto che la percezione è
volontaria e si deve sapere cosa si vuole percepire così da approntare il
comportamento adeguato all’informazione che si vuole ottenere (es: se si vuole
percepire l’ampiezza di una stanza si deve emettere un suono) - circa il concetto, la
portata e le conseguenze della natura strategica della percezione tattile si rinvia agli
studi già citati di Lederman e Klaztky (1987).
Passando al piano dei risultati, emerge innanzitutto che i partecipanti hanno
prodotto contestualizzazioni specifiche per ciascuna proprietà percettiva quindi, ad
esempio, per il vicino hanno richiamato alcune esperienze specifiche e per il
lontano altri tipi di esperienze. Non hanno fatto riferimento alla macchina che prima
è lontana e poi è vicina, ma hanno parlato della macchina vicina e poi di rumori per
il lontano. Nelle tabelle riportate per ciascuna classe di proprietà (Tab, 9, 11 e 13)
queste due condizioni (contestualizzazione diversa per i due poli o identica per
entrambi i poli) sono state tenute separate. Sarebbe interessante approfondire se la
scelta di diversi esempi è soltanto conseguenza di una specie di euristica della
rappresentatività per cui sono più salienti come esempi del lontano esperienze
diverse da quelle che sono invece salienti per il vicino, o se invece si debba
ipotizzare che manchi un continuum cognitivo che relaziona il lontano e il vicino
come modulazione di una stessa esperienza (cfr. la questione della non
unidimensionalità dei contrari spaziali, emersa in Bianchi, Savardi, Burro, 2011).
Prima di passare ad osservare, per ciascuna classe di contenuto quali sono state
le dimensioni condivise e quali no, osserviamo il dato generale. Come emerge da
Fig.2 solo 4 delle 29 dimensioni che strutturano lo spazio dei normodotati e
proposte ai ciechi sono state condivise da un numero di partecipanti minore o pari
alla metà del campione coinvolto. Delle 25 dimensioni condivise da più della metà
dei soggetti, per 21 la condivisione è totale (10/10) o comunque molto elevata
(9/10).
41 forma
quantità/estensione
posizione
Fig. 2 – Condivisione, da parte del campione di ciechi congeniti analizzato, delle dimensioni
spaziali contrarie che caratterizzano l’esperienza fenomenica di spazio dei vedenti (Savardi e
Bianchi 2001; Bianchi, Savardi, Kubovy, 2011).
Rispetto alla classe della quantità/estensione (comprendente 14 dimensini),
condivise da tutti e 10 i partecipanti sono 7 dimensioni (lontano-vicino, lungocorto, grande-piccolo, alto-basso, tanto-poco, pieno vuoto e largo-stretto) a cui si
aggiungono altre 5 dimensioni, spesso-sottile, grasso-magro, profondo-superficiale,
ampio-ristretto e illimitato-limitato (solo per il polo limitato), condivise da 9/10
soggetti. Meno condivise sono fitto-rado, condivise da 4 soggetti, e ottuso-acuto,
condivisa da un solo soggetto.
Rispetto alla classe della forma (comprendente 10 dimensioni), condivise da tutti
e 10 i soggetti sono 4 dimensioni (disordinato-ordinato, diritto-storto, apertochiuso e mosso-immobile), a cui si aggiungono angoloso-arrotondato, condivisa da
9/10 soggetti, e complicato-semplice condivisa da 8/10 soggetti; irregolareregolare e incompleto-completo sono risultate condivise da 6/10 soggetti; meno
condivise, anche se davvero ben descritte dai soggetti che dicono di esperirle, le
esperienze di asimmetrico-simmetrico (4/10) e concavo-convesso (3/10).
42 Rispetto alla classe della posizione (comprendente 5 dimensioni) 4 dimensioni
sono state condivise da tutti i soggetti (davanti-dietro, sopra-sotto, destra-sinistra e
fine-inizio), verticale-orizzontale da 9/10. La ricerca ha evidenziato quindi che in
generale, il campione di ciechi congeniti studiato esperisce la maggior parte delle
qualità spaziali contrarie che abbiamo presentato e che costituirebbe la struttura di
base dello spazio fenomenico dei vedenti. Questo dato sembrerebbe dunque portare
sostegno all’ipotesi che la contrarietà spaziale sia legata alla esperienza percettiva
dello spazio in generale e non specificatamente alla percezione visiva.
Detto questo, osserviamo più da vicino cosa è emerso dalle indicazioni che i
soggetti hanno dato descrivendo la condivisione delle singole dimensioni,
procedendo per classi di contenuto.
3.3.1.1. Condivisione delle dimensioni appartenenti alla classe delle
quantità/estensione
La frequenza di condivisione (item 1b). Come si può notare (Tab.5)
raggruppando in un generale giudizio di condivisione le risposte “Sì come…”
(condivisione complessa) e “Sì ma solo un polo” (condivisione parziale) e “Sì”
(condivisione), 7 dimensioni tra quelle presentate sono risultate condivise da tutti i
partecipanti ciechi e 5 dimensioni sono risultate condivise da 9 dei 10 partecipanti.
CLASSE DIMENSIONE CONDIVISIONE (totali) 10 10 10 10 10 10 10 9 9 9 CONDIVISIONE COMPLESSA 1/10= grande‐piccolo CONDIVISIONE PARZIALE QE QE QE QE QE QE QE QE QE QE QE lontano‐vicino lungo‐corto grande‐piccolo alto‐basso tanto‐poco pieno‐vuoto largo‐stretto grasso‐magro spesso‐sottile profondo‐
superficiale limitato‐illimitato 9 ampio‐ristretto 9 fitto‐rado ottuso‐acuto 4 1 2/9 = largo‐stretto 1/9 = grande‐piccolo 6/9 solo limitato (polo A) QE QE QE 43 Tab. 5 - Coppie di contrari appartenenti alla classe Quantità/ Estensione ordinate secondo frequenza
di condivisione decrescente.
Pertanto delle 14 dimensioni appartenenti alla classe Quantità/ Estensione:
‐
12 sono condivise dalla totalità dei soggetti o dalla totalità meno 1
‐
fitto-rado è risultato condiviso da meno di un terzo dei soggetti
‐
ottuso-acuto è risultato condiviso solo da 1 soggetto.
Le condivisioni complesse. Focalizziamo per un momento il caso in cui i
partecipanti hanno ritenuto che una coppia di contrari sia come un’altra di cui già
avevano espresso la condivisione. “Come…”, “uguale a…”, “sinonimo di…”, “la
stessa che…” sono i termini lessicali con cui i soggetti hanno espresso questa
omologia. E’ il caso di ampio-ristretto (condivisione 9/10), che è riconosciuta come
dimensione “autonoma” da 6 soggetti, mentre per 3 soggetti si riferisce ad
esperienze percettive identiche a largo-stretto e grande-piccolo, e della dimensione
largo-stretto (condivisione 10/10) che è descritta da un soggetto “come” la coppia
grande-piccolo. Sono queste coppie ridondanti? Se si considera la coppia ampioristretto, lo studio ha rivelato che, a fronte di questa dichiarazione di
corrispondenza, quando si mettono a confronto i dati relativi ad ampiezza dei poli,
analisi metrica, topologica e anisotropia di queste coppie, l’ipotesi di identità fra i
dati relativi alle due dimensioni non viene rispettata. Senza entrare nel merito delle
analisi delle risposte metriche e topologiche (a questo sono dedicati i paragrafi 3.3.4
e 3.3.5), le Tab. 6, 7 e 8 sotto riportate mostrano che ampio-ristretto è una
dimensione che alcuni partecipanti hanno riferito a grande-piccolo ma questa
sovrapposizione è contraddetta dai dati relativi agli item che misurano le proprietà
metriche e topologiche delle dimensioni. Per quanto riguarda la dimensione largostretto, invece l’identità dei dati è viziata dall’errore metodologico11 dello
sperimentatore che ha esteso il valore della risposta per l’item “Condividi…?” a
tutti gli altri item copiando (inferendo) i dati ottenuti per grande-piccolo. Si tratta
per tanto di una identità presunta e da valutare alla luce del fatto che nei casi trattati
correttamente, l’identità fra i dati non è emersa, come si può vedere in Tab.7 e
Tab.8. L’incongruenza che emerge fra condivisione e analisi metrica e topologica
11
Vale la pena informare che questo errore metodologico è stato compiuto solo la prima volta che si
è ottenuta risposta “è uguale a…”; in seguito si è scelto sempre di chiedere al soggetto di rispondere
a tutti gli item, anche se riteneva la coppia identica ad un’altra.
44 meriterebbe una riflessione approfondita. Si potrebbe avanzare l’ipotesi che la
condivisione mette in atto una competenza cognitiva diversa da quella che si attiva
nell’analisi metrica e topologica.
sogg coppia condividi? Emilio Emilio grande‐piccolo ampio‐ristretto Emilio largo‐stretto Sì Sì = grande‐ piccolo Sì= grande‐ piccolo Qt Polo A 50 80 Top Polo A GL GL 50 GL Top Polo B GL P GL Top I N N Imp. coppi
a 9 7 Anisotropia poli A=B A>B N 9 A=B Tab. 6 - Coppia grande-piccolo e le sue due coppie uguali secondo Emilio.
Sogg. coppia Condividi? Qt polo A Lucia largo‐stretto Sì Lucia ampio‐ristretto Sì=largo‐
stretto 90 90 Qt I Top Polo A Top Polo B Top I Imp. Coppia Anisotrop
poli 0 45 GL GI GL GL N G 6 5 A>B A=B Tab. 7 - Uguaglianza fra largo-stretto e ampio-ristretto secondo Lucia.
sogg. coppia Condivi
di? Roberta largo‐
stretto ampio‐
ristretto Sì Roberta Qt polo A Qt I TOP Polo A TOP Polo B TOP I Imp. coppia Anisot
ropia poli 30 0 P P N 8 A<B Sì=largo 60 0 GI GL N 8 A<B Tab. 8 - Uguaglianza fra largo-stretto e ampio-ristretto secondo Roberta.
Nella Tab.7 l’incongruenza più vistosa riguarda la metrica dell’intermedio che
risulta esteso all’interno della dimensione ampio-ristretto laddove non c’era
intermedio in largo-stretto. Anche quando ci si focalizza sull’importanza della
45 coppia le Tab. 6, 7 e 8 mostrano che ampio-ristretto (la cui condivisione è vincolata
al rimando ad altre) ottiene un valore talvolta uguale ma talvolta minore a quello
delle dimensioni a cui rimanda. Ciò potrebbe sembrare coerente con l’ipotesi che vi
sia una derivazione/subordinazione di una delle coppie associate rispetto a quella di
riferimento a cui rimanda.
Le condivisioni parziali. È il caso di una sola coppia di contrari: limitatoillimitato. La condivisione di questa coppia di contrari non è peraltro risultata
univoca dal momento che 1 soggetto non la condivide, 3 soggetti condividono
entrambi i poli (e sanno produrne contestualizzazioni), e 6 soggetti hanno una
condivisione parziale, condividendo solo il polo A (limitato).
Contestualizzazioni e canali sensoriali (item 1b-1c). Nella Tab.9 sono riportate
in modo schematico e riassuntivo i luoghi, le situazioni e gli oggetti in cui i
partecipanti
esperiscono
le
qualità
contrarie
relative
alla
classe
della
quantità/estensione.
dimensione Item Report lontano‐
vicino 1b
vicino: negli spazi aperti i rumori vicini, la fontana nella piazza. Nella strada trafficata le macchine ferme, il rumore di una persona che mi passa vicina, gli odori tipici dei negozi per capire a quale sono vicina. Se cammino un ostacolo, i pali di ferro, un muro. Se in ambiente del lavoro le sedie del corridoio, le persone. Nel mio ufficio vicino c’è tutto quello che mi serve, tavolo, l’armadio…. registratore, la barra braille, la rubrica telefonica..A casa vicino al divano c’è il tavolinetto, due porte vicine. Negli spazi chiusi i mobili, quello che ci sta sopra per me è riferimento importante. Il mio vicino inizia a fianco. Sull’autobus mi siedo nel posto vicino alla biglietteria[obliteratrice]. lontano: più difficile. Macchina, una persona. Quando cammino i suoni mi fanno percepire se le cose sono lontane o vicine. Le voci, casa mia adesso che sono al lavoro. Il mare. E’ una distanza del pensiero, coi sensi ti so dire poco. Lontano è le voce (adesso che ci penso) e tutti i rumori che sento... dopo mentalmente visualizzo la distanza. 1c
tatto: toccare con le mani gli oggetti vicini. Io uso moltissimo le mani, sono i miei occhi. udito: ovviamente uso l’udito per sentire lontano. Se in quel momento vicino a me non c'è niente e l'unica cosa che sento è il rumore, è chiaro che la sensazione viene focalizzata sopratutto sul piano dell'udito. bastone: Muovendolo destra sinistra. Serve per orientarmi e per andare dritto. In un ambiente conosciuto si fa pendolo. Prendi un punto di riferimento che sarebbe il muro e batti il bastone sul muro in modo che riesci a sentire dove vai. Se invece l’ambiente non lo conosci devi fare il 46 movimento che ti mette in grado di sentire che spazio c’è davanti.
corpo: a volte però ho come una percezione non sensitiva, ma nel senso che c’è qualcosa davanti a me, senza toccarla. Percezione globale, un po’ di odore, un po’ di ombra. Dipende dal tipo di oggetto e dall’ambiente.. Quindi il modo in cui esperisco lo spazio dipende tanto da dove mi trovo. Gli stimoli vengono dall'ambiente. In base agli stimoli che l’ambiente ci dà lo seleziono. Facciamo quello che in un determinato momento è più utile a noi, che sia uditivo, tattile, olfattivo. percezione plantare. lungo‐corto 1b lungo: la calza per annaffiare, il marciapiede, il lato della stanza, un bastone. lungo o corto: un utensile può essere lungo o corto, anche il percorso, il tratto di strada, la via, la ringhiera delle scale, una corda, un vestito, il pezzo di pane, la scatola delle scarpe rispetto al suo contenuto, un pesce rispetto alla teglia, le mani. corto: il punteruolo per scrivere, l’ago, le dita, la maniglia della porta. 1c tatto: per gli oggetti, li senti con mani e braccia.
corpo: inteso come strumento che percorrendo una via la misura, anche contando i passi o semplicemente facendoli o servendosi del bastone. bastone: Si possono contare i tocchi. grande‐
piccolo 1b grande: una stanza, una piazza, il mare, la barca l’aeroplano, un cane, la
testa, la porta, un armadio, un tavolo, il cane. grande‐piccolo: un libro, la chitarra ma la mia è piccola, un divano, la bistecca, la pizza, i poster, i vasi, i cani. piccolo: una vite, il mio bagnetto, la Hyundai della mia collega, un gattino, una mosca un capello, un portamonete, l’ascensore, il granello di sabbia. 1c tatto: per gli oggetti è solo il tatto. Con le due mani se è un oggetto che si vuol vedere per la prima volta, con una sola se è un oggetto piccolo, con le braccia per quelli di taglia grossa. udito: per gli ambienti, gli spazi sia chiusi che aperti, è l’udito che permette di vedere l’ampiezza di una stanza, del mare. largo‐stretto
1b largo: un ambiente, un tagliere, un materasso, il mare, il lago, la spiaggia. largo‐stretto: stretto e largo sono sempre in relazione al corpo, in relazione a sé stessi. materassino da mare e materasso matrimoniale, stretto un sottopassaggio mentre larga è una piazza, le grotte di Onferno sono strette, quelle di Frasassi larghe, l’imbuto è all’inizio largo e poi finisce stretto. stretto: il posto sull’autobus, il posto del passeggero nella macchina, il ristorante superaffollato con posto stretto per muoversi, un anello, un 47 abito, il garage in cui la macchina ci entra giusta giusta. 1c
corpo: inteso come strumento di misurazione. tatto e udito in entrambe le funzioni di recettore del suono e di percettore tattile. alto‐basso 1b
alto: una corriera, il mobile dell’Ikea, l’aereo che so riconoscere a che altezza vola, quello che va dalla mia spalla in su…all’infinito, una casa, il canestro nel basket, a casa i bicchieri e i piatti stanno in alto, un palazzo, un grattacielo. alto‐basso: la porta può essere alta o bassa, le scarpe con il tacco alto o basso, il panettone, una persona. basso: la macchina sportiva, il mio letto, quello che va dalla mia spalla a terra, un tombino, la mia ragazza. 1c
corpo: per lo stretching che si deve fare per raggiungere quella cosa. udito: perché indicano perfettamente se è alto o basso. tatto: se è un oggetto esplorabile con le mani e le braccia. grasso‐
magro 1b
grasso: la porchetta, un animale.
grasso‐magro: la voce di una persona, le persone, gli animali. magro: la mia ragazza, il cane di mio cugino. 1c
tatto: tocco il polso di chi mi da la mano. Se posso il braccio o la pancia, se è un animale lo tocco in generale. voce: è un indicatore immediato della fisicità delle persone e degli animali. spesso‐
sottile 1b
spesso: fetta di prosciutto tagliata col coltello, tappeti persiani, lo zerbino davanti a casa, un vocabolario è un oggetto massimamente spesso, la bistecca può essere più o meno spessa. spesso‐sottile: la carta velina e quella dello scatolone, la fetta di pane può essere spessa o sottile, la pasta fatta in casa, una mattonella, il muro, una lastra di vetro, le diverse stoffe: la seta è sottile e il lino è spesso, il filo di cotone è sottile mentre lo spago è spesso, la pizza, la fettina. sottile: il vitello tonnato, i capelli, il bordo del tavolo, la tovaglia, un velo. tanto‐poco 1c
tatto: usato con ogni strategia esplorativa. La punta delle dita per i fili, movimento orizzontale per la carta, due mani con movimenti complementari per un libro, toccare le mani di chi ci riferisce uno spessore con i gesti. 1b
tanto‐poco: cibo nel piatto, danaro, gente intorno, tanta o poca strada da fare, acqua o vino nel bicchiere, cibo nel frigorifero, sale nella pasta, gente nel ristorante, gente sull’autobus. 48 1c tatto: diretto, ma nel caso dei cibi mediato dalla forchetta con cui esploro il cibo nel piatto, o con il cucchiaio. Nel caso dei liquidi nel bicchiere si può sentire il peso del bicchiere o toccare con il dito il contenuto. udito: dalle voci si vede quanta gente c’è. odori: dai profumi senti quanto cibo c’è nel piatto. pieno‐vuoto 1b pieno: il pallone coi campanellini per i non vedenti, il barattolo di marmellata, un testo scritto. pieno‐vuoto: un cassetto, un bicchiere, il ristorante, un parcheggio, il frigorifero, un tegame, la vasca, una valigia, la piscina, un vassoio, il treno, una bottiglia. 1c udito: le voci dicono subito quanta gente c’è. Se il parcheggio è sotterraneo dai rumori percepisci se c’è un posto vuoto o se è pieno. tatto: diretto o mediato da strumenti. fitto‐rado 1b fitto‐rado: molta vegetazione, oppure poca se l’erba è stata tagliata; le siepi, le maglie del maglione, un bosco di alberi, il presepe può avere i pupazzetti fitti o radi. fitto: la barba , i capelli, le persone come allo stadio o all’entrata quando c’è la ressa, i tasti del pianoforte. 1c tatto: con l’esplorazione delle mani per sentire la distanza fra una pianta e l’altra della siepe, fra i pupazzi del presepe, fra i tasti del pianoforte, fra le maglie. Tatto del corpo per sentire quanta luce arriva fra un albero e l’altro nel bosco. bastone: per il fitto dei paletti lungo la strada, per il fitto delle macchine parcheggiate. ottuso‐acuto
1b‐1c acuto: una figura geometrica che disegno con il goniometro, come è fatto l’angolo del tavolo, acuto anche lo spigolo della finestra. ottuso: è una curva che quando la percorri a piedi neanche senti che è curva, quasi. profondo‐
superficiale 1b profondo: un cassetto, un mobile, la ferita, un pozzo, il mare, la piscina, un contenitore dove devi mettere qualcosa, la chiglia della barca, il pozzo di san Patrizio, una buca. superficiale: una cosa che non ha le radici, il piano di lavoro della cucina, il piatto doccia. 1c tatto: come esplorazione manuale degli oggetti, dei cassetti, dei mobili.
corpo: come strumento perché ci entri dentro nel mare, ti immergi nella profondità [Cristian è un subacqueo]. udito: per il pozzo, le grotte, si lascia andare la voce e si sente la profondità. ampio‐
1b ampio: una villa, il mare perché è infinito, il lago, strada statale, il cielo.
49 ristretto ampio‐ristretto: il mare rispetto alla piscina, una chiesa, un capannone rispetto ad una stanza, una piazza, un prato, un corridoio stretto e lungo o invece ampio come quello degli ospedali, il capannone per gli attrezzi non è né ampio né ristretto, un supermercato. ristretto: la vasca da bagno, il box della doccia, la smart. 1c
corpo: nei posti in cui puoi entrare come strumento di misura. bastone: se si è in ambienti esterni. tatto: lo spostamento dell’aria dice se il posto, la stanza o la porta è ampia o no. udito: i suoni dicono come è lo spazio o l’ambiente in cui mi trovo. limitato‐
illimitato 1b
limitato: un giardino recintato, di un ambiente il limite è il muro, qualsiasi oggetto che ha una forma ha anche un limite, un tavolo se ne percorro con la mano il bordo, i fogli. illimitato: Illimitato è lo spazio quando sono fuori. È la forza del vento, illimitato può essere andare in barca sul mare. 1c
tatto: il limitato lo si percepisce con il tatto, percorrendo tutto il bordo degli oggetti, la pelle per sentire lo spostamento del vento. corpo: percezione globale di quando sei davanti al mare, di quando sei in mare sulla barca. Tab. 9 - Alcuni esempi (espressi sinteticamente) di esperienze citate dai soggetti in risposta alla
domanda “Dove esperisci la dimensione XY?” per le 14 dimensioni della classe della
Quantità/Estensione (in appendice sono riportate le trascrizioni integrali).
Qui di seguito riportiamo alcune osservazioni che emergono dalle lettura
comparata delle esperienze riportate dai 10 soggetti per la stessa dimensione o dal
confronto tra dimensioni.
Lontano-vicino: Nella fase pilota dello studio era risultata una dimensione a
forte ancoraggio percettivo. Per questo si è ritenuto opportuno presentarla come
prima coppia dell’intervista, così da stimolare l’ attenzione del partecipante a
centrarsi percettivamente da subito. Vicino è lo spazio usato per orientarsi. È una
dimensione dello spazio fondamentale fatta di oggetti molto familiari che fungono
da cardini orientativi, da veri e propri punti di ancoraggio del movimento nello
spazio circostante. Se in spazi aperti, il vicino è dei muri (che sono l’oggetto
indicato più spesso e per primo), dei pali, delle macchine ferme. Se in spazi chiusi,
il vicino è esperito in riferimento ai mobili (risposta più frequente e data per prima)
in genere e quelli più insidiosi, in particolare quindi alle ante delle finestre aperte, ai
50 tavolinetti bassi, ai tappeti, oppure al contrario in riferimento agli oggetti più alla
mano come gli strumenti sulla scrivania (distanze fisse misurate fra loro e fra loro e
la propria mano). Il vicino è quindi associato ad oggetti che sono un pericolo per
l’incolumità fisica ma una volta individuati con precisione costituiscono le
coordinate spaziali che orientano il movimento in condizioni sicure. Come
evidenzia la Tab. 9 il lontano presenta meno contestualizzazioni.
Lungo-corto: “Serve al riconoscimento degli oggetti e alla descrizione
dell’oggetto più che dello spazio” è quel che un partecipante dice e fotografa bene
una considerazione stimolata dagli esempi prodotti. Molti partecipanti, infatti
parlano di qualità utile per identificare l’oggetto allo stesso modo della sua forma,
del suo peso. Sembrerebbe che nel mondo dei ciechi questa dimensione sia più nella
classe della forma che in quella della quantità/estensione. Poche sono le
contestualizzazioni che riguardano gli spazi aperti: il tratto di strada o il percorso e
la via sono esempi prodotti da quasi tutti i partecipanti. Molteplici le
contestualizzazioni di oggetti, di situazioni nell’ambito di ambienti chiusi. Per
questa dimensione prevalgono esempi di lungo e/o corto insieme. Dagli esempi
prodotti sembra che i poli abbiano una correlazione percettiva molto forte. La
dimensione va dal corto dell’ago al lungo della via. I canali sensoriali coinvolti
sono il tatto per gli oggetti, il corpo come mezzo di misurazione per i percorsi e
l’udito per gli ambienti chiusi quando si tratta di percepire il lungo corto delle
pareti, del divano o del tavolo su cui ci sono persone.
Grande-piccolo: come per lungo-corto, i partecipanti producono il maggior
numero di contestualizzazioni che contengono entrambi i poli della dimensione. Per
il solo polo grande, gli esempi più citati sono la piazza e la stanza. Quasi tutti i
partecipanti hanno riferito questa dimensione alla taglia del cane, per il quale la
coppia di contrari grande-piccolo sembra costituire un una qualità saliente. Dalle
verbalizzazioni si individua una specie di zoommata del racconto che nel riferire le
situazioni a misura d’uomo o a portata di mano (quindi del piccolo) diviene più
specifico, minuzioso, si riempie di concreto rispetto alle contestualizzazioni del
grande. Anche i canali sensoriali sono gli stessi della dimensione precedente ma qui
ha una rilevanza maggiore l’udito. Attenzione: udito in sé, non il suono. “Se ci fai
caso quando entro l’orecchio ti dice già se la stanza è vuota, è piena, è grande, è
piccola. Puoi sbagliare di poco. Poi è chiaro, se fai un rumore tu…”( Emilio).
51 Questo “udito in sé” viene riferito dai partecipanti come canale sensoriale tattile;
sembra esserci una percezione che avviene nell’orecchio molto prossima a quella
tattile. I suoni e l’eco sono ottimi rilevatori del grande-piccolo sia di un ambiente
chiuso o aperto sia delle dimensioni degli animali.
Largo-stretto: Le contestualizzazioni solo per il largo sono pochissime. In alcuni
casi il partecipante riferisce una stessa contestualizzazione alla qualità largo e
stretto, ma mentre per il largo lascia la contestualizzazione generica, per lo stretto
va immediatamente nello specifico; ad esempio, cita l’ambiente per il largo, che
diviene ambiente stretto del posto sull’autobus, abitacolo della macchina, il
ristorante affollato che non consente di alzarsi quando si tratta di descrivere
l’esperienza di stretto. Un partecipante ha prodotto contestualizzazioni solo dello
stretto. L’impressione che si ricava è di una dimensione ancorata percettivamente al
polo dello stretto. Come vedremo, il dato relativo alla anisotropia dei poli non va
nella direzione suggerita da questa osservazione, non presentando lo stretto un
valore di importanza significativamente maggiore del polo opposto (cfr Tab. 14) e
questo suggerisce allora che la maggior concretezza dei riferimenti allo stretto sia
un dato indipendente, che non è necessariamente espressione di una valutazione di
importanza. Il corpo inteso come strumento strategico di misurazione è centrale.
Largo- stretto sono qualità egoriferite nel mondo dei ciechi congeniti.
Alto-basso: pochissime sono le contestualizzazioni valide per entrambe i poli, ad
eccezione della persona percepita alta o bassa sempre in relazione alla propria
altezza. Nell’ipotesi che la produzione di contestualizzazioni abbia una qualche
relazione
con
il
problema
dell’unidimensionalità
dei
contrari,
qui
l’unidimensionalità della coppia di opposti sembrerebbe essere messa a dura prova.
Fatta eccezione per la persona (che è un contesto sempre riportato per alto-basso
insieme), tutte le altre contestualizzazioni sono riferite ad uno solo dei due poli,
come se quello che conta fosse l’azione sottostante alla percezione di alto e basso
rispetto a sé: tutte le atre contestualizzazioni richiamano l’esperienza di oggetti che
sono bassi o alti nel senso di luoghi in alto e in basso rispetto all’assetto
propriocettivo del corpo (quindi localizzazioni spaziali più che un dato estensivo in
senso stretto, e quindi non percepiti come qualità in un continuum).
Grasso-magro: risulta una dimensione percepibile nei corpi delle persone, nelle
loro voci, negli animali. Solo un partecipante riferisce di grasso dei cibi. La voce è
52 l’esperienza più discussa dai ciechi. Per alcuni è essa stessa grassa-magra, per altri
è indicativa della fisicità di una persona perché il suono trova cause dirette nella
conformazione fisica; per altri lascia immaginare come è la persona, ma è un
elemento che non è supportato da dati certi per cui viene descritta come percezione
poco affidabile Una strategia insolita per percepire il grasso o magro delle gambe
riferita da un solo partecipante è quella di ascoltare il fruscio dei jeans….
Spesso-sottile: è una dimensione che al di là della difficoltà iniziale, ha prodotto
contestualizzazioni molto diversificate. Come dice Giulia è una dimensione che
riguarda esclusivamente l’esplorazione degli oggetti, e infatti non ci sono affatto
contestualizzazioni riferite ad ambienti o spazi in genere. Sono qualità dei cibi ( per
cui si va dal sottile della fetta di vitello tonnato allo spesso delle bistecche), dei
tessuti (partendo dal velo fino ad arrivare allo spessore del lino), dei fili (da quello
sottilissimo per infilare i bottoni allo spago), delle carte (dalla velina al cartone). È
una dimensione in cui le contestualizzazioni hanno presentato situazioni chiare di
variazione della proprietà in riferimento ad uno stesso tipo di oggetto.
Tanto-poco: è risultata una dimensione che sembra saturare alcune esperienze
specifiche in quanto i partecipanti hanno prodotto gli stessi identici esempi.
Relativamente agli ambienti, è esperita come percezione di affollamento, di
tanta/poca gente; per gli oggetti è esperita negli alimenti, come quantità di cibo nel
piatto o dentro il frigo, quantità di acqua o vino nel bicchiere. Non ci sono
contestualizzazioni di un solo polo. I partecipanti riferiscono come strategia per
percepire il tanto-poco dell’acqua o del vino quella di toccare con il dito il livello
del liquido o di soppesare il bicchiere.
Pieno-vuoto: anche per questa coppia di contrari i partecipanti riferiscono
perlopiù contesti unitari per entrambe le qualità. Le contestualizzazioni prodotte, i
canali sensoriali interessati, le strategie esplorative utilizzate e le considerazioni che
ne conseguono sono risultate molto simili a quelle prodotte per la dimensione tantopoco. Può essere di qualche rilievo considerare che a fronte del fatto che le due
dimensioni mappano esperienze identiche molto simili, nessun partecipante ne ha
fornito una condivisione complessa sicché questa relazione di identità fra le due
dimensioni non è esplicita.
Fitto-rado: è risultata una dimensione difficile, poco condivisa e di difficile
contestualizzazione. Chi non la percepisce ha esplicitato che ne conosce il
53 significato attraverso il dialogo che scambia con i vedenti, ma che è una esperienza
che direttamente non gli appartiene, che non gli arriva dai suoi sensi. Chi la
percepisce ha esplicitato tecniche esplorative molto precise (ad esempio:per gli
alberi l’abbassamento di temperatura sul viso per l’ombra che proiettano, la siepe
scansionata
con
il
bastone)
testimoniando
una
condivisione
fondata
percettivamente.
Ottuso-acuto: solo Cristian ha prodotto contestualizzazioni percettive. Pochi altri
partecipanti hanno tentato di contestualizzare questa dimensione partendo dal fatto
che a scuola ne hanno conosciuto la valenza geometrica, ma il compito li ha resi
consapevoli che percettivamente sono qualità che non hanno una applicazione
diretta saliente alla loro esperienza fenomenica di spazio.
Profondo-superficiale: le contestualizzazioni hanno riguardato prevalentemente
il profondo. Se la capacità di trovare esempi è indicativa dell’ancoraggio percettivo
delle proprietà, questa dimensione sembrerebbe trovare un più forte ancoraggio nel
polo del profondo, ma anche qui il dato sull’anisotropia dell’importanza dei poli
non va nella direzione di questo rilievo in quanto il valore riportato da profondo non
è significativamente più elevato di quello per superficiale (cfr Tab. 14). Di nuovo
questo dato suggerisce che la capacità di elencare esempi numerosi e concreti di
un’esperienza non sia in relazione diretta alla valutazione della sua importanza
nell’esperienza spaziale e che le due questioni testimonino aspetti diversi
dell’esperienza di spazio. Alcuni partecipanti hanno messo a tema l’asse su cui si
percepisce il profondo: il cassetto è profondo in orizzontale, mentre il mare lo è in
verticale. È stato messo a tema anche il problema della contrarizzazione: il cassetto
è profondo, ma il suo contrario non è superficiale, è poco profondo. Nessuna
contestualizzazione proposta è stata riferita ad entrambi i poli.
Ampio-ristretto: è una dimensione che molti partecipanti hanno ricondotto a
largo-stretto. Anche per questa coppia emerge una tendenza a riferire
esemplificazioni uniche per entrambe le qualità contrarie, ma si può notare un
differente centramento percettivo. Nella dimensione largo-stretto emerge
l’assunzione del riferimento al proprio corpo (dimensione egoriferita), mentre per
ampio-ristretto la relazione indicata è generalmente fra due luoghi o situazioni o
oggetti, relazione che risulta inserita comunque nello spazio peripersonale. Sembra
delinearsi una struttura di riferimento percettivo egocentrica decentrata quale quella
54 descritta negli studi Coluccia, Mammarella e Cornoldi (2009), dei quali discuteremo
nel capitolo dedicato ai risultati.
Limitato-illimitato: 6 dei 9 partecipanti che hanno condiviso questa dimensione
lo hanno fatto per quanto riguarda il polo del limitato. Riporto qui alcune frasi dei
soggetti che ben argomentano questa difficoltà:”Ma è diverso, però: non è bianco e
nero. Non possono essere due poli di una stessa esperienza, perché uno, il limitato,
può essere percettibile, mentre l’illimitato non è percettibile. E’ esperibile questa
dimensione, ma solo sul polo del limitato” (Roberta). “Sì, la esperisco, ma tutta sul
polo del limitato. E’ chiaro che tutto quello che esperisco è di per sé molto limitato.
Di questo “molto limitato” quello che posso esperire è che quello che per me è
illimitato in realtà è limitato”(Giulia). “L’illimitato secondo me lo sperimenti solo
con lo sguardo: non lo puoi sperimentare col corpo, perché col corpo sperimenti
solo l’ampio. Cioè sperimenti l’ampio alla stessa stregua dell’illimitato: non so se
mi spiego. Intendo dire che l’illimitato io lo percepisco come percepisco l’ampio,
cioè che non lo percepisco e basta” (Claudia). “Con il tatto posso capire che un
tavolo ha un limite, è limitato. Un oggetto è limitato: tu lo tocchi e oltre a quello
non c’è niente perché è limitato. Percepisco uno spazio con l’orecchio, ma per la
categoria dell’ampiezza, che può essere anche uno spazio limitato; ma illimitato
no. Il cielo io non lo percepisco.” (Emilio).
55 3.3.1.2. Condivisione delle dimensioni appartenenti alla classe della forma
Frequenze di condivisione. Per questa classe di dimensioni, i soggetti hanno
espresso in modo netto la risposta con un sì o no. Non ci sono né condivisioni
complesse né condivisioni parziali.
Delle 10 dimensioni appartenenti alla classe della forma, 4 sono condivise da
tutti i soggetti, 4 sono condivise da più della metà dei soggetti e 2 da meno della
metà dei soggetti
(Cfr. Tab.10 ).
classe FO FO FO FO FO FO FO FO FO FO dimensione
ordinato‐disordinato
diritto‐storto*
aperto‐chiuso
immobile‐mosso
arrotondato‐angoloso
semplice‐complicato
regolare‐irregolare
completo‐incompleto
simmetrico‐asimmetrico
concavo‐convesso
frequenza
10
10
10
10
9
8
6
6
4
3
Tab. 10 - Coppie di contrari appartenenti alla classe della Forma, ordinate secondo frequenza di
condivisione decrescente.
* Da intendersi come proprietà forma di un oggetto, non come orientamento spaziale.
Rispetto all’ipotesi che questa classe potesse essere più difficilmente condivisa
dai ciechi congeniti piuttosto che dai normodotati per la competenza di sintesi che
richiede a fronte della sequenzialità e analiticità della percezione tattile, i risultati
evidenziano che non ci sono dimensioni non condivise da alcun soggetto. Tuttavia
rispetto alle altre due classi, questa è quella in cui le frequenze di condivisione di
ciascuna dimensione sono generalmente più basse.
Contestualizzazioni e canali sensoriali. Nella Tab.11 sono riportate in modo
schematico e riassuntivo i luoghi, le situazioni e gli oggetti in cui i partecipanti
esperiscono le qualità contrarie della classe della forma.
56 Classe item Report
ordinato‐disordinato 1b ordinato: quando tutto è a posto in cucina. Ordinato è quando ci sono tutte le cose al loro posto, quando non inciampo, non vado a sbattere perché tutto è in ordine. Metto le bottiglie tutte nel verso dell’etichetta, il tapis roulant lo metto sempre in ordine dopo averlo fatto se no ci vado a sbattere, nell’archivio ogni cosa è al suo posto, gli asciugamani debbono essere ben ordinati e divisi secondo il tipo, ordinato è il mio armadio che lo metto a posto io, la scrivania dove ogni strumento è al suo posto preciso, in ufficio ogni cosa sta dove deve stare. disordinato: la mia camera dopo che faccio la doccia con l’accappatoio per terra e i panni buttati sul letto. Come ho lasciato la cucina oggi. Una scrivania con le matite sparse, i fogli ovunque. Alla partita di basket c’è un gran disordine. Quando vengono i miei nipotini che lasciano le biciclettine in disordine che ci inciampo. La macchinetta del caffè che i miei colleghi la lasciano con i beccucci girati e le cialde fuori posto. 1c tatto: l’ordine parte dalla testa. Toccando il cassetto vedo se ogni cosa è al suo posto con l’esplorazione manuale. Per cercare qualcosa sul tavolo l’esplorazione manuale non deve essere casuale, ma rispettare la forma del tavolo e coprirne tutta la superficie. percezione plantare: si procede negli spazi sempre lentamente con i piedi abbastanza aderenti al terreno in modo da vedere eventuali ostacoli o dislivelli del suolo. udito: fa percepire se una stanza è disordinata perché i mobili sono al centro o ce ne sono tanti da ingombrarla. diritto‐storto
dritto: il bastone della tenda, il righello, la barra braille è dritta. dritto come un bastone sono io quando ero sul palco ero rigido, anche quando cammino lo sono. Il lato di un tavolo, la penna. storto:l’applique che ho montato l’altro giorno, il filo attorcigliato, la gruccia attaccapanni è storta perché è ricurva come le spalle, la scrivania perché è a elle. La strada che faccio per venire giù da Gabicce a piedi non la sento che è storta, ma in macchina sì. Il cucchiaio, la parete della nostra camera da letto. 1c tatto: se si tratta dei mobili o degli oggetti che addirittura più che esplorarli li puoi prendere in mano per vederli. percezione plantare: per il dritto o storto della strada, per il dritto del marciapiede, dell’asfalto. bastone: è utile per sapere se la strada è dritta o dove comincia a curvare. arrotondato‐
1b arrotondato: il tavolinetto attorno all’ombrellone, una colonna, le aiuole, il mobile che ho qui dietro, il canestro, la vasca 57 angoloso idromassaggio, la base del monitor del computer, i posacenere, i tasti della barra Braille. arrotondato‐angoloso: muro, i piatti ci sono rotondi o quadrati, la sim del cellulare è mista: è arrotondata e angolosa. angoloso: il tavolo, gli spigoli dove puntualmente vado a sbattere, il tavolinetto basso della sala dove puntualmente andavamo a sbattere ora sostituito con uno tondo. 1c bastone: sento una cosa arrotondata, oppure un’aiuola. L’uso del bastone è già una strategia: mi dà un’immagine di quello che sto sentendo. E poi implica di fare determinati movimenti per poter capire. Adesso poi c’è un bastone – costa un sacco di soldi – che attraverso le vibrazioni che senti nelle mani ti fa evitare gli specchietti dei camion, e le cose che non puoi sentire col bastone. Comodo. tatto. percezione plantare. udito: il suono e la sua eco fanno sentire se l’ambiente è arrotondato. aperto‐chiuso 1b aperto‐chiuso: la finestra, una porta, l’ombrellone, il cassetto. Uno spazio aperto è il mio terrazzo, mentre quello chiuso è la mia camera. L’aperto e il chiuso è tutto in tutto esci da una porta aperta ed entri in una stanza chiusa. Il cancello del parcheggio dove lavoro, la sbarra dei parcheggi a pagamento, l’astuccio, il telefono, le mani, le orecchie che da piccolo mi si chiudevano spesso, la bocca, i buchi, i negozi, la farmacia. Le vie sono aperte ma all’improvviso le possono chiudere per i lavori. Gli occhi in specie quello operato che alla sera mi si chiude da solo prima che mi addormenti. 1c tatto e braccia: per sentire la finestra, le ante dell’armadio, i cassetti dei comodini, la porta. bastone: se lo usi al supermercato non se ne può fare a meno per gli spazi fra gli scaffali. udito: per sentire i suoni, che sono fondamentali negli spazi aperti, come percezione tattile dello spostamento dell’aria per vedere la porta aperta. semplice‐complicato 1a semplice: il percorso per andare al lavoro, l’anta di un mobile, il lettore cd ha pochissimi bottoni, la bicicletta, la barra braille, il giradischi, la macchina del caffè. complicato: lo spazio del supermercato, il percorso delle grotte fra cunicoli e scalini, il sifone del lavandino ha una forma complicata, il computer. L’attraversamento della strada è uno spazio complicato perché non ha punti di riferimento, toccare le altre persone, le rotatorie, il fax. 58 1b bastone: per i percorsi e gli spazi chiusi, ma grandi e sconosciuti.
tatto: esplorazione manuale corpo: percezione globale di quando si percorre uno spazio. simmetrico‐
asimmetrico 1b simmetrico: sulla scrivania al lavoro meccanicamente metto la barra Braille, i libri, i quaderni, la tastiera del computer in posizione simmetrica fra loro o rispetto al bordo della scrivania. Simmetrico lo sperimento quando piego una maglia, le due pareti del corridoio sono simmetriche, i cassetti della scrivania, il manubrio della bicicletta, nel mio corpo le mani, i puzzle, i porticati con le colonne asimmetrico: i due bicchieri qui sopra che sono uno più piccolo dell’altro, il mio petto lo percepisco con una parte più gonfia dell’altra. 1c tatto: esplorazione manuale per tutti i piccoli oggetti e i piccoli spazi. corpo: come strumento esplorativo con cui percorri gli spazi, giri attorno alle colonne e ci trovi le relazioni simmetriche che ti aiutano a muoverti con sicurezza. immobile‐mosso 1b mosso: la barca, il mare, il vento, la folla in movimento nei supermercati. Il massimo del mosso è stata l’inaugurazione dell’ikea. La macchina in movimento, l’uccellino che vola, il cellulare, il motorino quando cammina, ogni oggetto che si muove o che si può spostare, il traffico, i videogiochi. immobile: L’armadio, un chiodo, il mio telefono, il mare, un palo, qualsiasi oggetto che stia fermo. 1c corpo: inteso come percezione globale del mosso del mare in cui è immerso, della folla alla fiera, nei supermercati, della macchina che si muove, dell’autobus che ha preso l’ultima curva dopo la quale debbo scendere. udito: come suono o rumore per qualsiasi oggetto o persona mossa. regolare‐irregolare 1a regolare‐irregolare: pavimento quando è nuovo può sfaldare una mattonella e diventare irregolare, la macchina può parcheggiare regolare o no, il suono della sirena, la distanza fra gli scalini, i suoni possono avere modulazioni regolari o no, i rumori, gli oggetti possono avere una forma regolare o irregolare. 1c percezione plantare: per sentire le irregolarità del pavimento, delle scalinate e dei percorsi in genere. udito: riferito ai suoni. corpo: senti se la macchina parcheggiata è in linea con quella vicina. bastone o cane: il cane quando c’è una irregolarità mette entrambe le zampe anteriori sullo scalino così che puoi vedere 59 la profondità e si ferma proprio fino a quando non gli ridai il via.
concavo‐convesso
1b concavo‐ convesso: è la mano, il piatto, una tazza, un secchio, i dossi della strada, la rampa dello skate. concavo: è il portacandele. convesso : è il pallone. completo‐incompleto 1c tatto: per tutti gli oggetti è l’esplorazione manuale. La rampa dello skate la faccio con il corpo, ma l’ho conosciuta con le mani. 1b Incompleto : la staccionata che siccome non abbiamo preso tutti i pezzi è così rimasta, una miniatura non finita, un piatto tagliato a metà, in un percorso se riesco ad arrivare alla fine, allora l’ho completato. Se passi la pittura su una parete senti benissimo fin dove sei arrivato e che non hai completato il muro. 1c corpo: nel caso del tragitto perché lo compi con il corpo. tatto: se fai un lavoro con il das ti rendi conto con l’esplorazione manuale se lo hai completato o no. Tab. 11 - Alcuni esempi (espressi sinteticamente) di esperienze citate dai soggetti in risposta alla
domanda “Dove esperisci la dimensione XY?” per le 10 dimensioni della classe della Forma (in
appendice sono riportate le trascrizioni integrali).
Anche per questa classe, facciamo alcune osservazioni sulle singole dimensioni.
Ordinato-disordinato: nella fase pilota dello studio, questa è risultata un coppia
di contrari molto saliente nella esperienza spaziale della forma per i ciechi congeniti
(per questo è stata presentata per prima) e infatti tutti i partecipanti ne sottolineano
la imprescindibilità per l’organizzazione della loro vita. Alcuni hanno raccontato di
psicoterapie per controllare l’ansia di ordine, o meglio della possibilità che le cose
non siano in ordine. Per avere una idea della portata di questa qualità dello spazio
bisogna pensare che un cieco che vive solo se lascia le chiavi in un punto qualsiasi
della casa la deve esplorare tutta palmo a palmo per “vedere” dove le ha lasciate.
