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51 II, M 111 [A FERDINANDO GONZAGA] - Mantova Parigi, 8 maggio 1621 ASMN, Autografi, b. 10, cc. 205r-206r. Autografa. Bibl.: BASCHET, 288-290 trad. Serenissimo signor compadre Questa mia sarà per fargli mileseicento e vintiuna riverenza insieme con la mia serenissima signora comadre, et anco per dargli aviso come ali 27 di aprille il re si partì di Fontanabeliò, dove ci abiamo fatto alquante comedie. Et perché Sua Maestà con tute le Maestà et seg(no)ri se ne sono andati alla guera alla Rochiella, et poi in Gascogna e in Lenguadoca, dove starano sino che ritornano a Parigi, ma sarà un gran pezzo, io mi volevo partire per venire a casa mia sino questa Quaresima, perché avevo fornito il servicio et la promesa che avevo fatto con lettere a Sua Maestà; dove Sua Maestà mi dise che dovese restare sino un mese dopoi Pasqua ch'el voleva comedie, et poi se ne andava alla guera, come à fatto. Et la sera inanti ch'el si partise io gli adimandai bona licencia de venirmene a casa; Sua Maestà me la diede volontieri. I comici che dovevano ancor loro tor licencia per venirsene tutti uniti in Italia, il signor Lelio, per conpiacere a certi persone che lo dirò poi a boca a Vostra Altezza, dise al signor abate Rocelai che lui et tutti gli altri da me in poi volevano restar sino a quest'altra Pasqua, et che averebero mandato a tore personaggi, et che fratanto detto signor Rocelai mi dovese dire da parte dil re che dovese stare con la compagnia per sino a San Giovani, et poi che io fase quello che io volevo, dove io non gli volsi mai dar il sì; et lui mi cominciò a dire che l'averebe scrito a Vostra Altezza che mi averebe castigatto, io gli rispose che si castiga i ladri ma non i pari miei. Basta, fo sì se tirasimo di parolle, sempre atestando che Vostra Altezza era signor giusto, et che mi averebe carezato et non castigatto; basta, qui fornesimo il contrasto. La matina venendo andai dal re in chiesa, che l'era alla messa a bonora, et fornito che fu la messa io gli ritornai a dire che con sua buona gratia mi volevo partire per casa mia et che non volevo cosa alcuna da Sua Maestà, dove lui mi rispose: «Oii, oii - due volte, et - alé in bonora». Me ne andai dalla regina madre, la mi diede bona licencia, con una lettera che va a sua figlia a Turino et una lettera che viene a Vostra Altezza serenissima del mio benservire, et mi donò una colana di ducati 200. Il signor abate Rocelai non à saputo di questa ultima licencia che mi diede Sua Maestà, perché il re se ne partì subito. Hora detto signor Ruchelai scrive a Vostra Altezza in nome dil re, aciò Vostra Altezza gli manda di personaggi; io per mia cortesia sino a San Giovani restarò, et poi, o venir personaggi o no, io mi voglio partire et venirmene a casa, et non voglio più comedie se non sarà per gusto di Vostra Altezza in camara, et non in altro modo, se così piacerà al signor Idio et a Vostra Altezza serenissima, che io so che la mi ama. La regina madre non à visto se non una comedia a questo carnevale, la qual comedia la disgustò, io dirò poi a Vostra Altezza la causa a boca; insuma, la colana che la mi à donato la dise: «Io ve lla dono come mio compadre, et non per comedie». Per conto poi della compagnia di questi comici, mai dopoi che io son al mondo non vidi mai tal descordia; dirò poi a boca a Vostra Altezza il tutto, et gli dirò la verità. Io son sempre statto d'acordo con tutti et mai ò cridatto con nisuno, ancora che mile volte mi àno dato l'ocasione; basta, Vostra Altezza lo saperà anco da altri che da me che la si farà maraviglia quando la lo saperà, et che la intenderà questa gran descordia ch'è in questa compagnia, in particulare tra il signor Lelio et la signora Florinda. Prego Vostra Altezza perdonarmi della longheza, ché se vi volese scrivere il tutto non bastarebe una risima di carta; et per fine a Vostra Altezza per mile volte gli bacio le mane. Di Parigi, a dì 8 maggio 1621. Di Vostra Altezza serenissima umilissimo servitore Tristano Martinelli
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