Uno straccio o un asciugamani lasciato o caduto a terra mettono a rischio
l’incolumità del cieco. Le contestualizzazioni prodotte riguardano i due poli
distintamente. Gli esempi sono maggiori per il polo dell’ordinato, qualità che satura
gli spazi in cui i partecipanti si muovono e lavorano, quindi la cucina, la camera -
60 soprattutto armadio e cassetti - , la scrivania dell’ufficio, in cui gli oggetti hanno
generalmente una disposizione precisa al millimetro.
Dritto-storto: è una dimensione che può essere riferita a qualità percettive
differenti: può essere una qualità relativa all’orientamento, come nel caso del
quadro storto sul muro, oppure una qualità della forma, come nel caso di un ramo
dritto o storto. Veniva esplicitato ai partecipanti che la qualità che ci interessava era
la seconda. Tuttavia alcuni partecipanti hanno sollevato la questione della
connotazione di conforme-deforme di queste proprietà: alcuni hanno detto per
esempio che il cucchiaio è storto, ma quella è la sua forma, non è storto (deforme)
mentre avrebbe dovuto invece essere dritto. Le grucce sono storte perché seguono la
forma delle spalle, non perché si sono storte (deformate).
Arrotondato-angoloso: le qualità in questione mappano esperienze percettive di
ambienti, stanze, pareti, oltre che di oggetti manipolabili. Alcuni partecipanti hanno
riferito di un palazzo, a Tirrenia, costruito per i ciechi nel senso che nelle intenzioni
avrebbe dovuto facilitare l’accesso e la fruibilità da parte di non vedenti. È una
costruzione che ha pareti arrotondate e ha scalini e percorsi a terra segnalati con
rilievi della superficie. Il risultato sembra essere l’opposto di quello voluto: uno
spazio estremamente pericoloso perché i rilievi del pavimento e degli scalini fanno
inciampare il cieco che è solito deambulare col piede a contatto con il suolo. Le
pareti arrotondate, poi, non consentono alcun orientamento (analizzando la
dimensione vicino-lontano è emerso che il vicino è esperito rispetto ai muri, alle
pareti, che sono ancoraggio percettivo per l’orientamento dei non vedenti). Quello
di Tirrenia è uno spazio in cui i ciechi autonomi entrano solo con guida vedente
(frutto di un approccio “visivo” alla percezione dei non vedenti?).
Aperto-chiuso: è una dimensione che ha suscitato contestualizzazioni uniche per
entrambe le qualità contrarie; nessuna esperienza è solo del chiuso o solo
dell’aperto. Le contestualizzazioni sono state numerose e vivaci. Finestra e porta
risultano i luoghi dell’aperto-chiuso più frequenti ed immediati, tutti gli altri sono
esperienze di ambienti riferiti al proprio specifico quotidiano.
Immobile-mosso: Il mare in cui il corpo si immerge è risultato l’esperienza
tattile più comune ed immediata di mosso. Non ci sono esperienze che sono state
riferite dai partecipanti per entrambe le qualità contrarie. Così anche il mare che per
molti soggetti è esperienza di mosso, per altri è stato riferito come esperienza di
61 immobile, ma nessuno lo ha indicato come a volte immobile e a volte mosso. Lo
studio non prevedeva la contestualizzazione degli intermedi, cioè dell’esperienza di
né immobile né mosso ma un partecipante ha riferito dell’intermedio di né
immobile-né mosso. Invitato ad identificare l’esperienza percettiva di questo stato, il
soggetto ha prontamente indicato il tapis-roulant. Questa contestualizzazione offre
lo spunto per richiamare una questione accesa nella ricerca fenomenologica a
proposito degli intermedi; se essi siano una esperienza percettiva di né-né o di siasia (il tapis-roulant è un caso di sia-sia).
Semplice-complicato: è risultata una dimensione difficile da contestualizzare e
debole percettivamente tanto che spesso slitta verso altri piani soprattutto quello
dell’azione e del comportamento. Un oggetto semplice, spesso è stato inteso come
semplice nell’uso. Non ci sono state contestualizzazioni che hanno riferito di una
identica esperienza che può essere semplice o complicata. Il semplice è dei percorsi
quotidiani, degli oggetti alla mano, con cui si traffica tutti i giorni. Il complicato è
di alcuni strumenti acquistati recentemente o di percorsi ingombri di oggetti o di
persone; o, al contrario, di percorsi privi di riferimento come rotatorie e
attraversamenti. Complicato è, come dice Simone, “toccare le persone... perché devi
proprio accarezzarle con tutta la mano morbida e aperta. Poi ci vuole un po’ per
capire come sono fatte. Io ho imparato solo adesso: io ho imparato solo a teatro a
fare così... per riuscire a usare le mani bene ci sono volute le mani e i piedi delle
altre persone”. Anche questa caratterizzazione del semplice complicato enfatizza
una embolied cognition dello spazio (così come, pur in un senso diverso, la
centratura egoriferita di diverse proprietà della classe delle quantità/estensione,
come vicino e lontano, ad esempio).
Regolare-irregolare: è una dimensione che presenta solo contestualizzazioni
uniche per entrambi le qualità. Condivisa da pochi soggetti, s’é rivelata con facile
sconfinamento nel ritmico: molti richiami sono stati fatti al suono delle sirene, delle
piogge, della doccia che scorre, oltre che alla disposizione, per esempio, delle
macchine (dove di nuovo regolare suggerisce distanze ritmicamente uguali e
posizionamenti costanti). Regolare-irregolare per i partecipanti che l’hanno
condivisa satura l’esperienza delle scalinate e della pavimentazione.
Completo-incompleto: è risultata una dimensione condivisa da pochissimi
partecipanti. Chi non l’ha condivisa è perché ne ha consapevolezza sul piano
62 cognitivo, sa che si riferisce ad una esperienza di sintesi, ma percettivamente la
identifica in termini di chiuso-aperto o di pieno-vuoto. Può essere utile riportare per
esteso le parole riferiteci in merito da due partecipanti.”No. In termini spaziali no.
Allora più i termini di concavo-convesso, in termini di spazio aperto o chiuso. Se
sei in una sala d’attesa se ci sono posti o se sono tutti occupati non abbiamo
percezione d’insieme e li dobbiamo passare uno alla volta. La cosa è più esperibile
come pieno-vuoto però comunque noi non abbiamo la possibilità di esperire se c’è
un posto libero oppure no”. E ancora “Ma quello noi no. In una sala, in un cinema
noi cogliamo pochissimi l’insieme: giusto se ci sono rumori, se battono le mani,
allora puoi capire se è affollato o no; ma mai se è completo. E comunque ricade
nella proprietà pieno-vuoto”.
Simmetrico-asimmetrico: condivisa solo da 4 partecipanti; uno dei soggetti
(Cristian) la riferisce all’esperienza del proprio corpo, che descrivere per altro come
esperienza di poco simmetrico: “Nel mio corpo le mie mani sono uguali, quasi; poi
il mio viso lo percepisco simmetrico, parte destra e parte sinistra. Il petto è
asimmetrico, nel senso che da una parte mi sembra di essere più gonfio, dall’altra
meno…”. E’ molto evidente comunque in tutti gli esempi il riferimento ad azioni
che, a partire dalla simmetria del proprio corpo, riconoscono nello spazio questa
proprietà (la percezione di simmetria del manubrio a partire dall’impugnarlo con le
due mani, simmetricamente rispetto al proprio corpo, così la simmetria dei maglioni
esperita quando li piego, delle colonne di un porticato, ecc).
Concavo-convesso: dimensione percepita solo da 3 partecipanti. Di nuovo un
soggetto (Cristian) colpisce per la sua capacità percettiva: è l’unico partecipante che
condivide tutte le dimensioni e con contestualizzazioni molto concrete e specifiche.
Il concavo lo esperisce nella rampa da skate. Il senso coinvolto è quello tattile, e la
contestualizzazione di Cristian offre ancora una chiara testimonianza di quanto la
mano sia strumento percettivo “a statuto speciale” nel modo dei ciechi congeniti:
“appena l’ho vista (la rampa da skate) l’ho conosciuta con le mani; poi col corpo”.
63 3.3.1.3. Condivisione delle dimensioni appartenenti alla classe della
posizione
Frequenze di condivisione. Delle 5 coppie di contrari che appartengono alla
classe della posizione tutte sono risultate condivise dalla totalità dei soggetti o dalla
totalità meno 1 (Tab.12). E’ interessante che la dimensione verticale-orizzontale sia
quella risultata condivisa da 9 dei 10 soggetti, dato che è una dimensione molto
saliente nel sistema percettivo normodotato dato che “delle tre direzioni
fondamentali, solo quelle sagittale e gravitazionale vengono dette da Howard e
Templeton (1966) fondamentali, e ricondotte rispettivamente alla direzione
biologica del vettore di movimento, la prima, e all’esperienza della gravità,
ineludibile per un terrestre, la seconda. La direzione coronale, sebbene necessaria
ad esaurire la descrizione dello spazio ambientale, sembrerebbe non avere lo stesso
peso. La primarietà delle prime due direzioni emerge anche dai dati sperimentali di
Bryant, Lanca e Tversky (1995) sulla percezione diretta di oggetti collocati di
fronte, dietro, sopra, sotto a destra, a sinistra di un osservatore, coerentemente con
quanto già emerso rispetto alla memoria di descrizioni narrative (Bryant, Lanca e
Tversky, 1995; Franklin e Tversky, 1990) o di scene reali (Bryant e Tversky,
1992).” (Savardi e Bianchi, 2000 p. 62).
CLASSE
PO PO PO PO PO DIMENSIONE
sopra‐sotto
davanti‐dietro
destra‐sinistra
inizio‐fine
verticale‐orizzontale
CONDIVISIONE
10
10
10
10
9
Tab. 12 - Coppie di contrari appartenenti alla classe della Posizione ordinati secondo frequenza di
condivisione decrescente.
Alcuni partecipanti ciechi riferiscono un’esperienza di verticale-orizzontale in
termini di rotazione dell’altezza, non come ortogonale rispetto al piano terra.
Emilio, per esempio, percepisce l’orizzontale come rotazione del verticale. Ha un
block-notes in mano e se lo tiene dritto è verticale se lo ruota di 45° diventa
orizzontale. Il pulmino per altezza è verticale, per lunghezza è orizzontale:
64 “Verticale va dall’alto al basso, orizzontale è destra sinistra. La scala è verticale e
gli scalini orizzontali. Il tavolo verticale e il suo piano orizzontale.” L’analisi
dell’interazione verbale e gestuale rileva che Emilio percepisce verticaleorizzontale come strutturalmente correlati dentro un riferimento oggettuale, dove il
verticale è l’alto e l’orizzontale il lungo. Orizzontale-verticale non sono riferiti in
termini di relazione ortogonale o parallela con il piano terra. La coppia verticaleorizzontale è percepita in stretta correlazione dell’oggetto, dove l’orizzontale è
definito rispetto ad un verticale dell’oggetto, non rispetto al piano su cui l’oggetto si
situa. Claudia dice che la forchetta è orizzontale perché quella è la sua forma. Per
avere un quadro del grado di difficoltà a cui aprono le contestualizzazioni dei
soggetti riporto quella di Simone:” La camminata è verticale. Il letto dipende in che
posizione sono. Se sono o prono o supino è verticale; se invece sono o sul fianco
destro o sul fianco sinistro è orizzontale”.
I risultati della Tab.12 potrebbero essere un incoraggiamento a valutare
l’opportunità di condurre uno studio approfondito circoscritto agli assi sagittale,
gravitazionale e coronale nell’ipotesi che la supremazia dell’asse gravitazionale sia
correlato alla percezione visiva. classe sopra‐sotto Item 1b 1c davanti‐
dietro 1b 1c destra‐
sinistra 1b Report
sopra‐sotto nel pensile c’è la pasta di oggetti fra di loro, sopra sotto è fondamentale delle cose sulle mensole, sopra la sedia ci sono io, sotto la sedia il pavimento. Il piano di sopra e quello di sotto. Sopra al tavolo dove ci sono gli oggetti come il computer. udito: i suoni sono informazioni fondamentali per il sopra‐sotto. tatto: per il sopra‐sotto fra gli oggetti di piccole dimensioni, raggiungibili.
corpo: per il sopra‐sotto rispetto a sé stessi. davanti‐dietro: una macchina se è davanti a me, una persona se è davanti o dietro me, il mio corpo, un bicchiere davanti ad un piatto o il piatto dietro al bicchiere, dietro a me c’è la spalliera davanti il tavolo, dietro a me c’è la macchina da scrivere davanti ci sei tu, persone avanti e dietro, una processione, la maglia ha il davanti e dietro dove c’è l’etichetta, un palazzo ha il davanti e dietro. Davanti a me in ufficio c’è il collega, dietro c’è un muro e dietro una stanza, davanti a me c’è un quadro e dietro la porta, davanti o dietro della macchina. tatto: per il davanti. Una volta che allargo le braccia tutto quello che ho davanti è davanti, tutto il resto è dietro. corpo: per il davanti o dietro. destra‐sinistra: un oggetto è a destra o sinistra, la macchina viene da destra o sinistra, in ogni percorso bisogna valutare se le porte i passaggi sono a destra o a sinistra, il percorso da casa al lavoro, il corridoio di casa, il campanello di una casa, al mare a destra dove non c’è rumore c’è il mare a sinistra dove c’è rumore c’è la spiaggia, quando vado in bagno mi tengo sulla parete sinistra, le ante della finestra e le persiane sono una a destra e una a sinistra, la mappa spaziale che ho nel cervello è 65 tutta in base a destra‐sinistra
udito: se all’esterno per le macchine o per le persone è importante l’udito, l’udito è il più importante, se cade qualcosa la ritrovi se sei stato attento al rumore se è caduta a destra o sinistra. tatto: per gli oggetti se sono disposti a destra o sinistra. bastone: quando vai avanti col piede destro mandi avanti il bastone verso sinistra, e viceversa, il bastone si fonda sulla destra‐sinistra. verticale: un mobile, una forma a cui presto attenzione è il gazebo, una colonna, i piatti dentro il pensile, i libri nella libreria, verticale è quella che si fa in palestra. verticale‐orizzontale: i cruciverba, io se dormo o se cammino. orizzontale: una pila di libri, la tovaglia sul tavolo. tatto: più che altro il tatto. L’esplorazione aptica, da piccola mi hanno insegnato. E poi ho fatto il corso di orientamento. bastone: per i luoghi esterni. suono: per il ritorno che dice del muro verticale o del palo. inizio‐fine: di un oggetto, del percorso che debbo fare, un film.L’inizio di un appartamento è l’ingresso, ma la sua fine qual è? di un marciapiede è più certo. Inizio‐fine di un libro è anche spaziale perché diminuiscono le pagine, la scarpa come punta e tacco. Inzio‐fine del gelato. tatto: per gli oggetti sicuramente il tatto.
percezione plantare: per gli isolati, per i percorsi. 1c
verticale‐
orizzontale 1b
1c
inizio‐fine 1b
1c
Tab. 13 - Riduzione di alcuni esempi di esperienze citate dai partecipanti in risposta alla domanda
“Dove esperisci la dimensione XY?” per le 5 dimensioni della classe della Posizione (in appendice
sono riportate le trascrizioni integrali).
Contestualizzazioni e canali sensoriali. Per 4 delle 5 dimensioni è valido il
rilievo di una grande facilità di contestualizzazione, fluida ed immediata. Le
contestualizzazioni sono state tali che ogni esperienza riferita conteneva entrambe
le qualità contrarie, ossia ogni dimensione è riferita come contrarizzazione della
stessa
qualità.
In
riferimento
all’ipotesi
di
unidimensionalità,
qui
le
contestualizzazioni sembrano andare in direzione unidimensionale. Fa eccezione
verticale-orizzontale per la quale si è riscontrata incertezza e difficoltà diffusa nelle
risposte dei partecipanti. Le contestualizzazioni sono sia uniche per entrambi le
qualità come nel caso del corpo, del cruciverba, delle costruzioni, e in generale per
tutti i casi in cui dall’uno all’altro si passa attraverso rotazione, sia specifiche e
distinte, quando riferite all’orientamento standard degli oggetti (es. le colonne, i
libri nella libreria o i piatti nella piattaia…).
sopra-sotto: è stata contestualizzata come relazione spaziale di oggetti fra loro, o
come relazione spaziale egoriferita. La contestualizzazione più immediata e
frequentemente prodotta è stata “il piano di sopra o di sotto”. Una descrizione che
66 in qualche misura suggerisce l’importanza dell’udito nell’esperienza del sopra è
“sopra percepisco il cielo se passa un elicottero, se no finché le stelle non mandano
un suono, il cielo non lo percepisco”.E infatti la localizzazione del sopra rispetto al
proprio corpo è stata indicata con inizio fra pancia e testa per poi estendersi oltre le
braccia alzate fin dove giunge un suono. Il sotto è stato generalmente identificato
con lo spazio che è fra pancia e piedi; per alcuni soggetti in modo puntuale sotto i
piedi.
davanti-dietro: è la dimensione le cui contestualizzazioni sono state più
contingenti, nel senso che hanno trovato ancoraggio percettivo nel qui ed ora della
situazione sperimentale. Sono state molto estese, ricche di situazioni ognuna
ampiamente circostanziata. Il davanti generalmente è tutto quello che sta entro
l’apertura delle braccia, per alcuni più circoscritto a quello che sta davanti al
proprio viso. Le esperienze del davanti coinvolgono il canale sensoriale del tatto
come esplorazione manuale e come corpo globale, mentre le esperienze del dietro
coinvolgono prevalentemente l’udito. I canali sensoriali distinti non hanno impedito
contestualizzazioni unidimensionali riferite allo stesso oggetto posto ora davanti,
ora dietro.
inizio-fine: è dei percorsi in generale e nello specifico dei tunnel, dei
marciapiedi, dei sottopassi. Fra gli oggetti è più frequentemente riferito
all’esperienza di inizio-fine del tavolo. C’è stata una diffusa tendenza a slittare verso
esperienze non spaziali ma spazio-temporali, riferendosi all’inizio-fine di canzoni,
discorsi, prove teatrali, film.
67 3.3.2. Risultati importanza delle dimensioni
Dopo aver invitato i soggetti a darci informazione sulla condivisione (parte 1 del
questionario), sulla struttura metrica (parte 2) e topologica (parte 3) di tutte le
dimensioni appartenenti ad una classe, si chiedeva loro di stimare l’importanza12 di
ciascuna dimensione (parte 4 del questionario) usando una scala da 1 a 10 (con 10
che esprime massima importanza e 1 minima importanza). Anticipiamo questo dato
all’analisi metrica e topologica, perché è interessante notare da subito la sua
concordanza/discordanza con il dato della condivisione. La Figura 3 in cui sono
rappresentati i punteggi medi di importanza di ciascuna dimensione, offre una
visione di insieme dell’importanza attribuita dai soggetti alle singole dimensioni,
entro le tre classi studiate. 12
La domanda veniva verbalizzata nel modo seguente “(la dimensione xy) quanto è necessaria a
descrivere la vostra esperienza di spazio? Necessaria in quanto se si eliminasse questa dimensione
non si potrebbe descrivere un aspetto per voi qualificante dello spazio”. 68 Fig. 3 – Giudizi medi di importanza attribuiti dai partecipanti ciechi congeniti alle 29 dimensioni
spaziali (le valutazioni sono state espresse solo dai soggetti che avevano dichiarato di esperire la
dimensione – cfr. Fig 2 p. 33).
Va osservato innanzitutto che le dimensioni che sono risultate poco condivise
(cfr. par 3.3.1, Fig 2) sono anche quelle che sono state valutate qui come meno
importanti. Di contro, le dimensioni che sono state ampiamente condivise dai
soggetti hanno ottenuto valori di importanza mediamente molto elevati; 21 delle 29
dimensioni presentate hanno valore di importanza medio ≥7 il che suggerisce che
tanto quanto erano salienti nell’esperienza dei vedenti (dato emerso non da un
compito simile a questo ma dalla fase preliminare in cui le dimensioni erano state
generate), queste dimensioni lo sono anche nell’esperienza dei ciechi congeniti.
Il confronto tra i punteggi medi attribuiti alle varie dimensioni (ANOVA a una
via, per misure ripetute) è risultato significativo (F28,
224=3.8961,
p<0.001). In
particolare l’importanza attribuita a ottuso-acuto, fitto-rado e concavo-convesso è
risultata significativamente inferiore a tutte le altre dimensioni (post hoc LSD p
<0.001) ma non diversa tra le tre.
Analizzando per classe di contenuto, le differenze emerse dai confronti post hoc,
nella classe della quantità/estensione, fitto-rado e ottuso-acuto sono risultate
significativamente meno importanti di tutte le altre dimensioni (LSD<0.001).
Sempre nella classe della quantità/estensione grasso-magro è risultata meno
importante di lontano-vicino (LSD=0.005), lungo-corto (LSD<0.05), grandepiccolo (LSD=0.005) e profondo-superficiale (LSD<0.05). Le dimensioni che
hanno ottenuto valore medio di importanza più elevato (prossimo al 9) sono
lontano-vicino e grande-piccolo.
Nella classe della forma, se da un lato concavo-convesso è risultata meno
importante (LSD<0.05) di tutte le altre (solo con asimmetrico-simmetrico non è
emersa differenza significativa), aperto-chiuso è risultata significativamente più
importante di tutte le altre proprietà della forma (LSD<0.05) ad eccezione di drittostorto e disordinato-ordinato (LSD>0.05).
L’unica differenza di importanza emersa, nella classe della posizione, riguarda la
dimensione verticale-orizzontale, meno importante (LSD<0.05) di destra-sinistra.
In generale, indipendentemente dalla specifica dimensione (Fig.4), è emersa una
differenza significativa tra i valori medi di importanza attribuiti alle dimensioni
delle tre classi (F2.250=3.148, p<0.05). In particolare la differenza riguarda la classe
69 della posizione, le cui dimensioni hanno in media ottenuto valori maggiori di
importanza rispetto alle dimensioni della classe estensione (LSD, p<0.05).
Fig. 4 – Giudizi medi di importanza attribuiti alle 3 classi dai partecipanti ciechi congeniti.
70 3.3.3. Risultati Anisotropia dei poli
Alla fine di ogni classe dopo aver chiesto il giudizio sull’importanza di ciascuna
dimensione, ai partecipanti veniva chiesto per ciascuna dimensione se c’era un polo
più importante dell’altro13. I risultati ottenuti sono visualizzati in Tab. 14.
dimensioni lontano‐vicino lungo‐corto grande‐piccolo largo‐stretto alto‐basso grasso‐magro spesso‐sottile tanto‐poco pieno‐vuoto fitto‐rado ottuso‐acuto profondo‐superficiale
ampio‐ristretto illimitato‐limitato disordinato‐ordinato
storto‐diritto angoloso‐arrotondato
aperto‐chiuso complesso‐semplice asimmetrico‐simmetrco mosso‐immobile irregolare‐regolare convesso‐concavo incompleto‐completo
sopra‐sotto davanti‐dietro destra‐sinistra verticale‐orizzontale
fine‐inizio polo A + importante di B 2
3
2
1
1
3
5
1
4
1
2
2
1
1
2
2
4
2
1
3
8
1
polo B + importante di A
8
4
4
3
2
1
1
1
2
1
1
3
4
7
7
4
4
2
4
1
3
3
2
4
4
polo A = polo B 2 6 4 4 6 7 7 6 3 1 2 4 2 1 4 4 7 2 1 3 7 2 10 8 6 Tab. 14 distribuzione delle frequenze dei giudizi di importanza per le 3 opzioni possibili per
ciascuna dimensione (le valutazioni sono state espresse solo dai soggetti che avevano dichiarato di
esperire la dimensione (cfr. Fig.2).
In generale poche sono le coppie in cui il polo A è indicato come più
importante del polo B: solo per 4 coppie pieno, profondo, mosso e davanti sono
13
La domanda era verbalizzata nel modo seguente: “i poli che compongono la dimensione sono
ugualmente importanti –vale a dire hanno lo stesso peso nella tua esperienza di spazio- o ce n’è uno
che conta di più? Perché?”.
71 indicati come più importanti da un numero di soggetti uguale o maggiore a 4
(valore immediatamente superiore alla ipotesi della equidistribuzione dei 10
soggetti nelle tre opzioni di risposta). Per 6 coppie la preferenza di almeno 4
soggetti va per il polo B (vicino, limitato, ordinato, completo, corto, piccolo,
ristretto). Tra queste, la preferenza più elevata va a vicino (8 soggetti) evidenziando
una forte anisotropia che peraltro è in accordo con gli studi di Ungar (2000); risulta
invece meno accentuata, ma tuttavia presente l’anisotropia a favore di piccolo, a cui
possiamo aggiungere l’anisotropia di corto e ristretto qualità che si possono
considerare mappature dello spazio su piccola scala come spazio preferito dai ciechi
per la disponibilità degli stimoli e la possibilità di accedervi ed organizzarli in base
a sistema di riferimento centrato sul proprio corpo (cfr. Millar 1994, 1982).
Analizzando i risultati per classi di contenuto, della classe quantità/ estensione le
dimensioni con maggiore anisotropia fra i poli sono, come già detto, lontano-vicino
con maggiore importanza di vicino (8/10) e limitato- illimitato con maggiore
importanza di limitato (7/9); al contrario, lontano e illimitato insieme a lungo sono
gli unici poli (fra quelli delle dimensioni con condivisione ≥ 3) che i soggetti non
descrivono mai come più importanti dei rispettivi contrari. Le dimensioni della
quantità i cui poli sono maggiormente isotropi sono grasso-magro, spesso-sottile,
alto-basso, tanto-poco e lungo-corto. Per le restanti dimensioni, la caratterizzazione
non è risultata chiara.
Della classe della forma la dimensione maggiormente anisotropa in termini di
importanza dei poli è disordinato-ordinato (i soggetti attribuiscono maggior
importanza ad ordinato) mentre la dimensione i cui poli risultano maggiormente
isotropi è aperto-chiuso. Appartengono a questa classe le uniche due dimensioni
(fra le dimensioni con condivisione ≥ 3) che non hanno nessun giudizio di
uguaglianza fra i poli: irregolare-regolare e incompleto-completo anche se
entrambe condivise solo da 5 soggetti e solo per la seconda, la caratterizzazione
anisotropa è chiara (più importanza attribuita a completo).
Per quanto riguarda la classe della posizione, il dato più evidente è che fatta
eccezione per davanti-dietro, in cui 8 su 10 soggetti hanno attribuito maggior
importanza a davanti, per tutte le altre dimensioni è chiaramente prevalente la
descrizione di ugual importanza dei due poli (A=B). Destra-sinistra è l’unica
72 dimensione entro la classe e fra le classi che riporta 10/10 giudizi di uguaglianza fra
i poli.
In generale, al di là del dato evidente per la classe posizione, la descrizione di
isotropia dei poli pare prevalente sulla descrizione di anisotropia. Cosa indica
precisamente il giudizio di uguaglianza fra i poli? Non certo che i poli sono
equamente distribuiti all’interno della dimensione essendo questo il dato che si
ricava dall’analisi metrica. Tanto più quando il giudizio di uguaglianza dei poli è
associato ad una importanza massima della dimensione, come per destra-sinistra
che è la dimensione più importante e insieme anche quella in cui i poli sono
descritti come ugualmente importanti da parte di tutti i soggetti; è lecito intendere
l’uguaglianza dei poli in termini di ugualmente accessibili, ugualmente utili per
muoversi in sicurezza.
Circa la coerenza di questi dati con quelli sulla condivisione va rilevato che la
forte anisotropia del polo limitato è coerente con la condivisione parziale della
dimensione illimitato-limitato. La stessa congruenza si riscontra per l’anisotropia di
lontano e la sua condivisione parziale.
Circa le contestualizzazioni, le anisotropie dei poli non confermano la
propensione per lo stretto, come emergeva dall’analisi dei contenuti delle
contestualizzazioni. Lo stesso dicasi per profondo-superficiale che aveva ottenuto
molte contestualizzazioni relative al profondo, mentre il dato sulla anisotropia dei
poli non rileva una differenza. I normodotati avevano rilevato l’anisotropia del
davanti e del sopra rispetto ai loro contrari, dietro e sotto; questo è in parte coerente
con l’anisotropia di davanti rispetto a dietro. Invece non si riscontra anisotropia a
favore di sopra: i partecipanti rispondono con più frequenza che i due poli sono
ugualmente importanti. Escluso allora che la facilità di contestualizzazione dei poli
sia un indicatore della maggior importanza attribuita ai poli, rimane da capire se
quest’ultimo dato sia invece relazionabile alle caratteristiche metriche o topologiche
della coppia.
73 3.3.4. Risultati: analisi metrica
3.3.4.1. Asimmetria nell’estensione dei due poli
Ricordiamo che, per facilitare il confronto con i dati dei vedenti, l’ordine dei due
poli di ciascuna coppia è stato definito in accordo con Bianchi, Savardi e Kubovy
(2011): il polo sinistro è quello che, nella ricerca con i vedenti, è risultato avere
estensione maggiore. Il parametro di asimmetria che anche in questa ricerca
utilizziamo è definito, come in Bianchi, Savardi, Kubovy (2011), dalla differenza
algebrica tra estensione del polo A ed estensione del polo B. Il primo dato
interessante da osservare è allora per quali dimensioni, come per i vedenti, il polo A
sia stato ritenuto più esteso del polo B (questo corrisponde a valori positivi della
differenza, plottati nei grafici di Fig. 5, 6, 7 , sopra la linea dello zero) e per quali
invece il valore di asimmetria sia negativo, il che significa che i soggetti hanno
giudicato il polo A meno esteso del polo B. Valori di asimmetria coincidenti con
zero significano invece identica estensione dei due poli (o in altri termini che la
dimensione ha una struttura simmetrica).
Classe quantità/estensione. Fig. 5 mostra che ci sono 2 dimensioni per le quali
l’estensione dei poli si inverte chiaramente rispetto ai vedenti: lontano-vicino e
illimitato-limitato. Per quest’ultima il dato è particolare nel senso che 6/10
partecipanti avevano addirittura indicato di esperire solo il polo B (limitato) e non il
polo A (illimitato). Lievemente asimmetriche nella direzione indicata (quindi con il
polo A meno esteso del polo B) sono anche lungo-corto e alto-basso.
Una lieve asimmetria positiva caratterizza invece grande-piccolo, spesso-sottile,
profondo-superficiale, ampio-ristretto, grasso-magro. Più asimmetriche sono tantopoco, pieno-vuoto, fitto-rado il cui il polo A è più marcatamente esteso del polo B.
Una esperienza percettiva che fenomenicamente si caratterizza per maggior
gradi di variazione di vicino piuttosto che lontano, di limitato piuttosto che
illimitato, di corto piuttosto che lungo, e di basso piuttosto che alto va nella
direzione di uno spazio percettivo che cambia in ragione del passaggio da un
sistema di riferimento percettivo allocentrico, tipico dei normodotati ad uno
centrato sul corpo e sugli stimoli spaziali disponibili e accessibili dal corpo e dai
74 propri arti, quale è quello dei ciechi, in accordo con la letteratura che abbiamo già
ILLIMITATO-LIMITATO
AMPIO-RISTRETTO
PROFONDO-SUPERFICIALE
OTTUSO-ACUTO
FITTO-RADO
PIENO-VUOTO
TANTO-POCO
SPESSO-SOTTILE
GRASSO-MAGRO
ALTO-BASSO
LARGO-STRETTO
GRANDE-PICCOLO
LUNGO-CORTO
LONTANO-VICINO
ASIMMETRIA (POLO A - POLO B)
citato a proposito dello spazio correlato al sistema percettivo tattile.
Fig 5 – Valori medi di asimmetria (estensione metrica polo A – polo B) per le dimensioni della
classe della quantità/estensione.
Classe forma Sono 6 le dimensioni di questa classe in cui l’estensione dei poli si
inverte; 5 di queste riguardano la “buona forma”: mentre per i soggetti vedenti sono
di più le variazioni dello storto, dell’irregolare, dell’asimmetrico, del complesso e
dell’incompleto, i soggetti ciechi congeniti descrivono come più esteso il polo
opposto, cioè rispettivamente il dritto, il regolare, il simmetrico, il semplice e il
completo. In convesso-concavo, i ciechi descrivono più variazioni di concavità che
di convessità.
Due lievi asimmetrie positive (come maggiore estensione del polo A rispetto al
polo B) riguardano mosso-immobile, con maggiore estensione del polo mosso
rispetto a immobile e angoloso-arrotondato, come maggior estensione di angoloso,
in linea con lo spazio dei vedenti.
75 INCOMPLETO-COMPLETO
CONVESSO-CONCAVO
IRREGOLARE-REGOLARE
MOSSO-IMMOBILE
ASIMMETRICO-SIMMETRICO
COMPLESSO-SEMPLICE
APERTO-CHIUSO
ANGOLOSO-ARROTONDATO
STORTO-DRITTO
DISORDINATO-ORDINATO
ASIMMETRIA (POLO A - POLO B)
Fig 6 – Valori medi di asimmetria (estensione metrica polo A – polo B) per le dimensioni della
classe della forma.
Classe posizione Una lieve asimmetria positiva, nella stessa direzione dei
vedenti,
emerge
per
davanti-dietro,
sopra-sotto
e
verticale-orizzontale.
Massimamente simmetrica, senza dispersione delle risposte attorno alla media
destra-sinistra e simmetrica anche la caratterizzazione di inizio-fine.
76 FINE-INIZIO
VERTICALE-ORIZZONTALE
DESTRA-SINISTRA
DAVANTI-DIE TRO
SOPRA-SOT TO
ASIMMETRIA (POLO A - POLO B)
Fig 7 – Valori medi di asimmetria (estensione metrica polo A – polo B) per le dimensioni della
classe della posizione.
3.3.4.2.Confronto tra asimmetria metrica dei poli in vedenti versus ciechi
congeniti
Abbiamo condotto una serie di t di student per campioni indipendenti per
confrontare il valore medio di asimmetria (la differenza polo A – polo B) per
ciascuna coppia di contrari nei due gruppi di soggetti (vedenti; ciechi congeniti).
Come Tab. 15 mostra ci sono 6 coppie per le quali la differenza tra i valori di
asimmetria è risultata non significativa; 3 di queste descrivono le opposizioni base
dello schema corporeo egoriferito: sopra-sotto, davanti-dietro, destra-sinistra. Le
altre tre coppie sono grasso-magro, tanto-poco e arrotondato-angoloso. Il dato che
le tre coppie che descrivono le contrarietà di base dell’egospazio siano concordi
metricamente nello spazio fenomenico dei vedenti e dei ciechi congeniti è un primo
dato importante che fornisce un’àncora importante all’idea che le convergenze nella
struttura contraria dello spazio fenomenico siano da riferire ad una esperienza
“embodied” di spazio.
Per tutte le altre 23 coppie, i valori di asimmetria dei due gruppi sono risultati
diversi. Le differenze sono di due tipi: da un lato ci sono i casi in cui l’asimmetria,
77 seppure di valore diverso, è di segno positivo per entrambi i gruppi; dall’altro ci
sono quelli già introdotti commentando i precedenti grafici, in cui il valore di
asimmetria si inverte di segno (i 13 casi indicati in blu in Tab.15).
Partiamo da questo secondo caso, che, per la classe della quantità/estensione
riguarda
lontano-vicino,
illimitato-limitato,
lungo-corto,
alto-basso.
Nello
specifico: lontano-vicino risulta avere estensione metrica invertita, per cui per i
ciechi è metricamente più esteso il polo vicino rispetto al lontano; a questo si
aggiunge che il valore assoluto di asimmetria è tripla rispetto a quella dei
normodotati (-0.666 vs. 0.222), il che indica che per i ciechi vicino occupa
all’interno della dimensione una estensione molto più grande di quanto non occupi
lontano nella dimensione dei normodotati. Lo stesso dicasi per illimitato-limitato:
per i ciechi l’estensione metrica di limitato è, rispetto a illimitato, tre volte più
estesa di quanto non lo sia per i normodotati illimitato rispetto a limitato (-0.467 vs.
0.113). Il discorso opposto vale per le due dimensioni lungo-corto e alto-basso. Qui
per i normodotati l’estensione metrica di lungo rispetto a rispetto a corto è tre volte
maggiore in confronto a quanto per i ciechi è quella di corto rispetto a lungo (-0.140
vs. 0.323). Lo stesso avviene in modo ancora più accentuato in alto-basso (- 0.110
vs. 0.417). Il dato relativo a lungo-corto va nella direzione di quanto ci si aspettava
dall’analisi delle contestualizzazioni (cfr. par. 3.3.1.1).
Per quanto riguarda la classe della forma, l’inversione riguarda ben 6 coppie di
contrari, dato importante in considerazione del fatto che in totale le coppie sono 10
di cui 2 con una condivisione bassa (≥4). Le coppie sono storto-dritto, irregolareregolare, asimmetrico-simmetrico, complesso-semplice, incompleto-completo e
convesso-concavo. Anche qui è importante considerare i valori assoluti delle
differenze fra i poli. I ciechi attribuiscono a dritto un’estensione maggiore di 0.130
rispetto a storto; i normodotati attribuiscono maggiore estensione a storto, con una
differenza però di 0.504. Un dato analogo si rileva per incompleto-completo.
Discorso opposto vale invece per convesso-concavo, dove l’estensione a favore di
concavo è tre volte maggiore di quella che i normodotati attribuiscono a convesso
(più esteso di concavo). Per irregolare-regolare, asimmetrico-simmetrico e
complesso-semplice di nuovo l’asimmetria risulta negativa per i ciechi congenti (e
quindi opposta per segno rispetto a quella dei vedenti), mentre la differenza nella
78 proporzione fra l’estensione dei poli interna alla dimensione è progressivamente
meno accentuata passando dalla prima alla terza coppia.
Per quanto riguarda la classe della posizione è da notare che ben 3 delle 5
dimensioni hanno un p non significativo: sono le dimensioni del centramento
egoriferito. In inizio-fine l’estensione si inverte anche se per i non vedenti
l’asimmetria a favore di inizio è davvero minima; più accentuata l’estensione di fine
nei vedenti. Per verticale-orizzontale emerge una differenza significativa tra ciechi
e normodotati, pur a parità di segno; quindi per entrambi i campioni di soggetti è
verticale più esteso di orizzontale, anche se la differenza in proporzione è maggiore
per i vedenti che per i ciechi. Quest’ultimo dato ci riporta alle differenze già
osservate nei paragrafi dedicati all’analisi della condivisione e dell’importanza della
dimensione. Se avanti-dietro, destra-sinistra, sopra-sotto nei ciechi hanno una
estensione metrica non significativamente diversa da quella dei normodotati, mentre
verticale-orizzontale è significativamente diverso, si può ipotizzare che verticaleorizzontale sia un asse di organizzazione percettiva dipendente dalla vista come già
rilevato e documentato con riferimenti alla letteratura, mentre gli altri tre siano gli
assi di organizzazione primaria del sistema somatosensoriale tattile, che definiscono
la base dello spazio percettivo comune e condiviso da normodotati e ciechi.
Le altre tre dimensioni che riportano un p non significativo sono grasso-magro e
tanto-poco della classe della quantità/estensione, e arrotondato-angoloso della
classe della forma.
Per altre 10 coppie, ciechi congeniti e vedenti si trovano d’accordo nell’indicare
il primo polo come più esteso del secondo, ma i due gruppi differiscono per l’entità
della differenza indicata. In tutti questi casi i valori metrici di asimmetria del polo A
è più marcata per i vedenti che per i ciechi congeniti. Quindi sia per i vedenti che
per i ciechi l’esperienza percettiva di queste dimensioni è occupata più estesamente
da percezioni che riguardano il polo del grande piuttosto che quello del piccolo,
dello spesso piuttosto che del sottile, del pieno piuttosto che del vuoto, del fitto
maggiormente che del rado, del profondo più che del superficiale, dell’ampio
meglio che del ristretto, del disordinato invece che dell’ordinato, dell’aperto
piuttosto che del chiuso, del mosso più che dell’immobile.
79 È interessante osservare che per i ciechi la maggiore estensione metrica di
grande rispetto a piccolo è molto minore (un quinto) di quella registrata per i
vedenti. Questo dato può essere messo in relazione con le diverse possibilità sulla
scala del grande dei gradi di libertà del sistema percettivo visivo (distale), in
confronto a quello assai più ridotto tattile, vincolato, come sappiamo, alla
prossimalità dello stimolo percettivo. Dello stesso genere potrebbero essere i motivi
della differenza fra ampio-ristretto e profondo-superficiale. La vista consente infatti
maggiori gradi di libertà all’esperibilità di ampio così come di profondo in ragione
della distalità della sua natura percettiva, gradi di libertà che si riducono
notevolmente per la prossimalità della modalità tattile. Lo stesso vale per spessosottile. Anche per pieno-vuoto e fitto-rado la differenza è sempre nella direzione di
una maggior asimmetria per i vedenti, anche se nella stessa direzione (maggiore
estensione di pieno e fitto), come se i gradi di libertà ammessi da un polo rispetto
all’altro fossero strutturali della dimensione stessa, piuttosto che determinati del
sistema
percettivo
operante. Disordinato-ordinato e aperto-chiuso
hanno
asimmetria 0 per i ciechi. Sono queste le due dimensioni della forma legate alla
funzione di sicurezza e incolumità fisica, come era già emerso nelle
contestualizzazioni che peraltro sono state descritte come altamente importanti nel
sistema spaziale dai soggetti. Appare abbastanza sensato attribuire questa notevole
differenza di valori metrici di asimmetria fra ciechi e vedenti registrata per la
dimensione aperto-chiuso proprio alla diversa funzione (0.000 vs. 0.739): le forme
del chiuso, pericolose, hanno sfumature che estendono il polo tanto quanto quelle di
aperto. Anche per mosso-immobile le differenze di asimmetria sono molto grandi e
forse possono essere messe in relazione all’esperienza più limitata di mosso che i
ciechi hanno, mancando la componente di esperienza distale legata alla vista.
Fatta eccezione per la classe della forma, sembra emergere una relazione fra
valore della asimmetria metrica, descritta in questa sezione e la valutazione di
anisotropia dei poli delle dimensioni fornita dai soggetti nella parte 5 del
questionario e discussa nella sezione precedente. Questo nesso sembrerebbe esserci
per le dimensioni della classe quantità/ estensione, per le quali le dimensioni
descritte come maggiormente anisotrope in termini di importanza relativa dei due
poli (lontano-vicino – con maggior importanza attribuita a vicino - e illimitatolimitato – con maggior importanza attribuita a limitato) sono anche le dimensioni
80 con valori di asimmetria metrica maggiore (rispettivamente di 0.660 e 0.467). Per le
dimensioni con basso valore di asimmetria metrica la distribuzione dei giudizi di
importanza tende a spalmarsi fra le tre opzioni possibili, con prevalenza della
opzione poloA=poloB. Largo-stretto è la dimensione con asimmetria metrica
minore e infatti il giudizio di importanza è 3 per ciascun polo e 4 per poloA=
poloB.
Questa relazione non si verifica invece nella classe della forma, ovvero si
verifica parzialmente. La dimensione in cui l’importanza dei poli è risultata
maggiormente anisotropa è disordinato-ordinato, con maggiore importanza
attribuita a ordinato (importanza 7) mentre il valore di asimmetria metrica non va
nella stessa direzione, perché i poli hanno identica estensione metrica (asym =
0.000). Per aperto-chiuso, che pure è risultata massimamente simmetrica
metricamente (asym = 0.000), il dato è invece coerente con il giudizio di
importanza relativo ai due poli: 7 soggetti avevano infatti descritto uguale
importanza dei due poli (poloA=poloB) .
Per quanto riguarda la classe della posizione, avevamo osservato come la
descrizione prevalente era di simmetria dei poli (33 delle 49 descrizioni cadono
nella opzione A=B), ed infatti i valori di asimmetria metrica sono compresi fra
0.000 e 0.140. Davanti è l’unico polo di questa classe - ma anche di tutte le classi –
ad essere descritto come decisamente più importante dell’altro polo (da 8/10
soggetti), ed è la dimensione di questa classe che ha valore di asimmetria metrica
più elevata (0.140). Destra-sinistra è l’unica dimensione entro la classe e fra le
classi che riporta 10/10 giudizi di uguaglianza fra i poli e un valore di asimmetria
metrica pari a 0.000.
81 Media Media ciechi vedenti 1 lon_vic ‐0.660 0.222 0.000 2 lung_cort ‐0.140 0.323 0.000 3 gra_picc 0.060 0.328 4 larg_str ‐0.020 5 alto_basso 6 7 p N Validi N Validi Dev.Std
Dev.Std. Ciechi vedenti vedenti ciechi 10 41 0.313 0.112 10 41 0.327 0.066 0.000 10 41 0.366 0.079 0.524 0.000 10 41 0.426 0.070 ‐0.110 0.417 0.000 10 41 0.517 0.097 gr_magro 0.178 0.259 0.070 9 41 0.254 0.066 spe_sott 0.067 0.397 0.000 9 41 0.332 0.061 8 tanto_poco 0.270 0.341 0.114 10 41 0.258 0.063 9 pie_vuot 0.,240 0.399 0.007 10 41 0.347 0.069 10 fit_rado 11 ottus_ac 0.350 0.502 0.018 4 41 0.342 0.079 ‐0.400 0.225 0.002 1 41 0.000 0.085 12 prof_sup 13 amp_ristr 0.122 0.474 0.004 9 41 0.587 0.085 0.056 0.304 0.001 9 41 0.456 0.067 14 illim_li 15 dis_ordin ‐0.467 0.113 0.000 9 41 0.592 0.062 0.000 0.334 0.000 10 41 0.377 0.075 16 stor_drit 17 ango_arr ‐0.130 0.504 0.000 10 41 0.231 0.041 0.111 0.108 0.981 9 41 0.333 0.049 18 ape_chius 19 compl_se 0.000 0.739 0.000 10 41 0.226 0.055 ‐0.150 0.189 0.000 8 41 0.233 0.114 ‐0.150 0.274 0.000 4 41 0.300 0.063 0.140 0.685 0.000 10 41 0.267 0.030 20 asim_si 21 mos_imm 22 irreg_reg 23 conv_con 24 incompl_co 25 sop_sot 26 dav_die 27 des_sin 28 vert_orizz 29 fin_iniz ‐0.267 0.470 0.000 6 41 0.242 0.084 ‐0.333 0.145 0.000 3 41 0.306 0.040 ‐0.233 0.608 0.000 6 41 0.388 0.076 0.080 0.177 0.059 10 41 0.301 0.067 0.140 0.,196 0.108 10 41 0.212 0.038 0.000 0.040 0.794 9 41 0.000 0.083 0.194 0.043 9 41 0.346 0.096 0.173 0. 000 10 41 0.097 0.082 0.067 ‐0.060 Tab. 15. – Valori medi di asimmetria (differenza estensione polo A – polo B) per ciascuna coppia di
contrari nei due gruppi di soggetti (vedenti versus ciechi congeniti) e significatività della differenza
in funzione della deviazione standard e numerosità dei due campioni (t di student per campioni
indipendenti).
82 Un altro dato importante che si è evidenziato con l’analisi metrica è che i
partecipanti ciechi tendono a non riconoscere la presenza di intermedi, fatto che
invece caratterizza in maniera consistente l’esperienza dei vedenti per molte coppie.
Il dato verrà discusso presentando l’analisi topologica nel paragrafo che segue.
3.3.5. Risultati:analisi topologica delle dimensioni
3.3.5.1. C’è una caratterizzazione “tipica” delle tre componenti (polo A,
intermedi e polo B) per le tre classi di contenuto considerate?
Come gli istogrammi di Fig. 8 suggeriscono e l’analisi statistica conferma,
rispetto ai due poli:
- per le dimensioni della classe della quantità/estensione la frequenza delle tre
tipologie non è equidistribuita né per il polo A (Chi2=32.579, df=2, p<0.001), dove
GI è più frequente di quanto atteso secondo l’ipotesi di equiprobabilità (e P meno
frequente) né per il polo B (Chi2=35.712, df=2, p<0.001), dove GL è più frequente
delle attese (e GI meno frequente). Significativa anche la caratterizzazione della
componente intermedia (Chi2=4.235, df=2, p<0.001), descritta dai non vedenti più
frequentemente come assente.
- per le dimensioni della classe della forma, considerate nel loro complesso, il
polo B è descritto come P più frequentemente delle altre due categorie di risposta
(Chi2=20.904, df=2, p<0.001) e gli intermedi sono generalmente descritti come
assenti (Chi2=2.782, df=2, p<0.001). Per il per il polo A le tre strutture sono
ugualmente frequenti (Chi2=2.082, df=2, n.s). Sarà necessario capire, con una
analisi dimensione per dimensione, se questa equidistribuzione rifletta un
comportamento poco determinato in generale del primo polo, o se sia invece il
risultato di caratterizzazioni chiare, ma diverse, delle dimensioni appartenenti a
questa classe.
- per le dimensioni della classe della posizione, un’analisi complessiva delle
frequenze osservate suggerisce che non vi sia un comportamento univoco
caratterizzante le dimensioni analizzate per questa classe. Le frequenze osservate
non si discostano da una ipotesi di equidistribuzione né per il polo A (Chi2=5.429,
df=2, p=0.66), né per il polo B (Chi2=5.673, df=2, p=0.059), né per gli intermedi
(Chi2=3.224, df=2, p<0.001). Per entrambi i poli, c’è solo una tendenza alla
maggior frequenza di P (e di N per gli intermedi). Vale anche in questo caso
83 l’osservazione che un’analisi delle singole dimensioni permetterà di capire se
questo dato sia valido anche a livello delle singole dimensioni o se sia il risultato di
comportamenti chiari, ma disomogenei, tra le singole dimensioni.
Fig. 8 –Frequenza delle tre categorie topologiche per i due poli (gamma limitata, GL; gamma
illimitata, GI; esperienza puntuale, P) e gli intermedi (nessuna esperienza, N; gamma, G; esperienza
puntuale, P).
3.3.5.2. La distribuzione delle risposte è simmetrica per i due poli?
Per verificare se una diversa distribuzione delle risposte caratterizza i due poli o
se invece la struttura sia “simmetrica” abbiamo condotto dei chi quadro incrociando
frequenza delle tre descrizioni (GL, GI, P) per i due poli (polo A, polo B).
Per le dimensioni della classe della quantità/estensione la distribuzione delle
risposte nei due poli è significativamente diversa (Chi2=4.444, df=3, p<0.001), in
particolare (Tab.1, Adj. R >|2|) la descrizione del polo come Gamma Illimitata è più
frequente in associazione al polo A (GIA=57%) e la descrizione del polo come
Gamma Limitata è più frequente in associazione al polo B (GLB=58.4%). Anche la
frequenza di descrizioni Puntuale è più frequente quando associata al polo B
(PB=26.2%) che A (PA=14.0%).
84 polo * tipologia Crosstabulation
polo A missing
Count B 16 140
24.0
41.5
51.0 23.5 140.0
18.6%
46.4%
23.6% 11.4% 100.0%
‐
57,0%
28,9% 14,0% 100,0%
6.2
‐4.5 ‐2.4 22
18
69 31 140
24.0
41.5
51.0 23.5 140.0
15.7%
12.9%
49.3% 22.1% 100.0%
‐
15.2%
58.4% 26.2% 100.0%
‐.6
‐6.2
4.5 2.4 48
83
102 47 280
48.0
83.0
102.0 47.0 280.0
17.1%
29.6%
36.4% 16.8% 100.0%
Count Expected Count % within polo (esclusi missing)
Adjusted Residual
Total Count Expected Count % within polo Total
33 .6
% within polo P 65
% within polo (esclusi missing)
Adjusted Residual
GL
26
Expected Count % within polo GI
Tab. 16 – Tabella di frequenza a doppia entrata - tipologia (GI=gamma illimitata, GL =gamma
limitata, P=puntuale) per polo (A, B) - sul totale delle dimensioni della classe quantità/estensione.
I dati della descrizione topologica emersi sin qui suggeriscono una convergenza
generale con i dati per i vedenti. Benché dal punto di vista metrico l’estensione
relativa dei due poli sia frequentemente inversa per il gruppo dei ciechi rispetto a
quello dei vedenti (come abbiamo visto valori metrici di asimmetria negativi
caratterizzano diverse coppie appartenenti a questa classe, per cui lontano, lungo,
largo, alto, illimitato, come visto in Tab.15, che per i normodotati sono di
estensione metrica maggiore rispetto al loro opposto, per i ciechi sono metricamente
meno estesi del loro opposto), dal punto di vista topologico prevale una descrizione
del polo A come Gamma Illimitata e del polo B come Gamma Limitata,
coerentemente con i vedenti. In altri termini, entrambi i gruppi descrivono il polo
polarizzato verso la tanta quantità come illimitato e del polo polarizzato verso la
poca quantità come limitato. Anche la descrizione del polo come Puntale è più
frequente per il polo che indica la poca quantità, cioè il polo B che per il polo che
indica la molta quantità, cioè il polo A.
Per le dimensioni della classe forma, la distribuzione delle risposte nelle tre
tipologie è diversa per i due poli (Chi2=1.733, df=3, p=0.001), in particolare (tab.2,
85 Adj. R >|2|) la descrizione Gamma Limitata è significativamente più frequente per
il polo A (GLA=39.7%) che per il polo B (GLB=15%), mentre la descrizione
Puntuale è più frequentemente associata al polo B (PB=57.5%) che A (PA=26%).
Quindi, se è vero che la proprietà corrispondente al polo A per i vedenti ha sempre
una estensione metrica maggiore al polo B - diversamente da quanto accade nel
gruppo dei ciechi (valore metrico di asimmetria negativo per disordinato, storto,
complicato, asimmetrico, irregolare, convesso, incompleto ) – la descrizione
topologica segue questa indicazione generale e specifica che il polo A è
prevalentemente Gamma (sommate, le descrizioni Gamma Limitata e Illimitata
comprendono quasi il 75% del totale delle risposte) mentre il polo B è generalmente
(quasi nel 60% dei casi) descritto come ridotto a una singola esperienza (P).
L’esistenza di una forma di esperienza “delimitata” caratterizza comunque entrambi
i poli delle dimensioni della forma (GL+P rappresentano attorno al 70% delle
risposte in entrambi i poli, mentre GI solo il 27-35%), a differenza di quanto emerso
per le dimensioni della quantità/estensione, dove uno dei due poli è stato più
frequentemente descritto come Illimitato.
polo * tipologia Crosstabulation
polo A missing
Count GL
P Total
27
25
29
19 100
27.0
22.5
20.0
30.5 100.0
27.0%
25.0%
29.0%
19.0% 100.0%
‐
34.3%
39.7%
26.0% 100.0%
Adjusted Residual .0
.8
3.2
‐3.5 Count 27
20
11
42 100
27.0
22.5
20.0
30.5 100.0
27.0%
20.0%
11.0%
42.0% 100.,0%
‐
27.3%
15.0%
57.5% 100.0%
.0
‐.8
‐3.2
3.5 54
45
40
61 200
54.0
45.0
40.0
61.0 200.0
27.0%
22.5%
20.0%
30.5% 100.0%
Expected Count % within polo % within polo (esclusi missing) B GI
Expected Count % within polo % within polo (esclusi missing) Adjusted Residual Total Count Expected Count % within polo 86 Tab. 17 – Tabella di frequenza a doppia entrata - tipologia (GI=gamma illimitata, GL =gamma
limitata, P=puntuale) x polo (A, B) - sul totale delle dimensioni della classe forma.
Per le dimensioni della classe posizione, la distribuzione delle risposte nelle tre
tipologie non è risultata significativamente diversa per i due poli (Chi2=0.321, df=3,
n.s.) e quindi si può parlare di un comportamento simmetrico dei due poli. Va
ricordato, tuttavia che per entrambi i poli era emersa solo una tendenza di P ad
essere più frequente delle altre due tipologie quindi il dato va riverificato
dimensione per dimensione (essendo il dato complessivo disperso nelle tre
categorie).
polo * tipologia Crosstabulation
polo A Count GI
GL
P Total 1
13
12
24 50
1.0
12.0
13.0
24.0 50.0
2.0%
26.0%
24.0%
48.0% 100.0%
‐
26.5%
24.4%
48.9 100.0%
Adjusted Residual .0
.5
.5
.0 Count 1
11
14
24 50
1.0
12.0
13.0
24.0 50.0
2.0%
22.0%
28.0%
48.0% 100.0%
‐
22.4%
28.5%
48.9% 100.0%
.0
.5
.5
.0 2
24
26
48 100
2.0
24.0
26.0
48.0 100.0
2.0%
24.0%
26.0%
48.0% 100.0%
Expected Count % within polo % within polo (esclusi missing)
B missing
Expected Count % within polo % within polo (esclusi missing)
Adjusted Residual Total Count Expected Count % within polo Tab. 18 – Tabella di frequenza a doppia entrata - tipologia (GI=gamma illimitata, GL =gamma
limitata, P=puntuale) x polo (A, B) - sul totale delle dimensioni della classe posizione.
87 3.3.5.3.
Osservando i comportamenti delle dimensioni all’interno di ogni
classe, cosa emerge? Quali le dimensioni che hanno un pattern (per il polo A, B
e gli intermedi) ben differenziato?
A questa domanda rispondiamo attraverso alcune osservazioni qualitative:
avendo 3 categorie di risposta per ogni componente (polo A, intermedi e polo B) e
10 soggetti in tutto, la frequenza attesa per ogni cella è <5, e questo non garantisce
la necessaria potenza al test di Chi Quadro. Come si vedrà, tuttavia, per alcune
dimensioni emerge una caratterizzazione estremamente chiara, tale da garantire
plausibilità e solidità alle considerazioni che seguono. Ci limiteremo dunque a
commentare solo questi casi di chiara caratterizzazione dei poli o degli intermedi.
3.3.5.3.1. Dimensioni della classe quantità/estensione
Chiara la connotazione del polo B, quello verso la poca quantità, per tutte le
dimensioni che nei vedenti hanno struttura URB14: come ben evidenziato in Fig. 10,
anche per i ciechi congeniti il secondo polo è generalmente connotato come Gamma
Limitata (vicino, corto, piccolo, stretto, basso, magro, sottile, poco, superficiale,
ristretto, limitato). Per lo più concorde con la connotazione dei vedenti è anche la
descrizione del polo A (Fig. 9) come Gamma Illimitata, che vale per la maggior
parte di queste dimensioni (lungo, grande, alto, tanto, profondo e ampio). Spesso
viene invece più frequentemente descritto come Gamma Limitata; per lontano e
largo non c’è una connotazione chiara.
14
La terminologia è quella adottata in Savardi, Bianchi, Kubovy
(2011) secondo cui P (point), B (bounded range), or U (unbounded range) che corrisponde a
struttura topologica P-GL-GI
88 Figura 9 - Frequenza delle tre classi topologiche per il polo A delle dimensioni appartenenti alla
classe della quantità/estensione ( P=puntuale, GL= gamma limitata, GI = gamma illimitata). 89 Figura 10 - Frequenza delle tre classi topologiche per il polo B delle dimensioni appartenenti alla
classe della quantità/estensione ( P=puntuale, GL= gamma limitata, GI = gamma illimitata).
Gli intermedi per quasi tutte queste dimensioni sono più frequentemente descritti
come assenti (vedi Fig. 11): Nessun intermedio (N) è la descrizione più frequente
per lontano-vicino, lungo-corto, grande-piccolo, largo-stretto, alto-basso, spessosottile, profondo-superficiale. Questa è una sostanziale differenza rispetto a quanto
accade per lo spazio dei vedenti, in cui queste stesse dimensioni sono caratterizzate
da una Gamma di intermedi.
In pieno-vuoto, vuoto è descritto come proprietà puntuale, pieno è descritto con
simile frequenza come Puntuale o come Gamma Limitata (in accordo con i
vedenti); equidistribuita la descrizione degli intermedi. Stupisce l’assenza di
intermedio fra pieno e vuoto. I partecipanti rispondono ad esempio che un bicchiere
o è pieno o è vuoto, quasi per dire che o c’è qualcosa o non c’è. Non è stato
possibile registrare esperienze di graduazione dei diversi modi di essere pieno,
vuoto, né pieno né vuoto. Vale forse la considerazione che alla base di questo
90 giudizio c’è una percezione di rapporto fra spazio a disposizione e spazio occupato,
la quale però richiede l’impiego di abilità che nella percezione tattile possono essere
di difficile accesso e quindi scarsamente disponibili.
Figura 11 - Frequenza delle tre classi topologiche per la componente intermedia delle dimensioni
appartenenti alla classe della quantità/estensione ( P=puntuale, N=nessuno, G=gamma)15.
Riassumendo, rispetto alle dimensioni della quantità, questa la caratterizzazione
topologica emersa per le singole dimensioni (per quelle in cui una delle tre
categorie non prevale, usiamo x; tra parentesi quadra la descrizione della
corrispondente dimensione per i vedenti; in grassetto le componenti risultate
ugualmente connotate per vedenti e non vedenti):
lontano - né lontano né vicino - vicino: x-N-GL [vedenti: GI-G-GL]
lungo - né lungo né corto – corto: GI-N-GL [vedenti: GI-G-GL]
grande - né grande né piccolo – piccolo: GI-N-GL [vedenti: GI-G-GL]
largo - né largo né stretto – stretto: x-N-GL [vedenti: GI-G-GL]
15
Nella terminologia adottata in SBK (2011) N-P-R.
91 alto - né alto né basso – basso: GI-N-GL [vedenti: GI-G-GL]
grasso - né grasso né magro - magro: x- P –GL [vedenti: GL-G-GL]
spesso - né spesso né sottile - sottile: GL-N-GL [vedenti: GI/GL-G-GL]
tanto - né tanto né poco- poco: GI-N-GL [vedenti: GI-G-GL]
fitto - né fitto né rado - rado: x-x-x [vedenti: GL-G-GL]
profondo - né profondo né superficiale – superficiale: GI-N-GL [vedenti: GI-G-P/GL]
ampio - né ampio né ristretto – ristretto: GI-x-GL [vedenti: GI-G-GL]
pieno – né pieno né vuoto – vuoto: P/GL-x- P [vedenti: GL/P-G-P]
ottuso – né ottuso né acuto – acuto: x-x-x [vedenti: B-P-B]
illimitato – né illimitato né limitato – limitato: x-N-GL [vedenti: GI/P-N-P]
Come si può notare osservando le componenti evidenziate in grassetto (che
hanno una struttura topologica identica per normodotati e ciechi), c’è
corrispondenza per tutti i poli B di tutte le dimensioni ad eccezione di limitato;
l’unico intermedio corrispondente nei due campioni è quello della dimensione
illimitato-limitato, descritto come assente anche dai vedenti. Per quanto riguarda il
polo A, per 7 dimensioni c’è corrispondenza.
92 3.3.5.3.2. Dimensioni della classe della forma
Come abbiamo già anticipato commentando le frequenze per l’intera classe, e
come Fig 12 conferma analiticamente, dimensione per dimensione, la
caratterizzazione del polo A, non è univoca tra le dimensioni. Indubbia la
descrizione di mosso come Gamma illimitata (in accordo con i vedenti,).
Disordinato è descritto sicuramente come gamma, ma i soggetti si dividono a metà
tra quelli che la ritengono limitata o illimitata. Lo stesso accade per complesso.
Storto viene descritto certamente come esperienza non illimitata, delimitata, ma i
soggetti si dividono equamente fra quelli che la descrivono come esperienza
Puntuale o come Gamma Limitata.
Per le altre dimensioni la caratterizzazione del polo A risulta distribuita sulle tre
componenti.
Figura 12 - Frequenza delle tre classi topologiche per il polo A delle dimensioni appartenenti alla
classe della forma ( P=puntuale, GL= gamma limitata, GI = gamma illimitata).
Come già ad un primo sguardo la figura 13 rivela, per il Polo B sono invece
molte le proprietà che i soggetti concordano nel riferire ad esperienze singole,
93 Puntuali (P). Così accade per ordinato, dritto, chiuso, simmetrico, immobile e
regolare, in pieno accordo con quanto accade per i vedenti.
Per le altre proprietà la caratterizzione toplogica del polo è incerta.
Figura 13 - Frequenza delle tre classi topologiche per il polo B delle dimensioni appartenenti alla
classe della forma ( P=puntuale, GL= gamma limitata, GI = gamma illimitata).
Rispetto agli intermedi (Fig. 14), i soggetti non hanno dubbi che non ci siano
proprietà intermedie tra angoloso-arrotondato, immobile-mosso, irregolareregolare, incompleto- completo, anche in questo caso in pieno accordo con le
descrizioni dei vedenti. Tendono a riconoscere l’assenza di intermedi anche tra
diritto-storto (anche qui in accordo con i vedenti), mentre si dividono in due sia per
la descrizione di né disordinato né ordinato(descritto da alcuni come assente, da
altri come Gamma) che – molto interessante -, per la descrizione di né aperto-né
chiuso, descritto da alcuni come Puntuale, da altri come Gamma.
94 La descrizione di né aperto-né chiuso è un dato che va nella direzione di
un’esperienza spaziale che nei ciechi è fortemente condizionata dalla necessità di
muoversi in sicurezza; porte, finestre ecc. né ben aperte né ben chiuse sono per il
non vedente un potenziale pericolo. Anche la descrizione di né disordinato né
ordinato come presente in forma di Gamma, data dalla metà dei soggetti, in un
certo senso stupisce, data la scarsa presenza, in generale, della componente
intermedia nelle descrizioni dei ciechi e che invece per questa coppia viene da
alcuni descritta. Anche qui la necessità di sicurezza può essere la spiegazione:
mentre visivamente la distribuzione degli oggetti nello spazio si risolve in maniera
dicotomica tra ordine e disordine (semmai molti gradi di disordine, ma ciò che è un
po’ disordinato non è intermedio), dal punto di vista della fruizione motoria dello
spazio, l’essere in disordine o non proprio in ordine (né né) rappresentano
comunque due stati distinti, anche se entrambi comportano un certo grado di
pericolosità. Qualsiasi oggetto in disordine o non in ordine (quindi anche in uno
stato intermedio di non proprio disordine ma neppure ordine), ossia che occupa un
posto inatteso, è un pericolo per l’incolumità del cieco.
Figura 14 - Frequenza delle tre classi topologiche per la componente intermedia delle dimensioni
appartenenti alla classe della forma ( P=puntuale, N=nessuno, G=gamma).
95 Riassumendo, rispetto alle dimensioni della forma, questa la caratterizzazione
topologica emersa per le singole dimensioni (per quelle in cui una delle tre
categorie non prevale usiamo x; tra parentesi quadra la descrizione della
corrispondente dimensione per i vedenti; in grassetto le componenti risultate
ugualmente connotate per vedenti e non vedenti)
‐ disordinato - nè disordinato né ordinato – ordinato: GL/GI-N/G-P [GI-NP/GL]
‐ storto-né dritto né storto – dritto: P/GL-x-P [GI-N-P]
‐ angoloso – né angoloso né arrotondato – arrotondato: x-N-x [GI-N-GL]
‐ aperto – né aperto né chiuso – chiuso: x-G/P-P [GL-N-P]
‐ complesso - né semplice né complesso – semplice: GL/GI –x-P [GI-G-x]
‐ incompleto – né incompleto né completo – completo: x-N-x [GI/GL-N-P]
‐ asimmetrico - né asimmetrico né simmetrico – simmetrico: x-N-P [GI-N-P]
‐ mosso – né mosso né immobile – immobile: GI- N –P [GI-N-P]
‐ irregolare – né irregolare né regolare – regolare: x-N-P [GI-N-P/GL]
‐ convesso – né concavo né convesso – concavo: x-x-x [GL-P-GL]
Come si può notare dal grassetto, l’unica dimensione che evidenzia
corrispondenza in tutti i suoi componenti è mosso-immobile. Nella classe della
forma le corrispondenze fra i componenti
polo A e polo B diminuiscono
sensibilmente (7 su 20) rispetto a quelle della classe della quantità/estensione (19 su
28). Aumentano invece le corrispondenze relative all’intermedio (6 su 10), che è
spesso inesistente per entrambi i gruppi.
96 3.3.5 3.3. Dimensioni della classe della posizione
Quattro delle dimensioni analizzate hanno una connotazione topologica chiara e
simmetrica rispetto ai poli: verticale e orizzontale, fine e inizio, destra e sinistra
sono descritte dai soggetti come proprietà Puntuali (Fig. 15-16). Sopra e sotto sono
descritte dai soggetti come Gamma (sopra è più spesso descritto come Gamma
Illimitata che Limitata; per sotto la frequenza delle due tipologie di Gamma si
equivale). Rispetto a davanti e dietro, invece, le risposte risultano più incerte ed
equidistribuite nelle tre descrizioni.
Figura 15 - Frequenza delle tre classi topologiche per il polo A delle dimensioni appartenenti alla
classe della posizione/orientamento ( P=puntuale, GL= gamma limitata, GI = gamma illimitata).
97 Figura 16 - Frequenza delle tre classi topologiche per il polo B delle dimensioni appartenenti alla
classe della posizione/orientamento ( P=puntuale, GL= gamma limitata, GI = gamma illimitata).
Rispetto agli intermedi, come si può notare da Fig. 17, è sempre piuttosto
frequente la risposta di assenza di intermedi anche per le tre dimensioni
dell’egospazio (sopra-sotto, davanti-dietro e destra-sinistra che per i vedenti sono
caratterizzati da un intermedio Puntuale, rappresentato dalla condizione di
allineamento, gravitazionale, saggiale o coronale, con il corpo del soggetto). Mentre
per sopra-sotto la descrizione di assenza di intermedi è la più frequente, per
davanti-dietro e destra-sinistra i soggetti si dividono tra coloro che negano
l’esperienza di intermedi e quelli che descrivono un’esperienza Puntuale, per la
prima dimensione, una Gamma per la seconda. Incerta la caratterizzazione di né
inizio né fine, mentre per verticale-orizzontale, prevale la descrizione Gamma
(anche se abbastanza elevata è anche in questo caso la descrizione di assenza di
intermedi).
98 Figura 17 - Frequenza delle tre classi topologiche per la componente intermedia delle dimensioni
appartenenti alla classe della posizione ( P=puntuale, N=nessuno, G=gamma).
Riassumendo,
rispetto
alle
dimensioni
della
posizione,
questa
la
caratterizzazione topologica emersa per le singole dimensioni (per quelle in cui una
delle tre categorie non prevale usiamo x; tra parentesi quadra la descrizione della
corrispondente dimensione per i vedenti; in grassetto le componenti risultate
ugualmente connotate per vedenti e non vedenti):
sopra - né sopra né sotto – sotto: GI-N- GL/GI [GI-P-x]
davanti - né davanti né dietro – dietro: x-N/P- x [GI-P-GI]
destra – né destra né sinistra – sinistra: P-G/N-P [GL-P-GL]
verticale – né verticale né orizzontale – orizzontale: P-G-P [P-G-P]
fine - né fine né inizio – inizio: P-x-P [P-G-P]
99 CAP. 4 – Conclusioni: lo spazio fenomenico dei ciechi
congeniti in relazione a quello dei vedenti
4.1. Somiglianze e differenze relative a quali dimensioni bipolari danno forma
a questo spazio
Prima di addentrarci nella discussione circa gli aspetti strutturali delle
dimensioni (importanza dei due poli, struttura metrica e topologica dei contrari),
facciamo alcune osservazioni conclusive su quanto emerso in merito alle
dimensioni che danno forma allo spazio fenomenico dei ciechi congeniti rispetto a
quello dei vedenti e rispetto all’ipotesi principale di questa ricerca, che era quella di
verificare se la contrarietà fosse una struttura di base dell’esperienza spaziale anche
di soggetti che da sempre hanno fruito lo spazio in assenza del canale sensoriale
visivo.
Come i risultati hanno ampiamente dimostrato, la strutturazione bipolare dello
spazio caratterizza tanto l’esperienza di spazio dei ciechi congeniti quanto quella
dei vedenti. Anzi, l’assenza di intermedi per quasi tutte le dimensioni spaziali
descrive uno spazio che è molto più polarizzato, dicotomicamente strutturato, di
quanto non avvenga per i vedenti, per i quali la zona di transito tra un polo e l’altro
è spesso presente.
Detto questo, ed entrando nel merito di quali dimensioni strutturino questo
spazio, complessivamente i dati suggeriscono che si tratta di uno spazio che
condivide molte, la maggior parte, delle dimensioni emerse con i vedenti.
Il confronto interno alle singole classi, la condivisione e l’importanza relativa
delle varie dimensioni ci permettono però di tracciare un quadro anche di quelle che
sono le differenze che paiono emergere tra questi due spazi fenomenici.
L’incrocio tra il giudizio medio di importanza e l’informazione sulla
condivisione suggerisce che fitto-rado, oltre che essere poco condivisa (cfr. Tab. 5),
per quei pochi partecipanti che la esperiscono è di scarsa importanza. Il dato, a
prima vista sembra sorprende e pare non coerente con l’importanza che nella
100 percezione aptica riveste la texture delle superfici in generale. Lederman e Klatzky
(2004) hanno condotto studi sperimentali con soggetti vedenti bendati utilizzando
una serie molto ampia di item individuati a partire da una campionatura di 16
texture con correlate variazioni dimostrando quanto il tatto sia abile nell’estrarre
qualità materiali piuttosto che informazioni spaziali. Da normodotati, fitto-rado
sembrerebbe inoltre essere una dimensione che si esperisce nell’alfabeto Braille che
utilizza punti (massimo 6) incisi dentro ad una cella preformata; la combinazione
fra la quantità di punti e la loro disposizione spaziale all’interno della celletta
definisce la lettera; tanto più che il campo percettivo delle lettere Braille è a
piccola-scala, così come la scansione aptica delle texture limitata ai polpastrelli
delle dita o all’ampiezza delle mani. Invece, se si presta attenzione alle
contestualizzazioni in cui i ciechi esperiscono il fitto-rado (cfr Tab 9 e più
estesamente in appendice) sono tutte riferite ad esperienze su larga scala (la
vegetazione, i pali, le macchine). Un aspetto interessante che una futura ricerca
potrebbe allora indagare è il comportamento e, prima, l’esperibilità, di questa
dimensione in relazione al tipo di campo percettivo, larga scala versus piccola scala,
confrontando l’esperienza di normodotati o late blind versus quella di early o
congenital blind.
Se fitto-rado risulta essere poco importante, lontano-vicino e grande-piccolo al
contrario sono le dimensioni della classe della quantità/estensione che hanno
ottenuto un valore di importanza più alto. Vale la pena, con tutte le cautele dei
diversi approcci metodologici e teorici, richiamare il già citato studio di Ungar
(2000) sulle mappe spaziali cognitive in assenza di vista in cui, per indicare la
differenza dello spazio percettivo relativo ad una struttura egoriferita quale quella
dei ciechi, rispetto a quella alloriferita dei normodotati, si introduce la netta
distinzione tra far space versus near space e small scale versus large scale. Il fatto
che le due dimensioni grande-piccolo e lontano-vicino, che sembrano connettersi
direttamente a questi due aspetti della distanza e della grandezza/estensione dello
spazio, siano risultate particolarmente importanti tra tutte quelle della classe
quantità/estensione, sembra ribadire (da un altro punto di vista) la centralità di
queste distinzioni (polarizzazioni) spaziali. In base al lavoro di Ungar (2000) lo
spazio percettivo di un sistema egoriferito (tipico dei ciechi) è vicino e a piccola
101 scala e questo risulta confermato dai dati emersi dall’anisotropia dei poli (cioè
l’importanza relativa dell’uno rispetto all’altro).
Anche il dato della elevata condivisione e della elevata importanza, per la
maggior parte dei casi, delle dimensioni della classe della forma va nella stessa
direzione dei già citati studi di Lederman e Klatzky (2004) secondo i quali la forma
è fra le qualità materiali disponibili e di più facile accesso alla esplorazione aptica,
rispetto alle qualità dell’orientamento spaziale. Può sorprendere (da normodotati)
che le due dimensioni concavo-convesso e soprattutto asimmetrico-simmetrico
siano risultate le meno importanti ma la letteratura (Ballesteros et al., 1997, 1998)
riferisce che la simmetria nel sistema aptico è una qualità che non è disponibile
immediatamente, deve essere elicitata; in altre parole la possibilità di percepirla
dipende dal concorso di più fattori quali il modo esplorativo (con una sola mano o
con due mani), la dimensione dello stimolo e la sua dimensionalità (se è piccolo o
grande, bidimensionale o tridimensionale). In particolare Millar (1978) ha condotto
studi in base ai quali la simmetria verticale diviene saliente nel tatto solo per gli
stimoli per i quali è disponibile una struttura di riferimento spaziale quale quella
costituita dal corpo stesso dell’osservatore (e gli esempi di contestualizzazione che
sono emersi dal nostro lavoro per simmetrico e asimmetrico, come già abbiamo
notato,
ribadiscono
questa
riferibilità
dell’esperienza
di
asimmetria
di
oggetti/ambienti all’asimmetria destra-sinistra del proprio corpo). Tutti questi rilievi
sono utili a conciliare i dati emersi nel nostro studio, in particolare il fatto che la
dimensione asimmetrico-simmetrico abbia ottenuto una bassa condivisione e scarsa
importanza ma sia al contempo stata contestualizzata dai partecipanti in modo tanto
specifico e circostanziato. Inoltre il fatto che la simmetria nella modalità percettiva
tattile sia una qualità che deve essere stimolata potrebbe spiegare il fatto che sia
poco disponibile nel compito di produzione ma non in quello di riconoscimento,
dato che dall’esperimento di Cattaneo et al. (2010) risulta che la simmetria migliora
le prestazioni sia dei ciechi che dei vedenti. Cattaneo et al. (2010) - studiando 16
partecipanti early o congenital blind e 26 blindfolded ai quali veniva chiesto di
memorizzare e riprodurre una serie di 36 configurazioni tattili che potevano essere
simmetriche lungo l’asse verticale, rispetto a quello orizzontale o non simmetriche si proponevano di verificare: i) se la simmetria gioca un ruolo importante
nell’alleggerire il carico mnestico, nel qual caso tutti i partecipanti avrebbero
102 dovuto ricordare meglio le configurazioni simmetriche piuttosto che quelle non
simmetriche; ii) se l’orientamento dell’asse di simmetria verticale piuttosto che
orizzontale produce nella percezione tattile un carico di memoria identico (dato che
alcuni studi hanno attestato che la detenzione visiva della simmetria verticale è
maggiore rispetto a quella orizzontale); iii) se il vantaggio della simmetria verticale
nella percezione tattile di normodotati è dovuta ad un normale sviluppo visivo per
cui la facilitazione della simmetria nei processi tattili potrebbe essere dovuta al fatto
che vengano convertiti in immagini visuo-spaziali nella memoria (Thinus Blanc e
Gaunet, 1997), nel qual caso un simile vantaggio non si sarebbe riscontrato
sperimentalmente per i ciechi congeniti che non hanno alcuna esperienza visiva
pregressa.
Lo stimolo era dato da una scacchiera (matrice) bidimensionale di legno
costituita da 25 celle con un lato di 4 cm esplorabili tattilmente. Di queste 25 celle,
7 venivano coperte con carta sabbiata così da formare 3 tipi di disposizione:
simmetrica secondo l’asse verticale, simmetrica secondo l’asse orizzontale, non
simmetrica (6 trial diversi per ciascun tipo di disposizione ciascuno a sua volta
presentato in piano o in verticale per un totale di 36). Queste configurazioni
venivano presentate con la scacchiera posta sul piano orizzontale del tavolo in
modo che la parte prossima fosse posta a 20 cm di distanza dal corpo del
partecipante e che il centro della matrice o scacchiera fosse allineato con la linea
mediana del suo corpo, e che l’asse verticale di simmetria fosse perpendicolare alla
linea di orizzonte, mentre l’asse orizzontale di simmetria fosse parallelo alla linea
media del corpo del partecipante; oppure la scacchiera veniva posta in verticale e di
fronte (frontoparallela) al partecipante cosicché l’asse di simmetria verticale fosse
allineato all’asse medio del corpo del partecipante e dunque anche parallelo alla
forza gravitazionale. E’ risultato che i partecipanti, sia ciechi che vedenti,
memorizzavano meglio configurazioni che erano disposte simmetricamente rispetto
a quelle che non lo erano e questo suggerirebbe l’importanza della simmetria anche
per l’organizzazione spaziale dei ciechi. Nei ciechi congeniti, però, non veniva
rilevato un miglioramento della performance in relazione all’uso della simmetria
verticale piuttosto che di quella orizzontale (né nei trial di tipo simmetrico verticale
su piano frontoparallelo né verticale su piano orizzontale), contrariamente a quanto
si verificava nei vedenti. Secondo gli autori questo suggerisce che la salienza
103 percettiva della simmetria verticale (anche quando si riscontra in modalità
sensoriale tattile dei normodotati) sarebbe di fatto fondata sulla vista, come già visto
nei citati lavori di Thinus Blanc e Gaunet (1997).
Riportando questi risultati al nostro studio si possono avanzare alcune riflessioni.
Lo studio di Cattaneo et al. (2010) chiama in causa quattro dimensioni percettive fra
quelle considerate nel nostro lavoro: asimmetrico-simmetrico, verticale-orizzontale,
destra-sinistra e sopra-sotto, tre delle quali appartengono alla classe della
posizione, mentre la prima (asimmetrico-simmetrico) appartiene alla classe della
forma. Secondo la griglia proposta dal nostro studio si tratta di dimensioni
percettive non omogenee dal punto di vista della classe di appartenenza, né per
frequenza di condivisione, né per valore medio di importanza. Asimmetricosimmetrico ha riportato 4 condivisioni, verticale-orizzontale ne ha riportate 9 e le
altre ne hanno riportato 10; le contestualizzazioni avevano evidenziato che
verticale-orizzontale era una esperienza problematica per più partecipanti ciechi. Il
valore medio di importanza che i partecipanti hanno attribuito a verticaleorizzontale è sensibilmente più basso rispetto a quello delle altre due dimensioni,
dato che è inferiore a 7 (cfr. Fig. 3).
Il nostro lavoro suggerisce che, entro l’ampio spettro delle proprietà dello spazio
esaminate, per i ciechi congeniti asimmetrico-simmetrico non sia una dimensione
dello spazio così centrale per i ciechi, essendo altre le contrarizzazioni spaziali
percettivamente più importanti (es: lontano-vicino, destra-sinistra, aperto-chiuso) e
in questo emergerebbe allora una differenza di peso nel ruolo di questa dimensione
per i vedenti, per i quali la salienza della simmetria visiva agisce già in età precoce
nella ritenzione degli oggetti.
Rispetto alla dimensione verticale-orizzontale, Cattaneo et al (2010) hanno
mostrato che l’orientamento dell’asse di simmetria orizzontale o verticale non
aveva incidenza nelle performance dei ciechi, mentre quelle tattili dei normodotati
miglioravano con l’orientamento verticale dell’asse di simmetria. Anche dal nostro
studio risulta che la dimensione verticale-orizzontale per i ciechi non è saliente
tanto che un soggetto non la condivide mentre altri lo contestualizzano con
difficoltà. Rispetto all’importanza dei due poli non emergono anisotropie (per otto
dei nove partecipanti che esperisce la dimensione verticale-orizzontale il polo A ha
la stessa importanza di B). Si potrebbe notare che l’orientamento verticale o
104 orizzontale correla di fatto con le dimensioni destra-sinistra e sopra-sotto e che
queste due strutture di contrarietà sono risultate essere molto condivise e importanti
per i ciechi congeniti. Il che inviterebbe a pensare se e in che misura si possa
ritenere verticale-orizzontale una contrarietà saliente e pregnante dello spazio
visivo, mentre destra-sinistra, sopra-sotto (contrarietà forse più body-centred, più
legate alla struttura corporea) quali contrarietà salienti e pregnanti dello spazio non
visivo (o dell’esperienza spaziale secondo il canale tattile “puro”).
Potrebbe essere di qualche interesse mettere a confronto questi dati con la
letteratura sui normodotati secondo cui, nello schema dell’egoriferimento, l’asse
coronale è secondario rispetto agli assi gravitazionale e sagittale. Già Howard e
Templeton (1966) avevano designato come fondamentali l’asse gravitazionale (a
motivo dell’esperienza corporea imprescindibile della forza di gravitazione) e l’asse
sagittale (a motivo della esperienza corporea altrettanto imprescindibile del
movimento, legata alla biomeccanica del corpo umano che ci fa muovere in avanti),
relegando ad una minore importanza l’asse coronale. Questi risultati erano stati
ulteriormente confermati da studi sperimentali sulla percezione di oggetti (anche
reali) collocati di fronte, dietro, sopra, sotto a destra, a sinistra di un osservatore
(Bryant, Lanca e Tversky, 1995). Di fatto, quindi, la supremazia delle dimensioni
gravitazionale e sagittale rispetto a quella coronale è posta a partire da un sistema
egoriferito e le motivazioni sono ricondotte a percezioni di forze e vettori
“embodied”.
Il nostro studio suggerisce che i ciechi congeniti – il cui sistema di riferimento
spaziale è fortemente egoriferito e per i quali la scansione tattile avviene
prevalentemente in senso orizzontale - mostrano una preferenza per l’asse coronale
in termini di destra-sinistra. Lo studio di Cattaneo et al. (2010) ha evidenziato che
nè con lo stimolo posto frontoparallelo né in orizzontale l’elemento gravitazionale
incide sulla prestazione. In sintesi, il fatto che una simile supremazia non emerga
nei ciechi ci sembra possa aprire una riflessione sul fatto che la primarietà dell’asse
gravitazionale, indicata nella letteratura sui normodotati, siano da riferire non tanto
alla propriocezione di forze gravitazionali (che se così fosse, sarebbero
verosimilmente più attiva nella propriocezione dei ciechi) ma al sistema percettivo
visivo.
105 4.2. Considerazioni finali sulla struttura delle dimensioni bipolari
Come questa ricerca ha mostrato, lo spazio fenomenico dei ciechi congeniti
sembra condividere con quello dei vedenti una struttura bipolare (24 delle 29
dimensioni analizzate sono fortemente condivise e considerate importanti
nell’esperienza spaziale dei ciechi congeniti). Questo rafforzerebbe l’ipotesi
avanzata da Savardi e Bianchi (2009) e riproposta come ipotesi centrale di questo
lavoro, che la contrarietà sia una relazione di base che organizza l’esperienza
spaziale dei soggetti non perché vincolata alla sola informazione visiva ma perché è
un portato di una percezione e cognizione “embodied” dello spazio.
Detto questo, poiché i canali sensoriali a disposizione dei soggetti vedenti e dei
ciechi congeniti sono fortemente differenziati, era plausibile attendersi che alcune
differenze emergessero se non nella descrizione globale dello spazio, nella
descrizione della struttura delle dimensioni. Se è plausibile fare l’ipotesi che più una
dimensione è fruita in modo senso-specifico, più la sua struttura dovrebbe/potrebbe
cambiare, i dati che sono emersi da questo lavoro, proprio là dove sottolineano
differenze metriche o topologiche potrebbero rappresentare un buon punto di
partenza per capire ciò che c’è di vista-specifico nell’esperienza spaziale della
contrarietà dei normodotati proprio a partire da come l’assenza della vista modifica
la struttura delle stesse dimensioni.
A questo proposito, un dato importante e inatteso emerso da questa ricerca è
l’assenza generale di intermedi, che è il dato più vistoso che emerge dall’analisi
metrica e topologica.
Delle 14 dimensioni della classe quantità/estensione, 4 hanno gli intermedi non
confrontabili (sono né fitto-né rado, né ottuso-né acuto, né pieno-né vuoto e né
ampio-né ristretto); delle 10 rimanenti ben 9 non hanno intermedio per i ciechi,
mentre per i normodotati l’intermedio è una gamma per tutte le dimensioni ad
eccezione di né illmitato-né limitato, dove l’intermedio è dichiarato assente (N). Né
grasso-né magro, unico intermedio descritto come presente in questa classe dai
ciechi è descritto come P dai ciechi, mentre è una Gamma (G) per i normodotati.
Possiamo dire che il confronto del dato topologico dell’intermedio fra ciechi e
normodotati fa emergere una chiara tendenza dei ciechi a non riconoscere intermedi
106 dato che individuano solo né grasso-né magro, mentre i normodotati ne individuano
13 (12 G e P per né ottuso-né acuto).
Delle 10 dimensioni della forma 3 non sono confrontabili nel senso che non c’è
una chiara connotazione topologica per i ciechi congeniti (né storto -né dritto, né
complesso-né semplice, né convesso-né concavo), delle rimanenti, 6 non hanno
intermedi né per i ciechi e nemmeno per i vedenti (né disordinato-né ordinato, né
angoloso-né arrotondato, né incompleto-né completo, né asimmetrico-né
simmetrico, né mosso-né immobile, né irregolare-né regolare). Né aperto-né chiuso
ha intermedio G/P per i ciechi mentre nessun intermedio per i vedenti.
Anche per la classe della posizione si riconferma la tendenza dei partecipanti
ciechi a non riconoscere intermedi allo stesso modo che i normodotati, anche se in
questa classe alcune somiglianze tra i due gruppi emergono. Né verticale-né
orizzontale è G per entrambi i gruppi; né davanti-né dietro è per i ciechi N/P mentre
per i vedenti è P (quindi per i ciechi congeniti che riconoscono la puntualità
dell’intermedio, si può parlare di somiglianza tra i due gruppi); né destra-né sinistra
per i ciechi è N/G mentre per i vedenti è P; Né sopra- né sotto è inesistente per i
ciechi (N), mentre è perlopiù puntuale (P) per i vedenti.
In generale, dei 21 intermedi confrontabili i partecipanti ciechi ne individuano
solo 516. Il confronto con il gruppo dei normodotati descrive due situazioni diverse
a seconda che si tratti degli intermedi della classe della quantità/estensione, che non
ci sono per i ciechi mentre per i normodotati ci sono tutti (meno 1), o che si tratti
invece della classe della forma in cui gli intermedi non ci sono né per i ciechi né per
i
normodotati.
Verrebbe
da
dire
che
per
il quanto
spaziale
(classe
quantità/estensione) i normodotati individuano ed esperiscono intermedi che i ciechi
non condividono. Per il come dello spazio (classe forma) i ciechi non esperiscono
intermedi ed in questo condividono una esperienza simile ai normodotati. Per il
dove dello spazio (classe posizione) l’esperienza degli intermedi c’è per i
normodotati e in parte anche per i ciechi congeniti anche se con forme topologiche
16
Questo dato va collocato dentro un gap metodologico per il quale non si è dedicata una parte
specifica del questionario alla contestualizzazione dell’intermedio. Non possiamo sapere quanto
questo errore metodologico possa pesare sul dato della assenza dell’intermedio. È vero che nel
proseguire dell’esperimento lo sperimentatore ha supplito alla mancanza scritta di uno spazio
dedicato alla contestualizzazione in modo verbale. È vero inoltre che le contestualizzazioni più acute
e sorprendenti hanno riguardato proprio gli intermedi. 107 spesso diverse. Dei 5 intermedi esperiti in totale dai ciechi, 3 appartengono alla
classe della posizione e sono gli intermedi dell’asse coronale sagittale e
gravitazionale. Questo rilievo rende plausibile considerare l’intermedio per i ciechi
e per i normodotati in relazione alla accessibilità e alla disponibilità
dell’informazione in relazione al sistema percettivo e al centramento percettivo che
esso consente Il cieco dunque sembra avere un accesso sensoriale all’intermedio
delle dimensioni dello spazio limitato a quelle dello spazio egoriferito.Un secondo
dato è che globalmente i risultati suggeriscono che la somiglianza tra le strutture
bipolari dello spazio dei ciechi congeniti e dei vedenti riguardi più la struttura
topologica che metrica delle dimensioni e che vi sia meno corrispondenza tra le due
nei ciechi congeniti che nei vedenti. Per chiarire questo punto, entriamo un po’ più
nel dettaglio.
Per quanto riguarda le dimensioni della classe della quantità/estensione è chiara
la connotazione del polo B, quello verso la poca quantità, per tutte le dimensioni
che nei vedenti hanno struttura GI-G-GL (o URB nella terminologia Savardi,
Bianchi, Kubovy, 2011): anche per i ciechi congeniti il secondo polo è
generalmente connotato come Gamma Limitata (vicino, corto, piccolo, stretto,
basso, magro, sottile, poco, superficiale, ristretto). L’analisi metrica rileva però che
per i ciechi vicino, corto e stretto, basso hanno una asimmetria negativa; per cui,
contrariamente a quanto avviene per i normodotati, il polo Limitato ha una
estensione metrica maggiore rispetto a quello topologicamente Illimitato. Per lo più
concorde con la connotazione dei vedenti è anche la descrizione del polo A come
Gamma Illimitata, che vale per la maggior parte di queste dimensioni (lungo,
grande, alto, tanto, profondo e ampio). Qui vale un rilievo analogo, e cioè che
lungo alto e ampio sono Illimitati sia per ciechi che per vedenti, ma per i ciechi
sono il polo metricamente meno esteso della dimensione (a differenza di quanto
descritto dai vedenti). Menzione a parte merita lontano, che per i vedenti è GI
laddove per i ciechi topologicamente ha una connotazione non univoca, e che risulta
molto meno esteso per i non vedenti (non solo meno esteso che vicino, ma anche
proporzionatamente meno esteso rispetto all’altro polo) di quanto non avvenga per i
vedenti. Lontano è l’esperienza spaziale che evidenzia maggiori differenze
topologiche, metriche e di valore metrico di asimmetria tra i due campioni di
soggetti, mentre il polo opposto vicino ha una struttura topologica (GL) identica per
108 ciechi e vedenti; l’intermedio (né lontano-né vicino) non esiste per i ciechi ed è G
per i vedenti.
Illimitato-limitato è l’unica dimensione della quantità/estensione in cui nessuno
dei due poli presenta uguaglianza topologica fra i gruppi, (addirittura illimitato è
descritto come non esperito da molti dei soggetti ciechi) mentre entrambi i gruppi
concordano che sono assenti esperienze di né né. Alla luce di questi dati si può
sostenere che fra le dimensioni altamente condivise (quindi escludendo fitto-rado e
ottuso-acuto) la dimensione illimitato-limitato descrive una esperienza percettiva
dello spazio nel confronto fra gruppi con differenze importanti che riguardano la
struttura topologica e metrica di entrambi i poli (con valori metrici di asimmetria di
segno opposto) presentatndo l’intermedio (N) come unico elemento di identità fra i
gruppi. Lontano- vicino è l’altra dimensione che descrive una esperienza spaziale
dei ciechi diversa da quella dei vedenti per caratterizzazione topologica di uno dei
poli, dell’intermedio e per struttura metrica della dimensione anche questa con
valore metrico di asimmetria negativo; unico elemento di identità è la struttura
topologica del polo vicino, GL per entrambi i gruppi.
Spesso viene più frequentemente descritto come Gamma Limitata piuttosto che
Illimitata come per i vedenti. Nell’ipotesi che il giudizio topologico di Gamma
Limitata indichi una minor ampiezza della graduabilità di un polo all’interno della
dimensione che descrive la totalità dell’esperienza spaziale in questione, il fatto
sembrerebbe trovare rispondenza nel dato metrico (asym dei ciechi 0.067 rispetto a
0.397 dei vedenti). questo non si conferma però nel caso di ampio, descritto come
GI da entrambi i gruppi, ma con minima asimmetria metrica (valore simile a spesso,
0.056). L’ipotesi che mette in relazione la struttura topologica con l’estensione
metrica ha una tenuta molto più consistente nei normodotati, dato che tutti i poli con
struttura topologica GI sono anche metricamente più estesi. La relazione
topologico-metrico nei ciechi è contraddetta per tutti i poli topologicmente descritti
come Gamma Illimitata (GI) con valori di asimmetria metrica negativi. Laddove i
valori di asimmetria metrica sono positivi, sono di valore molto basso sia se il polo
è GL (come il caso sopra descritto di spesso asym 0.067), sia se è GI (come per
ampio con asym 0.056); pertanto il polo non incrementa la sua asimmetria metrica
se invece che essere limitato è giudicato illimitato, anzi in alcuni casi la diminuisce.
109 Quindi l’ipotesi della relazione struttura topologica- struttura metrica delle
dimensioni ravvisabile per i normodotati, non sembra trovare conferma nel caso dei
ciechi congeniti.
Ad una simile conclusione si giunge se consideriamo le dimensioni che hanno
struttura metrica simile per ciechi e vedenti, chiedendoci se evidenziano anche
una struttura topologica simile. Le dimensioni che hanno una struttura metrica
non diversa per ciechi e non vedenti (in cui i rapporto tra estensione del polo A e
del polo B è simile) son quelle che in Tab. 15 erano associate a valori di asimmetria
non significativamente diversi; 6 delle 29 dimensioni studiate hanno un p non
significativo. Possiamo quindi verificare se dal punto di vista topologico per queste
dimensioni, intanto, la somiglianza metrica si accompagni anche con una
somiglianza nella struttura topologica. Per grasso- magro, la struttura topologica
risulta identica tra vedenti e ciechi congeniti solo per magro, descritto come
Gamma Limitata (GL) sia da ciechi che da vedenti. Per tanto-poco, entrambi i poli
sono topologicamente uguali per ciechi e vedenti, con tanto descritto da entrambi i
gruppi prevalentemente come Gamma Illimitata (GI) e poco come Gamma Limitata
(GL). Per angoloso-arrotondato, l’analisi topologica risulta concorde tra i due
campioni di soggetti solo per quanto riguarda l’intermedio, che è descritto come
assente (N) da entrambe i gruppi. Per le tre dimensioni di base della struttura
corporea egoriferita, sopra-sotto, destra sinistra, e davanti-dietro, a fronte della
somiglianza nella descrizione metrica, sono poche le identità nella descrizione
topologica tra i due gruppi: per sopra-sotto è identica la descrizione topologica solo
di sopra come Gamma, per davanti-dietro, solo la descrizione dell’intermedio come
puntuale (P), nessuna somiglianza per destra-sinistra.
Incrociando dati metrici e topologici è stato possibile ordinare, entro ciascuna
classe di dimensioni, le coppie secondo un ordine crescente di somiglianza nella
descrizione strutturale che i due gruppi ne hanno dato. Ripercorriamo questi dati
perché ci permettono di avere una visione d’insieme di somiglianze e differenze
nella struttura delle dimensioni appartenenti ad una stessa classe.
Per le dimensioni della quantità/estensione, ottuso-acuto e fitto-rado che sono le
due dimensioni che hanno ottenuto condivisioni assai basse, sono topologicamente
anche le più diverse. Lontano-vicino e illimitato-limitato sono topologicamente
confrontabili nei due gruppi per un polo e per l’intermedio. I dati metrici rilevano
110 una differenza significativa, con valori di asimmetria metrica per i ciechi di segno
negativo e con rapporto di estensione fra i poli di valori anche tripli nel confronto
fra gruppi. Anche largo-stretto, grasso-magro e spesso-sottile hanno identità
topologica tra i due gruppi solo per un polo, ma i dati metrici rilevano valore di
asimmetria negativo per il largo-stretto dei ciechi, differenza di valore metrico di
asimmetria significativo per spesso-sottile e un p non significativo del confronto fra
valori metrici di asimmetria per grasso-magro. Lungo-corto, alto-basso hanno
entrambi i poli con identità topologica ma i dati metrici rilevano valori di
asimmetria di segno negativo per i ciechi. Grande-piccolo, profondo superficiale,
ampio-ristretto, pieno-vuoto hanno poli con struttura topologica identica fra i
gruppi; i dati metrici individuano differenze significative ma con valore di
asimmetria metrica positivo per entrambi i gruppi. Tanto-poco è la dimensione che
topologicamente ha entrambi i poli identici fra ciechi e vedenti e anche la differenza
metrica tra i due poli risulta non significativamente diversa.
Per la classe della forma, tralasciando concavo-convesso confrontabile che ha
bassa condivisione, disordinato-ordinato e mosso-immobile sono le uniche due
dimensioni della classe della forma per le quali è possibile comparare
topologicamente tutti e tre gli elementi che risultano coincidenti per disordinatoordinato (ci sono alcune doppie preferenze) e perfettamente coincidenti per mossoimmobile. I dati metrici confermano la somiglianza delle due strutture in termini di
maggior estensione sia del polo A che del polo B sia per i ciechi che per i
normodotati, anche se l’esperienza di immobile occupa quasi interamente la
dimensione per i normodotati (ma non per i ciechi). Asimmetrico-simmetrico,
irregolare-regolare topologicamente sono simili per due dei tre elementi della
dimensione, polo B e intermedio. I dati metrici rilevano però per entrambi una
differenza di valore di asimmetria metrica significativo con segno che diviene
negativo per i ciechi (il polo A, oltre che meno esteso del polo B, per i ciechi non ha
nessuna struttura topologica prevalente). Angoloso-arrotondato e incompletocompleto hanno la stessa struttura topologica (N) solo per quanto riguarda
l’intermedio; non ci sono differenze di asimmetria nella struttura metrica di
arrotondato–angoloso mentre c’è una diversa struttura metrica di completoincompleto. In aperto chiuso, storto-dritto, complesso-semplice solo per un polo c’è
identità topologica fra le descrizioni dei due gruppi. Il dato metrico inverte il segno
111 del valore metrico di asimmetria per storto e complesso, mentre per aperto-chiuso il
segno è positivo sia per i ciechi che per i vedenti, ma con valori molto differenti,
per cui per i ciechi l’esperienza di aperto è estesa tanto quanto chiuso mentre per i
vedenti aperto si estende quasi a tutta l’esperienza della dimensione (asym 0.739).
In sintesi, le dimensioni della classe della forma per i ciechi appaiono
topologicamente meno confrontabili con quelle dei normodotati di quanto non sia
emerso per le dimensioni della classe della quantità/estensione. È un rilievo aperto
ad una possibile lettura in relazione al fatto che le qualità formali sono sintetiche
mentre la modalità tattile è analitica. Anche per la classe nella forma avviene che la
correlazione fra struttura metrica e topologica si sfaldi. Per i ciechi spesso il polo
più esteso metricamente è Puntuale a differenza dei normodotati per i quali è una
Gamma, Illimitata (GI) o Limitata (GL)
Per la classe della posizione, verticale-orizzontale è l’unica dimensione che ha
una struttura topologica identica per ciechi e per normodotati; i dati metrici
confermano una stessa direzione dell’asimmetria, con maggiore estensione per
entrambi i gruppi di verticale. L’identità topologica e metrica di verticaleorizzontale fa di questa dimensione quella maggiormente simile nel confronto
ciechi-normodotati. Il dato è da riconciliare con il giudizio di relativa importanza di
questa dimensione data dai soggetti e con la letteratura citata a sostegno della
ipotesi che la dimensione verticale sia legata alla vista e ad un sistema alloriferito
più che alle forze gravitazionali e ad un sistema percettivo egoriferito. Da un lato
struttura metrica e topologica dicono che si tratta di una dimensione simile per
ciechi e normodotati; dall’altra condivisone, contestualizzazione, giudizio di
importanza rilevano che per i ciechi non è una dimensione centrale e importante
rispetto alle altre come per i normodotati.
Davanti-dietro hanno i due poli metricamente simili, ma topologicamente non
ben connotati e quindi non confrontabili mentre c’è concordanza, topologicamente,
per l’intermedio.
Anche sopra-sotto ha una estensione metrica simile tra i due gruppi (ma
topologicamente simile solo per sopra), mentre è inversa metricamente ma simile
topologicamente per entrambi i poli nel caso di fine-inizio. Destra-sinistra ha una
struttura metrica simile tra i due gruppi ma una struttura topologica diversa rispetto
a tutte le componenti.
112 4.3. Conclusioni
Da questo studio sono emersi due risultati principali: uno atteso in quanto
costituiva l’oggetto che la ricerca intendeva testare e uno inatteso.
Quello atteso riguarda la struttura contraria dell’organizzazione dell’esperienza
fenomenica di spazio. Secondo le ipotesi formulate all’inizio di questo lavoro si
trattava di verificare se la struttura contraria dello spazio emersa con i vedenti fosse
specifica dell'esperienza percettiva visiva o fosse più in generale legata
all’esperienza fenomenica “embodied” dello spazio. Se la prima opzione fosse stata
vera, i non vedenti congeniti avrebbero dovuto non esperire e non condividere
percettivamente la maggior parte delle qualità contrarie spaziali individuate dai
vedenti. Se invece la struttura contraria dello spazio emersa con i soggetti
normodotati fosse stata almeno in parte indipendente dalla vista, i ciechi congeniti
avrebbero dovuto esperire la maggior parte delle qualità spaziali contrarie indicate
dai vedenti.
I risultati della ricerca hanno messo in evidenza che l’organizzazione bipolare
dello spazio permane anche nella percezione tattile dei ciechi congeniti e che anzi la
polarizzazione dello spazio si rafforza, dato che le esperienze percettive dei ciechi
sono ancorate in modo preponderante ai poli anche per quelle dimensioni in cui
nella percezione visiva ci sono ampie zone di esperienze percettive che sono
gradazioni intermedie delle due qualità contrarie. La contrarietà come struttura
organizzativa dell’esperienza fenomenica di spazio trova allora conferma anche
nella modalità percettiva tattile, rinforzando l’ipotesi che essa sia una struttura di
organizzazione sensoriale non specificatamente visiva ma intermodale o
multimodale, legata probabilmente all’esperienza somatosensoriale. In questo
studio trova pertanto ulteriore forza l’ipotesi che la contrarietà sia una struttura
fondamentale e primordinale dell’organizzazione percettiva ( posizione sostenuta
da Savardi e Bianchi, 2000, 2009), un principio di organizzazione del campo
percettivo da integrarsi all’interno del sistema delle relazioni gestaltiche considerate
in origine da Meinong, (1882) e Wertheimer (1923). Inoltre può essere uno stimolo
a collocare gli altri principi gestaltici di organizzazione del campo percettivo in un
contesto di analisi comparata tatto vs. vista per valutare come le strutture
fenomeniche di vicinanza, somiglianza, chiusura, continuità e buona forma variano
113 nel confronto fra i sistemi percettivi dei ciechi congeniti e dei normodotati. Si
tratterebbe nello specifico di mettere in relazione le leggi di organizzazione del
campo con le variazioni legate al diverso assetto percettivo per valutare come esse
si modificano nel passaggio da un sistema di centramento egoriferito a uno
alloriferito e da small-scale a large-scale. La legge della chiusura, ad esempio, è un
elemento di forte ancoraggio della percezione visiva e anche di quella tattile dato
che la scansione tattile di figure e linee non chiuse risulta difficoltosa, lenta e poco
accessibile: tuttavia se messa in relazione ai due diversi sistemi di riferimento
percettivo probabilmente si evidenzierebbero differenze fenomeniche nel modo in
cui si rende disponibile e accessibile alla percezione senso-specifica.
La simmetria è emersa come una qualità pregnante della percezione visiva, ma
non altrettanto per quella tattile dei ciechi congeniti. Integrando l’analisi delle
qualità gestaltiche con quella dell’orientamento spaziale relativa a verticaleorizzontale emerge che laddove la dimensione percettiva pregnante della vista è
risultata quella verticale, quella del tatto è saturata dalla dimensione orizzontale.
Accanto alle caratteristiche percettive del tatto individuate in letteratura nel
confronto tra sistemi tattile e visivo, quella della sequenzialità, prossimalità,
analiticità (Revesz, 1938 e Hatwell, 2000), questa ricerca suggerisce l’importanza
della dicotomicità e forse dell’orizzontalità, nella esperienza tattile.
Il risultato inatteso emerso da questo lavoro è l’assenza degli intermedi per la
maggior parte delle dimensioni. Come abbiamo documentato nella sezione
dedicata alla analisi dei risultati, l’intermedio per i ciechi c’e solo per le dimensioni
della classe della posizione cioè per quelle dell’egoriferiemento. Questo dato può
suggerire che la disponibilità dell’intermedio sia senso-specifica, collegata cioè al
tipo di accesso sensoriale della sua percezione. Questo dato conforterebbe l’origine
percettiva dell’esperienza anche di intermedietà, laddove invece la scarsa letteratura
sugli intermedi ne sottolinea piuttosto l’aspetto linguistico-logico (Cruse, 1986).
Una riflessione merita il fatto che le uniche dimensioni per cui anche i ciechi, al
pari
dei
normodotati,
percepiscono
gli
intermedi
sono
proprio
quelle
dell’egoriferimento (seppure con le differenze metriche e topologiche di cui
abbiamo dato conto nella sezione relativa ai risultati). Anche questo dato risottolinea il nesso fra intermedi e sistema di riferimento percettivo.
114 Coluccia et al.(2007) hanno proposto una terza struttura di riferimento per
l’esperienza percettiva spaziale, che si situerebbe in una zona intermedia fra il
sistema di riferimento egocentrico e allocentrico, denominta “egocentrico
decentrato” e già individuata da Grush (2000) come egocentric space with a nonego object reference point. Se nello studio di Coluccia et al. citato, in cui si sono
condotti 3 esperimenti con partecipanti normodotati bendati, si è dimostrato che il
sistema di riferimento allcentrico decentrato è una struttura tattile di riferimento
autonoma e specifica rispetto a quella egoriferita e alloriferita, dal momento che il
confronto tra i dati rileva performance diverse per ciascun sistema di riferimento
testato, in un esperimento successivo (Coluccia et al., 2009) hanno dimostrato che i
ciechi congeniti hanno performance di quasi inabilità solo nella condizione
allocentrica e non quando utilizzano gli altri due sistemi di riferimento . Dalla
relazione di questi risultati con quelli emersi nel presente studio fenomenologico
delle dimensioni dello spazio sembra possano tracciarsi linee di convergenza a
partire dalla constatazione che la struttura di riferimento allocentrica consente
performance scarsissime dei ciechi in quanto percettivamente inaccessibile come
rilevato dalla condivisione parziale dei soli poli di vicino (e non anche lontano) e di
limitato (e non anche illimitato). Posto che anche dal nostro studio emerge
l’inacessibilità per i ciechi di percezioni organizzate rispetto a strutture
allocentriche, tuttavia i risultati sugli intermedi sembrerebbero suggerire alcune
differenze anche rispetto alla struttura dello spazio egoriferito, la cui struttura
metrica e topologica si presenta con una differenze fondamentale: le dimensioni
della classe della posizione cioè quelle della struttura egoriferita, presentano
sistematicamente l’intermedio, mentre in quelle della quantità/estensione e della
forma esso è assente. Viene allora da chiedersi se queste seconde dimensioni sono
percepite all’interno di un sistema di riferimento percettivo quale quello descritto da
Coluccia et al. come egoriferito-decentrato… Sarà da capire se i nostri risultati
possano offrire qualche suggerimento alla concettualizzazione di questi due sistemi.
Non a caso il presente lavoro si conclude con una serie di aperture a questioni
che meriterebbero approfondimenti ulteriori. Già nelle varie sezioni dedicate ai
risultati della condivisione, delle anisotropie dei poli e delle analisi metriche e
topologiche sono state evidenziate alcune questioni e alcune criticità. Tra le
criticità, l’esigua (anche se in linea con molte delle ricerche presenti in letteratura)
115 numerosità del campione di soggetti ciechi congeniti analizzato; rafforzato,
consentirebbe di ottenere dati numericamente più rilevanti e di applicare ai risultati
elaborazioni statistiche più articolate.
Fra le varie questioni sottolineate nel corso del lavoro, ricordiamo l’opportunità
di dedicare uno studio mirato alla dimensione orizzontale-verticale (dato che è
risultata una dimensione critica per condivisione, anisotropie dei poli e per le
considerazioni aperte dall’analisi comparata con i normodotati circa la struttura
topologica e metrica) e a fitto-rado (forse da mettere in relazione al campo
percettivo small-scale vs. large-scale). Il fatto, poi, che sia emerso il dato inatteso
dell’assenza degli intermedi stimola a produrre un setting sperimentale mirato per
verificare come i ciechi congeniti risolvano la percezione di proprietà che i vedenti
concordemente ascriverebbero all’esperienza di né una proprietà né la sua opposta.
Se l’interesse di questa ricerca è senza dubbio a livello di ricerca di base, i
risultati di questa analisi possono offrire una griglia di confronto tra esperienza
spaziale dei vedenti e dei non vedenti, tra esperienza spaziale mediata dalla vista e
dal tatto, di utilità applicativa nel campo della mediazione sensoriale e in tutti i
contesti (laboratori didattici per disabili visivi, elaborazione e progettazione di
percorsi museali e culturali e di fruizione tattile di spazi e oggetti ecologici o d’arte)
in cui diventa centrale l’opera di “traduzione” sensoriale dell’esperienza spaziale tra
modalità sensoriali o tra diverse tipologie di soggetti.
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123 124 Appendice
125 126 Report classe quantità estensione
127 Dimensione Soggetto lontano‐vicino Alessio Report 1
1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci. 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? 1a) Sì.
1b) Vicino: L’unica dote che ho, per la quale devo ringraziare – ho fatto un corso di autonomia apposta ‐ è che riesco a orientarmi nello spazio. Se c’è un ostacolo davanti a me, una persona, un oggetto; se è alto o basso; l’altro giorno alla fermata dell’autobus col bastone ho percepito che davanti a me c’era qualcosa: in questo modo ho schivato un palo di ferro. L’ambiente di lavoro mi è noto: ho vicino a me tutto quello che mi serve, il tavolo, l’armadio. Quando mi muovo non vado a cercare il muro, almeno non sempre. Nel corridoio ci sono sedie sui due lati e io cerco di tenermi al centro dello spazio. Riesco a percepire anche il vicino delle sedie: se mi accosto troppo lo spazio si restringe e io mi riporto al centro del corridoio. Ho una casa nuova; e lì sto facendo esperienza di vicino/lontano. Nel soggiorno c’è un divano e subito dopo, di fronte, un tavolinetto. Ci inciampo sempre, perché ancora non ho fatto esperienza vera della sua posizione rispetto al divano. E’ difficile vivere in una casa nuova: le porte, per esempio: ci sono due porte vicine e io facilmente ci inciampo. Però non ci vuole tanto tempo per imparare, e sto già memorizzando. Non ho paura io. Lontano: Lontano è un pochino più difficile: posso percepire tante cose: una persona, una macchina: una macchina io la sento da molto lontano. 1c) Canali sensoriali soprattutto il corpo. Secondo me la percezione anche dal tatto […] toccando con le mani, percezione tattile esperta sì, abbastanza: ho fatto un corso di percezione aptica. A volte però ho come una percezione non sensitiva, ma nel senso che c’è qualcosa davanti a me, senza toccarla. Non te lo so spiegare. Per esempio nel corridoio ci sono le persone. Sono comunque ostacoli. Mi accorgo di un’ombra, di un profumo; non so però di quell’aura che dici percepita da Claudia. Percezione globale, un po’ di odore, un po’ di ombra. Una strategia particolare: Sì, uso il bastone. Muovendolo destra sinistra. Serve per orientarmi e per andare dritto. In un ambi ente conosciuto si fa pendolo. Prendi un punto di riferimento che sarebbe il muro e batti il bastone sul muro in modo che riesci a sentire dove vai. Se invece l’ambiente non lo conosci devi fare il movimento che ti mette in grado di sentire che spazio c’è davanti. Io molto sento lo spostamento dell’aria: se passa qualcuno, se passa veloce; oppure sento la presenza: molte volte una collega mi fa 128 lontano‐vicino
Claudia degli scherzi, mi mette alla prova, si nasconde e vuole che la trovo; e la trovo. 1a) Sì, sicuramente. Per capire dove ti trovi, per la percezione dell'ambiente in cui ci troviamo. 1b) Sì, per quello è importante vicino/lontano: per i punti di riferimento. I mobili che "visivamente" ingombrano una stanza per noi sono di grande aiuto. Io sto cambiando casa, e mi ricordo che i CD stanno nella scatola che si trova sopra la mensola dove c'è anche un altro oggetto. Ho riferimenti più legati alle cose che stanno sopra ‐ sopra i mobili ad esempio ‐ piuttosto che altri elementi. In ogni modo vicino/lontano è una dimensione che subentra in ogni situazione. Sull'autobus se le persone le senti vicine puoi immaginare che l'autobus è molto affollato, quantomeno in quel punto; se senti invece che c'è spazio libero intorno supponi che effettivamente l'autobus è più libero. Quindi vicino e lontano sono sicuramente il primo riferimento in qualsiasi ambiente, dalla propria casa, che è l’ambiente più familiare possibile , a un mezzo pubblico, a una piazza... Vicino/lontano anche nel senso acustico del termine. Perché se io so che devo passare in una piazza, in cui magari si sente il rumore dell'acqua che scorre perché c’é una fontana, più lo sento vicino e più mi accorgo (per esempio in una piazza che è ampia) del punto esatto in cui sono. Se, magari, non sentissi quel rumore probabilmente non capirei neanche in che punto sono, perché la piazza è grande e non c'è nessun punto di riferimento, è uno spazio ampio, è come stare in mezzo al mare. Un vicino/lontano sia dal punto di vista fisico proprio dell'oggetto in sé, sia dal punto di vista acustico: perché se l'oggetto emette un rumore, è un’indicazione a cui io mi posso riferire. In ogni caso le cose vicine e lontane sono preesistenti; poi io mi inserisco in quello spazio, acustico, fisico: io occupo uno spazio in quell'ambiente. A disagio? Io cerco le cose che mi aiutano. In una strada trafficata io sento volentieri le macchine ferme, punto il corpo verso le macchine ferme: per me sono fondamentali. Se mi perdo ‐ cosa che capita – e sento che mi passa vicino una persona mi illumino perché posso chiedere soccorso. Il disagio se mai viene da un rumore. Metti che debba attraversare una strada e improvvisamente si intromette un rumore, per esempio di queste moto...con questi motori assurdi che rimangono ferme lì e che comunque ti offuscano anche dopo che sono passate. Oppure, che ne so, un gruppo folto di persone, oppure mentre camminiamo per la strada c’è una scolaresca che passa… 1c) Il corpo. Dipende dal tipo di oggetto e dall’ambiente. Se in quel momento vicino a me non c'è niente e l'unica cosa che sento è il rumore, è chiaro che la sensazione viene focalizzata sopratutto sul piano dell'udito. Quindi il modo in cui esperisco lo spazio dipende tanto da dove mi trovo. Gli stimoli vengono dall'ambiente. In base agli stimoli che l’ambiente ci dà lo seleziono. Facciamo quello che in un 129 determinato momento è più utile a noi, che sia uditivo, tattile, olfattivo. Entri in un negozio e senti l'odore di stoffe e allora dici: questo non è il negozio che cercavo. L'odore di un bar, del caffè. D'inverno però tutte le porte sono chiuse e i sensi non servono a localizzarlo. Sì perché le porte sono chiuse ed escono meno odori e meno rumori. Invece se devi trovare un bar d’estate è facilissimo perché escono i rumori delle tazzine, le persone che passano, i tavoli, le seggiole che si muovono. D'inverno un bar è una vetrina come un'altra. Quindi o conti (la distanza), se lo sai , oppure entri in un posto qualsiasi e chiedi dov’è. Per misurare le distanze qualcuno conta i passi. Dico che uno misura un metro su se stesso, sa che ci vogliono tre passi per fare un metro e contando misurano la distanza. Io lo faccio. Quando imparo una strada nuova e soprattutto quando sono con Mafalda [il cane]. Siccome mi mancano gli altri punti di riferimento il cane mi evita gli ostacoli e quindi non mi devo concentrare come quando usassi il bastone. Infatti col bastone è improponibile. Invece col cane che gli altri punti di riferimento li perdo eccetto quelli che sento con i piedi, pali, alberi, tutte le cose che sentirei col bastone me li evita lei, allora magari in quel caso sfrutto un po' questo calcolo dei passi. E' però una cosa che faccio all'inizio, al momento della conoscenza. Sì, insomma, è una cosa d'emergenza; perché se ti metti a contare in realtà ti isoli molto. Se poi ti saluta una persona neanche gli rispondi se no perdi il conto. il cane è un aiuto. Se mi trovo senza cane vivo lo spazio con un certo allarme. Magari comincio a contare i passi, il che mi rende più sicura. E' proprio avendo un cane che io conto i passi. Perché usando il bastone succede che tu fai un'esplorazione intorno a te: senti i pali, gli alberi, stai attenta a tutto; invece il cane ti fa evitare gli ostacoli, quello è il suo compito. Se io normalmente col bastone penso: al terzo palo attraverso la strada, il cane mi evita i pali e allora non so qual è il terzo palo, e così conto i passi. Che tipo di informazione utilizzo per capire cosa è vicino e cosa è lontano? Sempre le stesse: il tatto, l'udito. Quando ti sposti con un mezzo pubblico è importante anche la sensazione delle curve. La parete è un riferimento. Poi cerchi, che ne so, una finestra per capire i lati della stanza. Quando entro in un bar o in un negozio cerco il bancone. Se entro in chiesa cerco la panca. Se entro in una stanza nella quale devo restare a lungo cerco un appoggio, una parete, un qualsiasi riferimento; però la cosa è legata sempre all'esigenza del momento. lontano‐vicino Cristian 1a) Sì. 1b) Sto camminando e ci sono dei suoni. In generale coi suoni riesco a percepire se le cose sono lontane o vicine. Se non ci sono suoni non me ne accorgo. In questo modo riesco a percepire se un muro è lontano o vicino. Le persone se mi sono lontane o vicine. Se c’è una pianta o un palo non riesco a percepire se sono lontani o vicini. Quando cammino mi regolo col marciapiede, coi muri che ci sono; mi ricordo dove c’è un lampione perché lì magari devo 130 lontano‐vicino
Emanuele
lontano‐vicino
Emilio attraversare. Sono punti di riferimento. Se devo andare lontano uso il bastone, se no vado anche senza. 1c) Con l’udito. L’odorato non serve a percepire se una persona o una cosa sono lontane o vicine. 1a) Sì.
1b) Lontano le voci. Casa mia in questo momento è abbastanza lontana da me. Il mare è lontano. Vicino in questo momento è il registratore, una rubrica telefonica, la barra Braille, il tavolo. Quando mi sposto mi tengo vicino alla parete. Quando vado in bagno uso la parete per arrivarci. La tocco e la costeggio. La porta. La chiesa. 1c) Io utilizzo il mio corpo. Le mani, i piedi anche. Le mani per le cose vicine. Le orecchie, l’udito, per lontano. Molto importante. Io uso moltissimo le mani. Sono i miei occhi. 1a) Sicuramente sì.
1b) Lontano‐vicino si intende come distanze. La prima cosa che mi viene in mente di lontano‐vicino è ovviamente un luogo. Un muro no: a me parlando di lontano‐vicino mi viene in mente la distanza, non un muro. Ho il senso della distanza lontano‐vicino, ma non è che ci sia qualche cosa…Non c’è qualcosa di particolare tra gli oggetti di uso quotidiano che mi dia il senso di lontano‐vicino. Vicino è un ostacolo. Un ostacolo quando è vicino lo avverti subito. Lo devi avvertire subito. Il muro non lo cerco come vicinanza, il muro, no, in nessun modo. 1c) Rapportato ai sensi la vicinanza è si coglie l’udito. Per noi l’udito è essenziale. Per evitare un ostacolo per noi è essenziale l’udito. Per la distanza vicino‐lontano il tatto non penso che serva. E’ chiaro che se una cosa è qui la posso toccare. Il mio vicino inizia a fianco. In autobus, per esempio: percepisco il vicino. Ci sono particolari che si acquisiscono con l’esperienza: piccole avvertenze che abbiamo messo a punto. Per esempio io vado in treno, entro in uno scompartimento e lo esploro col piede per sentire se il posto è libero o no. Molti non vedenti non fanno così: chiedono “C’è posto?”. Io invece c’è una barriera che non ho ancora abbattuto nonostante i 57 anni per cui mi illudo – perché mi illudo ‐ che gli altri non mi vedano. Infatti molti mi dicono “perché non porti il bastone o il cane?”. Io non ci sono mai riuscito. Io con bastone o il cane non mi ci vedo proprio, anche se so che danno molto, moltissimo. Quanto meno il bastone ti aiuta a muoverti meglio; ma io, dove vado, vado da solo, non c’è cane o bastone che tengano. Prendo il tram davanti a casa mia, salgo e scendo normalmente senza problemi. Non mi metto vicino a qualcuno: scelgo sempre il posto vicino alla biglietteria, dove c’è un sedile solo e quello è il posto mio. Del lontano non riesco a dirti niente perché il lontano me lo figuro solo come distanza, ma è una cosa del pensiero, non 131 lontano‐vicino Giulia dei sensi. La voce sì – non ci avevo pensato ‐ si potrebbe rapportare al vicino‐lontano: quando senti la voce di una persona ti rendi conto della distanza a cui si trova. Dopo mentalmente la visualizzo la distanza. Io le domande che mi fai le rapporto ai cinque sensi: l’unico dei cinque che mi dice della distanza è l’udito. Lontano è la voce e qualsiasi rumore che senti. 1a) Sì, sono dimensioni a cui ci riferiamo sempre, perché appena si entra in relazione con uno spazio si cerca di capire se è lontano o vicino rispetto ad un certo punto di riferimento. 1b) Una volta però mi è capitato di non avere una percezione chiara di lontano e vicino del muretto, semplicemente perché io stavo correndo, stavo andando all’università ed ero in super ritardo: stavo correndo e non ho calcolato bene la distanza del muro che avevo davanti, di conseguenza ci sono quasi andata a sbattere al volo: per fortuna all'ultimo momento me ne sono accorta e sono riuscita a dribblarlo e a passargli intorno. Io sapevo già che quel muro c'era, perché era una strada che facevo tutti i giorni. Però ho calcolato male le distanze perché correndo ho cambiato velocità e quindi... Però non è stata una cosa consapevole, ovviamente. In quel caso non ho calcolato in base al tempo perché non avevo tempo di guardare l’orologio in quanto mi avrebbe distratto. In Germania invece delle persone puntavo le bici che correvano. Era un po’ difficile, ma ogni tanto riuscivo a bloccarle. Se le sentivo vicino mi dava più conforto rispetto a sentirle all'altro lato della strada. E dicevo “oddio adesso prima che attraverso non ci arriverò mai a chiedere aiuto a questa che è sfrecciata, nel frattempo”. Oppure le manifestazioni. M'è capitato venerdì scorso. Ero in autobus e dovevo andare a Jesi, e mi dovevo incontrare in un posto che già è complesso di suo , perché è una piazza‐parcheggio dove si fermano tutte le corriere, un disastro. Arrivo e già sapevo che sarei dovuta stare molto attenta a reperire l'unico punto di riferimento possibile, che era la pizzeria, e mi ero dimenticata che ci sarebbe stata una manifestazione generale, proprio lì a quell'ora. L'ho beccata in pieno: una folla incredibile, alcuni coi fischietti, un rumore allucinante. Ero attorniata da autobus che stavano passando perché ancora non avevano bloccato il traffico definitivamente, la gente intorno a me tutta sparsa, e io già che avevo pochi punti di riferimento, è stata una cosa un po' traumatica. Alla fine mi sono avvicinata a un gruppetto di ragazze che mi parevano abbastanza tranquille e ho chiesto ad una se mi accompagnavano in pizzeria. L’”abbastanza tranquille” delle ragazze è perché stavano parlando in maniera tranquilla; ho aspettato un attimo che finissero di parlare, erano due o tre e erano un po’ discostate dalla massa generale e ho detto “forse sono un po’ più disorientate, come me”. 1c) Il corpo; e poi i sensi messi insieme, udito, tatto, olfatto: dipende dal tipo di oggetto e dall'ambiente. Però se è 132 qualcosa invece subentra il corpo come il tatto o anche la percezione plantare, il bastone, dipende dal tipo di ambiente e dal tipo di oggetto o di stimolo da localizzare. L'olfatto però può essere ingannevole. Come faccio a misurare le distanze? Io in realtà ho riscontrato una difficoltà generale, per quella che è la mia esperienza, ed è che mi è capitato di perdermi varie volte. Quando mi perdo ovviamente chiedo, perché è la sola cosa che posso fare; e mi sono imbattuta in una difficoltà generale a stimare le distanze. Chiedendo la stessa cosa a tre o quattro persone diverse, ognuno dava risposte molto diverse. "50 metri". "100". "500 metri". E’ difficile anche per chi vede, penso, stimare la distanza; per chi non vede o ha altri punti di riferimento a volte è proprio difficile trovare un linguaggio comune. E’ anche una questione di attenzione, forse: una persona vedente è meno presa dal problema. Io i passi non li conto mai quando vado in giro perché se li contassi mi perderei un sacco di altre cose. I passi li conto al mare, per acchiappare l'ombrellone mio. Quando arrivavamo agli scogli, tornando indietro sapevo che a una quarantina di passi c'era l'ombrellone mio e in quel caso, pur avendo altri punti di riferimento, contavo i passi. In realtà non è che io cerco qualcosa. Cerco solo di interpretare quello che l'ambiente offre. A meno che non abbia un obiettivo preciso. Per esempio quando dovevo andare al tirocinio sapevo che c'era un generatore dall'altra parte della strada e quindi cercavo quel rumore specifico perché l'avevo individuato come riferimento. Per me era un punto di riferimento perché dall'altro lato della strada dove passavo io c'era una pista ciclabile, per cui non riuscivo a sentire col bastone cancelli e altri ostacoli, e sarebbe stato veramente difficile trovare; invece col generatore avrei potuto sballare qualche metro, però più o meno la zona era quella. Dall'altro lato avrei dovuto seguire l'erba per arrivare al posto in cui dovevo andare. Avendo il generatore come punto di riferimento però non avevo bisogno di questo e arrivavo più spedita all'ingresso. La parete è un riferimento. Poi cerchi, che ne so, una finestra per capire i lati della stanza. I rumori sono molto importanti. In una chiesa, per esempio, per capire la forma della chiesa, mi regolo in base all’eco. Quando mi sposti con un mezzo pubblico è importante anche la sensazione delle curve, di come gira, di quante volte ha girato. Le rotatorie sono una bella prova… lontano‐vicino
Lucia 1a) La dimensione lontano/vicino è molto soggettiva rispetto a tutte le altre dimensioni: per me una cosa può essere vicina quando mi è attaccata. Può essere vicina quando è a un metro da me. In base al mio punto di vista vicino è facilmente raggiungibile da me. È comunque una dimensione che mi appartiene come esperienza spaziale. 1b) Quando facciamo un’esperienza di teatro abbiamo un’esperienza di legame per me vicino perché ci sentiamo una unità unica, facciamo esperienze uniche , quindi siamo molto vicini, molto legati. Sto parlando non solo della 133 lontano‐vicino Roberta vicinanza come sentimento, ma anche di una vicinanza corporea. Una persona quando la sento per telefono anche se è lontana, psicologicamente mi sostiene, condivide le mie emozioni anche se fisicamente è lontana da me. Vicino a me sento te, per esempio; e nelle varie occasioni sento vicino chi più mi sta accanto, mi accarezza la mano, chi dalla emissione vocale io sento vicino. A casa le mie cose, quelle che sento mie, che sento vicine: il mio armadio, il mio studio, il mio comodino, i miei libri, le cose che io percepisco vicine a me e al mio mondo. Il computer, il cellulare sono gli strumenti che sono più a portata di mano e quelli che più mi collegano al mondo: intermediatori tra me e il mondo. 1c) Gli oggetti toccandoli oppure attraverso il suono. Anche quanto è lontana una cosa rispetto all’altra. Anche un po’ dalle ombre perché io un po’ le ombre le vedo, ma anche attraverso il suono, anche quando ho gli occhi chiusi… Sì, soprattutto è il suono. O il tatto: se mi devo dirigere verso un certo luogo magari cerco il muro, seguo qualcosa che mi può aiutare, farmi da guida. Generalmente se devo esplorare qualcosa lo faccio col tatto. Per vicino/lontano riesco a capire dalla voce se le persone sono più o meno vicine. Io semplicemente ascolto la voce, e ascoltando la voce capisco la posizione di ciascuno. In assenza della voce io capisco attraverso un rumore, dei passi: anche se non parla avverto la presenza perché c’è rumore. 1a) Sì.
1b) Lontano è una cosa che un po’ mi spaventa perché non posso viverla all’istante: una cosa lontana è una cosa che non conosco. Mi da il senso di un punto interrogativo. Vicino presuppone un’esperienza che sto vivendo al momento e che mi prende delle energie per viverlo e per capirlo. Percettivamente il vicino è uno spazio che sto vivendo in questo momento e cerco di capirlo e di conoscerlo per potermici muovere. Io che ho la percezione minima delle luci la prima cosa che cerco del vicino che sto vivendo in quel momento è un punto di luce, perché questo mi dà anche lo spazio dell’ambiente o della cosa che sto vivendo. Lontano è una cosa che non conosco e che quindi non riesco a definire. Vicino invece è qualcosa da cui cerco di cogliere, di prendere, di capire. Qualcosa che mi dà comunque delle sensazioni. Chiaro che una persona vicina e un albero sono diversi tipi di esperienza. Ieri ero al mare: la vicinanza del mare è un altro tipo di esperienza. Il mare mi trasmette qualcosa di importante, qualcosa di bello, di positivo, di gioioso. L’acqua mi dà un insieme di sensazioni piacevoli. Grande, sconosciuto e misterioso. Per il fatto che è vicino in piccola parte credo di averne una consapevolezza. In acqua mi oriento ascoltando le voci della riva – a parte che io vedo un pochino le luci e quindi il sole lo percepisco ‐ ; se rimanessi da sola in mezzo all’acqua e dovessi tornare a riva la direzione della riva la troverei. Dalla provenienza della luce e delle voci, perché davanti ho 134 lontano‐vicino
Simone lontano‐vicino
Vincenzo il mare aperto e dietro la riva, chiaramente le voci mi arriverebbero alle spalle. 1c) Io no, non conto mai i passi. Premetto che per quanto riguarda la mobilità io in casa o negli ambienti che conosco come il mio ufficio non ho problemi a muovermi; però non mi muovo da sola in giro col bastone, non ho esperienza di cani‐guida. Ho un buonissimo senso dell’orientamento però il fatto che da bambina ho avuto sempre chi mi accompagnava non mi ha reso facile da grande pendere il bastone o il cane‐guida e muovermi da sola. Anche se non mi perderei di sicuro in centro. 1a) Sì. La condivido benissimo.
1b) Quando vado a lavorare cammino vicino al marciapiede, ai cancelli, al muro, per fare in modo che quando passano le macchine non c’è il rischio che mi vengano addosso. Mi muovo con il bastone. Ho fatto il corso di orientamento. Nei luoghi che non conosco le prime volte faccio più fatica, ma col passare del tempo… per orientarmi all’inizio chiedo sempre a qualcuno se mi può indicare la strada, dopodiché dopo che mi è stata spiegata mi oriento perfettamente. Memorizzo e poi seguo le indicazioni. Non conto i passi: non uso quel modo. Un altro vicino che mi viene in mente è il mio collega di stanza che sta seduto di fronte a me. Il telefono al lavoro ce l’ho proprio davanti a me. Il computer ce l’ho a casa: al lavoro no. Uso lo stereo. A portata di mano ho la radio piccola. Ad esempio qui si sente l’ambulanza che viene da lontano, oppure può venire qui nella nostra via. Da qui si sente bene anche la nazionale, oppure il treno: non abbiamo la ferrovia vicino ma quando passa a Gradara il rumore si sente molto bene. Per andare a Gradara in autobus ci vuole mezz’ora perché fa tutto Gabicce e tutto Cattolica, ma in auto ci vorranno cinque minuti. 1c) Io ovviamente uso l’udito per sentire lontano. Per i muri più che altro col bastone,e anche il marciapiede. Con la pianta del piede quando vado al mare seguo gli scalini oppure la passerella. Col bastone uso la semplice strategia che quando devo fare ad esempio un gradino lo faccio fare prima al bastone. 1a) Sì.
1b) Si riferisce ad oggetti, come il piatto sul tavolo che lo debbo mettere vicino se no perdo il controllo. Un muro, le macchine ferme per strada che sono vicine al bordo. Nelle rotatorie mi tengo sempre vicino al bordo interno, vicino all’aiuola o all’erba. 1c) per tenermi vicine al posto giusto tutte le mie cose sulla scrivania o sul tavolo, uso il tatto e misuro con le dita il palmo la giusta distanza a cui lo stereo deve stare dal 135 posacenere, ad esempio. Quando mi muovo negli spazi aperti uso il bastone per tenermi vicino ai bordi interni o ai muri. Dimensione lungo‐corto lungo‐corto Soggetto Report 2
Alessio 1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci. 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? 1a) Sì.
Claudia 1b) Lungo: la calza per innaffiare è lunga. Può essere lungo un tubo, un tavolo, qualsiasi cosa. Il piano di lavoro della cucina è molto lungo. L’armadio della mia casa è lungo. Corto: il mobiletto vicino al divano. 1c) Lungo lo percepisco toccando con le mani. Ci cammino anche a fianco toccando col bastone: parto da un punto e da lì conti. Conto anche i passi, quando ho bisogno: è un’indicazione: c’è una casetta a venti passi. Io li conto e vado. Valuto la lunghezza anche col bastone. 1a) Sì. 1b) Per esempio io so che prima del primo attraversamento che incontro c’è un tratto di marciapiede abbastanza lungo, per cui chiaramente... è importante, è un indicatore del punto… Altre esperienze? Mah, soltanto quelle dell’orientamento. Sì: qualsiasi ambiente con cui entriamo in contatto. Però sempre a livello dello spazio che abbiamo intorno, quindi la stanza, il marciapiede, l’ambiente in cui ci troviamo. Il lato di una stanza, la lunghezza del marciapiede. E’ chiaro che se hai in mano un utensile, se hai in mano la forchetta non è che percepisco la rotondità, percepisco il lungo e il corto; ma se in mano ho un piatto lungo o corto perde il senso, non c’è. Dipende dall’oggetto, insomma. In ogni modo, se parliamo di oggetti lungo e corto c’è dappertutto, negli utensili, negli attrezzi con cui lavori, negli oggetti della scuola, penne, matite, qualsiasi oggetto. 1c) Non c’è altra informazione. E’ quella tattile. lungo‐corto Cristian 1a) Sì.
1b) Il percorso per andare al lavoro. Un percorso comunque, se è lungo o corto in base al tempo che ci metto. Il percorso lo misuro. Un oggetto lungo può essere il bastone: abbastanza lungo. Lungo o corto c’è anche la ringhiera di casa mia, che mi sembra abbastanza lunga. 136 lungo‐corto Emanuele
Quella dei miei vicini invece è corta. Il punteruolo per scrivere è corto. Un ago è corto. Oggetti tra i più corti sono le viti per montare la radio. Invece un guard‐rail può essere molto lungo. Lo sento con le mani o col bastone e mi rendo conto che è molto lungo. 1c) Solo attraverso il tatto: il bastone, e per il percorso anche il corpo in generale. Uso il tatto. 1a)Sì.
1b) Lungo una canzone. Un bastone. Un braccio. Una telefonata. Che può essere anche corta, però. Un righello. Una biscia, ma non l’ho toccata, no: ne ho orrore. Dunque è cognitivo e non vale. Una passeggiata può essere lunga. A casa un letto. Anche il tavolo. Un camino. Anche una parete è lunga. Corto è il punteruolo. Le dita. Le giornate d’inverno sono corte. Una maniglia di una porta. La cornetta del telefono. I tasti del telefono. Le banconote. Possono essere corte o lunghe. 1c) Le mani, i piedi, il corpo. L’udito no. lungo‐corto lungo‐corto Emilio Giulia 1a ) Sì.
1b) Una via, per esempio. Un percorso, qualunque esso sia. Lungo e corto può essere un oggetto che tocchi, che ne so, una corda, un metro, qualsiasi cosa che tocchi. Qualsiasi cosa che tocchi ha chiaramente una forma che può essere corta o lunga. Non c’è un oggetto che percepisco come corto o lungo: ogni oggetto ha la sua forma. La navata di una chiesa è immensa e se qualcuno non me la descrive non mi arriva come percezione. 1c) Attraverso il tatto e l’udito. Una via la puoi percepire con l’udito; un oggetto lo tocchi e in quel caso è il tatto. Lungo e corto si percepiscono con il tatto se è un oggetto, con l’udito se è un percorso, una cosa molto più immensa di un oggetto per cui non la puoi toccare. Se il percorso lo fai allora sì, c’è il corpo. Io però mi rapporto ai cinque sensi. Un tavolo no, non lo misuro: è la voce delle persone che ci sono, davanti, a destra, a sinistra, che mi dicono la forma del tavolo, se è quadrata o rettangolare. 1a) E’ forse meno rilevante rispetto ad alto‐basso e ad altre dimensioni. 1b) Un tratto di strada. In una stanza il lato lungo e il lato corto. Capire come è messo il rettangolo per sapere in che posizione ti rovi in quel rettangolo. E’ importante più che altro per capire l’orientamento e la posizione di noi rispetto all’ambiente. Nel sottopassaggio dici: è lungo o corto? Posso sapere se è lungo o corto però non ci serve. Nel senso che è un’informazione in più, però è più il contorno globale... Lungo/corto serve al riconoscimento degli oggetti e alla descrizione dell’oggetto più che dello spazio. 137 1c) Il corpo. Per “corpo intendiamo che diventa una cosa propriocettiva, cioè è sempre che, esempio, so che c’è un ostacolo, perché comunque avverto la sua presenza, ma non col bastone, con il tatto, con la percezione plantare, ma con il corpo, il corpo nella totalità, potrebbe essere se lo vogliamo scindere l’aspetto della plantarità, l’aspetto tattile, però... Solo il corpo. L’udito potrebbe aiutare, sì, in una stanza potrebbe aiutare la dimensione acustica a capire se sono nel lato lungo o nel lato corto. Il ritorno del suono.... Però il corpo... lungo‐corto Lucia 1a) Sì. Però riferito agli oggetti.
1b) L’abito. Una persona, anche, ma è più limitato come esperienza perché lungo‐corto lo percepisci solo col tatto: un abito lo tocco. Forse una cosa quotidiana, perché durante gli acquisti, quando mi vesto, queste sono cose quotidiane perché devo percepire quotidianamente: quando entro in un negozio, tocco una abito per vedere se è lungo o corto. Oppure in base a come voglio vestirmi prendo dall’armadio una maglia più o meno lunga. Oppure per quanto riguarda lungo‐corto – ma è più alto‐basso, direi ‐ nelle persone le capisco toccando la spalla e capisco più o meno l’altezza, o anche se la persona è in piedi io sento la voce e riesco a capirlo. Lungo‐corto sono dimensioni di un oggetto i centimetri e così via. Il cibo, sempre attraverso il tatto. Se un filone di pane è lungo o corto, o la carne, o gli spaghetti, in generale. Il tavolo ha più sfaccettature:in base alle voci sento se è lungo o anche se è tondo, ovale o rettangolare. Oppure toccandolo. Una strada attraverso la conoscenza fisica, percorrendola. Oppure sentendo i rumori: se io mi trovo qua e sento un incrocio e sento le macchine che passano adagio (?) allora capisco che è corta questa strada. 1c) Il canale di percezione del lungo‐corto è fondamentalmente la voce. Sulle strategie come ti dicevo. lungo‐corto Roberta 1a) Sì.
1b) Lunga è un’autostrada. Io sono non vedente fin da bambina, quindi molte cose le do per scontate, non ho dovuto imparare a muovermi, fare le scale, in base a una percezione acquisita dopo. E’ tutto un po’ innato. 1c) Non mi capita di misurare lungo e corto. Sì, se devo infilare un paio di scarpe in una scatola. Devo mettere una cosa in un contenitore chiaramente prima devo sentire con le mani percepire quanto è lunga per capire dove la posso infilare. In cucina? L’altro giorno avevo un pesce lungo mezzo metro e non sapevo dove lo potevo mettere non avendo una pirofila abbastanza lunga. Ma poi, se ci mettiamo a pensare, ci sono mille domande che noi facciamo a noi stessi per poterci muovere, gestire le cose, però non te lo chiedi perché sono innate. Come voi vedenti: le cose che fai per esperienza vengono così spontanee che adesso parlarne in teoria non è per niente 138 facile. Nell’abbigliamento sì: un paio di jeans stretti: meglio che metta una maglietta un po’ più lunga sopra. Nell’armadio se devo riporre un cappotto so che devo riporlo in una zona dell’armadio che è più alta. Io non ho una forma mentale molto ordinata, cosa che noi non vedenti dovremmo avere. L’ordine è una schiavitù. lungo‐corto Simone 1a) Sì, a voglia se la condivido!
1b) Quando mangio un panino me lo possono fare sia lungo che corto. I vasi possono essere sia lunghi che corti. Il tragitto che faccio per andare a lavorare: fino alla fermata non è lunghissimo; da lì al lavoro invece è lungo. Le mani delle persone, che non sono tutte uguali: possono essere più lunghe o più corte, e ci faccio caso. 1c) Secondo il tatto. Noi non vedenti usiamo quello. Un esempio sono le mani se non ci sono gli oggetti vicini. Il tragitto ce l’ho nella mia mente. E’ ovvio che prima di averlo nella mente l’ho percorso con il corpo. lungo‐corto Vincenzo 1a) Sì.
1b) lungo è un tavolo. Quando sono in un ambiente nuovo misuro con attenzione la distanza fra i mobili. Sto molto attento al rapporto fra la lunghezza dei mobili e le cose che ci voglio mettere sopra. Il forchettone per sentire la cottura della pasta. 1c) esplorazione del corpo, con le mani. [sta cambiando ufficio in questi giorni e ha mostrato in pratica come ha stabilito a partire dai suoi arti inferiori e superiori le distanze far i nuovi oggetti sopra a nuovi mobili e dei mobili fra loro]. Dimensione Soggetto Report 3
Alessio 1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci. 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? 1a) Sì. grande‐piccolo
1b) Grande può essere una stanza. Uno può sentire la grandezza dal rimbombo del suono, dallo spazio che ti circonda; per esempio questa è una stanza grande. Grande è un coltello da cucina per tagliare il pane. Grande è la porta. Piccolo può essere il bagno mio personale che ho in ufficio, un ambiente piccolo, ci si muove di profilo. Piccolo può essere una macchina. La mia collega ha una Hyundai, piccolissima. Sali su una BMW e capisci che l’ambiente è grande. Piccolo può essere tante cose: un piattino, un 139 grande‐piccolo Claudia bicchierino, un coltellino. Piccola è una vite. 1c) L’eco, il rimbombo del suono. Il suono stesso. Una stanza piccola si sonorizza di più. Canale sensoriale è il tatto. Strategie: battere le mani. Lo faccio poche volte però. Nello spazio interno muovere le braccia. 1a) Sì. 1b) Il solito discorso dei pali. Io so che quando devo raggiungere una determinata situazione, quando vado col bastone e non con il cane, ci sono due pali, ce n’è uno più piccolo che non mi serve e devo trovare quello grande per fare l’attraversamento. Però, ecco, gli esempi sono sempre i soliti. E’ tutto inglobato in questa realtà che è la mobilità nell’ambiente. Se poi parliamo di oggetti il grande e il piccolo sono dappertutto: in una stanza perché c’è un tavolo grande e un tavolo piccolo; in qualunque realtà, ecco. Forse più significativo nella mobilità per strada che è uno spazio più problematico il movimento della persona non vedente. E’ chiaro che quel tipo di realtà, anche tutte le indicazioni grande e piccolo, o lungo e corto, o vicino e lontano diventano più significative. 1c) Io direi che è sempre e comunque quello tattile. Grande e piccolo non lo ascolti, non ne senti l’odore. Una strategia particolare non saprei. Tocco gli oggetti con la mano. Conta anche la dimensione: quando l’oggetto è grande magari vai con le due mani; se è un albero vai con le braccia. Perché magari sono quegli alberi enormi... Chiaro che non vado con le due mani se devo prendere in mano un cucchiaino. Un oggetto che non conosco? Io abitualmente vado con le due mani, se è un oggetto che non ho mai proprio conosciuto. E’ come se mi dessero più dettagli. Devo fare un esempio pratico? Mi viene in mente che una volta c’era un vigile che aveva in mano un manganello e la bomboletta spray quella del lacrimogeno. Siccome non avevo mai visto nessuno dei due dico: “mi fa vedere come sono fatti?”, e me l’ha dati in mano e l’ho presi con tutte e due le mani. Così li ho esplorati bene. Con tutte le raccomandazioni, “attenta, mi raccomando, non spruzzare perché...” Qui però per esempio se uno mi dice – che ne so, m’è capitato insomma – “metti un po’ qui la mano, guarda un po’ cosa c’è qua” e però non me lo dicono, “no no, non te lo dico, non te lo dico”, allora penso o a uno scherzo, o a una cosa che mi può fare schifo, allora vado avanti molto cautamente, non solo con una mano, ma magari anche con due dita; poi se mi rendo conto che è una cosa tranquilla che a me non dà fastidio allora vado, sennò no. Se posso evito proprio. grande‐piccolo Cristian 1a) Sì
1b) Il mare è grande. Un aereo può essere grande. Lo percepisco toccandolo. Sono stato in Olanda e poi ho fatto un volo con quelli piccolini da turismo: hanno fatto guidare me: facevo certe picchiate verso il mare! Una volta una 140 grande‐piccolo
Emanuele
grande‐piccolo
Emilio barca da turismo era una cosa molto grande che ho sentito. L’ho anche guidato. In mare, eh, non in porto! Piccolo può essere un gattino. Una mosca. Estremamente piccolo può essere un capello. 1c) Percepisco il mare muovendomi, quando sono sulla spiaggia e cammino. Vedo che è molto grande. E con l’udito. Anche i suoni delle barche che passano molto lontano. E il tatto. Queste tre cose. 1a) Sì. Condivido benissimo.
1b) Grande è un cane. Una testa. Una mano può essere grande, ma anche piccola. Un libro può essere grande. Una chitarra può essere grande, ma anche piccola. Ci sono quelle tascabili. La mia chitarra la trovo piccola, anche se è grande, perché è maneggevole. Un mobile, un divano possono essere grandi o piccoli. Un divano è grande quando è spazioso, che ci stanno sopra sette‐otto persone. Un armadio bello grande. Un frigorifero, tutto pieno di cose da mangiare. Un pianoforte può essere grande o piccolo. Quelli a coda sono grandi. Un comodino, una scrivania, un foglio possono essere grandi o piccole. 1c) Con le mani, come coi piedi, col corpo. E’ sempre una questione tattile. Il divano pieno di otto persone sento che è pieno dalle voci; se è vuoto lo sento con le mani. Per me le mani sono l’80‐ 90% di tutto quello che faccio. 1a) Sì
1b) Appena entro in cucina l’ampiezza della stanza. E’ grande. Se sei in una piazza. Se sei in una vasta area. Il piccolo è più difficile. Chiaro: se entri in uno sgabuzzino con l’orecchio senti che è un luogo chiuso, piccolo. Una cantina. Rapportato con gli oggetti dopo entra il tatto. 1c) Non penso che sia un ventaglio apertissimo. Lo puoi percepire con il tatto, con l’udito, con la persona fisica. Una cosa quando è grande la puoi sentire con il tatto, con l’udito… Io appena entro, per esempio, in cucina mi rapporto sempre al fatto che io le cose me le immagino di vederle come me le immagino io, per cui a me mi sembra di vederla la cucina appena entro, vedo il frigorifero lì, vedo il tavolo là, tutte cose che mi sono talmente immaginate con la fantasia, con la mente, che le vedo lì al posto come se le vedessi. Però la grandezza della cucina o di qualsiasi stanza la immagino con l’udito, chiaramente. Non col rumore dei passi: come mi risponde l’orecchio. L’altezza di una stanza, la grandezza con l’orecchio. Anche senza rumori. Se ci fai caso quando entro l’orecchio ti dice già se la stanza è vuota, è piena, è grande, è piccola. Puoi sbagliare di poco. Poi è chiaro, se fai un rumore tu… Altri non vedenti dici di no: io la prima cosa che faccio entrando in una stanza, anche automaticamente, è sapere con l’udito se è piena o vuota, grande o piccola. Certo un mobiletto non lo percepisco, ma se la stanza è ammobiliata o no, questo 141 grande‐piccolo Giulia riesco. Già camminando lo posso capire. Se ci rapportiamo agli oggetti, è quello grande che mi mette in difficoltà; perché il piccolo lo puoi sentire col tatto in tutta la sua ampiezza; uno grande, un tram per esempio, te ne rendi conto ma non è che puoi… 1a) Sì.
1b) [Di alto e basso non dice quasi niente. Si limita a confermare quello che dice Claudia]. 1c) Con il tatto. Nello spazio magari anche col bastone. Per gli oggetti è il tatto. Non faccio movimenti particolari. Faccio quello che mi viene naturale. La percezione aptica no, una percezione esperta della mano non mi è stata insegnata. Anche solo con una mano. Magari non so cosa c’è allora, per paura mi fermo un attimo. Se è una vipera? grande‐piccolo Lucia 1a) Sì.
1b) Sono in una strada, o in una chiesa, e capisco se sono grandi o piccole. Una stanza si capisce se è grande o piccola. Sento una bistecca con la forchetta e capisco se è grande o piccola. Negli oggetti più piccoli: un portamonete, per esempio. Altrettanto un oggetto grande, e quindi ho diverse conoscenze sia del piccolo che del grande. Un oggetto grande può essere un armadio, un tavolo, una cosa insomma più grande del normale. Come luoghi una piazza, qualcosa di grande. 1c) Sia attraverso il tatto, sia attraverso l’intuito spesso, perché una cosa non sempre si può toccare. [qui la domanda non si capisce] Non c’è nessun canale sensoriale: solo attraverso il pensiero, con l’intuito, la riflessione. E poi attraverso anche l’udito perché in una piazza con l’eco, le voci, se magari non riesco a vedere le ombre, capisco se è grande o piccola. Una strategia esplorativa? Nello spazio sì: la conoscenza dei posti, delle case, delle piazze. La ottengo percorrendo i luoghi con qualcuno, oppure da sola col bastone e rendendomi conto che sono su un marciapiede e percorro tutta la piazza e in questo modo capisco la grandezza. Il cane no. Il bastone, l’accompagnatore. A casa in un posto che conosco e mi muovo anche senza il bastone; qui mi muovo più o meno tranquillamente sola, non ho problemi. I punti di riferimento sì; li costruisco. Se io all’angolo sento che c’è un bar […] cerco di arrivare al punto di arrivo, no? Sentendo le voci del bar; sento della musica per esempio. Se non trovo altri riferimenti io parto da un punto e cerco di ritornare a quel punto. La gente è anche un punto di riferimento.[domanda incomprensibile] Attraverso l’udito perché sento il suono, oppure percorrendola. grande‐piccolo Roberta 1a) Sì.
1b) è uno spazio piccolo. Il massimo del piccolo come 142 spazialità è l’ascensore. Come oggetto piccolo è un granello di sabbia. Grande è il mondo. Un grande cane mi fa paura. 1c) Il tatto. Non faccio percezione esperta. I suoni, l’eco in un ambiente. Come lontano/vicino: la voce dà la dimensione. Io non ci giro intorno per capire com’è fato l’ambiente o le persone che ci sono. Io mi muovo liberamente solo in ambienti noti. In una stanza dai suoni. Se c’è una finestra aperta che mi restituisce dei rumori da fuori, queste cose qua. grande‐piccolo
Simone 1a) Sì. 1b) Una pizza la possono fare grande o piccola. Oppure i poster. Oppure i vasi. Un cane può essere grande o piccolo. 1c) Uso sempre il tatto. Anche l’udito se il cane abbaia si capisce se è grande o piccolo. grande‐piccolo
Vincenzo 1a) Sì.
1b) Grande è un pulmann, un camion o un fuoristrada. Mentre un panda non la distingui dalla fiesta. Grande o piccola può essere la porta . 1c) l’udito è importantissimo perché il rumore mi dice quanto è grosso il veicolo e spesso mi dice anche che macchina è. La panda si riconosce sempre. Anche i mercedes. Il tatto è importante perche lo spostamento dell’aria mi dice quanto è grande una porta. Dimensione Soggetto Report 4
Alessio 1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci. 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? 1a) Sì.
largo‐stretto
1b) Largo può essere un ambiente. Un materasso. Un tagliere: molto largo, anche. Una cosa stretta? Tante cose sono strette. Gli ambienti. Lo spazio di un’autovettura. Io ci faccio molto caso: nelle macchine piccole lo spazio che c’è per il passeggero, se c’è un bello spazio o si sta stretti; sull’autobus quando c’è vicina una persona non puoi muoverti tanto. Un ristorante quando è molto pieno è uno spazio stretto per muoversi, se uno si deve alzare: non è uno spazio largo. 143 1c) Il tatto. Per sentire le presenze quando sono in un ambiente stretto che non ti puoi muovere percepisco ombre; e anche voci, quanto distante è la gente che sta parlando, se è dietro di me, se c’è un tavolo attaccato. Quindi anche con il corpo sento. Sull’autobus vado per intuito per capire se c’è posto o no, dove c’è posto. Se c’è una persona tanto la sento, dal sedile, anche. Piano piano. Cerco il posto cerco i sedili. Non è facile per niente. Nel ristorante è anche più difficile perché lì ci sono solo le voci e devi cercare di capire dove la gente si trova. Quando mi alzo per andare al bagno cerco di non urtare con la seggiola le altre persone. largo‐stretto Claudia 1a) Sì.
1b) E’ stretto un sottopassaggio; è larga una piazza. Due paletti del marciapiede, il passaggio tra due paletti. Un materassino da mare è stretto ma un letto matrimoniale è largo. Stretto e largo sempre in relazione al corpo. Rispetto a se stessi. Che ne so: un tavolo mediamente può essere a quattro o a sei posti; a un certo punto mi trovo davanti a un tavolo da venti coperti, dico: cavolo, è grande, è largo. E anche rispetto a te stesso, rispetto alla media che riguarda proprio quell’oggetto specifico. Sì. Perchè poi io penso che sia quello che si aspetta la maggior parte della gente; perché comunque siamo abituati a vedere, e comunque ad avere a che fare con degli oggetti che mediamente hanno quella dimensione. 1c) L’estensione delle braccia, percorrendo il perimetro. Il tatto, il movimento del corpo intorno all’oggetto se l’oggetto è grande e direi che basta. Il corpo ... lo misuri sul tuo corpo; insomma, io muovo le braccia, prendo una determinata estensione, se io mi avvicino col corpo a un tavolo attraverso l’esperienza che faccio capisco più o meno, percepisco la dimensione del tavolo. largo‐stretto Cristian 1a) Sì.
1b) Quando sono nel sottopassaggio della stazione riesco a capire se è largo o stretto in base ai suoni. Una cosa stretta può essere una grotta: Sono stato alle grotte di Onferno: quelle sono molto strette. Le grotte di Frasassi sono più grandi. Stretto può essere un tubo. Largo può essere un marciapiede: può essere sia largo che stretto. Un corridoio. Un imbuto parte largo e finisce stretto. 1c) il tubo se è largo o stretto lo percepisco col tatto. Il marciapiede col bastone. Le voci delle persone che passano è importante, ma non bastano a farmi capire se camminano sul marciapiede oppure no. largo‐stretto Emanuele 1a) Sì. Abbastanza. 1b) Largo è il mare. Un lago. La larghezza del mare è una cosa infinita. Il mare lo sento proprio dalle onde. L’acqua. Immaginare che sia esteso, grandissimo, immenso. Le onde 144 sono una poesia che veramente… è come fosse scritta sul mare. Il rumore delle onde mi dà la percezione del largo. Una spiaggia può essere larga. Un marciapiede può essere largo. Può essere anche stretto. Un tavolo può essere largo o stretto. La copertina del CD è stretta. Il lago, perché l’acqua è ferma. Un bidone può essere stretto. Un foglio. 1c) Esperisco la larghezza di un marciapiede coi piedi – ma poco: uso poco i piedi ‐ e un pochino anche con la voce. Anche qui le persone sono importanti. Il lago: l’acqua del lago è ferma. Forse mi dà l’idea di una cosa stretta, più che larga. La spiaggia: le voci danno molto la possibilità di capire. Il vento: ma è sempre una questione di udito, però ti fa capire se una cosa è larga. largo‐stretto
Emilio 1a) Sì, Largo‐stretto è come grande piccolo e dovrei darti le stesse risposte. largo‐stretto
Giulia 1a) Sì
1b) Una strada, un marciapiede, un passaggio tra due macchine, tra due ostacoli. Forse un sottopassaggio può essere una cosa intermedia; stretto potrebbe essere lo spazio che c’è in mezzo a due macchine parcheggiate vicine. Per me gli oggetti, queste cose sono relativamente importanti: alla fine sono proprietà dell’esplorazione perché chiaramente sono delle informazioni in più; però non è che sia più di tanto fondamentale saperne, è meno rilevante. Può avere un valore diverso una stessa dimensione se riferita agli oggetti o riferita allo spazio circostante: rispetto al corpo o al massimo alle funzioni del braccio, della mano, quello che puoi esplorare, alla zona esplorabile, diciamo. 1c ) Una tavola la esperisci perché ti ci siedi. Però soprattutto è il percorrerlo che serve. Perché poi comunque quando ti siedi magari ti accorgi anche che effettivamente rispetto alle dimensioni di un tavolo normale è diverso, però è anche vero che comunque finché non tocchi puoi pensare magari che erano più tavoli uniti. Il tatto viene messo in gioco: Toccare se l’oggetto è piccolo; il movimento del corpo intorno all’oggetto se l’oggetto è grande. Per l’esplorazione dello spazio è fondamentale il corpo. largo‐stretto
Lucia 1a) Più o meno. Non è una cosa particolare, però… 1b) Può riferirsi a una via, una cosa inaccessibile, può capitare di passare per una strada e dire “non passiamo qui perché è troppo stretto”. Stretto. Faccio un esempio banalissimo: l’altro giorno siamo andati al parco giochi e c’era un gioco che era troppo stretto bisognava passare sopra due tubi ed era inaccessibile proprio. Oltre al mio handicap visivo è proprio stretto. Però se è stretto è limitato perché più di così non può andare. Perché se no sarebbe totalmente chiusa. Se noi parliamo di una strada stretta più di un metro di larghezza non può andare perché 145 altrimenti sarebbe chiusa. Atre cose? Un anello piccolo, stretto; un abito. 1c) Attraverso la conoscenza di un posto – se si tratta di un posto ‐ o attraverso il tatto. Perché parlando dell’anello io già conoscendolo so che è stretto. Un impatto di conoscenza c’è, nel senso che riguardo a un oggetto toccandolo la conoscenza avviene attraverso il tatto; riguardo a una strada attraverso il fatto che l’ho percorsa. Quindi col corpo. Attraverso i miei sensi. Quando esperisco una strada stretta, la esperisco stretta in relazione al mio corpo; quindi la conoscenza è relativa al mio corpo in generale. Non particolari strategie: semplicemente toccando. largo‐stretto Roberta 1a) Sì. 1b) Di largo mi viene in mente una piazza. Stretto un vicolo. Riferito agli oggetti largo può essere un letto. Stretto un tavolo. 1c) Largo è qualcosa dentro la quale mi posso sentire piccola. Dunque in relazione al mio corpo. Stretto è qualcosa di più vicino, e di cui sono più padrona, in un certo senso. Percettivamente è un insieme di sensi che suppliscono alla vista che metti in movimento. I rumori, anche per lo stretto, perché se sono in una piazza e suola una campana sento l’eco; invece se sono in una stradina stretta, un vicolo, i suoni sono più ovattati. Poi c’è una forma di percezione che non è catalogabile tra i sensi “normali”. Per esempio mi capita di andare in cucina e mi rendo conto che sfioro la porta e non ci vado a sbattere: uno sarà perché c’è l’abitudine; due perché c’è una sorta di percezione che non so come si chiama. Come faccio a camminare su un marciapiede e a sapere che a fianco c’è una macchina ferma. Qualcosa di impercettibile: anche altri non vedenti ne danno testimonianza. Non è rumore, non è calore. L’eco dei passi? Non lo so. Penso che lo percepisco nelle orecchie. Un campo magnetico? largo‐stretto Simone 1a) Sì.
1b) Quando ceniamo da soli stiamo larghi, se no dobbiamo stare più stretti. Il mio bagno è larghissimo. Una nave è molto larga. Quando vado in spiaggia e al mare: sia la lunghezza che la larghezza sono infinite. Qualche volta in albergo mi è capitato di avere un bagno stretto. Stretto può essere il garage e la macchina ci passa giusta giusta. Dal rumore non è una cosa che ti accorgi. Anche per andare al mare, e soprattutto nel bosco, ci sono passaggi stretti. 1c) La esperisco o con il corpo o solo con il tatto. Quando sono seduto tocco con le mani se un tavolo è largo o stretto. Nei passaggi stretti quando vado al mare lo so in base a come si passa. Non col bastone: in base a come devo camminare o con mia mamma o con mio babbo. Capita che magari mio babbo deve stare davanti a me 146 perché è stretto. Oppure noi con l’udito, quando camminiamo, facendo i passi sentiamo se a destra o a sinistra c’è il muro oppure non c’è niente. Come faccio a sentirlo non lo so spiegare con le parole. Sento il rumore. I passi che faccio fanno rumore e mi ritorna il suono. largo‐stretto
Vincenzo 1a) Sì.
1b) Piazza S. Pietro, o quella di Loreto sono molto larghe. Largo stretto è una stanza, il corridoio, il marciapiede. 1c) Le voci della gente fanno sentire quanto è grande, anche i suoni in generali come rimbombano. Il corpo in generale perche ci cammini spora e ti rendi conto di quanto è largo o stretto un posto. Dimensione Soggetto alto‐basso Alessio alto‐basso Claudia Report 5
1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci. 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? 1a) Sì.
1b) Alto potrebbe essere una corriera. All’IKEA un mobile mi pareva alto come me. L’ho toccato ed era come me. Ne ho scelto uno più alto di me. L’armadio di casa è molto alto. L’aereo. Immagino che sia molto alto. A parte che uno lo sa: perché mi arriva. Riesco a capire coi sensi l’altezza di un aereo, se vola alto o se vola basso. Dal rumore. Per esempio di sono quegli aerei grossi che vanno a 11.000 metri che si sentono a malapena; quindi riesci a capire se volano a una quota altissima. 11.000 metri non è poco. Invece riesco a capire quando arriva un aereo che ti vola sopra la testa perché sta atterrando. Basso nella mia esperienza è una macchina sportiva. Il materasso del mio letto. Abbastanza basso. Ti metti di fronte e ti devi gobbare per andarlo a toccare. 1c) Come esperisco: dell’aereo ho detto dal rumore. Con l’udito, quindi. La corriera, il mobile con il tatto. E anche il materasso col tatto. Strategie particolari? E’ sempre tatto. Col bastone no: non è adatto. una macchina bassa cosa tocchi col bastone? E anche un palo, non è adatto a percepire l’altezza. 1a) Sì.
147 1b) Alto‐basso lo esperiamo in ogni situazione. Di fronte a una persona, di fronte a un armadio, di fronte a qualsiasi cosa, dentro una stanza. Dentro una stanza magari ci sono sonorità diverse secondo quanto è alta. Un obeso? Comunque il largo lo senti, già ti accorgi. Ti accorgi che una persona è alta quando parla. La voce… E’ alto come per te. Perché io per esempio normalmente ho avuto a che fare con persone che – che ne so – massimo potevano essere 1,80.. Già se uno è alto 1,90 comunque supera la media. Come per tutti, capito? La convenzione è la stessa che hanno gli altri. Se tu vedi uno di due metri è una persona molto alta. Se una persona ha la bocca dove finisce la mia testa è più alta di me, però non è alta. Per me sono alte le persone che, io essendo bassa, magari essendo più bassa di te ho una percezione comunque diversa dell’altezza pero magari il parametro con cui giudico una persona “alta” è lo stesso che hai tu. E’ certo che per me alta è una persona che... una donna che è alta 1,82 per me è irraggiungibile. Poi chiaramente essendo io più bassa di te, se una persona è alta 1,70 per me è già alta, ma è alta perché è più alta di me. Certo che lo è, però comunque rispetto alla media della gente: una persona che è alta 1,82, soprattutto perché sono pochi i soggetti femminili che raggiungono quelle vette lì, per me è alta, capito. Un oggetto è forse legato più ai parametri. Per me già quando alzo il braccio e non riesco ad arrivare in alto per toccarlo per me è alto. 1c) Sempre il corpo, l’allungamento delle braccia, lo stretching che devi fare per arrivarci. la voce, il suono... Sì. Se è un albero il rumore delle foglie. I parametri sono sempre quelli. alto‐basso Cristian 1a) Sì. 1b) Sulle persone. Poi, quando ero più piccolo, sugli alberi, che mi ci arrampicavo. Poi sulla casa. Basso può essere un tombino, che sporge leggermente sulla strada. rispetto al mio corpo il basso inizia dalle spalle in giù e arriva fino a terra. L’alto dalla spalla verso l’alto fino a… può essere fino all’infinito. Un pullman può essere alto. 1c) La casa sempre in base all’udito. L’albero col corpo. La persona toccandola. alto‐basso Emanuele 1a) Sì, la condivido, ma forse come esperienza di meno. 1b) La ragazza mia è bassa. Nella pallacanestro il canestro è altissimo. L’ho toccato, sì, ho imparato a giocare. Mi hanno preso in braccio e mi hanno alzato. Un pallone potrebbe stare in alto. A casa i bicchieri, i piatti. Non so: di alto sinceramente… La televisione è bassa. Del basso si possono dire più cose: la televisione, le scrivanie, il lavandino, i rubinetti, la doccia: bassa. La porta: è bassa. Potrebbe essere anche alta la porta. La finestra è bassa. Anche la macchina da scrivere è basso. Io in basso le trovo molto più facili le cose. 148 1c) Le mani, la voce delle persone, i piedi per le cose basse. Le mani soprattutto. alto‐basso Emilio 1a) Sì. Mentre grande‐piccolo, largo–stretto le rapportavo, alto‐basso non si possono rapportare perché alto‐basso è una gamma diversa. 1b) Riferito alla persona. Un palazzo. Col dito un aereo: è in alto. Mi vengono più cose dell’alto che del basso. Un bambino. 1c) Come distingui le persone in alte e basse? Dalla voce. Quando ti parlano distingui se sono più alte o più basse di te. Più basso dell’orecchio mio è più basso di me. Per me una persona è alta se è più alta di me e bassa se è più bassa di me. Un bambino sempre con l’udito. Con in tatto direi proprio di no. O meglio: c’è anche: se c’è un paletto segnaletico di quelli che usano quando chiudono le strade tocchi lì e lo senti se è alto o basso. Alto e basso io intendo sempre a una cera altezza, per cui col piede l’altezza io non la sento. Per me alto‐basso è più un polo che sta verso l’alto. L’udito è prevalente. Cammino per la strada e con l’orecchio sento se ci sono macchine parcheggiate. Distinguo una macchina da un camioncino perché con l’orecchio lo sento che è più alto. Lo avverti subito. alto‐basso Giulia 1a) Sì.
1b) [Di alto e basso non dice quasi niente. Si limita a confermare quello che dice Claudia]. 1c) Il corpo. alto‐basso Lucia 1a) E’ una dimensione che condivido. 1b) Tutti i giorni mi capita di conoscere una persona e più o meno capire se è alta o bassa. Oppure di un edificio capire se è alto o basso. Un panettone. Le scarpe, col tacco alto o basso. 1c) Tatto. Udito. Una persona la conosco se la tocco a livello di altezza, oppure dalla voce capisco se è alta o bassa, perché capisco la provenienza. La sento anche dal rimbombo, dall’eco. Di un panettone se metto la forchetta capisco la profondità. Le scarpe col tatto. L’eco e il rimbombo sono strategie per capire se la persona o la cosa sono alte o basse. Considerare la provenienza della voce è pure una strategia. alto‐basso Roberta 1a) Sì. 1b) Alto: un grattacielo. Mi piacerebbe vedere quanto è alto. Basso: proprio ieri, la persona che era con me mi fa: “attenzione: c’è un gradino molto basso”. Ma per me era normale. 1c) Sul grattacielo non ci sono andata; però non sarebbe servito: la percezione dell’altezza ce l’ho se la vedo da giù, 149 non andare in cima e vedere quanto è basso sotto. Il basso, essendo più vicino, è più esperibile. Uno scalino: io cammino sempre un passo dietro l’accompagnatore. E’ un’esperienza che mi trasmette l’altro. L’alto non so. Noi viviamo queste dimensioni anche attraverso l’occhio dell’altro. Se da un mobile mi arriva la qualità dell’alto? Forse sì: qualcosa di imponente, che riempie l’ambiente. Anche un albero si avverte. Un albero basso con molte foglie mi trasmette un senso di maggiore pienezza. Un albero con un tronco altro molti metri avverti che c’è ma… l’alto è sempre qualcosa di più ricco forse. alto‐basso Simone 1a) Sì
1b) Alto è un albero, basso è una macchinina, una biciclettina per i bambini. Anche i nani. No, io non ho nessun nano. Una cosa alta può essere la televisione. Oppure ci sono i mobili che sono in alto. Quelli dove prendere la sedia non sono molto simpatici. 1c) Attraverso il tatto. Oppure usando il metro. Con le mani della persona se non c’è l’oggetto vicino. La persona fa il gesto con le mani di quanto è grande e io sento le mani. Il suono? Gli aeropalni, gli elicotteri quando li senti passare capisci che sono in alto. Dunque anche i rumori. alto‐basso Vincenzo 1a) Sì
1b) Alto o basso può essere l’armadietto, i ripiani. La scolapiatti è sull’alto. Basso è un oggetto per terra, scalino la finestra, il davanzale la sponda del letto. 1c) con il tatto. Di più con la percezione corporea, di tutto il corpo. Dimensione grasso‐magro Soggetto Report 6
Alessio 1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci. 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? 1a) Sì.
1b) Grasso. La porchetta. Una persona grassa. Un animale, anche. Avevo un animale. 1c) Lo esperisco toccando un pezzo di maiale, alla porchetta, è grasso. Una persona toccandola… tocco l’avambraccio, e questo mi dà un’informazione. Anche la mano sola mi darebbe informazioni sul grasso e magro. La voce dà un’impressione del grasso e magro, come anche della bocca e della dentatura. Strategia è il tatto. Sentire la bocca col tatto. Ma raramente è possibile. 150 grasso‐magro
Claudia 1a) Sì. 1b) Riferito alle persone; perché tanto quando parli di un oggetto dici largo o stretto; quando parli di una persona dici grasso o magro, non dici è largo o stretto. Io ogni tanto sento La Prova del Cuoco c’è quella Spinzi che mi dà proprio l’idea di una voce grassa. E’ proprio il tono di voce, come parla, così pieno, così... Uno magari è portato a pensare che una persona che parla con una voce più forte, rispetto magari a uno che parla con una vocina acuta, flebile, pensi che magari chi parla con la voce acuta sia una persona magra. Viene così, viene magari da abbinare la piccolezza tra virgolette della voce al corpo della persona. Effettivamente è vero, a volte magari c’è un po’ quella... perché io in effetti adesso che penso e rifletto su questa cosa non ho mai sentito una persona con la voce acuta… Adesso non te lo saprei neanche spiegare perché è una questione anche di respirazione, quindi come esce l’aria, come viene spinta l’aria fuori attraverso il fiato, sì, sono un po’… anche magari come la voce risuona negli zigomi… 1c) Il corpo, le mani. grasso‐magro
Cristian 1a) Sì.
1b) Sentendola riesco a percepire se una persona è magra o grassa. Lo stesso con gli animali. Il cane di un mio amico era talmente grasso che la pancia gli strisciava per terra. Era basso e grosso. Grossissimo era. Era tondo: rotolava, non camminava. Il cane di mio cugino invece era magrissimo, che si potevano contare le costole. Di magro ricordo la mia ex. Era magrissima. Ma grassa nei punti giusti. Il grasso è nel prosciutto: non ci faccio caso ma lo posso esperire toccandolo. La pancetta è grassa. 1c) Con il tatto. Solo il tatto. Di una persona la voce non sempre mi dice giusto se è grassa o magra. A volte l’informazione mi arriva per questa via. Dell’animale no. grasso‐magro
Emanuele
1a) No. Zero. Come cosa non mi arriva. grasso‐magro
Emilio 1a) Sì.
1b) solo nelle persone e sugli animali e quello. Al cane di mio fratello glielo dico sempre che è grasso. 1c) Qui col tatto solo. Non si scappa. Perché col gusto, la vista, l’udito non si capisce niente. Un momento: mi ci fai pensare adesso.... Una certa conoscenza – che però è sbagliato ‐ può venire dal timbro della voce, ma è più una cosa automatica, non una definizione ben precisa ed esatta. Quando senti uno con la voce cavernicola supponi – ma è solo una supposizione, non una definizione esatta. grasso‐magro
Giulia 1a) Sì. 1b) Bisogna vedere quanto uno è grasso. 151 1c) Il corpo, le mani. La voce no: una voce grassa non esiste. Dalla voce si più indovinare se appartiene a una persona grassa o magra, ma non è la voce grassa o magra. grasso‐magro Lucia 1a) Sì. Ci sono doppi sensi. 1b) Più riferito alle persone. 1c) Generalmente col tatto. O attraverso l’intuito. Il tatto perché più o meno capisco quando una persona è magra o grassa. Attraverso l’intuito perché delle volte immagino: conoscendo una persona anche se non l’ho toccata più o meno immagino. I parametri che confluiscono in questo giudizio intuitivo? Non lo so. E’ una cosa spontanea, istintiva, che io a volte categorizzo una persona con un certo parametro. Il tipo di voce, il timbro. A volte così. Tu per esempio, da che me lo chiedi: io a volte non voglio parlare perché ho paura di offendere le persone. Io penso che sei tra il magro e il robusto. Cosa me lo fa pensare per me è spontaneo: non lo so. Particolari strategie no. io una circonferenza la misuro col metro, col metro Braille, ma questa non è una cosa che riguarda i sensi. E poi quando incontro una persona, no, ci mancherebbe! grasso‐magro Roberta 1a) Sì.
1b) Si parla di persone, credo. Una persona può essere grassa o magra. Punto. Non riesco a trasporre questa dimensione in altri campi che non siano persone. 1c) Quando una persona mi accompagna anche se non la conosco già dal modo di camminare: senti che striscia quando cammina, se ha un jeans. A queste cose un vedente non fa caso. Quando cammino tengo l’accompagnatore sottobraccio; allora magari riesco a avere un’idea se questa persona è grassa o magra. Oppure saluto una persona, l’abbraccio e sento. Ho anche notato che le persone più in carne hanno vocioni grossi. Una persona ti dà la mano e senti subito. A meno che uno non abbia una manina piccola e un gran pancione. Io non penso che la mia percezione sia sempre giusta. Anche la percezione che ho di me è abbastanza incerta. Io non mi guardo allo specchio. Bello o brutto è armonia. Le giuste proporzioni. E quelle non le percepisco. grasso‐magro Simone 1a) Sì, sì, la condivido.
1b) Beh, grasso e magro possono essere o le persone o il cibo. Il lardo di Colonnata è grasso. La braciola di maiale può essere sia grassa che magra. I cani, gli asini, i cavalli lo stesso. 1c) Lo capisco dalla pancia, toccandolo. Tu sei normale. In un punto ce l’ahi e in un punto sei normale. Dalla mano non percepisco se sei grassa o magra. La braciola, per sentirla la devo mettere in bocca. Con la forchetta è un po’ difficile capire. Gli animali con il tatto. 152 grasso‐magro
Vincenzo 1a) Sì.
1b) Grasso‐magro lo esperisco solo della persona 1c) con il tatto. Generalmente quando do la mano sento come è fatta. Oppure toccando il braccio se ho confidenza. dimensione Soggetto spesso‐sottile
Alessio spesso‐sottile
Claudia Report 7
1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci. 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? 1a) Sì.
1b) Spesso: una fetta di prosciutto tagliata col coltello. Quei tappeti persiani sono spessi. Lo zerbino all’ingresso di casa. Sottile: una fetta di vitello tonnato. Il parquet: tagliato è sottile. Anche i capelli, volendo. 1c) Tatto. Per il prosciutto apro la bocca. Quando è nel piatto, lo sento con la forchetta. 1a) Sì.
1b) Per quanto riguarda il sottile non lo so: io dico sottile è un capello, per esempio. Un capello è il massimo del sottile per cui più o meno... penso, perché lo percepisco... E spesso, anche quello è lo stesso: è illimitato, ma nella sua illimitatezza, se dopo è eccessivo diventa largo. Se faccio riferimento a un capello, lo stesso può essere, che ne so, un palo. Se faccio riferimento a un altro oggetto di un altro tipo cosa può essere... Una carta velina è sottile, la carta di uno scatolone è spessa. Cose che comunque rientrano nella stessa categoria. 1c) Per lo spesso‐sottile solo mani. Tecnica particolare? Prendere la cosa tra le dita. spesso‐sottile
Cristian 1a) Sì.
1b) Una fetta di pane può essere spessa o sottile. La pasta fatta in casa può essere più spessa o più sottile. Una mattonella. Questo tavolo è spesso. 1c) Attraverso il tatto. Con il corpo, anche. spesso‐sottile
Emanuele
1a) Non mi arriva. Niente.
spesso‐sottile
Emilio 1a) Sì.
1b) Sottile può essere un foglio di carta. Una varietà di oggetti che puoi toccare: il bordo di un tavolino. Una tovaglia. Può essere sottile o spesso un muro. 1c) La varietà dello spesso‐sottile, almeno a mio avviso, si percepisce solo con il tatto. Le dita. Io percepisco che lo 153 spesso non vada oltre a un certo limite, perché un palazzo non puoi dire che è spesso. Per me spesso massimo può essere un muro. Lo tocco con una mano, con tutte e due le mani; oltre lì però non riesco ad andare, perché oltre non è più una cosa spessa. spesso‐sottile Giulia 1a) Sì.
1b) Nell’esplorazione delle proprietà degli oggetti. Bicchieri o o piatti. Cucchiai, forchette. Fogli di carta. Carta velina. Un capello. A livello spaziale più di tanto no. 1c) Più che altro attraverso il tatto. La modalità primaria è il tatto. Strumento è la mano. Strategia è toccare. Movimenti particolari no: è una cosa che viene naturale. Toccando un oggetto la proprietà risalta. spesso‐sottile Lucia 1a) Sì. Poco, ma la condivido.
1b) Penso per esempio a un libro. O a una bistecca: può essere più o meno spessa. Un tovagliolo. L’oggetto più sottile un velo, un tovagliolino. L’oggetto più spesso? Un vocabolario. 1c) Solo esclusivamente col tatto, perché solo toccando un oggetto mi rendo conto dello spessore. Una bistecca la valuto con la forchetta. Un libro con le dita. Anche il tipo di movimento che faccio con le dita è diverso. Un libro lo tengo fermo con una mano e lo tocco con l’altra: è normale che si fanno diversi movimenti. spesso‐sottile Roberta 1a) Sì.
1b) Non è facile. Un foglio di carta. Noi usiamo un determinato tipo di carta per scrivere il Braille che, proprio per fare in modo che i puntini non si schiaccino, più spessa. Un tessuto. Una seta. Una stoffa sottile. Il lino è più spesso, più consistente. Spessa o sottile può essere una lastra di vetro, per esempio questo tavolo. E’ relativo perché c’è sempre un termine di paragone: il vetro di una finestra è più sottile. Un filo può essere spesso o sottile: un filo di spago è più spesso, un filo di cotone per attaccare un bottone è più sottile. 1c) Tramite il tatto. Se è un filo uso la punta delle dita, ma se devo prendere informazioni per sapere se questo tavolo è spesso o sottile uso tutta la mano o anche tute e due le mani. spesso‐sottile Simone 1a) Sì. 1b) Una cosa spessa è questo tavolo. Una cosa sottile può essere le forchette, i coltelli. Anche una fettina può essere spessa o sottile. Anche la pizza. 1c) Con il tatto. I modi sono due: o con il tatto, o se l’oggetto non c’è ci sono le mani delle persone. Fanno il gesto con le mani per dirti la dimensione. La forchetta per 154 sentire se la fettina è spessa o sottile. La pizza la mangio con le mani quindi lo so. spesso‐sottile
Vincenzo 1a) Sì.
1b) Spesso è il top di questo tavolo, sottile un foglio. Sottile è un vestito, mentre spesso è il cappotto. Sottile le foglie delle piante. 1c) lo percepisco con il tatto, toccando con le dita, muovendole in orizzontale. Dimensione tanto‐poco Soggetto Report 8
Alessio 1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci. 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? 1a) Sì.
1b) Tanto cibo. Poco cibo. Nel piatto. Anche nel frigo. Denaro, tanto o poco. La gente. Tanta gente intorno. Il massimo Del tanto è la Fiera. Il massimo del poco è il cibo. 1c) Cucchiaio e forchetta nel senso del frigo. Il frigo col tatto. Il denaro lo stesso. Un bicchiere d’acqua lo sento dal peso, non col dito dentro! tanto‐poco Claudia 1a) Sì.
1b) Pensando al tanto/poco penso a qualcosa di tattile, qualcosa magari che tocco con le mani. Quindi il tanto e il poco relativamente allo spazio come spazio in cui muoversi è un tanto/poca strada, ecco… dell’ambiente in generale non so, lo spazio lo percepisci anche attraverso quanto è pieno, quindi tanta o poca gente presente nello stesso ambiente, per esempio. Se penso al tanto‐poco come termine penso a qualcosa di tattile. Mi viene più in mente per esempio tanta o poca farina; però siccome parliamo di spazio è un po’ inadeguato come esempio. Quindi a livello ambientale tanto‐poco è l’affollamento, tanto poche macchine che percorrono la strada, tanti o pochi scalini che magari… tanti o pochi attraversamenti che mi separano da una meta che devo raggiungere. 1c) Attraverso… non so se ne avevamo parlato l’altra volta, che c’è anche un po’ la sensazione tattile a livello del viso, soprattutto della pelle del viso, attraverso cui percepisci lo spazio: non so se ne avevamo parlato mai. Sì, attraverso questa cosa qui; poi anche attraverso l’udito, quindi le voci, i rumori delle persone in movimento, le persone che parlano. Capita che quando per esempio siamo vicini a un muro, a un qualsiasi oggetto, c’è una percezione tattile che io sinceramente non so: so che è una caratteristica dei non vedenti, non è che è soltanto mia. Non so da che cosa 155 dipende. Io credo che sia una percezione del modo in cui arriva l’aria, fondamentalmente; però succede questo, che se io per esempio sto vicino a un muro, o se tu magari mi metti davanti una cosa, io me ne accorgo anche se non la tocco; ed è una sensazione che mi viene dal viso, proprio. Quindi io così capisco, per esempio, anche quando sto vicino a un angolo, oppure a una porta, o a una rientranza, lo percepisco anche attraverso queste cose. Per esempio anche da questa parte qui del tavolo mi arriva una sensazione a livello del viso. Io sto dicendo che è lo spostamento di aria, però non lo so se è l’aura dell’oggetto che arriva, non lo so che cosa sia, però, ti dico, una cosa che prima o poi sviluppano tutte le persone non vedenti. Una sensazione proprio tattile, anche se non legata a un contatto fisico vero e proprio. è legata molto al viso. Cioè se io metto una mano davanti a una cosa bisogna che la tocco per accorgermi; invece se quella stessa cosa ce l’ho davanti al viso potrei anche non toccarla: non so che cosa sia però sento che c’è qualcosa. Poi se parlo dopo c’è anche un ritorno della voce diverso. Se io parlo adesso sento la voce che mi ritorna in un modo; se io parlo adesso che ho sollevato la borsa e ce l’ho davanti al viso la voce ritorna in un modo ancora diverso per cui comunque ho una percezione anche auditiva; però non serve per avere la sensazione che davanti hai qualcosa. tanto‐poco Cristian 1a) Sì.
1b) Il cibo può essere tanto o poco. Gli alimenti in generale, l’acqua, il vino, riesco a percepirli come tanto o poco. La gente, che ce ne può essere tanta o poca. Al bar oppure in piazza: sento i rumori, sento che parlano, c’è molta gente. 1c) Il cibo nel piatto con la forchetta: se la appoggio sul piatto e resta sollevata è abbondante; se invece sta pari o è giù vuol dire che ce n’è di meno. La gente attraverso l’udito. L’acqua e il vino nel bicchiere li percepisco dal peso. tanto‐poco Emanuele 1a) No. Non mi arriva. Poca roba. E’ una cosa un pochino più astratta. Ma sì, diciamo di sì, dai. Il tanto e poco sì. Però è un pochino meno diretta come cosa. 1b) Il cibo nel piatto può essere tanto o poco. Le figurine. La carta: ce n’è tanta, ce n’è poca. I soldi pochi. Le voci: ce ne sono. Le sedie: possono essere tante, oppure poche. Le note, gli accordi: sono tante o poche. Tanti o pochi gli odori. 1c) Le mani, la voce. Basta. Le orecchie. La voce e le orecchie sono due cose simili. Sono associate. Il naso: gli odori li sento proprio. L’odore lo sento sempre. Dall’odore mi rendo conto di cosa mi può dare una persona. Se il cibo nel piatto e tanto arriva più odore. Mi sono innamorato per l’odore. Anche dall’odore sento la quantità. Nessuna strategia. tanto‐poco Emilio 1a) Sì. Ma il molto‐poco è molto generico. 156 1b) Mi viene subito in mente la quantità. Una quantità di roba. Cade l’acqua: tanta o poca acqua; tanto o poco sole. Sento il pieno e il vuoto nel bicchiere, se cono a casa tenendo un dito sul bordo. Se no con la bottiglia, lo sento quanto ce n’è dentro. Oppure dal peso. La quantità di persone. Il cibo non lo so quantificare. Per esempio non so quanta pasta c’è nel piatto. Se non la tocco non lo posso sapere. La tocco con la forchetta, e con quella me ne rendo conto. Il dentifricio lo sento nella bocca quanto ce n’è. Al cinema non mi rendo conto di quante gente c’è. Poi si accende la luce tra primo e secondo tempo, allora senti il brusio e un po’ ti rendi conto di quanta gente c’è. In un centro commerciale ti rendi conto tanto‐poco quanta gente c’è. Per esempio vado alla COOP e dico “Oh oggi non c’è tanta gente”. Perché vedo che si cammina bene, che si gira bene e faccio quelle cose che altrimenti non riuscirebbero bene; invece quando vai al sabato ti accorgi che c’è tanta gente. 1c) Con l’udito ti rendi conto che c’è tanta gente. tanto‐poco Giulia 1a) Sì, anche se è abbastanza arbitraria: è abbastanza difficile quantificarla. E’ soggettiva. 1b) Rapportata al lontano‐vicino. Come distanza. O anche come altezza. Come grandezza. Il contenuto di qualche contenitore: quanto c’è dentro a… c’è tanto, c’è poco… non so, zucchero, farina, caffè. Tanta o poca gente. 1c) Dipende. Riferito a un contenitore o col tatto; o, sempre attraverso il tatto, con l’oggetto mediatore. Non so, con la forchetta o col cucchiaino quanto zucchero c’è dentro un recipiente. Se invece è riferito a persone, entra in gioco l’udito. Semplicemente ascolto e poi in base a quanti rumori, a che tipo di rumori percepisco posso inferire… L’oggetto mediatore non lo uso come sistema di misurazione: lo uso come sistema di esplorazione. Quindi è una strategia. tanto‐poco Lucia 1a) Sì, me lo sento. Mi appartiene perché mi ci imbatto quotidianamente. 1b) In termini astratti tanta voglia. O poca forza. O a livello quantitativo entri in un negozio e dici che c’è tanta roba, oppure apri lo sportello del frigo e dici c’è molto cibo. In un luogo mi accorgo tranquillamente se c’è confusione o meno. Ieri sera siamo usciti al centro di Senigallia e abbiamo visto che c’era abbastanza gente: pensavo che ce ne fosse di meno; invece sul lungomare c’era un sacco di gente. La mia esperienza di tanto/poco si lega alla gente, agli oggetti… in una stanza mi accorgo se ci sono molti o pochi mobili. Questa stanza qui per esempio non mi sembra libera: non che ci siano mobili, ma tante sedie, penso. Se ci fossero stati mobili non so che ritorno avrei avuto. Ma io so che non ci sono mobili, e non perché ho toccato le pareti. Lo so perché mi immagino così. 157 1c) Tanta o poca gente attraverso l’udito. Attraverso il tatto per quanto riguarda gli oggetti. In generale faccio esperienza del tanto/poco attraverso il tatto. In una stanza la circolazione mi rende esperta di cosa c’è. tanto‐poco Roberta 1a) Sì.
1b) Cucino la pasta e devo valutare una quantità che può essere consona a quello che serve. Innanzitutto guardo quella che ho a disposizione, tanta o poca in base a quella che occorre;. Un’altra cosa tanto/poco è quando utilizzi una crema nella cosmesi valutare se ti è sufficiente la quantità di prodotto che occorre. Tanta o poca gente? Preso molta attenzione. Quando vado al bar alla mattina cerco di fare una foto mentale per capire quante persone ci possono essere; quando vado al ristorante la stessa cosa. 1c) Come faccio a regolarmi quando apro il frigo? Se si tratta delle uova le conto. Se si tratta dell’insalata la tocco con le mani. Se prendo la zuccheriera per sapere quanto zucchero c’è basta che la prendo in mano e mi regolo dal peso. AL bar e al ristorante lo strumento è l’orecchio. Sento anche attraverso la percezione corporea se c’è tanta gente oppure no. Mi è anche capitato di – non so come – salire in ascensore con una persona e mi sono accorta che c’era quando sono uscita e dietro me ho sentito dei passi. Però avevo avvertito che c’era una persona: non avevo le prove ma avevo avvertito la sua presenza. Non so se la respirazione: noi anche l’olfatto ce l’abbiamo più sviluppato. tanto‐poco Simone 1a) Sì.
1b) In questo momento sentiamo cantare gli uccellini. Non sono molti a cantare, anzi mi sembra che sia uno solo. Invece alla mattina preso, quando iniziano a cantare, sono tantissimi. Anche per quanto riguarda l’autobus, se la gente lo prende per andare a una gita turistica, oppure se ci sono i bambini in gita scolastica, c’è molta gente; altrimenti, come stamattina, era quasi vuoto. Non scelgo il posto in cui mi siedo: dipende se il posto è libero o occupato. 1c) Col tatto tocchi gli oggetti; sull’autobus certo se c’è un posto libero con il tatto; con l’udito però sento se la gente è molta o poca. Io mi muovo col bastone oppure con l’accompagnatore. Con l’accompagnatore non vado a lavorare: d’estate vado al mare, e nel corso dell’anno in piscina o a scuola di canto. Fino in fondo alla via o alla fermata dell’autobus vado da solo. Ma non per andare a spasso: esco se ho un motivo. tanto‐poco Vincenzo 1a) Sì.
1b) Se c’è tanta o poca gente nella strada o nella piazza. Tanto o poco dentifricio. Tanta o poca roba da mangiare nel piatto. 1c) L’affollamento di una chiesa o di un pulman, lo sento 158 dalle voci. Il cibo nel piatto lo vedo tastandolo con la forchetta o prendendo il piatto in mano per sentire il peso. Il dentifricio lo sento subito quanto ne metto perché lo metto direttamente sulla bocca così non lo spreco. Dimensione pieno vuoto Soggetto Report 9
Alessio 1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci. 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? 1a) Sì.
1b) Pieno può essere un barattolo di zucchero o di sale, un bicchiere di vino, un parcheggio di macchina, un ristorante. Vuoto le stesse cose. Anche un cassetto può essere pieno o vuoto. 1c) Per sapere se il ristorante è pieno uso l’udito. Per vedere se un parcheggio di macchine è pieno chiedo conferma, non è che lo posso vedere. Ascolto quello che mi dicono gli altri. In un parcheggio sotterraneo io riesco a capire – perché mi arriva dai sensi – se il parcheggio è sotterraneo, che giro tra le macchine, se è pieno o c’è un posto tra una macchina e l’altra. Se ci giro intorno, dal rumore capisco se vicino c’è un posto. Da come esce il suono. Dunque l’udito, e anche il tatto; per esempio il cassetto, e anche il barattolo. Sento dal peso se è pieno o vuoto. pieno‐vuoto Claudia 1a) Sì.
1b) Un locale, pieno o vuoto; anche come spostamento, così insomma; e come oggetti qualsiasi cosa, non so. Il barattolo del caffè, un bicchiere d’acqua, qualsiasi cosa... 1c) Soprattutto tattile. E poi se è pieno o vuoto di persone c’è anche un discorso di... Però tattile quindi proprio... manuale, aptico quasi. il tipo di informazione, cioè la strategia che usi è sempre quella della mano. pieno‐vuoto Cristian 1a) Sì.
1b) Un bicchiere può essere pieno o vuoto. Una strada può essere piena di macchine. Una stanza può essere piena di tante cose. 1c) Attraverso il tatto e attraverso l’udito. E il corpo, anche. Se emetto la voce mi ritorna il rumore e in questo modo sento se una stanza è piena o vuota. Quando riempio una bottiglia con l’imbuto si sente bene man mano che si va riempiendo. pieno‐vuoto Emanuele
1a) Sì.
159 1b) Il pieno potrebbe essere un barattolo di marmellata. Un bicchiere. Una chiesa. Un luogo può essere pieno o vuoto. Questa stanza direi che è vuota. Il pallone per i non vedenti, coi campanellini. Un testo scritto: è una cosa piena. Una cassetta, un disco possono essere pieni o vuoti. Per esempio ieri ho sentito un disco di un cantautore sconosciuto che mi sembrava spicciolo, quasi vuoto; ma allo stesso tempo però era pieno. Pieno di creatività. Perché era fatto con una chitarra acustica e una elettrica che alla fine andava a ricamare i suoni. Vuoto ma pieno. 1c) Le mani. Il barattolo pieno lo sento dal peso. E dal rumore quando lo appoggio sul tavolo. Molti non vedenti per sentire se un bicchiere è pieno o vuoto mettono un dito dentro. Io invece lo sento dal peso, e non mi sbaglio quasi mai. La stanza vuota la percepisco dal silenzio. Anche dai pochi oggetti che ci sono. pieno‐vuoto Emilio 1a) Sì.
1b) Una vasca piena, una vasca vuota; un tegame pieno, un tegame vuoto; un frigo pieno, un frigo vuoto. Un vassoio pieno di caramelle o vuoto. 1c) Con l’udito e con il tatto. Un ambiente con l’udito; un oggetto col tatto. pieno‐vuoto Giulia 1a) Sì.
1b) Bicchiere, piatto. Anche negozi: pieno parecchia gente, vuoto poca. Anche nella esplorazione degli oggetti: se è convesso ha una parte più vuota. 1c) Dipende: sia a livello tattile che a livello auditivo. Tattile penso alle mani; in realtà non solo, perché anche qui potrebbe esserci la mediazione del cucchiaio , della forchetta… Strategie: col bicchiere per sapere se è pieno o vuoto lo prendo in mano per sentire se è pieno o vuoto. Se pesa vuol dire che è pieno; se non pesa sarà vuoto. pieno‐vuoto Lucia 1a) Sì, condivido. Riscontro come esperienza abbastanza frequente. 1b) Se io cerco qualcosa, magari apro una valigia e dico: oh, è pienissima, oppure è vuota. Oppure mi si presenta un piatto mi accorgo se è vuoto, o quasi vuoto. Entro in un locale dove pensi di trovare gente e invece è vuoto, è squallido. In bicchiere, certo, mi accorgo se è vuoto o pieno. Pieno o vuoto il treno, una bottiglia; oppure in una piscina capisco se è piana o vuota. Piena o vuota di gente, o anche di acqua: se c’è un livello più alto, più basso. 1c) Per la quantità attraverso il tatto. Oppure, nel caso di un bicchiere, di una bottiglia – non so che senso si può parlare – attraverso il peso. Con tatto comunque. Piatto pieno attraverso la forchetta, che penso si possa comunque parlare di tatto. Oppure alzando il piatto si capisce se è pieno o vuoto: sempre col peso, dunque. La piscina 160 toccandola o scendendoci dentro, quindi col mio corpo. pieno‐vuoto Roberta 1a) Sì.
1b) Piena o vuota può essere una stanza. Un bicchiere. Qualsiasi recipiente dal quale devo attingere per prendere una cosa. Un cassetto. Un armadio. Uno spazio comunque. 1c) Canale sensoriale riguardo per esempio al bicchiere è valutare il peso. Riguardo a un ambiente è l’orecchio: se in una stanza c’è tanta eco mi rendo conto che è vuota. E poi dalle voci. Dal calore no. Una boccetta di profumo, agitandola e tenendola vicina all’orecchio sento quanto ce n’è dentro. Il rumore di un liquido. pieno‐vuoto Simone 1a) Sì, a voglia se mi arriva!
1b) Il ristorante, i supermercati, il mare. Una bottiglia d’acqua può essere sia piena, che mezza vuota, che vuota. 1c) Il pieno lo sento con il tatto per quanto riguarda gli oggetti, con l’udito per quanto riguarda i posti, come dicevamo prima. Ad esempio ieri sono andato al mare con mia sorella ed era pienissimo di gente che faceva il bagno. A me piace proprio fare il bagno, a me piace tantissimo. Se una stanza è piena o vuota, riguardo ai mobili mi rendo conto da quanti mobili conto. Non proprio li conto: diciamo che se sono due mobili vuol dire che è vuota; se invece sono dieci mobili vuol dire che è piena. Mi rendo anche conto da come rimbomba: se rimbomba molto ti rendi conto che è vuota, invece se non rimbomba per niente vuol dire che è piena. Lo sfrutto questo meccanismo, a voglia se lo sfrutto! Uso sia la voce mia sia il rumore delle scarpe. Si sente proprio quando si entra. pieno‐vuoto Vincenzo 1a) Sì.
1b) Pieno o vuoto può essere il bicchiere. Pieno o vuoto il congelatore. Quello tocca sempre a me controllarlo perché è di sotto in garage e spetta a me andare a prendere i cibi che mia moglie vuole cucinare, o metterci quelli che ha preparato. Bisogna che controllo ogni volta se qualcosa sta per finire. Pieno o vuoto il pacchetto delle sigarette. 1c)Se il bicchiere è pieno o vuoto lo sento con il dito. Nel congelatore ho una tecnica mia che so tutti i singoli spazi a cosa sono destinati e guai a chi ci mette le mani. Dimensione Soggetto Report 10
1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci. 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? 161 fitto‐rado Alessio 1a) No.
fitto‐rado Claudia 1a) Non è che la condivido moltissimo come esperienza. So che esiste, chiaramente, però non... insieme al tanto e al poco, al pieno e al vuoto. fitto e rado non... 1b) Molta vegetazione, erba, e invece magari un’altra in cui, un’aiuola, un prato dove c’è l’erba tagliata. 1c) [Quindi dal punto di vista percettivo in realtà no, per te non è un’esperienza. Invece concettualmente sai che esiste. E quindi se non è un’esperienza non facciamo il polo] non la condividi...] fitto‐rado Cristian 1a) Sì.
1b) Una siepe può essere fitta o rada. Io le ho fatte anche le siepi: mi ha insegnato il mio babbo. Le piante possono essere fitte. I capelli. La barba. I tasti del pianoforte sono fitti. Anche le persone possono essere fitte, uno appiccicato all’altro, in discoteca, all’entrata c’è la ressa. Allo stadio. 1c) La siepe si sente con le mani. Il tatto e l’udito. fitto‐rado Emanuele 1a) Assolutamente niente.
fitto‐rado Emilio 1a) Sì.
1b) Fitto può essere una rete che ha le maglie fitte fitte fitte; oppure rade rade rade. Un giardino con una siepe fitta o rada. 1c) Il senso è sempre quello. fitto‐rado Giulia 1a) ’Sì. 1b) Alcuni esempi: le piante. Per strada se ci sono i paletti per evitare il traffico, in base alla distanza che hanno l’uno dall’alto… 1c) Col corpo. Non c’è un modo particolare. Non utilizzo strategie particolari. fitto‐rado Lucia 1a) No. Non ho presente questa dimensione. 1b) Il fitto mi collega solo se tu dici: guarda, mi hai stretto troppo il bracciale, oppure un vestito, una cosa del genere; ma questa non va. Mi fa pensare a qualcosa di stretto, una cosa che soffoca, insomma. 1c) fitto‐rado Roberta 1a) Sì. 1b) Identifica una quantità di qualcosa, che se è fitto è più sostanziosa la quantità… Alcuni di questi parametri sono più facili; altri che sono proprio… impensabili. Può essere un bosco, fitto o rado di alberi. Anche in un cassetto dove ci sono degli oggetti. Ma no: fitto e rado non sono aggettivi 162 ideali per il cassetto. I capelli. Una testa di capelli fitti… Le macchine parcheggiate fitte fitte non permettono di scendere dal marciapiede. Il massimo del fitto e del rado? Non saprei: i pupazzetti del presepe. Mio fratello lo riempiva e io dicevo sempre no, è troppo pieno, è troppo fitto. Il massimo del rado è il deserto, ma non ci sono stata mai. Tra le mie esperienze non so... 1c) Il fitto del bosco lo esperisco tramite quella sorta di sensazione di cui non ti so dire come si chiama che mi permette a volte di… cioè io l’albero non lo vedo, però non so perché… per esempio lì a Senigallia al lungomare sul marciapiede quando c’è l’albero io cammino, parlo magari con le amiche e sento che c’è l’albero: Loro mi chiedono come ho fatto a capire che c’è l’albero. Forse un pochino perché io vedo un po’ le luci e le ombre, allora vedendo l’ombra, o forse solo percependo l’ombra dal fresco che mi arriva magari sul viso, mi viene da pensare che lì c’è l’albero. Nel bosco se mi arrivano diretti i raggi del sole vuol dire che gli alberi sono abbastanza radi; invece se percepisco l’ombra… Però anche quando non c’è il sole questa cosa si avverte, non ti so dire il perché. I capelli li esperisco col tatto. I pupi del presepio li sentivo con le mani che erano troppo fitti. Le macchine sempre con la percezione plantare. Non stando a sentire come si sposta la mia accompagnatrice. fitto‐rado Simone 1a) No, non la condivido. Non la condivido nel senso che non la so dire bene. Non so bene cosa vuol dire. fitto‐rado Vincenzo 1a) Sì.
1b) Fitti o radi sono i paletti della strada, come sono piantate le piante della siepe o gli alberi. I maglioni a seconda di quanto sono larghi i buchi. 1c) Lo esperisco con il tatto, ma anche grazie a quell’ombra che vedo. Se la siepe è fitta con il bastone che punto sempre verso il ciglio esterno della strada. Dimensione ottuso‐acuto
Soggetto Report 11
Alessio 1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci. 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? 1a) Sì.
1b) Una figura geometrica. Che io disegnavo a scuola col goniometro. Un angolo ottuso. Come è fatto un ambiente, un tavolo, le figure. Una dimensione percettiva debole. 163 1c) Tatto. [ma è un fatto prevalentemente cognitivo] ottuso‐acuto Claudia 1a) No, no. Neanche questo. A meno che, non so, di fronte proprio all’angolo... è una cosa troppo specifica. No, no. A livello di spazio no. Come esperienza degli oggetti non è questo che valuto. Percettivamente non è una cosa rilevante. ottuso‐acuto Cristian 1a) Sì.
1b) La curva di cui ti parlavo l’altra volta è ottusa, quella molto grande che non si percepisce a piedi. Acuto può essere lo spigolo del tavolo. Questo in realtà è un angolo retto, non acuto. Acuto nel senso di spigoloso. Lo spigolo dell’anta della finesta: quello l’ho sentito bene una volta. 1c) Attraverso il tatto e il corpo. ottuso‐acuto Emanuele 1a) Non mi arrivano.
ottuso‐acuto Emilio 1a) Sì.
1b) Vedo solo l’angolo, non altre forme. 1c) Percepisco col tatto. ottuso‐acuto Giulia 1a) Non è che ci faccio tanto caso, però… Poco. A volte arriva ma molto raramente ed è molto difficile trovare esempi… Mettamo no. ottuso‐acuto Lucia 1a) No. non mi pare di condividere questa esperienza sul piano percettivo. 1b) Acuto mi fa pensare solo alla voce. Non mi viene in mente altro. Ottuso è una persona che non… e non mi viene in mente altro. ottuso‐acuto Roberta 1a) Forse condivido, però non ne ho esperienza. Percettivamente no. ottuso‐acuto Simone 1a) No, non la condivido.
ottuso‐acuto Vincenzo 1a) No.
164 Dimensione profondo‐
superficiale Soggetto Report 12
Alessio 1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci. 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? 1a) Sì.
1b) Profondo può essere un mobile, un pozzo, una ferita, il mare, la piscina. Superficiale un tavolo, una sedia. Il piano di lavoro della mia cucina: non va in profondità. Il piatto della doccia non è profondo. 1c) Il pozzo con l’udito, lasci andare la voce. Il mobile il tatto, e anche l’acqua la senti con i piedi: se tocchi o no. profondo‐
superficiale Claudia 1a) Sì. 1b) Superficiale inteso come poco profondo? Perché voglio dire profondo a livello di oggetti io penso al bicchiere, al mobile, al cassetto, così, ma non posso dire che un cassetto è superficiale se è poco profondo: non so cosa hai inteso per superficiale. Comunque il concetto del profondo sì, mi rimanda a queste cose qui. Eh no, perché voglio dire profondo a livello di oggetti io penso al bicchiere, al mobile, al cassetto, così, ma non posso dire che un cassetto è superficiale se è poco profondo, non so cosa hai inteso per superficiale. Comunque il concetto del profondo sì, mi rimanda a queste cose qui. 1c) profondo‐
superficiale Cristian 1a) Sì.
1b) Il mare può essere più o meno profondo. Il mare è profondo ma anche superficiale. Un lago. Il mare per me è profondo quanto è un paio di metri e lì già non si tocca più. In altomare è molto profondo. Profondo o superficiale è la chiglia di una barca. Le mie sono esperienze di mare: dei mobili dicevano: questo è più profondo, questo è meno profondo; però in quel campo lì non ci capisco molto. Mi sembra che un cassetto profondo sia in realtà più lungo. Alle grotte, anche lì c’è la profondità, ma è più cognitiva che sensoriale: ti dicono che sei a una certa quota e tu lo sai per quello. Conosco anche sensorialmente la profondità perché ho i pesi e sono sceso fino a 12 metri. E’ disorientante. Un paio di volte sono sceso con l’ancora e i miei pesi; un’altra volta solo coi pesi. Nelle grotte il ritorno della voce mi dava l’ampiezza di dove mi trovavo. 1c) Il corpo e il tatto. La distanza dei suoni, quindi 165 anche l’udito.
profondo‐
superficiale Emanuele 1a) Non mi arriva. Non mi ci metto proprio perché non ho idea di come poterlo affrontare. profondo‐
superficiale Emilio 1a) Come acuto‐ottuso. Anche meno.
1b) Non riesco a identificare niente. Profondità è un burrone, un pozzo; ma sono cose che non riesco a percepire. Un pozzo no, ma una vasca sì. Per superficiale intendo solo una cosa piatta. Un piano: del tavolo, della scrivania… 1c) Il fondo di una vasca col tatto. Il pozzo con l’udito. Il burrone non so. Se la profondità è piccola è il tatto; se è grande l’udito. profondo‐
superficiale Giulia 1a) Sì.
1b) Il mare. Una buca. Le grotte di Frasassi: una buona profondità. Il pozzo di San Patrizio. 1c) Attraverso il corpo, e a livello di strategie il bastone. La buca col bastone. Se no ci cadi dentro e la vedi direttamente. Oppure l’udito, in base all’eco che arriva; oppure lanciando un sasso dici quanto è profonda l’acqua. Nel pozzo di San Patrizio c’erano delle persone sotto e non ho dovuto fare niente, non aspettare l’eco. Loro parlavano… profondo‐
superficiale Lucia 1a) Sì lo esperisco, ma è una cosa più rara rispetto alle altre dimensioni. 1b) Quando dici: il mare è profondo. Per esempio un cassetto può essere profondo. Metto una mano e vedo se è abbastanza largo, profondo. Io dico profondo in modo orizzontale, il mare invece profondo in modo verticale. Oppure una cosa che è più superficiale… un bicchiere pieno… In un cestino, in una scatola dove ci sia più materiale non ci entra più niente, il livello è superficiale o non molto profondo. 1c) Attraverso il tatto generalmente. Il mare con il corpo, così mi rendo conto dell’altezza. Oppure un bicchiere se bevo capisco se è poca l’acqua che è poco profondo. Oppure la capienza: io metto dentro qualcosa e vedo che c’è poca capienza, se è profondo o superficiale. profondo‐
superficiale Roberta 1a) Sì.
1b) Profondo il lago. Oppure un contenitore da riempire con un liquido o qualcosa. Superficiale è qualcosa che non ha radici. Ecco: un taglio sulla pelle, una ferita; però non ne ho molto… Profondo o superficiale è quando capita che sei su un ponte oppure una sopraelevata, e parli, e senti le voci giù, altre voci, quindi ti rendi conto della profondità, o meglio dell’altezza nella quale ti trovi rispetto ad altri piani. Un pozzo, certo. Oppure mi ricordo quando ero 166 piccola che mangiavamo le ciliege sul balcone e buttavamo giù l’osso delle ciliegie di sotto dove c’era l’orto di mia nonna, e facevamo a gara a chi arrivava più lontano: il rumore mi serviva per capire la profondità, ossia quanto ero altra rispetto a sotto. 1c) Molto molto con l’udito, e nel caso dell’acqua, come al mare, per sapere se è profondo o no, è un’esperienza corporea. profondo‐
superficiale Simone 1a) Questa sì.
1b) Profondo può essere una buca che fai al mare. L’acqua del mare è superficiale all’inizio; dopo di un po’ comincia ad essere profonda. Quando mi arriva al collo comincio a dire che è profonda. Superficiale è la sabbia, quando appunto non fai le buche. Oppure: quando avevo sei anni abbiamo fatto la cantina, che prima non c’era. Per questo abbiamo fatto uno scavo profondo, che non si poteva neanche andare giù se no cadevi dentro. Profondo può essere un burrone. Superficiale può essere la strada. 1c) La profondità secondo il tatto e anche secondo l’udito se senti le persone dall’alto. La profondità dello scavo l’ho sentita con un piede, o con una mano, così. Un cassetto è profondo quando sento che è profondo più di un altro cassetto. Ci metto dentro il braccio e vedo dove arriva. Dunque quanto è alto. Ad esempio i miei cassetti non sono profondi. Ci sta molta roba ma sono più che altro lunghi e larghi, non è che ci sia la profondità. profondo‐
superficiale Vincenzo 1a) Sì.
1b) armadio è profondo, il tavolo è superficiale. Qualsiasi oggetto che lo tocchi di fuori è superficiale. Il pozzo e le grotte sono profonde. 1c) con il tatto per sentire gli armadi e i cassetti. Con l’udito e lo spostamento dell’aria per sentire la profondità degli ambienti, come le grotte. Dimensione Soggetto Report 13
Alessio 1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci. 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? 1a) Sì.
ampio‐ristretto 1b) Il mare per l’ampiezza. Una stanza. Un capannone è più ampio. Come faccio a sapere che è ampio? Entrandoci dentro. Il ristretto una stanza piccola, la 167 piscina rispetto al mare. Le grotte di Frasassi. 1c) Col corpo nei luoghi in cui si può entrare. Nelle grotte col tatto, con la voce anche, se passi negli spazi stretti, il movimento. ampio‐ristretto Claudia 1a) Sì.
1b) Ampio‐ristretto per me è soprattutto a livello ambientale. Penso alla piazza, a un prato, a una campagna, a un locale, a un supermercato: ampio‐
ristretto è quello. Sì, magari, allargando le braccia arrivi meglio a vedere l’inizio e la fine, però… sempre situazioni così, molto particolari. un tavolo. Un albero. Comunque sì. 1c) Come percezione è sempre a livello tattile, quanto tempo impiego magari a percorrere quello spazio, oppure a livello del viso, della percezione del viso, come dicevamo. E poi anche se ci sono degli oggetti o dei rumori: anche attraverso i rumori percepisco la grandezza. ampio‐ristretto Cristian 1a) Sì.
1b) In una stanza, oppure nell’abitacolo di una macchina, tipo la Smart, quella è stretta. Una chiesa per la sensazione dell’ampio. Il capanno dove mettiamo gli attrezzi, né ampio né ristretto. Poi una villa mi da la sensazione di una co sa ampia: la conosco perché ci sono andato da piccolo. Mio babbo faceva il custode a una villa. 1c ) Col corpo, con l’udito e col tatto. Per sapere come è ampio un tavolino lo misuro col tatto, lo esploro, sento quanto è grande. Invece una chiesa percorrendola col corpo e col suono, anche. ampio‐ristretto Emanuele 1a) Non mi arriva. ampio‐ristretto Emilio 1a) Si riconduce a grande‐piccolo, largo‐stretto 1b) Ampio può essere uno spazio. Un corridoio ristretto, percorrendolo, è con l’udito che arrivo a percepire che è stretto e magari lungo. Ampio lo stesso: se invece di essere stretto è di quei corridoi degli ospedali che sono immensi… Ristretto un corridoio, ampia una piazza. 1c) Lo percepisci sempre con l’udito Solo con l’udito. Col tatto no. Col corpo neanche: se è il corpo, è dato dall’udito, non dal corpo. L’ampiezza di un corridoio la percepisci sempre con l’orecchio. ampio‐ristretto Giulia 1a) Sì.
1b) Più che altro riferiti allo spazio: una piazza, un vicolo, un marciapiede, un giardino, un corridoio. 1c) Sia col tatto che con l’udito. Non uso particolari 168 strategie. In generale cerco di capire cosa succede nell’ambiente intorno: che tipo di rumori arrivano, se c’è traffico, in che zona, quindi quanto è lontano; se c’è eco se lo spazio è stretto o ampio. Popi l’esplorazione col bastone chiaramente aiuta. ampio‐ristretto Lucia 1a) Non lo so. Pensando alle esperienze lo associo all’ampio, al grande. Mi sembra una coppia sinonima di largo/stretto, non mi pare che ci sia tanta differenza. 1b) Ampia è una stanza quando sento l’eco e dico tra me “oh, è molto ampia questa stanza”. Oppure un abito grande: “Oh, è molto ampio questo abito”. Ristretto per me è come “stretto”. Più o meno. 1c) Generalmente il tatto e l’udito per la conoscenza di un posto. ampio‐ristretto Roberta 1a) E’ sinonimo di largo/stretto. Queste classi di aggettivi sono tutte un po’ ripetitive, nel senso che alla fine basterebbe la metà per avere punti di riferimento sulla percezione. ampio‐ristretto Simone 1a) Sì.
1b) Ampio può essere il mare, perché è infinito. Ampio può essere il lago, il fiume. Ampio è il cielo. Anche la strada nazionale è ampia. Invece ristretto è la piscina, la vasca dove fai il bagno, il box doccia, il mastello. 1c) Più che il tatto attraverso u senso che fai fatica a dirlo con le parole: lo capisci perché non c’è niente attorno a te di cui abbia parti. Attorno a me c’è il vuoto. Davanti al mare è il rumore che me lo fa sentire ampio. Quindi lo spostamento dell’aria. Questo dato se ci sono le onde mi arriva, è ovvio, anche sulla pelle. Se non ci sono le onde solo con le orecchie. Anche la strada nazionale è ampia: lo percepisco dalle macchine che passano, quindi da quanto spazio il rumore deve percorrere. La vasca ci vai dentro col corpo. Il mastello lo percepisci col tatto. ampio‐ristretto Vincenzo 1a) Sì.
1b) Io lo percepisco nella strada, nel vicolo o nei percorsi in genere quando cammino per me è fondamentale sapere se c’è l’ampiezza giusta per camminarci senza inciampare da nessuna parte. 1c) se sono all’aperto uso il bastone senza dubbio. Se sono negli ambienti chiusi lo vedo dallo spostamento dell’aria se la porta è ampia che ci passo. I suoni mi dicono quanto è ampia o stretta la stanza dove sono. Dimensione Soggetto Report 14
169 limitato‐illimitato limitato‐illimitato Alessio Claudia 1a) Condividi la dimensione?
1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci. 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? 1a) Sì.
1b) Un ambiente. Il limite è il muro. Qualsiasi oggetto che abbia una forma ha anche un limite, una finestra, una scarpa. Illimitato può essere andare in barca sul mare. Il limitato coinvolge il tatto. O, se si tratta di una stanza, tutto il corpo. L’illimitato non coinvolge il tatto. La barca coinvolge l’udito. E poi vai a senso: sai che è illimitato… 1c) Quando nuoti nel mare non finisci mai: più vai avanti e più l’acqua sale e più vai al largo. Quindi ce l’ho questa percezione dell’illimitato che mi viene dai sensi. 1a) Sì. Anche se è più il limitato quello che m’interessa. Illimitato non c’è. 1b) Limitato non so: uno spazio… Un giardino recintato, per dire, è limitato; invece la sensazione… che poi illimitato non è in realtà… no, di illimitato direi che non posso avere nessuna esperienza, perché… non posso dire che un campo per me è illimitato perché in realtà è soltanto ampio; perché io lo so che il limite ce l’ha, quindi è soltanto ampio. Perciò illimitato non c’è. Lo stesso posso dire per il mare: per me può essere limitato, però non lo è di fatto; quindi non lo considero illimitato. Io il mare lo percepisco come una cosa ampia. Non lo percepisco come una cosa definita. Non avendo lo sguardo… questo vale anche per il mare: per me illimitato è soltanto quello che visivamente non ha una fine, quindi non lo sperimenterò mai: lo sperimentano solo i vedenti. Secondo me. Però non posso metterlo nemmeno nell’infinito perché non è infinito. Che poi chi ha sguardo vedrà da qualche parte, eh sì, la riva, la terraferma: non vedrà soltanto acqua acqua acqua senza nient’altro. Cos’è per lui illimitato? Qualcosa che non ha confine? 1c) L’illimitato secondo me lo sperimenti solo con lo sguardo: non lo puoi sperimentare col corpo, perché col corpo sperimenti solo l’ampio. Cioè sperimenti l’ampio alla stessa stregua dell’illimitato: non so se mi spiego. Intendo dire che l’illimitato io lo percepisco come percepisco l’ampio, cioè che non lo percepisco e basta. Non lo percepisco perché... un campo che è 5 ettari non lo percorrerò mai. Vuoi dire che proprio apposta io dovrei ricevere la sensazione dell’illimitato, di cosa che non riesco ad approcciare, che non riesco a percorrere per intero? Va bene; ma io so che c’è un inizio: da una parte sono partita e quindi già non è più 170 illimitato. Perché non è che io mi trovo... come ci sono arrivata, passando comunque da una zona, da un’area diversa, lì quello è il mio punto d’inizio quindi è già un limite per me. E in questo modo ci troviamo come nell’ampio/stretto. Limitato invece sì, lo sperimento: a livello tattile; a livello del corpo se è un percorso... eh, sì, soltanto così: tattile. Fondamentalmente tattile. limitato‐illimitato Cristian limitato‐illimitato Emanuele limitato‐illimitato Emilio 1a) La condivido.
1b) La velocità di una macchina che passa, che può essere limitata o illimitata. Oppure la profondità del mare. Può essere anche la forza del vento. 1c) La velocità della macchina è percepita dall’udito: sento il rumore che va crescendo e poi calando, effetto doppler. La forza del vento dal corpo, sulla pelle. 1a) Non mi arriva. L’illimitato è cognitivo. Non c’è un modo per dirti che c’è una cosa illimitata. Sai che è così e quindi la immagini in questa maniera. Non perché tu la vivi questa cosa qui. 1a) Sì, la condivido, ma solo per il limitato. 1b) Non mi viene in mente niente. Un tavolo, un foglio, hanno bordi. Il cielo non lo percepisco. So che c’è. Tutto quello che è forma e il tatto mi permette di controllare è limitato. Il giardino è anche percepibile come limitato. 1c) Con il tatto posso capire che un tavolo ha un limite, è limitato. Limitato. Un oggetto è limitato: tu lo tocchi e oltre a quello non c’è niente perché è limitato. Percepisco uno spazio con l’orecchio, ma per la categoria dell’ampiezza, che può essere anche uno spazio limitato; ma illimitato no. Il cielo non lo percepisco. Illimitato assolutamente no. limitato‐illimitato Giulia 1a) Sì, la esperisco, ma tutta sul polo del limitato. E’ chiaro che tutto quello che esperisco è di per sé molto limitato. Di questo “molto limitato” quello che posso esperire è che quello che per me è illimitato in realtà è limitato. 1b) Non saprei… Gli spazi limitati sono tanti: una stanza, un giardino recintato, un marciapiede. Tutti gli oggetti comunque. Quelli piccoli, tutti, sono comunque limitati. 1c) Attraverso il corpo e il tatto. E anche l’udito. Particolari strategie no. limitato‐illimitato Lucia 1a) A livello fisico no, veramente. A me limitato/illimitato fa pensare quando valuti qualcosa dici: questi numeri sono illimitati, o la capacità… A livello fisico illimitato… non è che io pensi a qualcosa che sia illimitato. Non percepisco niente che sia 171 illimitato perché penso che nessuna cosa sia illimitata. 1b) Illimitato secondo me è il mare. A livello di circuito perché alla fine non c’è un fine. Il mondo è rotondo. Limitato è un lago; ma non ne faccio esperienza. Non faccio tanto esperienza del limitato. Il giardino mi sembra limitato, ma a livello di spazio, semplicemente. Alla fine tutto è uno spazio limitato. Tutto lo spazio è limitato. Non puoi avere altro. Il bordo del tavolo è un limite e io lo sento come un limite. 1c) Col tatto e con la conoscenza. Non è che il mare l’ho navigato tutto per capire che è illimitato. Non uso strategie particolari, no. limitato‐illimitato Roberta 1a) Sì. Ma è diverso, però: non è bianco e nero. Non possono essere due poli di una stessa esperienza, perché uno, il limitato, può essere percettibile, mentre l’illimitato non è percettibile. E’ esperibile questa dimensione, ma solo sul polo del limitato. 1b) Illimitato è il cielo, perché non ha un punto d’inizio e una fine. Qualcosa di limitato invece, di circoscrivibile, di quantificabile è la terra. Nel limitato ci sono tutte le cose che hanno un inizio e una fine: un tavolo. Una stanza è limitata dalle pareti. Un qualsiasi ambiente, piccolo o grande che sia, è sempre limitato. Tutto è limitato. Tutto ha un inizio e una fine. Illimitato è più difficile da… 1c) Come esperisco il cielo? Non tanto a livello sensoriale, ma emotivo forse, emozionale. Percepisco il cielo, sì: percepisco la luce, tutto quello che non è terra, dove finisce la terra. Il limitato, una cosa che inizia e finisce, lo esperisco col tatto. Anche la lunghezza di un treno posso averne un’idea che ha una parte che inizia e una che finisce. In questo caso il canale d’ingresso è il suono. Per un tavolo è chiaramente il tatto; per una stanza l’esperienza globale e il fatto che la percorri. limitato‐illimitato Simone 1a) Sì, non è difficile.
1b) Illimitato è il mare. Il mare è anche illimitato. Un esempio è sempre il mare. Oppure le prove che fanno gli attori, i ballerini, anche quelle sono illimitate, per il semplice fatto che devono provare fino a che non gli vengono bene. Il mio mastro di teatro me lo diceva: ragazzi, qui bisogna essere disponibili, non ci sono né orari né limiti. Il lago e il fiume sono illimitati. Io non percepisco la differenza: mare, lago e fiumi sono tutti uguali. Limitato è la piscina, il mastello, la vasca, il box doccia. E’ limitata la casa. Sono limitati i negozi. Gli oggetti ovviamente sono tutti limitati. 1c) Il mare lo percepisco proprio io. Anche il lago e il fiume. Li percepisco sempre nello stesso modo, tatto e udito. E basta. Il bastone sì. Ovviamente lo uso fuori da qui: lo uso per la strada. Nei negozi non l’ho mai 172 usato. Solo per sentire fuori, il marciapiede, la strada… limitato‐illimitato Vincenzo 1a) Sì.
1b) limitato è la stanza, un tavolo se percorro con la mano il bordo, quello è il suo limite. Illimitato è lo spazio quando sono fuori. 1c) Lo esperisco con il tatto se si gtratta di esplorarre il bordo con la mano. All’esterno lo percepisco dal movimento dell’aria. 173 174 Report classe forma
175 Dimensione Soggetto Report 1
1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? ordinato‐
disordinato Claudia 1a) Sì. 1b) Disordinato come ho lasciato la cucina oggi. Un tavolo pieno di cose: le penne – noi non le usiamo – invece di stare nel portapenne stanno in giro. I fogli sparsi sul tavolo anziché uno sull’altro. Anche una stanza in cui i mobili non stanno addossati al muro ma stanno in mezzo potrebbe essere disordinata. Magari esteticamente è ordinatissima però io mi trovo davanti a un ostacolo che è un mobile, perché il senso dell’ordine per me è quando le cose sono disposte in maniera simmetrica. L’ordine per me è quello che non mi intralcia. 1c) C’è una strategia. Se io devo cercare qualcosa sul tavolo non faccio così a caso: faccio un movimento in questo modo, in base alla forma del tavolo. Parto da un punto e cerco di coprire tutta la superficie del tavolo. ordinato‐
disordinato Cristian 1a) Sì.
1b) Ordinato è quando ci sono tutte le cose al loro posto, o che magari non inciampo, non vado a sbattere perché tutto è in ordine. Sulla scrivania ho il computer, il tavolo, le sedie, la radio. A volte ci bado, a volte no. Il necessario deve essere ordinato: quel tanto che riesco a muovermi senza inciampare e senza fare danni. Nella mia camera cerco di essere ordinato il più possibile perché ho varie cose, ci tengo e le tengo a posto: sui cd non sono tanto ordinato, li tengo tutti sparsi; invece per quanto riguarda il computer, i miei libri, quelli li tengo in ordine. I libri ho quelli in Braille. I vestiti. In bagno non tanto. La lametta la tengo sempre al suo posto in un bicchiere sulla mensola. Quando c’è una finestra aperta in un certo modo che mi può dare 176 fastidio la percepisco come disordine. 1c) Con il tatto. Le mani sulla scrivania. E’ come vedere, alla fine. Io vorrei usare qualche strategia, ma spesso mi dimentico. Lascio le cose in giro e dopo mi accorgo. ordinato‐
disordinato Emanuele 1a) Sì.
1b) Questa stanza dove io lavoro, nei miei cassetti ha i libri e l’agendina dove tengo i numeri , in maniera ordinata. Abbastanza ordinata, per quello che serve. Poi ho la macchina per scrivere che ripongo sempre nella stessa valigetta. Penso che questa stanza sia tutta ben ordinata come io immagino. La mia scrivania mi sembra ordinata, sempre nel modo in cui io… ad esempio ho un registratore, due telefoni, il computer, la barra Braille, è tutto, diciamo, abbastanza ordinato. Ho una chitarra. Nell’astuccio tengo l’accordatore, il metronomo e i vari plettri per poter suonare, tutti abbastanza ordinati. In casa ultimamente faccio meno attenzione, perché ho avuto problemi dei quali non posso parlare. Un po’ meno ordinato di com’ero prima. Prima facevo più attenzione all’ordine: era quasi per me un’ossessione tenere ordinate le cose. L’ordine e il disordine sono stati uno dei miei incubi, insomma. L’ordine è molto importante perché dà sicurezza e a noi sembra di poter vivere meglio le giornate avendo tutto a portata di mano. Io non sono bravo nell’orientamento, se le cose le metto nella maniera in cui le ritrovo, questo mi facilita molto. Per noi una cosa ordinata significa che ci permette di vedere le caratteristiche che… diciamo: tu puoi mettere delle cose in un modo che poi te le ritrovi e sai tu dove le hai messe. Forse, io penso che noi non vedenti dovremmo capire che le cose ordinate non devono essere messe in maniera ossessiva sempre in quel posto lì; però se le metti in un luogo sai che tu ce le hai messe e che le ritrovi. Non faccio percezione esperta. Sono naif, anche nelle canzoni che scrivo. E lì sono parecchio disordinato, devo dire. A dire la verità nelle mie composizioni musicali cerco di far ascoltare quello che io dentro di me percepisco, quello che sento. Però quello che do ai miei brani – anche se finora non ho avuto modo di avere riscontri – uno dice va ad ascoltare e dice: ma cosa ha scritto questo qua? Strano. Poi dopo mi spiegherai. Allora io cerco di spiegarlo. Perché magari le cose che io voglio dire sono messe in disordine. Però in realtà per me sono in ordine. La musica per 177 me, forse per un non vedente è una cosa straordinaria. Ti porta in un mondo dove tu ti isoli completamente. Io fin da bambino ho ascoltato musica. Per me è tutto la musica. A me piace essere libero nella musica: ecco perché quello che faccio è più naif, è più disordinato. Sono meno schematico. Mi piace la musica cantautorale, per esempio. Nella musica e nel suono il disordine ci sta. Però è un bel disordine. Non amo molto le cose che devono andare tutte allo stesso modo, mi piace variare, saltare… 1c) Attraverso il tatto sicuramente. L’udito. Quando si va a vedere le partite di pallacanestro, lì c’è un gran casino, un gran disordine. Ho un cronista personale che mi spiega tutta la partita. Quel disordine mi piace tantissimo. Quello che dà il pubblico è bellissimo. Vivi delle bellissime esperienze. Nel tatto le mani sono molto importanti, ma anche l’orecchio: se qualcosa accanto a te ti può infastidire, per te è in disordine, a quel punto lì… i suoni acuti non mi piacciono molto, quelli forti: non sono un amante dei suoni forti. Eppure mi piace la musica, anche quella rockettara, non rockettara in senso esplosivo, perché poi le orecchie fanno un male che non ti dico. Forse anche questo è disordine. ordinato‐
disordinato Emilio 1a) Assolutamente sì.
1b) Io sono un maniaco dell’ordinato. Dell’ordinato, non dell’ordine. Metto le bottiglie tutte nel verso dell’etichetta, per dirti quanto sono maniaco. In tutto: la casa, la camera, i vestiti: io devo vedere camera mia pulita, non un pantalone sulla sedia, mi dà fastidio. Tolgo tutto. Nell’ufficio uguale. Si vede quando uno apre i cassetti: ordinato, non buttato lì così. Non esiste. 1c) Una volta che ho messo la mia scrivania come adesso io mi immagino di vederlo, il computer lì, il computer là, il centralino lì: con la mia fantasia lo vedo come ho messo le cose. Il mio corpo invece vede attraverso le mani. Il percorso per quanto riguarda l’ordine per noi è indefinibile. Quando cammini non fa parte dell’ordine‐disordine, ma dell’orientamento, queste cose qua. Strategia no. Io non uso né cane né bastone. ordinato‐
Giulia 1a) Sì.
178 disordinato 1b) Un cassetto dove tengo le maglie quando è disordinato rende difficile trovarle. Anche il tavolo, la cucina. La stanza. 1c) Il tatto. La strategia esplorativa è il movimento delle mani. Un tavolo dove cerco una certa cosa devo esplorarlo tutto; quindi cercherò un punto di partenza e di lì mi muoverò in modo da coprire tutta la superficie. 1c) il tatto e l’udito. Con l’udito vedi se una stanza è disordinata perché magari è piena di mobili al centro. ordinato‐
disordinato Lucia 1a) Sì.
1b) ci tengo troppo all’ordine. La camera del mio collegio è ordinata. Ogni cosa è al suo posto, dove sta da sempre. Di pomeriggio se sono libera ripasso i cassetti e metto tutto in ordine, anche le cose che ho appoggiato di fretta e non sono dritte e composte nel cassetto. L’armadio è diviso precisamente. Le gonne secondo la lunghezza e in fondo i pantaloni. Le maglie divise per colore e comunque cerco di comperarle con un accessorio particolare che me le fa distinguere subito. 1c) attraverso il tatto principalmente. Con il tatto mi accorgo se gli spazi che per me sono importanti sono in ordine. ordinato‐
disordinato Roberta 1a) Sì.
1b) Una stanza dove c’è ordine, dove tutto è perfetto, e un’altra dove le cose sono tutte in giro. Lo stesso si può dire di un cassetto, un archivio, una cantina. L’ordine dovrebbe essere una costante nella quotidianità di un non vedente perché se non metti in ordine le cose poi non le ritrovi. A prescindere da questo secondo me il disordine è una forma di libertà mentale, nel senso che l’ordine, la disciplina sono una costrizione. 1c) Il canale sensoriale per noi è sempre il tatto. Toccando: se ci sono gli oggetti consueti è ordine, se no disordine. Strategie: non sono una maniaca 179 dell’ordine. Per me disordine è quando le cose sono fuori posto. Non è che misuro i millimetri con le mani. Neanche in cucina. Lì conta che le cose siano pulite: quello è l’ordine che mi serve, non altro. ordinato‐
disordinato Simone 1a) Sì.
1b) Io riesco a essere ordinato per mettere l’asciugamano nello zaino quando vado al mare; quando devo mettere a posto gli asciugamani, sia quelli da lavandino che quelli da bidè. La cosa per la quale ho più bisogno di ordine… per esempio: in camera ho il tapis‐roulant; per farlo bisogna metterlo giù e una volta fatto bisogna ritirarlo su. Io, da quando ho scoperto come si fa, ci tengo a ritirarlo su, perché è giusto così, se no dopo si va a sbattere. Per quanto riguarda invece il disordinato, ad esempio non riesco ad essere ordinato nel fare il letto perché non riesco mai a farlo perfettamente come dovrebbe essere fatto. Me lo dice mamma e un po’ me ne rendo conto da solo. La mia scrivania del lavoro io l’ho sempre sentita ordinata. E’ proprio fatta ordinata: c’è il mio telefono e ci sono i fogli: quello che ci devono essere. Io non presto molta attenzione a che il letto sia ordinato, e anche per quanto riguarda i vestiti non mi vengono tutti perfetti; anche i cd, le cassette: per quello sono molto disordinato. 1c) La esperisco secondo il tatto. Con il corpo. Oppure: quando vengono i miei nipoti che girano in bicicletta, quando esco fuori mi rendo conto andandoci a sbattere o inciampando perché non le hanno messe a posto. Per i suoni no. ordinato‐
disordinato Vincenzo 1a) Sì.
1b) l’ordine per me è fondamentale. Il mio armadio lo metto a posto da solo ed è suddiviso per tipi di maglie e camicie nello stesso modo da sempre, da quando mi sono sposato. La scrivania dove lavoro la sistemo da capo dopo ogni volta che viene la donna a pulire. Ogni strumento deve stare esattamente dove mi serve. Quando i corrieri consegnano, controllo che lascino i pacchi nei posti che ho destinato. Qui nel mio ufficio c’è la macchina del caffè e quando vengono ad adoperarla i mie colleghi lasciano tutto in disordine perché i beccucci sono girati e le cialde tutte confuse fra orzo, decaffeinato e normale. I cucchiaini di plastica li mettono nel cassettino che non è di loro. 180 1c) Tatto con la esplorazione manuale e con la percezione plantare. Cammino lentamente e a mano a mano che procedo la percezione plantare e il corpo mi dicono se è libero per terra che non inciampo da nessuna parte. Dimensione Soggetto Report 2
1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? diritto–storto Alessio 1a) Sì
1b) Il bastone delle tende. Il righello. Storta era l’applique l’altro giorno. Un filo della luce attorcigliato. Trovi un mobile storto, o una sedia lungo il percorso. Un naso? Non ci faccio caso. Le dita sì. 1c) Il tatto sicuro. Esplorazione manuale e corporea. diritto–storto Claudia 1a) Sì.
1b) A me dello storto viene in mente una strada, un marciapiede non dritto che magari curva senza che me ne accorgo. Se non è un quadro… per me è solo sull’orientamento. Un ramo non mi interessa molto come dimensione. L’asticella del microfono… il cono del gelato è storto, ma io non lo penso dritto‐storto. E poi storto no: perché storto? Anche una forchetta è storta, ma in realtà è fatta così. La banana è storta. La gruccia attaccapanni ì ricurva, storta, ha la forma delle spalle. L’albero è un’esperienza diretta, ma non fa parte del quotidiano. Entro in contatto con il ramo di un albero, non so, ogni sette otto mesi… 1c) Sempre il tatto, esplorazione manuale. Se l’oggetto è piccolo non solo toccarlo ma proprio prenderlo in mano, sollevarlo. Strategia operativa è questa, sollevarlo, prenderlo in mano. E’ chiaro che se il ramo 181 di un albero non lo sollevi. diritto–storto Cristian 1a) Sì.
1b) La mia scrivania è a elle. È storta. Dritto è questo tavolo. Sul percorso che faccio: la strada che faccio per venire giù da Gabicce Monte, c’è una curva che non percepisco scendendo. Forse perché è molto larga. In macchina la sento. A piedi no. Se non c’è il marciapiede io sento il bordo dell’erba sotto la pianta. Per esempio il mobile dietro di me non è dritto dritto. 1c) Il tatto, a proposito del mobile. Il bastone per i percorsi. Quando c’è una curva la sento perché col bastone sento che devo curvare, il marciapiede finisce e io lo sento col bastone che cambia direzione. Seguo il bordo del marciapiede. La curva che c’è qui vicino, io la facevo da piccolo con la bicicletta, con lo skateboard, lì c’è una curva e quella la sento: c’è un avvallamento e me ne accorgo. diritto–storto Emanuele 1a) Sicuramente. 1b) Un righello per scrivere in Braille è diritto. Un bastone. Potrebbe essere anche storto. Anche le dita possono essere diritte, o anche storte. Fogli per scrivere, dipende da come li taglio, storti e diritti. Le carte dei soldi possono essere diritte, storte. Le viti. I chiodi. 1c) Sicuramente le mani. Il tatto per i non vedenti è fondamentale. Quando tocchi una cosa ti rendi conto di com’è. Il marciapiede, anche lì è una questione non dico di tatto, però la percezione che tu hai, la terra, senti se il marciapiede è diritto o storto; comunque hai un punto di riferimento. Io non ho un bastone e nemmeno un cane. Ho Manuela. Quando non ci sono curve o ostacoli ed è tutto lineare, io me ne rendo conto. Da cosa? Dall’asfalto, dalla pianta dei piedi. La strada è molto importante. L’asfalto lo sento col piede. Sono i piedi fondamentali. Strategia: io quando camino con Manuela la prendo sulla spalla, sempre con la sinistra, non so perché. E le cammino a fianco. Per mano non voglio. Però ho anche un altro modo di camminare. Quando vado con mia madre la sfioro con il braccio sinistro sforo il suo e non le metto la mano sulla spalla. E’ una tecnica che ho imparato non da molto ma mi pare che mi muovo abbastanza bene in 182 questa maniera. Se no prima andavo via che sembravo un bastone veramente, invece adesso meno bastone sono. Io non so ballare. Sono un imperito totale. Da un po’ di tempo per motivi miei non canto più in pubblico. Quando ero sul palcoscenico ero davvero un bastone. Più diritto di me non c’era nessuno. Impettito come non so cosa. Forse questa era la mia insicurezza. diritto–storto Emilio 1a) Sì.
1b) Un bastone può essere diritto o storto. Un percorso. Non ti so dire. Un fil di ferro. Per me diritto è lineare. Nella mia esperienza quotidiana diritto‐storto riguarda la disposizione delle cose che mi appartengono, che devono essere ordinate, cioè diritte e non storte. Lo riconduco all’ordine, insomma. 1c) Sempre tattile. Sempre con le mani. diritto–storto Giulia 1a) Sì.
1b) Io lo connetterei ai percorsi: se la strada è diritta o sorta. E’ orientamento? 1c) Con in tatto. diritto–storto Lucia 1a) Sì
diritto–storto Roberta 1a) Sì.
1b) Diritto può essere il lato di un tavolo. Una penna. La parete di una stanza, che la maggior parte delle volte è diritta ma può essere anche storta, obliqua. Una parete Storto qualcosa di ricurvo: un cucchiaio. Forse in un ambiente in cui le pareti sono dritte ne ho una percezione più definita; però un po’ di movimento… noi per esempio in camera abbiamo fatto una parete storta, che mi piace molto. Una parete in diagonale che mi piace perché mi dà l’idea di una cosa diversa, nuova. Difficile per noi percepire il lato di un palazzo, anche per chi magari deve camminare da solo. Storto, ma quanto, quanti gradi, capire quanto è storto. Se è dritto… C’è un palazzo a Tirrenia dove le pareti sono rotonde. Mette ansia perché sempre lì: non c’è una 183 definizione di una parete che finisce, perpendicolare. Giri all’infinito, col moto perpetuo. Ed è per non vedenti. 1c) Secondo il tatto se una cosa è piccola, o secondo la percezione globale se è una strada. Di una strada mi rendo conto se devia a destra o a sinistra. Ti rendi conto dr cammini dritto, o se vai perpendicolare. Nessuna strategia. diritto‐storto Simone 1a) Sì.
1b) Dritto è un albero dritto, invece storto è un albero storto. Una macchina può essere parcheggiata sia dritta che storta. Mi accorgo da dome è messa; per esempio mettiamo il caso che hai parcheggiato la macchina con il muso che hai messo dentro il cortile di casa mia e il,resto è sulla strada, ti accorgi che la macchina è storta. Oppure la nostra schiena e le nostre spalle, perché possono essere sia dritte che storte. Anche un percorso può essere dritto o storto. Per esempio per andare a prendere l’autobus devo girare quattro volte. Camminando con il bastone me ne accorgo. 1c) Il percorso lo mappo sempre con il bastone. La macchina con il tatto mi accorgo di come è girata. L’albero lo stesso con il tatto. diritto‐storto Vincenzo 1a) Sì.
1b) diritta è la strada che devo fare per venire al lavoro. Io al lavoro vengo da solo e il percorso lo conosco al millesimo. Adesso che cambio sede debbo impararlo da capo. Ci vuole tanto tempo.dritto è il corridoio per arrivare nel mio ufficio. Il cucchiao è storto, ma è la sua forma, lo spazzolino ha il bastoncino storto 1c) il tatto ti dice se l’oggetto è dritto o storto. I percorsi con il corpo, con la percezione plantare. Dimensione Soggetto Report 3
184 1a) Condividi la dimensione?
1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? arrotondato‐
angoloso Alessio 1a) Sì.
1b) L’ombrellone, di quelli che hanno il tavolinetto intorno. Quella è una cosa rotonda, arrotondata. Il muro può essere spigoloso o anche arrotondato. Una colonna rotonda. Il muro arrotondato mi orienta. Anche quello spigoloso. Un tavolo può essere anche angolare. Un viso può essere arrotondato o anche angoloso. 1c) Col bastone lo spigolo lo senti. Per i muri il bastone. Se no il tatto. Dai suoni no. O Forse sì. Ad esempio il suono dell’ambulanza. Se vai nel sottopassaggio per il mare ti arriva un suono rotondo, un rimbombo; quindi non è rettangolare. arrotondato‐
angoloso Claudia 1a) Sì.
1b) Il marciapiede: ho cambiato direzione perché la curva del marciapiede è troppo larga, è troppo arrotondata invece che angolosa. Oppure un tavolo: rotondo oppure con gli spigoli. I piatti. Ci sono anche piatti quadrati. Anche le aiole di Piazza Cavour sono mezze rotonde. Anche quelle. 1c) Se è un tavolo tattile; se è qualcosa in cui passiamo camminando. Col bastone. O meglio: io non lo sento perché ho Mafalda; però, diciamo che… sì. Le aiole sensazione più astratta, legata al movimento che faccio quando ci passo intorno. Il cane le evita, per cui… sì, è il movimento del corpo che percepisco, che poi in realtà non lo percepisco perché è un tondo talmente ampio che per me è come se andassi sempre dritta. Però, siccome lo so, facendoci attenzione lo percepisco. Se non lo sapessi mi confonderei. Se il tondo è piccolo lo percepisco, ma se è ampio … Attraverso il movimento delle macchine che girano, se tu per esempio senti una macchina che ti passa dietro, poi ti gira di fianco, poi ti passa avanti e poi te la risenti passare di fianco capisci che ha fatto un percorso rotondo. Quindi supponi che tra te e la strada c’è qualcosa di rotondo su cui tu sei in quel momento e 185 intorno a cui passano le macchine. arrotondato‐
angoloso Cristian 1a) Sì.
1b) Arrotondato il mobile che ho qua dietro, un albero, che è rotondo; angoloso può essere il tavolo, un’aiuola quadrata. La sim del telefonino è mista, arrotondata e angolosa. Un palo può essere arrotondato. 1c) Attraverso il tatto. Col bastone, anche, sento una cosa arrotondata, oppure un’aiuola. L’uso del bastone è già una strategia: mi dà un’immagine di quello che sto sentendo. E poi implica di fare determinati movimenti per poter capire. Adesso poi c’è un bastone – costa un sacco di soldi – che attraverso le vibrazioni che senti nelle mani ti fa evitare gli specchietti dei camion, e le cose che non puoi sentire col bastone. Comodo. arrotondato‐
angoloso Emanuele 1a) Sì.
1b) Arrotondato una palla, un pallone, il sole. Il canestro. Una vasca di idromassaggio. Un lavandino, sì, potrebbe essere arrotondato. Un rubinetto, anche. Un profumo. I tasti della mia tastiera Braille. Sull’angoloso invece è un po’ un casino. Uno spigolo, dove di preferenza vado a sbattere. 1c) Come esperisci che il sole è tondo? La dimensione la esperisco col tatto. Con le mani per quanto riguarda gli oggetti. Per quanto riguarda le cose angolari è la testa. Il tatto inteso come testa. Per l’arrotondato le dita sono fondamentali. Anche qui i piedi: camminando circolarmente in un posto ti puoi rendere conto. Anche la voce potrebbe essere: se tu giri attorno a una certa cosa, anche con la voce – è un po’ più difficile – puoi anche renderti conto. Il suono come arrotondato no, e nemmeno come angoloso. arrotondato‐
angoloso Emilio 1a) Sì.
1b) Rotondo è un cerchio. La base del monitor del computer. Vari portacenere. I piatti sono tondi. Ho un 186 servizio quadrato che go comprato alla Coop, però non l’ho mai usato. Non l’ho usati perché sono come gli anziani: una cosa nuova e bella lasciala lì che capiterà l’occasione. L’angoloso che mi viene in mente è il fatidico angolo di 90°: lo esperisco in un angolo di un tavolo. I tavoli, i mobili. I muri no: per me il muro è alto e largo, non ha un angolo. Dove si incrociano sì. Il muro è una cosiddetta parete, alta e lunga. 1c) Io, come le persone, me le immagino con una certa fisionomia, con quella faccia, con quel viso, che poi non sarà così. Di fronte a un oggetto nuovo, o a cena in un ristorante, appena mi siedo tocco il tavolo. arrotondato‐
angoloso Giulia 1a) Sì.
1b) Angolosa è una stanza. L’autobus quando la le curve. A Tirrenia c’è una struttura alberghiera adattata per i non vedenti che, essendo rotonda, non so mai esattamente in che punto sono, e che oltretutto è anche insonorizzata. L’autobus quando fa le curve. 1c) Se è un tavolo col tatto, se no col bastone o plantare. arrotondato‐
angoloso Lucia 1a) No
arrotondato‐
angoloso Roberta 1a) Sì. 1b) Ne ho un’esperienza proprio sulla mia pelle. Guarda: noi avevamo questo tavolinetto qua alle spalle che prima era rettangolare come questo. Dopo avere preso delle botte tremende nelle tibie negli angoli abbiamo deciso di prenderlo rotondo. Come esempio il tavolo. Un mobile. Anche una piazza. Arrotondato è una cosa più morbida; angoloso è una cosa che, a livello così… 1c) Fai il giro della piazza e ti rendi conto se è rettangolare, oppure tondeggiante. Il solito tatto per il tavolo e per le cose piccole. arrotondato‐
Simone 1a) Sì, la condivido.
187 angoloso 1b) Per esempio una cosa arrotondata è una mela. Invece una cosa angolosa possono essere gli angoli della casa, il tavolo che ha gli angoli, oppure la palla, che è arrotondata. Di spigoloso c’è lo spigolo nella mia soffitta. L’arrotondato mi orienta, perché gli spigoli sono un po’ fastidiosi. 1c) Secondo il tatto e anche un po’ secondo il corpo. I suoni nessuno. arrotondato‐
angoloso Vincenzo 1a) Sì
1b) arrotondato è il tavolo di casa mia. L’ho voluto senza spigoli proprio perché così non ci inciampo.arrotondato è il pallone, ma anche le palline dell’albero di natale. Le ho messe in ordine pochi giorni fa in garage.arrotondato è anche il viso. 1c) con il tatto di sicuro, se sono oggetti. Se no con il corpo camminandoci e con i piedi senti se il percorso è arrotondato Dimensione Soggetto Report 4
1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? aperto‐chiuso Alessio 1a) Sì
1b) Una porta. Una valigia. Un ombrellone. Un cassetto. Un comodino. Uno spazio aperto o chiuso. Il terrazzo della mia casa è uno spazio aperto. Spazio chiuso è la camera. 1c) Col tatto, come esplorazione manuale. […] Molto si usa il tatto. Metti le mani avanti per capire se una finestra, una porta è aperta o chiusa. Mani e braccia. Il bastone sì, ma non in casa. Però al supermercato per esempio bisogna che lo usi. Puoi trovare uno spazio più chiuso, o più aperto, quando vai agli scaffali, dove 188 ci sono spazi stretti. Anche l’udito si usa molto. I suoni? Se fai un urlo sul terrazzo sarebbe uno spazio aperto, e questa è una strategia. Li senti i suoni: senti le macchine, senti tanti suoni che arrivano, e quelli mi danno la percezione se sono all’aperto o al chiuso. L’udito per noi è fondamentale. Gli odori nell’aperto‐
chiuso no. aperto‐chiuso Claudia 1a) Sì.
1b) Subito in una stanza con una porta aperta o chiusa. Però aperto o chiuso è tutto. Aperto o chiuso è anche uno spazio ampio, che è aperto, oppure uno spazio chiuso, una anche se è aperta ti porta dentro uno spazio chiuso. Un cortile tra tanti palazzi è uno spazio chiuso. Un campo è uno spazio aperto. 1c) Udito, tatto. Strategia esplorativa: nel caso dell’udito è automatica. aperto‐chiuso Cristian 1a) Sì.
1b) Il cancello del parcheggio dove lavoro può essere aperto, spalancato, oppure chiuso, oppure a metà. Un cassetto può essere socchiuso nel senso che ci può passare qualcosa di piccolo, oppure c’è la porta che può essere… Una sbarra può essere chiusa o aperta. 1c) Io lo percepisco o col bastone oppure sentendo con le mani quanto spazio ho. Anche col mio corpo. aperto‐chiuso Emanuele 1a) Sicuramente.
1b) Un libro, una porta, un astuccio, una mano: li puoi aprire e li puoi chiudere. Anche le orecchie pero: le puoi tappare. La cornetta. La bocca: ogni tanto potrei tenerla chiusa. Anche gli occhi: noi non vedenti dicono che li teniamo chiusi. Io li tengo aperti, però, non so perché. 1c) Le mani – il tatto è sempre importantissimo ‐. La bocca. La porta come la percepisco? Quando è chiusa 189 c’è quiete. Forse il silenzio è importante. Quando la porta è aperta conta il rumore. aperto‐chiuso Emilio 1a) Sì. 1b) La porta. Una piazza aperta, uno spazio aperto. Chiuso uno stanzino, un ascensore, un bagno, tutto quello che ti limita, insomma. 1c) Qui entra in gioco l’udito. La grandezza o meno di uno spazio aperto o chiuso lo delimiti sicuramente con l’orecchio. Con le mani puoi andare a tastare per conoscere una stanza se è grande o piccola, però con l’orecchio delimiti la grandezza di uno spazio. Io se sono in mezzo a una piazza che non c’è nessuno nessuno, e nessun rumore, sicuramente i limiti dell’ampiezza li capisco. Sbaglierò qualche metro. Poi se passa una macchina potresti dire: mi sono sbagliato, la facevo più grande. Il ritorno del suolo. Non il tempo che ci mette un motorino ad attraversare la piazza, non il tempo. O forse sì. Volendo. Non avevo fatto caso che si determina il tempo. Io mi baso sul suono. aperto‐chiuso Giulia 1a) Sì.
1b) Porta, scatola, armadio. 1c) Udito, tatto. Strategia se ci sono aperture o posti più ampi… le solite cose: movimento plantare, percezione corporea. aperto‐chiuso Lucia 1a) Sì.
aperto‐chiuso Roberta 1a) Sì.
1b) La finestra, il recipiente, la porta, un passaggio comunque. 1c) Secondo il tatto chiaramente, se è un oggetto, o anche una finestra o una porta. Queste anche con 190 l’udito: io qui mi posso rendere conto anche se non la vedo però in un ambiente se c’è una finestra o chiusa sento dall’accesso dei rumori da fuori. Anche dall’aria che arriva, certo. aperto‐chiuso Simone 1a) Sì.
1b) Le mani: se sono così sono aperte, se sono così sono chiuse. Oppure aperto o chiuso può essere un buco; perché anche i buchi… anche le buche possono essere sia aperte che chiuse. Questa esperienza qui è infinita, perché tutte le cose possono essere aperte o chiuse: la porta, la serranda, il cancello, la finestra, i supermercati, i negozi, le farmacie. Altro aperto o chiuso: vai in un poso e quando senti un buon odore vuol dire che è stato aperto per diverso tempo; invece se senti un cattivo odore vuol dire che ha odore di chiuso perché il posto è stato chiuso per molto tempo. Spesso succede che anche le vie dove abitiamo noi le chiudono per lavori; te ne accorgi perché tutto in una volta ti accorgi che non passi, senti come un muro senza sapere il perché. Aperte o chiuse possono essere le orecchie, perché adesso non mi succede più, ma quando ero piccolo mi succedeva sempre che mi si chiudevano le orecchie, ma in un modo cattivo che per aprirle mi toccava andare a stapparle dal dottore. E poi ovviamente gli occhi: ci si accorge benissimo di quando sono aperti e quando sono chiusi. Soprattutto quello di cui mi sono operato succede che di sera quando vado a dormire mi si chiude da solo: mentre di solito gli occhi si chiudono addormentandosi, invece quello si chiude proprio da solo. Anche prima che andassi a operarmi mi accorgevo che quell’occhio era chiuso perché non passava più l’aria. 1c) Queste esperienza attraverso il tatto l’l’udito e il corpo. Una porta se è aperta o chiusa mi accorgo soltanto se la tocco o se ci vada a sbattere. Oppure la sento chiudere quando è aperta, quindi dal rumore. aperto‐chiuso Vincenzo 1a) Sì.
1b) aperta o chiusa può essere la finestra. Se è aperta devo stare attento che l’anta sia proprio tutta aperta perché altrimenti quando mi alzo ci vado a sbattere. Il telefono può essere aperto o chiuso e poi la porta. 1c) con il tatto se è il caso dei barattoli o di oggetto piccoli. Per la porta con l’udito come suono ma anche come percezione dello spostamento di aria. 191 Dimensione Soggetto Report 5
1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? semplice‐
complicato Alessio 1a) Sì
1b) Semplice può essere il percorso che faccio dall’autobus al lavoro. Lo percepisco semplice perché è un tragitto in cui non ci sono tante curve, è tutto dritto: c’è solo uno spazio in cui bisogna stare attenti nell’attraversamento. Uno spazio complicato per me è il supermercato. Il percorso interno alle grotte è complicato, ci sono gli scalini, bisogna abbassare la testa… Dipende che supermercato è. L’anta di un mobile è un oggetto semplice. Complicato è mettere su le applique e il sifone del lavandino. Il sifone se non stai attento a smontarlo c’è caso che si rompe e che allaghi tutto. La sua forma è particolare. 1c) Il percorso tramite il bastone. E poi il tatto. Mani. Corpo. semplice‐
complicato Claudia 1a) Sì
1b) Un oggetto irregolare, che ha una forma strana. Oppure un mobile fatto a mensole dove le mensole non sono simmetriche una sotto l’altra, ma magari sono un po’ scalate. Una comincia dove l’altra finisce. 1c) Giulia ha fatto l’esempio del palazzo: il palazzo non è che lo tocchiamo. In quel caso il movimento del corpo. semplice‐
complicato Cristian semplice‐
complicato Emanuele 1a) No.
1a) Sì, sicuramente.
192 1b) Un oggetto semplice è il lettore cd: ci sono pochi bottoni. Una cosa semplice può essere una bicicletta: ruote, manubrio, pedali, così. Un registratore a cassetta. Anche la barra Braille mi sembra semplice. Complicato è il computer. Le cose complicate mi spaventano. La chitarra, che so suonicchiare, è tra il semplice e il complicato. Il cellulare è complicato: quando c’è un sacco di nozioni da imparare… Una cosa semplice e bellissima è il giradischi: strumento meraviglioso. Il televisore è semplice, la calcolatrice è semplice. Come spazio da qui al bagno vado facilmente: è semplice. In uno spazio maggiore, da qui al bar, è più complicato: ci sono vetrate, ostacoli… Spazio complicato è attraversare una strada. Non è solo un giudizio: è complicato proprio come spazio di attraversare la strada. Perché non ho punti di riferimento. Questo è fondamentale: avere punto di riferimento. 1c) Le mani, sempre con entrambe le mani; anche i piedi. Quando suono tengo la chitarra sulle ginocchia, ho un plettro. E’ un modo personale. semplice‐
complicato Emilio 1a) Sì.
1b) Semplice può essere una strada dove non ci sono ostacoli; complicato quando ci sono: colonne, per esempio, che devi stare più attento. Un oggetto semplice è a casa mia. Chiaro che a casa mia io conosco tutto a menadito e lì mi muovo in piena autonomia. Un oggetto semplice non mi viene: è tutto semplice quello che conosco. Una difficoltà con un oggetto ce l’ho con l’informatica: l’ultima volta con un registratorino MP3; ma lì non è una difficoltà dell’oggetto: la difficoltà è per il fatto che uno non sa come funziona. 1c) A livello corporeo. Quando devo fare un percorso abituale e ci trovo un oggetto insolito, quello mi mette in difficoltà, non tanto per la difficoltà del percorso, ma una difficoltà che fa parte proprio di me stesso . Diventa complicato non un oggetto particolare, ma quello che esce dalla normalità. Situazioni sì, oggetti no. Non lo so dire come mi entra l’esperienza del semplice‐complicato. semplice‐
complicato Giulia 1a) Sì
193 1b) La forma di un palazzo: se il palazzo è rettangolare è semplice: se ha una forma rientrante già è complicato. Oppure i mobili molto elaborati: una mensola più lunga una un po’ più corta. 1c) Tattile. Condivido quello che dice Claudia. semplice‐
complicato Lucia semplice‐
complicato Roberta 1a) Sì
1a) Sì. Dimensione blanda.
1b) Un sentiero in montagna, un percorso. Una passeggiata per un sentiero di montagna può essere semplice o complicata. Altri non me ne vengono. Oggetti? Cos’è un oggetto semplice? 1c) Il sentire o essendo sul posto, col corpo. Ci vado. semplice‐
complicato Simone 1a) Ah, questa sì!
1b) Partendo dal semplice: questo oggetto che ho in mano adesso, ossia la gomma; oppure il tavolo; oppure è semplice lo stereo. Invece le cose complicate sono i muri, toccare gli animali – perché, vedi, con gli animali bisogna essere molto precisi, ossia bisogna accarezzarli bene per far capire che gli vuoi bene. Un’altra cosa complicata è toccare le persone, perché anche toccare le persone non è che sia sempre proprio facile, perché devi proprio accarezzarle con tutta la mano morbida e aperta. Poi ci vuole un po’ per capire come sono fatte. Io ho imparato solo adesso: io ho imparato solo a teatro a fare così perché se no te vedi, la mia storia non la sai ma io per riuscire a usare le mani bene ci sono volute le mani e i piedi delle altre persone. In quanto non vedente, ovviamente. Le mani per noi non vedenti sostituiscono gli occhi. Io facevo Desdemona che accarezzava Cassio. Non ho l’abitudine di toccare gli amici. Certo, ci sono anche altri sensi che possiamo utilizzare, per conoscere le persone. Tu dalla voce mi sembri bassa e magra. 1c) Secondo il tatto e anche secondo l’udito, perché altre esperienze di semplice‐complicato che mi sono venute in mente adesso: semplici sono i rumori delle 194 macchine e tutti gli altri rumori del mondo; complicato sono i rumori degli insetti: non posso sentire il ronzare, non lo sopporto. semplice‐
complicato Vincenzo 1a) Sì
1b) sono molto abitudinario e gli oggetti che uso per me sono tutti semplici. La macchina del caffè è semplice se si lascia in ordine. A casa non ho strumenti complicati.lo stereo è semplice. Un oggetto complicato è il fax perché ne hanno preso uno che è pieno di pulsanti che non mi fanno districare. Le rotatorie sono complicate. Se debbo andare di sotto dove c’è il deposito è complicato perché debbo passare fra i cartoni. 1c) per gli oggetti il canale è il tatto.negli spazi complicati il corpo e la percezione plantare Dimensione Soggetto Report 6
1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? immobile‐mosso Alessio 1a) Sì
1b) L’armadio è immobile. Sta lì, fisso. Mosso :la macchina. Il mare. Una barca. Il vento. 1c) Sento che il mare è mosso dall’udito, anche da lontano. Anche le macchine con l’udito. L’armadio col tatto. Una barca che si muove la sento con il corpo, che comincia a dondolarti e senti che sei in movimento. Il movimento dell’aria sì, anche la direzione del vento. immobile‐mosso Claudia 1a) Sì
1b) In posti molto affollati la folla in movimento è la percezione massima del mosso… La percepisco al 195 supermercato. All’inaugurazione dell’Ikea. La fiera. Falsa la percezione dello spazio: ho fatto come esempio l’Ikea perché è uno spazio molto grande: quando è pienissimo di gente che non ti giri, e quando non c’è nessuno in mezzo alla settimana. Quando è vuoto senti proprio quanto è esteso lo spazio. Uno spazio immenso. La folla in movimento riduce lo spazio. Il mare. 1c) Uditivo, e anche il canale tattile: il corpo più che altro. Che sia il mare mosso o la folla in movimento lo senti con il corpo. Se sei in mezzo alle onde quelle ti spostano. Percepisci che ti stai muovendo e che il mare è mosso. Anche la macchina: se sei dentro percepisci il movimento che si riflette anche sul corpo. Così la folla in movimento: le persone che passano vicino sfiorano un corpo, toccano urtano. Più che altro non uso una particolare strategia: viene naturale. Poi dove serve, nell’autobus ad esempio, so che quando c’è quel certo curvone sono vicino alla fermata, lì una strategia l’adotto: aumento la concentrazione per cercare di individuare proprio la curva e quindi il momento giusto per scendere. Però è sempre la stessa strategia, ed è naturale: la adotti quando serve. immobile‐mosso Cristian 1a) Sì.
1b) Il mare. Una macchina che passa è mossa. Un lampione è immobile. Una persona può essere immobile, e si può anche muovere. Un uccellino piò essere mosso, che vola. Un cavallo può essere immobile o si muove. 1c) Il tatto e l’udito. Percepisco il suono che si allontana o si avvicina. immobile‐mosso Emanuele 1a) Sì.
1b) Immobile è il mio telefono. La porta. Un chiodo è immobile. Un letto. Una finestra. Termosifone. Mosso un cellulare. Un telecomando. Una sedia. Il mare è immobile. Immobilissimo. Le onde. La sabbia è immobile e mobile. 1c) Il tatto, le mani. Cerco se è liscio o ruvido. Pesante e leggero. Sottile e spesso. Dal cigolio della porta 196 sento, quindi anche l’udito. Per il mare l’udito: il mare è come un bravo cantante: a volta arrabbiato, a volte tranquillo. Per l’onda è l’udito. Anche l’odore del mare. Aspro. L’acqua salata. immobile‐mosso Emilio 1a) Sì.
1b) Immobile è un palazzo. Una casa. Mosso è un motorino quando lo muovi, quando sposti un oggetto, quando una persona davanti a te si sposta. Il mare. Il mare mosso è la prima cosa… 1 c) La conoscenza. Sai che il palazzo è immobile. Non è che lo tocchi per sapere che è immobile. Il mare sai come è perché l’hai vissuto, perché ci sei stato, sai che si muove, il mare mosso, sono tutte cose percepite come esperienza. immobile‐mosso Giulia 1a) Sì
1b) Il traffico. Immobile è un palo, un lampione, un albero, qualsiasi oggetto che stia fermo. Il mare. Lo percepisco dal movimento delle onde. 1c) Uditivo. E il corpo. immobile‐mosso Lucia 1a) Sì
Roberta 1a) Sì, perfettamente.
immobile‐mosso 1b) Nello spazio una casa, immobile. Un albero, immobile. Mosso qualcosa che si muove, una macchina, una persona che cammina, il movimento. In casa il mobile può essere mobile. Una porta che si apre e si chiude. 1c) Il tatto c’è sempre. Una perdona che cammina la percepisco con l’udito: parla e questo mi serve per identificare che c’è una persona che sta camminando. 197 Una macchina che passa ugualmente la sento. Per il movimento dunque è l’udito. Non solo: a volte percepisci non dico spostamento d’aria ma un qualcosa di indefinibile. Strategia no. immobile‐mosso Simone 1a) Sì.
1b) Immobile possono essere il tavolo, il tavolino, il divano; oppure la macchina quando è ferma, la televisione. Il mosso: il mare, la terra quando c’è il terremoto; anche noi siamo mossi, i giochi della sala giochi, l’aereo… 1c) Immobile con il tatto e con il corpo; il mosso più che altro con il corpo; e anche con l’udito: il mare, la macchina li percepisco con l’udito. Così l’aereo, così i giochi della sala giochi. Immobile‐mosso Vincenzo 1a) Sì
1b) immobili sono gli oggetti, i mobili della stanza, le persone posso stare immobili, oppure si muovono. La macchina è mossa, gli animali possono essere immobili o mossi 1c) con il tatto e con l’udito Dimensione Soggetto Report 7
1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? simmetrico‐
asimmetrico Alessio 1a) No.
simmetrico‐
asimmetrico Claudia 1a) Sì.
1b) Qualsiasi situazione in cui sei davanti a un tavolo, già la posizione in cui ti trovi… Oppure su una scrivania com’è posizionato un libro, un quaderno rispetto magari al tavolo, se sono in posizione simmetrica. Lo faccio spesso quando sono al lavoro al centralino: 198 metto la tastiera del computer o in maniera obliqua oppure simmetrica rispetto alla scrivania. Oppure il display‐Braille. Non mi sottrae attenzione, è una cosa che faccio distrattamente. E’ un gioco, come uno che scarabocchia con la penna. Io lo sperimento forse più sul piccolo. Simmetrico‐asimmetrico più sulle cose che tocco con le mani in maniera immediata. Come quando ripiego una maglia. Piuttosto che su un percorso per strada, supponiamo, e sull’orientamento in sé. Se faccio un giretto intorno al palazzo ci devo lavorare per capire se è simmetrico o no. 1c) Più che altro il tatto. Il mezzo auditivo non riesco a metterlo in relazione con simmetrico‐asimmetrico. Esplorazione manuale per i piccoli oggetti, un giro intorno per gli spazi. simmetrico‐
asimmetrico Cristian 1a) Sì.
1b) Le due pareti del corridoio sono simmetriche. I cassetti di una scrivania sono simmetrici. Anche il manubrio della bicicletta. Nel mio corpo le mie mani sono uguali, quasi; poi Il mio viso lo percepisco simmetrico, parte destra e parte sinistra. Il petto è asimmetrico, nel senso che da una parte mi sembra di essere più gonfio, dall’altra meno. Asymmetrici sono i due bicchieri che erano qui prima, uno più piccolo e uno più grande. 1c) Solo attraverso il tatto. Il suono mi da solo la percezione del grande e del piccolo, non del simmetrico‐asimmetrico. simmetrico‐
asimmetrico Emanuele 1a) Lo condivido ma… forse è una cosa che utilizzo di meno. 1b) L’equilibrio, direi. Inteso come una cosa simmetrica. Le rime baciate. Oggetti: i puzzle sono simmetrici. Possono essere anche asymmetrici. L’incastro. I numeri pari. Voci all’unisono: questi sono esempi di asimmetrico. Asymmetrici sono i numeri dispari. 1c) Esperisco col tatto, le mani; e poi… la voce, anche, sicuramente. Il corpo sì, anche il corpo. Quando ci si muove, il movimento. Strategie sì: prendo una cosa 199 nelle mani e vedo se quella cosa è come la pensavo io o è diversa. Combaciare. simmetrico‐
asimmetrico Emilio 1a) Sì.[ Ma poi No perché non sa andare oltre l’approccio cognitivo] 1b) Tutto deve essere simmetrico. Glielo dico sempre: tutto deve essere ordinato. Simmetrico è come ordinato. Lo sovrappongo a ordinato‐disordinato. simmetrico‐
asimmetrico Giulia 1a) Sì.
1b) Un palazzo con portici: se stai facendo un giro intorno a qualcosa fai caso se è simmetrico o no. Ci devi lavorare per capirlo ma alla fine è più utlile lì che con le cose piccole. Dopo quando uno si è fatto una mappa dello spazio, allora la relazione tra due vie, una piazza, in maniera simmetrica ti fa localizzare, dopo averlo esperito, i negozi all’interno di questo spazio. Però non è immediato, nel senso che… 1c) Tramite il canale uditivo , il corpo e il tatto. simmetrico‐
asimmetrico Lucia 1a) No
simmetrico‐
asimmetrico Roberta 1a) Sì, però no, non mi… no. Non saprei. simmetrico‐
asimmetrico Simone simmetrico‐
asimmetrico Vincenzo 1a) No
Dimensione Soggetto Report 8
1a) No, questo non lo condivido.
1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? 200 regolare‐
irregolare Alessio 1a) Si può anche condividere, volendo. 1b) Mi è capitato quindici giorni fa di camminare sul pavimento di casa nuova e capire tramite le piante dei piedi, insomma il tatto, che c’era qualcosa di irregolare sul pavimento: le mattonelle che sfalsavano una dall’altra. Regolare è anche come ha parcheggiato una macchina. Può essere anche irregolare. Può essere anche il suono della sirena regolare o irregolare. L’abat‐jour che abbiamo messo ieri sera era irregolare. 1c) Il pavimento irregolare tramite le piante dei piedi, insomma il tatto. L’abat‐jour con il tatto. La macchina toccandola capisci se è in linea con l’altra, se è dentro il parcheggio, se è fuori, se è storta… La correttezza del parcheggio con il corpo. anche , e la sirena con l’udito. Non strategie particolari. regolare‐
irregolare Claudia 1a) Sì
1b) La prima cosa che penso sono i percorsi. Quelle scale antipatiche distanziate tra loro: alcune erano distanziate in modo uguale, altre erano più lontano: una situazione di irregolarità che le rende scomode. Oppure le scale a chiocciola dell’Unione. Molto legato allo spostamento nell’ambiente: si presta più attenzione alla regolarità delle scale. I rumori no. A casa ho delle mensole che sono posizionate in modo irregolare, una un po’ più sopra una un po’ più sotto a scalare. 1c) Sempre col tatto. Gli scalini sentivo come li facevi tu. Se no col bastone. Oppure col cane: mette le zampe anteriori sullo scalino in modo che tu ti accorgi dell’altezza; poi quando gli dai l’ok il cane va avanti e lo scalino successivo fa la stessa cosa. Invece le scale in discesa il cane si ferma proprio, tu metti avanti il piede in modo che senti la profondità, lo stesso gli dai l’ok e lui va avanti. Col bastone lo mandi avanti rispetto a te. Fai un movimento oscillatorio e con quello cerchi anche la larghezza. regolare‐
irregolare Cristian 1a) Sì.
1b) Gli oggetti possono avere forma irregolari. I suoni 201 possono avere modulazioni regolari. Una canzone, un rumore. Un aereo fa un rumore regolare. Molto forte. Una zolla di terra ha una forma irregolare. Una lattina schiacciata, irregolare. 1c) Attraverso il tatto e l’udito. Strategia è l’attenzione. Colgo la forma dell’oggetto esaminandolo. regolare‐
irregolare Emanuele regolare‐
irregolare Emilio 1a) Qui è difficile. No, non la condivido. 1a) No. E’ una qualità dello spazio che non riconosco. 1b) Non ti so dire. So benissimo cos’è regolare o irregolare, ma è troppo semplice. 1c) Una forma regolare o irregolare la percepisci sol tatto, questo è chiaro. Se è un oggetto lo fai con il tatto, se è uno spazio lo fai con l’orecchio. regolare‐
irregolare Giulia 1a) Sì.
1b) La forma di una stanza oppure la pavimentazione di un marciapiede. I mobili quando sono posizionati in maniera irregolare rispetto allo spazio. 1c) Tatto. Col bastone per le scale in discesa cogli la profondità e ti regoli. regolare‐
irregolare Lucia 1a) No
regolare‐
irregolare Roberta 1a) No. Regolare è – mi viene in mente di dire – qualcosa di simmetrico, che però sul piano percettivo non mi arriva. regolare‐
irregolare Simone 1a) Sì
1b) Per quanto riguarda il regolare sono i temporali 202 che ha fatto questo inverno, il gelo, la neve; oppure regolare è l’acqua del mare, o l’acqua della piscina. Invece per quanto riguarda l’irregolare sono le piogge di questo periodo, perché sono durate un attimo poi hanno smesso. Poi può essere l’acqua della doccia, o l’acqua della vasca. La pioggia quando sento un gran rumore vuol dire che è regolare; invece quando non sento un gran rumore vuol dire che è irregolare. 1c) Attraverso il tatto, l’udito e anche un po’ il corpo. regolare‐
irregolare Vincenzo 1a) Sì
Dimensione Soggetto Report 9
1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? concavo‐convesso Alessio 1a) No.
concavo‐convesso Claudia 1a) Non è di importanza fondamentale. No. O che ho un buco nella conoscenza di concetti come concavo‐
convesso… Ma anche di questa stanza qui non mi verrebbe di dire concava. A me viene in mente lo stesso che dicevamo di girare intorno a un isolato, però no, non è concavo‐convesso. Se a un certo punto c’è una rientranza teoricamente potrebbe rientrare tra le cose concave, però non lo sento così: dico: qui c’è un vuoto, non un concavo. E’ un po’ come completo‐
incompleto: si assomigliano molto. concavo‐convesso Cristian 1a) Sì
1b) I dossi che sono sulla strada sono convessi. I meccanici li adorano, noi no. Convesso è un pallone. Concavo un portacandele. La rampa dello skate. 1c) Con il tatto. La rampa dello skate si sente anche col 203 tatto. Appena l’ho vista l’ho conosciuta con le mani; poi col corpo. Nessuna tecnica particolare. concavo‐convesso Emanuele 1a) No. concavo‐convesso Emilio 1a) So benissimo i termini. Ne hai fatto esperienza senza neanche accorgerti. Ma se devi dire a cosa lo potresti assimilare non lo sai. Non è importante. concavo‐convesso Giulia 1a) Non tantissimo. No. L’unica volta in cui si potrebbe esperire è discesa‐salita col plantare o a livello acustico se c’è uno spazio vuoto. Ma questo non lo percepisco come concavo‐convesso: lo percepisco come vuoto‐pieno. Non è che non lo esperisci, ma non gli dai peso perché nelle cose piccole non ti serve; nello spazio grande non ha rilevanza. E’ un po’ come completo‐incompleto. concavo‐convesso Lucia 1a) Sì
1b) se tengo la mano semichiusa, la parte dentro o fuori è concava o convessa. Il piatto se lo metto capovolto è convesso, il diritto è concavo. 1c) con il tatto, solo con l’esplorazione manuale. concavo‐convesso Roberta 1a) No, non è un’esperienza che mi serve, che vivo… concavo‐convesso Simone 1a) No, questa no.
concavo‐convesso Vincenzo 1a) Sì
1b) il secchio, la tazza 1c) con il tatto Dimensione Soggetto Report 10
1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? 204 completo‐
incompleto Alessio 1a) Questa sì.
1b) Il montaggio di un oggetto. Della staccionata: non avevamo preso tutti i pezzi. La staccionata è rimasta così. Imbiancare la parete. Il nastro di una cassetta che si interrompe quanto uno parla 1c) Se passi le mani sulla parete lo capisci se l’imbiancatura è completata. Senti anche dall’odore della vernice dove l’hai data e capisci dov’è. Per il montaggio di un oggetto è il tatto. completo‐
incompleto Claudia 1a) No. In termini spaziali no. Allora più i termini di concavo‐convesso., in termini di spazio aperto o chiuso. Se sei in una sala d’attesa se ci sono posti o se sono tutti occupati non abbiamo percezione d’insieme e li dobbiamo passare uno alla volta. La cosa è più esperibile come pieno‐vuoto però comunque noi non abbiamo la possibilità di esperire se c’è un posto libero oppure no. Però se si tratta di sapere su una confezione di medicine, quelle tavolette con dentro le pillole: lì una che manca, completo o incompleto quello te ne accorgi. Nel cartone dei succhi di frutta c’è uno spazio vuoto, dunque mi accorgo che è incompleto. Ma sono cose piccole. E poi non direi “incompleto”: direi più sul pieno‐vuoto. Mezzo vuoto. completo‐
incompleto Cristian 1a) Sì. 1b) Un piatto tagliato in due è incompleto. Una canzone può essere incompleta. Una miniatura che non è stata ancora finita. 1c) Col tatto. Con l’udito. Una miniatura toccandola. Se la conosco. Strategia no. completo‐
incompleto Emanuele 1a) Sì. [ma poi è no]
1b) Un frigorifero può essere completo: completo di cose da mangiare. Incompleto non mi viene in mente niente. E’ una cosa che non mi appartiene. Lo lascerei perdere. 205 completo‐
incompleto Emilio completo‐
incompleto Giulia 1a) Difficile. Conosco i termini ma non lo so. 1a) No. Un parcheggio nel senso se ci sono posti occupati oppure è pieno? Ma quello noi no. In una sala, in un cinema noi cogliamo pochissimi l’insieme: giusto se ci sono rumori, se battono le mani, allora puoi capire se è affollato o no; ma mai se è completo. E comunque ricade nella proprietà pieno‐vuoto. Non c’è una modalità diversa rispetto ai vedenti di esperie completezza e incompletezza perché non possiamo arrivare ad avere la percezione della globalità e della completezza. La globalità è più visiva. completo‐
incompleto Lucia 1a) Sì
completo‐
incompleto Roberta 1a) Sì.
1b) Completo per esempio nel fare un percorso, nel compiere un tragitto: se arrivo alla fine ho completato il tragitto. Negli oggetti boh, non mi viene. Non saprei. Se io ho un blister di pastigliette non mi viene di dire che è completo o incompleto: è vuoto o pieno. Non dico: questo lo butto via perché è completo. Mentre per concavo‐convesso la trovo una cosa più astratta di cui non faccio esperienza, di completo‐incompleto sì, la farò, però adesso non mi viene… 1c) Non trovandone un esempio è difficile… mi viene in mente quando facevo un corso di estetica lì al Museo Omero e ci facevano fare dei lavori tipo con Das, e mi ricordo che avevo fatto una sorta di maschera che era particolare, ti rendi conto se è completa o incompleta quando hai finito di farla, quindi col tatto. Completo per me è una cosa che è finita. Nel caso del tragitto invece col tutto il corpo. completo‐
incompleto Simone 1a) Sì.
1b) Una piada completa, un piatto completo pieno di cibo, oppure tipo la gomma completa, nel senso che adesso l’ho ridotta incompleta. Oppure la famiglia completa, oppure il foglio completo quando è tutto scritto oppure quando non è scritto per niente. Invece per quanto riguarda l’incompleto tutto quello che ho detto però l’opposto. Quando la gomma è sminuzzata oppure quando la piada è metà e non è tutta intera. 206 1c) Dall’udito per quanto riguarda la famiglia e dal tatto per quanto riguarda tutte le altre cose. completo‐
incompleto Vincenzo 1a) Sì.
1b) un foglio tutto scritto è completo. Un pulmann dove non c’è un posto dove sedersi è completo.la scatola dei cioccolatini quando non ne hai mangiato nemmeno uno è completa, oppure no se ne manca qualcuno. 1c) principalmente con il tatto. 207 208 Report classe posizione
209 Dimensione Soggetto sopra‐sotto Alessio sopra‐sotto Claudia Report 1
1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci. 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? 1a) Sì.
1b) Oggetti sopra il tavolo, una radio, un computer; la pasta, che può essere sopra nel pensile o sotto, nello scaffale. Rispetto a me può essere anche sotto qua, sottola sedia. Sotto le gambe. Sopra può essere da qui, dal torace, e arriva sul soffitto, all’infinito. Anche sopra il cielo. Una voce che mi arriva dall’alto, quella della prete nella processione. 1c) Con in tatto. Le voci con l’udito. Non particolari strategie. 1a) Sì.
1b) Sopra il tavolo, sotto il tavolo. Se sei in una casa non è un’esperienza così precisa. Il sopra‐sotto mi viene di identificarlo in una relazione tra gli oggetti in una dimensione piccola. Sotto e sopra come i piani di un palazzo. Sotto o sopra la sedia. Il sopra e il sotto lo vedi sulle mensole, perché per me è fondamentale che le cose lì si trovino come le ho messe io. Non possono mettere di sotto quello che c’è di sopra. Il sopra massimo è il piano superiore. Basta, non c’è un’altra cosa. Non posso arrivare più su, perché è la cosa che l’udito mi fa sentire. Dopo, se mi vola un elicottero sopra la testa lo sento. Dipende sempre dalla fonte da cui mi arriva l’informazione. Dunque anche il cielo. In assenza di elicotteri o aeroplani no, non percepisco il cielo. Se un giorno le stelle emetteranno un suono, allora sì. E anche il calore del sole, ma niente mi dice che viene dall’alto. Se non lo sapessi per me potrebbe anche venire dalla terra. Basso: il massimo del basso è una volta quando ero piccola che ho lanciato una cosa dentro un pozzo e ho sentito quanto andava giù. Generalmente il mio basso inizia da qualcosa che è più bassa di me; però per me il senso di basso ce l’ho quando qualcosa mi arriva dalla pancia in giù. E finisce sul pavimento. Però se sei a un paino di sopra la percezione di quello che succede al piano di sotto è meno chiara di quanto succede al contrario. Cioè in un piano intermedio il rumore che viene da sopra lo sento, quello che viene da sotto è più difficile secondo me. 210 sopra‐sotto Cristian sopra‐sotto Emanuele sopra‐sotto Emilio 1c) L’udito. E poi il tatto. Non faccio percezione esperta. Particolare strategia esplorativa no. 1a) Sì
1b) Quando sono sulla sedia sono sopra la sedia. Oppure quando sono nel letto sono sotto le coperte. Oppure quanto sono sott’acqua. La televisione è sopra il mobile. Al centralino devo sapere bene dove è posizionato il telefono, se è posizionato al numero giusto. Rispetto al mio corpo dalla vita in su è il sopra, dalla vita in giù è sotto, e arriva fino ai piedi. Ne sono sicuro. Anche sotto i piedi. Dalla vita in su il sopra è fino alla testa; dopo va avanti. 1c) Attraverso il tatto nel sopra e sotto fra oggetti; rispetto a me attraverso il corpo. A volta anche l’udito. Per esempio la voce che sentiamo adesso è sotto: è mia zia che fa casino per dieci. Gli odori non mi orientano fra sopra e sotto. Li uso ma non in modo eccessivo. Per esempio sento delle persone che si avvicinano, allora le riconosco dall’odore. 1a) Sì.
1b) Sopra una mensola. Sotto il tavolo. Sotto un mobile. Sopra il lavandino. Sono sopra il divano, sopra una sedia. Sotto anche per dire che cade la palla e vai a prenderla sotto il tavolo, dove finisce. Sotto il letto anche. E sopra il letto. Il mio sotto sono io piedi. Anche dalle gambe. Il sotto dalla pancia. Sopra la testa, e le braccia stanno più o meno a metà. Per me il sopra può essere infinito. Ma anche il soffitto è sopra. Non lo vedo ma sento quando è chiuso l’ambiente. Il cielo non lo percepisco. E’ molto astratto per me il cielo. Quando sono fuori il sopra è molto astratto. Se sento il sole in quel caso è inteso come sopra. L’aria, la pioggia, la neve. Anche i profumi vengono da sopra. 1c) Con le mani, sicuramente. Anche con l’odore. Col corpo se devi prendere un oggetto che è finito sotto il tavolo. Anche l’orecchio, perché se una cosa ti viene dall’alto la percepisci molto. E anche se viene dal basso. E poi la pelle. La pioggia, il sole. Anche la voce. Importantissima. Strategia sono il corpo e le mani. In realtà è tutto. La prima cosa che noto in una persona è l’odore. 1a) Sì.
1b) Quando vai a riporre le cose negli scaffali: le metti sopra e sotto. Oppure i cassetti sotto e sopra. Tutti gli oggetti che sono posti in qualche simmetria soino sopra o sotto, c’è qualcosa che è sopra, qualcosa che è sotto. Anche i piani di una casa. Rispetto a me non ho nessuna percezione. Solo fra le cose. 211 sopra‐sotto Giulia sopra‐sotto Lucia sopra‐sotto Roberta 1c) Il tatto di sicuro. E poi basta. E’ la conoscenza che conta. Oltre che col tatto non possiamo percepire sopra e sotto. 1a) Sì.
1b) Un oggetto sopra un tavolo, un mobile. Un oggetto che cade sotto una sedia. Oppure un libro che sta sopra o sotto un quaderno. Invece rispetto a me no perché è lontana e quindi non percettibile. Io posso sapere se sopra di me c’è un appartamento e poi sopra ci può essere il cielo, ma sono cose che non percepisco. Io abito al secondo piano e sotto di me c’è un altri appartamento. Io esperisco questo, ma non è una dimensione preponderante. Perciò che sotto di me ci sia una famiglia mi arriva. Il mio sotto rispetto a me inizia dalla sfera plantare. Sotto di me è sotto i piedi. Il mio sotto sta sotto le scarpe. Sopra inizia dalle braccia, mani, spalle. 1c) Udito, corporeità. Il suono. Pressione plantare. Il suono. Anche il tatto: se c’è un palloncino sopra di me lo posso toccare. Le strategie sono sempre le solite. Il bastone lo uso, ma non per sentire sopra. Al massimo sotto di me. Il bastone esplora l’area davanti a me. 1a) Sì.
1a) Sì.
1b) Sopra può essere il piano di sopra. Il cassetto di sopra. Lo specchio sopra il lavandino in bagno. Le mensole in cameretta coi libri, che stanno sopra a quelli dei cd. Sotto gli esempi opposti: l’appartamento al piano di sotto. La cassettiera che sta sotto la scrivania. Una cosa che sta sott’acqua. Non sempre esperibile: qualcosa che sta sotto un’altra ma non si vede. Altre volte una cosa sta sotto un’altra ma si vede. Rispetto a me sopra deve essere più alta di me: se una cosa è più alta di me sta sopra me, alla mia persona. Oppure sopra può essere… E’ un qualcosa che comunque sta sopra. Alto. Forse il mio sopra è rispetto al mio viso. Sotto qualcosa sotto i piedi. Il pavimento. 1c) Con tatto. Per rifarci gli esempi di prima il vicino del piano di sopra non lo vedo, non lo sento, so che c’è e a volte lo sento anche. Con l’udito, certo. A volte so anche localizzare dov’è. Quando arriva la ragazza coi tacchi, di sera, quando rientra, riesco proprio a seguirla passo passo. Sopra la scrivania tranne il tatto o la conoscenza: so già che una cosa è sopra l’altra, ma questo ha a che fare col cognitivo. Anche come propriocezione generale. Il sotto a livello spazio la stessa cosa. sotto invece alla mia persona, se parliamo di pavimento o di strada col contatto dei piedi. La 212 sopra‐sotto Simone sopra‐sotto Vincenzo Dimensione Soggetti davanti‐dietro Alessio percezione plantare non l’ho molto sviluppata perché, non muovendomi da sola e andando fuori casa sempre accompagnata, non faccio molto caso a eventuali… magari c’è qualcuno che sa che dove finisce la strada col breccino [ghiaia] c’è poi la strada da attraversare. Deve fare più attenzione rispetto a me che andando accompagnata sono magari più rilassata. Strategia esplorativa particolare no. 1a) Sì.
1b) Sopra il piano di sopra e sotto il paino di sotto. Vale per tutti i luoghi, negozi, case, supermercati, scuole, palestre, per tutto. Oppure il letto a castello: si può dormire sia sopra che sotto. Oppure i genitori abitato di sotto e i figli di sopra. Oppure anche i pullman o i pulmini possono essere a due piani. Il sotto parte dalle mie ginocchia. Il sopra dalle mie ginocchia in su fino alla testa. 1c) Secondo l’udito, secondo il tatto e un po’ secondo tutto il corpo. 1a) Sì.
1b) per come sono preciso ci sto molto attento al sopra‐sotto. In bagno metto sopra la mensolina del lavandino quello che mi serve tutti i giorni, sotto al lavandino quello che uso di meno. Il rasoio per la barba sopra, sotto il fon. Sopra questo ufficio c’è un altro piano solamente, sotto c’è il deposito. Sopra è dalla spalla in su fino a dove sento un rumore. Sotto per me è sotto i piedi, sotto la pianta dei piedi. 1c) L’udito e il tatto Report 2 1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la esperisci. 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? 1a) Sì
1b) Una macchina davanti alla mia. Quando siamo in movimento per la strada io riesco a percepire se c’è davanti una macchina oppure no. Un oggetto se è davanti o dietro di me: può essere un tavolo, una sedia, un armadio; ma anche una persona. 1c) Col rumore sul vetro si sente la macchina davanti che cammina. Dietro la percepisco, quando è notte, con i fari, con le luci. Un mobile dietro di me col tatto. 213 davanti‐dietro Claudia davanti‐dietro Cristian La persona non col tatto, ma non ti so spiegare nemmeno io come. Vedo dome un’ombra se è davanti. E poi il profumo, anche. Non uso particolari strategie. 1a) Sì
1b) Lo rapporto in un ambiente soprattutto al corpo. Al mio corpo. Però se penso a cose piccole, per esempio su un tavolo, il piatto davanti al bicchiere e il bicchiere dietro il piatto. Se no in un ambiente più grande sento davanti a me il rumore che viene dalla finestra, dietro di me le persone che parlano, quindi chiaramente è centrato su di me nella misura in cui l’ambiente che descrivo è grande. Se parliamo di ambiente davanti‐dietro è rispetto al mio corpo; se parliamo di uno spazio più piccolo come un tavolo, dopo è una relazione fra oggetti. Il mio davanti può essere tutta la larghezza delle braccia o anche di più. Dove arriva l’udito insomma, sentire quel rumore. E’ logico che non senti a duecento metri di distanza come magari vedi. Il davanti per me quando attraverso una strada è fondamentale perché presto attenzione allo spostamento delle macchine. Davanti a casa non c’è il marciapiede, quindi appena uscita di casa il davanti diventa subito fondamentale per non andare sotto una macchina. Dietro no. Anche quello lo sfrutto nei percorsi. A parte le situazioni quotidiane, quando devo attraversare per esempio una piazza, un ambiente ampio , la strada me la devo lasciare sempre dietro le spalle e sto attenta al rumore del traffico dietro le spalle. Però il davanti‐dietro per me a livello di autonomia acquistano proprio importanza nell’ambiente esterno. 1c) L’udito. Oppure il tatto quando ho raggiunto la meta e la sento con le mani, col corpo… Gli odori? Li senti ma non c’è una percezione chiara da dove vengono. Certo, mi accorgo dagli odori, ma non rispetto al davanti‐dietro. L’odore era venuto fuori nel vicino‐lontano; poi dopo non abbiamo più parlato di odori. E poi se il vento cambia direzione… 1a) Sì.
1b) Quando passa qualcosa vicino che non può passare davanti o dietro. Sentire che sta arrivando qualcosa alle mie spalle. Avere qualcuno o qualcosa alle mie spalle. Quando devo attraversare sento le macchine che mi passano davanti. Come relazione fra gli oggetti la spalliera della sedia. Oppure il tavolo, che sta davanti a me, che devo stare attento che sia davanti a me per appoggiarci gli oggetti. Aprendo le braccia: il davanti lo percepisco tutto qua davanti, per tutto il corpo. Anche verso l’apertura delle braccia. Il dietro invece dietro le mie spalle. 214 davanti‐dietro Emanuele davanti‐dietro Emilio davanti‐dietro Giulia 1c) Con l’udito, con l’odore. Nessuna altra sensazione. Il tatto. 1a) Sì.
1b) Dietro di me è la macchina da scrivere. Davanti ci sei tu. Davanti a me c’erano i poster della Scavolini. Oppure la vetrata. Davanti a me inteso come… Aprendo le braccia il davanti è una cosa infinita: il telefono, il registratore, cassette e fogli; dietro di me cassettiera e tavolo. Il muro: dietro di me e davanti a me. Ma dovendo… Davanti e dietro li vedo come cose infinite. Davanti e dietro della maglia, di dietro c’è l’etichetta. In bagno davanti è il dentifricio, dietro di te la doccia… Anche quando pieghi una maglia. In macchina e nel pullman mi piace mettermi davanti. La stampante Braille. C’è una feritoia. Dietro ci sono pulsanti e bottoni. Oppure quando apri un cassetto davanti a te – io ce l’ho pieno di cose… E sono tutte una davanti all’altra. Il termosifone: lo puoi vedere davanti o dietro. Quando suono davanti a me ho la chitarra. A destra suona il bassista e dietro di me sento la batteria. Io sento tutt’uno, ma faccio molto caso al basso. 1c) Sicuramente le mani, il corpo, la voce. I piedi: se tu cammini… 1a) Sì.
1b) I rumori che posso sentire, avanti e dietro. La gamma è vasta: può essere una macchina, un palazzo, che hanno un davanti e un dietro. Una fila di persone avanti e dietro. La processione. Può essere un oggetto anche piccolo. In casa mia ci sono gli oggetti, in casa mia. Il davanti di casa mia è davanti, dove c’è la via, e camera mia che dà sul di dietro. 1c) Con l’udito al 90% senti una persona se è davanti o dietro. Il tatto. Per vedere il davanti e dietro di una macchina ci vuole il tatto. Una volta che allargo le braccia tutto quello che ho davanti è davanti, tutto il resto è dietro. E tutto quello che ho nella punta delle dita è in linea: non è né davanti né dietro. Io visualizzo solo rispetto alla mia faccia, non rispetto alle braccia: sempre alla mia persona. La mia persona mi determina davanti e dietro. Solo la faccia. E’ la mia faccia il punto di riferimento. 1a) Sì.
1b) Un oggetto davanti all’altro, oppure una persona davanti a un edificio; un albero davanti a me. Faccio più attenzione a ciò che è davanti a me; a quello che sta dietro non faccio attenzione, a meno che non sia un rumore assordante o qualcosa di particolare. Con le braccia più o meno l’area della grandezza corporea, 215 davanti‐dietro davanti‐dietro Lucia Roberta forse leggermente maggiore, ma poi si rischia di andare a sinistra, a destra. Lo specchio del mio davanti: il mio torace leggermente [….] 1c) Udito, bastone, o con la mano. Dietro lo stesso. Forse più l’udito, perché quello che ho percepito col bastone ed è rimasto indietro l’ho percepito quando era davanti a me. Gli odori sono importanti ma possono essere anche ingannevoli. Dipende dal vento. Dipende dalle situazioni, in ogni modo. Dietro percettivamente è molto più esteso perché fa parte di qualcosa che magari ho percepito e dunque ne ho una conoscenza maggiore, sia a livello cognitivo che percettivo. Particolare strategia plantare, bastone, tatto e anche udito. 1a) Sì.
1a) Sì.
1b) Davanti è tutto quello che sta di fronte a me. Mentre cammino può essere qualcosa che deve arrivare tra poco. Che conosco già. Se so che a un certo punto del percorso so che c’è un albero, so che fra poso arriverà quell’albero. Oppure un gradino: sta poco più avanti. Forse è più “avanti” che “davanti”. Davanti forse è più circoscritto. Davanti a me in ufficio c’è un collega. Quello che sta davanti a me va oltre l’apertura delle mia braccia. Davanti è tutto quello che noi non vediamo, però è una sorta di percezione immaginaria ce l’abbiamo. Io un pochino vedo. Ma non è che vedo me che cammino per la città: sento me che cammino per la città, che io sono io. Non che vedo una persona e quella sono io. La città la visualizzo. Tu sai che io un pochino vedo quindi mi rendo conto: per esempio una cosa che mi sta davanti quando io cammino per la strada come punto di riferimento è il sole. Allora se io vado a fare una passeggiata per il corso mi rendo conto se sto andando verso il porto o verso il Passetto dal sole. So che il pomeriggio il sole è giù verso il porto: siccome ce l’ho in faccia so che sto andando verso giù; quindi questo è davanti. La mattina è il contrario. E’ un bel punto di riferimento. Lo sento anche dal calore. Davanti è una cosa che mi sta davanti. Lo indicherei non aprendo le braccia, ma pensando a ciò che mi sta davanti. Se davanti c’è un quadro, davanti per me è il quadro. Il dietro è qualcosa che sta alle spalle, che nel contesto di un tragitto è un tratto che ho già percorso, un’esperienza già fatta. In ufficio dietro di me c’è un’altra stanza. Il muro e un’altra stanza. 1c) Nel caso dello spazio a livello corporeo, propriocezione generale; oggetti sul tavolo col tatto: questo sta davanti, questo sta dietro. Partendo dall’esempio dell’ufficio il monitor sta davanti alla tastiera. Quindi lì col tatto. Udito e olfatto no. L’olfatto aiuta molto in cucina. Oppure quando cammino per 216 davanti‐dietro Simone davanti‐dietro Vincenzo Dimensione Soggetti destra‐sinistra Alessio destra‐sinistra Claudia strada e incontro una pizzeria; allora mi si attiva l’immagine del punto in cui sono. 1a) Sì.
1b) Davanti è il davanti della macchina e il davanti di ogni mezzo. Di dietro lo stesso. Oppure tutti i vestiti dal primo all’ultimo. Anche noi abbiamo il corpo sia davanti che dietro. Oppure che davanti a me ci sei tu. Anche una famiglia che abita davanti a casa mia. Se vai nelle macchinine della sala giochi ci sono anche delle macchinine dove quello sta davanti a te oppure dietro di te. 1c) Sempre tatto udito e corpo. 1a) Sì.
1b) qui davanti e dietro al palazzo c’è un bosco che mi piace . il posto davanti o dietro della macchina. Qui davanti ci sei tu mentre dietro c’è la finestra del corridoio. Davanti è tutto quello che sta dentro le mia braccia aperte ma in avanti fino a dove posso toccare o sentire il suono. Dietro per dirti è la finestra ma lo stero [che sta alla sua destra sul fianco] no, non è dietro. 1c) tatto per il davanti principalmente il tatto e il corpo. per il dietro l’udito è fondamentale e il corpo come percezione globale, generale. Report 3
1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la espersici. 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? 1a) Sì
1b) Il rumore di una macchina: capisci se viene da destra o da sinistra. Un’ambulanza. Una persona, sentendo la voce o anche il passo. E poi un oggetto, se è a sinistra o a destra. 1c) Molto l’udito quando sono fuori. La macchina, ambulanza, persona con l’udito. Gli oggetti col tatto. Nessuna particolare strategia. 1a) Sì
1b) Qualsiasi. In ogni situazione. Ogni volta che faccio un percorso. Sopra un mobile ogni cosa sta a destra o a sinistra dell’altra e in un percorso sto attenta se una porta ce l’ho a destra o a sinistra, perché poi so che ritornando indietro quella porta me la devo trovare, rispetto a me, in senso contrario. Destra‐sinistra è importante, come davanti‐dietro. Forse anche più 217 destra‐sinistra Cristian destra‐sinistra Emanuele destra‐sinistra Emilio importante. 1c) Forse ancora più che l’udito il tatto. Quando cammino Mafalda o il bastone. Col bastone fai sempre un arco davanti a te, oscillando il bastone, per cui esplori l’area non soltanto davanti al corpo ma anche un po’ intorno. Per evitare di prendere col braccio da qualche parte. In particolare quando vai avanti col piede destro mandi avanti il bastone verso sinistra, e viceversa. Quando c’è il cane il discorso un po’ cambia perché la destra e la sinistra non le senti a livello tattile, però le senti a livello percettivo perché intanto c’è una percezione quasi della pelle che ti dice che a sinistra c’è un muro, anche se non lo tocchi. E poi c’è il rumore del traffico: se io sento che il rumore del traffico viene da destra è chiaro che il muro ce l’ho a sinistra. La destra e la sinistra sono veramente fondamentali. 1a) Sì
1b) Quando faccio il percorso per tornare a casa so dove devo girare, a destra, a sinistra. Quando percorro il corridoio di casa mia, dove devo girare. 1c) Lo percepisco anche col suono. Non mi indica il fatto che devo girare a destra o a sinistra: mi indica il punto da dove viene, se viene da destra o da sinistra. Tipo al mare, dove c’è rumore a sinistra c’è la spiaggia; a destra che non c’è nessun rumore c’è il mare. Me l’hanno insegnato da piccolo, che se mi fossi perso,di andare dove c’era la gente. Se no destra‐
sinistra attraverso il bastone. Un’attenzione particolare ci vuole quando sono al lavoro, so che ci sono le scale e devo stare attento. 1a) Sì.
1b) Una voce quando viene da destra o da sinistra. Quando vado in bagno mi tengo alla parete a sinistra. Il campanello di una casa: potrebbe essere a destra o a sinistra. La mano destra e la mano sinistra. Una maniglia può essere a destra o a sinistra. Su un tavolo appoggi qualcosa: puoi farlo alla sua destra o alla sua sinistra. La finestra: le due ante una destra e una a sinistra. Le persiane: una destra e una sinistra. 1c) Le mani. Il corpo. I piedi direi poco. Gli odori no. L’udito un sacco un sacco. E’ l’udito che uso strategicamente. 1a) Sì. 1b) La televisione è a destra, la voglio accendere, alzo la mano, accendo. Per noi particolarmente a destra a sinistra lo sai in automatico, non fai caso a come o con cosa lo percepisci, però per noi è molto importante. 218 destra‐sinistra Giulia 1c) Io sto nella camera mia, vado a sinistra per andare in cucina, vado a destra per andare in bagno: ci vado, percepisco destra e sinistra, ma come la percepisco, con quale senso la percepisco non te lo saprei dire; perché con l’udito no sicuro; il tatto no sicuro; il gusto tanto meno. Di tutti i sensi non ce n’è uno che mi rapporta secondo me alla percezione della destra e della sinistra. Perché è tutto riportato, secondo me, al cervello. Non credo che si possa destra‐sinistra ricondurre a un senso, mentre verticale sì, orizzontale sì. In ufficio quando devi fare dei tragitti sai che devi andare a destra o a sinistra, ma lo sai per via del cervello, non per via dei sensi. Quello che conta è la mappa che hai nel cervello. Al mare non mi piace ma ci vado. Ritrovare l’ombrellone per me è una cosa impossibile. Puoi orientarti secondo certi trucchi se c’è un bagno con la radiolina o con l’altoparlante, ti basi, ma l’ombrellone non lo trovi mai, secondo me. Io una volta che sono entrato in acqua perdo completamente l’orientamento e l’unica cosa che mantengo come riferimento è solo il largo e la spiaggia perché sento chiaramente le voci. Se non avessi rumori, di notte per esempio, non riuscirei in nessun modo a percepirlo. 1a) Sì.
1b) All’interno di una stanza io posso sapere, prendendo me stessa come punto di riferimento, se la porta sta a destra, la finestra a sinistra… Se è un ambiente che conosco cognitivamente sì. Percettivamente anche dal rumore della stanza, da come risuona, riesco a… Se sono a casa mia che passa una macchina ogni vent’anni non vengono rumori da fuori la finestra non la sento. L’aria o anche il ritorno della voce in ogni modo danno indizi abbastanza chiari. Io però vado in giro […] è sempre importante, solo che, la maggior parte delle volte le due persone danno gli indizi al contrario perché stando di fronte la loro destra è la mia sinistra e viceversa, e quindi… Però si. Da che cosa è dovuto il fatto che ti danno degli indizi non precisi , perché non capisci se si riferisce alla sinistra sua o tua? Sì, oppure col fatto che ci faccio meno caso, col fatto che magari uno ci ha il colpo d’occhio… forse ci fa meno caso. Perché io comunque ho notato che spesso, quando vado in giro, magari ci sono indicazioni: anche la percezione della distanza varia moltissimo: “E’ vicino”, “E’ lontano”. Però in realtà è relativa. Quando devo cercare un oggetto che è caduto se devo fare l’esplorazione sistematica, devo essere attenta a sentire dal rumore se è caduta a destra o a sinistra: comunque limita l’esplorazione. Le indicazioni che derivano dal rumore della caduta dell’oggetto. Se mi cade una matita o un qualsiasi altro oggetto ovviamente più coordinate spaziali ho – destra‐sinistra, avanti‐indietro rispetto a me – e meno dovrò cercarlo. Quando devo attraversare se so che è una strada a senso unico e quindi le macchine possono 219 destra‐sinistra destra‐sinistra Lucia Roberta destra‐sinistra Simone destra‐sinistra Vincenzo Dimensione Soggetti verticale‐
Alessio venire solo da destra rispetto a me… comunque è importante nel dirigere l’attenzione. 1c) Qua solo tattilmente, col bastone e con l’udito. Niente strategia particolare. 1a) Sì
1a) Sì.
1b) Quando cammino per strada sarebbe sempre meglio tenere il lato destro per il discorso delle macchine., che vengono dal lato contrario. Uscendo dalla porta di casa se devo andare in centro vado a destra. Tra l’altro io sono ambidestra. Mangio indifferentemente con le due mani e anche scrivo. Quando scrivo con la macchinetta del Braille scrivo con la mano destra o sinistra. 1c) Con la sensorialità generale tanto. Rumore? Se c’è un bar sento il rumore e mi oriento: se quel bar a destra o a sinistra, come faccio per il sole mi rendo conto. 1a) Sì. Queste sono dimensioni che tutte condividi. 1b) Tu oltre che essere davanti a me sei anche alla mia destra. Per andare a prendere l’autobus devo girare a sinistra poi a destra poi a sinistra poi a destra. Adesso ho messo un pezzo di gomma a destra e un pezzo a sinistra. Quando andrai da Cristian, oltre alle quattro curve che ti ho detto, dopo girerai a sinistra e poi di nuovo a destra… Io sono mancino. Ma io le cose le prendo meglio con la mano destra. Io scrivo con la dattilo Braille e le uso tutte e due. Sono io che la so usare con tutte e due le mani, ma perché quella bisogna usarla per forza con tutte e due le mani: ha tre tasti a destra e tre tasti a sinistra. La barra Braille la usavo una volta ma adesso non la sto usando. La barra Braille di solito è nel computer, quindi scrivo sempre con tutte e due le mani al computer. Un’altra cosa: alla mia destra c’è il divano, invece alla mia sinistra c’è la finestra. 1c) Sempre con i soliti tatto, il corpo, l’udito. I suoni mi orientano su destra‐sinistra. 1a) Sì. 1b) Report 4
1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la espersici. 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? 1a) Sì.
220 orizzontale verticale‐
orizzontale Claudia verticale‐
orizzontale Cristian verticale‐
orizzontale Emanuele verticale‐
orizzontale Emilio 1b) Un mobile. Una cosa a cui fatto particolare attenzione è il gazebo: questa è una struttura verticale. Per non andarci a sbattere misuro le dimensioni. 1c) Col tatto gli oggetti. 1a) Orizzontale o verticale, certo. Sì. però in situazioni molto specifiche. Ma poi boh? Io lo riferisco molto ai percorsi, quindi se penso a una colonna… però non è una situazione verticale‐orizzontale: la colonna è così… una forchetta è orizzontale perché la forma è quella. 1b) Per me verticale è un palo, orizzontale è una panchina. Però… non mi viene in mente altro. Non ti potrei dire che 1c) Tattile. Il suono no. Strategia esplorativa: tattile. 1a) Sì. 1b) La strada che percorro è orizzontale; un lampione o un albero, un moro sono in verticale. Rispetto a me quando mi riposo sono in orizzontale, sveglio in verticale. 1c) Qui il tatto e il corpo. Anche il bastone. Il suono per il muro sì, mi serve, perché sento il ritorno del suono. 1a) Io faccio un gran casino. Faccio casino fra orizzontale e verticale. Orizzontale così, verticale così. Molto poco. Proprio pochissimo. Non so neanche la differenza. Non so perché. 1b) Pensandoci bene quando entri in una stanza puoi notare come sono messi gli oggetti. Il letto può essere messo in un modo verticale, una finestra può essere messa in modo orizzontale. Il letto è verticale perché il mio letto è a castello. Orizzontale è la scrivania. Anche la parete: è verticale. Il telefono è messo in modo orizzontale. La barra Braille anche. Un albero… ma non ci faccio caso. E’ verticale. Forse anche una rete è orizzontale. Una rete di confine. La porta è verticale. 1c) E’ una dimensione che non mi arriva diretta. La esperisco con le mani, soprattutto. Una persona la voce, l’udito. Mi arriva. Però non dico che è verticale o orizzontale. Ma per il versante percettivo…Le mani, la voce per le persone. Le braccia. Questo. Strategia esplorativa: le mani, ma l’udito… insomma… 1a) Sì.
1b) Verticale è l’alto. Percettivamente un palo, una scala, una torre, tutto quello che è messo dal basso all’alto. Bisogna stare attenti ai pali. Orizzontale? 221 verticale‐
orizzontale Giulia verticale‐
orizzontale verticale‐
orizzontale Lucia verticale‐
orizzontale Simone Roberta Faccio confusione. Non è neanche da destra a sinistra, perché quando uno è sdraiato non è da destra a sinistra. Questo blocchetto è contemporaneamente orizzontale e verticale: orizzontale per così e verticale per così. Orizzontale è una cosa in piano, comunque la metti. La scala è solo verticale; i gradini sono posti in orizzontale. E poi orizzontale può essere un letto. Il piano di un tavolo è orizzontale: il piano. Il tavolo invece è verticale. Io semplificherei così: basso alto verticale, destra sinistra orizzontale. 1c) Nel caso del palo con tatto. Non uso il bastone. Vorrei trovare qualcosa di verticale che non percepisco con il tatto. Un muro sì: il tatto e l’udito. L’udito per le cose che non puoi toccare con le mani. Una torre non puoi percepirla con le mani per cui la percepisci con l’udito finché puoi. Finché puoi. Con la pelle del viso non sento niente che ci sia davanti. Un pulmino posso percepire quanto è alto, cioè verticale, e quanto è lungo, cioè orizzontale, soltanto con l’udito. 1a) Sì.
1b) Quando devo riporre le cose negli scaffali la parte verticale e quella orizzontale in cui sono posizionati gli oggetti. Verticale è una pila di libri. I piatti in piedi sullo scolapiatti. Orizzontale la tovaglia. Un cartellone mentre lo scrivi. 1c) Più che altro il tatto. L’esplorazione aptica. Da piccola mi hanno insegnato. E poi ho fatto il corso di orientamento. Particolare strategia esplorativa? No. 1a) Sì.
1b) Mi viene in mente il cruciverba. Lo faccio. Orizzontale nell’esperienza è l’orizzonte. Mi arriva? Non è che lo vedo: mi arriva nel senso che… è perché lo so. Orizzontale è il piano di un tavolo. Verticale un albero. La mia posizione quando dormo è orizzontale; quando cammino è verticale. Verticale è una cosa… quando faccio il cruciverba mi sembra sempre che gli orizzontali siano più facili. Forse la conosco meglio. Se io ho un insieme di oggetti posti sopra un tavolo, il movimento che devo fare con le mani è più semplice rispetto al cercare oggetti su più piani verticali. 1c) Col tatto nel caso degli oggetti; e l’orizzonte con percezione più generi ca. il rumore non mi dice niente rispetto al verticale‐orizzontale. 1a) Sì. E’ simile al davanti‐dietro e al destra‐sinistra. Perché orizzontale vuol dire destra‐ sinistra, invece verticale vuol dire davanti. O dietro‐davanti o davanti‐
222 dietro. 1b) Quando andavo a scuola che facevo matematica avevo degli oggetti che potevano essere sia orizzontali che verticali. Le costruzioni possono essere sia verticali che orizzontali. Verticale è anche la verticale che si fa in palestra. Si chiama così apposta. Orizzontale può essere anche una camminata orizzontale. In verticale è la camminata normale che fai in verticale. La camminata è verticale. Il letto dipende in che posizione sono. Se sono o prono o supino è verticale; se invece sono o sul fianco destro o sul fianco sinistro sono orizzontale. 1c) Secondo sempre quei canali lì. Tatto, udito, corpo. verticale‐
orizzontale Dimensione Vincenzo inizio‐fine Alessio inizio‐fine Claudia inizio‐fine Cristian Soggetti Report 5
1a) Condividi la dimensione? 1b) Fammi degli esempi di situazioni in cui la espersici. 1c) Con quali canali sensoriali e strumenti percettivi? Usi strategie esplorative particolari? 1a) Sì.
1b) Può essere l’inizio o fine di un oggetto. Un armadio. La lunghezza di una macchina, di un camion. Un percorso. Un film. 1c) Tatto, udito. Anche il mangiare: lo sento se il prosciutto è all’inizio o alla fine. 1a) Sì. Adesso poi…
1b) Inizio di un appartamento è l’ingresso, ma la fine qual è? Inizio e fine di una via lo vedo meglio. Di un marciapiede. Deve essere una cosa particolare per poter indicare questa dimensione. Scelgo questi esempi perché mi viene di metterli in questo contesto. Per me inizio‐fine è uno spostamento. La fine è ogni volta che finisco il gelato. Il gelato va mappato. Inizio e fine di una canzone, ma non è lo spazio. La fine delle uova non riguarda lo spazio. Allora potrei dire inizio e fine di un libro, perché il libro è una cosa cartacea con la quale ho un contatto fisico e quando finisce contemporaneamente diminuisce il libro delle pagine. 1c) Sempre tattile. Sì. 1a) Sì.
1b) L’inizio e la fine di una canzone, di una strada, del tavolo, di un discorso. 223 inizio‐fine Emanuele inizio‐fine Emilio inizio‐fine Giulia inizio‐fine inizio‐fine inizio‐fine Lucia Roberta Simone inizio‐fine 1a) Sì. 1c) Il tatto, l’udito, il corpo, il bastone. 1a) Sì.
1b) L’inizio e la fine di un testo. Inizio e fine di un brano. Inteso anche la testa e i piedi: la testa inizio, i piedi la fine. Anche l’inizio e la fine di un tavolo. Una bella scarpa ha un inizio e una fine. Parte dalla punta e finisce al tallone. Una mano parte dal dorso per arrivare alla fine delle dita. Anche del piede. Il naso. La bocca. L’eco: inizia e finisce. I passi, i suoni: iniziano e finiscono. 1c) Con la voce tanto. Il tatto un bel po’ perché le mani sono importantissime. I piedi. 1a) Sì.
1b) La fine di una strada. L’inizio e la fine di un campo, di una piazza. L’inizio e la fine di un oggetto. 1c) Di una strada o di un corridoio so dove inizia e dove finisce, ma non so dire come. Un oggetto con le mani. L’udito. AL 90% l’udito: se entro in un corridoio con l’udito mi rendo conto se sono alla fine o all’inizio, o anche né alla fine né all’inizio, ossia al cento. Particolare strategia no. 1a) Sì.
1b) L’inizio di un marciapiede o di un isolato. L’inizio o la fine delle scale. Tra gli oggetti no, a meno che non sia un oggetto particolarmente grande, no. Però un libro sì. 1c) Tatto se parliamo di oggetti, e bastone e percezione plantare se parliamo di isolati, e fuori. No strategia. (audio disturbato. I dati sono raccolti su cartaceo) (audio disturbato. I dati sono raccolti sul cartaceo) 1a) Sì.
1b) L’inizio di tutto: della scuola, quando abbiamo iniziato con te, oppure l’inizio di un programma EXL; oppure l’inizio di un cd, oppure l’inizio di un viaggio in macchina, oppure l’inizio del letto, dove c’è il cuscino. La fine è l’opposto. 1c) L’udito, e poi sempre gli altri sensi, tatto e corpo in generale. 1a) Sì.
1b) io sto molto attento all’inizio delle cose, perché è quello pericoloso, dove inciampo. Devo stare attento a dove inizia la scala, a done finisce il muro e inizia la 224 porta dell’ufficio che può essere aperta. In giardino è importante dove finisce il marciapiede e inizia il prato. L’inizio e la fine del viaggio che faccio per andare a casa, l’inizio e la fine del pulmann, anche. 1c) principalmente con il corpo tutto, percezione plantare e udito. Per gli oggetti il tatto. 225